Cosa sono gli adeguati assetti organizzativi? - Studio ing ...

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Cosa sono gli adeguati assetti organizzativi? - Studio ing ...
Cosa sono gli adeguati assetti
organizzativi?

Il nuovo art. 2086 del Codice Civile riporta quanto segue:

“Gestione dell’impresa

1. L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi
collaboratori.

2. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di
istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura
e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della
crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi
senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti
dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità
aziendale.”

Le PMI si stanno adeguando?

Già dal marzo 2019, con il Codice della Crisi, tutti gli Amministratori d’Impresa
che non si saranno dotati di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e
contabili capaci di intercettare in tempo utile le avvisaglie delle eventuali crisi
dell’impresa e la perdita della continuità aziendale, sono tenuti a rispondere anche
con il proprio patrimonio in caso di insolvenza (il VI comma dell’art. 2476 C.C.
infatti, ha fatto sorgere in capo agli amministratori, che non hanno adeguatamente
protetto l’azienda e quindi non hanno adottato le disposizione dell’art. 2086 II
comma C.C., la responsabilità diretta, solidale dei debiti della società).
Purtroppo, la crisi derivante dal Covid (non per tutti, anzi) ha fatto dimenticare
questo adempimento, ma le novità legislative hanno di fatto introdotto la necessità,
per le imprese, di dotarsi di strumenti in grado di rilevare e superare la crisi e
recuperare la continuità aziendale. Non solo gli Amministratori, ma anche i sindaci
e i revisori di società sono di fatto tenuti alla verifica della corretta
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applicazione di suddette norme a pena di una corresponsabilità nel caso in cui
sopraggiunga una crisi dell’impresa-

Come in altre situazioni (ad es. efficacia del Modello Organizzativo ex D.Lgs
231/2001) saranno i Giudici dei Tribunali a stabilire se un’azienda ha adottato un
adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile? Purtroppo sì e sta già
accadendo.

Se da un lato sono stati definiti degli indicatori di allerta per rilevare le
avvisaglie della crisi di impresa, il loro calcolo può presentarsi talvolta non
pienamente attendibile e, comunque, non può rappresentare la dimostrazione di aver
adottato un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile. Tali
indicatori di early warning, infatti, sono i seguenti:

 1. Patrimonio netto: se negativo, indica una situazione di piena crisi;
 2. DSCR previsionale a 6 mesi: è un Indicatore predittivo in quanto indica la
    sostenibilità dei debiti almeno per i 6 mesi successivi.   Non deve essere <
    1Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia
    1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
 3. Rapporto Oneri finanziari / ricavi: non deve essere superiore ai valori soglia
    1,5%-3,8% nelle rispettive aree settoriali;
 4. Rapporto Patrimonio netto / mezzi di terzi: non deve essere inferiore ai valori
    soglia che oscillano tra 2,3%- 9,4%;
 5. Rapporto Attivo a breve/Passivo a breve: non deve essere inferiore ai valori
    soglia che variano dal 69,8% al 108%;
 6. Rapporto Cash flow/attivo: i valori soglia proposti variano da un minimo del
    0,3% ad un massimo del 1,9%.

Qualche dettaglio ulteriore sul DSCR (Debt Service Coverage Ratio): è il «rapporto
di copertura del servizio del debito». È un indice che misura la sostenibilità
finanziaria del debito aziendale, cioè la capacità futura (nei prossimi 6 mesi) di
un’impresa di onorare i propri debiti finanziari con i flussi di cassa generati
dalla gestione operativa. Il DSCR è un indice che ha al numeratore il “cash flow
operativo” e al denominatore il “cash flow al servizio del debito”. È un indice
importante, perché ci fa capire se un’azienda produce, dalla sua gestione
caratteristica, un ammontare di cassa sufficiente a pagare i debiti contratti. Esso,
dunque, si calcola come rapporto tra il cash flow prodotto dalla gestione operativa
(numeratore) e gli impegni finanziari assunti in termini di quota capitale ed
interesse oggetto di rimborso nell’orizzonte temporale considerato (denominatore).

Lo strumento consente di valutare la sostenibilità dell’indebitamento in ottica
prospettica: il periodo da considerare sono i 6 mesi successivi all’analisi. Vengono
inseriti quindi sia gli interessi che la quota di debiti da rimborsare, così come
previsto dai piani di ammortamento.

Dunque forse solo quest’ultimo indicatore ha una prospettiva futura attendibile,
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anche se le previsioni sugli incassi di alcuni crediti spesso possono essere molto
soggettive.

Del resto tutti gli indicatori che derivano dall’analisi di bilancio (i c.d. indici
di bilancio) presentano la carenza intrinseca di essere calcolati a consuntivo, dopo
l’approvazione del bilancio, dunque con un ritardo eccessivo rispetto al momento in
cui si sono svolti i fatti che hanno provocato gli effetti sul bilancio raccontati
dagli appositi indici. Gli stessi indici possono altresì essere calcolati con
maggior frequenza e maggior tempestività, ma risentono comunque di u n elevato
livello di imprecisione, dipendente dalle caratteristiche dell’azienda (ad es. le
imprese di servizi che operano su commessa non possono essere monitorate nel breve
periodo da ricavi e cash flow a breve).

Sono tutti d’accordo che per dimostrare di aver adottato adeguati assetti
organizzativi ci vuole altro, ma cosa?

Da parte di diversi soggetti (tra cui Enti come il CNDCEC e ASSONIME), esperti in
vari settori, sono “sbocciate” diverse soluzioni e strumenti correlati che hanno lo
scopo di affrontare il monitoraggio dell’andamento dell’impresa da diversi punti di
vista. Un elenco, per nulla esaustivo, degli strumenti ritenuti necessari (ma non
sempre sufficienti) per dimostrare di aver adottato adeguati assetti organizzativi,
amministrativi e contabili può essere il seguente:

    Cruscotti /dashboard di indicatori di vario tipo, quantitativi e/o qualitativi
    Balanced scorecard
    Sistema di gestione per la qualità ISO 9001 e relativa certificazione
    Modello organizzativo secondo il D. Lgs 231
    Credit Risk Management System (CRMS) comprendente l’addendum EFRMS e relativa
    certificazione EFRMS 14:2019 Economical Financial Risk Management System
    Analisi SWOT e analisi del contesto
    Mappa strategica
    Business Plan
    Valutazione dei rischi di business
    Innovation Management
    Modello UMIQ
    Controllo di gestione
    Budgeting
    Pianificazione strategica
    Organigramma e mansionario, job description
    Procedure documentate che descrivono i processi aziendali
    Software Gestionali e MES
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Ecc.

Premesso che un po’ tutti questi strumenti possono essere utili, ma non
indispensabili, ritengo che ogni Società dovrebbe identificare i propri obiettivi di
business e cercare di raggiungerli attraverso una pianificazione strategica che
preveda il monitoraggio di indicatori in grado di misurare tutti i processi
aziendali. In pratica è quello che si prevede nella norma ISO 9001 e nella norma ISO
9004, ma purtroppo poche aziende hanno recepito nel modo corretto questi principi.

Sicuramente le Balanced Scorecard, attraverso le quattro prospettive, hanno ben
accolto l’esigenza di monitorare non solo gli aspetti finanziari o non solo quelli
produttivi. Ma non si limitano a questo, la metodologia di Kaplan e Norton è molto
più ampia.

Alcuni modelli per il calcolo di indicatori hanno il difetto di rispondere ad una
valutazione puramente qualitativa e soggettiva ad alcune domande di una check-
list/questionario, senza entrar nella specificità delle dinamiche aziendali.

Il modello di gestione aziendale che prevede assetti organizzativi, amministrativi e
contabili adeguati è sicuramente quel modello che si dimostra più efficace (ed anche
efficiente) per monitorare l’andamento aziendale e, quindi, anche in grado di
prevedere con elevato livello di attendibilità l’immediato futuro. Quindi,
unitamente agli indicatori di early warning sopra menzionati, permette
all’imprenditore di “alzare la mano” e chiedere aiuto prima che la crisi aziendale
diventi irreversibile e, dunque, rivolgersi all’OCRI, l’Organismo di Composizione
della Crisi d’Impresa appositamente predisposto ed in conclusione di evitare lo
spettro della “bancarotta fraudolenta” che il Legislatore paventa per quegli
amministratori che non hanno dotato l’impresa di adeguati assetti organizzativi.

La misurazione dei processi aziendali dev’essere tempestiva e con frequenza adeguata
a rilevare trend negativi che potrebbero consigliare l’adozione di azioni correttive
tempestive per correggere la rotta.

Come sopra anticipato (e previsto anche dalla teoria delle Balanced Scorecard) è
necessario tenere sotto controllo anche obiettivi ed indicatori legati allo sviluppo
dell’impresa, alla conservazione ed acquisizione delle conoscenze necessarie per
migliorare, alla formazione del personale, all’innovazione tecnologica.

Sappiamo che i bilanci non sono sempre buoni indicatori dello stato di salute di
un’azienda, non solo per il ritardo con il quale vengono consuntivati i valori
economico-finanziari ivi contenuti, ma anche perché potrebbero nascondere
inefficienze ed obsolescenza dell’impresa, soprattutto in un periodo storico come
quello che stiamo vivendo, nel quale la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica
è fondamentale per accrescere il valore dell’impresa.

In conclusione ogni azienda ha dei processi che rivestono un’importanza relativa
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diversa e dovrebbe individuare un set di indicatori idoneo a misurare i suoi
processi.

Spesso, però, gli indicatori più idonei a misurare l’andamento di determinati
processi aziendali necessitano di dati affidabili ed aggiornati, desunti
possibilmente dai sistemi informativi aziendali. Questi ultimi rivestono, pertanto,
un ruolo fondamentale anche nel dimostrare di avere adeguati assetti organizzativi.

Quale controllo di gestione ci
attende nel 2021

Il 2020 ci ha portato la pandemia di Coronavirus, che può essere classificato come
uno degli eventi più destabilizzanti dell’economia mondiale negli ultimi 10 anni,
paragonabile solo alle grandi guerre a livello mondiale. Secondo la teoria della
Business Continuity si tratta di una “disruption” (tradotto come “interruzione”,
“disturbo” o “dissesto”) che, secondo la norma UNI EN ISO 22301 (Sistemi di gestione
della continuità operativa) viene inteso come un incidente o evento (positivo o
negativo) che provoca una interruzione nell’erogazione di prodotti e/o servizi.

Ma in quest’articolo non vorrei parlare di questa tematica e della resilienza
necessaria alle imprese per riprendere le attività produttive o di erogazione di
servizi in modo sufficientemente accettabile per tutte le parti interessate, bensì
di come le imprese – soprattutto quelle medio piccole – dovrebbero modificare il
loro approccio al controllo della gestione aziendale.

Da un punto di vista economico il Covid-19 ha portato a rivoluzionare molti punti
fermi della teoria del controllo di gestione e molte assunzioni ed approssimazioni,
ritenute pienamente accettabili e condivisibili un anno fa, oggi diventano
estremamente imprecise.
DIverse aziende in questo periodo hanno profondamente mutato il modo di lavorare ed
anche costi e ricavi ne hanno risentito. Non tutti e per tutti in senso negativo:
indubbiamente in alcuni settori alcune realtà hanno visto incrementare i ricavi,
altre hanno visto diminuire alcuni costi ed accrescerne altri.

Questi fenomeni hanno portato, come conseguenza, a non poter ritenere come quasi
invariabili alcuni costi e/o variabili solo in modesta misura i ricavi. Prima si
doveva poter prevedere una crescita dei ricavi del 10-15% al massimo o una
decrescita degli stessi di percentuali analoghe, ora il 2020 per molte realtà si è
prospettato come un anno con decrementi di fatturato molto più significativi,
parzialmente compensati da un calo di alcuni costi in maniera altrettanto
significativa (si pensi, ad es., alla Cassa Integrazione che – ritardi a parte – ha
contribuito alla diminuzione dei costi del personale dipendente in molte aziende).

Anche solo la modalità di lavoro in smart-working ha comportato per diverse imprese
la variazione di diverse voci di costo: da un lato si sono ridotti alcuni costi –
quali ad es. quelli relativi alle utenze di energia elettrica -, dall’altro si sono
registrati costi straordinari – ad es. per pulizie aggiuntive e sanificazioni dei
locali, implementazione di procedure e processi ICT per consentire il lavoro da
remoto – e di conseguenza si rende necessaria una revisione delle politiche di
consuntivazione e previsione dei costi stessi.

A fine 2020 (o inizio 2021 vista l’incertezza della situazione pandemica mondiale)
le imprese si sono trovate a dover pianificare le attività per il 2021 e predisporre
il relativo budget dei ricavi e dei costi. Purtroppo, molte aziende non sono in
grado di ipotizzare né l’uno né l’altro con un livello di approssimazione
accettabile. Quindi come bisogna operare? Lasciar perdere tutto e vivere alla
giornata? Certamente no.

Occorre ripensare ai costi ed ai ricavi registrati nel 2020 e ripensare i consuntivi
dell’anno appena passato e le previsioni per il 2021. Non potendo fare previsioni a
medio-lungo termine è importante fare previsioni a breve ed aggiornarle
costantemente in base ai risultati raggiunti nell’ultimo periodo.

Guardando al 2020 e proiettando l’esperienza nel 2021 bisogna rivedere i criteri di
ripartizione dei costi fissi (si veda gli articolo Abbattere i costi fissi o ridurre
realmente tutti costi?, Valutare correttamente i costi indiretti ed i costi fissi, I
centri di costo, questi sconosciuti) che non sono più così stabili al variare dei
ricavi, così come i costi variabili che non variano più in modo proporzionale ai
ricavi. Infatti, oltre una certa percentuale di variazione dei ricavi (in
diminuzione, ma anche in crescita talvolta) alcuni costi possono avere un andamento
non direttamente proporzionale ai ricavi.   Questo perché alcuni costi direttamente
imputabili alla produzione (o erogazione di servizi) non variano in modo
proporzionale ai ricavi o ai volumi produttivi. Se i ricavi calano perché i prodotti
e/o servizi si vendono in misura inferiore e con tempi più lunghi, la produzione
potrebbe accumulare scorte di prodotti finiti invenduti. Dunque, il processo
produttivo potrebbe rallentare in misura inferiore o ritardata rispetto
all’andamento dei ricavi.

Di contro le imprese non hanno potuto ridurre conseguentemente i costi del personale
diretto (salvo il ricorso alla Cassa Integrazione) e delle altre risorse produttive
dirette.

Facciamo un esempio per chiarire meglio questo concetto: se nel corso dell’ultimo
anno la mia autovettura ha percorso 10.000 km anziché i consueti 30.000, sicuramente
ho risparmiato in misura proporzionale i costi del carburante, ma la manutenzione
generale (cambio olio, ecc.) comunque la dovrei sostenere ugualmente, gli pneumatici
si saranno usurati meno, ma comunque il cambio pneumatici estivi-invernali lo devo
sostenere ugualmente. Lo stesso accade per gli impianti produttivi.

Poi occorre analizzare la gestione – ed i relativi costi – del personale indiretto.
Purtroppo, alcune imprese, nel tentativo di ridurre i costi del personale all’inizio
della pandemia, hanno fatto un ricorso dissennato alla Cassa Integrazione ed alle
ferie “obbligate” dei propri dipendenti, mettendo “a riposo forzato” le risorse che
ne avevano i requisiti da un punto di vista “contabile”, magari depauperando interi
reparti vitali per il prosieguo dell’attività dell’azienda.

Come in tutte le situazioni di crisi (economica, pandemica, dovuta a disastri
naturali, ecc.) si avvantaggia chi dispone di sistemi di monitoraggio e misurazione
dei parametri produttivi ed economici precisi e tempestivi e che, quindi, è in grado
di reagire tempestivamente con azioni correttive consapevoli alle variazioni degli
indicatori principali.

Quindi quando le previsioni saltano è comunque importante avere una consuntivazione
tempestiva e precisa. Il successo durevole dell’azienda dipende poi dalla
lungimiranza del management, dalla corretta lettura degli indicatori, da una
efficace analisi dei rischi. Su quest’ultimo punto – è bene ribadirlo – molte
imprese si giocano il loro futuro; infatti, si presentano molte situazioni che
possono essere considerate come minacce od opportunità:

    Concedere credito a clienti in difficoltà al fine di mantenerne la fiducia?
Come gestire le richieste di revisione dei contratti provenienti dal cliente?
    Procedere con acquisti di materia prima in lotti economici prevedendo un certo
    andamento delle vendite di prodotti finiti?
    Come gestire il rischio di contagio all’interno dell’azienda? Ricorrere allo
    smart-working sempre, dove possibile? Investire in misure di protezione
    sanitaria maggiormente efficaci per scongiurare i contagi?
    Investire nei sistemi informatici per garantire la continuità operativa anche da
    remoto?
    Investire in innovazione tecnologica dei sistemi ICT sfruttando i benefici del
    piano Industria 4.0?
    Utilizzare il tempo a disposizione del personale dovuto dal calo delle vendite
    per formare le risorse umane?
    Potenziare gli strumenti di commercializzazione dei prodotti on-line, attraverso
    il miglioramento del sito web, delle attività di web-marketing o introducendo
    sistemi di e-commerce?
    Rinegoziare i contratti per la fornitura di alcuni servizi (ad es. energia
    elettrica per le aziende più energivore) per adeguarsi al nuovo contesto?
    Pianificare periodi di chiusura aziendale per ridurre non solo i costi del
    personale, ma anche quelli legati dai consumi (energia elettrica, riscaldamento,
    ecc.)?

Non esiste una ricetta vincente. Ogni realtà merita un’analisi approfondita del
contesto esterno (clienti, fornitori, situazione ambientale, contesto normativo,
mercato, …) ed interno (fattori produttivi, risorse umane e tecnologiche, …) per
poter decidere quali azioni è opportuno intraprendere e potrebbe essere utile
un’analisi SWOT dettagliata per rendere edotto l’imprenditore sulla situazione. Si
eda anche l’articolo L’aggiornamento della valutazione dei rischi dopo la pandemia.

Come conseguenza di tutte queste variabili da riconsiderare c’è da ricalcolare il
costo del prodotto o servizio (vedasi anche l’articolo Come calcolare il costo
“vero” del prodotto). Infatti, occorre considerare che diversi valori di input che
contribuiscono al calcolo del costo del prodotto (e, conseguentemente dei margini di
contribuzione e del prezzo) sono variati, anche in modo sensibile; per cui si
potrebbe rivalutare l’economicità di un prezzo o della produzione di un determinato
prodotto. Apparentemente sembrerebbe in controtendenza aumentare i prezzi dei
prodotti quando tutti i clienti cercano di ridurre i costi, ma se la produzione si
riduce oltre un certo limite i costi indiretti incidono in misura sempre maggiore
sui costi dei singoli prodotti e si rischierebbe di produrre in perdita.

Naturalmente occorre svolgere un’attenta analisi del mercato, non fermandosi a
valutare il comportamento dei propri clienti, ma provare ad immaginare il
comportamento del cliente finale, ovvero l’utente, il consumatore. Molte PMI
italiane, infatti, si trovano collocate in catene produttive molto articolate che
assomigliano più a reti ad albero o strutture reticolari, piuttosto che a catene
vere e proprie. Prendiamo ad esempio la filiera produttiva dell’automotive: a fronte
di un costruttore di auto/moto che vende il suo veicolo sul mercato ci sono N
componenti che costituiscono il primo livello della distinta base del prodotto e per
ogni componente ci sono M altri componenti e per ognuno di essi ci possono essere
più fornitori e così via. Una piccola o media impresa che produce componenti
meccanici conto terzi (ce ne sono tantissime nel nostro territorio) spesso si trova
oltre il quarto o quinto livello nella catena di fornitura del prodotto finale e
questa filiera talvolta non rimane tutta sul territorio nazionale. Dunque, l’analisi
del mercato diventa molto complessa, soprattutto in questo periodo di pandemia,
quando la catena di fornitura si potrebbe spezzare o rallentare fortemente
semplicemente perché un’azienda si trova in un territorio fortemente colpito dal
virus o è essa stessa bloccata da contagi interni.

In alcuni casi dall’analisi del mercato e degli indicatori economici e produttivi
interni all’impresa è opportuno prevedere un riposizionamento sul mercato
implementando la produzione di prodotti diversi (vedasi il caso delle aziende
convertitesi alla produzione di mascherine) o in diverso formato. Tipico è il caso
della filiera dell’industria alimentare, a partire dalla materia prima fino ad
arrivare ai prodotti venduti all’ingrosso o al dettaglio.

In conclusione, quali sono gli strumenti per gestire la resilienza (probabilmente
siamo ancora in questa fase) e la ripresa che verrà? Occorre disporre di

    dati affidabili e puntuali sull’andamento dei fattori produttivi, dei costi e
    dei ricavi;
    sistemi ICT in grado di raccogliere ed analizzare i dati raccolti e trasformarli
    in indicatori (KPI) attendibili;
    sistemi informatici robusti a supporto dei processi aziendali per garantire
    costantemente la continuità operativa;
    capacità di analizzare dati e indicatori a consuntivo
    capacità di analizzare il mercato e di prevederne l’andamento futuro;
    capacità di valutare tutti i rischi di impresa e di trattarli in modo adeguato.

Per approfondimenti consulta i testi:

Gli indicatori di performance aziendali

Il controllo di gestione nelle piccolle imprese di servizi che operano su commessa
Pubblicato l’Elenco degli
Innovation Manager

                                          Il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE)
                                          ha pubblicato nei giorni scorsi l’Elenco
                                          degli Innovation Manager, ovvero dei
                                          consulenti liberi professionisti e delle
                                          società di consulenza che potranno aiutare
                                          le aziende che ne faranno domanda a
                                          sviluppare l’innovazione tecnologica ed
                                          organizzativa dei loro processi usufruendo
                                          di importanti agevolazioni statali.

Le indicazioni dettagliate per le imprese che desiderano usufruire di questo
finanziamento si possono trovare al sito del MISE cliccando QUI.

In pratica una Piccola o Micro Impresa può usufruire di un Voucher per consulenza
negli ambiti previsti dal Decreto Ministeriale del 30 agosto 2019 per il 50% delle
spese sostenute fino ad un massimo di € 80.000. Per imprese più grandi e Reti di
Impresa l’agevolazione è proporzionalmente inferiore.

Un articolo che illustra in modo chiaro e preciso le modalità di erogazione del
finanziamento si può trovare a questo link.

Poiché l’occasione è ghiotta per le aziende, ma anche per i consulenti (si può
ottenere un contratto di consulenza fino a € 80.000 facendone pagare al cliente solo
la metà), occorre fare attenzione – lato impresa che vuole innovare – alla scelta
dell’Innovation Manager giusto; infatti facendo una semplice ricerca su Google si
trovano diversi siti che parlano dell’argomento, alcuni dei quali che pubblicano
elenchi ristretti o vetrine di Innovation Manager con lo scopo di mettere in
evidenza solo i profili che si desidera o quelli che hanno pagato per comparire
nella vetrina.

Bene l’unico elenco ufficiale e completo degli Innovation Manager (circa 9000)
approvati dal MISE è reperibile a questo link Elenco Innovation Manager MISE.

Ogni consulente/società di consulenza è suddiviso per regione dove intende operare e
per ambito di specializzazione. Dunque in base al tipo di progetto che l’impresa
intende sviluppare dovrà rivolgersi ad uno degli Innovation Manager che presentano i
requisiti di specializzazione adeguati.
E’ opportuno chiarire che le specializzazioni dichiarate – ed in generale tutti i
requisiti dichiarati dagli Innovation Manager – non sono stati probabilmente
verificati dal MISE con ulteriore documentazione oltre ai curriculum vitae
presentati, sebbene tutti i candidati abbiano sottoscritto una dichiarazione ai
sensi del DPR 445/2000 sulla veridicità di quanto dichiarato.

La cattiva notizia è che i tempi per le Imprese per richiedere il Voucher
Innovazione sono strettissimi (scadenza 26/11/2019, salvo proroghe.

Al link seguente Scheda Innovation Manager potrete trovare la scheda del
sottoscritto.

Fatturazione elettronica? Si grazie

                        Come tutti ormai sanno la fatturazione elettronica B2B è
                        diventata obbligatoria dallo scorso 1° gennaio per tutti o
                        quasi.

Al di là degli oserei dire inevitabili problemi tecnici che si stanno rilevando per
mettere a regime questa rivoluzione contabile e fiscale del nostro Paese, credo sia
opportuno capire meglio gli effetti di questa innovazione.

Già perché di una grande innovazione tecnologica si tratta
ed il fatto che il nostro Paese sia tra I primi ad adottarla in Europa deve,
una volta tanto, farci pensare positivo, di essere all’avanguardia. Invece
molti dicono: «ma gli altri Paesi non ce l’hanno!»

Come tutte le innovazioni occorre un po’ di impegno e di
risorse per arrivare a regime, ma questo non deve far ritenere che sia una cosa
sbagliata. Occorrerà “soffrire” un po’ per imparare ed abituarsi a questa nuova
modalità di fatturazione, ma alla fine i vantaggi saranno notevoli.
Da parte dello Stato e del Fisco (Agenzia delle Entrate) ci
saranno innumerevoli vantaggi: comunicazione tempestiva delle fatture emesse,
maggior controllo su potenziali evasioni fiscali ed altri reati, omogeneità dei
dati in formato elettronico standard, maggior possibilità di effettuare
controlli incrociati, ecc.

Ma vorrei analizzare i vantaggi dal punto di vista delle
imprese e dei professionisti, fermo restando che bisogna dare per scontato che
la possibilità di evasioni e truffe ai danni dello Stato non deve essere
considerata una penalizzazione.

Premesso ciò il nuovo sistema obbliga le imprese ed i professionisti
(eventualmente attraverso i rispettivi commercialisti) a dotarsi di un applicativo
web per l’invio delle fatture elettroniche (o di adottare quello messo a
disposizione dalla AE), A parte singoli liberi professionisti o imprese
individuali di imprenditori di ridotte capacità di utilizzo di strumenti
informatici, la scelta di adottare la soluzione proposta dal proprio software
gestionale oppure di dotarsi di un nuovo applicativo dedicato è sicuramente
quella vincente.

Tali soluzioni permetteranno alle aziende di disporre delle
fatture attive già registrate in contabilità al momento dell’emissione e del
relativo pagamento e di registrare le fatture passive al momento della
ricezione, o poco tempo dopo, con un minimo inserimento di dati. Questo
significa eliminazione completa del documento cartaceo e riduzione della
probabilità di commettere errori, ovvero riduzione dei costi del processo
contabile. Soprattutto per le piccole imprese, che magari emettevano le fatture
con un software e poi il consulente fiscale le reinseriva nel proprio
applicativo di contabilità.

Niente più pile di carta di fatture da registrare (e da pagare),
niente più fatture non ricevute con inevitabili solleciti del fornitore, niente
più paure che un’errata registrazione possa comportare sanzioni fiscali.

Per arrivare al processo amministrativo-contabile perfetto
basterebbe rendere automatici i pagamenti in base ai termini pattuiti, ma
questo è un altro discorso… sebbene volendo lo Stato potrebbe ovviare a questa
mala-abitudine di molte imprese italiane di ritardare I pagamenti oltre ogni
limite.

Certamente questa rivoluzione dei processi contabili porterà
dei vantaggi alle aziende che avranno saputo cogliere questa opportunità per
migliorare la propria efficienza. Chi avrà deciso di affidarsi a servizi di
fatturazione elettronica di terzi, ad esempio della Banca o di provider a basso
costo, piuttosto che sposare le soluzioni integrate in un proprio gestionale,
pagherà
dazio nei prossimi anni perché si troverà a duplicare le registrazioni o a
pagare uno Studio Commercialista esterno per un servizio in più. A proposito
dei Commercialisti: molti di loro che hanno tenuto la contabilità dei clienti
si vedranno eliminare questo servizio per i clienti che avranno deciso di
seguire il proprio applicativo gestionale, dunque i compensi per le loro
prestazioni dovranno inevitabilmente diminuire, magari non subito, ma nel medio
periodo.

Purtroppo oggi esistono imprese che ancora non dispongono di
un software gestionale, almeno per gestire ordini e fatture, e forse avranno
colto anche loro questa opportunità di informatizzare la gestione di alcuni
processi. Parliamoci chiaro, un’impresa che fattura almeno 500 mila euro
oggigiorno non può non disporre di un software gestionale per la propria
attività.

La rivoluzione dei processi contabili, forzata dalla
fatturazione elettronica, poterà anche ad una rivalutazione nelle risorse umane
e delle relative competenze.

Anche certe abitudini delle nostre imprese di fatturare le
prestazioni a scadenze definite (ad es. metà e fine mese) dovranno essere
riviste; perché a parte il primo periodo di messa a regime della fatturazione
elettronica, fra pochi mesi per emettere una fattura con data ad es. 30 maggio,
non si potrà aspettare il 5 o 6 giugno e i tempi fra consuntivazione delle
vendite di prodotti e servizi e loro fatturazione dovranno essere rivisti.

Da un lato, dunque, cerchiamo di capire bene come funzionerà
questo nuovo sistema, dall’altro pensiamo anche come riprogettare il processo
contabile per non trovarsi in difficoltà e non dover sopportare maggiori costi.

Infine, il problema di privacy, evidenziato dal Garante per
la Protezione dei Dati Personali quando ormai mancava poco tempo all’avvio
della fatturazione elettronica obbligatoria fra privati.

Si potrebbe osservare che ci potevano pensare prima, Agenzia
delle Entrate nel progettare il sistema e Garante nell’esaminare il contesto.

In realtà sono stati posti molti interrogativi, anche
piuttosto inquietanti, sul possibile utilizzo dei dati di fatturazione
elettronica gestiti nelle varie piattaforme software e dai provider di conservazione
sostitutiva.

Mi sembra chiaro che è a prescindere vietato sfruttare i
dati presenti nelle piattaforme per ricavare dati statistici significativi,
salvo che i titolari di tali dati non ne concedano il permesso.
Sul fronte più squisitamente tecnico della sicurezza
informatica ci si pone l’interrogativo se siano sicure tutte queste fatture,
anche contenenti dati sensibili se relative a prestazioni sanitarie, nei
database conservati dai provider dei vari applicativi per la fatturazione
elettronica. E il famigerato SDI dell’Agenzia delle Entrate?

Verrebbe invece da chiedersi quanto siano sicuri i dati
conservati nei software gestionali di contabilità nei vari server aziendali (o
PC di piccole imprese e professionisti della sanità), relativamente alle
fatture gestite informaticamente finora.

Opportunità per le imprese con il
Piano Industria 4.0

                     In questi mesi si sente parlare molto delle agevolazioni
                     fiscali per le imprese relative al Piano Industry 4.0, promosso
                     già dal Governo Renzi in autunno 2016. Cerchiamo, in questo
                     articolo, di capire meglio quali sono le reali opportunità per
                     le imprese ed i vincoli che la Legge pone per usufruire degli
                     incentivi, anche per capire in quali situazioni conviene
                     realmente investire in questa direzione, al fine di non
                     trovarsi brutte sorprese ad investimenti effettuati.

Il focus del Piano Industria 4.0 è il settore manifatturiero, esso punta alla
digitalizzazione delle imprese produttrici, anche se non sono completamente escluse
le aziende di servizi. Il fine del Governo è quello di incrementare gli investimenti
nelle imprese, che al momento latitano e vedono il nostro Paese indietro rispetto al
resto d’Europa. La carenza di investimenti è molto probabilmente la principale causa
della crescita bassa (in termini di “zero virgola”…) dell’Industria del nostro
Paese, soprattutto se paragonata agli altri Paesi industrializzati dell’Europa.

Perché Industria 4.0? La prima rivoluzione industriale è avvenuta alla fine del 18°
secolo con l’introduzione di potenza vapore per il funzionamento degli stabilimenti
produttivi, la seconda rivoluzione industriale si colloca all’inizio del 20° secolo
con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio; la terza
rivoluzione industriale è iniziata all’inizio degli anni ’70 con l’utilizzo
dell’elettronica e dell’IT per automatizzare ulteriormente la produzione (robot
industriali e computer). Ora, invece, nella quarta rivoluzione industriale, il
concetto fondamentale è la connessione con un sistema di raccolta e gestione dei
dati, collegamento a internet, IoT o Internet delle Cose (utilizzo di macchine
intelligenti, interconnesse e collegate ad internet) ed altro ancora.

L’elemento caratterizzante del piano di incentivazione, dunque, è la connessione,
fra diversi dispositivi (macchina-elaboratore, macchina-macchina, macchina-internet,
macchina-dispositivo mobile, ecc.).

Le tecnologie coinvolte nel piano Industry 4.0 sono le seguenti:

 1. Advanced Manufacturing Solutions (Robot collaborativi interconnessi e
    rapidamente programmabili).
 2. Additive manufacturing (Stampanti in 3D connesse a software di sviluppo
    digitali).
 3. Augmented Reality (Realtà aumentata a supporto dei processi produttivi).
 4. Simulation (Simulazione tra macchine interconnesse per ottimizzare i processi).
 5. Horizontal/Vertical Integration (Integrazione informazioni lungo la catena del
    valore dal fornitore al consumatore).
 6. Industrial Internet (Comunicazione multidirezionale tra processi produttivi e
    prodotti)
 7. Cloud (Gestione di elevate quantità di dati su sistemi aperti).
 8. Cyber- security (Sicurezza durante le operazioni in rete e su sistemi aperti).
 9. Big Data and Analytics (Analisi di un’ampia base dati per ottimizzare prodotti e
    processi produttivi).

Evidentemente l’elenco è disomogeneo, ma in ogni caso indica alle imprese quali sono
le tecnologie abilitanti per usufruire delle agevolazioni.

Fra le voci più significative vi è l’integrazione orizzontale e verticale.

L’integrazione verticale va
dall’acquisizione di dati a livello
produttivo, attraverso sensori,
all’elaborazione dati tramite software
gestionali: è l’integrazione che parte dal
MES (Manufacturing Execution System) al
sistema di Controllo di Gestione.

Sono diverse le soluzioni di integrazione orizzontale, ad esempio possono passare
attraverso la connessione con il fornitore per migliorare la supply chain
comprendendo soluzioni per la collaborazione, il planning, l’order management, il
tracking per la logistica, il data analytics e molto altro ancora.

Nel piano Industria 4.0 le principali incognite per le imprese possono essere così
riepilogate:
il rapporto costi/benefici dell’intervento;
       la mancanza di competenze digitali interne;
       la portata degli investimenti, che comunque rappresentano un costo che,
       ricordiamolo, viene finanziato solo se l’impresa è in utile;
       la carenza di standard digitali;
       l’incertezza sulla sicurezza dei dati (ad esempio nel caso della connessione
       attraverso Internet of Things e il Cloud Computing).

Su quest’ultimo punto il Piano Industria 4.0 ha pensato di introdurre il capitolo
della Sicurezza delle Informazioni, anche relativamente ai dati gestiti in ambito
IoT.

Per capire meglio il significato e la portata di tali incognite occorre precisare
che – per chi ancora non lo sapesse – le agevolazioni sono costituite dall’iper-
ammortamento (250% del valore del bene) e dal super-ammortamento (140% del valore
del bene), che si applicano, nel primo caso, ai beni materiali acquistati, nel
secondo anche ai beni immateriali.

L’elenco dei beni materiali e immateriali a cui è applicabile il super e iper
ammortamento è stato ufficialmente pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico
(MISE) ed è scaricabile in allegato al presente articolo insieme alle linee guida
del MISE stesso per l’applicazione delle agevolazioni.

Occorre precisare che per rientrare nel Piano Industria 4.0 ed usufruire degli
incentivi occorre acquisire almeno un bene materiale rientrante nell’elenco, ovvero
acquisire strumentazione atta a trasformare un’apparecchiatura/macchina preesistente
in un “bene Industria 4.0” (caso del revamping di macchinari). In altre parole per
poter usufruire del super ammortamento per l’acquisto di un bene immateriale, ad
esempio un software, rientrante nelle categorie previste dalla Legge, occorre che il
soggetto beneficiario del finanziamento acquisti anche un bene materiale; non è
richiesto il collegamento fra bene materiale e beni immateriali acquistati per
usufruire dell’agevolazione! Ad esempio, al limite un’impresa potrebbe acquistare un
sistema di sensori per acquisire dati da una macchina produttiva (ad esempio
temperature da un forno) ed applicare il super ammortamento all’acquisto di un
sistema MES o big data analytics che non trattano i dati rilevati dalla macchina
4.0.

Tra i vincoli per poter usufruire dell’agevolazione vi è che l’investimento deve
avvenire entro il 31/12/2017, con almeno un ordine ed un anticipo del 20% pagato
entro il 31/12/2017 e con consegna del bene entro 30/06/2018. La perizia giurata di
un ingegnere iscritto all’Albo o di un perito industriale     è necessaria per
investimenti superiori a 500.000 € per il singolo bene, negli altri casi è
sufficiente una autodichiarazione del Legale Rappresentante dell’impresa.

È evidente che il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale nella decisione ed
effettuazione di investimenti che, soprattutto nel caso di PMI, normalmente
richiedono una valutazione abbastanza lunga ed incerta. Visto poi che la Legge non è
di chiarissima interpretazione (si attende in questo mese una Circolare
interpretativa dell’Agenzia delle Entrate su molti aspetti ambigui), alcune imprese
rischiano di effettuare investimenti che poi non risulteranno ammissibili, magari
trascinati dalle indicazioni di venditori di macchine e apparecchiature. Al
proposito va ricordato che l’autodichiarazione del Legale Rappresentante ha risvolti
penali in caso di non ammissibilità del bene; dunque esiste la concreta possibilità
che molte aziende richiedano comunque la perizia giurata di un ingegnere abilitato
per garantire il vertice aziendale contro brutte sorprese (costo non iper-
ammortizzabile e dichiarazione mendace). Buona prassi sarebbe rivolgersi, prima di
effettuare l’investimento, ad un consulente che possa indirizzare l’azienda ed il
management non competente nelle tecnologie da acquisire e verso investimenti che,
non solo siano ammissibili agli incentivi Industria 4.0, ma che risultino realmente
utili per l’azienda nel medio-lungo periodo.

Fra i principali fattori inibitori nell’adottare le tecnologie incluse nel piano
Industria 4.0 vi è sicuramente la scarsa cultura digitale delle PMI italiane e una
mancanza di leadership digitale del management della PMI stessa.

Tra i processi che potrebbero trarre maggior vantaggio dall’implementazione di
misure Industry 4.0 spiccano sicuramente le tematiche di pianificazione,
schedulazione e controllo avanzamento della produzione e lo sviluppo   del
prodotto/industrializzazione.

Il Piano Industria 4.0 è un percorso di trasformazione, non solo tecnologico, ma
anche organizzativo e gestionale. Il fine dell’impresa deve essere l’incremento del
valore per il cliente, anche attraverso il miglioramento dell’efficienza aziendale,
la fornitura di soluzioni innovative, la proposta di servizi innovativi e
migliorativi rispetto allo standard.

Per iniziare un progetto di Industria 4.0   è importante effettuare una valutazione
iniziale finalizzata all’obiettivo Industry 4.0 per capire di cosa l’azienda
realmente bisogno, quali sono gli elementi di possibile miglioramento e le
opportunità da poter cogliere, ma anche dei rischi connessi agli investimenti.

Si ribadisce che i benefici per beni materiali e immateriali devono essere connessi
attraverso il soggetto beneficiario, non direttamente fra gli asset fisici e
immateriali, ma chiaramente un piano Industry 4.0 coerente dovrà prendere in
considerazione l’interconnessione fra gli uni e gli altri, solo così facendo si
otterrà il massimo nel miglioramento dell’efficienza dei processi aziendali.

Si ricorda che il software deve essere incluso nell’allegato B per poter rientrare
nell’incentivo, mentre per i software c.d. “embedded” prevale il riferimento al bene
iper-ammortizzabile nel quale è contenuto. Tale bene deve appartenere ai beni
dell’allegato A alla Legge.
Infine non è ancora chiaro quali costi accessori (consulenza finalizzata
all’utilizzo del bene) siano iper e super ammortizzabili, al proposito si attende la
Circolare di chiarimento dell’Agenzia delle Entrate.

Linea Guida MISE Industria 4.0

Beni ammissibili Piano Industria 4.0

Articolo 1 commi da 8 a 13 della legge 11 dicembre 2016 n 232 - Proroga con
modificazioni della disciplina del c.d. super ammortamento e introduzione del c.d.
iper ammortamento

Sistemi di gestione del rischio di
credito (SGRC)

                     Il CREDIT RISK MANAGEMENT SYSTEMS CRMS FP 07:2015 (CRMS) è il
                     primo schema (proprietario) che tratta la gestione del rischio
                     di credito commerciale. Nasce dalle crescenti esigenze delle
                     organizzazioni di mantenere il controllo sui crediti verso
                     clienti, che se mal gestiti sono spesso una delle principali
                     cause di fallimento delle imprese.

Il SGRC è coerente con i principi dell’HLS elaborato dall’ISO per gli standard sui
Sistemi di Gestione (es. ISO 9001:2015, ISO 14001, ISO 27001, ecc.).

La finalità è quella di indirizzare le aziende nell’implementazione di procedure per
la gestione del credito che permettano di determinare il livello di rischiosità del
cliente, implementando azioni atte a contenere tale rischio mediante la definizione
di un livello massimo di esposizione o altre forme di mitigazione, come la
definizione di modalità e termini di pagamento coerenti, garanzie e clausole
contrattuali appropriate e così via.

Il SGRC permette così l’espansione delle vendite senza compromettere l’equilibrio
economico e, soprattutto,   finanziario dell’azienda.

Il Sistema recepisce l’approccio PDCA e la struttura di tutte le nuove norme sui
sistemi di gestione (Contesto dell’organizzazione, Leadership, Pianificazione per il
Sistema di gestione del credito, ecc.) pertanto si presta perfettamente ad essere
integrata in atri Sistemi di Gestione (ISO 9001, ISO 14001, ISO 27001,…).

Tutti i requisiti sono ovviamente declinati nell’ottica della gestione del credito,
ad es. l’Organizzazione deve identificare le parti interessate pertinenti al Sistema
di Gestione per il Credito e i requisiti di tali parti interessate attinenti la
gestione del credito, tenendo conto anche di eventuali

requisiti cogenti, ecc. Anche l’analisi del contesto esterno ed interno
all’organizzazione è volta ad identificare i principali fattori che influenzano
l’aspetto economico-finanziario, quali termini di pagamento imposti dal mercato o
cogenti, tassi di interesse, accesso al credito presso Istituti di Credito o Società
finanziarie, dinamiche dei costi del processo produttivo o di erogazione dei
servizi, ecc.

Naturalmente l’attività di pianificazione delle attività finalizzate ad affrontare
rischi ed opportunità nella gestione del credito commerciale costituisce uno dei
capisaldi dello standard.

Il SGRC si basa sulla politica nella gestione del credito stabilita dalla direzione,
che deve definire obiettivi ed indicatori per monitorare il raggiungimento degli
obiettivi di gestione del credito.

A supporto della Direzione per la realizzazione del SGRC occorre nominare un Credit
Manager che, indipendentemente da altri compiti e responsabilità, svolgerà
determinate attività e assumerà precise responsabilità sull’argomento.

Le risorse e le relative competenze del personale devono essere commisurate alle
esigenze di gestione del credito. Anche comunicazione, informazioni documentate e
infrastrutture devono essere pianificati in base alle necessità di gestire il
credito ed i relativi rischi connessi.

Per quanto riguarda le Attività Operative, l’organizzazione deve applicare un
processo formale e documentato per l’analisi del rischio di perdita del credito.
Tale processo include l’utilizzo di un modello di scoring attraverso il quale
attribuire classi di rischio a ciascun cliente e determinare, di conseguenza, il
grado di affidabilità del cliente in termini di solvibilità.

Il modello di credit scoring elabora una serie di informazioni utilizzando semplici
ponderazioni e calcoli basati sull’esperienza aziendale oppure elaborati metodi
statistici, pervenendo ad un punteggio sintetico di rating.

Il modello di scoring dovrebbe prendere in considerazione svariate informazioni,
quali:

    Puntualità e ritardi nei pagamenti pregressi;
    Livello di esposizione nei confronti dell’organizzazione;
Dati societari (bilanci, ecc.)
    Informazioni commerciali sul rischio di credito del cliente ottenute da società
    specializzate;
    Elementi pregiudiziali e protesti;
    Storicità e potenzialità del rapporto commerciale;

                     Il modello di scoring non deve necessariamente essere un
                     modello “validato” dalla teoria sull’argomento o soddisfare
                     determinati canoni o standard, ma deve, soprattutto, rispondere
                     alle esigenze dell’organizzazione per una efficiente gestione
                     degli incassi e mitigazione del rischio di credito. Come
                     vedremo nel seguito, la validazione del modello è interna, al
                     fine di soddisfare i requisiti propri dell’organizzazione.

Se, infatti, Banche e società specializzate in rating finanziario hanno algoritmi
elaborati di un certo tipo, per una PMI le esigenze potrebbero essere diverse, per
esempio il medesimo ritardo nei pagamenti per organizzazioni diverse potrebbe avere
un peso diverso nell’algoritmo di scoring.

A valle della classificazione dei clienti in una determinata classe di rischio, o
comunque nell’attribuzione di un rating per ogni cliente, in base a criteri
stabiliti, devono essere intraprese azioni per trattare il rischio di credito in
ogni situazione. Si può variare, secondo le esigenze e le opportunità di ogni
singola azienda, dalla riduzione o limitazione del fido, alla modifica delle
modalità di pagamento o addirittura alla cessazione delle forniture fino al rientro
del debito.

Il modello di scoring e le attività di mitigazione del rischio di credito
conseguenti devono essere validate per dimostrare la loro capacità di ridurre il
rischio di insolvenza. Questo può essere dimostrato migliorando gli indicatori
stabiliti per monitorare il rischio di credito (es. percentuale di insoluto rispetto
al fatturato, media dei ritardi di pagamento dei clienti, esposizione finanziaria,
ecc.).

Le linee di credito dovranno essere stabilite, approvate e periodicamente
riesaminate da funzioni della struttura organizzativa aziendale appositamente
incaricate.

Oltre a quanto appena esposta dovranno essere definiti e gestiti i processi di
comunicazione con i clienti, fatturazione, controllo operativo del portafoglio
clienti, gestione del contenzioso e recupero crediti, controllo dei
processi/prodotti/servizi affidati all’esterno, mediazione o azione legale, gestione
perdite su crediti, continuità operativa.

La valutazione delle prestazioni è analoga a quanto previsto per la norma ISO
9001:2015:

    Occorre stabilire ed attuare attività di monitoraggio e misurazione dei processi
    finalizzata a valutare l’efficacia del sistema di gestione del credito;
    Vanno pianificati e condotti audit interni per verificare se il CRMS è conforme
    ai requisiti ed attuato efficacemente;
    Deve essere periodicamente effettuato un Riesame di Direzione, finalizzato a
    valutare il raggiungimento degli obiettivi, nonché l’efficacia del CRMS;
    Deve essere implementato un processo di miglioramento basato sul trattamento
    delle non conformità e sulla pianificazione ed attuazione delle conseguenti
    azioni correttive ritenute necessarie.

In conclusione lo schema è ben strutturato e costituisce un ulteriore anello di
congiunzione fra sistemi qualità ISO 9001 e controllo di gestione, al fine di
gestire l’azienda in maniera coordinata ed efficace, oltre che efficiente, da
diversi punti di vista.

Tra i vantaggi nell’implementare il CRMS – ed eventualmente di certificarlo con un
Organismo di Certificazione – vi sono la garanzia di ridurre in modo pianificato, e
oserei dire scientifico, il rischio di perdite da crediti insoluti e il
miglioramento della reputazione aziendale nei confronti degli Istituti di Credito
che, al di là di altri parametri, riconosceranno nell’organizzazione che attua un
CRMS certificato, un soggetto sicuramente più affidabile nell’erogazione di credito,
proprio perché tiene maggiormente sotto controllo i propri crediti.

Quanto costa un esame strumentale?

                     Per diversi tipi di organizzazione è fondamentale, ai fini del
                     controllo di gestione, calcolare il costo corretto di
                     un’attività svolta da un operatore utilizzando uno strumento o
                     un’apparecchiatura di elevato valore.

È il caso di un ambulatorio medico oppure una clinica privata che effettuano
accertamenti diagnostici strumentali (es. TAC, risonanze, ecografie, esami
oculistici, ecc.) con apparecchiature particolarmente costose, ma anche di
laboratori prove che effettuano prove distruttive o non distruttive su prodotti o
materiali (nell’ambito di servizi ispettivi accreditati, per eseguire prove previste
dalla legge come quelle su campioni di calcestruzzo, ecc.) oppure di centri di
taratura strumenti accreditati (nel caso la taratura avvenga attraverso strumenti o
apparecchiature che fungono da campione primario).

In tutte queste situazioni il costo dell’attività di prova o esame per il cliente è
spesso giudicato elevato, sicuramente non giustificato dal tempo occorso per
effettuare l’esame o la prova.

In effetti, dal punto di vista del fornitore del servizio (struttura sanitaria,
laboratorio prove, ecc.), per determinare il costo diretto (nell’ottica del direct
costing) della prestazione non è sufficiente considerare le ore/persona che si sono
rese necessarie, ma occorre considerare anche il costo dell’apparecchiatura
utilizzata. Infatti sarebbe fuorviante considerare come costo del servizio solo il
costo dell’operatore, le spese vive (generazione della reportistica, eventuali costi
di trasporto, materiali di consumo, ecc.) e una quota parte dei costi di struttura
generali. Questo perché la ripartizione dei costi di struttura o spese generali non
sarebbe equa nel caso in cui l’organizzazione disponesse di apparecchiature e
macchinari molto costosi, sia come costo di acquisto, sia come
gestione/manutenzione: la differenza di costo di tali risorse potrebbe, infatti,
incidere in modo differente sui diversi servizi (esami, prove ecc.).

L’approccio più corretto sarebbe quello di considerare nei costi diretti della
prestazione anche quota parte del costo di gestione e ammortamento
dell’apparecchiatura utilizzata, vediamo come.

Il prezzo del servizio (esame strumentale, prova di laboratorio, taratura, …)
sarebbe determinato dalla seguente formula:

Prezzo del servizio = Costo operatore + Costo materiale di consumo + Costi accessori
+ Costo impiego apparecchiatura + quota parte dei costi fissi di struttura +
Margine/utile lordo

che può essere espressa anche come:

Prezzo = Costi diretti + Costi fissi + Margine lordo,

laddove:

Margine lordo = (Costi diretti + Costi fissi) x (1+ Utile desiderato in %)

Costi fissi = f(Costi diretti, Driver criterio di ripartizione)

dove il Driver di ripartizione dei costi fissi può essere determinato a partire dai
ricavi genrali, dal n° di servizi venduti, dai ricavi per il servizio specifico
nell’anno precedente, dall’area occupata dal servizio, ecc..
Mentre

    il costo operatore può essere facilmente determinato dalle ore impiegate
    dall’operatore che effettua la prestazione moltiplicato per il suo costo orario,
    il costo del materiale di consumo può anch’esso essere calcolato in base alla
    quantità di materiale consumato (compresi eventuali supporti ottici, carta
    speciale per le stampe dei report/esiti, ecc.) per il relativo costo,
    i costi accessori possono essere costituiti da spese vive di vario genere (es.
    trasporti per lo strumento da tarare o per il campione da esaminare),

per quanto riguarda il Costo impiego apparecchiatura occorre fare alcune
considerazioni.

Un macchinario o apparecchiatura molto costosa (es. apparecchi per TAC, risonanze,
ecografie, determinati esami oculistici o altri esami specialistici in ambito
sanitario) è opportuno considerare il costo di acquisto dell’apparecchiatura, la sua
durata di vita media presunta ed i costi di manutenzione. Il costo annuo
dell’apparecchiatura è dunque determinato nel modo seguente:

Costo annuo apparecchiatura = Costo di acquisto/Vita media in anni + Costo di
manutenzione/gestione annuo

Tutti i valori andrebbero poi attualizzati considerando i relativi tassi di
inflazione.

Dunque non bisogna considerare le quote di ammortamento fiscali nel calcolo del
primo addendo, perché potrebbero essere fuorvianti.

Per un calcolo preciso del costo annuo dell’apparecchiatura occorre prestar molta
attenzione alla durata media presunta dell’apparecchiatura, calcolabile attraverso
stime su apparecchiature simili, ed al conteggio dei costi di manutenzione e
gestione (comprese le parti di ricambio e i sistemi informatici di supporto per la
conservazione dei risultati). Questi ultimi andrebbero sistematicamente aggiornati
anno per anno (talvolta crescono col passare del tempo) per ottenere un valore
preciso del costo della risorsa. Naturalmente in caso di strumentazione a noleggio
tutti questi calcoli si semplificano.

Una volta determinato il costo annuo dell’apparecchiatura, mantenuto aggiornato di
anno in anno, è necessario ripartire questo costo per tutte le prestazioni
effettuate nell’anno con tale risorsa per determinare il sopra citato Costo di
impiego dell’apparecchiatura.

Il numero di prestazioni effettuate con la risorsa non è sempre determinabile a
priori, ci si può basare sui valori dell’anno precedente per fare una previsione e,
nel caso di una frequenza di impiego inferiore le prestazioni non effettuate
andranno ad incrementare i costi fissi generali, mentre nel caso in cui il numero
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