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IL RUOLO DEL FARMACISTA NELLA GESTIONE DELLE PATOLOGIE ACIDO-CORRELATE: GLI INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA Organizzatore Scientifico Dipartimento di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Genova
IL RUOLO DEL FARMACISTA NELLA GESTIONE DELLE PATOLOGIE ACIDO-CORRELATE: GLI INIBITORI DELLA POMPA PROTONICA Autore e responsabile scientifico Prof. Vincenzo Savarino Ordinario di Gastroenterologia presso Università degli Studi di Genova obIeTTIVo FormATIVo nAZIonALe Epidemiologia – Prevenzione e promozione della salute con acquisizione di nozioni tecnico- professionali (10) obIeTTIVI FormATIVI SPeCIFICI Il corso si propone di: • suggerire strumenti utili per riconoscere i sintomi tipici delle più comuni patologie acido-correlate, gestibili anche in un contesto di automedicazione, e individuare eventuali condizioni di gestione medica; • dare indicazioni per un appropriato counselling; • fornire informazioni e contenuti sulle indicazioni di uso dei PPI nelle principali patologie acido- correlate, con particolare riferimento al trattamento della patologia da reflusso gastroesofageo e sul profilo di sicurezza di impiego con altri farmaci; fornire un quadro sul meccanismo d’azione, sulle maggiori interazioni farmacologiche e sull’efficacia terapeutica degli stessi. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 1
Indice Introduzione _______________________________________________________________________________________________________________________________________ 3 Inquadramento delle patologie acido-correlate: come distinguerle? _______________________________________________________________________________________________________________________________________ 5 Dispepsia, Helicobacter pylori, ulcera peptica_________________________________________________________________________________ 6 Gestione della dispepsia______________________________________________________________________________________________________ 8 Helicobacter pylori e ulcera peptica_________________________________________________________________________________________ 9 Diagnosi_______________________________________________________________________________________________________________________ 10 Eradicazione dell’infezione da Helicobacter pylori______________________________________________________________________ 10 Gli inibitori della pompa protonica nell’ulcera peptica associata a infezione da Helicobacter pylori____________ 12 Compliance del paziente e outcome clinico: il ruolo del farmacista__________________________________________________ 12 Malattia da reflusso gastroesofageo: inquadramento clinico______________________________________________________________ 12 Aspetti clinici e diagnostici__________________________________________________________________________________________________ 14 Attuale gestione del problema: ruoli e responsabilità del farmacista di comunità nel counselling del paziente con sintomatologia da reflusso gastroesofageo___________________________________________ 16 Riconoscimento dei sintomi da reflusso gastroesofageo: raccolta delle informazioni_____________________________ 17 Sospettare condizioni di gestione medica________________________________________________________________________________ 18 Consigli su abitudini comportamentali e alimentari rivolti al paziente________________________________________________ 18 Gli Inibitori della Pompa Protonica: dalla farmacologia alla pratica clinica ____________________________________________________________________________________________________________________________________ 20 Farmacologia di base ___________________________________________________________________________________________________________ 21 Farmacocinetica__________________________________________________________________________________________________________________ 24 Interazioni farmacologiche_______________________________________________________________________________________________________ 25 Effetti avversi ______________________________________________________________________________________________________________________ 26 PPI di seconda generazione: esomeprazolo_________________________________________________________________________________ 26 Conclusioni ____________________________________________________________________________________________________________________________________ 29 Bibliografia ____________________________________________________________________________________________________________________________________ 30 Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 2 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
InTrodUZIone La secrezione acida gastrica è un processo continuo e complesso nel quale molteplici fattori, centrali o periferici, contribuiscono ad un unico esito: la secrezione di H+ da parte delle cellule parietali gastriche. Il sistema nervoso centrale ha un ruolo importante nel controllo della secrezione acida gastrica. In particolare, le fibre postgangliari del nervo vago, mediante liberazione di acetilcolina, stimolano le cellule G, D ed ECL (EnteroChromaffin-Like cells, cellule enterocromaffino-simili) a produrre rispettivamente gastri- na, somatostatina e istamina. La membrana della cellula parietale gastrica presenta il recettore istaminico (H2), quello per la gastrina (CCK2), quello per l’acetilcolina (M3) e quello per le prostaglandine, che, al contrario dei primi tre, ha un effetto inibitorio sulla secrezione acida. La stimolazione dei primi tre recettori porta all’attivazione di una pompa protonica nota come H+/K+-ATPasi. L’enzima, presente in forma inattiva nelle strutture tubulo-vescicolari intracellulari, è trasferito in fase di attiva- zione a livello dei canalicoli secretori, dove regola lo scambio fra ioni H+, che fuoriescono nel lume gastrico, e ioni K+, che entrano nel citosol. Gli ioni idrogeno originano dall’acido carbonico (H2CO3) tramite l’enzima anidrasi carbonica e HCO3- entra nel plasma scambiandosi con lo ione Cl-. Gli ioni cloruro sono in seguito secreti nel lume gastrico con H+ grazie a un trasportatore apposito. Cellule mucose (secernono muco/bicarbonato) Nervo vago Cellule ECL (secernono istamina) Cellule parietali (secernono acido gastrico, HCl) pH Recettore H2 + Cellule Chief H+HH + H+ H+ ATP (secernono pepsinogeno) H+ K+ ACh K + K+ Cellule D (secernono somatostatina) Istamina Muco e HCO3 Cellule G (secernono gastrina) Figura 1. Principali vie che controllano la secrezione acida (Copyright: Ellepigrafica/Shutterstock.com). Il succo gastrico è prodotto per l’azione di stimoli vagali, stimoli psichici e meccanismi locali come la distensione gastrica, la presenza di alimenti e la loro alcalinità nello stomaco. Intervengono nella regolazione della secrezione gastrica anche vari ormoni gastrointestinali (gastrina ad azione eccitatoria e somatostatina ad azione inibitoria). Cause che vadano a interferire con questa regolazione possono quindi produrre l’aumento della secrezione gastrica (Tabella 1). Errori o eccessi alimentari Uso cronico di sostanze irritanti quali fumo, spezie Assunzione di alcuni farmaci: FANS e alcol Stress Infezioni batteriche o virali Tabella 1. Cause dell’iperacidità gastrica. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 3
La pepsina (enzima idrolitico presente nel succo gastrico) e il basso pH gastrico avrebbero un’azione lesiva sulla mucosa gastrica se non intervenissero meccanismi di difesa, il più importante dei quali è rappresentato dallo strato di muco e bicarbonato (barriera mucosa). La barriera mucosa garantisce il mantenimento, in prossimità della mucosa gastrica, di un pH pari a 7,0 (pH neutro), anche quando il pH del lume è più acido di 2,0, data la capacità del bicarbonato di neutralizzare chimicamente l’acido cloridrico prodotto. Inoltre, rappresenta una barriera fisica contro piccoli agenti meccanici e contro l’eccesso di acido cloridrico, grazie al deposito del muco sulla mucosa gastrica. Lo squilibrio a livello della mucosa gastroduodenale tra fattori “aggressivi” (acido, pepsina) e fattori “difensivi” (muco, bicarbonato, sfinteri) può essere uno dei meccanismi patogenetici per patologie gastrointestinali acido-correlate. I disordini acido-correlati del tratto gastrointestinale superiore comprendono varie condizioni patologiche dell’esofago, dello stomaco e del duodeno, quali la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), l’ulcera peptica (gastrica e duodenale), la gastropatia erosivo-emorragica indotta prevalente- mente da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Tutti questi disturbi hanno come denominatore comune l’eccessiva presenza di acido cloridrico nello stomaco, che irrita e danneggia la parete gastrica o la parete esofagea nel caso del reflusso. Il bruciore retrosternale (pirosi) e i sintomi da reflusso gastroesofageo sono tra i disturbi con la più elevata diffusione tra la popolazione. Nel mondo occidentale questi disturbi si riscontrano nel 20%- 40% della popolazione generale, che presenta il sintomo più classico, la pirosi, almeno una volta alla settimana. Il progressivo e consistente declino epidemiologico della patologia ulcerosa (gastrica e duodenale), conseguente alla scoperta e all’eradicazione dell’infezione da Helicobacter pylori, ha fatto emergere la MRGE come il disordine acido-correlato più comune del tratto digestivo superiore, con una diffusione tale da poterla considerare come una malattia “epidemica”. Pirosi e rigurgito, inteso come una risalita in esofago del contenuto gastrico, caratterizzano in modo tipico la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Nella quasi totalità dei casi, questi sintomi sono espressioni di condizioni benigne. Tuttavia, hanno un impatto notevole sullo stile di vita sociale e le attività quotidiane dei soggetti colpiti, non solo perché di- ventano un limite nello svolgimento delle più comuni attività quotidiane, ma perché possono diventare un’importante fonte di ansia e preoccupazione se il paziente non è adeguatamente educato a gestirli, poiché possono presentarsi in maniera simile al dolore di origine cardiaca. In questo contesto, il farmacista di comunità, attraverso l’ausilio di poche domande ben orientate, può essere determinante nella corretta individuazione dei sintomi e nel suggerimento di un pri- mo percorso terapeutico. La promozione di comportamenti che possono limitare i sintomi e i disturbi delle patologie acido- correlate, la gestione iniziale della terapia farmacologica, grazie ai nuovi farmaci per l’automedicazione, e l’individuazione di soggetti che potrebbero aver bisogno dell’intervento medico, sono sicuramente azioni che il farmacista, considerato una delle prime figure sanitarie a cui il cittadino si rivolge, deve mettere in atto per conservare un ruolo di rilievo nel counselling del paziente. L’ingresso degli inibitori della pompa protonica (PPI, Proton Pump Inhibitor) come farmaci da banco, dispensabili a basso dosaggio senza obbligo di prescrizione per il trattamento a breve termine dei sintomi da reflusso, quali pirosi e rigurgito acido, offre al farmacista un’occasione importante nella gestione iniziale della terapia. Gli inibitori della pompa protonica, farmaci dotati dell’azione più marcata in termini di soppressione della secrezione acida, costituiscono una delle novità farmacologiche più rilevanti degli ultimi anni, che ha fortemente influenzato la gestione e la conoscenza delle patologie acido-correlate. Inqua- drare correttamente il contesto di utilizzo di questa classe farmaceutica, in una realtà in cui si è abituati a impiegare i tradizionali prodotti da banco come gli antiacidi o gli alginati, risulta estrema- mente importante per il farmacista per aiutare il paziente nella gestione autonoma del trattamento della patologia e per ridurre al minimo gli abusi/disusi che potrebbero derivare da una scorretta assunzione di tali farmaci. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 4 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
InQUAdrAmenTo deLLe PAToLoGIe ACIdo-CorreLATe: Come dISTInGUerLe? Con il termine patologie acido-correlate si indicano tutti i disturbi che hanno come denominatore comune l’eccessiva presenza di acido cloridrico nello stomaco, ossia ulcera peptica (Figura 2) e reflusso gastroesofageo. La causa comune a questi disturbi è uno squilibrio tra fattori “aggressivi” (acido, pepsina) e fattori “difensivi” (muco, bicarbonato, sfinteri) a livello della mucosa gastroduodenale. In questi casi l’acido prodotto nello stomaco irrita e danneggia la parete gastrica, o la parete esofagea nel caso del reflusso. Le ulcere gastriche possono essere causate anche da: • infezione da parte di Helicobacter pylori, un microrganismo che, insediandosi nello stomaco, cau- sa la gastrite cronica e successivamente l’ulcera; • uso acuto o prolungato di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o di cortisonici; • fumo; • eccesso di caffè, alcol o spezie (tutti fattori che riducono i meccanismi di protezione naturale della parete gastrica). Figura 2. Ulcera peptica (Copyright: Juan Gaertner/Shutterstock.com). Il sintomo più comune in tutte queste patologie è il bruciore di stomaco, che può essere accompa- gnato da dolore e da disturbi della digestione (gastrite, ulcera ecc.). Se non sono curate, le lesioni ulcerose possono peggiorare fino al sanguinamento e alla perforazione dello stomaco. Il reflusso gastroesofageo si caratterizza per la risalita in esofago del contenuto gastrico, cau- sata da alterata continenza gastroesofagea, cui può fare seguito un’irritazione dell’esofago. Durante il reflusso esofageo, l’acido cloridrico gastrico irrita il rivestimento esofageo e ciò può dare origine a sintomi e/o lesioni erosive della mucosa esofagea, determinando nel secondo caso una condizione definita esofagite da reflusso. Inoltre, si può andare incontro a ulcera, emorragia e stenosi dell’esofago. La sintomatologia comprende rigurgito e pirosi (bruciore) retrosternale, e più raramente dolore toracico e difficoltà al passaggio del cibo lungo l’esofago (disfagia). Come si evidenzia da quanto detto, i sintomi delle diverse patologie non sono del tutto sovrapponibili. Tuttavia, tali condizioni possono verificarsi simultaneamente in uno stesso individuo e questo rende difficile la loro discriminazione. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 5
La dispepsia e la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) sono tra i motivi più frequenti per cui un paziente si rivolge al farmacista o al medico gastroenterologo, soprattutto se non vi è giovamen- to della sintomatologia con il trattamento farmacologico. Per il clinico diventa spesso difficile distin- guere un paziente con dispepsia funzionale (non ulcerosa) da uno con malattia da reflusso non erosiva (NERD, Non Erosive Reflux Disease), entrambe con risultati endoscopici negativi, basandosi sulla loro definizione o sulle caratteristiche fisiopatologiche delle singole malattie. Si tratta infatti di due disordini del tratto gastrointestinale superiore con quadro eziologico simile e spesso sovrapponibile che comprende: esposizione all’acido, ipersensibilità viscerale, lento svuota- mento gastrico e infezioni da Helicobacter pylori. Secondo i criteri diagnostici di Roma III, la dispepsia è definita come dolore o disagio persistente o ricorrente, localizzato nella parte superiore dell’addome, in assenza di una malattia organica sottostante che ne giustifichi i sintomi. Il sintomo distintivo che caratterizza e differenzia la dispepsia dalla MRGE è la pirosi (bruciore retrosternale), indicato come disturbo proprio della MRGE. Lo stesso Comitato internazionale di Roma III classifica la dispepsia e la MRGE come patologie distin- te, che originano da due organi diversi, rispettivamente stomaco ed esofago. Nonostante queste definizioni siano di facile comprensione, esistono delle evidenti difficoltà nel dif- ferenziare entrambe le condizioni in ambito clinico, poiché sono condizionate da una serie di fattori confondenti. Non è infatti un caso che molti pazienti con malattia da reflusso non erosiva, in assenza dei segni tipici da reflusso, siano diagnosticati come pazienti dispeptici, per via dei loro sintomi atipici quali dolore e bruciore epigastrico. Saper cogliere l’ambiguità dietro cui si nascondono questi sintomi, attraverso il racconto del pa- ziente, può aiutare il farmacista a identificare i pazienti eleggibili all’automedicazione e quelli cui suggerire un percorso terapeutico, invitando subito il soggetto affetto dai disturbi a un consulto medico. Inoltre, per i soggetti con una storia di malattia cronica seguiti dal medico di medicina generale o dallo specialista, il farmacista può e deve conservare un ruolo importante di counselling e di supporto riguar- do ai comportamenti da adottare per limitare il disturbo e di monitoraggio per la corretta assunzione dei farmaci. Dispepsia, Helicobacter pylori, ulcera peptica Con il termine (volutamente generico) di dispepsia organica si vuole fare riferimento a un quadro patologico di tipo infiammatorio acuto o cronico, a carico dello stomaco e/o del duodeno, carat- terizzato eventualmente da ulcerazioni mucosali e perdite ematiche. Il disturbo è localizzato nella parte centrale dell’addome superiore (epigastrio) ed è caratterizzato dalla presenza di sintomi quali dolore/ bruciore epigastrico, sazietà precoce, ripienezza postprandiale. Il bruciore epigastrico è correlato all’a- cidità gastrica ed è incluso solamente dai ricercatori anglosassoni nella MRGE. Tra i fattori predisponenti si possono citare: • alcol, • tabacco, • acido acetilsalicilico o altro farmaco antinfiammatorio non steroideo, • stress fisiologico (traumi, setticemie, chirurgia), • Helicobacter pylori, trovato nel 90-100% dei casi di ulcera duodenale e nel 66-77% dei casi di ulcera gastrica. L’eziologia, dunque, comprende l’esposizione a fattori scatenanti o flogogeni, ma anche la rottura dell’equilibrio fra gli elementi protettivi (integrità mucosale, secrezione mucosa, bicarbonato, pro- staglandine, buona irrorazione sanguigna) e quelli aggressivi (secrezione acida, alte concentrazioni di pepsina, presenza di agenti citotossici). Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 6 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
In pratica, gli agenti eziologici sono di tre tipi: 1. infettivi (Helicobacter pylori), 2. chimici (farmaci), 3. fisiologici (traumi, shock, malattie gastroenteriche concomitanti). Le indagini strumentali possono rivelare la presenza di una malattia organica (come un’ulcera gastrica o duodenale, calcoli biliari, pancreatite o una neoplasia) responsabile dei sintomi (dispepsia organica o ulcerosa). Tuttavia, nel 50-60% dei pazienti dispeptici non è possibile riscontrare alterazioni pato- logiche responsabili della sintomatologia; si parla allora di dispepsia funzionale o dispepsia non ulcerosa. La dispepsia funzionale è solitamente definita come “dolore o malessere localizzato nella parte supe- riore dell’addome (epigastrio) senza evidenze di malattie organiche responsabili dei suddetti sintomi”. Con il termine “malessere” si intende una serie di sintomi come la ripienezza post-prandiale, il senso di sazietà precoce, il gonfiore addominale, la nausea e il vomito (Figura 3). Malessere localizzato Dolore/bruciore nella parte superiore epigastrico dell’addome Nausea e senso di sazietà Gonfiore addominale precoce Figura 3. Localizzazione e caratterizzazione dei sintomi della dispepsia (Copyright: Designua/Shutterstock.com). La fisiopatologia della dispepsia funzionale rimane, tuttora, poco definita, anche se disturbi della se- crezione acida, disturbi della funzione motoria, aumentata percezione viscerale e fattori psicologici sono elementi che sembrano giocare un ruolo primario. Esistono, inoltre, fattori che, anche se non sono responsabili direttamente della sintomatologia dispeptica, ne possono modificare l’andamento: uno di questi è la dieta. Non a caso il paziente dispeptico attribuisce quasi sempre alla qualità dei cibi ingeriti la causa dei propri disturbi; per esempio, cibi particolarmente ricchi in lipidi, specie acidi grassi a catena lunga, potrebbero rallentare lo svuotamento gastrico e indurre alterazioni della funzione bi- liare secondarie a liberazione di colecistochinina. Altri fattori implicati nella patogenesi della sindrome dispeptica sono quelli psicoemotivi. È noto che situazioni di disagio psichico possono influenzare la secrezione, la motilità e la vascolarizzazione a livello gastroesofageo, e che lo stress partecipa alla genesi dei sintomi dispeptici come alla loro remissione o ricomparsa. Negli ultimi anni è stato molto dibattuto il ruolo svolto dall’H. pylori. È ormai ben documentata la stretta correlazione tra infezione da H. pylori e insorgenza e/o recidiva di ulcera peptica. In letteratura, invece, Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 7
sono presenti dati controversi circa un possibile ruolo di tale batterio nella dispepsia funzionale. Se, infatti, da una parte una meta-analisi ha evidenziato un’aumentata prevalenza di infezione da H. pylori nei pazienti con dispepsia non investigata, altri studi non hanno confermato tale dato. Gestione della dispepsia I sintomi che sono alla base della sindrome dispeptica non hanno sempre meccanismi fisiopatologici accertati, ma solo ipotesi patogenetiche e, conseguentemente, la terapia non è in tutti i casi basata su un razionale scientifico-sperimentale; a volte, infatti, l’esperienza clinica suggerisce la possibile effica- cia della terapia. Ciò perché il primo intento della terapia è la risoluzione dei sintomi. L’approccio complessivo a un paziente con sintomi dispeptici non può prescindere dai consigli per una sana alimentazione, la riduzione del peso e la riduzione/cessazione del fumo. Anche se la dimostrazione dei benefici diretti che si possono ottenere applicando questi consigli è più chiara nelle persone che hanno sintomi da MRGE rispetto a quelle con dispepsia per le quali esistono veramente poche indicazioni evidence based, il vantaggio generale per la salute è tale per cui è opportuno sotto- lineare comunque l’utilità di tali consigli. Per questo motivo, nonostante siano sostanzialmente empiri- che, le raccomandazioni di “limitare cibi grassi, fritti, piatti particolarmente elaborati, bevande gasate, menta, superalcolici, cibi e condimenti aciduli, caffè e cioccolato” e di assumere pasti regolari, sono un tassello quasi irrinunciabile nel complesso delle raccomandazioni che qualsiasi operatore sanitario, tra cui il farmacista, dovrebbe fornire al paziente dispeptico. Le linee guida per la gestione del paziente affetto da dispepsia non ancora investigata, con età < 55 anni e senza segni e/o sintomi d’allarme, prevedono come primo passo la ricerca dell’H. pylori. In presenza del batterio è indicata la terapia eradicante, dopo la quale, in mancanza di un migliora- mento clinico, sarà necessario verificare l’eradicazione. In caso di persistenza del batterio, la terapia eradicante dovrà essere ripetuta con farmaci alternativi (si veda oltre). Invece, se è stata accertata l’era- dicazione, la persistenza di sintomi dispeptici renderà indispensabile un approfondimento diagnostico mediante esofagogastroduodenoscopia. Spiegel et al. hanno proposto, nei pazienti con sintomi persistenti nonostante l’avvenuta eradicazione dell’H. pylori, un tentativo terapeutico empirico con inibitori della pompa protonica per 6 settimane prima dell’approfondimento endoscopico. Tale approccio avrebbe un miglior rapporto costo/efficacia, poiché potrebbe rappresentare un filtro per identificare pazienti che possono essere resi asintomatici senza l’uso di procedure invasive. Tuttavia, per una gestione ottimale del paziente dispeptico è indi- spensabile un preciso inquadramento clinico non solo per escludere un’eventuale forma organica, ma anche per distinguere i diversi sottogruppi in caso di forma funzionale e impostare il trattamento più opportuno. Nella forma simil-ulcerosa sono particolarmente efficaci tre classi di farmaci: 1. gli antiacidi, 2. gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina, 3. gli inibitori della pompa protonica. In particolare, diverse evidenze suggeriscono che gli inibitori della pompa protonica siano più ef- ficaci degli anti-H2. Sebbene la soppressione dell’acidità gastrica risulti la strategia terapeutica più frequentemente utilizzata dai medici nei pazienti con dispepsia funzionale documentata, gli studi con- dotti in merito mostrano risultati controversi: tuttavia, riportano un’efficacia superiore al placebo, anche in assenza di infezione da H. pylori (NB: l’utilizzo dei PPI nella dispepsia è considerato off-label, in quanto l’indicazione non è riportata nella scheda tecnica. Va inoltre ricordato che le norme riguardanti la prescrizione off-label prevedono l’obbligo del consenso informato e la non rimborsabilità del SSN). Gli antiacidi sono tradizionalmente considerati i farmaci di primo impiego in caso di bruciore di stoma- co e rigurgito acido, ma la loro efficacia nel trattamento della dispepsia funzionale, come dimostrano gli Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 8 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
studi disponibili, non è risultata superiore a quella del placebo e il loro impiego è oggi giustificato solo in caso di episodi occasionali di pirosi gastrica postprandiale legata a un disordine alimentare. In soggetti con dispepsia dismotoria, in cui il sintomo predominante è il disagio localizzato a livello della regione superiore dell’addome, gonfiore, con senso di ripienezza postprandiale e sazietà pre- coce, potrebbe verificarsi una riduzione dell’efficacia della terapia con antisecretori; è noto che in tale sottogruppo vi sia una scarsa risposta a questa categoria di farmaci. La dispepsia dismotoria si giova, infatti, di agenti procinetici, farmaci che favoriscono la motilità dell’apparato gastroenterico, facilitando il rilascio di acetilcolina a livello del plesso mienterico. Il limite di tutti questi interventi farmacologici è che, al di là dell’alleviamento dei sintomi, non si riesce a interrompere la ricorrenza degli attacchi dispeptici. Helicobacter pylori e ulcera peptica I dati epidemiologici menzionati sottolineano l’importanza di H. pylori nella patologia ulcerosa; questo batterio Gram-negativo ha forma spiraliforme, è microaerofilo e possiede un’attività ureasica che ha lo scopo principale di demolire l’urea per produrre ammoniaca, la quale cattura i protoni nello stomaco formando ioni ammonio e abbassando l’acidità luminale; il suo habitat è negli strati più profondi del muco, proprio sopra la superficie esterna del tappeto di cellule parietali (Figura 4). Figura 4. Meccanismo alla base delle ulcerazioni della mucosa gastrica indotte da H. pylori (Copyright: Designua/Shutterstock.com). Una volta penetrato nell’organismo, sono diversi i meccanismi che consentono al batterio di eludere l’attacco del sistema immunitario dell’ospite, come la diversità genetica e il mimetismo batterico. Que- sti meccanismi consentono la proliferazione e la sopravvivenza del batterio attraverso la disattivazione dei sistemi di difesa dell’organismo ospite. H. pylori, oltre a ostacolare la trasmissione del segnale infiammatorio delle cellule epiteliali, presenta nel suo corredo cromosomico alcuni geni che gli consen- tono di adattarsi alle mutevoli condizioni dell’ambiente gastrico, riuscendo a colonizzare lo stomaco grazie alla grande quantità di ureasi prodotta. La capacità di aderire alla mucosa gastrica e di produrre enzimi potenzialmente tossici dipende molto dalla virulenza del batterio. L’insorgenza di infiammazio- ne cronica è sicuramente una delle complicazioni più preoccupanti. Inoltre, l’afflusso di sangue, insieme all’aumentato turnover cellulare, garantisce al batterio un sufficiente sostentamento. H. pylori può rimanere nello stomaco del suo ospite anche per tutta la vita di quest’ultimo; i dati Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 9
di prevalenza confermano questa realtà, dato che sotto i 5 anni di età la prevalenza è intorno al 5%, mentre in età adulta si passa al 20% e oltre i 50 anni si giunge al 30-50%; va tenuto conto che questi valori (e la storia del processo dinamico che è l’infezione stessa) dipendono sia da fattori contingenti ambientali (stato socio-economico della popolazione indagata, abitudini ali- mentari, condizioni igieniche), sia da componenti genetiche (etnia, gruppo sanguigno, antigeni di istocompatibilità). Infatti, esistono soggetti infetti del tutto asintomatici e sono stati pubblicati dati consistenti sull’associazione del batterio non solo con l’ulcera, ma anche con la gastrite, il carcinoma gastrico e il linfoma. Diagnosi Clinicamente il riscontro più frequente è il dolore o il bruciore di stomaco; la sofferenza peggiora soprattutto qualche ora dopo i pasti, mentre l’assunzione stessa di cibo o l’uso di antiacidi la dimi- nuiscono; di notte si possono avere degli attacchi. Anche la nausea e il vomito si possono ritrovare sovente. La visita medica può rivelare una certa suscettibilità epigastrica; l’esame delle feci può essere utile per escludere la possibilità di perdite ematiche nel tubo digerente; in caso queste fossero riscontrate, l’esame di laboratorio dovrebbe includere una conta dei globuli rossi circo- lanti. L’endoscopia è l’esame diagnostico di prima scelta per evidenziare la presenza di ulcera. L’esame sierologico per gli anticorpi IgG contro H. pylori ha un altissimo valore epidemiologico; infatti, poiché il batterio è la causa diretta del danno gastrico (essendo l’agente eziologico della gastrite cronica e di quasi tutte le ulcere duodenali), e visto che in caso di infezione virtualmente tutti i pazienti sono sieropositivi, la procedura di screening ha un senso. Considerato poi che il batterio può albergare per decenni nello stomaco, danneggiandolo giorno dopo giorno, la cono- scenza del dato infettivo permette di prevenire ulteriori ed eventuali danni a lungo termine (atrofia, cancro gastrico, gastrite autoimmune). L’Urea Breath Test rileva la presenza del batterio tramite la sua attività ureasica e i risultati sono affidabili solo se il paziente nei giorni precedenti l’esame non ha assunto farmaci (specialmente antibiotici ed antisecretivi). Eradicazione dell’infezione da Helicobacter pylori Nonostante i molti anni di esperienza clinica nella terapia dell’H. pylori, ancora oggi uno schema terapeutico ideale per trattare questa infezione non è stato trovato. L’H. pylori è sensibile a molti antibiotici in vitro, ma nessuno di questi è efficace se utilizzato come monoterapia. Negli scorsi anni sono stati compiuti considerevoli progressi nel trattamento dell’infezione e le migliori terapie attualmente a disposizione sono combinazioni di almeno 3 o 4 farmaci da assumere per una o due settimane. La terapia tradizionale per eradicare l’H. pylori è chiamata “triplice terapia” perché basata sulla somministrazione di una combinazione di 3 farmaci. Questi farmaci sono costituiti da un inibitore della pompa protonica (PPI), utile a ridurre l’acidità dello stomaco e quindi a creare un ambiente sfavorevole al batterio, associato a 2 antibiotici, mirati a uccidere il batterio. Il razionale della somministrazione di un PPI è di aumentare l’attività e la stabilità antibiotica, innalzando il pH intragastrico. Per esempio, il PPI aumenta il pH a valori ≥ 6, condizione che rende il batterio più sensibile all’amoxicillina. Lo schema per l’eradicazione maggiormente consigliato consiste nell’assunzione per 7-14 giorni di una dose standard di PPI 2 volte al giorno (Tabella 2) e di una delle seguenti associazioni di antibiotici: • claritromicina (C) 500 mg 2 volte al giorno + amoxicillina (A) 1000 mg 2 volte al giorno, • claritromicina (C) 500 mg 2 volte al giorno + metronidazolo (M) 500 mg 2 volte al giorno. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 10 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
Gli inibitori della pompa protonica lansoprazolo, omeprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo e rabeprazolo sono tutti efficaci ai fini del trattamento dell’H. pylori (vedi Tabella 2). PrinciPio attivo doSaggio Esomeprazolo 20 mg per os 2 volte al giorno Lansoprazolo 30 mg per os 2 volte al giorno Omeprazolo 20 mg per os 2 volte al giorno Pantoprazolo 40 mg per os 2 volte al giorno Rabeprazolo 20 mg per os 2 volte al giorno Tabella 2. Inibitori della pompa protonica approvati per l’eradicazione dell’H. pylori. In origine, la “triplice terapia” raggiungeva percentuali di eradicazione importanti, pari al 90%; tali percentuali, tuttavia, sono scese sotto il 70-80% in alcune aree. Diversi studi evidenziano una riduzione di quasi il 60% nelle aree con elevata resistenza alla claritromicina. In questi casi, la “quadruplice terapia” rappresenta un’alternativa valida di terapia iniziale. Lo schema classico della quadruplice terapia è costituito da: PPI 2 volte al giorno + bismuto subcitrato 120 mg 4 volte al giorno + metronidazolo 500 mg 3 volte al giorno + tetraciclina 500 mg 4 volte al giorno. Il periodo di somministrazione deve essere almeno di 7 giorni, ma è consigliato proseguire fino a 10 giorni (in tal caso l’esito è indipendente dalla resistenza al metronidazolo); superando i 10 giorni si riduce la tollerabilità al metronidazolo. È intuibile che il limite principale della quadruplice terapia è la complessità dello schema terapeutico e il dover assumere 13 compresse al giorno, oltre all’elevata incidenza degli effetti collaterali, induce alla sospensione anticipata del trattamento; è quindi una terapia da prescrivere solo in caso di effettiva necessità, come prima linea nelle aree con elevata resistenza alla claritromicina, e in pazienti che possano aderire allo schema terapeutico e per cui si preveda una buona tolleranza. Come regime iniziale, in alternativa alla triplice terapia, è stata proposta la terapia sequenziale. Essa consiste in un PPI più 1 g di amoxicillina 2 volte al giorno per 5 giorni, seguiti da un PPI, 500 mg di claritromicina e metronidazolo 2 volte al giorno per altri 5 giorni. Il razionale dell’impiego della terapia sequenziale è che l’amoxicillina raramente promuove resistenza ed è inizialmente impiegata per ridurre la carica batterica nello stomaco al fine di migliorare l’efficacia della claritromicina e del metronidazolo. In una meta-analisi di 10 studi randomizzati, la terapia sequenziale ha raggiunto un tasso di eradicazione del 93,4% contro il 76,9% della triplice terapia. Un eventuale fallimento della terapia sequenziale può condurre allo sviluppo di resistenza a uno o entrambi gli antibiotici e di conseguenza può limitare l’impiego di altri regimi terapeutici per il trattamento di seconda linea (Tabella 3). La levofloxacina può giocare un ruolo importante nel trattamento di seconda linea, soprattutto nei pazienti con elevata resistenza al metronidazolo e/o alla claritromicina. Tuttavia, visto l’elevato consumo di fluorochinoloni in diverse patologie infettive, si raccomanda di impiegare la levofloxacina solo nelle aree con accertata bassa resistenza ai fluorochinoloni. Claritromicina + amoxicillina + PPI Claritromicina + metronidazolo + PPI Triplice terapia Levofloxacina + amoxicillina + PPI Rifabutina + amoxicillina + PPI Quadruplice terapia Bismuto + metronidazolo + tetraciclina + PPI PPI + amoxicillina per 5 gg seguiti da Terapia sequenziale PPI + claritromicina + metronidazolo per 5 gg Tabella 3. Regimi terapeutici per il trattamento dell’infezione da H. pylori. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 11
Gli Inibitori della pompa protonica nell’ulcera peptica associata a infezione da Helicobacter pylori Come detto in precedenza, l’infezione gastrica da Helicobacter pylori, da sola o in combinazione con il fumo, è considerata responsabile dei due terzi delle ulcere peptiche (gastriche e duodenali), mentre un quarto dei casi è attribuibile all’uso di farmaci gastrolesivi (per esempio, FANS). Nell’ulcera peptica associata a infezione gastrica da Helicobacter pylori il trattamento di scelta è l’eradicazione del batterio. In questo contesto, i PPI rappresentano un elemento importante dello schema per l’eradicazione del batterio. Basti pensare che l’aggiunta di un PPI come l’omeprazolo aumenta l’efficacia delle terapie con due antibiotici dal 25-69% all’87-94%. Diversi sono i meccanismi attraverso i quali i PPI concorrono all’eradicazione dell’Helicobacter pylori: la marcata inibizione della secrezione acida gastrica favorisce l’accumulo dello ione ammonio, prodotto dal metabolismo dell’urea, con progressiva alcalinizzazione dell’ambiente fino a valori incompatibili con la sopravvivenza del batterio; l’innalzamento del pH gastrico e la riduzione delle secrezioni acide determinano una maggiore concentrazione ed efficacia degli antibiotici con un miglioramento della risposta immunitaria; infine effetti antimicrobici diretti sono mediati dall’inibizione di vari enzimi batterici. Utilizzando i diversi PPI alle loro dosi standard si ottengono risultati sovrapponibili, per cui le varie società scientifiche di gastroenterologia e le diverse linee guida non differenziano fra i vari PPI a questo fine (Tabella 2). Compliance del paziente e outcome clinico: il ruolo del farmacista Il fallimento della terapia di eradicazione dell’H. pylori è confermato generalmente quando i sintomi persistono o ricorrono entro 14 giorni dalla fine del trattamento iniziale. Una scarsa adesione al regime farmacologico proposto, resistenza antimicrobica, uso di FANS e stili di vita scorretti sono i fattori maggiormente associati all’insuccesso terapeutico. I pazienti affetti da ulcera peptica, associata o meno alla presenza del batterio, dovrebbero eliminare o ridurre tutte le cause, come lo stress, il consumo di sigarette, alcol, FANS e altri farmaci, che si associano a rischio di dispepsia, nonché evitare alimenti e bevande che contribuiscono a peggiorare i sintomi della dispepsia o dell’ulcera. L’altro fattore di insuccesso di un trattamento di eradicazione è la compliance del paziente al regime terapeutico. L’aderenza alla terapia è fortemente influenzata dagli effetti collaterali dei farmaci utilizzati e dal numero di compresse giornaliere da assumere. In questo contesto, il farmacista dovrebbe rivestire un ruolo di supporto nella promozione di stili di vita e alimentari idonei, e garantire una consulenza adeguata su tutti i farmaci che potrebbero interagire e ridurre l’efficacia della terapia per l’eradicazione del batterio, quando assunti in concomitanza. Andrebbero verificate anche eventuali allergie e il tipo di reazione alla penicillina. Occorre che il farmacista spieghi perché si combinano antibiotici e farmaci antiulcera, quando e come assumere i farmaci, quali effetti collaterali aspettarsi e l’importanza dell’aderenza al trattamento prescritto. Quando i pazienti sono consapevoli della propria condizione patologica e dell’importanza di rispettare il regime terapeutico proposto, si evidenziano chiari miglioramenti nell’aderenza alla terapia e, di conseguenza, nell’eradicazione dell’infezione. In questo contesto il farmacista può assumere un ruolo ben definito, attraverso un counselling chiaro e mirato ai comportamenti del paziente, con particolare riferimento alla corretta assunzione dei farmaci. Malattia da reflusso gastroesofageo: inquadramento clinico Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno fisiologico che si verifica in tutti i soggetti, specialmente nel periodo postprandiale. La MRGE colpisce individui di tutte le età, sebbene i soggetti adulti siano quelli che più spesso richiedono un trattamento terapeutico. Alcune complicanze variano in relazione a sesso ed etnia. Per Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 12 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
esempio, gli uomini sono colpiti dall’esofagite due volte più frequentemente delle donne e dall’esofago di Barrett circa dieci volte di più. Allo stesso modo, la razza caucasica rispetto alla non caucasica è più soggetta a esofago di Barrett e ad adenocarcinoma. Gli studi epidemiologici che valutano la prevalenza della MRGE utilizzano la pirosi come parametro di riferimento. Un recente studio ha mostrato che più di 61 milioni di soggetti negli USA presentano pirosi almeno una volta al mese. Ulteriori evidenze sulla notevole diffusione della MRGE sono fornite dal fatto che 18 milioni di adulti nordamericani hanno necessità di assumere sostanze per agevolare la digestione almeno due volte alla settimana (Figura 5). Una ricerca condotta nel 2000 su 1000 adulti, che riferivano episodi di pirosi almeno una volta alla settimana, ha evidenziato che il 65% di questi soffriva di episodi sia diurni che notturni. 50 61 milioni 40 44% % del campione 30 20 18 milioni 18% 10 0 Bruciori di stomaco Sostanze per agevolare almeno una volta la digestione assunte al mese 2 o più volte la settimana Figura 5. Prevalenza della MRGE negli USA (Da W.L. Peterson. 2003). I dati epidemiologici sulla dimensione del fenomeno in Italia non sono numerosi come quelli americani e degli altri Paesi europei. Tuttavia, uno studio condotto nelle regioni del Nord-est dimostra che anche in Italia i sintomi classici di reflusso si presentano nel 23% dei soggetti intervistati come bruciore retrosternale e nel 34% come rigurgito acido. La gravità dei sintomi è risultata moderata o intensa in circa il 50% dei casi, con frequenza giornaliera o settimanale nel 34% dei casi. Il peso epidemiologico della MRGE si conferma, quindi, notevole anche in Italia. Ad oggi, la MRGE è definita come una condizione che si sviluppa quando il reflusso patologico del contenuto gastrico nell’esofago determina la comparsa di sintomi esofagei o extraesofagei e/o di complicanze ad esso legate. La malattia da reflusso può essere classificata in base alla gravità del danno della mucosa esofagea, al grado di esposizione all’acidità e alla relazione tra gli eventi di reflusso e i sintomi. Riguardo alle manifestazioni cliniche i pazienti si suddividono in coloro che, pur riferendo i sintomi tipici della patologia, non presentano lesioni macroscopicamente rilevabili all’endoscopia (NERD, Non Erosive Reflux Disease) e in coloro che soffrono di malattia da reflusso associata a esofagite erosiva (ERD, Erosive Reflux Disease), con o senza complicanze, quali stenosi, esofago di Barrett e adenocarcinoma. Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno che si manifesta quotidianamente ed è diffuso nella maggior parte della popolazione, anche in soggetti sani asintomatici. Generalmente, gli episodi sono di breve durata (circa 5 secondi) e sono legati ai rilasciamenti transitori (o inappropriati) dello sfintere esofageo inferiore (LES, Lower Esophageal Sphincter), innescati dalla stimolazione di barocettori cardiali per effetto della distensione del fondo gastrico, che accoglie il cibo ingerito come un serbatoio. Quando questi episodi di reflusso divengono più frequenti e hanno una durata più lunga (circa 30 secondi), determinano sintomi e/o lesioni esofagee più o meno gravi. La MRGE deve essere considerata come una malattia complessa a patogenesi multifattoriale. Il gradiente Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 13
pressorio positivo esistente tra esofago e stomaco rappresenta la più importante barriera antireflusso. Quando la pressione del LES scende sotto 8-10 mmHg, si creano le condizioni per avere una cavità comune tra i due organi contigui e il materiale gastrico refluisce costantemente nell’esofago (Figura 6). L’elemento cruciale nel passaggio da una condizione fisiologica a una patologica è rappresentato dai rilasciamenti transitori del LES, che rappresentano il principale meccanismo di reflusso nel 70-80% dei casi. La causa scatenante di tale rilasciamento non è stata completamente definita, ma è probabile che sia dovuta a uno squilibrio fra componente eccitatoria e componente inibitoria con prevalenza di quest’ultima, esattamente l’inverso di ciò che accade nell’acalasia esofagea. La presenza di ernia iatale non è certamente sinonimo di reflusso, ma rappresenta un fattore predisponente, quando la sua dimensione supera i 2 cm di lunghezza. Questa azione favorente è legata al disaccoppiamento tra sfintere interno e sfintere esterno, rappresentato dai pilastri del diaframma e dalla permanenza di materiale refluito nel sacco erniario, che aumenta il volume del successivo episodio di reflusso. Inoltre, l’attività peristaltica del corpo esofageo, che dovrebbe garantire una rapida clearance del materiale refluito, è compromessa in circa la metà dei pazienti con MRGE. Infine, un ritardato svuotamento gastrico, che favorisce il ristagno di materiale potenzialmente refluibile, è presente in circa il 40% dei pazienti con reflusso. Esofago Lo sfintere aperto favorisce la risalita del reflusso Sfintere acido chiuso Stomaco Soggetto sano Soggetto con MRGE Figura 6. I soggetti con MRGE sono caratterizzati da alterazioni della continenza gastroesofagea e rilasciamenti transitori dello sfintere esofageo che permettono la risalita in esofago del contenuto gastrico (Copyright: Designua/Shutterstock.com). La MRGE deve essere quindi considerata come una malattia multifattoriale, nella quale i disordini della motilità digestiva (non solo esofagea e gastrica, ma anche intestinale) sono prevalenti. Le anomalie nel funzionamento del LES, insieme alla composizione del materiale refluito e la resistenza della mucosa esofagea, rivestono senz’altro un ruolo cruciale nello sviluppo della patogenesi e nella progressione dei danni alla mucosa esofagea che si osservano nei pazienti con MRGE. Aspetti clinici e diagnostici La malattia da reflusso gastroesofageo include una grande varietà di sintomi e quadri morfologici derivanti dall’esposizione della mucosa esofagea all’acido e agli altri secreti gastrici. La gravità delle manifestazioni cliniche è correlata alla concentrazione di acido del materiale refluito, nonché alla frequenza e alla durata dell’esposizione al reflusso. Vari studi in pazienti con MRGE hanno dimostrato una correlazione tra l’infusione intraesofagea di soluzioni a pH acido, in un range compreso tra 1 e 4, e la comparsa di dolore nella regione epigastrica. Pertanto, minore è il pH del materiale refluito, più lungo è il tempo di clearance esofagea, più alto appare il rischio di manifestazioni cliniche più severe. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 14 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
La sintomatologia è spesso scatenata da vari fattori, quali l’iperalimentazione, una dieta ricca in acidi grassi, caffeina, cioccolato, alcol, fumo e stress. Nei pazienti con manifestazioni cliniche di moderata entità, la maggior parte degli episodi di reflusso si verifica durante il periodo postprandiale. Con il progredire della gravità della MRGE si comincia a osservare un numero maggiore di episodi di reflusso notturni, che possono essere più lesivi per la mucosa esofagea, essendo ridotte, durante il riposo, la capacità di clearance esofagea e la salivazione. Come da definizione, il reflusso patologico determina la comparsa di sintomi esofagei (che includono la sindrome tipica da reflusso, il dolore toracico non cardiaco, la lesione della mucosa e l’esofago di Barrett) e di sintomi extraesofagei, tra cui quelli con evidenza scientifica consolidata e quelli ancora da verificare (Tabella 4). È da sottolineare che il dolore toracico non cardiaco è preso in considerazione nelle sindromi esofagee, perché esso origina proprio dall’esofago. Sintomi Sintomi Sintomi eSofagei Sintomi eSofagei eXtraeSofagei eXtraeSofagei tiPici atiPici (stabiliti) (da stabilire) Laringite da reflusso Disfagia Sinusite Tosse da reflusso Pirosi retrosternale Odinofagia Fibrosi polmonare Asma Rigurgito acido Dolore toracico Faringite Erosioni dentali Ipersalivazione Otite media ricorrente Singhiozzo Tabella 4. Sintomi esofagei ed extraesofagei della MRGE. Gli ultimi sviluppi nelle conoscenze della malattia da reflusso hanno appurato che la maggior parte dei pazienti con sintomi classici non ha alterazioni della mucosa esofagea all’esame endoscopico. Pertanto, di fronte a un paziente con sintomi classici da reflusso va considerato che, in almeno il 70% dei casi, egli non presenterà lesioni anatomiche e la MRGE si manifesta solo con i sintomi che costituiscono l’unico bersaglio della terapia. I sintomi, indipendentemente dalla loro severità, sono quindi espressione di condizioni benigne, che tuttavia hanno un impatto rilevante sulla qualità di vita dell’individuo colpito, sia perché possono limitare sensibilmente le sue abitudini, sia perché possono diventare fonte di ansia se il paziente non è adeguatamente educato a gestirli, soprattutto quando i sintomi si presentano in maniera simile al dolore di origine cardiaca. La diagnosi di MRGE si fonda spesso esclusivamente su elementi clinici suggestivi e sulla base di segni e sintomi che si ritiene siano comunemente associati a questa malattia. Di conseguenza, il trattamento può essere intrapreso anche in assenza di accertamenti diagnostici che provino il rapporto esistente tra il reflusso gastroesofageo e i segni/sintomi ad esso attribuiti. D’altra parte, nonostante siano stati proposti numerosi test diagnostici, esistono pochi studi comparativi che ne valutino la relativa utilità. Nessuna indagine è in grado da sola di rispondere a tutti i quesiti clinici e l’impiego dei vari esami va valutato avendo ben chiari il significato e i limiti di ciascuno. I diversi test proposti possono essere utilizzati per documentare la presenza di un reflusso gastroesofageo patologico o le sue complicanze, stabilire la relazione causale tra reflusso e sintomi, valutare la terapia ed escludere altre patologie. L’esame endoscopico, molto utilizzato in passato, è stato notevolmente ridimensionato nel suo ruolo diagnostico dopo la constatazione che i soggetti con esofagite erosiva rappresentano una minoranza (30-35%) dei pazienti. L’endoscopia è utile per distinguere le forme erosive (ERD) da quelle non erosive (NERD), ma la sua principale indicazione [con l’ausilio delle nuove tecniche di imaging, quali la magnificazione e il narrow band imaging (NBI)] è oggi rappresentata dallo screening dell’esofago di barrett e dell’adenocarcinoma, che deve essere effettuato dopo i 45-50 anni, quando la prevalenza di queste patologie aumenta considerevolmente. Essendo la diagnosi basata sulla presentazione clinica, l’esecuzione di biopsie esofagee non è spesso Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica 15
indicata; la conoscenza delle alterazioni istopatologiche ha solo funzione di ricerca. Le biopsie sono, invece, fondamentali per confermare la diagnosi di esofago di Barrett, che può essere solamente sospettato su base endoscopica. Si raccomanda di diffidare sempre di una diagnosi esclusivamente endoscopica di esofago di Barrett. Nei casi in cui occorra stabilire un rapporto sicuro tra MRGE e sintomi del paziente, l’esame più indicato è la pH-metria esofagea tradizionale, in grado di quantificare l’esposizione dell’esofago distale all’acido nell’arco delle 24 ore. Nonostante i costi più elevati e la valutazione più complessa dell’esame, la pH-impedenzometria delle 24 ore sta gradualmente sostituendo la pH-metria tradizionale per i suoi numerosi vantaggi. Questo esame può non solo quantizzare i reflussi acidi e non acidi, ma anche evidenziare la stretta correlazione fra sintomi atipici ed eventi di reflusso nei pazienti che non hanno lesioni endoscopiche di tipo esofagitico o sintomi tipici da reflusso. In questi pazienti la diagnosi corretta è spesso difficile o addirittura impossibile sulla base della sola sintomatologia e occorre basarsi principalmente su dati obiettivi per confermare o escludere la responsabilità del reflusso sulla genesi dei sintomi. È consigliabile eseguire la pH-impedenzometria in pazienti non trattati o che abbiano interrotto la terapia con farmaci antisecretori da almeno una settimana. In particolare, gli studi con queste indagini funzionali hanno permesso di caratterizzare meglio i pazienti con NERD e di spiegare le eventuali differenti risposte alla terapia con PPI: • il 40% dei pazienti NERD presenta un’esposizione acida dell’esofago superiore a quella normale; la restante parte non ha esposizione acida aumentata; • tra il 60% dei pazienti NERD con esposizione acida normale, circa il 40% ha sintomi che possono essere ricondotti a quelli acido-correlati (esofago ipersensibile a reflusso acido), in cui l’inibizione della secrezione con PPI ha una buona probabilità di risposta; il restante 60% presenta sintomi non correlati all’esposizione acida (pirosi funzionale). In genere questi pazienti, che presentano un’esposizione acida normale, sono caratterizzati da una scarsa o nulla risposta ai PPI, pertanto richiedono altre strategie di trattamento e il supporto di uno specialista. Attuale gestione del problema: ruoli e responsabilità del farmacista di comunità nel counselling del paziente con sintomatologia da reflusso gastroesofageo Educare il paziente alle modifiche dei comportamenti quotidiani e alimentari e all’uso razionale di farmaci per l’automedicazione a breve termine rientra tra le responsabilità e le azioni che il farmacista di comunità dovrebbe mettere in atto. Il farmacista di comunità, figura sanitaria sul territorio più facilmente accessibile al cittadino/paziente, si trova a ricoprire un ruolo di primo livello nel counselling del paziente con sintomatologia da reflusso per la gestione iniziale della terapia farmacologica, nella promozione di comportamenti atti a limitarne i disturbi e nel monitoraggio per la corretta assunzione dei farmaci. Lo stesso può svolgere un ruolo importante nel monitoraggio del paziente, facendo in modo che i soggetti “non-responder” alla terapia a breve termine, siano indirizzati tempestivamente al consulto del medico. Per garantire tutto ciò è richiesta, da parte del farmacista, una certa conoscenza e dimestichezza nel saper riconoscere i sintomi tipici nel reflusso gastroesofageo, sospettare eventuali condizioni di gestione medica, consigliare in modo appropriato un percorso terapeutico razionale. Vista l’elevata diffusione del problema nella popolazione, il farmacista necessita di un set minimo di strumenti di indagine e di orientamento come: • questionari di indagine sui principali sintomi che caratterizzano la malattia da reflusso; • un elenco dei segni d’allarme e dei fattori di rischio che richiedono un tempestivo consulto medico; • consigli su abitudini comportamentali e alimentari. Il ruolo del farmacista nella gestione delle patologie 16 acido-correlate: gli Inibitori della Pompa Protonica
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