Corso per la preparazione all'esame di Avvocato Avv. Aldo Bottini Ordine degli Avvocati di Milano 27 marzo 2015

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Corso per la preparazione all’esame di Avvocato

              Avv. Aldo Bottini

       Ordine degli Avvocati di Milano
               27 marzo 2015
La definizione di dirigente
La Legge

                   Art. 2095 cod. civ.

«Categorie dei prestatori di lavoro. – I prestatori di lavoro
subordinato si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e
operai.
Le leggi speciali e le [norme corporative], in relazione a
ciascun ramo di produzione e alla particolare struttura
dell’impresa, determinano i requisiti di appartenenza alle
indicate categorie».
I Contratti Collettivi

                      CCNL Dirigenti Industria

«Sono dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano le condizioni
di subordinazione di cui all’art. 2094 c.c. e che ricoprono nell’azienda
un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità,
autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di
promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi
dell’impresa.
Rientrano sotto tale definizione, ad esempio, i direttori, i condirettori,
coloro che sono posti con ampi poteri direttivi a capo di importanti
servizi o uffici, gli institori ed i procuratori ai quali la procura conferisca
in modo continuativo poteri di rappresentanza e di decisione per tutta o
per una notevole parte dell’azienda»
I Contratti Collettivi

                      CCNL Dirigenti Commercio
«1. Sono dirigenti a norma dell'art. 2094 c.c., ed agli effetti del presente
contratto, coloro che, rispondendo direttamente all'imprenditore o ad altro
dirigente a ciò espressamente delegato, svolgono funzioni aziendali di
elevato grado di professionalità, con ampia autonomia e discrezionalità e
iniziativa e col potere di imprimere direttive a tutta l'impresa o ad una sua
parte autonoma.
2. La qualifica di dirigente comporta la partecipazione e la collaborazione,
con la responsabilità inerente al proprio ruolo, all'attività diretta a conseguire
l'interesse dell'impresa ed il fine della sua utilità sociale.
3. Sono dirigenti,a titolo esemplificativo:
- i direttori;
- i condirettori;
- i vice direttori;
- gli institori, a norma dell'art. 2203 e seguenti del c.c.;
- i procuratori, di cui all'art. 2209 c.c., con stabile mandato "ad negotia";
- i capi di importanti servizi e uffici, sempre che le loro funzioni si esercitino
nelle condizioni specificate nei commi precedenti».
I Contratti Collettivi

          Cass. 30 agosto 2005, n. 17520

«Quando l’appartenenza alla categoria dei dirigenti è
espressamente regolata dalla contrattazione collettiva, si
deve necessariamente fare riferimento alle relative
disposizioni per stabilire l’inquadramento del lavoratore,
avendo il giudice l’obbligo di attenersi ai requisiti
stabiliti dalle parti sociali, che hanno valore vincolante e
decisivo» (nello stesso senso, Cass. 27 gennaio 2015, n.
1477)
I Contratti Collettivi

                  CCNL Dirigenti Assicurazioni

 «La qualifica di dirigente è attribuita con lettera dall’impresa; essa
 spetta a quei prestatori di lavoro che, essendo preposti al
 funzionamento dell’impresa o di notevole parte di essa, con effettivi
 poteri discrezionali e d’iniziativa e con funzioni responsabili di
 rappresentanza, hanno l’incarico di provvedere - nell’ambito delle loro
 competenze e nel rispetto delle esigenze di coordinamento con le
 altre competenze e funzioni dell’Azienda - al conseguimento degli
 obiettivi e dei fini istituzionali dell’impresa»

                        CCNL Dirigenti Credito

«Ai fini del presente contratto sono dirigenti i lavoratori/lavoratrici
subordinati, ai sensi dell’art. 2094 c.c., come tali qualificati dall’azienda
in quanto ricoprano un ruolo caratterizzato da un elevato grado di
professionalità, di autonomia e potere decisionale ed esplichino le loro
funzioni di promozione, coordinamento e gestione generale al fine di
realizzare gli obiettivi dell’azienda»
I Contratti Collettivi

«Le clausole dei contratti collettivi di lavoro, che
subordinano l’attribuzione della qualifica di dirigente al
requisito del formale riconoscimento da parte del datore di
lavoro (c.d. «clausole di mero riconoscimento
formale»), devono considerarsi nulle, in quanto ancorate
non alla necessaria natura obiettiva delle mansioni e dei
compiti di fatto svolti, di cui la qualifica è definizione
formale, bensì unicamente ad una unilaterale ed arbitraria
scelta datoriale» (Cass. 11 settembre 2013, n. 20839)
La giurisprudenza

     Cass. SS. UU. 29 maggio 1995, n. 6042
«Il dirigente di aziende industriali è «quel prestatore
di lavoro che, collocato al vertice
dell'organizzazione aziendale, svolge mansioni tali
da caratterizzare la vita dell'azienda con scelte di
respiro globale, e si pone in un rapporto di
collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro dal
quale si limita a ricevere direttive di carattere
generale per la cui realizzazione si avvale di ampia
autonomia, ed anzi esercita i poteri
dell'imprenditore (del quale è un alter ego)
assumendone, anche se non sempre, la
rappresentanza esterna».
La giurisprudenza

  Cass. SS. UU. 30 marzo 2007, n. 7880

«In una visione più generale è stato (...) denunziato un
superamento dei tradizionali criteri definitori della
qualifica di dirigente, dovendosi prendere atto che
l'articolazione della moderna organizzazione del lavoro
ha portato con sé anche una evoluzione della prassi
aziendale e della contrattazione collettiva, che ha così
compreso nella figura dirigenziale dipendenti che,
seppure privi dei poteri degli alti dirigenti, assumono
tuttavia ampie responsabilità gestionali per l'alta
qualificazione sul piano tecnico, scientifico e
professionale che li colloca ugualmente in una posizione
di vertice nel mercato del lavoro».
La giurisprudenza

  (Segue) Cass. SS. UU. 30 marzo 2007, n. 7880

« ... sono veri e propri dirigenti anche quelli c.d. minori,
sempre che però rientrino nella previsione e definizione della
contrattazione collettiva».
La giurisprudenza

(Segue) Cass. SS. UU. 30 marzo 2007, n. 7880

  «La proliferazione (...) della categoria dirigenziale (...) si
  configura come l'esito finale dell'evoluzione della figura
  del dirigente indotta (...) proprio dalla contrattazione
  collettiva e dalla prassi sindacale, che hanno portato al
  riconoscimento della qualifica dirigenziale a lavoratori in
  possesso di elevate conoscenze scientifiche e tecniche o,
  comunque, dotati di tale professionalità da collocarsi nel
  mercato del lavoro in condizioni di particolare forza pur
  non essendo investiti di quei poteri di direzione in
  mancanza dei quali non appare appropriato il richiamo
  alla nozione di alter ego dell'imprenditore.
Disciplina differenziata rispetto a operai,
           impiegati e quadri

   Contratto a termine
   Orario di lavoro
   Patto di non concorrenza
   Recesso
Il rapporto di lavoro del dirigente: licenziamento e
         orientamenti della giurisprudenza
Corte Cost. 6 luglio 1972, n. 121

«Appare per ciò essenziale che tra
l’imprenditore ed il dirigente s’instauri e si
mantenga un rapporto di reciproca fiducia e di
positiva valutazione, ed è in armonia con
codesta esigenza che il rapporto possa venir
meno per determinazione unilaterale solo che
soggettivamente vengano considerate cessate
le condizioni idonee a soddisfare la detta
esigenza».

                                                 15
Il regime legale del recesso

Per i dirigenti vige il regime della libera recedibilità (no tutela obbligatoria,
no tutela reale) con le seguenti eccezioni (comma 42, art. 1 L. 92/2012):

•   licenziamento discriminatorio (art. 3 L. 108/1990);
•   licenziamento intimato in concomitanza con il matrimonio (art. 35
    D.Lgs.198/1996);
•   licenziamento in violazione delle disposizioni in tema di tutela e
    sostegno della maternità (art. 54 D.Lgs. 151/2001);
•    ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge;
•    determinato da motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c.

•   licenziamento orale (art. 18 L. 300/1970 modificato dalla let. b), comma
    42, art. 1 L. 92/2012)

Si applica l’art. 18 L. 300/1970: obbligo del datore di lavoro di reintegrare il
dirigente e di corrispondergli le retribuzioni medio tempore maturate, con un
minimo di 5 mensilità.

                                                                                    16
Salve le suddette ipotesi, il licenziamento
del dirigente è sempre idoneo a risolvere il
    rapporto di lavoro interrompendolo
              definitivamente

                                               17
Il regime legale del recesso

Tuttavia, la L. 108/1990 ha stabilito l’onere di intimare al dirigente il
licenziamento in forma scritta

«Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per
iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.
La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei
motivi che lo hanno determinato.
Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1
e 2 è inefficace.
Le disposizioni di cui al comma 1 [...] si applicano anche ai dirigenti» (art. 2
della L. 604/1966, come da ultimo modificato dalla L. 92/2012).

                                                                                    18
ATTENZIONE (!)

                                    Cass. 11 febbraio 2013, n. 3175

   «L’art. 22, comma 2, CCNL dirigenti settore industria, pur prevedendo che, in caso di
   risoluzione ad iniziativa dell’azienda, quest’ultima sia tenuta a specificarne
   contestualmente la motivazione, non prevede, quale automatica e diretta conseguenza
   la spettanza dell’indennità supplementare. [...] Il datore di lavoro è facoltizzato ad
   esplicitare la motivazione del licenziamento ovvero ad integrarla, nel rispetto del
   principio del contraddittorio [n.d.r. art. 19, comma 13, CCNL], nell’ambito del giudizio
   arbitrale». Analoghe facoltà devono essere riconosciute al datore di lavoro «laddove il
   dirigente abbia autonomamente scelto di adire direttamente il giudice ordinario, posto
   che, diversamente opinando, la posizione del datore di lavoro verrebbe ad essere
   compromessa per effetto di una autonoma ed insindacabile determinazione della
   controparte» (conforme a Cass. 1° giugno 2005, n. 11691)

In passato, la Suprema Corte aveva, invece, interpretato l'art. 22 del CCNL Dirigenti Industria nel senso che il
licenziamento intimato senza la contestuale specificazione dei motivi è, per ciò stesso, ingiustificato, pur conservando
la sua efficacia, e comporta il diritto all'indennità supplementare prevista dall'art. 19 dello stesso CCNL (Cass. 14
gennaio 1987, n. 214; Cass. 28 settembre 1988, n. 5260)

                                                                                                                       19
La tutela convenzionale

A partire dal 1970, la contrattazione collettiva applicata ai dirigenti ha introdotto un sistema
di tutela convenzionale

          Motivi del recesso                                   Apparato sanzionatorio

   Il datore di lavoro ha l’obbligo di
                                                         Il diritto al pagamento di una penale
comunicare al dirigente i motivi del
                                                         (l’«indennità supplementare») per
recesso
                                                         il dirigente ingiustificatamente
                                                         licenziato
   Il giudizio sulla «giustificatezza» del
licenziamento è affidato ad un apposito
Collegio arbitrale

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La «giustificatezza»

                       21
La «giustificatezza»

I contratti collettivi non danno una definizione di che cosa
debba intendersi per «giustificatezza» del licenziamento.

È stata la giurisprudenza a delineare i confini della nozione,
affermando che...

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La «giustificatezza»

  la nozione di giustificatezza è diversa da quella di giusta causa
e di giustificato motivo (soggettivo e oggettivo)

   il concetto di giustificatezza è più ampio. Tale diversità è
giustificata dal fatto che è più ampio il rapporto fiduciario che
deve sussistere tra il dirigente e il datore

   il licenziamento del dirigente è giustificato ogni qual volta il
licenziamento sia rispettoso dei principi di correttezza (1175
cod.civ.) e buona fede (1375 cod.civ.)

                                                                      23
La «giustificatezza»

  se il motivo di recesso è soggettivo: non è necessaria una violazione degli artt.
2104 e 2105 cod. civ. ma può rilevare anche l’inadempimento di più ampi obblighi
contrattuali; al dirigente si applica l’art. 7 L. 700/1970 (Cass. S.U. 30 marzo 2007,
n. 7880);

   se il motivo di recesso è oggettivo: la scelta imprenditoriale è comunque
insindacabile, anche solo per ridurre i costi. Non vi è l’obbligo di repechage (Cass.
11 febbraio 2013, n. 3175);

   l’onere probatorio sulla sussistenza della giustificatezza grava sul datore di
lavoro.

                                                                                        24
La «giustificatezza»

(...) «la nozione convenzionale di giustificatezza del licenziamento è
molto più ampia di quella di giusta causa o di giustificato motivo, e
si estende fino a ricomprendere qualsiasi motivo di recesso che ne
escluda l'arbitrarietà, con i limiti del rispetto dei principi di
correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, e del divieto
del licenziamento discriminatorio» (Cass. 13 gennaio 2003, n. 322)

unico limite è la «non pretestuosità», la «ragionevolezza», la «causa meritevole di tutela», la
«non arbitrarietà»; quindi, è sufficiente soltanto che il fatto o il giudizio del datore di lavoro
sia reale

Il giudice deve, quindi, limitarsi a verificare che la motivazione sia sorretta da un fatto
vero: la soppressione del posto, la mancanza di fiducia, la mancanza di positiva
valutazione etc. Solo nei casi di inadempimento, il giudice può effettuare una valutazione
di importanza

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La «giustificatezza»

                                 CASISTICA

È stato ritenuto giustificato il licenziamento del dirigente:

   che ha assunto aree di competenza non proprie ovvero ha invaso il
settore produttivo affidato ad altri, in diretto contrasto con le scelte
aziendali (Trib. Milano, 8 gennaio 2001)

  che si è rifiutato di fornire all’azienda informazioni richiestagli durante
un’assenza per malattia (Cass. 20 novembre 2006, n. 24591);

  che nell’arco di diversi mesi aveva dimostrato riluttanza alle richieste di
missione all’estero (Cass. 28 aprile 2003, n. 6606)

  che non ha raggiunto determinati risultati minimi di produttività (Cass.
4 aprile 2004, n. 6939 e Cass. 3 aprile 2002, n. 4729) ovvero non ha
raggiunto determinati obiettivi (Cass. 23 febbraio 2002, n. 2639, Cass. 4
aprile 2005, n. 6939)

                                                                                26
La «giustificatezza»

                                  CASISTICA

È stato ritenuto giustificato il licenziamento del dirigente:

  con qualifica di Direttore Generale nel caso in cui il suo posto sia stato
soppresso e le sue mansioni siano state assegnate all’Amministratore
Delegato (Cass. 17 febbraio 2005, n. 3209);

   fondato sulla soppressione del posto di lavoro conseguente a esigenze
relative a una riorganizzazione aziendale finalizzata a una più
economica gestione e intimato anche prima dell'attuazione della
ristrutturazione e in vista della medesima, restando insindacabile (nei
profili di congruità e opportunità) la relativa scelta imprenditoriale (Cass.
13 novembre 1999, n. 12603).

                                                                                27
Cass. 17 marzo 2014, n. 6110

«Il licenziamento del dirigente può essere giustificato
da qualsiasi motivo, purché esso possa costituire la
base per una motivazione coerente e sorretta da
motivi apprezzabili sul piano del diritto, a fronte del
quale non è necessaria un’analitica verifica di
specifiche condizioni, ma è sufficiente una
valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del
licenziamento in quanto riferito a circostanze idonee
a turbare il legame di fiducia con il datore, nel cui
ambito rientra l’ampiezza dei poteri attribuiti al
dirigente»

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Impugnazione del licenziamento

Il c.d. Collegato Lavoro ha introdotto una disciplina innovativa per
quanto riguarda l’impugnativa dei licenziamenti individuali, con
riferimento all’art. 6 legge n. 604/1966. In particolare, fermo restando
l'onere di impugnazione con atto scritto anche stragiudiziale entro 60
giorni, ha aggiunto che l’impugnazione diviene inefficace se non è
seguita, entro il successivo termine di 270 giorni (ora di 180 giorni, in
base alla modifica di cui alla recente Riforma Fornero, legge n.
92/2012), dal deposito del ricorso in tribunale oppure dalla richiesta
del tentativo di conciliazione o di arbitrato.

  Il Collegato Lavoro ha stabilito che le (nuove) disposizioni
dell'articolo 6 della legge 604/66 si applicano «anche a tutti i casi di
invalidità del licenziamento».

 La novella ha sollevato dubbi interpretativi tra i primi commentatori
in merito all’applicabilità dei termini decadenziali anche all’ipotesi del
licenziamento del lavoratore con qualifica dirigenziale….

                                                                             29
CASISTICA

               Sembra diffondersi un orientamento giurisprudenziale, secondo
               il quale anche l’impugnazione del licenziamento del dirigente
               debba avvenire entro i termini di decadenza introdotti dal c.d.
               Collegato Lavoro, e più precisamente dall’art. 32, c. 2 della
               legge n. 183/2010;
               Sul punto si vedano:
               Tribunale di Milano, 9 luglio 2013, n. 2797, e 3 settembre 2013,
               n. 2743 secondo cui “… deve ritenersi che anche il
               licenziamento del dirigente sia ricompreso nell’ambito
               applicativo della normativa citata: infatti l’art. 32, c. 2 L.
               183/2010, facendo riferimento a tutti i casi di invalidità del
               licenziamento, estende la regolamentazione di cui all’art. 6 L.
               604/1966 anche alle ipotesi di nullità/ingiustificatezza dell’atto
               di recesso ad iniziativa datoriale posto in essere nei confronti

CRITICA: l’applicazione dei termini di decadenza di cui al cd. Collegato deve essere circoscritta
alle sole ipotesi di nullità del licenziamento del dirigente e non anche all’ipotesi di
licenziamento ingiustificato.

                                                                                                    30
Licenziamento dirigente e licenziamenti collettivi

La Dir. 98/59, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri in materia di licenziamenti collettivi, dispone un obbligo per il datore
di lavoro che prevede di effettuare licenziamenti collettivi, di «procedere in
tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di
giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono essere almeno
esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di
attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento
intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei
lavoratori licenziati»

L’Italia ha sempre ritenuto di non dovere applicare la procedura di
informazione e consultazione prevista dalla Dir. 98/59 ai dirigenti;

Con Sentenza CGUE causa C-596/12 del 13 febbraio 2014, la Corte di
giustizia ha affermato che lo Stato italiano, escludendo la categoria dei
dirigenti dall’ambito di applicazione della procedura dei licenziamenti
collettivi, è venuto meno agli obblighi sullo stesso gravanti ai sensi
dell’art. 1 para. 1 e 2 della direttiva anzidetta

                                                                                      31
….il ragionamento della Corte

posto che la nozione di lavoratore, ai fini dell’applicazione della
direttiva 98/59, è una e una soltanto in tutto il sistema UE, e posto
che anche i dirigenti sono lavoratori secondo la direttiva sopra
richiamata, ai dirigenti deve applicarsi il sistema di tutele apprestato
dal diritto dell’Unione per la generalità dei lavoratori nei casi di
licenziamenti collettivi;
ne deriva la contrarietà al diritto dell’Unione del disposto dell’art. 4
comma 9 l. 223/91 nella parte in cui ammette a beneficiare della
procedura di consultazione da essa prevista unicamente gli operai, gli
impiegati e i quadri, escludendo i dirigenti.

                                                                           32
…e l’applicazione delle corti di merito in Italia

                   Corte d'Appello di Milano

                Sentenza del 05/05/2014, n. 426

La Corte d'Appello di Milano non è entrata nel merito
dell’efficacia obbligatoria diretta della sentenza della Corte di
Giustizia e ha, comunque, stabilito che il mancato rispetto della
procedura di consultazione non comporterebbe l’applicazione ai
dirigenti dell’art. 18 L. L. 300/1970.

Da ultimo, l’esclusione dei dirigenti dalla procedura di cui alla L.
223/1991 potrebbe comportare il rischio che il datore di lavoro
incorra in un ricorso ex art. 28 legge n. 300/1970, per condotta
antisindacale.

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Grazie

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