Il lobbista, un allenatore come Mourinho - Management&Lobbying - di Alberto Cattaneo Partner, Cattaneo Zanetto & Co.
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Management&Lobbying
by Cattaneo Zanetto & Co.
Il lobbista, un allenatore
come Mourinho
di Alberto Cattaneo
Partner, Cattaneo Zanetto & Co.Management&Lobbying
Il lobbista,
un allenatore
come Mourinho
U na premessa dovuta. Questo articolo nasce e
si nutre del meraviglioso libro di Sandro Modeo,
di chi è che decide la strategia, chi influenza tali
decisioni e il portavoce che fisicamente incontra
gli interlocutori per cercare di convincerli. Per
L’alieno Mourinho.1 le istituzioni sono i decisori, gli influenzatori,
chi può agevolare un certo percorso legislativo o
Da appassionato di calcio, tifoso dell’Inter
chi lo può ostacolare. Così come il calcio: due
e naturalmente grande fan di José Mourinho
squadre, due allenatori, un arbitro. Tanti ruoli.
mi sono spesso interrogato su quali fossero le
Ma possiamo considerare entrambi – lobbying e
variabili del successo di questo straordinario
calcio – come un gioco dove contano le interazioni
allenatore, e se queste potessero essere utili
tra esseri umani.
al lavoro del consulente di lobbying e, più in
generale, del lobbista.
Il lobbying è un’attività dalla finalità semplice:
promuovere o difendere un proprio interesse.
Come lo è il calcio: vincere una partita o una
competizione. Ogni attività di lobbying prevede
diversi ruoli e protagonisti. Per il Cliente si tratta
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e la specificità dei contenuti che si creano per
Il campo di gioco rispondere ai quei sentimenti. In altre parole
si tratta di stabilire il livello d’indipendenza
del lobbying: (obiettività) o dipendenza (soggettività) che
avranno da essi.
la rappresentazione Questi sentimenti e contenuti definiscono il
del problema campo di gioco del consulente di lobbying:
1. Il setting delle aspettative del cliente;
Chi individua e trasmette all’interno 2. La tipologia di coinvolgimento del
dell’organizzazione aziendale un problema o management nel raggiungimento dei
un’opportunità a livello legislativo? Chi definisce risultati;
l’interesse? Di solito il problema è individuato dal
top management dell’azienda e quindi trasmesso 3. Il grado di focalizzazione sui propri
al consulente di lobbying2 perché se ne prenda problemi (e quindi l’incapacità di mettersi
operativamente cura. nei panni dell’altro);
Tipicamente il compito viene trasmesso carico di 4. Il livello di difficoltà a individuare le
emozioni che definiscono fin da subito la rilevanza alternative e quello di ancoraggio alle
del problema per l’azienda. Le emozioni, infatti, soluzioni utilizzate in passato versus il grado
creano dei sentimenti e delle mappe mentali che di innovatività.
portano a rappresentare i contenuti del problema Il lobbista lavora in un sistema dinamico
in un determinato modo3. Per un consulente di complesso e non lineare perché si basa su una
lobbying diventa allora importante interrogarsi continua interazione (negoziazione) con una
su: pluralità di soggetti terzi di cui non può controllare,
1. Chi all’interno dell’azienda individua il ma solo provare a prevedere, i comportamenti.
problema e definisce gli obiettivi? Ogni incontro con un interlocutore istituzionale
determina un cambiamento del campo di gioco
2. Quale grado di conoscenza possiede questo e la natura di tale incontro è a sua volta definita
soggetto delle dinamiche del lavoro del dal nostro comportamento, dunque dai nostri
lobbista? sentimenti e contenuti.
3. Quale grado di novità rappresenta per lui e E’ esattamente come in una partita di calcio.
la sua organizzazione il problema? Il dribbling è sempre un dribbling ma, per un
4. Qual è la sua abitudine (la sua storia) ad difensore, un dribbling di Messi è diverso da
affrontare questo genere di situazioni? quello di un calciatore meno veloce o tecnico. La
sostanza dell’interazione è sempre la stessa – il
Rispondere a questi interrogativi significa iniziare
dribbling – ma la sua natura sarà profondamente
a comprendere la specificità dei sentimenti
diversa e dipendente dai protagonisti
all’interno dell’organizzazione (ansia, paura,
dell’interazione stessa.
coraggio, arroganza, stupore, disillusione, etc.)
2Management&Lobbying
A sua volta, un incontro istituzionale in cui 3. La focalizzazione sul proprio problema
un’azienda presenta il proprio interesse sarà cresceva con il passare del tempo: se
diverso a seconda dell’interazione che si verrà all’inizio si accettava che l’assenza di un
a creare tra gli interlocutori, dai sentimenti intervento pubblico fosse dovuta alla
(consapevolezza di saper fare) e dai contenuti difficoltà di recuperare nuove risorse
(abilità professionali) che saranno messi in gioco erariali; alla fine si pensava che tale assenza
da entrambe le parti. Se noi non possiamo allenare fosse una sorta di ritorsione verso l’azienda,
consapevolezza e abilità dei nostri interlocutori, passando così da un’interazione dialogante e
possiamo farlo con i nostri player. Chi deve paziente ad una conflittuale e ansiogena.
allenarli? La risposta tra poco.
4. La speranza di trovare una soluzione di
Facciamo prima un esempio. Qualche anno fa successo lasciava il passo alla disillusione e,
lavorammo per un cliente internazionale che allo stesso tempo, diventava sempre più
aveva la necessità di modificare una norma per difficile convincersi che tutti gli sforzi
mantenere in vita i propri stabilimenti in Italia fatti fino ad allora fossero sbagliati e che
e continuare, così, a investire nel nostro Paese. fosse necessario trovare nuove alternative.
La rappresentazione del problema posta a
Dato questo campo di gioco la partita che si
livello di headquater era dunque di carattere non
giocava era sempre la stessa. Come se una
emergenziale, mentre quella dei manager italiani
squadra che ha comprato un attaccante alto e
era di carattere fondamentale e urgente, anche per
forte nel gioco aereo continuasse a fare cross in
il perdurare della crisi economica e quindi della
area anche quando dopo ottanta minuti la difesa
paura che si procedesse rapidamente verso i tagli
non avesse permesso alla nostra star di colpire un
agli investimenti nei Paesi meno profittevoli.
solo pallone di testa. Bastava, forse, guardare in
Con quale campo di gioco ci si misurava allora? panchina e scegliere un attaccante agile e veloce
per vincere la partita nei restanti dieci minuti.
1. Le aspettative di successo diventavano di
giorno in giorno più pressanti e ansiogene. Giocare lo stesso schema, anche nelle relazioni,
Da una semplice minaccia si passava a una significa arroccare i due (o più) interlocutori sulle
situazione di “vita o morte”. medesime posizioni, con conseguente stallo.
Nessuno vuole cedere. Diventa un muro contro
2. All’interno dell’organizzazione cresceva il
muro. Un fallimento.
coinvolgimento di tutto il management
anche in un’ottica di affermazione personale:
chi risolveva il problema sarebbe diventato
un “eroe”. Inoltre cresceva uno stato d’animo
di appartenenza alla squadra “Italia” versus
quella “internazionale”: la prima voleva
vincere anche senza l’aiuto della seconda
(e questo sentimento sarà fondamentale per
il successo, come vedremo poi).
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il sapere specifico – che peraltro è abbondante
Allenare il proprio nelle aziende – ma la consapevolezza relativa a
questo sapere, che invece non è così scontata e
cliente soprattutto non così diffusa.
Per ogni incontro l’allenatore aiuta i suoi
Si può allenare il proprio cliente perché sia in giocatori-clienti ad avere un’attitudine che sia in
grado di modificare il suo atteggiamento e trovare grado di ridefinire ogni volta la rappresentazione
la chiave per vincere le sue partite? del problema, creare una narrazione che sia
Il consulente di lobbying diventa l’allenatore coinvolgente per il singolo interlocutore (e non
quando è in grado di lavorare sulle emozioni in astratto o solo per gli interlocutori interni
all’interno dell’organizzazione e suscitare nuovi all’azienda) a comportarsi da leader, essendo ora
sentimenti4. Se necessario, modifica i registri noi a “condurre l’azione” e non più l’interlocutore.
della rappresentazione del problema. Insomma, Ridefinire ogni volta la rappresentazione e creare
esce dallo schema classico di rispondere in modo una nuova narrazione significa allenare emozioni,
professionalmente efficiente a un problema posto sentimenti e capacità di organizzare il pensiero
da altri ma scarsamente efficace nei risultati, e per trovare la scelta giusta al momento giusto.
anzi allena il proprio cliente a definire in modo Non solo, significa essere in grado di applicare
migliore aspettative, problema e soluzioni5. la scelta giusta nel momento più delicato, nel
Le “emozioni” del cliente – che hanno creato dribbling all’ultimo minuto, quando la pressione
distorsioni nella rappresentazione corretta del delle emozioni rende più difficile essere lucidi e
problema e rigidità nel processo di soluzione – efficaci nel saper fare.
sono eliminate e il consulente diventa colui che Mourinho lavora sui neuroni dei suoi atleti. I
guida: il leader, l’allenatore. suoi allenamenti sono la creazione di situazioni
Come fare ad allenarsi? La risposta di Mourinho verosimili, dove i suoi giocatori possono testare
sarebbe facile. Giocando. Per noi la risposta è e allenare le loro risposte neuronali (emozioni-
altrettanto immediata: ogni incontro istituzionale sentimenti-razionalità)7. Il dribbling per
diventa la strategia di lobbying. Il lobbying, segnare un goal all’ultimo minuto sarà allora
abbiamo detto, è un sistema dinamico di relazioni un’esperienza già vissuta e quindi facile da
umane per lo più poco prevedibili (nonostante replicare. Sarà non tanto un’esperienza meccanica
esistano delle dinamiche dominanti). Prendiamo da ripetere a comando, ma una consapevolezza
allora ogni incontro come una sorta di frattale, di cosa fare che lascia anche spazio alla
d’invarianza specifica, dove la nostra strategia di creatività, all’innovatività e quindi alla capacità
lobbying in parte si compie, in parte si cambia, di “spiazzare” chi si ha davanti con una nuova
sicuramente diventa più consapevole e quindi più mossa, una nuova strategia.
forte. La realizzazione di un piano di lobbying è per
L’allenamento di Mourinho si basa sulla stessa un terzo la comprensione e contestualizzazione
finalità: creare consapevolezza del proprio saper di un problema, per un terzo la decisione su
fare6. Non si allena per dare risposte o soluzioni quale strategia adottare, e per un ulteriore terzo
specifiche perché in una situazione dinamica la sua esecuzione. Comunemente si pensa che
queste possono essere corrette in un momento ma il consulente o il lobbista debba intervenire
profondamente sbagliate in un altro. Si allena non principalmente nell’esecuzione, quando invece il
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suo ruolo è soprattutto nella presa di coscienza di argomentazioni razionali di presa di distanza da
un problema e nelle decisioni che ne conseguono. una rappresentazione del problema che discendeva
Il consulente allena il proprio cliente alla capacità da una visione distaccata e non emergenziale,
di lettura del problema e del suo contesto, propria della squadra “internazionale”.
accresce la cultura dell’azienda e, soprattutto,
Allenare il management a modificarla
la consapevolezza di avere nuove competenze.
nuovamente, dopo aver sposato questa strategia,
In questo modo l’allenatore-consulente aiuta il
e tornare alla precedente nelle battute finali per
proprio cliente a familiarizzare con gli eventi.
“segnare il goal” necessario è stato più facile.
Il cliente, insomma, si abitua a fare un dribbling
Ormai si era consapevoli di avere un’attitudine
come se fosse sempre il dribbling all’ultimo
vincente anche senza uno schema specifico da
minuto di una partita decisiva.
adottare a priori. Perché era chiaro che ogni
L’allenatore non ordina al cliente ma instaura, in incontro è la strategia di lobbying.
questo modo, un processo di condivisione dove
però è lui a guidare. Tale approccio non fornisce
soluzioni chiavi in mano ma indica una serie di
strade che il cliente può scegliere e fare sue. Una
volta accettate sembrano banali. Ma è l’allenatore
che le ha rese tali.
Nell’esempio citato in precedenza il lavoro svolto
con il cliente è stato di questa tipologia. Si è
lavorato a una nuova rappresentazione inserendo
il problema dell’azienda in uno più ampio delle
comunità coinvolte, quelle che vivevano grazie
ai suoi stabilimenti. La nuova rappresentazione
ha comportato l’individuazione di interlocutori
diversi, meno coinvolti in uno schema di
gioco consolidato, e ha permesso di esercitare
un ruolo di leadership poiché ci si è proposti
come risolutori di un problema invece che suoi
portatori. Noi volevamo salvare gli stabilimenti,
insieme all’amministrazione pubblica e come
partner delle comunità interessate; noi non
volevamo incentivi o nuove sovvenzioni, che
sarebbero arrivate come logica conseguenza se
entrambe le parti avessero accettato la nuova
rappresentazione.
Allenare il management a non chiedere una
soluzione diretta ai suoi problemi (incentivi per
i suoi stabilimenti) non è stato facile. E’ stato
possibile perché esistevano emozioni e quindi
sentimenti legati all’appartenenza alla squadra
“Italia” che ha permesso la costruzione di
4Management&Lobbying
Note
1. Sandro Modeo, “L’alieno Mourinho”, ISBN Edizioni, 2010.
2. In questo articolo parlo del “consulente di lobbying” ma avrei potuto parlare del lobbista in senso lato. Se il
primo ha clienti veri e propri, il secondo ha generalmente dei clienti interni, cioè i suoi capi. Le dinamiche e i
ruoli sono del tutto simili.
3. Uno dei più autorevoli neurobiologi in attività, Antonio Damasio, ha ampiamente dimostrato come emozioni e
decisioni siano associate ad una conseguenza controintuitiva: le emozioni sono più razionali di quello che
crediamo mentre i processi decisionali non sono freddi, ma poggiano su opzioni affettivo-emotive. Questa tesi
farebbe crollare il mito della razionalità tout court e rivaluterebbe il ruolo delle emozioni (che attengono al
corpo) e dei sentimenti (che attengono alla mente). Secondo Damasio, come ci ricorda Modeo nel suo libro,
Mourinho imposta il proprio dialogo progettuale con le sue squadre proprio tenendo conto di questa
associazione neuropsicologica (localizzata nella corteccia prefrontale): costruisce il proprio transito in una
équipe come se fosse una narrazione carica di affetti e stati emotivi (vittorie, sconfitte, nemici, amici, etc.)
fondamentali nella pianificazione di scopi e obiettivi.
4. José Mourinho utilizza tutte le armi della persuasione (testo classico di Robert B. Cialdini) inserendole nella
narrazione emotiva del suo training proprio per plasmare le emozioni e i sentimenti dei suoi giocatori. E’ un
punto controverso perché sebbene lo stesso Damasio rassicura sul fatto che utilizzare questi metodi sia lecito
in ogni ambito “moralmente neutrale”, la manipolazione di emozioni in Mourinho è al servizio dell’imperativo
categorico amorale per definizione: la vittoria.
5. La consulenza non è analisi, è comprensione. Se il consulente non è in grado di determinare cosa si è capito
dall’analisi e quali sono le conseguenze, è tempo perso.
6. Mourinho, come ogni allenatore sportivo, lavora sulla memoria del lavoro, cioè su quelle acquisizioni che
vengono a depositarsi nell’inconscio operativo, coma la capacità di guidare, giocare a tennis o sciare. Solo che
lui non cerca di creare nel cervello del giocatore schemi assimilati acriticamente perché lo schema in sé con
ferisce sicurezza finché tutto funziona, ma non allena alla plasticità situazionale. Mourinho non vuole dei
giocatori simili a pedine degli scacchi, ma atleti consapevoli e convinti dei principi che sovraintendono a quei
movimenti.
7. “Il mercoledì e il giovedì si lavora su situazioni complesse a livello di organizzazione (quelle che Mourinho
chiama “fatica centrale”): situazioni che implicano un livello di attenzione e concentrazione molto elevato.
In particolare si allena la “concentrazione decisionale” in base alle esigenze esecutive, cioè si cerca di far
assimilare i principi di gioco e la loro variabilità secondo situazioni contingenti di partita.” (Sandro Modeo,
op. cit.).
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