Commento Settimanale - Niche Asset Management

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Commento Settimanale - Niche Asset Management
19/07/2021

Commento Settimanale

Banche – Ora dei saluti?
Durante gli ultimi quindici anni chi avesse investito nel settore bancario per il lungo
periodo avrebbe perso soldi. Parecchi. Chi avesse invece acquistato il settore in fasi di
stress e rivenduto poco dopo avrebbe fatto soldi. Dopo questi giorni di isterismo
estivo, in definitiva salutare (il mercato
come le piante va ogni tanto potato
perché cresca sano…), le banche si
trovano ancora fra il 30% e il 70% sopra
i minimi del 2020. Hanno pesantemente
perso momentum e forza relativa ed è
giusto chiedersi se sia venuto il
momento di dirgli addio. Noi pensiamo
non sia ancora ora e che dovranno in
media salire ancora di circa il 50%-70%
per     rendere       il   loro     profilo
rischio/beneficio equilibrato.

Iniziamo a parlare dei problemi.
1) Le banche come business model sono in crisi da lungo tempo, schiacciate da una
parte da un regolatore che le ha spinte a ritenere un capitale molto alto e dall’altra da
tassi bassi che limitano la profittabilità del lending. Inoltre, nuovi competitor (fintech)
sono entrati in molte delle attività basate sulle commissioni.
2) Su molte fonti si legge che criptocurrency e CBDC (central banks digital currencies)
potrebbero disintermediarle dalla loro attività tradizionale di gestione dei depositi.
3) La struttura dei costi e i network distributivi vanno ulteriormente snelliti.

Tuttavia, rispondendo punto per punto.
1) Capitale alto e redditività bassa portano ad un modesto ROTE che tuttavia è ben
riflesso nelle valutazione che oggi si aggirano, escludendo situazioni particolari, da 0,4x
a 0,7x il patrimonio netto tangibile. Tangibile significa in definitiva il cash di proprietà.
2) Le criptocurrency sono da considerarsi al limite asset class speculative e non certo
sostitutive delle valute, non avendo un sottostante né un supporto normativo. Diverso
il discorso per le CBDC che rappresentano a nostro avviso una prossima evoluzione del
sistema finanziario (parliamo di 5/10 anni), ma che inevitabilmente coesisteranno con
le banche commerciali, in quanto le banche centrali non possono essere i soggetti che
fanno il lending. Probabilmente le banche centrali gestiranno tutti o una parte dei
depositi, depositi che ridaranno alle banche per fare attività di lending. Questo potrà
tramutare la raccolta retail in wholesale, che sarà erogata dalla banca centrale in base
a criteri che riflettano la capacità dell’operatore di fare lending, come il capitale e la
capacità di prestare a soggetti meritevoli (che non vuol dire solo solidi). La vicinanza e
la conoscenza del territorio saranno chiaramente una caratteristica importante e, da
questo punto di vista, le banche saranno avvantaggiate. Tuttavia, social network e big
tech, che dispongono di una grande quantità di dati, potranno eventualmente entrare
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nel settore, andando a supportare in particolare i privati che oggi non sempre riescono
ad ottenere facilmente credito
3) La tecnologia permetterà alle banche di operare con strutture più snelle che
consentiranno ulteriori miglioramenti dei margini. Inoltre, la capillarità dei loro
network, associata al processo di consolidamento in corso, permetterà di ampliare i
servizi offerti dalla banca. Se negli ultimi venti anni le banche hanno saputo acquisire
nuove fonti di reddito vendendo assicurazioni e risparmio gestito (trend che hanno
ancora molto spazio), nuovi servizi per gestire la iper-burocratizzazione della nostra
società sono importanti: come assistenza legale e commercialistica di base, sistemi per
accentrare e gestire multi-utenze per famiglie e imprese, consulenza per beneficiare
efficacemente di agevolazioni statali e regionali, convenzioni con vari supplier
(trasporti, cooperative di artigiani, ristoranti, etc) e molto altro ancora. Questi sono
servizi inerenti all’attività bancaria, a differenza della vendita di televisori e diamanti
che qualche player ha maldestramente intrapreso negli scorsi anni. Le banche che
rimarranno sul mercato dovranno proporsi come un consulente capace e trasparente,
che possa diventare un referente essenziale per le famiglie. Se oggi entriamo in una
filiale capiamo subito che vi è spazio per modelli operativi più dinamici, in base alla
quantità di carte da firmare, alla lentezza delle procedure e alla mancanza di
entusiasmo.

Pur condividendo che il futuro delle banche è ancora incerto, vorremmo tuttavia
evidenziare alcuni elementi essenziali per l’investment case:

a) Oggi le banche trattano a valutazioni che incorporano la loro liquidazione e quindi il
rischio è limitato.
b) A chi fa notare che le banche sono soggetti rischiosi, con capitale basso in confronto
ai rischi (lending), ribadiamo che probabilmente non sono mai state così solide dopo
quindici anni di rafforzamenti patrimoniali e questo dovrebbe emergere a fronte delle
criticità provocate dalla pandemia.
c) Se una società non guadagna il proprio costo del capitale, gradualmente ridurrà il
capitale stesso, pagando dividendi e uscendo da business non attraenti. Se il capitale
detenuto è nettamente maggiore del valore in Borsa della società, anche
l’investimento in un business che decresce può risultare molto profittevole.
d) La possibilità che l’attività di M&A porti a premi e/o rerating significativi non è
marginale, viste le potenzialità di sinergie (dalle strutture dei servizi di base alle
infrastrutture tecnologiche).
e) Vorremmo poi azzardare un confronto coi colossi farmaceutici, che al loro interno
detengono svariate attività che, se quotate individualmente, comporterebbero
valutazioni ben più alte. Allo stesso modo, anche le banche potrebbero monetizzare
divisioni di servizi ad alta crescita, che oggi risultano affogate nel conglomerato. Di
pochi giorni fa il round di finanziamento con cui Revolut, una start up di quattro anni,
ha raccolto 800 mln usd sulla base di una valutazione pari a 33 miliardi. Noi come
società e come individui lo usiamo perché ci dà servizi gratis o quasi. Quindi non ci
stupiamo cresca tanto. I ricavi sono cresciuti del 57% nel 2020 a 360 mln usd e oggi
conta 12 mln di clienti. Le perdite sono raddoppiate raggiungendo quasi 280 mln usd.
Dopo quest’ultimo round di finanziamento, la società possiede circa 1 bln usd di
patrimonio netto tangibile. Oggi SocGen e UniCredit valgono circa 24 bln USD, quasi il
30% in meno di Revolut. Ciascuna ha un patrimonio netto tangibile di oltre 60 bln usd,
generera’ quest’anno utili netti per quasi 3 bln USD e hanno rispettivamente 30 e 26
mln di clienti (profittevoli). D’altronde, come ben sappiamo oggi, la crescita è
parecchio ben valutata, nonostante tutti le inevitabili incognite …
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f) Infine, vendere le banche proprio quando la dinamica dei tassi potrebbe invertirsi ci
sembra proprio un peccato.
Il value investing non è chiaramente comprare qualcosa che è sceso e vendere
qualcosa che è salito. Bensì è comprare o vendere qualcosa in base al profilo
rischio/rendimento. Le banche, nonostante il significativo apprezzamento dai minimi,
riteniamo presentino un profilo rischio/rendimento estremamente attraente.

Per chi fosse interessato ad approfondire i possibili sviluppi del settore, alleghiamo qui
sotto i link ad una serie di report che riteniamo interessanti:

IMF - Stay Competitive in the Digital Age: The Future of Banks

Economist – The future of banking

THE ECB BLOG – Preparing for the euro’s digital future

Bank of England – Future of finance

Fed of St. Louis – Central Bank Digital Currencies: Back to the Future

Bank of Japan – Financial System Report

inGAMnevole
Ricordo qualche anno fa quando seguivamo e analizzavamo GAM, asset manager
svizzero. Il titolo valeva circa 15 chf per azione e la società era considerata un piccolo
gioiello. Ben gestita ed organizzata, buona
gamma prodotti, solida reputazione e crescita. La
società valeva circa 2,5 bln chf. Gli AUM erano
circa 150 bln chf, implicando un modesto premio
sull’industria all’ 1,7% delle masse, motivato da
una crescita di utili e masse a doppia
cifra. Questo premio valutativo sarebbe risultano
parecchio meno modesto se si fosse considerato
che 80 bln chf di AUM (private label) generavano
bassissimi margini in quanto detenuti nella
divisione       private    label     che    gestisce
amministrativamente fondi i soggetti terzi.
Il principale prodotto di GAM, Absolute Return
Bond Fund (ARBF), un obbligazionario flessibile,
gestiva circa 11 bln chf e risultava spesso al top
delle classifiche. Tim Haywood, il gestore
responsabile, era una star.                              Pablo Picasso - Smile

Cinque anni dopo GAM vale 300 mln CHF. Escludendo il net cash (190 mln chf) e
valutando la parte private label (60 bln chf di AUM) ad un misero 0,1% delle masse, le
gestioni attive sono valutate circa 0,15%. Se questa parte fosse valutata ad un modesto
1% delle masse e gli AUM white label allo 0,2%, la società varrebbe oltre il
doppio. Cosa è successo?
In realtà nulla di terribilmente grave, ma comunque sufficiente per distruggere un
asset manager con trenta anni di storia. Questo deve rappresentare un insegnamento
per tutti.
Fondata da Gilbert de Botton nel 1983 la società è conosciuta per la sua gestione attiva
e per la sua affidabilità. Nel 2017 esplode un conflitto all’interno del team di gestione
dell’ARBF. Tim Haywood e Daniel Sheard si scontrano in quanto il secondo ritiene che
la quantità di prodotti obbligazionari illiquidi legati all’industriale dell’acciaio Gupta sia
eccesiva (11%). La querelle si sposta alla compliance e quindi alla FCA (regolatore UK)
a cui Sheard si rivolge. L’indagine scopre una serie di irregolarità, più formali che
sostanziali, da parte di Tim Haywood che portano alla sua sospensione. Questo a sua
volta genera redemptions che portano al congelamento del fondo per evitare che il
peso degli asset illiquidi aumentasse. Il fondo fu liquidato, compresa la parte illiquida,
senza perdite. Ma la reputazione di Gam, costruita in oltre trenta anni, ne uscì
demolita. La società, in un paio d’anni, ha perso il 60% degli AUM.
Qualcosa di simile è successo con H20 o con Woodford. Nel settore la reputazione è
tutto.
Oggi la società è gestita da Peter Sanderson, un veterano dell’industria. GAM rimane
una casa di investimento importante. Sebbene abbiano recentemente dovuto
chiudere un altro piccolo fondo legato a Greensil (e quindi di nuovo a Gupta) questo
non dovrebbe creare di nuovo alcuna perdita in quanto gli asset erano tutti investment
grade. La società sta investendo molto nella sostenibilità, cercando di cambiare faccia
e far dimenticare il recente passato. Esattamente come ingannevolmente sembrava
attraente a 15 chf, ora ingannevolmente sembra cara a 1.9 chf.
Il business del risparmio gestito sempre di più si polarizza: boutique o industria. Le
sinergie legate ai costi fissi sono significative. Modelli di business come le multi-
boutique (introdotta da Natixis) stanno aumentando, con grandi vantaggi di brand e
reputazione. Crediamo che oggi la possibilità di un bid con un premio sostanziale sia
realistica e che la solidità del bilancio di Gam ci permette di aspettare che accada o che
comunque il turnaround abbia effetto. Il profilo rischio/beneficio e’ qui attraente.

P   AT OS…
       H

Nuovo profit warning di ATOS. La
scorsa volta scese per una “qualified
opinion” dei revisori americani. Ora
la società ci conferma che il
problema contabile era solo formale
ma insieme a questa bella notizia la
società rivede al ribasso crescita e
margini a causa del 45% del suo
business     ancora legato          alle
infrastrutture software che ora
migrano sul cloud (un problema
noto e comune alle società del
settore). Il resto del business è          Edvard Munch – Love and Pain
legato a cyber security, cloud e
decarbonizzazione e cresce bene. Oggi il titolo tratta a 0,5x EV/SALES (Capgemini 2x,
Accenture 3x) e al business infrastrutture viene dato valore negativo. Il management
ha definito il 2021 “un anno di transizione” e probabilmente lo sarà soprattutto per
loro vista la perdita di credibilità. La società è senza debito e profittevole. Qualcosa
succederà. Sebbene nel breve ulteriori debolezze siano possibili abbiamo raddoppiato
la posizione perché’ l’occasione ci pare attraente. È in questi casi che la diversificazione
di portafoglio paga e ci permette di sfruttare situazioni inattese.
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