EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
estAsia torna per la quarta edizione Q uando abbiamo iniziato la nostra av- studenti del Liceo Ariosto Spallanzani. ventura di estAsia, con l’edizione zero Proprio giurie e premi anticipano tre, nuove, del 2015, non avremmo mai pensato di importanti partnership di estAsia: l’Istituto arrivare fin qui: la sfida di costruire un festival Confucio dell’Università di Bologna, l’associa- da zero sembrava ardua ma, al quarto anno, zione EquiLibri d’Oriente di Torino e il Liceo possiamo dire di essere contenti di avere messo Ariosto Spallanzani di Reggio Emilia. in piedi una macchina organizzativa che poco Per quanto riguarda il programma, anche ha da invidiare agli altri festival di realtà simili quest’anno come nel 2018 Cina e Giappone alla nostra. saranno le nazioni maggiormente rappresen- Anche quest’anno quindi torna estAsia, ini- tate: la nostra scelta è sempre frutto di un ziativa a cura di Cineclub Peyote, Fondazione lungo lavoro di selezione, nel quale guardiamo Palazzo Magnani e Comune di Reggio Emilia, centinaia di film asiatici per proporvi i prodotti proponendosi ancora una volta di offrire un migliori e la Cina è il paese che più degli altri, momento di riflessione sulla cinematografia negli ultimi anni, è riuscito a produrre film d’au- asiatica, che coinvolga e stimoli il dialogo anche tore di alta qualità e di grande varietà tematica con le comunità straniere presenti nel tessuto mentre il Giappone si conferma come paese di provinciale e regionale. produzione di film innovativi. Proprio grazie al Il Kaiju d’oro, premio realizzato dall’artista suo essersi consolidato come Festival anche Hu-Be, quest’anno sarà assegnato da una agli occhi delle grandi distribuzioni orientali, giuria composta da Xu Ying (professoressa di estAsia proporrà inoltre i nuovi film di tre registi comunicazione presso la Renmin University di tra i più interessanti e famosi del nuovo cinema Pechino e direttrice cinese dell’Istituto Confucio asiatico: Shinya Tsukamoto, Lee Changdong e dell’Università di Bologna), Marco Incerti Brillante Mendoza. Zambelli (critico cinematografico) e Idriss Speriamo che anche stavolta, così come in Maknoun (membro del direttivo dell’associazio- passato, questa commistione unica di film d’au- ne EquiLibri d’Oriente). Ci saranno poi il Premio tore e popolari, tutti rigorosamente non ancora del pubblico e, per il primo anno, un Premio distribuiti al cinema in Italia, possa incontrare il giovani assegnato da una giuria composta da vostro gradimento. Buona visione! Graziano Montanini Reggio Emilia, Giugno 2019
>> Programma estAsia 2019 Lunedì 3 giugno - Cinema Rosebud Mercoledì 12 giugno - Cinema Rosebud > Anteprima estAsia > Alle pendici dell’Himalaya Ore 21,00 - Burning Ore 20.30 - Namdev Bhau, In Search of Silence Regia: Lee Chang-dong Regia: Dar Gai (Corea del Sud, 2018, 148’) (India, 2018, 84’) ___________________________________________________ ANTEPRIMA ITALIANA In collaborazione con Punto Einaudi Reggio La proiezione sarà introdotta da una Emilia presentazione di Lauro James Garimberti Ore 22.15 - Jinpa Giovedì 6 giugno - Arena Stalloni Regia: Pema Tseden > Fotografia Europea - LEGAMI (Cina, 2018, 87’) ___________________________________________________ Ore 21.45 - Un affare di Famiglia In collaborazione con CAI - Reggio Emilia Regia: Hirokazu Kore’eda e Liceo Ariosto Spallanzani (Giappone, 2018, 121’) Il film sarà proiettato in lingua italiana Giovedì 13 giugno - Cinema Rosebud > Maternità e diritti Lunedì 10 giugno - Cinema Rosebud > Nuovo cinema filippino Ore 20.30 - Ayka Regia: Sergei Dvortsevoy Ore 20.30 - Alpha, the right to kill (Russia/Germania/Polonia/Kazakhstan/Cina, Regia: Brillante Mendoza 2018, 109’) (Filippine, 2018, 94’) ANTEPRIMA ITALIANA La proiezione sarà preceduta La proiezione sarà preceduta da un cortometraggio in collaborazione da un cortometraggio in collaborazione con Reggio Film Festival con Reggio Film Festival Ore 22.15 - Balangiga Ore 22.30 - Wasted Eggs Regia: Khavn De La Cruz Regia: Ryo Kawasaki (Filippine, 2018, 115’) (Giappone, 2018, 70’) ANTEPRIMA ITALIANA Martedì 11 giugno - Arena Stalloni ___________________________________________________ > Fotografia Europea - Giappone In collaborazione con ArciGay Gioconda Reggio Emilia Ore 21.45 - Zan (Killing) Regia: Shinya Tsukamoto (Giappone, 2018, 80’) In caso di pioggia la proiezione si terrà al Cinema Rosebud
Venerdì 14 giugno - Cinema Rosebud Domenica 16 giugno - Cinema Rosebud > La fine dell’infanzia > Cina Ore 20.30 - A First Farewell Ore 16.00 - An Elephant Sitting Still Regia: Ji-won Lee Regia: Hu Bo (Corea del sud, 2018, 98’) (Cina, 2018, 230’) Ore 22.15 - Miss Baek Ore 20.30 - Red Flowers and Green Leaves Regia: Ji-won Lee Regia: Liu Miaomiao (Corea del sud, 2018, 98’) (Cina, 2018, 96’) ___________________________________________________ ANTEPRIMA ITALIANA In collaborazione con EquiLibri d’Oriente La proiezione sarà introdotta da e Liceo Ariosto Spallanzani una presentazione di Omar Dogliani dell’associazione EquiLibri d’Oriente Sabato 15 giugno - Cinema Rosebud Ore 22.15 - Three Adventures of Brooke > Orrori nella Storia Regia: Yuan Ching (Cina/Malesia, 2018, 100’) Ore 20.30 - Funan ___________________________________________________ Regia: Denis Do In collaborazione con EquiLibri d’Oriente, (Francia/Lussemburgo/Belgio/Cambogia, Istituto Confucio e Liceo Ariosto Spallanzani 2018, 87’) Ore 22.15 - Tumbbad Lunedì 17 giugno - Cinema Rosebud Regia: Rahi Anil Barve > Fotografia europea - Giappone (India/Svezia, 2018, 104’) La proiezione sarà introdotta da una Ore 20.30: Cerimonia di premiazione presentazione di Andrea Gibertoni dei film vincitori (ex Miskatonic University) a seguire: Amiko ___________________________________________________ Regia: Yoko Yamanaka In collaborazione con Scuola Internazionale (Giappone, 2017, 66’) di Comics di Reggio Emilia e Liceo Ariosto ANTEPRIMA ITALIANA Spallanzani Ore 22.15: Life finds a way Regia: Hirobumi Watanabe (Giappone, 2018, 110’) ANTEPRIMA ITALIANA ___________________________________________________ In collaborazione con Liceo Ariosto Spallanzani
A First Farewell Regia e Sceneggiatura Lina Wang Fotografia Yong Li Montaggio Matthieu Laclau Musica Wenzi Interpreti Isa Yasan, Kalbinur Rahmati, Alinaz Rahmati, Musa Yasan, Yasan Kamisu, Ugulem Sugur,Tajigul Heilmeier, Rahmati Kuramu, Kuramu Kasimu Durata 87’ Origine Cina, 2018 Lingua uiguro, mandarino Genere Poetico neorealista Di yi ci de li bie Distribuzione Mariposa cinematografica, info@mariposacinematografica.it I n un villaggio contadino cinese della regione autono- del distacco forzato dalle proprie radici prendono luogo nel- ma dello Xinjiang vive Isa, un ragazzo uiguro, che ama la scuola, che diventa un ambiente problematico per i bam- passare le giornate con la sua amica Kalbinur. Assieme bini, poiché si vedono strappati ai giochi ed ai passatempi in passeggiano ed allevano una capretta consumando così mezzo alla natura, a cui erano abituati, per imparare invece momenti di svago spensierati. Però lo stato di salute di una lingua a loro estranea. I bambini, tutto d’un un tratto, sua madre inizia ad aggravarsi ed il padre di Isa comincia vengono inoltre coinvolti in una serie di responsabilità da a valutare se mettere la moglie in una clinica specializzata. adulti che li costringeranno a velocizzare il loro rito di pas- Gli impegni scolastici si fanno pressanti, alcuni compagni saggio dall’infanzia all’adolescenza. Il protagonista Isa, ad di classe lasciano il villaggio e partono per la città e per i esempio, si ritrova a dover badare alla madre molto malata, bambini tutto pare destinato a cambiare irrimediabilmente. mentre la sua amica Kalbinur deve insegnare al suo fratel- lino i pochi rudimenti conosciuti di mandarino, sotto l’esor- Quando la propria cultura appare come retrograda nel pro- tazione dei genitori, che vedono l’apprendimento di quella prio contesto che cosa accade? Pare essere questo l’inter- lingua come l’unica via per i figli di costruirsi un futuro. La rogativo di fondo che emerge da quest’opera prima della serenità e la spensieratezza che caratterizzavano le danze regista Lina Wang, la quale ha voluto con questo film omag- celebrative del giorno dell’Id al-adha lasciano il posto alle giare la sua regione natale, lo Xinjiang, raccogliendo apprez- lacrime ed alla frustrazione per i cattivi voti e per le difficoltà zamenti al Tokyo International Film Festival ed al Festival scolastiche. A questi aspetti si affianca il tema dell’abban- di Berlino. La pellicola rassomiglia al genere del docufilm in dono che risulta ricorrente in tutto il film: dalla ricerca di Isa alcuni tratti come, ad esempio, il fatto che gli attori interpre- tra le dune del deserto della sua capretta smarrita, alla per- tino sé stessi, scelta che sottolinea l’intento di riportare un dita della propria memoria sui banchi scolastici per mezzo fedele spaccato di vita reale di ciò che accade nei territori dello studio dei versi di un poeta nazionale che invita all’o- 08 dei dintorni di Urumqi. Infatti, le vicende sono ambientate blio, fino ad arrivare a chi lascia il villaggio per cercare un’oc- in un villaggio della Cina nord-occidentale dove sono alcuni cupazione in città. Le tradizioni non possono che scontrarsi bambini appartenenti alla comunità uigura ad essere i pro- con le necessità del progresso e delle sue declinazioni. “A tagonisti. Il loro punto di vista infantile ci guida all’interno first farewell” risulta essere un film apprezzabile e caratte- di questo contesto rurale: seguendo le loro peripezie quoti- rizzato da musiche delicate che pare non esplicitare mai i diane, ci si addentra nella contemporanea routine di questa messaggi che veicola ma che porta con sé un malinconico comunità, dedita alla raccolta del cotone, che vive in bilico gemito della regista, annunciatore di un profondo primo ad- tra difficoltà sociali-economiche e la rieducazione culturale dio della sua gente. a cui viene sottoposta. I temi dell’assimilazione culturale e Omar Dogliani, EquiLibri d’Oriente Lina Wang nasce nella regione autonoma Uigura dello Xinjiang nel 1987. Si laurea con un master in Comunicazione all’Uni- versity of China di Pechino. Di Yi Ci De Li Bie (A First Farewell) è il suo film di debutto con cui ha vinto il Best Asian Future Film Award al Tokyo International Film Festival ed il premio speciale della giuria-Kplus al Festival internazionale del cinema di Berlino.
Alpha, the right Regia Brillante Ma Mendoza Sceneggiatura Troy Espiritu Fotografia Joshua A. Reyles Montaggio Diego to kill Marx Dobles Musica Diwa de Leon Interpreti Allen Dizon, Elijah Filamor, Baron Geisler Durata 94’ Origine Filippine, 2018 Lingua ilippino, inglese Genere Poliziesco criminale Diritti internazionali Memento films, festival@ memento-films.com A lpha, The Right to Kill di Brillante Mendoza, ambien- sere, ed a un maggiore successo ed ambizione corrisponde tato a Manila, si svolge sullo sfondo del giro di vite sistematicamente la presenza di una personalità sdoppiata. del governo filippino contro le droghe illegali. La Mentre sono medesime l’avidità e la ferocia, una volta chiusi polizia avvia un’operazione per arrestare Abel, uno dei più i personaggi in un meccanismo di tradimenti reciprochi che grandi signori della droga. Uno dei poliziotti, Espino, ed Eli- azzerano la speranza, una struttura che coinvolge il seme jah, uno spacciatore di piccola taglia diventato informato- stesso di un futuro che cresce ripetendo gli stessi passi re, forniscono l’intelligence per l’operazione, che si risolve ipocriti del passato. Ma prima di passare al nichilismo della in un violento scontro a fuoco nelle baraccopoli tra la SWAT seconda parte del film, la parte action nei vicoli strettissimi e la banda di Abel. Prima che gli investigatori arrivino sul- della città, colorata beffardamente dalle luci del Natale che la scena del crimine, Espino ed Elijah si allontanano con invadono ogni inquadratura, esclusivamente composta da lo zaino di Abel pieno di soldi e metamfetamina. Questo riprese effettuate con la camera a mano, e sostenuta dal gesto, di sopravvivenza per uno e di corruzione per l’altro suono incalzante delle percussioni, restituisce il fremito faranno presto partire una serie pericolosa di eventi, dove nervoso che attraversa le strade, il disagio, la quieta norma- rischiano la reputazione, la famiglia e la loro stessa vita. lità dei simboli di riconoscimento tatuati sulle braccia, prima di scoprire nella minaccia estetica l’altro lato della paura, la Mendoza tratteggia il ritratto dei due protagonisti attraver- rappresentazione di un modo diverso di raccontare l’esigen- so l’indagine successiva ai fatti senza compiere sostanziali za, che si materializza per mezzo di giganteschi mucchi di salti temporali dentro un arco di pochi giorni, evitando una rifiuti. Nei soprusi subiti da una società a forte impronta ma- semplice progressione drammatica, puntando piuttosto schilista, come è lecito aspettarsi da un mondo che distri- sull’aspetto ineluttabile, spinto in un punto di non ritorno buisce carriere in base a meschinità e forza fisica, le donne come risultato di un processo inevitabile, nei luridi ambienti sono ridotte ad accompagnamento, materiale riproduttivo metropolitani, pieni di mercati sovraffollati, quartieri dove la di base e allevamento primario. O impegnate a piangere sui 09 povertà è dilagante e le catene del destino sono talmente corpi stesi esanimi di un marito, un compagno, un fratello ri- robuste da restare invisibili. Il posto nel quale Elijah affronta masto ucciso dopo una retata di valore teatrale compiute per una vita di sotterfugi per assicurare alla famiglia la soprav- avallare tesi di giustizia sommaria, confezionate a coman- vivenza è l’inferno da tollerare per garantire i privilegi di una do, una giustizia mostrata prima all’inizio e poi alla fine della corruzione che arriva ai vertici di un dispositivo repressivo storia nelle identiche immacolate uniformi della polizia, pie- fagocitato dalla propria ombra. Con il crescere della scala ne di ridicolo esibizionismo, e ridotta a fenomeno da parata. sociale il regista dilata un scostamento tra l’apparire e l’es- Antonio D’Onofrio, Sentieriselvaggi.it Brillante Mendoza (San Fernando, 30 luglio 1960) è un regista filippino di film indipen- denti. Inizialmente impegnato nel campo della pubblicità, nella cui materia si è lau- reato all’Università di Santo Tomas, decide di entrare nel mondo del cinema nel 2005. Nel 2009 vince il premio di miglior regista a Cannes grazie al film Kinatay. Alpha: The Right to Kill è il suo ultimo lungometraggio.
Amiko Regia e Sceneggiatura Yoko Yamanaka Fotografia Asuka Kato Montaggio Yoko Yamanaka Musica Shotaro Ohori Interpreti Sunohara Aira, Oshita Hiroto, Mineo Maiko, Hasegawa Ayu, Hirowatari Maiyu, Takashi Hisato, Abe Yukino, Kaneko Ginji Durata 66’ Origine Giappone, 2017 Lingua giapponese Genere Nouvelle vague giapponese Diritti internazionali Pia Film Festival, international@pff.jp A miko, sedicenne antiborghese e anticonformista tezza stili cinematografici diversi in piena assonanza con di Nagano, è fissata - fino a raggiungere livelli os- l’ondivaga ricerca d’identità della protagonista. La forma sessivi - con Aomi, giocatore della squadra di calcio in questo modo diventa il racconto stesso dell’universo scolastica e considerato il più carino della scuola. Dopo emozionale in continua trasformazione dell’adolescente. una conversazione riservata tra i due, tornando verso casa I pensieri di Amiko seguono traiettorie non lineari, acca- insieme in una fredda giornata d’inverno, la ragazza non è rezzando più il pensiero divergente che la pura razionalità, più la stessa. Ogni momento della sua vita, ogni gesto ed segno distintivo di una mente ribelle in cerca di una perso- ogni pensiero è rivolto solo ed esclusivamente a lui, la sua nale collocazione nel mondo, un esercizio in divenire che “anima gemella” (mentale). Tempo dopo, inaspettatamente, trova nella struttura del film, tra voce fuori campo, improv- Aomi fugge di casa con Miyako, la ragazza che Amiko con- visi zoom e flashback sgranati, il proprio senso esclusivo. sidera la propria nemesi. Questo farà iniziare alla sedicenne Il basso budget del film non intimorisce per nulla la regista una caccia ai due fuggitivi che la porterà a Tokyo. che sodale al personaggio che mette in scena, non lesi- na fantasia e una certa vivacità autoriale che sorprende Un esordio bruciante quello della ventenne talentuosa e al tempo stesso conferma quell’audacia impertinente Yoko Yamanaka. Amiko è un film vivace di sessantasei propria della giovinezza che permea tutta l’operazione. minuti girato con il brio sbilenco dei vlog amatoriali, cor- Giovane ma non sprovveduta, conoscitrice del cinema, roborato da pennellate surreali sul romanzo di formazione Yoko Yamanaka trasforma il classico Seishun eiga (let- personale e sulle pene d’amore di una studentessa se- teralmente film di gioventù) mischiandolo al Ren’ai mono dicenne. “Dov’è la felicità se moriremo, nonostante tut- (i film sentimentali), generi entrambi molto popolari in to?” questa la domanda che Amiko si pone mentre il suo Giappone, in una sorta di video-diario della formazione sguardo incorniciato in un caschetto di capelli già di per sé mantenendo gli stilemi classici dei generi di riferimento 10 alieno, affonda senza risposta nella banalità della vita di – alienazione, romanticismo dai tratti feticisti, difficoltà provincia. Acerba, curiosa e a suo modo ribelle, la piccola d’inserimento sociale - ma plasmando il tutto con la leg- adolescente suburbana è il corpo inquieto e genuino sul gerezza della commedia. Amiko, già corteggiato da festi- quale la regista, anche autrice della sceneggiatura, indaga val d’importanza internazionale come l’Hong Kong Film le sfaccettature contradditorie e inarticolate della gioventù Festival o il Pia Film Festival in Giappone – dove ha vinto moderna, paradigma dell’universale condizione esisten- il premio del pubblico - è un’opera urgente, un condensato ziale dei ragazzi della sua età. L’acuto ritratto dei dolori di freschezza e energia che non può lasciare indifferenti. della crescita è messo in scena mescolando con sfronta- Davide Tomì Yoko Yamanaka è una regista giapponese nata a Nagano nel 1997. Si innamora del cinema al primo anno di scuola superiore e decide di continuare i suoi studi al di- partimento di cinematografia della Nippon University, che lascia dopo 6 mesi. Amiko, il suo primo film, ha vinto il premio del pub- blico al PIA Film Festival ed è stato presen- tato al Festival di Berlino nella sezione Fo- rum dalla stessa regista, la più giovane ad aver mai partecipato con un film in quella sezione.
An Elephant Regia e Sceneggiatura Hu Bo Fotografia Ren Yiming Montaggio Hu Bo Musica Hua Lun Interpreti Sitting Still Zhang Yu, Peng Yuchang, Wang Yuwen, Liu Congxi Durata 230’ Origine Cina, 2018 Lingua mandarino Genere Post-neorealista Diritti internazionali Rediance, info@rediancefilms.com Da Xiang Xi Di Er Zuo I n una giornata qualsiasi nella periferia di una città del- nella pellicola, vorrebbero essere come l’elefante, puri e im- la Cina settentrionale, le vite di quattro personaggi sono passibili, ma invece affogano nella loro stessa rabbia, infinita, destinate a incontrarsi. Hoodlum Yang Cheng, che ha contro tutti: la famiglia, i figli, i genitori, gli amici, la scuola e, tradito il suo migliore amico andando a letto con la moglie, soprattutto, se stessi. Una rabbia atroce, nichilista, cieca. Tutti viene scoperto dall’uomo e assiste impotente al suo sui- sembrano essere contro tutti nella società cinese contempo- cidio. Wei Bu, dopo aver reagito a un atto di bullismo, è in ranea, qui rappresentata al collasso più totale. Il progresso, fuga dalla scuola inseguito dal fratello del suo aggressore. le città che cambiano, le migrazioni dalle campagne verso le La sua compagna di classe Huang Ling ha una relazione aree urbane hanno demolito non solo i palazzi, le abitazioni con un uomo sposato e una madre alcolista da cui vorrebbe e le scuole, ma anche i legami familiari, le amicizie, gli affetti. scappare. E l’anziano Wang Jin decide di mettersi in strada, Quella descritta dal regista Hu Bo, con magnifici piani sequen- cacciato di casa dal figlio che lo vorrebbe in un ospizio. A za e camera principalmente a mano, seguendo i personaggi unire i loro destini, il desiderio di raggiungere una città della da vicino e talvolta braccandoli alle spalle, è un’umanità pic- Manciuria in cui, secondo una diceria popolare, si trovereb- cola e priva di speranza dominata da un senso generalizzato be un leggendario elefante che sopravvive senza nutrirsi né di frustrazione e rassegnazione, nella quale i caratteri ricor- muoversi, dotato di un distacco quasi soprannaturale dalla renti sono la solitudine e l’egoismo, tanto che anche i lega- realtà. mi interpersonali, che siano familiari, amicali o sentimentali, sono sempre aridi, spenti, in qualche modo “bloccati”. Proba- Una voce fuori campo racconta che a Manzhouli, nella Mon- bilmente uno dei film più dolorosi e strazianti di sempre. Un’o- golia Interna, c’è un elefante che se ne resta immobile, seduto pera monstre di 4 ore sofferte, rabbiose e rigorose, senza ne- in pace con il mondo e indifferente a qualsiasi cosa gli accada anche un minuto di troppo, un eccesso o un compiacimento, intorno. È l’incipit di An Elephant Sitting Still, film che ha gi- che sarebbe potuta essere lo splendido primo tassello di una rato moltissimi festival tra cui Berlino, Locarno, Roma e che grande carriera. Rimane un atto unico, un esordio e al tempo 11 ha raccolto consensi dalle testate giornalistiche più famose al stesso un testamento di abbagliante bellezza destinato ad mondo come, ad esempio, il New York Times, oltre ad avere essere ricordato negli anni: il regista, che plausibilmente lo avuto un forte eco anche al di fuori del solito giro di appassio- stesso male di vivere dei suoi personaggi lo ha vissuto in pri- nati di cinema asiatico. Il sottotitolo del film potrebbe essere ma persona, è morto suicida a 29 anni a Pechino, subito dopo un verso degli Smashing Pumpkins - “Despite all my rage I la fine della lavorazione del film. Una perdita immensa. Erano am still just a rat in a cage” cantava Corgan - e i suoi quattro molti anni che non si vedeva un’opera prima di questo spes- protagonisti dei losers di una canzone di Springsteen, con la sore e una capacità di impostare una messa in scena così differenza che qui siamo nella provincia meccanica della Cina bella e ricercata, supportata da musiche post-rock / elettroni- e non si vede molta luce in fondo al tunnel. I quattro, le cui che, anch’esse splendide, curate dal gruppo cinese Hua Lun. vite vanno poi a incrociarsi nell’arco delle 24 ore raccontate Federico Rubini Hu Bo è stato un regista e scrittore cine- se. Nato nel 1988 in Cina, si è laureato nel 2014 alla Beijing Film Academy nel campo della regia. Il suo primo cortometraggio, Di- stant Father (2014), ha vinto il premio come Miglior regia al Golden Koala Chinese Film Festival e sempre nel 2014 un altro corto- metraggio, Night Runner, è stato seleziona- to al Taipei Golden Horse Film Academy.. Il suo film di esordio, An Elephant Sitting Still, è stato scelto mentre era ancora in produ- zione dal FIRST International Film Festival Financing Forum e ha poi partecipato al Festival di Berlino nella sezione Forum vin- cendo il Premio FIPRESCI. Hu-Bo ha anche scritto due romanzi, Huge Crack e Bullfrog. Si è suicidato poco dopo aver terminato An elephant sitting still.
Ayka Regia Sergey Dvortsevoy Sceneggiatura Sergey Dvortsevoy Gennady Ostrovsky Fotografia Jolanta Dylewska Montaggio Sergey Dvortsevoy Petar Markovic Interpreti Samal Yeslyamova, Zhipargul Abdilaeva, David Alaverdyan, Sergey Mazur, Slava Agashkin, Ashkat Kuchinchirekov Durata 109’ Origine Russia, Germania, Polonia, Kazakhstan, Cina, 2018 Lingua russo e kirghiso Genere Pedinamento dardenniano Diritti internazionali The Match Factory, info@matchfactory.de A yka ha appena partorito, ma non ha i soldi per cre- Rosetta dei fratelli Darden: in questo caso la protagonista scere un bambino. Non ha un lavoro, ha dei debiti da è Aika (Samal Yeslyamova, miglior attrice Cannes 2018), pagare, non ha nemmeno una stanza in affitto. Ma la cui smania di successo l’ha fatta arrivare fino a Mosca. non esiste modo che possa sopprimere i suoi istinti naturali Infatti, lei parteciperà a un workshop, in stile americano, di sopravvivenza. dove un altro immigrato “arrivato” spiega come ottenere la fama. Girato con telecamera a mano, in pieno stile dogma, La Russia è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, l’inquadratura mai fissa, come in Rossetta, segue la pro- per numero di stranieri presenti. Vi sono almeno 10 milioni tagonista da vicino; i colori freddi estremizzano la durezza di stranieri, i cosiddetti “temporanei”, che in realtà sono di di questo film che non vuole ottenere il nostro compiaci- lunga permanenza, ma a causa della burocrazia, preferi- mento, ma ricerca la cruda e gelida realtà della disumaniz- scono avere visti per meno di nove mesi di durata, uscendo zazione che vive la protagonista. Infatti, Ayka non mostra e rientrando dalla nazione alla bisogna. Inoltre è stimato nessun segno di pentimento per l’abbandono del figlio, né che vi sia un 20% di clandestini in più sul totale degli immi- alcun tipo di emozione. Forse per questo, il regista la pu- grati. Solo l’anno scorso sono entrati nel Paese 12 milioni di nisce con un’emorragia, dovuta al parto non curato e un emigrati dalle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale. rischio di mastite per il mancato allattamento del piccolo, A Mosca, oggi, sono loro a costruire i palazzi, le linee del- risultato della maternità rifiutata. Nonostante ciò, la prota- la metropolitana, i centri commerciali e le strade. Questo il gonista continua ostinatamente a ricercare lavoro, trovan- quadro. La notizia che origina il film risale al 2010, quando dolo dove i moscoviti trattano molto meglio gli animali de- furono abbandonati 248 neonati da madri immigrate dal gli esseri umani, come lei. Per il regista è questo il percorso, Kirghizistan. Considerando che la cultura kirghisa è basa- destino della Russia che dal comunismo feroce di Stalin ta sulla famiglia, si capisce quanto siano disperate le loro è passata alla corsa frenetica del liberalismo senza rego- 12 condizioni di vita. Alla produzione occorreranno sei anni le, disgregando i rapporti con le ex repubbliche sovietiche? per completarlo. Il regista Sergei Dvortsevoy, kazako (già Il risultato è un pugno nello stomaco fra povertà estrema, regista di “Tulpan - La Ragazza Che Non C’era”, 2008), nar- appartamenti sporchi sovraffollati da abusivi, clandesti- ra la condizione femminile e il dolore dell’emigrazione, dei nità, sfruttamento per lavori umilissimi e faticosi, fino alla moderni sans-papier, nel pieno dell’inverno russo, quando degradazione della condizione umana e della maternità. Il una bufera di neve sta imperversando a Mosca: il simbo- finale è tragico: la completa resa alla mera necessità, al di lo della freddezza con cui sono accolti gli immigrati delle sopra ogni valore umano e affettivo. ex repubbliche sovietiche. Il film è ispirato chiaramente a Matias Magnani Sergey Dvortsevoy è un regista kazako, nato nel 1962 a Chimkent, Kazakhstan. Nel 1982 si diploma in aviazione a Krivoi Rog, in Ucraina, proseguendo gli studi a Novo- sibirsk, all’Istituto Elettrotecnico. Nel 1993 frequenta e conclude gli studi presso una scuola di cinematografia. Ha lavorato pres- so la compagnia Aeroflot per 9 anni come ingegnere radio. Dopo diversi documenta- ri, Dvortsevoy realizza Tulipan, nel 2008, il suo primo lungometraggio. Il film, molto acclamato, arriva a Cannes, dove vince un premio.
Balangiga Regia e musica Khavn Soggetto Achinette Villamor, Khavn Sceneggiatura Jerry Gracio, Khavn Fotografia Albert Banzon Montaggio Carlo Francisco Manatad Interpreti Justine Samson, Pio Del Rio, Warren Tuano, Althea Vega, Daniel Palisa, Jun Sabayton, Lourd De Veyra, Roxlee Durata 115’ Origine Filippine, 2018 Lingua filippino Genere Storico onirico Diritti internazionali Stray dogs, sales@ stray-dogs.com K havn De La Cruz è un autore prolifico, mai però un te ma indelebili, come quella che il poliedrico autore ha scelto suo film aveva ottenuti così tanti riconoscimenti. di raccontare con Balangiga: Howling Wilderness. Lo ha fatto Balangiga: Howling Wilderness ha ricevuto infatti di- con una rappresentazione originale, fedele al suo stile così versi premi agli ultimi Famas Awards (che sono i più antichi personale ma con dei cambiamenti rispetto ad altri prece- del cinema filippino), ai Gawad Urian Awards (assegnati da denti lavori. Una visione in qualche modo più sobria rispetto una commissione di critici) e al Quezon City International agli eccessi punk che lo hanno reso famoso. Lo richiedeva Film Festival dove il lungometraggio ha avuto la sua prima il racconto e un’ambientazione non urbana, prediletta nella assoluta. Riconoscimenti assolutamente meritati per un sua produzione. Lo spazio assume particolare importanza e film dal forte impatto visivo ed emozionale. La storia è am- lo scenario naturale è restituito con sapiente utilizzo di cam- bientata nel 1901, nell’isola di Samar occupata dagli Stati pi lunghi e inquadrature dall’alto che scandiscono la narra- Uniti. Quando una sommossa del popolo filippino intorno zione. I dialoghi non sono molti, a parlare sono soprattutto alla cittadina di Balangiga porta alla morte di diversi soldati i gesti e il volto del giovanissimo protagonista Justine Sam- americani, si scatena la rappresaglia dell’esercito a stelle son. Davvero bravo, in un ruolo impegnativo, e ben diretto da e strisce. Niente prigionieri è in pratica l’ordine del gene- Khavn De La Cruz che accompagna il racconto del viaggio rale Jacob H. Smith. Un vero massacro al quale cercano dei protagonisti con passaggi onirici, i sogni di Kulas come di sfuggire il piccolo Kulas, otto anni, e suo nonno insieme quello di un carabao volante, e immagini anche spiazzanti a un carabao (un bufalo molto diffuso nel Sud-est asiati- cariche di simbolismo. Dalla sagoma di un uccello costruito co) e alle poche provviste che sono riusciti a prendere. Il con vari oggetti che sembra un evidente richiamo all’aquila bambino sogna di ricongiungersi alla madre che a detta del dello stemma statunitense all’uccisione da parte di un sol- nonno ha trovato rifugio in un paese lontano, così in mezzo dato incontrato lungo il cammino del carabao (uno dei sim- a uno scenario di distruzione e morte i due si mettono in boli del Paese) al momento in cui Kulas entra nella carcassa viaggio. Il tragitto, tra continui pericoli e la fame incomben- sventrata dello stesso animale (e non si tratta di ripararsi dal 13 te, è segnato anche da un incontro particolare. Passando freddo come Di Caprio in Revenant - Redivivo). Il grottesco e tra i resti di un villaggio messo a fuoco e un mare di cada- la violenza necessaria a sottolineare le atrocità commesse si veri, sentono il pianto di un bambino di circa di due anni: associano a un’elegia della purezza dei bambini, vittime in- Kulas decide di prendersene cura e gli dà il nome di Bola. nocenti. Significativo il modo in cui Kulas sceglie di prendersi Quando il nonno si ammala e poco tempo dopo muore, Ku- cura del piccolo diavolo, così lo chiama il nonno quando lo las e Bola si ritrovano a dover sopravvivere da soli in una trovano tutto ricoperto di fango e fuliggine prima che venga landa - come suggerisce il titolo - desolata e ululante. ribattezzato Bola, pur trovandosi in una situazione disperata che seguendo una fredda logica porterebbe a non interessar- Il rapporto con la storia, il passato coloniale, la memoria indi- sene. La scelta di un bambino, carica di una pietà istintiva. Di viduale e collettiva, sono riflessioni al centro della produzione una dolcezza, mista a tristezza, che restituisce anche la bella di diversi registi asiatici indipendenti (per le Filippine viene su- colonna sonora composta al piano dallo stesso regista. bito in mente Lav Diaz). Cicatrici storiche, spesso tenute cela- Fabio Canossa, LinkinMovies Khavn Dela Cruz è un regista, poeta, piani- sta, cantante e scrittore filippino. Ha fonda- to il Festival Internazionale .MOV, dedicato ai film, la musica e la letteratura. E’ consi- derato il padre della cinematografia digitale filippina, ha diretto 112 corti e 52 film, ha composto 23 album e scritto 7 libri.
Burning Regia Lee Chang-dong Soggetto dal racconto “Granai incendiati” di Haruki Murakami Sceneggiatura Oh Jung- mi, Lee Chang-dong Fotografia Hong Kyung-pyo Montaggio Kim Hyeon, Kim Da-won Musica Mowg Interpreti Yoo Ah-in, Steven Yeun, Jeon Jong-seo Durata 148’ Origine Corea del Sud, 2018 Lingua coreano Genere Dramma psicologico Distribuzione Tucker, tucker@tuckerfilm.com Beoning J ongsu, aspirante scrittore e lavoratore part-time, ascolta jazz mentre cucina italiano. Sotto questo appa- incontra Haemi, che gli chiede di occuparsi del suo rente déjà vu si nasconde invece un film intenso, poten- gatto mentre lei sarà in viaggio. Al suo ritorno, Ha- te, mai banale, esteticamente superbo. Il triangolo è una emi gli presenta Ben, un giovane misterioso che ha co- scusa lieve, per mettere in scena un racconto morale, che nosciuto mentre era via. Un giorno Ben fa visita a Jongu parte dalla storia dei tre ragazzi per estendersi a rifles- confessando di avere un hobby segreto e poco dopo Ha- sioni più universali sulla Corea del Sud contemporanea emi scompare senza dire una parola. e sulle profonde differenze sociali che la caratterizzano. Burning, tratto da un racconto di Haruki Murakami, è un Apparentemente “Burning” è un film semplice già girato oggetto anomalo, sghembo, un film a combustione lenta più volte nella storia del cinema, un triangolo amoroso tra che lavora sull’interiorità dello spettatore ben oltre il tem- giovani persone. Lui, Jongsu, è un ragazzo dalle umili ori- po di visione del film. Forse ciò che lo definisce meglio e gini, sogna di fare lo scrittore ma vive di espedienti. Lei, lo rende così seducente è proprio alla fine il rapporto a Haemi, bellissima, quando lo incontra a Seoul, lo corteggia tre tra Jongsu, Haemi e Ben, sospeso, ipnotico sempre e lo seduce prima di partire per il Kenya. Ed infine, Ben, il ad un passo dalla deflagrazione, instabile come le nuo- maschio alpha con cui Haemi si ripresenta di ritorno dal ve giovani generazione che abitano il paese dell’autore. viaggio, che vive in una casa lussuosa, guida fuoriserie e Fausto Mazzoni 14 Lee Chang-dong è nato nel 1954 a Tae- gu, Corea del Sud. Dopo la laurea inizia a lavorare come scrittore e regista teatrale. Entra nel mondo nel cinema scrivendo le sceneggiature di due film molto apprezza- ti in Corea, To the Starry Island (1993) e A Single Spark (1995). Nel 1997, da autodi- datta, passa alla regia cinematografica con Green Fish. A questa regia seguono quelle di Peppermint Candy (2000), Oasis (2002, premio speciale per la regia alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia), Secret Sunshine (2007) e Poetry (2010, premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes). Dal 2003 al 2004 è stato Ministro della Cultura in Corea del Sud. Burning è il suo sesto film da regista.
Funan Regia Denis Do Sceneggiatura Denis Do, Magali Pouzol Musica Thibault Kientz Agyeman Disegni Michael Crouzat Con le voci di Bérénice Bejo e Louis Garrel Durata 87’ Origine Francia, Lussemburgo, Belgio, Cambogia, 2018 Lingua francese Genere Animazione storica Diritti internazionali BAC Films, contact@bacfilms.fr Q uale miglior modo per raccontare la devastazione prie calorose voci, e piene di sentimento, a Khoun e a Chou. che i Khmer Rossi hanno attuato in Cambogia se Nonostante si tratti di un film animato, la tematica che non tramite un film d’animazione. Denis Do debut- vuole presentare e anche la maturità stessa che si nota ta alla regia di un film animato con Funan, portando gli in maniera evidente durante lo svolgimento della pellico- spettatori al 1975, quando la Cambogia vide gli orrori per- la, rendono Funan un prodotto più per ragazzi e adulti che petrati dai seguaci del Partito Comunista, causando mi- per bambini. Non ci troviamo davanti a una fiaba, ma a uno lioni di morti ed esuli, distruggendo la vita di innumerevoli spaccato di vita vera, in cui viene preso come esempio uno famiglie. Chou vive felice e soddisfatta a Phnom Penh in- dei milioni di drammi per raccontare una storia corale tre- sieme alla sua famiglia, il marito Khoun e il figlioletto di 3 mendamente reale. La componente emotiva è quella che anni Sovanh. Tuttavia, il suo mondo semplice, ma ricco di gioca il ruolo forse più importante dell’intero film, resa po- amore e allegria, viene ribaltato quando i Khmer Rossi de- tente non soltanto dalla storia in sé, ma anche dalle parti- cidono di entrare in azione, causando un’ingente carestia, colarità tecniche di cui il film si avvale. e dividendo milioni di famiglie, con una particolare suddi- L’animatore Michael Crouzat (Cattivissimo Me) regala del- visione tra uomini e donne, allontanando dagli stessi an- le animazioni che lasciano letteralmente a bocca aperta, che i propri figli. Durante uno dei tanti trasferimenti verso concentrandosi maggiormente sul paesaggio cambogiano i campi di lavoro ordinati dai Khmer, Chou perde di vista il limpido, nitido e dai colori sgargianti, che fa da sfondo alle figlioletto Sovanh. Inizierà così una tormentata ricerca da dure vicende vissute dalla popolazione. Funan pone davan- parte dei due genitori, coscienti di dover sottostare prima ti ai nostri occhi un paradosso vero e proprio, mostrando- di tutto alle norme imposte dall’organizzazione, rischian- ci la meraviglia di un paesaggio incontaminato, che fa da do allo stesso tempo di non rivedere mai più il frutto del sfondo agli orrori dell’umanità. Bellezza e atrocità vanno loro amore. sempre di pari passo, e anche il film di Do non è esente da questa duplicità. 15 Do pone la sua lente di ingrandimento su una famiglia in Potente. Struggente. Estremamente toccante. Con la sua particolare e sulla sua protagonista Chou (la madre di fa- attenzione per i dettagli – come per esempio i chicchi di miglia) per descrivere un dramma molto più complesso e riso, i campi coltivati dalle donne, il cibo sparso a terra op- generale. È impossibile non immedesimarsi fin da subito pure le stesse rughe e la stessa sofferenza che compaiono nella condizione vissuta dai protagonisti che, seppur ani- visivamente sui volti di Chou e dei suoi cari dopo anni tra- mati, trasmettono un’umanizzazione e un’umanità tali da scorsi nei campi di lavoro, vedendo perire molte persone rendere il prodotto di Do un vero e proprio film in cui sem- vicine – rendono Funan un ritratto estremamente realistico brano esserci attori reali. Probabilmente aiutano anche le di uno dei più terribili eventi del 20° secolo, continuando a voci di due grandi attori del cinema francese, quali Louis essere attuale e a far riflettere anche a distanza di decenni. Garrel e Bérénice Bejo che prestano rispettivamente le pro- Maria Saccà, Cinematographe.it Denis Do (1985) è un cineasta france- se di origine cambogiana. Laureato nel 2009 all’Istituto di Arti Visive Les Gobelins ha co-diretto come tesi di laurea il corto- metraggio di animazione Le ruban, storia d’amore ambientata durante la rivoluzione culturale cinese. Funan, vincitore del Pre- mio Cristallo per il miglior film al Festival internazionale del film d’animazione di An- necy e dei Premi della giuria e del pubblico all’Animation is Film Festival di Los Ange- les, è il suo primo lungometraggio.
Jinpa Regia e Sceneggiatura Pema Tseden Soggetto dai romanzi “L’assassino” di Tsering Norbu e “Ho Investito una Pecora” di Pena Tseden Fotografia Lu Songye Montaggio Jin Di, Chakdor Kyab Musica Lim Giong & Point Interpreti Jinpa, Genden Phuntsok, Sonam Wangmo Durata 87’ Origine Cina, 2018 Lingua tibetano Genere Road-movie tibetano Diritti internazionali Block 2 Distribution, sales@jettone.net S u una strada isolata che attraversa la pianura de- tà legata alla strana omonimia tra i due personaggi entrati in solata del Tibet, un camionista che ha investito contatto lungo la strada - una mera coincidenza o piuttosto accidentalmente una pecora raccoglie un giovane già un implicito ‘tassello’ premonitore di fatalità, di una pre- autostoppista. Mentre chiacchierano durante il tragitto, destinazione ancora ‘avulsa’ dalla semplice narrazione per il camionista nota che il suo nuovo amico ha un pugnale immagini? C’è un qualcosa di ‘assorto’ e di desolato nell’in- d’argento legato alla gamba e viene a sapere che il giova- cedere apparentemente arido e insignificabile del bislacco ne vuole uccidere qualcuno che gli ha fatto un torto. Dopo protagonista sino ai piedi di un monastero buddhista - in averlo lasciato a un bivio, il camionista si rende conto che cui incontrerà uno dei ‘lama’ a cui chiederà di ‘consacrare’ quel breve lasso di tempo trascorso con lui ha cambiato la carcassa di una pecora da lui investita nel tragitto, “spun- tutto e che i loro destini sono inesorabilmente intrecciati. tata fuori dal nulla”, come non fosse una coincidenza più di Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura alla Mo- quanto non lo siano altri minimi, impalpabili aspetti soggia- stra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. centi alla scarna equivocità del posto, alla luce di un’atmo- sfera tutta particolare, tra il superstizioso e agnitivo. Pema Jinpa è un film diretto dal regista tibetano Pema Tseden, Tseden dimostra anche di essere un ostico ‘sommelier’ ormai affermatosi in patria (attivo dal 2002), premiato lo della cultura di sua appartenenza e competenza, anche a scorso anno alla 75a edizione del Festival di Venezia per la giudicare da certe piccolezze, che possono sembrare inezie miglior sceneggiatura nella categoria ‘Orizzonti’ e candidato ma sono invece assai efficaci, dall’effetto molto fine e im- ad altri premi più marginali tra cui il Golden Horse. La trama probabilmente raro – quali l’associazione delle “anime” dei del suo film narra di un guidatore a bordo di un camion scal- due viandanti con un particolare di una tazza di té al burro cinato in viaggio verso uno sperduto, piccolo villaggio tibe- di yak, bevanda tipica locale, che viene loro offerta in se- tano sull’Altopiano del Kekexili - un luogo geologicamente gno di ospitalità e sulla superficie della quale galleggiano 16 surreale, pressoché totalmente spoglio, sterile, torrido, di- espressivamente (prima uno, poi due) trucioli di vaniglia nel sabitato, assolato nel suo chilometrico, accecante chiarore bianco del liquido. Un’immagine dalla natura strettamente - causa dell’abbagliante cromia di fondo che permea tutta simbolica che si rivela capace da sola quasi di ri-significa- la fotografia e l’ambientazione della pellicola. L’incipit è già re finalmente qualcosa di più sfuggente, al di là dell’opa- in qualche modo ‘programmatico’ del coefficiente di lettura co afflato da road movie. Altipiani lunari, spazi sterminati degli eventi che di lì a poco si intersecheranno pian piano: e proverbiali silenzi tutti “tibetani” per un film forse molto viene citata una massima tibetana in proposito al coinvol- meditativo ma comunque avvolgente e meritevole di una gimento (inavvertito) nei sogni tra estranei, che difatti è la seconda e ulteriore analisi: è forse proprio questo il pregio base ideale e lo scheletro anche visivo dell’opera, marcan- del regista, quello di sapersi barcamenare tra l’onirismo e done così da subito la componente onirica preponderante. un’osticità lontana dai canoni dell’affabulazione filmica. In seguito, il film è giocato su elementi di sottile referenziali- Luca Capuano Pema Tseden è un regista, sceneggiatore e scrit- tore tibetano. La sua carriera è iniziata nel 2002 e si è caratterizzata fin da subito per la totale de- dizione al ritratto della cultura tibetana. Tra i suoi film più famosi: The Silent Holy Stones, The Se- arch, Old Dog e Tharlo. I lavori di Tseden hanno contribuito alla diffusione della conoscenza della cultura tibetana all’estero, approdata, grazie a lui, nei maggiori festival internazionali: Venezia, Lo- carno, Toronto e numerosi Festival asiatici.
Life finds a way Regia e Sceneggiatura Hirobumi Watanabe Fotografia Hirobumi Watanabe Montaggio Hirobumi Watanabe Musica Triple Fire Interpreti Minori Hagiwara, Marika Matsumoto, Koga Yako, Chihiro Nagai, Honoka, Sakiko Kato, Hirobumi Watanabe Durata 110’ Origine Giappone, 2018 Lingua giapponese Genere Minimalista sperimentale Diritti internazionali Futsu wa hashiridasu ARTicle Films, emi@articlefilms.com L ife Finds A Way è un autoritratto dell’autore. Nella nar- che riesce ad amalgamarsi in maniera strana ma efficace razione abbiamo Watanabe in persona che interpreta all’estetica generale del film. Love finds a way è difficile da se stesso nella parte di un regista che sta cercando di recensire, in quanto è un collage di diverse idee più che scrivere una sceneggiatura, ma sembra essere bloccato sul- una pellicola narrativamente coesa. Però una cosa è certa: le idee. Il film continua su due versanti: uno incentrato sulla Hirobumi Watanabe ha un gran senso dell’umorismo e il sua vita di cineasta e l’altro come una persona reale. Come film è pieno di questa comicità, a metà strada tra ironia cineasta lo si osserva incontrare un produttore, essere rim- e auto-sarcasmo. Non si può non ridere in scene come proverato sul suo comportamento nei festival, pregare in un quella dove lui grida al dentista senza motivo, quando par- tempio per avere ispirazione. Il vero fulcro del film, però, è se la dei critici o quando la voce della segreteria telefonica stesso senza idee, nella vita normale. Lo guardiamo mentre gli dice che il suo scopo al festival del cinema di Karlovy parla al telefono, giocare ai videogiochi in una stanza piena Vary non sarebbe stato quello di ubriacarsi tutte le sere. di libri e dvd alla presenza di sua nonna, le sue interazioni in L’ironia deriva dal modo, quasi “blasfemo”, di deridere una biblioteca e con il suo commesso, pescando sul ciglio situazioni di senso comune, come mangiare tre pasti al della strada con una bambina e molto altro. giorno o stare in silenzio in biblioteca; il bersaglio princi- pale però è l’industria cinematografica, presentata attra- Hirobumi Watanabe è un regista insolito, come dimostra- verso le sue interazioni col produttore, i suoi monologhi in to in modo abbastanza eloquente nei suoi film precedenti, macchina e dal pubblico nella sequenza delle interviste. “Poolsideman” e “Party Round the Globe”, due produzioni Anche qui, è impossibile non ridere quando una ragazza molto interessanti, ma anche molto strane. E in questo Life dice che il suo attore e regista preferito è lo stesso Wa- finds a way è andato anche oltre, riuscendo a girare un film tanabe, solo per poi rivelare che gli era stato detto di ri- sul fatto di non avere idea di come fare il suo prossimo spondere così. I registi, in primis Watanabe, non sfuggo- film. Ovviamente anche qui è presente in più punti la se- no quindi a questo sbeffeggiamento, il che rende il tutto 17 quenza che è diventata il suo marchio di fabbrica, lui che un coraggioso autoritratto di Watanabe stesso, che si parla di continuo in macchina con un’altra persona che dipinge come un personaggio infantile ma consapevole non risponde, mentre verso la fine la narrazione è spezzata di quello che dice. Life finds a way non è un film facile dai vari personaggi che rispondono alle sue domande sul da vedere, girato in bianco e nero, senza una trama line- cinema. Il film però in questo caso si svolge anche come are e con una durata di quasi 2 ore. Focalizzandosi però una sorta di opera in diversi atti, i cui intervalli sono ca- sull’ironia intelligente, il grande senso dell’umorismo e ratterizzati da canzoni dei Triple Fire, con uno stile a metà l’autosarcasmo ci si può davvero divertire guardandolo. tra il folk e il post punk, simile a quello di Michiro Endo, Panos Kotzathanasis, Asianmoviepulse.com Hirobumi Watanabe è un regista giapponese dalle produzioni imprevedibili. Pool Side Man è stato il suo primo lungometraggio, cui è seguito Party ‘Round the Globe e Life Finds a Way è il suo quinto film.
Miss Baek Regia e Sceneggiatura Lee Ji-won Fotografia Kang Gook-hyun Montaggio Han Young-kyu, Heo Sun-mi Musica Mowg Interpreti Han Ji-min, Kim Si-a, Lee Hee-joon, Kwon So-hyun, Baek Soo-jang, Jing Young-nam, Kim Sun-young, Lee Joo-young, Lee Jung-un, Jeo Seok-ho, Jo Min-joon, Yoon Song-a Durata 98’ Origine Corea del Sud, 2018 Lingua coreano Genere Drammatico sociale Diritti internazionali M-Line Distribution, sales@mline-distribution.com B aek Sang-ah è giovane ma forte e proprio per que- anche per mostrare la dannazione di Joo. Il film pertanto sto si è guadagnata il titolo di Miss Baek, come tutti si configura come un enorme alternanza fra Yin e Yang in la chiamano. Abusata dalla madre fin da bambina, chiave tutta femminile. Quest’ultimo aspetto è molto im- Miss Baek ha dovuto imparare a non fidarsi degli altri e portante perché Lee Ji-Won ci sottolinea come, in contesti a non lasciare che possano ferirla. Un giorno, però, Miss molto delicati, sono le donne, nel bene o nel male, ad es- Baek incontra una bambina, Ji-eun, vittima di violenza do- sere particolarmente attive. Le figure femminili, infatti, sono mestica da parte del padre e della sua ragazza. E’ chiaro più sfaccettate. Ognuna di essa ha una storia da raccon- che, incontrandola, Miss Baek riveda molto di sé stessa tare; non esiste bianco o nero ma un’enorme scala di grigi nella povera piccola ed è per questo motivo che abbas- in tutte loro, dalle protagoniste ai personaggi secondari. Le sa le difese ed inizia a raccontarsi e ad aprirsi, sperando figure maschili, al contrario, sono più piatte e volutamente di poterla aiutare. Ma Miss Baek è pur sempre una sco- lasciate sullo sfondo. Il loro contributo porta a dei piccoli nosciuta agli occhi di Ji-eun e guadagnarsi la sua fiducia cambiamenti positivi o negativi ma che, ai fini della storia, non è facile, tuttavia riusciranno a unire le forze per con- lasciano spazio alla preponderanza delle donne. Lo spetta- trastare i problemi. tore farà fatica ad esprimere un giudizio netto nei confronti di una delle protagoniste; sono, infatti, non personaggi fit- Un film drammatico che esplora, partendo da un’imposta- tizi, bensì quanto di più reale ci possa essere. Sarà molto zione di genere poliziesco, il mondo dell’abuso su minori più facile per lui darlo su uno degli uomini; loro sono figure in ambito familiare. Il motore scatenante è il ritrovamento volutamente stereotipate, da film. Altro elemento da sotto- del cadavere in stato di decomposizione avanzato di Jang lineare è il ruolo della giustizia, rappresentata dalla polizia, Young-Nam - la madre della pseudo fidanzata del detecti- in cui si evidenzia come un organismo notoriamente asso- ve Jang-Sub (Lee Hee-Joon) - Baek Sang-A (Han Ji-Min) ciato ad un messaggio positivo possa avere risvolti negativi 18 conosciuta da tutti come “Miss Baek”. Ed è su di lei che non per corruzione o altri atteggiamenti di alcuni membri il film si costruisce. Ci viene presentata come una donna che ne violano o travalicano le regole, bensì strozzato ed all’apparenza fredda, senza scrupoli, incapace di provare inibito dalla rigida applicazione di queste ultime. Questo qualsivoglia sentimento positivo, alternato a momenti di conferma di nuovo che bene e male sono interdipenden- rabbia incontrollata. La verità dietro questo atteggiamento ti. Il finale è altamente realistico: le donne otterranno ciò a verrà piano piano sapientemente svelato nel corso del film cui il loro percorso le ha portate ma senza snaturare il loro nei quali l’oscurità troverà la sua giustificazione. A contrap- carattere, senza cadere in sdolcinature o in storture per porre “Miss Baek”, troviamo Joo Mi-Kyung (Kwon So-Hyun), creare una classica conclusione. Concludendo: un film da una donna all’apparenza di modi gentili ed educati, ma nel vedere per riflettere sull’animo umano, capire che in ogni privato mostra il suo lato bestiale. Il punto di collegamento persona convivono l’umanità e la mostruosità. Non sem- fra queste due figure è la piccola Kim Ji-Eun (Kim Shi-A) pre il discernimento è scontato come appare nella società. che diverrà sia una figura utile alla riabilitazione di Baek ma Dario Sturloni Lee Ji-won è nata nel 1981 in Corea del Sud. Miss Baek è il suo primo film da regista e ha scritto la sceneggiatura di The Show Must Go On. Il film ha vinto il premio per il miglior nuovo regista al Festi- val delle arti di Baeksang, a Seoul.
Namdev Bhau, Regia e Sceneggiatura Dar Gai Fotografia Aditya Varma Montaggio Shounok Ghosh Musica Andrea in Search of Silence Guerra Interpreti Namdev Gurav, Aarya Dave, Zoya Hussain, Geetanjali Naik, Manikant Momaya Durata 84’ Origine India, 2018 Lingua Hindi, Marathi Genere Commedia agrodolce Diritti internazionali Jugaad Motion Pictures, dheer@jugaadmotionpictures.com M umbai. Namdev è uno chaffeur ormai prossimo e sentieri naturali. Il protagonista ha incontri brevi e poco alla pensione. La confusione della città unito il graditi con le persone che incontra sulla sua strada e ogni continuo vociare della sua famiglia, portano l’uo- volta che pensa di aver finalmente trovato il paradiso ri- mo all’esasperazione. Per queste ragioni Namdev smette mane disilluso: anche quando dorme da solo su una col- di parlare, fa la valigia e decide di recarsi nel mitico rifugio lina sotto le stelle i grilli lo infastidiscono. In una solitaria di montagna di Silent Valley, dove, secondo quanto si dice, fermata dell’autobus Namdev incontra Aaliq, un ragazzo potrebbe finalmente la sua oasi di tranquillità e, soprat- che viaggia da solo, s’interessa a lui. All’inizio sembra solo tutto, l’agognato silenzio. Giunto sull’Himalaya si accor- un altro dei disturbi da cui fuggire ma, nonostante i chiari gerà, suo malgrado, che in realtà nemmeno lì è così facile segnali del vecchio uomo che non desidera la compagnia, trovare la pace. In particolare incontrerà un ragazzino di il ragazzo inizia a seguirlo perversamente attraverso i pa- dodici anni in viaggio da solo che lo comincerà a seguire esaggi mozzafiato e il deserto, parlando ripetutamente e per farsi portare al misterioso “Castello rosso”. Inizia così provocandolo a rispondere. La tortura di Aaliq su Nemdev una strana amicizia tra queste due anime viaggiatrici. fa parte di un gioco elaborato, una sorta di test per la mi- santropia radicata del vecchio taciturno. Il non-scambio tra Si può sentire la disperazione dell’eroe longanime mentre si i due attori ripresi in luce naturale e in inquadrature fisse, si sottomette alle chiacchiere senza sosta di sua moglie nelle avvicina a una grottesca e divertente routine alla Chaplin o prime scene dolorosamente esilaranti di Namdev Bhau: In Jaques Tati. La sceneggiatura di Dar Gai si mantiene abil- Search of Silence. È il dialogo che spezza l’anima picchian- mente al livello superficiale dell’assurdo, fino alla scena ri- do come un martello, più di qualsiasi altro mix di suoni, che velatoria finale che impone una svolta imprevedibile a tutta motiva il ritiro di Namdev dal mondo e il suo viaggio su una la storia. Il finale viene fuori dal nulla, così commovente e montagna per ottenere un po’ di pace e tranquillità. Questo giusto da giustificare il rallentamento della parte centrale chauffeur di sessantacinque anni (interpretato dall’attore del film. Scritto e diretto da Dar Gai, giovane regista di Kiev, 19 non-professionista Namdev Gurav) è un uomo di poche il film è strutturato in maniera più convenzionale rispet- parole (solo a metà film pronuncia “pollo”, la sua prima to al film d’esordio, Three and a Half, girato in tre lunghi parola) che, sconcertato e stanco della cacofonia che lo piani sequenza di quarantatré minuti ciascuno. Namdev circonda, s’imbarca in un viaggio alla ricerca di un luogo Bhau mostra il bouquet delle emozioni umane, spolverato silenzioso. Armato solo di un piccolo trolley e di un articolo con un pizzico di misticismo indiano e buon umore e ha il di giornale su “I cinque luoghi più silenziosi del mondo”, si peculiare vantaggio di essere visto dalla curiosa prospet- dirige verso Silent Valley, Himalaya. Il ritmo rallenta nella tiva di uno straniero sulle abitudini e le tradizioni indiane. parte centrale del film, mentre segue il progresso di Nam- Colonna sonora del compositore italiano Andrea Guerra. dev attraverso foreste incontaminate, catene montuose Hollywood Reporter Dar Gai, il cui vero nome è Daria Gaikalova, è una regista ucraina. Dopo essersi laureata in Filosofia, ha fatto altri studi in film e teatro a Kiev. In seguito si è traferita in India prima ad insegnare teatro, poi diviene docente di sceneggiatura e critica cinematografica alla “Whistling Woods International”, la principale scuola privata indiana di film. Appassionatasi delle idiosincrasie indiane, ha deciso di filmarle da un punto di vista obiettivo. Frutto di questo lavoro sono il film del 2018 Teen Aur Aadha che le ha fatto vincere dodici premi in vari festival internazionali e, l’ultima fatica dello stesso anno, Namdev Bhau.
Puoi anche leggere