EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio

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EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
estAsia Film Festival   Reggio Emilia - 3 • 17 Giugno 2019

                                            Catalogo Film
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
estAsia Film Festival
  Festival del Cinema d’Oriente

Reggio Emilia - 3 • 17 Giugno 2019
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
Con la collaborazione di:
UFFICIO CINEMA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
estAsia torna per la quarta edizione

Q
         uando abbiamo iniziato la nostra av-          studenti del Liceo Ariosto Spallanzani.
         ventura di estAsia, con l’edizione zero         Proprio giurie e premi anticipano tre, nuove,
         del 2015, non avremmo mai pensato di          importanti partnership di estAsia: l’Istituto
arrivare fin qui: la sfida di costruire un festival    Confucio dell’Università di Bologna, l’associa-
da zero sembrava ardua ma, al quarto anno,             zione EquiLibri d’Oriente di Torino e il Liceo
possiamo dire di essere contenti di avere messo        Ariosto Spallanzani di Reggio Emilia.
in piedi una macchina organizzativa che poco             Per quanto riguarda il programma, anche
ha da invidiare agli altri festival di realtà simili   quest’anno come nel 2018 Cina e Giappone
alla nostra.                                           saranno le nazioni maggiormente rappresen-
  Anche quest’anno quindi torna estAsia, ini-          tate: la nostra scelta è sempre frutto di un
ziativa a cura di Cineclub Peyote, Fondazione          lungo lavoro di selezione, nel quale guardiamo
Palazzo Magnani e Comune di Reggio Emilia,             centinaia di film asiatici per proporvi i prodotti
proponendosi ancora una volta di offrire un            migliori e la Cina è il paese che più degli altri,
momento di riflessione sulla cinematografia            negli ultimi anni, è riuscito a produrre film d’au-
asiatica, che coinvolga e stimoli il dialogo anche     tore di alta qualità e di grande varietà tematica
con le comunità straniere presenti nel tessuto         mentre il Giappone si conferma come paese di
provinciale e regionale.                               produzione di film innovativi. Proprio grazie al
  Il Kaiju d’oro, premio realizzato dall’artista       suo essersi consolidato come Festival anche
Hu-Be, quest’anno sarà assegnato da una                agli occhi delle grandi distribuzioni orientali,
giuria composta da Xu Ying (professoressa di           estAsia proporrà inoltre i nuovi film di tre registi
comunicazione presso la Renmin University di           tra i più interessanti e famosi del nuovo cinema
Pechino e direttrice cinese dell’Istituto Confucio     asiatico: Shinya Tsukamoto, Lee Changdong e
dell’Università di Bologna), Marco Incerti             Brillante Mendoza.
Zambelli (critico cinematografico) e Idriss              Speriamo che anche stavolta, così come in
Maknoun (membro del direttivo dell’associazio-         passato, questa commistione unica di film d’au-
ne EquiLibri d’Oriente). Ci saranno poi il Premio      tore e popolari, tutti rigorosamente non ancora
del pubblico e, per il primo anno, un Premio           distribuiti al cinema in Italia, possa incontrare il
giovani assegnato da una giuria composta da            vostro gradimento.

                                                       Buona visione!

                                                       Graziano Montanini

                                                                                Reggio Emilia, Giugno 2019
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
>> Programma estAsia 2019

Lunedì 3 giugno - Cinema Rosebud                      Mercoledì 12 giugno - Cinema Rosebud
> Anteprima estAsia                                   > Alle pendici dell’Himalaya

 Ore 21,00 - Burning                                  Ore 20.30 - Namdev Bhau, In Search of Silence
 Regia: Lee Chang-dong                                Regia: Dar Gai
 (Corea del Sud, 2018, 148’)                          (India, 2018, 84’)
___________________________________________________   ANTEPRIMA ITALIANA
In collaborazione con Punto Einaudi Reggio            La proiezione sarà introdotta da una
Emilia                                                presentazione di Lauro James Garimberti

                                                       Ore 22.15 - Jinpa
Giovedì 6 giugno - Arena Stalloni                      Regia: Pema Tseden
> Fotografia Europea - LEGAMI                          (Cina, 2018, 87’)
                                                      ___________________________________________________
Ore 21.45 - Un affare di Famiglia                     In collaborazione con CAI - Reggio Emilia
Regia: Hirokazu Kore’eda                              e Liceo Ariosto Spallanzani
(Giappone, 2018, 121’)
Il film sarà proiettato in lingua italiana
                                                      Giovedì 13 giugno - Cinema Rosebud
                                                      > Maternità e diritti
Lunedì 10 giugno - Cinema Rosebud
> Nuovo cinema filippino                              Ore 20.30 - Ayka
                                                      Regia: Sergei Dvortsevoy
Ore 20.30 - Alpha, the right to kill                  (Russia/Germania/Polonia/Kazakhstan/Cina,
Regia: Brillante Mendoza                              2018, 109’)
(Filippine, 2018, 94’)                                ANTEPRIMA ITALIANA
La proiezione sarà preceduta                          La proiezione sarà preceduta
da un cortometraggio in collaborazione                da un cortometraggio in collaborazione
con Reggio Film Festival                              con Reggio Film Festival
Ore 22.15 - Balangiga                                 Ore 22.30 - Wasted Eggs
Regia: Khavn De La Cruz                               Regia: Ryo Kawasaki
(Filippine, 2018, 115’)                               (Giappone, 2018, 70’)
                                                      ANTEPRIMA ITALIANA

Martedì 11 giugno - Arena Stalloni                    ___________________________________________________
> Fotografia Europea - Giappone                       In collaborazione con ArciGay Gioconda Reggio
                                                      Emilia
Ore 21.45 - Zan (Killing)
Regia: Shinya Tsukamoto
(Giappone, 2018, 80’)
In caso di pioggia la proiezione si terrà
al Cinema Rosebud
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
Venerdì 14 giugno - Cinema Rosebud                    Domenica 16 giugno - Cinema Rosebud
> La fine dell’infanzia                               > Cina
Ore 20.30 - A First Farewell                          Ore 16.00 - An Elephant Sitting Still
Regia: Ji-won Lee                                     Regia: Hu Bo
(Corea del sud, 2018, 98’)                            (Cina, 2018, 230’)

 Ore 22.15 - Miss Baek                                Ore 20.30 - Red Flowers and Green Leaves
 Regia: Ji-won Lee                                    Regia: Liu Miaomiao
 (Corea del sud, 2018, 98’)                           (Cina, 2018, 96’)
___________________________________________________   ANTEPRIMA ITALIANA
In collaborazione con EquiLibri d’Oriente             La proiezione sarà introdotta da
e Liceo Ariosto Spallanzani                           una presentazione di Omar Dogliani
                                                      dell’associazione EquiLibri d’Oriente

Sabato 15 giugno - Cinema Rosebud                      Ore 22.15 - Three Adventures of Brooke
> Orrori nella Storia                                  Regia: Yuan Ching
                                                       (Cina/Malesia, 2018, 100’)
Ore 20.30 - Funan                                     ___________________________________________________
Regia: Denis Do                                       In collaborazione con EquiLibri d’Oriente,
(Francia/Lussemburgo/Belgio/Cambogia,                 Istituto Confucio e Liceo Ariosto Spallanzani
2018, 87’)

 Ore 22.15 - Tumbbad                                  Lunedì 17 giugno - Cinema Rosebud
 Regia: Rahi Anil Barve                               > Fotografia europea - Giappone
 (India/Svezia, 2018, 104’)
 La proiezione sarà introdotta da una                 Ore 20.30: Cerimonia di premiazione
 presentazione di Andrea Gibertoni                    dei film vincitori
 (ex Miskatonic University)
                                                      a seguire: Amiko
___________________________________________________   Regia: Yoko Yamanaka
In collaborazione con Scuola Internazionale           (Giappone, 2017, 66’)
di Comics di Reggio Emilia e Liceo Ariosto            ANTEPRIMA ITALIANA
Spallanzani
                                                      Ore 22.15: Life finds a way
                                                      Regia: Hirobumi Watanabe
                                                      (Giappone, 2018, 110’)
                                                      ANTEPRIMA ITALIANA
                                                      ___________________________________________________
                                                      In collaborazione con Liceo Ariosto Spallanzani
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
A First Farewell                                                                            Regia e Sceneggiatura Lina Wang
                                                                                                          Fotografia Yong Li Montaggio Matthieu
                                                                                                          Laclau Musica Wenzi Interpreti Isa
                                                                                                          Yasan, Kalbinur Rahmati, Alinaz
                                                                                                          Rahmati, Musa Yasan, Yasan Kamisu,
                                                                                                          Ugulem Sugur,Tajigul Heilmeier,
                                                                                                          Rahmati Kuramu, Kuramu Kasimu
                                                                                                          Durata 87’ Origine Cina, 2018
                                                                                                          Lingua uiguro, mandarino Genere
                                                                                                          Poetico neorealista

              Di yi ci de li bie
                                                                                                          Distribuzione Mariposa
                                                                                                          cinematografica,
                                                                                                          info@mariposacinematografica.it

             I
                 n un villaggio contadino cinese della regione autono-            del distacco forzato dalle proprie radici prendono luogo nel-
                 ma dello Xinjiang vive Isa, un ragazzo uiguro, che ama           la scuola, che diventa un ambiente problematico per i bam-
                 passare le giornate con la sua amica Kalbinur. Assieme           bini, poiché si vedono strappati ai giochi ed ai passatempi in
              passeggiano ed allevano una capretta consumando così                mezzo alla natura, a cui erano abituati, per imparare invece
              momenti di svago spensierati. Però lo stato di salute di            una lingua a loro estranea. I bambini, tutto d’un un tratto,
              sua madre inizia ad aggravarsi ed il padre di Isa comincia          vengono inoltre coinvolti in una serie di responsabilità da
              a valutare se mettere la moglie in una clinica specializzata.       adulti che li costringeranno a velocizzare il loro rito di pas-
              Gli impegni scolastici si fanno pressanti, alcuni compagni          saggio dall’infanzia all’adolescenza. Il protagonista Isa, ad
              di classe lasciano il villaggio e partono per la città e per i      esempio, si ritrova a dover badare alla madre molto malata,
              bambini tutto pare destinato a cambiare irrimediabilmente.          mentre la sua amica Kalbinur deve insegnare al suo fratel-
                                                                                  lino i pochi rudimenti conosciuti di mandarino, sotto l’esor-
              Quando la propria cultura appare come retrograda nel pro-           tazione dei genitori, che vedono l’apprendimento di quella
              prio contesto che cosa accade? Pare essere questo l’inter-          lingua come l’unica via per i figli di costruirsi un futuro. La
              rogativo di fondo che emerge da quest’opera prima della             serenità e la spensieratezza che caratterizzavano le danze
              regista Lina Wang, la quale ha voluto con questo film omag-         celebrative del giorno dell’Id al-adha lasciano il posto alle
              giare la sua regione natale, lo Xinjiang, raccogliendo apprez-      lacrime ed alla frustrazione per i cattivi voti e per le difficoltà
              zamenti al Tokyo International Film Festival ed al Festival         scolastiche. A questi aspetti si affianca il tema dell’abban-
              di Berlino. La pellicola rassomiglia al genere del docufilm in      dono che risulta ricorrente in tutto il film: dalla ricerca di Isa
              alcuni tratti come, ad esempio, il fatto che gli attori interpre-   tra le dune del deserto della sua capretta smarrita, alla per-
              tino sé stessi, scelta che sottolinea l’intento di riportare un     dita della propria memoria sui banchi scolastici per mezzo
              fedele spaccato di vita reale di ciò che accade nei territori       dello studio dei versi di un poeta nazionale che invita all’o-
08            dei dintorni di Urumqi. Infatti, le vicende sono ambientate         blio, fino ad arrivare a chi lascia il villaggio per cercare un’oc-
              in un villaggio della Cina nord-occidentale dove sono alcuni        cupazione in città. Le tradizioni non possono che scontrarsi
              bambini appartenenti alla comunità uigura ad essere i pro-          con le necessità del progresso e delle sue declinazioni. “A
              tagonisti. Il loro punto di vista infantile ci guida all’interno    first farewell” risulta essere un film apprezzabile e caratte-
              di questo contesto rurale: seguendo le loro peripezie quoti-        rizzato da musiche delicate che pare non esplicitare mai i
              diane, ci si addentra nella contemporanea routine di questa         messaggi che veicola ma che porta con sé un malinconico
              comunità, dedita alla raccolta del cotone, che vive in bilico       gemito della regista, annunciatore di un profondo primo ad-
              tra difficoltà sociali-economiche e la rieducazione culturale       dio della sua gente.
              a cui viene sottoposta. I temi dell’assimilazione culturale e       Omar Dogliani, EquiLibri d’Oriente

 Lina Wang nasce nella regione autonoma
 Uigura dello Xinjiang nel 1987. Si laurea
 con un master in Comunicazione all’Uni-
 versity of China di Pechino. Di Yi Ci De Li
 Bie (A First Farewell) è il suo film di debutto
 con cui ha vinto il Best Asian Future Film
 Award al Tokyo International Film Festival
 ed il premio speciale della giuria-Kplus
 al Festival internazionale del cinema di
 Berlino.
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
Alpha, the right                                                                            Regia Brillante Ma Mendoza
                                                                                            Sceneggiatura Troy Espiritu Fotografia
                                                                                            Joshua A. Reyles Montaggio Diego

to kill
                                                                                            Marx Dobles Musica Diwa de Leon
                                                                                            Interpreti Allen Dizon, Elijah Filamor,
                                                                                            Baron Geisler Durata 94’ Origine
                                                                                            Filippine, 2018 Lingua ilippino, inglese
                                                                                            Genere Poliziesco criminale Diritti
                                                                                            internazionali Memento films, festival@
                                                                                            memento-films.com

A
        lpha, The Right to Kill di Brillante Mendoza, ambien-       sere, ed a un maggiore successo ed ambizione corrisponde
        tato a Manila, si svolge sullo sfondo del giro di vite      sistematicamente la presenza di una personalità sdoppiata.
        del governo filippino contro le droghe illegali. La         Mentre sono medesime l’avidità e la ferocia, una volta chiusi
polizia avvia un’operazione per arrestare Abel, uno dei più         i personaggi in un meccanismo di tradimenti reciprochi che
grandi signori della droga. Uno dei poliziotti, Espino, ed Eli-     azzerano la speranza, una struttura che coinvolge il seme
jah, uno spacciatore di piccola taglia diventato informato-         stesso di un futuro che cresce ripetendo gli stessi passi
re, forniscono l’intelligence per l’operazione, che si risolve      ipocriti del passato. Ma prima di passare al nichilismo della
in un violento scontro a fuoco nelle baraccopoli tra la SWAT        seconda parte del film, la parte action nei vicoli strettissimi
e la banda di Abel. Prima che gli investigatori arrivino sul-       della città, colorata beffardamente dalle luci del Natale che
la scena del crimine, Espino ed Elijah si allontanano con           invadono ogni inquadratura, esclusivamente composta da
lo zaino di Abel pieno di soldi e metamfetamina. Questo             riprese effettuate con la camera a mano, e sostenuta dal
gesto, di sopravvivenza per uno e di corruzione per l’altro         suono incalzante delle percussioni, restituisce il fremito
faranno presto partire una serie pericolosa di eventi, dove         nervoso che attraversa le strade, il disagio, la quieta norma-
rischiano la reputazione, la famiglia e la loro stessa vita.        lità dei simboli di riconoscimento tatuati sulle braccia, prima
                                                                    di scoprire nella minaccia estetica l’altro lato della paura, la
Mendoza tratteggia il ritratto dei due protagonisti attraver-       rappresentazione di un modo diverso di raccontare l’esigen-
so l’indagine successiva ai fatti senza compiere sostanziali        za, che si materializza per mezzo di giganteschi mucchi di
salti temporali dentro un arco di pochi giorni, evitando una        rifiuti. Nei soprusi subiti da una società a forte impronta ma-
semplice progressione drammatica, puntando piuttosto                schilista, come è lecito aspettarsi da un mondo che distri-
sull’aspetto ineluttabile, spinto in un punto di non ritorno        buisce carriere in base a meschinità e forza fisica, le donne
come risultato di un processo inevitabile, nei luridi ambienti      sono ridotte ad accompagnamento, materiale riproduttivo
metropolitani, pieni di mercati sovraffollati, quartieri dove la    di base e allevamento primario. O impegnate a piangere sui          09
povertà è dilagante e le catene del destino sono talmente           corpi stesi esanimi di un marito, un compagno, un fratello ri-
robuste da restare invisibili. Il posto nel quale Elijah affronta   masto ucciso dopo una retata di valore teatrale compiute per
una vita di sotterfugi per assicurare alla famiglia la soprav-      avallare tesi di giustizia sommaria, confezionate a coman-
vivenza è l’inferno da tollerare per garantire i privilegi di una   do, una giustizia mostrata prima all’inizio e poi alla fine della
corruzione che arriva ai vertici di un dispositivo repressivo       storia nelle identiche immacolate uniformi della polizia, pie-
fagocitato dalla propria ombra. Con il crescere della scala         ne di ridicolo esibizionismo, e ridotta a fenomeno da parata.
sociale il regista dilata un scostamento tra l’apparire e l’es-     Antonio D’Onofrio, Sentieriselvaggi.it

 Brillante Mendoza (San Fernando, 30 luglio
 1960) è un regista filippino di film indipen-
 denti. Inizialmente impegnato nel campo
 della pubblicità, nella cui materia si è lau-
 reato all’Università di Santo Tomas, decide
 di entrare nel mondo del cinema nel 2005.
 Nel 2009 vince il premio di miglior regista
 a Cannes grazie al film Kinatay. Alpha: The
 Right to Kill è il suo ultimo lungometraggio.
EstAsia Film Festival - Catalogo Film - Istituto Confucio
Amiko                                                                                 Regia e Sceneggiatura Yoko Yamanaka
                                                                                                   Fotografia Asuka Kato Montaggio
                                                                                                   Yoko Yamanaka Musica Shotaro
                                                                                                   Ohori Interpreti Sunohara Aira, Oshita
                                                                                                   Hiroto, Mineo Maiko, Hasegawa Ayu,
                                                                                                   Hirowatari Maiyu, Takashi Hisato, Abe
                                                                                                   Yukino, Kaneko Ginji Durata 66’ Origine
                                                                                                   Giappone, 2017 Lingua giapponese
                                                                                                   Genere Nouvelle vague giapponese
                                                                                                   Diritti internazionali Pia Film Festival,
                                                                                                   international@pff.jp

             A
                    miko, sedicenne antiborghese e anticonformista           tezza stili cinematografici diversi in piena assonanza con
                    di Nagano, è fissata - fino a raggiungere livelli os-    l’ondivaga ricerca d’identità della protagonista. La forma
                    sessivi - con Aomi, giocatore della squadra di calcio    in questo modo diventa il racconto stesso dell’universo
             scolastica e considerato il più carino della scuola. Dopo       emozionale in continua trasformazione dell’adolescente.
             una conversazione riservata tra i due, tornando verso casa      I pensieri di Amiko seguono traiettorie non lineari, acca-
             insieme in una fredda giornata d’inverno, la ragazza non è      rezzando più il pensiero divergente che la pura razionalità,
             più la stessa. Ogni momento della sua vita, ogni gesto ed       segno distintivo di una mente ribelle in cerca di una perso-
             ogni pensiero è rivolto solo ed esclusivamente a lui, la sua    nale collocazione nel mondo, un esercizio in divenire che
             “anima gemella” (mentale). Tempo dopo, inaspettatamente,        trova nella struttura del film, tra voce fuori campo, improv-
             Aomi fugge di casa con Miyako, la ragazza che Amiko con-        visi zoom e flashback sgranati, il proprio senso esclusivo.
             sidera la propria nemesi. Questo farà iniziare alla sedicenne   Il basso budget del film non intimorisce per nulla la regista
             una caccia ai due fuggitivi che la porterà a Tokyo.             che sodale al personaggio che mette in scena, non lesi-
                                                                             na fantasia e una certa vivacità autoriale che sorprende
             Un esordio bruciante quello della ventenne talentuosa           e al tempo stesso conferma quell’audacia impertinente
             Yoko Yamanaka. Amiko è un film vivace di sessantasei            propria della giovinezza che permea tutta l’operazione.
             minuti girato con il brio sbilenco dei vlog amatoriali, cor-    Giovane ma non sprovveduta, conoscitrice del cinema,
             roborato da pennellate surreali sul romanzo di formazione       Yoko Yamanaka trasforma il classico Seishun eiga (let-
             personale e sulle pene d’amore di una studentessa se-           teralmente film di gioventù) mischiandolo al Ren’ai mono
             dicenne. “Dov’è la felicità se moriremo, nonostante tut-        (i film sentimentali), generi entrambi molto popolari in
             to?” questa la domanda che Amiko si pone mentre il suo          Giappone, in una sorta di video-diario della formazione
             sguardo incorniciato in un caschetto di capelli già di per sé   mantenendo gli stilemi classici dei generi di riferimento
10           alieno, affonda senza risposta nella banalità della vita di     – alienazione, romanticismo dai tratti feticisti, difficoltà
             provincia. Acerba, curiosa e a suo modo ribelle, la piccola     d’inserimento sociale - ma plasmando il tutto con la leg-
             adolescente suburbana è il corpo inquieto e genuino sul         gerezza della commedia. Amiko, già corteggiato da festi-
             quale la regista, anche autrice della sceneggiatura, indaga     val d’importanza internazionale come l’Hong Kong Film
             le sfaccettature contradditorie e inarticolate della gioventù   Festival o il Pia Film Festival in Giappone – dove ha vinto
             moderna, paradigma dell’universale condizione esisten-          il premio del pubblico - è un’opera urgente, un condensato
             ziale dei ragazzi della sua età. L’acuto ritratto dei dolori    di freschezza e energia che non può lasciare indifferenti.
             della crescita è messo in scena mescolando con sfronta-         Davide Tomì

 Yoko Yamanaka è una regista giapponese
 nata a Nagano nel 1997. Si innamora del
 cinema al primo anno di scuola superiore
 e decide di continuare i suoi studi al di-
 partimento di cinematografia della Nippon
 University, che lascia dopo 6 mesi. Amiko,
 il suo primo film, ha vinto il premio del pub-
 blico al PIA Film Festival ed è stato presen-
 tato al Festival di Berlino nella sezione Fo-
 rum dalla stessa regista, la più giovane ad
 aver mai partecipato con un film in quella
 sezione.
An Elephant                                                                                    Regia e Sceneggiatura Hu Bo
                                                                                                      Fotografia Ren Yiming Montaggio
                                                                                                      Hu Bo Musica Hua Lun Interpreti

       Sitting Still
                                                                                                      Zhang Yu, Peng Yuchang, Wang
                                                                                                      Yuwen, Liu Congxi Durata 230’ Origine
                                                                                                      Cina, 2018 Lingua mandarino Genere
                                                                                                      Post-neorealista Diritti internazionali
                                                                                                      Rediance, info@rediancefilms.com

       Da Xiang Xi Di Er Zuo

      I
         n una giornata qualsiasi nella periferia di una città del-         nella pellicola, vorrebbero essere come l’elefante, puri e im-
         la Cina settentrionale, le vite di quattro personaggi sono         passibili, ma invece affogano nella loro stessa rabbia, infinita,
         destinate a incontrarsi. Hoodlum Yang Cheng, che ha                contro tutti: la famiglia, i figli, i genitori, gli amici, la scuola e,
       tradito il suo migliore amico andando a letto con la moglie,         soprattutto, se stessi. Una rabbia atroce, nichilista, cieca. Tutti
       viene scoperto dall’uomo e assiste impotente al suo sui-             sembrano essere contro tutti nella società cinese contempo-
       cidio. Wei Bu, dopo aver reagito a un atto di bullismo, è in         ranea, qui rappresentata al collasso più totale. Il progresso,
       fuga dalla scuola inseguito dal fratello del suo aggressore.         le città che cambiano, le migrazioni dalle campagne verso le
       La sua compagna di classe Huang Ling ha una relazione                aree urbane hanno demolito non solo i palazzi, le abitazioni
       con un uomo sposato e una madre alcolista da cui vorrebbe            e le scuole, ma anche i legami familiari, le amicizie, gli affetti.
       scappare. E l’anziano Wang Jin decide di mettersi in strada,         Quella descritta dal regista Hu Bo, con magnifici piani sequen-
       cacciato di casa dal figlio che lo vorrebbe in un ospizio. A         za e camera principalmente a mano, seguendo i personaggi
       unire i loro destini, il desiderio di raggiungere una città della    da vicino e talvolta braccandoli alle spalle, è un’umanità pic-
       Manciuria in cui, secondo una diceria popolare, si trovereb-         cola e priva di speranza dominata da un senso generalizzato
       be un leggendario elefante che sopravvive senza nutrirsi né          di frustrazione e rassegnazione, nella quale i caratteri ricor-
       muoversi, dotato di un distacco quasi soprannaturale dalla           renti sono la solitudine e l’egoismo, tanto che anche i lega-
       realtà.                                                              mi interpersonali, che siano familiari, amicali o sentimentali,
                                                                            sono sempre aridi, spenti, in qualche modo “bloccati”. Proba-
       Una voce fuori campo racconta che a Manzhouli, nella Mon-            bilmente uno dei film più dolorosi e strazianti di sempre. Un’o-
       golia Interna, c’è un elefante che se ne resta immobile, seduto      pera monstre di 4 ore sofferte, rabbiose e rigorose, senza ne-
       in pace con il mondo e indifferente a qualsiasi cosa gli accada      anche un minuto di troppo, un eccesso o un compiacimento,
       intorno. È l’incipit di An Elephant Sitting Still, film che ha gi-   che sarebbe potuta essere lo splendido primo tassello di una
       rato moltissimi festival tra cui Berlino, Locarno, Roma e che        grande carriera. Rimane un atto unico, un esordio e al tempo              11
       ha raccolto consensi dalle testate giornalistiche più famose al      stesso un testamento di abbagliante bellezza destinato ad
       mondo come, ad esempio, il New York Times, oltre ad avere            essere ricordato negli anni: il regista, che plausibilmente lo
       avuto un forte eco anche al di fuori del solito giro di appassio-    stesso male di vivere dei suoi personaggi lo ha vissuto in pri-
       nati di cinema asiatico. Il sottotitolo del film potrebbe essere     ma persona, è morto suicida a 29 anni a Pechino, subito dopo
       un verso degli Smashing Pumpkins - “Despite all my rage I            la fine della lavorazione del film. Una perdita immensa. Erano
       am still just a rat in a cage” cantava Corgan - e i suoi quattro     molti anni che non si vedeva un’opera prima di questo spes-
       protagonisti dei losers di una canzone di Springsteen, con la        sore e una capacità di impostare una messa in scena così
       differenza che qui siamo nella provincia meccanica della Cina        bella e ricercata, supportata da musiche post-rock / elettroni-
       e non si vede molta luce in fondo al tunnel. I quattro, le cui       che, anch’esse splendide, curate dal gruppo cinese Hua Lun.
       vite vanno poi a incrociarsi nell’arco delle 24 ore raccontate       Federico Rubini

Hu Bo è stato un regista e scrittore cine-
se. Nato nel 1988 in Cina, si è laureato nel
2014 alla Beijing Film Academy nel campo
della regia. Il suo primo cortometraggio, Di-
stant Father (2014), ha vinto il premio come
Miglior regia al Golden Koala Chinese Film
Festival e sempre nel 2014 un altro corto-
metraggio, Night Runner, è stato seleziona-
to al Taipei Golden Horse Film Academy.. Il
suo film di esordio, An Elephant Sitting Still,
è stato scelto mentre era ancora in produ-
zione dal FIRST International Film Festival
Financing Forum e ha poi partecipato al
Festival di Berlino nella sezione Forum vin-
cendo il Premio FIPRESCI. Hu-Bo ha anche
scritto due romanzi, Huge Crack e Bullfrog.
Si è suicidato poco dopo aver terminato An
elephant sitting still.
Ayka                                                                                    Regia Sergey Dvortsevoy
                                                                                                     Sceneggiatura Sergey Dvortsevoy
                                                                                                     Gennady Ostrovsky Fotografia
                                                                                                     Jolanta Dylewska Montaggio Sergey
                                                                                                     Dvortsevoy Petar Markovic Interpreti
                                                                                                     Samal Yeslyamova, Zhipargul
                                                                                                     Abdilaeva, David Alaverdyan, Sergey
                                                                                                     Mazur, Slava Agashkin, Ashkat
                                                                                                     Kuchinchirekov Durata 109’ Origine
                                                                                                     Russia, Germania, Polonia, Kazakhstan,
                                                                                                     Cina, 2018 Lingua russo e kirghiso
                                                                                                     Genere Pedinamento dardenniano
                                                                                                     Diritti internazionali The Match
                                                                                                     Factory, info@matchfactory.de

             A
                    yka ha appena partorito, ma non ha i soldi per cre-       Rosetta dei fratelli Darden: in questo caso la protagonista
                    scere un bambino. Non ha un lavoro, ha dei debiti da      è Aika (Samal Yeslyamova, miglior attrice Cannes 2018),
                    pagare, non ha nemmeno una stanza in affitto. Ma          la cui smania di successo l’ha fatta arrivare fino a Mosca.
             non esiste modo che possa sopprimere i suoi istinti naturali     Infatti, lei parteciperà a un workshop, in stile americano,
             di sopravvivenza.                                                dove un altro immigrato “arrivato” spiega come ottenere la
                                                                              fama. Girato con telecamera a mano, in pieno stile dogma,
             La Russia è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti,     l’inquadratura mai fissa, come in Rossetta, segue la pro-
             per numero di stranieri presenti. Vi sono almeno 10 milioni      tagonista da vicino; i colori freddi estremizzano la durezza
             di stranieri, i cosiddetti “temporanei”, che in realtà sono di   di questo film che non vuole ottenere il nostro compiaci-
             lunga permanenza, ma a causa della burocrazia, preferi-          mento, ma ricerca la cruda e gelida realtà della disumaniz-
             scono avere visti per meno di nove mesi di durata, uscendo       zazione che vive la protagonista. Infatti, Ayka non mostra
             e rientrando dalla nazione alla bisogna. Inoltre è stimato       nessun segno di pentimento per l’abbandono del figlio, né
             che vi sia un 20% di clandestini in più sul totale degli immi-   alcun tipo di emozione. Forse per questo, il regista la pu-
             grati. Solo l’anno scorso sono entrati nel Paese 12 milioni di   nisce con un’emorragia, dovuta al parto non curato e un
             emigrati dalle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale.     rischio di mastite per il mancato allattamento del piccolo,
             A Mosca, oggi, sono loro a costruire i palazzi, le linee del-    risultato della maternità rifiutata. Nonostante ciò, la prota-
             la metropolitana, i centri commerciali e le strade. Questo il    gonista continua ostinatamente a ricercare lavoro, trovan-
             quadro. La notizia che origina il film risale al 2010, quando    dolo dove i moscoviti trattano molto meglio gli animali de-
             furono abbandonati 248 neonati da madri immigrate dal            gli esseri umani, come lei. Per il regista è questo il percorso,
             Kirghizistan. Considerando che la cultura kirghisa è basa-       destino della Russia che dal comunismo feroce di Stalin
             ta sulla famiglia, si capisce quanto siano disperate le loro     è passata alla corsa frenetica del liberalismo senza rego-
12           condizioni di vita. Alla produzione occorreranno sei anni        le, disgregando i rapporti con le ex repubbliche sovietiche?
             per completarlo. Il regista Sergei Dvortsevoy, kazako (già       Il risultato è un pugno nello stomaco fra povertà estrema,
             regista di “Tulpan - La Ragazza Che Non C’era”, 2008), nar-      appartamenti sporchi sovraffollati da abusivi, clandesti-
             ra la condizione femminile e il dolore dell’emigrazione, dei     nità, sfruttamento per lavori umilissimi e faticosi, fino alla
             moderni sans-papier, nel pieno dell’inverno russo, quando        degradazione della condizione umana e della maternità. Il
             una bufera di neve sta imperversando a Mosca: il simbo-          finale è tragico: la completa resa alla mera necessità, al di
             lo della freddezza con cui sono accolti gli immigrati delle      sopra ogni valore umano e affettivo.
             ex repubbliche sovietiche. Il film è ispirato chiaramente a      Matias Magnani

 Sergey Dvortsevoy è un regista kazako,
 nato nel 1962 a Chimkent, Kazakhstan. Nel
 1982 si diploma in aviazione a Krivoi Rog,
 in Ucraina, proseguendo gli studi a Novo-
 sibirsk, all’Istituto Elettrotecnico. Nel 1993
 frequenta e conclude gli studi presso una
 scuola di cinematografia. Ha lavorato pres-
 so la compagnia Aeroflot per 9 anni come
 ingegnere radio. Dopo diversi documenta-
 ri, Dvortsevoy realizza Tulipan, nel 2008, il
 suo primo lungometraggio. Il film, molto
 acclamato, arriva a Cannes, dove vince un
 premio.
Balangiga                                                                                     Regia e musica Khavn Soggetto
                                                                                              Achinette Villamor, Khavn
                                                                                              Sceneggiatura Jerry Gracio, Khavn
                                                                                              Fotografia Albert Banzon Montaggio
                                                                                              Carlo Francisco Manatad Interpreti
                                                                                              Justine Samson, Pio Del Rio, Warren
                                                                                              Tuano, Althea Vega, Daniel Palisa,
                                                                                              Jun Sabayton, Lourd De Veyra, Roxlee
                                                                                              Durata 115’ Origine Filippine, 2018
                                                                                              Lingua filippino Genere Storico onirico
                                                                                              Diritti internazionali Stray dogs, sales@
                                                                                              stray-dogs.com

K
        havn De La Cruz è un autore prolifico, mai però un             te ma indelebili, come quella che il poliedrico autore ha scelto
        suo film aveva ottenuti così tanti riconoscimenti.             di raccontare con Balangiga: Howling Wilderness. Lo ha fatto
        Balangiga: Howling Wilderness ha ricevuto infatti di-          con una rappresentazione originale, fedele al suo stile così
versi premi agli ultimi Famas Awards (che sono i più antichi           personale ma con dei cambiamenti rispetto ad altri prece-
del cinema filippino), ai Gawad Urian Awards (assegnati da             denti lavori. Una visione in qualche modo più sobria rispetto
una commissione di critici) e al Quezon City International             agli eccessi punk che lo hanno reso famoso. Lo richiedeva
Film Festival dove il lungometraggio ha avuto la sua prima             il racconto e un’ambientazione non urbana, prediletta nella
assoluta. Riconoscimenti assolutamente meritati per un                 sua produzione. Lo spazio assume particolare importanza e
film dal forte impatto visivo ed emozionale. La storia è am-           lo scenario naturale è restituito con sapiente utilizzo di cam-
bientata nel 1901, nell’isola di Samar occupata dagli Stati            pi lunghi e inquadrature dall’alto che scandiscono la narra-
Uniti. Quando una sommossa del popolo filippino intorno                zione. I dialoghi non sono molti, a parlare sono soprattutto
alla cittadina di Balangiga porta alla morte di diversi soldati        i gesti e il volto del giovanissimo protagonista Justine Sam-
americani, si scatena la rappresaglia dell’esercito a stelle           son. Davvero bravo, in un ruolo impegnativo, e ben diretto da
e strisce. Niente prigionieri è in pratica l’ordine del gene-          Khavn De La Cruz che accompagna il racconto del viaggio
rale Jacob H. Smith. Un vero massacro al quale cercano                 dei protagonisti con passaggi onirici, i sogni di Kulas come
di sfuggire il piccolo Kulas, otto anni, e suo nonno insieme           quello di un carabao volante, e immagini anche spiazzanti
a un carabao (un bufalo molto diffuso nel Sud-est asiati-              cariche di simbolismo. Dalla sagoma di un uccello costruito
co) e alle poche provviste che sono riusciti a prendere. Il            con vari oggetti che sembra un evidente richiamo all’aquila
bambino sogna di ricongiungersi alla madre che a detta del             dello stemma statunitense all’uccisione da parte di un sol-
nonno ha trovato rifugio in un paese lontano, così in mezzo            dato incontrato lungo il cammino del carabao (uno dei sim-
a uno scenario di distruzione e morte i due si mettono in              boli del Paese) al momento in cui Kulas entra nella carcassa
viaggio. Il tragitto, tra continui pericoli e la fame incomben-        sventrata dello stesso animale (e non si tratta di ripararsi dal                13
te, è segnato anche da un incontro particolare. Passando               freddo come Di Caprio in Revenant - Redivivo). Il grottesco e
tra i resti di un villaggio messo a fuoco e un mare di cada-           la violenza necessaria a sottolineare le atrocità commesse si
veri, sentono il pianto di un bambino di circa di due anni:            associano a un’elegia della purezza dei bambini, vittime in-
Kulas decide di prendersene cura e gli dà il nome di Bola.             nocenti. Significativo il modo in cui Kulas sceglie di prendersi
Quando il nonno si ammala e poco tempo dopo muore, Ku-                 cura del piccolo diavolo, così lo chiama il nonno quando lo
las e Bola si ritrovano a dover sopravvivere da soli in una            trovano tutto ricoperto di fango e fuliggine prima che venga
landa - come suggerisce il titolo - desolata e ululante.               ribattezzato Bola, pur trovandosi in una situazione disperata
                                                                       che seguendo una fredda logica porterebbe a non interessar-
Il rapporto con la storia, il passato coloniale, la memoria indi-      sene. La scelta di un bambino, carica di una pietà istintiva. Di
viduale e collettiva, sono riflessioni al centro della produzione      una dolcezza, mista a tristezza, che restituisce anche la bella
di diversi registi asiatici indipendenti (per le Filippine viene su-   colonna sonora composta al piano dallo stesso regista.
bito in mente Lav Diaz). Cicatrici storiche, spesso tenute cela-       Fabio Canossa, LinkinMovies

                                                                                                           Khavn Dela Cruz è un regista, poeta, piani-
                                                                                                           sta, cantante e scrittore filippino. Ha fonda-
                                                                                                           to il Festival Internazionale .MOV, dedicato
                                                                                                           ai film, la musica e la letteratura. E’ consi-
                                                                                                           derato il padre della cinematografia digitale
                                                                                                           filippina, ha diretto 112 corti e 52 film, ha
                                                                                                           composto 23 album e scritto 7 libri.
Burning                                                                                Regia Lee Chang-dong Soggetto dal
                                                                                                    racconto “Granai incendiati” di Haruki
                                                                                                    Murakami Sceneggiatura Oh Jung-
                                                                                                    mi, Lee Chang-dong Fotografia Hong
                                                                                                    Kyung-pyo Montaggio Kim Hyeon, Kim
                                                                                                    Da-won Musica Mowg Interpreti Yoo
                                                                                                    Ah-in, Steven Yeun, Jeon Jong-seo
                                                                                                    Durata 148’ Origine Corea del Sud,
                                                                                                    2018 Lingua coreano Genere Dramma
                                                                                                    psicologico Distribuzione Tucker,
                                                                                                    tucker@tuckerfilm.com

             Beoning

            J
                  ongsu, aspirante scrittore e lavoratore part-time,         ascolta jazz mentre cucina italiano. Sotto questo appa-
                  incontra Haemi, che gli chiede di occuparsi del suo        rente déjà vu si nasconde invece un film intenso, poten-
                  gatto mentre lei sarà in viaggio. Al suo ritorno, Ha-      te, mai banale, esteticamente superbo. Il triangolo è una
             emi gli presenta Ben, un giovane misterioso che ha co-          scusa lieve, per mettere in scena un racconto morale, che
             nosciuto mentre era via. Un giorno Ben fa visita a Jongu        parte dalla storia dei tre ragazzi per estendersi a rifles-
             confessando di avere un hobby segreto e poco dopo Ha-           sioni più universali sulla Corea del Sud contemporanea
             emi scompare senza dire una parola.                             e sulle profonde differenze sociali che la caratterizzano.
                                                                             Burning, tratto da un racconto di Haruki Murakami, è un
             Apparentemente “Burning” è un film semplice già girato          oggetto anomalo, sghembo, un film a combustione lenta
             più volte nella storia del cinema, un triangolo amoroso tra     che lavora sull’interiorità dello spettatore ben oltre il tem-
             giovani persone. Lui, Jongsu, è un ragazzo dalle umili ori-     po di visione del film. Forse ciò che lo definisce meglio e
             gini, sogna di fare lo scrittore ma vive di espedienti. Lei,    lo rende così seducente è proprio alla fine il rapporto a
             Haemi, bellissima, quando lo incontra a Seoul, lo corteggia     tre tra Jongsu, Haemi e Ben, sospeso, ipnotico sempre
             e lo seduce prima di partire per il Kenya. Ed infine, Ben, il   ad un passo dalla deflagrazione, instabile come le nuo-
             maschio alpha con cui Haemi si ripresenta di ritorno dal        ve giovani generazione che abitano il paese dell’autore.
             viaggio, che vive in una casa lussuosa, guida fuoriserie e       Fausto Mazzoni

14

 Lee Chang-dong è nato nel 1954 a Tae-
 gu, Corea del Sud. Dopo la laurea inizia a
 lavorare come scrittore e regista teatrale.
 Entra nel mondo nel cinema scrivendo le
 sceneggiature di due film molto apprezza-
 ti in Corea, To the Starry Island (1993) e A
 Single Spark (1995). Nel 1997, da autodi-
 datta, passa alla regia cinematografica con
 Green Fish. A questa regia seguono quelle
 di Peppermint Candy (2000), Oasis (2002,
 premio speciale per la regia alla Mostra
 internazionale d’arte cinematografica di
 Venezia), Secret Sunshine (2007) e Poetry
 (2010, premio per la miglior sceneggiatura
 al Festival di Cannes). Dal 2003 al 2004 è
 stato Ministro della Cultura in Corea del
 Sud. Burning è il suo sesto film da regista.
Funan                                                                                   Regia Denis Do Sceneggiatura Denis
                                                                                        Do, Magali Pouzol Musica Thibault
                                                                                        Kientz Agyeman Disegni Michael
                                                                                        Crouzat Con le voci di Bérénice Bejo e
                                                                                        Louis Garrel Durata 87’ Origine Francia,
                                                                                        Lussemburgo, Belgio, Cambogia, 2018
                                                                                        Lingua francese Genere Animazione
                                                                                        storica Diritti internazionali BAC Films,
                                                                                        contact@bacfilms.fr

Q
        uale miglior modo per raccontare la devastazione         prie calorose voci, e piene di sentimento, a Khoun e a Chou.
        che i Khmer Rossi hanno attuato in Cambogia se           Nonostante si tratti di un film animato, la tematica che
        non tramite un film d’animazione. Denis Do debut-        vuole presentare e anche la maturità stessa che si nota
ta alla regia di un film animato con Funan, portando gli         in maniera evidente durante lo svolgimento della pellico-
spettatori al 1975, quando la Cambogia vide gli orrori per-      la, rendono Funan un prodotto più per ragazzi e adulti che
petrati dai seguaci del Partito Comunista, causando mi-          per bambini. Non ci troviamo davanti a una fiaba, ma a uno
lioni di morti ed esuli, distruggendo la vita di innumerevoli    spaccato di vita vera, in cui viene preso come esempio uno
famiglie. Chou vive felice e soddisfatta a Phnom Penh in-        dei milioni di drammi per raccontare una storia corale tre-
sieme alla sua famiglia, il marito Khoun e il figlioletto di 3   mendamente reale. La componente emotiva è quella che
anni Sovanh. Tuttavia, il suo mondo semplice, ma ricco di        gioca il ruolo forse più importante dell’intero film, resa po-
amore e allegria, viene ribaltato quando i Khmer Rossi de-       tente non soltanto dalla storia in sé, ma anche dalle parti-
cidono di entrare in azione, causando un’ingente carestia,       colarità tecniche di cui il film si avvale.
e dividendo milioni di famiglie, con una particolare suddi-      L’animatore Michael Crouzat (Cattivissimo Me) regala del-
visione tra uomini e donne, allontanando dagli stessi an-        le animazioni che lasciano letteralmente a bocca aperta,
che i propri figli. Durante uno dei tanti trasferimenti verso    concentrandosi maggiormente sul paesaggio cambogiano
i campi di lavoro ordinati dai Khmer, Chou perde di vista il     limpido, nitido e dai colori sgargianti, che fa da sfondo alle
figlioletto Sovanh. Inizierà così una tormentata ricerca da      dure vicende vissute dalla popolazione. Funan pone davan-
parte dei due genitori, coscienti di dover sottostare prima      ti ai nostri occhi un paradosso vero e proprio, mostrando-
di tutto alle norme imposte dall’organizzazione, rischian-       ci la meraviglia di un paesaggio incontaminato, che fa da
do allo stesso tempo di non rivedere mai più il frutto del       sfondo agli orrori dell’umanità. Bellezza e atrocità vanno
loro amore.                                                      sempre di pari passo, e anche il film di Do non è esente da
                                                                 questa duplicità.                                                  15
Do pone la sua lente di ingrandimento su una famiglia in         Potente. Struggente. Estremamente toccante. Con la sua
particolare e sulla sua protagonista Chou (la madre di fa-       attenzione per i dettagli – come per esempio i chicchi di
miglia) per descrivere un dramma molto più complesso e           riso, i campi coltivati dalle donne, il cibo sparso a terra op-
generale. È impossibile non immedesimarsi fin da subito          pure le stesse rughe e la stessa sofferenza che compaiono
nella condizione vissuta dai protagonisti che, seppur ani-       visivamente sui volti di Chou e dei suoi cari dopo anni tra-
mati, trasmettono un’umanizzazione e un’umanità tali da          scorsi nei campi di lavoro, vedendo perire molte persone
rendere il prodotto di Do un vero e proprio film in cui sem-     vicine – rendono Funan un ritratto estremamente realistico
brano esserci attori reali. Probabilmente aiutano anche le       di uno dei più terribili eventi del 20° secolo, continuando a
voci di due grandi attori del cinema francese, quali Louis       essere attuale e a far riflettere anche a distanza di decenni.
Garrel e Bérénice Bejo che prestano rispettivamente le pro-      Maria Saccà, Cinematographe.it

 Denis Do (1985) è un cineasta france-
 se di origine cambogiana. Laureato nel
 2009 all’Istituto di Arti Visive Les Gobelins
 ha co-diretto come tesi di laurea il corto-
 metraggio di animazione Le ruban, storia
 d’amore ambientata durante la rivoluzione
 culturale cinese. Funan, vincitore del Pre-
 mio Cristallo per il miglior film al Festival
 internazionale del film d’animazione di An-
 necy e dei Premi della giuria e del pubblico
 all’Animation is Film Festival di Los Ange-
 les, è il suo primo lungometraggio.
Jinpa                                                                                       Regia e Sceneggiatura Pema Tseden
                                                                                                 Soggetto dai romanzi “L’assassino”
                                                                                                 di Tsering Norbu e “Ho Investito una
                                                                                                 Pecora” di Pena Tseden Fotografia
                                                                                                 Lu Songye Montaggio Jin Di,
                                                                                                 Chakdor Kyab Musica Lim Giong
                                                                                                 & Point Interpreti Jinpa, Genden
                                                                                                 Phuntsok, Sonam Wangmo Durata
                                                                                                 87’ Origine Cina, 2018 Lingua tibetano
                                                                                                 Genere Road-movie tibetano Diritti
                                                                                                 internazionali Block 2 Distribution,
                                                                                                 sales@jettone.net

     S
            u una strada isolata che attraversa la pianura de-            tà legata alla strana omonimia tra i due personaggi entrati in
            solata del Tibet, un camionista che ha investito              contatto lungo la strada - una mera coincidenza o piuttosto
            accidentalmente una pecora raccoglie un giovane               già un implicito ‘tassello’ premonitore di fatalità, di una pre-
     autostoppista. Mentre chiacchierano durante il tragitto,             destinazione ancora ‘avulsa’ dalla semplice narrazione per
     il camionista nota che il suo nuovo amico ha un pugnale              immagini? C’è un qualcosa di ‘assorto’ e di desolato nell’in-
     d’argento legato alla gamba e viene a sapere che il giova-           cedere apparentemente arido e insignificabile del bislacco
     ne vuole uccidere qualcuno che gli ha fatto un torto. Dopo           protagonista sino ai piedi di un monastero buddhista - in
     averlo lasciato a un bivio, il camionista si rende conto che         cui incontrerà uno dei ‘lama’ a cui chiederà di ‘consacrare’
     quel breve lasso di tempo trascorso con lui ha cambiato              la carcassa di una pecora da lui investita nel tragitto, “spun-
     tutto e che i loro destini sono inesorabilmente intrecciati.         tata fuori dal nulla”, come non fosse una coincidenza più di
     Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura alla Mo-               quanto non lo siano altri minimi, impalpabili aspetti soggia-
     stra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.               centi alla scarna equivocità del posto, alla luce di un’atmo-
                                                                          sfera tutta particolare, tra il superstizioso e agnitivo. Pema
     Jinpa è un film diretto dal regista tibetano Pema Tseden,            Tseden dimostra anche di essere un ostico ‘sommelier’
     ormai affermatosi in patria (attivo dal 2002), premiato lo           della cultura di sua appartenenza e competenza, anche a
     scorso anno alla 75a edizione del Festival di Venezia per la         giudicare da certe piccolezze, che possono sembrare inezie
     miglior sceneggiatura nella categoria ‘Orizzonti’ e candidato        ma sono invece assai efficaci, dall’effetto molto fine e im-
     ad altri premi più marginali tra cui il Golden Horse. La trama       probabilmente raro – quali l’associazione delle “anime” dei
     del suo film narra di un guidatore a bordo di un camion scal-        due viandanti con un particolare di una tazza di té al burro
     cinato in viaggio verso uno sperduto, piccolo villaggio tibe-        di yak, bevanda tipica locale, che viene loro offerta in se-
     tano sull’Altopiano del Kekexili - un luogo geologicamente           gno di ospitalità e sulla superficie della quale galleggiano
16   surreale, pressoché totalmente spoglio, sterile, torrido, di-        espressivamente (prima uno, poi due) trucioli di vaniglia nel
     sabitato, assolato nel suo chilometrico, accecante chiarore          bianco del liquido. Un’immagine dalla natura strettamente
     - causa dell’abbagliante cromia di fondo che permea tutta            simbolica che si rivela capace da sola quasi di ri-significa-
     la fotografia e l’ambientazione della pellicola. L’incipit è già     re finalmente qualcosa di più sfuggente, al di là dell’opa-
     in qualche modo ‘programmatico’ del coefficiente di lettura          co afflato da road movie. Altipiani lunari, spazi sterminati
     degli eventi che di lì a poco si intersecheranno pian piano:         e proverbiali silenzi tutti “tibetani” per un film forse molto
     viene citata una massima tibetana in proposito al coinvol-           meditativo ma comunque avvolgente e meritevole di una
     gimento (inavvertito) nei sogni tra estranei, che difatti è la       seconda e ulteriore analisi: è forse proprio questo il pregio
     base ideale e lo scheletro anche visivo dell’opera, marcan-          del regista, quello di sapersi barcamenare tra l’onirismo e
     done così da subito la componente onirica preponderante.             un’osticità lontana dai canoni dell’affabulazione filmica.
     In seguito, il film è giocato su elementi di sottile referenziali-   Luca Capuano

            Pema Tseden è un regista, sceneggiatore e scrit-
            tore tibetano. La sua carriera è iniziata nel 2002
            e si è caratterizzata fin da subito per la totale de-
            dizione al ritratto della cultura tibetana. Tra i suoi
            film più famosi: The Silent Holy Stones, The Se-
            arch, Old Dog e Tharlo. I lavori di Tseden hanno
            contribuito alla diffusione della conoscenza della
            cultura tibetana all’estero, approdata, grazie a lui,
            nei maggiori festival internazionali: Venezia, Lo-
            carno, Toronto e numerosi Festival asiatici.
Life finds a way                                                                            Regia e Sceneggiatura Hirobumi
                                                                                            Watanabe Fotografia Hirobumi
                                                                                            Watanabe Montaggio Hirobumi
                                                                                            Watanabe Musica Triple Fire Interpreti
                                                                                            Minori Hagiwara, Marika Matsumoto,
                                                                                            Koga Yako, Chihiro Nagai, Honoka,
                                                                                            Sakiko Kato, Hirobumi Watanabe
                                                                                            Durata 110’ Origine Giappone, 2018
                                                                                            Lingua giapponese Genere Minimalista
                                                                                            sperimentale Diritti internazionali

Futsu wa hashiridasu
                                                                                            ARTicle Films, emi@articlefilms.com

L
       ife Finds A Way è un autoritratto dell’autore. Nella nar-    che riesce ad amalgamarsi in maniera strana ma efficace
       razione abbiamo Watanabe in persona che interpreta           all’estetica generale del film. Love finds a way è difficile da
       se stesso nella parte di un regista che sta cercando di      recensire, in quanto è un collage di diverse idee più che
scrivere una sceneggiatura, ma sembra essere bloccato sul-          una pellicola narrativamente coesa. Però una cosa è certa:
le idee. Il film continua su due versanti: uno incentrato sulla     Hirobumi Watanabe ha un gran senso dell’umorismo e il
sua vita di cineasta e l’altro come una persona reale. Come         film è pieno di questa comicità, a metà strada tra ironia
cineasta lo si osserva incontrare un produttore, essere rim-        e auto-sarcasmo. Non si può non ridere in scene come
proverato sul suo comportamento nei festival, pregare in un         quella dove lui grida al dentista senza motivo, quando par-
tempio per avere ispirazione. Il vero fulcro del film, però, è se   la dei critici o quando la voce della segreteria telefonica
stesso senza idee, nella vita normale. Lo guardiamo mentre          gli dice che il suo scopo al festival del cinema di Karlovy
parla al telefono, giocare ai videogiochi in una stanza piena       Vary non sarebbe stato quello di ubriacarsi tutte le sere.
di libri e dvd alla presenza di sua nonna, le sue interazioni in    L’ironia deriva dal modo, quasi “blasfemo”, di deridere
una biblioteca e con il suo commesso, pescando sul ciglio           situazioni di senso comune, come mangiare tre pasti al
della strada con una bambina e molto altro.                         giorno o stare in silenzio in biblioteca; il bersaglio princi-
                                                                    pale però è l’industria cinematografica, presentata attra-
Hirobumi Watanabe è un regista insolito, come dimostra-             verso le sue interazioni col produttore, i suoi monologhi in
to in modo abbastanza eloquente nei suoi film precedenti,           macchina e dal pubblico nella sequenza delle interviste.
“Poolsideman” e “Party Round the Globe”, due produzioni             Anche qui, è impossibile non ridere quando una ragazza
molto interessanti, ma anche molto strane. E in questo Life         dice che il suo attore e regista preferito è lo stesso Wa-
finds a way è andato anche oltre, riuscendo a girare un film        tanabe, solo per poi rivelare che gli era stato detto di ri-
sul fatto di non avere idea di come fare il suo prossimo            spondere così. I registi, in primis Watanabe, non sfuggo-
film. Ovviamente anche qui è presente in più punti la se-           no quindi a questo sbeffeggiamento, il che rende il tutto         17
quenza che è diventata il suo marchio di fabbrica, lui che          un coraggioso autoritratto di Watanabe stesso, che si
parla di continuo in macchina con un’altra persona che              dipinge come un personaggio infantile ma consapevole
non risponde, mentre verso la fine la narrazione è spezzata         di quello che dice. Life finds a way non è un film facile
dai vari personaggi che rispondono alle sue domande sul             da vedere, girato in bianco e nero, senza una trama line-
cinema. Il film però in questo caso si svolge anche come            are e con una durata di quasi 2 ore. Focalizzandosi però
una sorta di opera in diversi atti, i cui intervalli sono ca-       sull’ironia intelligente, il grande senso dell’umorismo e
ratterizzati da canzoni dei Triple Fire, con uno stile a metà       l’autosarcasmo ci si può davvero divertire guardandolo.
tra il folk e il post punk, simile a quello di Michiro Endo,        Panos Kotzathanasis, Asianmoviepulse.com

                                                                                   Hirobumi Watanabe è un regista
                                                                                   giapponese       dalle    produzioni
                                                                                   imprevedibili. Pool Side Man è stato
                                                                                   il suo primo lungometraggio, cui è
                                                                                   seguito Party ‘Round the Globe e Life
                                                                                   Finds a Way è il suo quinto film.
Miss Baek                                                                                   Regia e Sceneggiatura Lee Ji-won
                                                                                                 Fotografia Kang Gook-hyun Montaggio
                                                                                                 Han Young-kyu, Heo Sun-mi Musica
                                                                                                 Mowg Interpreti Han Ji-min, Kim
                                                                                                 Si-a, Lee Hee-joon, Kwon So-hyun,
                                                                                                 Baek Soo-jang, Jing Young-nam,
                                                                                                 Kim Sun-young, Lee Joo-young, Lee
                                                                                                 Jung-un, Jeo Seok-ho, Jo Min-joon,
                                                                                                 Yoon Song-a Durata 98’ Origine
                                                                                                 Corea del Sud, 2018 Lingua coreano
                                                                                                 Genere Drammatico sociale Diritti
                                                                                                 internazionali M-Line Distribution,
                                                                                                 sales@mline-distribution.com

     B
           aek Sang-ah è giovane ma forte e proprio per que-           anche per mostrare la dannazione di Joo. Il film pertanto
           sto si è guadagnata il titolo di Miss Baek, come tutti      si configura come un enorme alternanza fra Yin e Yang in
           la chiamano. Abusata dalla madre fin da bambina,            chiave tutta femminile. Quest’ultimo aspetto è molto im-
     Miss Baek ha dovuto imparare a non fidarsi degli altri e          portante perché Lee Ji-Won ci sottolinea come, in contesti
     a non lasciare che possano ferirla. Un giorno, però, Miss         molto delicati, sono le donne, nel bene o nel male, ad es-
     Baek incontra una bambina, Ji-eun, vittima di violenza do-        sere particolarmente attive. Le figure femminili, infatti, sono
     mestica da parte del padre e della sua ragazza. E’ chiaro         più sfaccettate. Ognuna di essa ha una storia da raccon-
     che, incontrandola, Miss Baek riveda molto di sé stessa           tare; non esiste bianco o nero ma un’enorme scala di grigi
     nella povera piccola ed è per questo motivo che abbas-            in tutte loro, dalle protagoniste ai personaggi secondari. Le
     sa le difese ed inizia a raccontarsi e ad aprirsi, sperando       figure maschili, al contrario, sono più piatte e volutamente
     di poterla aiutare. Ma Miss Baek è pur sempre una sco-            lasciate sullo sfondo. Il loro contributo porta a dei piccoli
     nosciuta agli occhi di Ji-eun e guadagnarsi la sua fiducia        cambiamenti positivi o negativi ma che, ai fini della storia,
     non è facile, tuttavia riusciranno a unire le forze per con-      lasciano spazio alla preponderanza delle donne. Lo spetta-
     trastare i problemi.                                              tore farà fatica ad esprimere un giudizio netto nei confronti
                                                                       di una delle protagoniste; sono, infatti, non personaggi fit-
     Un film drammatico che esplora, partendo da un’imposta-           tizi, bensì quanto di più reale ci possa essere. Sarà molto
     zione di genere poliziesco, il mondo dell’abuso su minori         più facile per lui darlo su uno degli uomini; loro sono figure
     in ambito familiare. Il motore scatenante è il ritrovamento       volutamente stereotipate, da film. Altro elemento da sotto-
     del cadavere in stato di decomposizione avanzato di Jang          lineare è il ruolo della giustizia, rappresentata dalla polizia,
     Young-Nam - la madre della pseudo fidanzata del detecti-          in cui si evidenzia come un organismo notoriamente asso-
     ve Jang-Sub (Lee Hee-Joon) - Baek Sang-A (Han Ji-Min)             ciato ad un messaggio positivo possa avere risvolti negativi
18   conosciuta da tutti come “Miss Baek”. Ed è su di lei che          non per corruzione o altri atteggiamenti di alcuni membri
     il film si costruisce. Ci viene presentata come una donna         che ne violano o travalicano le regole, bensì strozzato ed
     all’apparenza fredda, senza scrupoli, incapace di provare         inibito dalla rigida applicazione di queste ultime. Questo
     qualsivoglia sentimento positivo, alternato a momenti di          conferma di nuovo che bene e male sono interdipenden-
     rabbia incontrollata. La verità dietro questo atteggiamento       ti. Il finale è altamente realistico: le donne otterranno ciò a
     verrà piano piano sapientemente svelato nel corso del film        cui il loro percorso le ha portate ma senza snaturare il loro
     nei quali l’oscurità troverà la sua giustificazione. A contrap-   carattere, senza cadere in sdolcinature o in storture per
     porre “Miss Baek”, troviamo Joo Mi-Kyung (Kwon So-Hyun),          creare una classica conclusione. Concludendo: un film da
     una donna all’apparenza di modi gentili ed educati, ma nel        vedere per riflettere sull’animo umano, capire che in ogni
     privato mostra il suo lato bestiale. Il punto di collegamento     persona convivono l’umanità e la mostruosità. Non sem-
     fra queste due figure è la piccola Kim Ji-Eun (Kim Shi-A)         pre il discernimento è scontato come appare nella società.
     che diverrà sia una figura utile alla riabilitazione di Baek ma   Dario Sturloni

                                                                                  Lee Ji-won è nata nel 1981 in Corea del Sud. Miss
                                                                                  Baek è il suo primo film da regista e ha scritto la
                                                                                  sceneggiatura di The Show Must Go On. Il film ha
                                                                                  vinto il premio per il miglior nuovo regista al Festi-
                                                                                  val delle arti di Baeksang, a Seoul.
Namdev Bhau,                                                                               Regia e Sceneggiatura Dar Gai
                                                                                           Fotografia Aditya Varma Montaggio
                                                                                           Shounok Ghosh Musica Andrea

in Search of Silence
                                                                                           Guerra Interpreti Namdev Gurav, Aarya
                                                                                           Dave, Zoya Hussain, Geetanjali Naik,
                                                                                           Manikant Momaya Durata 84’ Origine
                                                                                           India, 2018 Lingua Hindi, Marathi
                                                                                           Genere Commedia agrodolce Diritti
                                                                                           internazionali Jugaad Motion Pictures,
                                                                                           dheer@jugaadmotionpictures.com

M
          umbai. Namdev è uno chaffeur ormai prossimo              e sentieri naturali. Il protagonista ha incontri brevi e poco
          alla pensione. La confusione della città unito il        graditi con le persone che incontra sulla sua strada e ogni
          continuo vociare della sua famiglia, portano l’uo-       volta che pensa di aver finalmente trovato il paradiso ri-
mo all’esasperazione. Per queste ragioni Namdev smette             mane disilluso: anche quando dorme da solo su una col-
di parlare, fa la valigia e decide di recarsi nel mitico rifugio   lina sotto le stelle i grilli lo infastidiscono. In una solitaria
di montagna di Silent Valley, dove, secondo quanto si dice,        fermata dell’autobus Namdev incontra Aaliq, un ragazzo
potrebbe finalmente la sua oasi di tranquillità e, soprat-         che viaggia da solo, s’interessa a lui. All’inizio sembra solo
tutto, l’agognato silenzio. Giunto sull’Himalaya si accor-         un altro dei disturbi da cui fuggire ma, nonostante i chiari
gerà, suo malgrado, che in realtà nemmeno lì è così facile         segnali del vecchio uomo che non desidera la compagnia,
trovare la pace. In particolare incontrerà un ragazzino di         il ragazzo inizia a seguirlo perversamente attraverso i pa-
dodici anni in viaggio da solo che lo comincerà a seguire          esaggi mozzafiato e il deserto, parlando ripetutamente e
per farsi portare al misterioso “Castello rosso”. Inizia così      provocandolo a rispondere. La tortura di Aaliq su Nemdev
una strana amicizia tra queste due anime viaggiatrici.             fa parte di un gioco elaborato, una sorta di test per la mi-
                                                                   santropia radicata del vecchio taciturno. Il non-scambio tra
Si può sentire la disperazione dell’eroe longanime mentre si       i due attori ripresi in luce naturale e in inquadrature fisse, si
sottomette alle chiacchiere senza sosta di sua moglie nelle        avvicina a una grottesca e divertente routine alla Chaplin o
prime scene dolorosamente esilaranti di Namdev Bhau: In            Jaques Tati. La sceneggiatura di Dar Gai si mantiene abil-
Search of Silence. È il dialogo che spezza l’anima picchian-       mente al livello superficiale dell’assurdo, fino alla scena ri-
do come un martello, più di qualsiasi altro mix di suoni, che      velatoria finale che impone una svolta imprevedibile a tutta
motiva il ritiro di Namdev dal mondo e il suo viaggio su una       la storia. Il finale viene fuori dal nulla, così commovente e
montagna per ottenere un po’ di pace e tranquillità. Questo        giusto da giustificare il rallentamento della parte centrale
chauffeur di sessantacinque anni (interpretato dall’attore         del film. Scritto e diretto da Dar Gai, giovane regista di Kiev,    19
non-professionista Namdev Gurav) è un uomo di poche                il film è strutturato in maniera più convenzionale rispet-
parole (solo a metà film pronuncia “pollo”, la sua prima           to al film d’esordio, Three and a Half, girato in tre lunghi
parola) che, sconcertato e stanco della cacofonia che lo           piani sequenza di quarantatré minuti ciascuno. Namdev
circonda, s’imbarca in un viaggio alla ricerca di un luogo         Bhau mostra il bouquet delle emozioni umane, spolverato
silenzioso. Armato solo di un piccolo trolley e di un articolo     con un pizzico di misticismo indiano e buon umore e ha il
di giornale su “I cinque luoghi più silenziosi del mondo”, si      peculiare vantaggio di essere visto dalla curiosa prospet-
dirige verso Silent Valley, Himalaya. Il ritmo rallenta nella      tiva di uno straniero sulle abitudini e le tradizioni indiane.
parte centrale del film, mentre segue il progresso di Nam-         Colonna sonora del compositore italiano Andrea Guerra.
dev attraverso foreste incontaminate, catene montuose              Hollywood Reporter

 Dar Gai, il cui vero nome è Daria
 Gaikalova, è una regista ucraina.
 Dopo essersi laureata in Filosofia, ha
 fatto altri studi in film e teatro a Kiev.
 In seguito si è traferita in India prima
 ad insegnare teatro, poi diviene
 docente di sceneggiatura e critica
 cinematografica alla “Whistling
 Woods International”, la principale
 scuola privata indiana di film.
 Appassionatasi delle idiosincrasie
 indiane, ha deciso di filmarle da un
 punto di vista obiettivo. Frutto di
 questo lavoro sono il film del 2018
 Teen Aur Aadha che le ha fatto
 vincere dodici premi in vari festival
 internazionali e, l’ultima fatica dello
 stesso anno, Namdev Bhau.
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