Biennale Internazionale di pittura dedicata alla montagna - Comune di Treppo ...
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ECHINVALLE 1^ Biennale Internazionale di pittura dedicata alla montagna Momento dell’inaugurazione mentre parla il Sindaco di Treppo Carnico Maurizia Plos. Alle spalle da sinistra la Senatrice Isabella De Monte, il Presidente del Consiglio Regionale Franco Iacop, il citico e storico dell’arte Raffaella Cargnelutti e l’artista Claudio M.Feruglio (photo A. Crivellari) Presentazione orale della dott.ssa Raffaella Cargnelutti Treppo Carnico 3 agosto 2013 Non posso che associarmi alle parole di plauso di chi mi ha preceduto nell’introduzione a questo importante evento espositivo, che vede coinvolti ben 42 artisti diversi per regione e nazione di provenienza, per stili e linguaggi espressivi adottati. Artisti che hanno accolto la “sfida” di cimentarsi, di riflettere e interpretare la Montagna, un’entità dalla forte valenza emozionale, spirituale, naturale e di indubbia suggestione. Come è già stato ricordato, grazie al Comune di Treppo Carnico, e all’Associazione artistico culturale Aura, e ai vari Enti che hanno supportato il progetto, in questo luogo prestigioso che è la Galleria d’Arte Moderna Enrico De Cillia, una tra le pinacoteche più importanti della Regione, credo che il lavoro di questi artisti trovi proprio cornice ideale; luogo che sicuramente ne esalta l’impegno e la ricerca. Ricordo, infatti, che la Galleria, per volontà del donatore, raccoglie opere di artisti regionali, e non solo, tra i più importanti del primo e del secondo Novecento.
Come ho già avuto modo brevemente di tratteggiare nella presentazione in catalogo, la pittura di montagna vanta antiche radici anche nella nostra Regione; si sviluppa in sintonia con quelle scuole di paesaggio e correnti nazionali e internazionali che, a partire dall’Ottocento, scelsero i silenzi alpini, le asperità delle vette, la vita degli umili di questi luoghi incantati e vergini, lontani dai clamori dei centri più popolosi e dalle città per raccontare con pennelli, tele e colori una natura allora incontaminata. Nel Novecento, con il vento destrutturante delle avanguardie e con il diffondersi del verbo astratto informale ecco che questo richiamo paesaggistico è un po’ venuto meno, ma non ha mai smesso del tutto di esprimersi, grazie a narratori che hanno continuato a subirne il fascino e a proseguirne l’opera di valorizzazione. Ora, sulle pareti di questa stanza, leggendo le opere esposte in successione serrata, come in un gigantesco mosaico immaginario, credo che il visitatore non possa che rimanere sbalordito innanzi a tanta fantasia e creatività e trovare, ognuno per gusto, cultura, interesse, motivo di stimolo per riguardare anche il paesaggio esterno con occhio curioso, nuovo, diverso. È anche grazie al lavoro creativo e visionario degli artisti che un paesaggio si conserva e si valorizza. Cercherò, anche se non è un compito facile e non me ne vogliano gli autori, se per ovvi motivi sono costretta a commenti sintetici e a semplificazioni, di ricordarli tutti per l’impegno dimostrato in questo nuovo progetto che spero abbia lunga vita. Ambrosone racconta il silenzio della montagna con atmosfere morbide e pastose; Angiuoni ne sottolinea il richiamo con materiche composizioni; la Asteri spazia oltre le nuvole con una tavolozza chiara e luminosa; la Bertorelli descrive la sua montagna con campiture calde e musicali; la Blarasin ci proietta in un sottobosco colorato e gestuale; con plastiche trasparenti e colori brillanti, freddi, Bluer ci richiama visioni astrali di ghiaccio; la Bondarenko si cimenta in un paesaggio friulano, sintetizzandolo in sapienti partiture di griglie cromatiche; Borzani in un silenzio sospeso, metafisico colloca la luna a galleggiare sulle cime imbiancate dalla neve; invece Caneva nel suo omaggio alla montagna ci regala un caleidoscopio di colori; Caporale cerca l’eco della valle in andamenti delicati e sinuosi di forme e colori; Cedaro descrive con sguardo incantato chiese e paesini abbarbicati con forza ai fianchi dei monti; Crivellari immagina sentieri e parole arrampicarsi su cime di vento; De Bettin con la sua nostalgia in volo ricrea visioni sospese e surreali sulle ali di un sogno; De Campo ascolta la voce della montagna, inseguendola su pendii rocciosi, innevati e solitari; per De Luca il segreto delle vette sta negli echi preziosi di calcaree e remote lontananze materiche; la Delle Vedove invece sposa un universo cromatico cangiante e
variopinto per descrivere il suo arrivo in vetta; la Erzar si sofferma sulla poetica delle piccole cose: un sassolino tra partiture musicali e cromatiche; la Fedele, citando il grande Bonatti, ricerca nella sua composizione materica la montagna che è dentro ognuno di noi; Feruglio ci comunica il fascino e il mistero della notte e del silenzio con un paesaggio sacrale; Fontanella nella sua pittoscultura immagina un esercito anonimo in perenne cammino verso l’altrove; Furlanetto ci proietta con pennellate sfumate nella montagna delle sue favole; la Golob descrive il suo incantamento per il Canin ricreato con colori e sabbie; Grasso invece vede la sua montagna al di là del mare, delle cupole, dei grattacieli delle città, infine nel desiderio; Guarino con collages e tecniche miste rivive ricordi di montagna con velocità futuriste; una montagna di gelsomino è ciò che si immagina con bianche pennellate Iaccheo; invece Iussa scompone e ricompone i suoi monti in un movimentato incastro di forme e colori; Leona K rimane affascinata dalle architetture, dai colori e dalla spiritualità di alcune forme archetipe della Carnia; Maran con il suo omaggio a Folon insegue il volo sfumato e sognante di alcuni uccelli verso l’infinito; Marra propone il suo simbolo geometrico spirituale per un’ideale ancona del silenzio montano; la Martinella con le sue accensioni cromatiche rosse e bianche va alla ricerca di aree inesplorate; Milic evoca una visione sotto il Monte Maggiore ricreata con preziosità cromatiche, quasi musive; lo slancio poetico ed esistenziale di Perini ci proietta in una visione incantata e surreale; la Svrjuga vola nel suo cielo infinito sopra le montagne, sottolineando l’immensità del creato; la Saxa libera una tavolozza multiforme e complessa per inseguire i giochi di luce tra le montagne dello spirito; anche Schmerlaib ricerca paesaggi dell’interiorità attraverso sapienti amalgami di tecniche e colori; Sopracase con una pittura delicata ed evocativa reinterpreta sguardi e tracce abbandonate sulla neve; la Spina ci restituisce una visione di infuocato tramonto dietro ai monti resi con colori decisi e trame filiformi; nei bianchi che vanno ad illuminare i gialli e i verdi del primo piano Tigelli ripercorre i suoi sentieri di montagna, ormai fatti di sola luce, Unegg con una composizione quasi totemica esplora il mistero sacro della trinità; Velussi invece in una deflagrazione cromatica interpreta l’eco nella valle narratrice di antiche storie; la ricca tradizione locale di miti e leggende rivive pure nello Sblif della Vukmanic, folletto incantatore che si può tuttora incontrare nei nostri boschi; e infine ancora fiaba e leggenda nello scrigno invisibile fra i monti, forse castello, forse torre di vedetta, baluardo del sogno, nella onirica opera di Zanussi. A tutti va il nostro plauso e la nostra riconoscenza per aver dato vita con la loro partecipazione a questo evento davvero importante.
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