Benvenuti al museo - una breve storia del museo - conTAKT ...

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conTAKT-museo.ch

Benvenuti al museo –
una breve storia del museo

Realizzata nell'ambito del programma conTAKT-museo.ch da Prisca Senn, mediatrice culturale e
collaboratrice dei progetti di conTAKT-museo.ch, e dal prof. dott. Walter Leimgruber, Seminario di
scienze culturali ed etnologia europea dell'Università di Basilea.

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Benvenuti al museo - una breve storia del museo - conTAKT ...
Indice

1       Introduzione ......................................................................................................................................................... 3

2.      L'inizio delle raccolte .......................................................................................................................................... 5

3.      Il primo museo ..................................................................................................................................................... 6

4.      Il concetto di «museo» ....................................................................................................................................... 7

5.      Il bottino di guerra come esibizione del potere .......................................................................................... 9

6.      Il tesoro dei santi: la magia delle reliquie .................................................................................................... 10

7.      La «Wunderkammer», camera delle meraviglie: fascino e laboratorio ................................................ 11

8.      Il palazzo diventa museo ................................................................................................................................. 14

9.      Il museo come tempio ..................................................................................................................................... 16

10. Competizione a livello nazionale, coloniale e industriale ........................................................................ 18

11. L'eterogeneo paesaggio museale ................................................................................................................. 20

12. Architettura, estetica e messa in scena, da un lato – memoria, revisione critica e tolleranza,
dall'altro........................................................................................................................................................................ 21

13. Il museo del futuro............................................................................................................................................ 23

14. Perché la Svizzera ha così tanti musei? ....................................................................................................... 25

15. Bibliografia .......................................................................................................................................................... 26

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1.   Introduzione

Questa storia della civiltà e dello sviluppo dei musei è stata realizzata nell'ambito del programma
conTAKT-museo.ch. Mediante conTAKT-museo.ch, il Percento culturale Migros promuove nei musei
svizzeri la cultura dell’accoglienza dei rifugiati. Il programma è frutto della collaborazione tra rifugiati,
volontari, nonché esperti di migrazione e del settore museale e culturale. Il presente documento
vuole essere un sostegno all'attività di mediazione nel settore della migrazione e dell'integrazione.

La Svizzera ha oltre 1000 musei. Attualmente (situazione luglio 2020) sono esattamente 1111: musei
d'arte, di storia, etnografici, della tecnica, di storia naturale, archeologici, musei regionali e locali.
Alcuni di loro sono molto grandi, altri piccoli. Sono diversi, con tuttavia tanto in comune.

Ma che cos'è un museo? È una domanda molto ampia: a seconda di cosa intendiamo oggi per
«museo», le definizioni sono infatti diverse. Come punto di partenza, diamo la definizione più
recente: «Il museo è un’istituzione di pubblica utilità, permanente, senza scopo di lucro, al servizio
della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze
materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva e le comunica e
specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto.» (Consiglio internazionale dei
musei ICOM 2007).

Un museo raccoglie principalmente oggetti e dunque un patrimonio culturale materiale. Solo da
poco tempo ha un ruolo anche il cosiddetto patrimonio culturale immateriale. Il patrimonio culturale
comprende tutte le forme di cultura praticate, artigianato o altre abilità manuali, ma anche storie e
racconti, feste e riti, musica e danze, fino alle conoscenze del mondo caratteristiche di una
determinata società. Un museo non è un'istituzione fine a se stessa. Il suo scopo è trasmettere il
sapere alle persone che lo visitano, magari invogliarle a informarsi per conto proprio o anche
semplicemente intrattenerle piacevolmente.

Da quando l'umanità raccoglie cose e oggetti? E da quando esistono i musei? Perché conserviamo le
cose belle, interessanti, rare o bizzarre? Perché le esponiamo e presentiamo? Perché destano la
nostra ammirazione? Perché le studiamo? Perché ci permettono di capire qualcosa di noi, sono
fonte di insegnamento e ispirazione? La ricerca delle possibili origini del museo ci porta in un tempo
molto lontano e in luoghi remoti.

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Mappa del mondo con tutti i luoghi menzionati

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2.   L'inizio delle collezioni
     Gli albori della storia dell'umanità

Immagine 1: la tomba del faraone Tutankhamon. Anticamera. Egitto, XIV sec. a.C. Alla parete lunga dell'anticamera troneggiano
tre grandi letti rituali dorati. I 48 recipienti di legno bianco sotto uno di questi letti zoomorfi contengono pezzi di carne per nutrire
il faraone nell'aldilà. Foto: bpk / Harry Burton

Già nelle necropoli delle popolazioni arcaiche sono stati scoperti oggetti come gioielli, indumenti o
armi sepolti accanto ai defunti. Questi beni funerari sono le prime «collezioni» di cui abbiamo
conoscenza. Erano oggetti destinati alla vita dopo la morte, al viaggio nell'aldilà. Come testimoniano
numerosi reperti archeologici, i corredi funerari sono comuni a molte culture antiche. Quelli degli
antichi egizi sono particolarmente impressionanti: intere camere piene di oggetti di ogni genere. La
straordinaria ricchezza del corredo funerario dei faraoni è venuta alla luce nel 1922, con la scoperta
della tomba di Tutankhamon.1

Deporre nelle tombe doni per gli dei o cibi per il viaggio del defunto nell'aldilà – privando in tal modo
i viventi di preziose risorse – significa avere un'idea precisa di un mondo oltre la morte e credere in
una vita dopo l'esistenza terrena. Questo modo di raccogliere oggetti è durato per molti millenni.

1 Wiese, André/Brodbeck, Andreas (Ed.). Tutanchamun. Das goldene Jenseits. Grabschätze aus dem Tal der Könige. Basilea
2004.

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3.   Il primo museo
     Ur, Mesopotamia ca. 530 a.C., oggi Nassiria, Governatorato di Dhi Qar, Iraq

Immagine 2: le rovine della città di Ur con la ziggurat (monumento religioso a gradoni) di Ur-Nammu. Sullo sfondo la periferia di
Nassiria. Foto: M.Lubinski from Iraq, USA. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ur-Nassiriyah.jpg (26.5.2020)

Nel 1925 l'archeologo britannico Sir Charles Leonard Woolley e la sua équipe durante gli scavi
presso il complesso di templi e palazzi di Ur scoprirono decine di manufatti disposti ordinatamente
in fila e corredati da tavolette di terracotta. Le tavolette recavano spiegazioni scritte in tre lingue.
Questa raccolta fu considerata da Woolley il primo «museo» di cui abbiamo conoscenza. La curatrice
del museo era Ennigaldi-Nanna, sacerdotessa di Sin, il dio sumero della luna, e figlia di Nabonide, re
dell'Impero neo-babilonese. Nel museo situato nell'antico edificio chiamato E-Gig-Par, ca. 150 metri
a sud-est della ziggurat di Ur (l'odierna Tell el-Muqayyar), la principessa aveva raccolto oggetti antichi
della Mesopotamia, accuratamente esposti ed etichettati.

Gli oggetti del museo provenivano da varie regioni e risalivano a epoche databili all'incirca fra il 2100
e il 600 a.C. Tra le varie antichità, la raccolta comprendeva anche una parte di una statua di Shulgi, re
sumero della dinastia di Ur, una clava cerimoniale in pietra e alcuni testi. La statua era stata
accuratamente restaurata per conservarne la scritta. Numerosi oggetti erano dotati di etichette con
spiegazioni in tre lingue, compreso il sumero. Queste etichette possono essere considerate i primi
esempi di «metadati». Si tratta infatti di informazioni su chi ha fatto qualcosa (o ne ha fruito), dove e
perché. Sono notizie di fondamentale importanza per la comprensione dell'antichità e per questo

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motivo nei musei sono raccolte in schede, cataloghi o banche dati. Talvolta queste informazioni
mancano in parte o del tutto e allora la nostra comprensione degli oggetti rimane incompleta.
Quando fu fondato, ormai oltre 2500 anni fa, il museo era incentrato sull'eredità culturale e aveva
probabilmente scopi pedagogici. Ai nostri giorni Ennigaldi-Nanna è perlopiù sconosciuta e della sua
vita si sa poco.

Numerosi oggetti di questo «primo museo» attualmente si trovano al British Museum di Londra e al
Museo nazionale di Bagdad.2

Immagine 3: un bassorilievo di Nabonidus in preghiera davanti alla triade astrale Sin, Shamash e Ishtar. 554-539 a.C. Nabonidus,
considerato il primo archeologo, era il padre di Ennigaldi-Nanna, considerata la prima curatrice di un museo. Foto: The Trustees
of the British Museum

2
  Pryke, Louise. Hidden women of history: Ennigaldi-Nanna, curator of the world’s first museum.
https://theconversation.com/hidden-women-of-history-ennigaldi-nanna-curator-of-the-worlds-first-museum-116431
(accesso 4.11.2019).

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4.     Il concetto di «museo»
       L'antica Grecia

Immagine 4: le nove muse. Il cosiddetto «sarcofago delle muse» (II secolo d.C.), rinvenuto sulla Via Ostiense a Roma e oggi esposto
al Louvre di Parigi. Il bassorilievo marmoreo datato attorno al 160-170 d.C. si rifà direttamente al modello delle sculture greche
del V secolo a.C. Foto: 1993 RMN / Hervé Lewandowski

Il primo museo di Ur in origine non era definito un museo. Il termine «museo» deriva dal greco
«museion». Il «museion» era il luogo sacro alle muse, dove erano venerate le nove muse protettrici
delle arti e delle scienze (storia, lirica e flauto, canto e lira, tragedia, commedia, poesia amorosa,
canto corale e danza, astronomia, poesia epica, retorica, filosofia e scienza).

Il primo «museion» non corrispondeva però a ciò che intendiamo oggi per museo. Si trattava di un
luogo di ricerca alla corte di Alessandria d'Egitto. Il capostipite della dinastia tolemaica, re Tolomeo I
(IV/V secolo a.C.), aveva fatto edificare il «museion» secondo il modello dell'antica scuola dei filosofi.
Questo luogo di studio ospitava anche la famosa biblioteca di Alessandria. Il primo «museion»
serviva a raccogliere e conservare il sapere allora conosciuto e a renderlo accessibile alla ricerca.3

3
    Watts, Edward: City and School in Late Antique Athens and Alexandria. Berkeley 2006.

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5. Il bottino di guerra come esibizione del potere
Dall'antichità al presente

Immagine 5: Il trionfo di Tito. Bassorilievo marmoreo sulla volta del passaggio dell'arco di Tito nel Foro romano a Roma, fine I
secolo d.C.
Durante il corteo del comandante supremo romano Tito per celebrare la vittoria sugli ebrei e la distruzione del tempio di
Gerusalemme nel 70 d.C., fu portato in trionfo il tesoro del tempio, con il grande candelabro a sette braccia e le trombe d'argento.
Foto: akg-images / Werner Forman

Elementi costitutivi delle prime collezioni non erano solo il rapporto con la morte, il confronto con le
rappresentazioni dell'aldilà, la promozione del sapere o l'omaggio al bello. Gli oggetti di prestigio
scelti accuratamente servivano anche a esibire potere e influenza. Le guerre comportavano
saccheggi e furti di beni altrui. E i trofei venivano talvolta esposti in collezioni. In segno di
riconoscenza i greci offrivano il bottino agli dei nei templi, dove in tal modo sono sorte le raccolte.
Dopo aver conquistato Atene, nell'86 a.C. anche il generale e dittatore romano Silla fece trasportare
a Roma due colonne dell'Olympieion, uno dei più grandi templi dell'antichità situato sull'acropoli, per
ornare il tempio di Giove Capitolino. Nell'arco di Tito del foro romano è rappresentata una simile
razzia: dopo la vittoria del comandante supremo Tito e la distruzione del tempio di Gerusalemme nel
70 d.C., il tesoro del tempio sottratto agli ebrei viene esibito in un corteo trionfale.

Le collezioni avevano pertanto un ruolo importante non solo in relazione al mondo ultraterreno, ma
anche per le religioni, i popoli e le culture di volta in volta dominanti. Nei templi e nelle camere del
tesoro si raccoglievano doni e bottini di guerra e di razzie, per esprimere gratitudine e la propria
superiorità, ma anche come simbolo di appartenenza. Dall'antichità, la storia delle collezioni porta al
tesoro della chiesa nel Medioevo – con crocifissi, paramenti sacri, arazzi e calici che rappresentavano
l'unità del mondo cristiano – e poi al tesoro mondano dei regnanti – con corone, scettri e abiti

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sfarzosi che esprimevano l'ordine del mondo secolare. Fin dagli inizi il significato delle collezioni era
dunque già legato a processi identitari.4

6.   Il tesoro dei santi: la magia delle reliquie
     L'Europa dal 1000 al 1500 d.C.

Immagine 6: i sandali di Cristo sono considerati tra le reliquie più importanti del Medioevo. Sono conservati nell'Abbazia di Prüm
(Germania). Foto: Manfred Nierstenhöfer Fonte: https://de.wikipedia.org/wiki/Reliquie#/media/Datei:6-
Reliquie_der_Sandalen_v.Jesus-k.jpg (26.5.2020)

Nel contesto del cristianesimo medievale fiorì il culto delle reliquie associate alla vita di Gesù e dei
santi: oggetti materiali che per i credenti avevano poteri miracolosi e mettevano in contatto con la
vita eterna.

Tra il 1000 e il 1500 d.C. si andava sistematicamente alla ricerca dei resti mortali dei santi o di oggetti
che erano stati a diretto contatto con loro. Le reliquie erano considerate dei portafortuna, in grado
di proteggere dal male. Gli oggetti ritenuti sacri erano talmente ambiti da essere collezionati con
zelo, scambiati e spesso addirittura rubati. Conservati sotto gli altari, le reliquie avevano
un'importanza particolare per le chiese e i monasteri, poiché conferivano loro il prestigio di luoghi
centrali della venerazione dei santi. Sorsero anche intere collezioni di reliquie, che attiravano
numerosi pellegrini. Alcuni luoghi di pellegrinaggio possedevano un enorme numero di reliquie.
Nell'Abbazia di Saint-Denis nelle vicinanze di Parigi, ad esempio, c'era addirittura un'apposita stanza,
dove i visitatori potevano ammirare le reliquie esposte.5

4
  Leithe-Jasper, Manfred und Distelberger Rudolf. Kunsthistorisches Museum. Volume 1. Die Schatzkammer. 5a Edizione.
Monaco di Baviera 2009.
5
  Cordez, Philippe. Schatz, Gedächtnis, Wunder. Die Objekte der Kirchen im Mittelalter. Ratisbona 2015.

10
7.   La «Wunderkammer», camera delle meraviglie: fascino e laboratorio
     L'Europa dal 1500 al 1700 d.C.

Immagine 7: la Wunderkammer di Copenaghen. Veduta del museo Wormianum di Ole Worm, 1655.
Fonte: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=471746 (26.5.2020)

Nel Rinascimento e nell'era delle scoperte, all'interesse per il bello e il sublime in armonia con
l'universo divino subentrò una sempre maggiore curiosità per tutto ciò che era sconosciuto, bizzarro
e incomprensibile. Al centro non c'era più la conferma del sapere biblico, ma lo studio di cose fino a
quel momento sconosciute. La scoperta di nuovi continenti, del macrocosmo planetario, ma anche
dell'immensamente piccolo nella natura, del microcosmo, scosse le fondamenta del sapere del
tempo. In quel periodo sorsero collezioni di oggetti nuovi, esotici e incredibili, portati a casa da
spedizioni, viaggi e avventure. Bisognava inserire queste nuove conoscenze nel sapere fino a quel
momento acquisito.

Sorsero grandi raccolte che fecero avanzare le conoscenze scientifiche e divennero la forza trainante
della secolarizzazione, nonché i nuovi luoghi di culto della società. «I rapporti tra passato e futuro

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presero il posto dei rapporti con l'aldilà mostrato attraverso gli oggetti conservati nei templi. L'arte [e
le scienze naturali, verrebbe da aggiungere] sostituì la religione.»6

Il Rinascimento è caratterizzato da una intensa ricerca e dalla sete di scoperta in tutti i campi. Gli
studiosi raccoglievano, catalogavano, sviluppavano teorie e inventavano nuovi strumenti.
Viaggiavano intorno al mondo e portavano a casa piante, animali, pietre, materiali, prodotti
sconosciuti, e anche individui di altre etnie. Una scienza che voleva essere tale presupponeva
un'adeguata documentazione. Nelle collezioni, inizialmente di oggetti, destava grande interesse ciò
che era particolare, straordinario, curioso, bizzarro. La Kunstkammer del Rinascimento è dunque
una congerie di minerali, fossili, conchiglie, animali esotici conservati in soluzione alcolica, di
antichità, opere d'arte, oggetti preziosi in ferro battuto, strumenti scientifici e curiosità di ogni
genere.

Le cose rare e interessanti esercitavano un fascino particolare ad esempio su alchimisti e farmacisti.
Questi scienziati ante litteram che oggi chiameremmo chimici indagavano i segreti della vita,
facevano ricerca, esperimenti e importanti scoperte scientifiche. Nei loro laboratori conservavano
denti di drago, piante essiccate, coralli, fossili, corna contorte, lingue di serpente, coccodrilli
impagliati e pietre preziose. Meraviglie della natura e della cultura, un variegato mix di «naturalia»,
«artificialia», «mirabilia», «exotica» e «scientifica», che erano collezionate anche da altri eruditi, signori
e regnanti, e stipate in casse, armadi, stanze o botteghe.

Scienza e superstizione, pensiero razionale e magia, dimostrazione empirica e alchimia non erano
rigorosamente distinti, ma si intrecciavano in numerose forme. I loro materiali costituivano una
fantasmagorica congerie di tutto ciò che è strano e bizzarro. Oltre a piante e animali da tutto il
mondo, con il tempo si iniziò a raccogliere, vivisezionare, catalogare e conservare in collezioni
anatomiche anche parti del corpo umano in tutte le loro manifestazioni, malattie e deformazioni.

Lo «studiolo» italiano fu un precursore delle «Wunderkammer» dell'area nord-alpina. I primi (metà
del XV secolo) furono gli studioli del duca Federico da Montefeltro nei due palazzi ducali di Urbino e
di Gubbio. Simili collezioni esibivano il potere e la ricchezza del proprietario e rispecchiavano la
visione del mondo e le conquiste della scienza dell'epoca. Inizialmente erano accessibili solo a una
cerchia ristretta di persone, ma con il passare del tempo furono aperte anche a un pubblico sempre
più vasto.

6
 Pomian, Krzyszof. Das Museum: die Quintessenz Europas. In: Wunderkammer des Abendlandes. Museum und Sammlung
im Spiegel der Zeit (Catalogo dell'esposizione della Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland di Bonn).
Bonn 1994, pag. 112-118, qui pag. 116; cfr. anche dello stesso autore: Der Ursprung des Museums. Vom Sammeln. Berlino
1998.

12
Gli studioli degli umanisti portarono alla creazione del primo museo cittadino pubblico d'Europa a
Basilea: la collezione di Erasmo da Rotterdam – libri, quadri, monete e medaglie, doni onorifici, calici,
orologi e cucchiai – dopo la sua morte andò all'amico Bonifacius Amerbach e fu inventariata e
ampliata dal figlio, Basilius Amerbach. Quando nel 1661 la collezione stava per essere venduta in
Olanda, la città di Basilea, retta dal sindaco Johann Rudolf Wettstein, si adoperò affinché rimanesse a
Basilea, quale parte dei beni dell'università. Un decennio più tardi, nel 1671, la collezione era
accessibile al pubblico nell'edificio «Zur Mücke» in Münsterplatz. La popolazione di Basilea poteva
visitarla ogni domenica, dopo la funzione religiosa.

Regnanti, chierici e commercianti ripresero dagli umanisti l'idea dello studiolo, come raccolta di
oggetti da studiare. Questa forma di luogo di studio privato, in cui gli oggetti rispecchiavano
l'armonia dell'universo, divenne di moda.

All'inizio dell'età moderna ispirò i popolari gabinetti delle curiosità, le camere delle meraviglie e delle
rarità, che portavano alla luce il passato spiegando al contempo l'universo. Questi precursori dei
musei rivendicavano una pretesa enciclopedica, che tuttavia era realizzabile solo escludendo
l'ordinario e il normale a favore dell'anormale e dello straordinario. Per la nuova borghesia
emergente, arricchitasi con il commercio, il gabinetto delle curiosità – con la sua raccolta di
stranezze di ogni genere – divenne ben presto parte dell'inventario della casa, un luogo per stupire
gli ospiti.7

7
  Bessler, Gabriela. Wunderkammern. Weltmodelle von der Renaissance bis zur Kunst der Gegenwart. Berlino 2009. - Die Kunst-
und Wunderkammer in Renaissance und Barock, www.kunstkammer.com/images/kunstkammer/Einfuehrung-in-die-
Kunstkammer.pdf (accesso 12.10.2019). - https://unigeschichte.unibas.ch/lokal-global/das-verhaeltnis-zu-politik-und-
gesellschaft/kooperationen-in-der-stadt/museen-startseite.html (accesso 12.10.2019). - Grote, Andreas (Ed.). Macrocosmos
in Microcosmos – die Welt in der Stube. Zur Geschichte des Sammeln 1450-1800. Opladen 1994.

13
8.   Il palazzo diventa museo
     L'Europa dal 1700 al 1850 d.C.

Immagine 8: il piazzale del museo del Louvre. La piramide di vetro è stata costruita tra il 1985 e il 1989 e funge da atrio del
museo. https://de.wikipedia.org/wiki/Datei:Louvre_Museum_Wikimedia_Commons.jpg (26.5.2020)

Dal Rinascimento le collezioni dei regnanti si sono arricchite di oggetti d'arte profana
contemporanea e di testimonianze di arte sacra dell'antichità. Esprimevano le preferenze personali,
il potere e il prestigio del proprietario. Alcune sono progressivamente cresciute, grazie alla passione
dei collezionisti, al loro amore per gli oggetti belli e particolarmente rari o unici, all'esigenza di
completare una collezione o al semplice desiderio di possedere tante cose preziose.

Con l'ampliarsi della collezione, diventava sempre più difficile trovare un posto adatto a ospitarla.
Alcune collezioni trovarono posto nei castelli o anche in edifici costruiti appositamente. Il Louvre di
Parigi era la residenza dei monarchi francesi dal XII secolo. Quando nel 1682 Luigi XIV trasferì la sua
corte a Versailles, gran parte del vasto palazzo reale nel cuore della città rimase inutilizzata. Come
conseguenza della Rivoluzione francese il Louvre cambiò funzione, e le collezioni reali divennero
proprietà dello Stato. Il 27 luglio 1793, l'Assemblea nazionale decretò che il Louvre doveva essere
accessibile al pubblico: era nato il primo museo nazionale d'arte.

L'origine della sua collezione risale al XIV secolo, quando il duca Jean de Berry (1340–1415), uno dei
fratelli di re Carlo V, raccolse una serie di dipinti, arazzi e miniature, alcuni dei quali ancora visibili ai
nostri giorni. Il fondatore vero e proprio della collezione fu però Francesco I (1515–1547),
considerato il primo grande collezionista sul trono di Francia. Nel 1517 Francesco I invitò Leonardo
da Vinci a soggiornare in un castello della Loira. Alla morte di Leonardo nel 1519, i suoi quadri – tra
cui probabilmente anche il ritratto della Monna Lisa – entrarono a far parte della collezione del
sovrano.

14
Immagine 9: il palazzo barocco costruito nel 1734 ospita a tutt'oggi la Kunstkamera di San Pietroburgo.
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kunstkamera_SPB.jpg (26.2.2020).

Un altro importante collezionista fu Pietro il Grande, zar di Russia. Era rimasto affascinato dai
numerosi gabinetti delle curiosità e dalle raccolte di rarità che aveva visto in Europa occidentale.
Anche la Russia doveva avere qualcosa di simile. Tutto ciò che destava l'ammirazione dello zar
entrava a far parte della collezione. Era suo desiderio mostrare la varietà del mondo e svelare i
segreti della natura. Alcuni oggetti li portò personalmente in Russia dai suoi viaggi. Inviava però
anche agenti sulle tracce del meraviglioso, il suo bibliotecario doveva visitare i musei di tutt'Europa
per scoprire che cosa ancora mancava alla collezione dello zar. I suoi consiglieri ritenevano che non
bastasse accumulare innumerevoli oggetti rari e preziosi, ma che fosse necessario fare un'accurata
cernita e presentarli al pubblico. Nel 1718 lo zar commissionò la costruzione della sua camera delle
meraviglie che doveva ospitare anche la collezione di rarità e una biblioteca. E nel 1727 fu
inaugurata la Kunstkamera di San Pietroburgo, il primo museo russo. Erano esposti elefanti
impagliati, esseri umani di paesi lontani, vivi o conservati in soluzione alcolica, minerali, strumenti
scientifici, apparecchi bizzarri e curiosità come una pecora con due teste. Pietro il Grande era
dell'opinione che la volontà di acculturarsi doveva essere premiata e per questo, diversamente da
quanto accade oggi, non faceva pagare l'entrata al museo. Ricompensava anzi la visita, offrendo un
piccolo rinfresco: un bicchiere di wodka agli uomini e una tazza di tè con marzapane alle signore.

La Torre di Londra è un'attrazione da molti secoli. Il museo trae le sue origini dall'officina delle armi
dei re inglesi. Fondato nel XV secolo, si tratta del museo più antico del Regno Unito, nonché di uno
dei più antichi al mondo. A tutt'oggi la Tower of London ospita una della più grandi collezioni di armi.
Dal diario di viaggio del basilese Thomas Platter il Giovane – che visitò l'Inghilterra nel 1599 –
abbiamo una prima testimonianza di una visita a pagamento della Torre: nelle sue note si legge

15
infatti che diede più volte al sorvegliante alcuni scellini, per pagare l'ingresso e visitare le singole
collezioni ospitate nella Torre.8

9.   Il museo come tempio
     Europa dal 1800 al 1900 d.C.

Immagine 10: il British Museum di Londra. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:British_Museum_from_NE_2.JPG

Alla fine del XVIII secolo, ma soprattutto nel XIX secolo, molte grandi collezioni private passarono
progressivamente in mano pubblica, donate alle università o come base per nuovi musei. I
collezionisti si concentravano sempre di più su singoli settori. Gli universalisti dei gabinetti delle
curiosità invece sparirono, poiché il sapere era ormai troppo differenziato e ricco di sfaccettature.
Ora la priorità era selezionare, catalogare e misurare, piuttosto che andare alla scoperta del nuovo. Il
mondo e il sapere dovevano essere subordinati a un sistema razionale onnicomprensivo, come fece
Linneo negli anni 1750 con la sua tassonomia.

Nel 1759 il governo inglese riunì le sue diverse collezioni in un edificio che chiamò «British Museum»,
il predecessore di quello attuale. Un centinaio di anni dopo fu costruito un nuovo edificio, la cui

8
 Bresc-Bautier, Geneviève, Lintz, Yannick, Mardrus, Françoise und Fonkenell, Guillaume (Ed.). Histoire du Louvre. 3 volumi.
Parigi 2016. - Velminski, Wladimir: Das Theatrum Naturae et Artis. In: Schlögel, Karl et al. (Ed.). Sankt Petersburg, Schauplätze
einer Stadtgeschichte. New York, Francoforte sul Meno 2007, pag. 63-74. - Hecht, Hans (Ed.). Thomas Platters des jüngeren
Englandfahrt im Jahre 1599: nach der Handschrift der Öffentlichen Bibliothek der Universität Basel. Halle/Saale 1929.

16
facciata principale ricorda un tempio greco. Anche altri musei europei hanno la stessa struttura:
l'antichità era considerata la culla dell'Europa e ispirò l'architettura dei musei.

La fondazione di collezioni e musei avvenne in un'epoca di enorme espansione del potere della
società europea. Nei vari tipi di collezioni dedicate alla natura, alla storia e all'arte, l'Europa si
assicurò il proprio potere discrezionale sul resto del mondo. Sull'esempio dei luoghi di culto, i musei
erano l'espressione dell'egemonia dell'Occidente. Le collezioni divennero gli oggetti di un culto
autoreferenziale: «Nei suoi musei la società borghese celebrava se stessa.»9

Nel XIX secolo, con la fondazione degli Stati ci fu un fiorire di musei nazionali. Oltre a rappresentare
lo Stato, i musei avevano anche la funzione di creare e promuovere un sentimento nazionale. Ai
visitatori doveva essere mostrato come un'origine, una storia, una lingua e una cultura comuni
avessero portato alla nascita della nazione. Il pensiero scientifico divenne inoltre il tratto distintivo
dei nuovi Stati nazionali. Così come la natura veniva catalogata e sistematizzata, anche la storia e la
cultura del proprio popolo doveva essere ordinata e strutturata, le testimonianze del suo operato
raggruppate e usate per far nascere l'identità nazionale. I musei erano il vettore dei miti e della
storia dei popoli, dell'immagine di se stessi e della rivendicazione del potere della nazione. Le
collezioni, un tempo privilegio dei ricchi e degli eruditi, divennero i luoghi deputati all'informazione e
all'indottrinamento delle masse. Lo sviluppo dell'arte e della storia fu sottoposto alla stessa
sistematica dell'evoluzione alla base delle collezioni dei musei di storia naturale. I musei diventarono
così strumenti di propaganda delle idee politiche e sociali, nonché istituti pedagogici incaricati di
trasmettere ad ampi strati della popolazione il sapere giudicato utile e importante.10

9
 Kohl, Karl-Heinz. Die Macht der Dinge. Geschichte und Theorie sakraler Objekte. Monaco di Baviera 2003, pag. 260.
10
  Raffler, Marlies. Spiegel der Nation: Zugänge zur Historischen Museologie am Beispiel der Genese von Landes- und
Nationalmuseen in der Habsburgermonarchie. Vienna 2007. - von Plato, Alice. Präsentierte Geschichte. Ausstellungskultur
und Massenpublikum im Frankreich des 19. Jahrhunderts. Francoforte sul Meno 2001. - Hochreiter, Walter. Vom
Musentempel zum Lernort. Zur Sozialgeschichte deutscher Museen 1800-1914. Darmstadt 1994.

17
10. La competizione a livello nazionale, coloniale e industriale
    Dal 1880 al 1945 d.C.

Immagine 11: l'esposizione universale di Parigi nel 1900 (fotografo sconosciuto). Parigi ha ospitato le esposizioni universali del
1889 e 1900. Quella del 1889 coincise con le celebrazioni del centenario della Rivoluzione francese. L'esposizione e l'immagine
della città di Parigi furono caratterizzate dalla costruzione della Torre Eiffel e della Galleria delle macchine a Champ des Mars.
L'Expo del 1900 segnò il trionfo del cinema, con le grandi proiezioni dei fratelli Lumière. I visitatori potevano fare il giro dell'area
espositiva su un tapis roulant di legno, una sorta di marciapiede semovente. La Torre Eiffel e i padiglioni rimanevano illuminati per
tutta la notte. Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Expo_universelle_paris_1900.JPG?uselang=de

Gli Stati europei, consolidatisi nella seconda metà del XIX secolo, si apprestavano a conquistare
ampie parti del globo. Verso la fine del XIX secolo, sulla scia dell'industrializzazione, le società stavano
inoltre cambiando molto rapidamente. Sorsero nuovi tipi di professioni e di mondi, e la classe
lavoratrice. Le fabbriche, le ferrovie e le nuove abitazioni e forme di vita cambiarono l'aspetto delle
città e del paesaggio.

Gli Stati del mondo gareggiavano tra di loro. Nelle esposizioni universali e nazionali presentavano
con orgoglio le ultime conquiste, ma anche le tradizioni del loro paese. Negli zoo umani venivano
esibiti gli indigeni delle colonie, alla stregua degli animali nei giardini zoologici.11

Risalgono a quell'epoca anche i primi musei a cielo aperto: case smantellate nel loro luogo originario
e ricostruite in un altro, per mostrare al pubblico come si viveva un tempo. Il primo museo di questo
tipo, lo Skansen, aprì a Stoccolma nel 1891.

11
     Kretschmer, Winfried. Geschichte der Weltausstellungen. Francoforte sul Meno., New York 1999.

18
Immagine 12: il Museo all'aperto di Skansen di Stoccolma. Foto: Jonathan Lundkvist, Skansen

Un altro museo rispecchia lo spirito del tempo, sempre più influenzato dalle teorie razziste: il Museo
tedesco di igiene, fondato a Dresda nel 1912, con la sua collezione documentava e tematizzava il
corpo umano. La cura della salute e l'igiene, intesi come un compito dei singoli individui, ma anche di
interi «popoli», divennero il mezzo politico per eccellenza per escludere tutti coloro che non
appartenevano al «corpo della nazione» sano. La follia della «razza pura», e la discriminazione di chi
era considerato «malato» o «inferiore», durante la Seconda guerra mondiale portarono allo sterminio
di milioni di persone.12

12
     Vogel, Klaus. Das Deutsche Hygiene-Museum Dresden, 1911-1990. Dresda 2003.

19
11. L'eterogeneo paesaggio museale
    Dal 1900 al 1970 d.C.

Immagine 13: entrata del Museo di Valmaggia, Cevio TI. L'associazione omonima fu fondata nel 1962 per conservare e catalogare
i beni culturali materiali della valle, poiché dalla fine della Seconda guerra mondiale era in corso una rapida dispersione di questa
preziosa eredità storica. Dopo l'acquisto e il restauro di Palazzo Franzoni a Cevio, nel 1963 fu inaugurato il primo museo
etnografico regionale del Canton Ticino. Foto: Joachim Kohler. Fonte:
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cevio_TI_Eingang_zum_%22Museo_di_Vallemaggia%22.jpg

La scienza scandiva ormai il ritmo del progresso delle conoscenze, differenziandosi e
specializzandosi in rami di competenza sempre più numerosi. Un singolo museo non bastava più
per ospitare i manufatti di un mondo sempre più variegato e complesso. Sorsero così
progressivamente altre istituzioni specializzate, dedicate a un tema specifico, a un settore culturale,
all'arte o alla natura.

Nell'era dell'industrializzazione, i musei delle arti e mestieri si occupavano della conservazione delle
antiche tecniche e pratiche artigianali, promovendo la ricerca di nuove procedure tecniche adeguate
ai tempi moderni.

Al più tardi all'inizio degli anni Trenta, si verificò un sostanziale cambiamento nella fruizione dei
musei: le istituzioni non erano più prerogativa degli studiosi, dei professionisti e di un'utenza
selezionata, ma si aprirono progressivamente al vasto pubblico con orari di apertura prolungati e
visite guidate alle esposizioni.

20
L'idea dei musei si affermò gradualmente in tutto il mondo. Il collezionismo come status symbol si
diffuse con l'avvento di nuovi centri del potere: nel XX secolo gli americani facoltosi divennero tra i
più influenti collezionisti. Da alcuni anni osserviamo simili sviluppi nei paesi emergenti, ad es. in Asia
e nel mondo arabo.

Dappertutto negli ultimi decenni sono sorti nuovi generi museali: musei dell'orologeria, musei della
tecnica, musei della medicina, musei dell'agricoltura, musei dei dinosauri, musei dell'esercito, musei
mineralogici, musei dei giocattoli, musei della posta, musei dei mulini – per menzionarne solo alcuni.

L'istituzione di musei dell'industria è un segno che anche l'era industriale volge al termine. Ma
soprattutto sono sorti anche numerosi musei dedicati alle tradizioni di un paese o di una regione,
che in genere presentano gli oggetti della vita quotidiana e raccontano la storia e la cultura locale,
del passato e del presente. La funzione primaria di questi musei non è tanto l'esposizione di oggetti
preziosi, ma la creazione di un senso di identità, in quanto luoghi del ricordo della vita quotidiana di
un passato che sta progressivamente scomparendo.13

12. Architettura, estetica e messa in scena, da un lato, memoria, revisione critica e
    tolleranza, dall'altro
    Dal 1970 ad oggi

13
  Roeckner, Katja. Ausgestellte Arbeit. Industriemuseen und ihr Umgang mit dem wirtschaftlichen Strukturwandel.
Stoccarda 2009. - Herget, Beate und Pleitner, Berit (Ed.). Heimat im Museum? Museale Konzeptionen zu Heimat und
Erinnerungskultur in Deutschland und Polen. Monaco di Baviera 2008.

21
Immagine 14: veduta esterna del Museo ebraico di Berlino, l'edificio progettato da Libeskind con il Giardino dell'esilio e la Torre
dell'olocausto. Museo ebraico di Berlino. Foto: Burkhard Katz

Negli anni Settanta i musei si diedero una nuova missione. La funzione educativa divenne prioritaria,
mentre i musei si aprivano a nuove fasce della popolazione e diventavano più popolari. Frequentate
in misura sempre maggiore dal ceto medio e dalle giovani generazioni, le esposizioni tenevano conto
anche dei temi che interessavano i nuovi fruitori. Da questi sviluppi e dalla derivante museologia
moderna nacque la pedagogia museale, con idee innovative sulla trasmissione del sapere. Riguardo
alla funzione dei musei, in quegli anni in Germania circolava il citatissimo slogan «Da tempio delle
muse a luogo di apprendimento».14

Il boom degli scorsi decenni ha portato non solo nuovi musei, ma anche nuove forme di architettura
e presentazione. Influenzato dalle fiere commerciali e dalle loro tecniche espositive, iniziò a
diffondersi un nuovo stile di allestimento, che si riflette sia nell'architettura dei musei, sia
nell'allestimento delle esposizioni: l'estetizzazione di ciò che viene mostrato diventa l'argomento
chiave della pubblicità.

La presentazione degli oggetti della collezione e la messa in scena dell'esposizione – con una spesa
e un uso della tecnica sempre maggiori – stanno diventando l'elemento prioritario. I musei
enfatizzano la «conoscenza sensoriale», poiché l'oggetto non ha solo un valore di testimonianza e
documentazione, ma possiede anche una sorta di «effetto sensoriale» voluto15. Soggetti alla
pressione delle condizioni di finanziamento e del numero dei visitatori, numerosi musei tendono a
puntare con una certa aggressività sui temi che interessano a una fascia di pubblico il più ampia
possibile.

Con questo nuovo orientamento, anche il presente entra con forza a far parte dell'attività delle
istituzioni museali. Accanto alle esposizioni, aumenta l'offerta di eventi collaterali, di atelier
pedagogici, di shop, caffè e ristoranti.

In molti paesi, soprattutto del mondo occidentale, il ricordo delle guerre, degli orrori dell'olocausto,
della persecuzione delle minoranze e dello sterminio delle culture indigene ad opera del
colonialismo sono diventati un importante tema di mostre e musei. Qui l'obiettivo è imparare dagli
errori del passato, ribadire l'importanza dei diritti umani e della tolleranza e diffondere il sentimento
di unità del genere umano e di parità dei diritti.16

14
   Spickernagel, Ellen und Walbe, Brigitte (Ed.). Das Museum. Lernort contra Musentempel. Giessen 1976.
15
   Korff, Gottfried, Roth, Martin. Einleitung. In: Korff, Gottfried, Roth, Martin (Ed.). Das historische Museum. Labor,
Schaubühne, Identitätsfabrik. Francoforte sul Meno 1990, pag. 9-37, qui pag. 17.
16
   Beier-de Haan, Rosmarie. Erinnerte Geschichte – Inszenierte Geschichte. Ausstellungen und Museen in der Zweiten
Moderne. Francoforte sul Meno. 2005.- Pieper, Katrin. Musealisierung des Holocaust: das Jüdische Museum Berlin und das
U.S. Holocaust Memorial Museum in Washington D.C.: ein Vergleich. Weimar 2006.

22
13. Il museo del futuro

Immagine 15: un'operatrice culturale accompagna un gruppo di rifugiati nella visita all'esposizione nel Museum zu Allerheiligen di
Sciaffusa. Al centro ci sono la condivisione e lo scambio. Foto: Diostudio.ch

L'acquisizione e il coinvolgimento con un approccio partecipativo di quante più persone possibile,
anche quelle che finora non erano mai entrate in un museo, diventano sempre più importanti. La
priorità non è più l'insegnamento – talvolta unilaterale – ma la discussione e il dibattito su ciò che è
esposto e tematizzato nel museo.

Si ricorre a visite guidate, eventi e nuovi media per rendere accessibili i contenuti a un pubblico
ampio e variegato. Alcuni musei invitano i visitatori a proporre le loro idee, contribuendo in tal modo
a pensare il futuro dei musei.

I musei affrontano anche la questione etica su come comportarsi con le raccolte di dubbia
provenienza. Cosa fare con gli oggetti che sono passati di mano senza il consenso dei legittimi
proprietari, che sono stati rubati o che hanno lasciato il paese di origine senza la necessaria
autorizzazione? Le direttive etiche per i musei emanate dall'ICOM sono attualmente la base
dell'attività dei musei e dei loro professionisti. Rispecchiano i principi generali internazionalmente
riconosciuti dai musei e circoscrivono i loro compiti.

I musei possono essere molte cose. Tutti custodiscono, studiano e trasmettono arte e beni culturali.
Alla Conferenza generale dell'ICOM a Kyoto nel 2019 si è discussa la seguente nuova definizione di
museo, che ha suscitato un acceso e controverso dibattito:

«I musei sono spazi democratizzati, inclusivi e polifonici per il dialogo critico sul passato e sul futuro.
Riconoscendo e affrontando i conflitti e le sfide del presente, conservano reperti ed esemplari in

23
custodia per la società, salvaguardano diversi ricordi per le generazioni future e garantiscono pari
diritti e pari accesso al patrimonio per tutte le persone. I musei non hanno scopo di lucro. Sono
partecipativi e trasparenti e lavorano in collaborazione attiva con e per le diverse comunità per
raccogliere, conservare, ricercare, interpretare, esporre e migliorare la comprensione del mondo,
puntando a contribuire alla dignità umana e alla giustizia sociale, all’uguaglianza globale e al
benessere planetario.»17

Questa definizione esprime con molta chiarezza i requisiti posti ai musei:
   -      l'esigenza di essere democratici e di rivolgersi possibilmente a tutti;
   -      la richiesta di presentare quanto esposto non come l'«unica verità», ma di includere
          prospettive diverse e consentire punti di vista critici;
   -      conservare i beni culturali per le prossime generazioni;
   -      collaborare strettamente con i gruppi e le comunità che si formano a livello locale, ed
          essere trasparenti;
   -      contribuire alla dignità umana, alla giustizia sociale, all'uguaglianza globale e al benessere
          generale;

Da tempio deputato all'ammirazione e alla venerazione, passando per luogo di elevazione, stupore e
istruzione, il museo è dunque diventato una piazza in cui negoziare, discutere e litigare. Il museo non
può sottrarsi alla dialettica che lo lega alla politica, alla scienza e ai media, ma viceversa deve
sfruttarla per contribuire con i propri mezzi a un dibattito il più possibile ampio e variegato.

L'istituzione museo ha un compito di formazione e trasmissione. Deve aprire le porte a quante più
persone possibile, rispondere alle loro esigenze attuali, includendole nell'attività museale, affinché si
sentano a casa nel «loro» museo.18

17
   https://icom.museum/en/news/icom-announces-the-alternative-museum-definition-that-will-be-subject-to-a-vote/,
https://icom.museums.ch/standards/ethik, https://icom.museum/wp-content/uploads/2018/07/ICOM-code-En-web.pdf
(accesso 24.3.2020)
18
   Greub, Suzanne und Greub, Thierry (Ed.). Museen im 21. Jahrhundert: Ideen, Projekte, Bauten. Monaco di Baviera 2006.

24
14. Perché la Svizzera ha così tanti musei?

Immagine 16: Museum Mühlerama, Zurigo.         Immagine 17: Ortsmuseum Zollikon (ZH). Foto: zVg
Mulini a cilindri con proiezioni di immagini
storiche. Foto: Martin Stollenwerk

L'Europa appartiene a quella parte del mondo dove il confronto con la storia è sempre più frequente
e autorevole. Da un lato, perché nella sua lunga e complicata storia ha dominato e controllato il
mondo per molto tempo, collezionando oggetti di ogni dove. Dall'altro, perché l'Europa ha vissuto
numerosi conflitti e guerre che hanno provocato spaventose catastrofi (guerre mondiali, olocausto).

Oggi la situazione geopolitica del mondo sta cambiando. L'influenza dei paesi asiatici aumenta, in
futuro il centro del potere mondiale sarà in Asia, mentre l'Europa guarda ormai più al passato che al
futuro. Ampi strati della popolazione europea sono orgogliosi delle conquiste dell'Europa, dei suoi
traguardi culturali. Altri esprimono però anche dubbi e sono critici. Il progressivo sviluppo del
mercato libero e del turismo favoriscono inoltre la costruzione di nuovi musei o l'ampliamento di
quelli esistenti.

In Svizzera, paese piccolo ma culturalmente molto variegato, questo fenomeno è evidente
soprattutto nei musei locali e regionali. La struttura federalista e il benessere favoriscono
l'ampliamento del paesaggio museale elvetico, ed è questo il motivo per cui la Svizzera ha la
maggiore concentrazione di musei a livello mondiale.

25
15. Bibliografia

Beier-de Haan, Rosmarie. Erinnerte Geschichte – Inszenierte Geschichte. Ausstellungen und Museen
in der Zweiten Moderne. Francoforte sul Meno. 2005.

Bessler, Gabriela. Wunderkammern. Weltmodelle von der Renaissance bis zur Kunst der Gegenwart.
Berlino 2009.

Cordez, Philippe. Schatz, Gedächtnis, Wunder. Die Objekte der Kirchen im Mittelalter. Ratisbona
2015.

Greub, Suzanne, Greub, Thierry (Ed.): Museen im 21. Jahrhundert: Ideen, Projekte, Bauten. Monaco
di Baviera 2006.

Grote, Andreas (Ed.). Macrocosmos in Microcosmos – die Welt in der Stube. Zur Geschichte des
Sammeln 1450-1800. Opladen 1994.

Herget, Beate, Pleitner, Berit (Ed.). Heimat im Museum? Museale Konzeptionen zu Heimat und
Erinnerungskultur in Deutschland und Polen. Monaco di Baviera 2008.

Hochreiter, Walter. Vom Musentempel zum Lernort. Zur Sozialgeschichte deutscher Museen 1800-
1914. Darmstadt 1994.

Kohl, Karl-Heinz. Die Macht der Dinge. Geschichte und Theorie sakraler Objekte. Monaco di Baviera
2003.

Korff, Gottfried, Roth, Martin (Ed.): Das historische Museum. Labor, Schaubühne, Identitätsfabrik.
Francoforte sul Meno. 1990.

Kretschmer, Winfried. Geschichte der Weltausstellungen. Francoforte sul Meno., New York 1999.

Leithe-Jasper, Manfred und Distelberger Rudolf. Kunsthistorisches Museum. Volume 1. Die
Schatzkammer. Monaco di Baviera 2009.

Pieper, Katrin. Musealisierung des Holocaust: das Jüdische Museum Berlin und das U.S. Holocaust
Memorial Museum in Washington D.C.: ein Vergleich. Weimar 2006.

Pomian, Krzyszof. Der Ursprung des Museums. Vom Sammeln. Berlino 1998.

26
Dello stesso autore: Das Museum: die Quintessenz Europas. In: Wunderkammer des Abendlandes.
Museum und Sammlung im Spiegel der Zeit. Ed. dalla Kunst- und Ausstellungshalle der
Bundesrepublik Deutschland. Bonn 1995, pag. 112-118.

Raffler, Marlies. Spiegel der Nation: Zugänge zur Historischen Museologie am Beispiel der Genese
von Landes- und Nationalmuseen in der Habsburgermonarchie. Vienna 2007.

Roeckner, Katja. Ausgestellte Arbeit. Industriemuseen und ihr Umgang mit dem wirtschaftlichen
Strukturwandel. Stoccarda 2009.

Spickernagel, Ellen, Walbe, Brigitte (Ed.). Das Museum. Lernort contra Musentempel. Giessen 1976.

Vieregg, Hildegard K. Geschichte des Museums. Eine Einführung. Monaco di Baviera 2008.

Vogel, Klaus. Das Deutsche Hygiene-Museum Dresden, 1911-1990. Dresda 2003.

von Plato, Alice. Präsentierte Geschichte. Ausstellungskultur und Massenpublikum im Frankreich des
19. Jahrhunderts. Francoforte sul Meno. 2001.

Walz, Markus (Ed.). Handbuch Museum. Geschichte, Aufgabe, Perspektiven. Stoccarda 2016.

Wiese, André, Brodbeck, Andreas (Ed.).Tutanchamun. Das goldene Jenseits. Grabschätze aus dem Tal
der Könige. Basilea 2004.

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