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Associazione Italiana di Psicologia Giuridica Corso di Formazione in Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense Teoria e Tecnica della Perizia e della Consulenza Tecnica in ambito Civile e Penale, adulti e minorile “Ascolto del minore nelle diverse fasi del procedimento penale in ipotesi di abuso sessuale” Candidata Alessandra Micheloni CORSO 2018 1
INDICE PREMESSA…………………………………………………………………………………………3 Capitolo I 1.1. L’abuso…………………………………………………………………………………………6 1.2. Il Disturbo post-traumatico da stress…………………………………………………………..11 Capitolo II 2.1. Il procedimento penale…………………………………………………………………………13 2.2. Il procedimento penale e il minore vittima di abuso…………………………………………...14 Capitolo III 3.1. L’ascolto del minore: l’audizione protetta……………………………………………………..17 3.2. L’ascolto del minore nella fase delle indagini preliminari……………………………………..18 3.3. La vittimizzazione secondaria………………………………………………………………….20 3.4. La persona che effettua l’ascolto……………………………………………………………….20 3.5. Il setting dell’audizione protetta………………………………………………………………..22 3.6. Conduzione del colloquio in audizione protetta………………………………………………...23 3.7. L’impiego di strumenti ausiliari durante l’intervista……………………………………………27 CONCLUSIONI…………………………………………………………………………………….30 2
PREMESSA Ai sensi dell’art. 196 c.p.p ogni persona ha capacità di testimoniare nell’ambito del procedimento penale. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l’idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni1 con i mezzi consentiti dalla legge (comma 2). Per i minori, peraltro, l’Ordine degli Psicologi del Lazio ha conferito l’incarico ai dottori Paolo Capri (coordinatore), Alessandro Crisi, Ester Di Rienzo, Anita Lanotte e Patrizia Pes per la stesura delle “Linee guida per la diagnosi clinico-forense in relazione all’ascolto dei minori in ipotesi di abuso nell’audizione protetta ed in caso di perizia o consulenza”, con lo scopo di orientare i professionisti psicologi del Lazio a una buona prassi e di diffonderle presso la committenza pubblica e privata. Secondo le predette linee guida “nell’ascolto e nella valutazione in ambito penale, vanno rispettate le norme legislative che proteggono i diritti del minore quali la possibilità di ricevere un’informazione corretta, completa, accurata e adeguata alle sue capacità sul percorso che lo riguarda e sul suo significato cognitivo ed emotivo”; sono riportati, altresì, i seguenti riferimenti normativi: o L’art.12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo2 (20 Novembre 1989, ratificata in Italia con Legge 27 Maggio 1991, n. 176) specifica che: a. “Gli Stati Parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”. b. “A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”. o Il principio è ribadito nella Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (Strasburgo, 25 gennaio 1996), ratificata in Italia con Legge 20 Marzo 2003, n. 77: all’art. 3, secondo cui “nei procedimenti che lo riguardano dinnanzi a un’autorità giudiziaria, al minore 1 Lo strumento processuale deputato alla effettuazione dei citati accertamenti è la perizia. Ai sensi dell’art. 220 c.p.p. - Oggetto della perizia – 1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. 2 L’art.1 della medesima Convenzione definisce “il fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile”. 3
che è considerato dal diritto interno come avente capacità di discernimento vengono riconosciuti i seguenti diritti, di cui egli stesso può chiedere di beneficiare: a. “Ricevere tutte le informazioni pertinenti”. b. “Essere consultato ed esprimere la propria opinione”. c. “Essere informato sulle possibili conseguenze delle aspirazioni da lui manifestate e delle possibili conseguenze di ogni decisione”. Con particolare riferimento ai temi dell’ascolto del minore in ipotesi di maltrattamenti (art. 572 c.p.) o abuso sessuale (artt. 609-bis e ss. c.p.), la Carta di Noto (1996)3 indica per la diagnosi e il trattamento della vittima il ricorso a competenze molteplici, dettando i seguenti principi, in ordine alle corrette modalità di ascolto: 1. Nell’espletamento delle sue funzioni l’esperto deve utilizzare metodologie scientificamente affidabili e rendere espliciti i modelli teorici di riferimento utilizzati. 2. All’esperto non deve essere sottoposto un quesito volto all’accertamento della verità sotto il profilo giudiziario. 3. In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti dell’esperto devono essere estesi ai membri del contesto familiare, e ove possibile, sociale del minore (compreso il presunto abusante). Ove l’indagine non potesse essere espletata con l’ampiezza sopra indicata, l’esperto deve dare atto dei motivi di tale incompletezza. E’ da considerare deontologicamente scorretto esprimere un parere senza avere esaminato il minore. 4. L’esperto deve in ogni caso ricorrere alla videoregistrazione, o quanto meno, alla audioregistrazione delle attività svolte, consistenti nell’acquisizione delle dichiarazioni o delle manifestazioni di comportamenti. Tale materiale deve essere posto a disposizione delle parti e del magistrato. 5. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto avrà cura di individuare ed esplicitare le varie e alternative ipotesi prospettabili in base all’esame del caso. 6. Nella comunicazione col minore l’esperto deve: a) garantire che l’incontro avvenga in tempi, modi e luoghi tali da assicurare la serenità del minore e la spontaneità della comunicazione; b) evitare in particolare il ricorso a domande suggestive o implicative che diano per scontata la sussistenza del fatto oggetto di indagini. 3 Si tratta di un documento nato dalla collaborazione interdisciplinare tra avvocati, magistrati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali dopo il convegno "Abuso sessuale sui minori e processo penale", tenutosi a Noto il 9 Giugno 1996 ed organizzato dalla Prof.ssa de Cataldo Neuburger e dall’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali. 4
7. Nel caso di pluralità di esperti, è opportuno favorire la concentrazione dei colloqui con il minore in modo da minimizzare lo stress che la ripetizione dei colloqui può causare al bambino. 8. L’esperto deve rendere espliciti al minore gli scopi del colloquio, tenendo conto della sua età e della sua capacità di comprensione, evitando - in quanto possibile - di caricarlo di responsabilità per quello che riguarda gli eventuali sviluppi del procedimento. 9. Deve tenersi conto che la sintomatologia da stress riscontrabile in bambini abusati è in generale rivelata da indicatori psico-comportamentali aspecifici, che in questo caso possono rappresentare risposte a stress diversi quali, per esempio, quelli dovuti a conflitti o disagi intrafamiliari. 10. I ruoli degli esperti nel procedimento penale, e dello psicoterapeuta o psicoriabilitatore, sono incompatibili. 11. L’assistenza psicologica in giudizio al minore sarà affidata ad operatore specializzato e si svolgerà in tutte le fasi e presso tutte le sedi giudiziarie in cui il caso di abuso è trattato. 12. L’assistenza psicologica prevista dall’art. 609-decies c.p.4 deve essere svolta da persona diversa dal consulente e non deve interferire in alcun modo con l’attività dell’esperto. L’assistente psicologico non potrà esprimere valutazioni sull’attendibilità del minore assistito. 13. Gli esperti consigliano vivamente che, ove possibile, le dichiarazioni del minore vengano, fin dal primo momento, raccolte e opportunamente documentate (mediante fono o videoregistrazione) dalla polizia giudiziaria o dal Pubblico Ministero, con l’ausilio di esperti e comunque tenendo presente i principi contenuti in questa Carta. Auspicano inoltre che, in analogia con quanto avviene per i componenti delle sezioni di polizia giudiziaria presso le Procure della Repubblica per i minorenni, vengano istituiti, dalle forze di polizia, organismi in aggiornamento professionale permanente per l’intervento nei casi di abuso sessuale sui minori. 4 Stabilisce la norma che “l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado di procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne, nonché di gruppi, fondazioni, associazioni od organizzazioni non governative di comprovata esperienza nel settore dell'assistenza e del supporto alle vittime dei reati di cui al primo comma e iscritti in apposito elenco dei soggetti legittimati a tale scopo, con il consenso del minorenne, e ammessi dall'autorità giudiziaria che procede”. 5
Capitolo I 1.1. L’Abuso In termini generali, per “abuso” nei confronti dei minori si intende qualsiasi comportamento, attivo od omissivo, posto in essere prevalentemente da un adulto che: danneggia lo sviluppo psicofisico e psicosessuale del/della bambino/a; è in contrasto a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo5 e con i più recenti complessi normativi in materia di tutela dei minori; impedisce la crescita armonica del/la minore, non proteggendolo/a sul piano fisico e psichico. Quando si definisce l’abuso è necessario distinguerne diverse tipologie: 1. maltrattamento fisico e psicologico (cfr. artt. 571 - Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, 572 - Maltrattamenti contro familiari o conviventi, 581 - Percosse, 582- Lesioni c.p.); 2. patologie delle cure: o incuria: insufficienza di cure fisiche e psichiche; o discuria: cure distorte e inadeguate; o ipercura: eccessiva attenzione nella somministrazione di cure6. 3. violenza assistita7: “il fare esperienza da parte del/la bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative, adulti o minori8”; 5 Convenzione sui diritti del fanciullo approvata il 20 novembre 1989 a New York, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, entrata in vigore il 2 settembre 1990 e ratificata in Italia con legge del 27 maggio 1991, n.176. Questo accordo rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, successivamente rinforzato dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori approvata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996 (e ratificata dall’Italia con la legge del 20 marzo 2003, n. 77). 6 Cfr. la cd. Sindrome di Munchausen per procura: disturbo fittizio per procura ove la caratteristica essenziale è la produzione deliberata o simulazione di segni e sintomi fisici o psichici in un’altra persona che è affidata alle cure del soggetto. Tipicamente la vittima è un bambino piccolo e il responsabile è la madre del bambino. La motivazione di tale comportamento viene ritenuta essere il bisogno psicologico di assumere, per interposta persona, il ruolo di malato. 7 Forma di maltrattamento psicologico che si verifica prevalentemente in ambito familiare, in presenza di violenza domestica. Tale fattispecie viene considerata una circostanza aggravante della pena ex art 61, n. 11-quinquies, c.p.: l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all'art. 572 del c.p., commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza. 8 Così definita dal Cismai (Coordinamento Italiano dei servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia) – www.savethechildren.it 6
4. abuso sessuale (intra o extrafamiliare): secondo il DSM-59 tale si definisce qualunque atto sessuale che coinvolge un bambino, destinato a procurare gratificazione sessuale a un genitore, a un caregiver, a un altro individuo che ha la responsabilità del bambino (persona cui per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato), o a un estraneo (cfr. artt. 609-bis e ss. c.p.); Abuso attuato da gruppi, quali organizzazioni per la produzione di materiale pedopornografico, per lo sfruttamento della prostituzione, agenzie per il turismo sessuale, etc.; organizzazioni pseudo-religiose; organizzazioni ideologiche pro-pedofilia10 (art. 600-bis e ss. c.p.). Nel caso di rapporti sessuali in ambito familiare, se non ricorrono gli estremi contenuti negli artt. 609-ter, n. 5 (con violenza o minaccia), e 609 quater, 2°co. (atti sessuali, senza violenza o minaccia, con minori), c.p., ricorrerà la fattispecie di incesto ex art. 567 c.p., che costituisce reato solo quando dal fatto “derivi pubblico scandalo”. Altrimenti, se non esiste pubblico scandalo, entrambi i partner sono consenzienti e il consenso della vittima, se infrasedicenne, è validamente prestato, il rapporto “incestuoso” con discenti e ascendenti, con affini linea retta o con fratelli o sorelle non costituisce reato (Fornari, U., 2018). 5. Grooming: adescamento sessuale dei minori attraverso internet (cfr. art. 609-undecies c.p.) (Dèttore, D., Fuligni, C. 2008). In particolare l’abuso sessuale è disciplinato dall’articolo 609-bis c.p., rubricato “violenza sessuale”: la condotta punita è quella di chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali; allo stesso modo è punito chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali. a) Abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto. b) Traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. L’abuso sessuale, anche fuori dalle ipotesi di violenza, minaccia o abuso delle condizioni di inferiorità della vittima, si riferisce a qualsiasi attività sessuale tra un adulto ed un bambino, che per ragioni di immaturità psico-affettiva e per condizioni di dipendenza dagli adulti, non è ritenuto in grado di poter compiere scelte consapevoli o di avere adeguata consapevolezza del significato e del valore delle attività sessuali in cui viene coinvolto (cfr. art. 609-quater c.p.). 9 Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali- quinta edizione 2018 – Edizione italiana a cura di Massimo Biondi. 10 “Linee Guida per la diagnosi clinico-forense in relazione all’ascolto dei minori in ipotesi di abuso nell’audizione protetta ed in caso di perizia o consulenza” Capri, C., Crisi, A., Di Rienzo, E., Lanotte A., Pes, P. 7
Le attività sessuali a cui fa riferimento la norma includono sia rapporti sessuali completi, sia forme di contatto erotico, sia atti che non prevedono un contatto diretto, come l’esporre il bambino alla vista di un atto sessuale (cd. abuso sessuale assistito). Tuttavia, è stato affermato che “l’esercizio di sessualità nei confronti di un bambino è sempre indice di perversione”, integrandosi spesso con altri comportamenti violenti e che a loro volta producono danni più o meno gravi nella successiva strutturazione psichica del minore. Le conseguenze negative e la loro gravità possono dipendere da diversi fattori, quali l’età precoce del bambino e quanto prolungato è il suo permanere immerso in un clima violento (non solo sessualmente) (Fornari, U., 2018) L’abuso all’infanzia è un fenomeno complesso che necessita di differenti livelli di analisi e di intervento: psicologico, psicologico-sociale, psicologico-giuridico, giudiziario/legislativo e clinico. L’abuso non corrisponde ad una diagnosi clinica ed il suo accertamento si deve basare su una valutazione multisistemica che integra un primo livello di analisi di tipo clinico (riferito alla possibile presenza di un quadro sintomatologico, seppur non connotato di un significato patognomonico) con un livello di analisi di tipo psicologico-giuridico (ad esempio in riferimento alla testimonianza resa dal bambino/adolescente presunta vittima e/o testimone dell’abuso) e psico-sociale (riferita, ad esempio, alla necessità di effettuare un’attenta valutazione anche del contesto familiare e ambientale del bambino). In linea con quanto sopra descritto, dunque, la decisione di effettuare una segnalazione alle Autorità competenti dovrebbe: scaturire da un “sospetto sufficientemente fondato”; essere accompagnata da una valutazione clinica e psicosociale fondata su: segni fisici evidenti e ricostruzione dei fatti; essere preceduta e/o accompagnata dalla testimonianza diretta del/la bambino/a e dell’adolescente; si concretizza a partire dalla ipotesi ragionevolmente circostanziata e documentata che sia stato commesso un reato tale da configurare un pericolo o comunque una situazione pregiudizievole per la salute fisica e/o psichica del/la bambino/a, tale da meritare un intervento di accertamento da parte dell’autorità giudiziaria; dovrà infine contenere riferimenti al contesto ambientale all’interno del quale sono stati raccolti i segnali fisici e/o testimoniali, specie nei casi di presunto abuso intrafamiliare. Lo psichiatra Ugo Fornari (2018) scrive che in letteratura si segnalano degli indicatori dell’abuso infantile, di frequente riscontro, che però sono aspecifici e non attribuibili solo all’abuso sessuale denunciato. 8
Gli indicatori sono così suddivisi e descritti: indicatori cognitivi: o conoscenze sessuali inadeguate (in eccesso e distorsione) rispetto all’età; o carenti capacità di attenzione; o confusione nel ricordo dei fatti e sovrapposizione dei tempi. Indicatori fisici (più suggestivi in tal senso): o disturbi psicosomatici del tratto gastroenterico; o ritardo o arresto della crescita; o aspetto gravemente sofferente (ipotonia muscolare, pallore, pannicolo adiposo ridotto al minimo e altro); o lesioni traumatiche all’apparato genitale o anale (pruriti, dolore, emorragie, infezioni, contusioni, graffi, ferite, infiammazioni); o altre manifestazioni fisiche correlate; o riflesso di dilatazione anale abnorme; o abnorme apertura vaginale (con o senza perforazione dell’imene); o presenza di corpi estranei in vagina o ano; o biancheria intima strappata, sporca o insanguinata; o difficoltà nel camminare e nel sedersi; o malattie sessualmente trasmesse o veneree; o gravidanza; o incontinenza urinaria e fecale. Indicatori comportamentali ed emotivi (aspecifici e potenziali fonti di equivoci): o disturbi del sonno, insonnia, pavor nocturnus; o crisi acute di ansia con episodi di pianto apparentemente immotivato; o reattività fisiologica all’esposizione a eventi che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico; o eccessiva remissività e passività; o paura e/o sfiducia degli adulti; o carenti capacità di espressione; o disturbi, difficoltà o mancanza di controllo emozionale; o ipocondria; o ipervigilanza; o esagerate risposte di allarme; o disturbo del linguaggio e balbuzie; 9
o giochi sessuali inadeguati per l’età; o depressione; o cambiamenti nel comportamento sessuale; o cambiamenti nel linguaggio; o cambiamento nel vestirsi; o comportamento seduttivo eccessivo per l’età; o inversione dei ruoli; o bassa autostima, sfiducia in se stessi, mancanza di confidenza; o problemi con i pari, mancanza di coinvolgimento e isolamento sociale; o tentativi di suicidio, abuso di sostanze stupefacenti e alcool (specialmente in età adolescenziale); o minacce verbali e fisiche come reazione a tentativi e/o manifestazioni variamente orientate di contatto fisico; o difficoltà o eccessivo compiacimento nel cambiarsi gli abiti davanti alle persone; o comportamento regressivo; o inibizione nel gioco; o inadempienza scolastica e assenze scolastiche ingiustificate, crolli nel rendimento scolastico; o atteggiamenti ribelli e provocatori; o enuresi; o masturbazione talora compulsiva e senza osservanza per le limitazioni delle norme sociali e regole del gruppo; o disegni o atti che indicano la conoscenza di esperienze sessuali inappropriate all’età (in particolare nei bambini più piccoli); o promiscuità sessuali, gravidanze, prostituzione (negli adolescenti). Tuttavia “non è scientificamente corretto inferire dall’esistenza di sintomi psichici e/o comportamentali, pur rigorosamente accertati, la sussistenza di uno specifico evento traumatico” e “nessun test psicodiagnostico è in grado di provare una specifica esperienza di vittimizzazione, come pure di discriminare bambini abusati da quelli non abusati (Camerini, G.B., 2014, p.193). 10
1.2. Il Disturbo post-traumatico da stress I bambini possono manifestare molti cambiamenti comportamentali in seguito ad uno stress o a traumi (Fornari, U., 2018), che sono fattori aspecifici a partire dai quali possono avere origine conseguenze psicopatologiche di diversa natura e severità. Solo una parte dei bambini esposti ad esperienze di abuso e di maltrattamento può presentare dei sintomi che sono caratteristici di una reazione stress post-traumatico. Si possono individuare degli indicatori prognostici: l’età del bambino (per una maggiore o minore consapevolezza dell’esperienza vissuta); maggiore o minore fragilità della personalità; intensità del trauma fisico e della coercizione; qualità della risposta familiare ed istituzionale (Gulotta, G., Camerini, G.B., 2014). Il bambino può reagire ad uno stress quale: divorzio, lutto in famiglia, strasferimenti, nascita di un fratello, malattia o lesione significativa, un maltrattamento fisico e/o vittimizzazione sessuale. Non ci sono differenze dei sintomi legati allo stress in caso di abuso sessuale o altri traumi che ha subito il bambino (Fornari, U., 2018). Secondo il DSM-5 il Disturbo da stress post- traumatico (DPST) è caratterizzato dallo “sviluppo di sintomi tipici che seguono l’esposizione a uno o più eventi traumatici”. Sono riportati criteri diagnostici per gli adulti, adolescenti e bambini di età superiore ai 6 anni, distinti da quelli per i bambini sotto i 6 anni di età. Si fa riferimento, comunque, all’ “esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale” in uno o più dei seguenti modi (Criterio A): 1. fare esperienza diretta dell’evento o degli eventi traumatico/i; 2. assistere direttamente all’evento o agli eventi traumatici accaduto/i ad altri (nel caso dei bambini con meno di 6 anni: in particolare ai caregiver primari); 3. venire a conoscenza di un evento o di più eventi traumatico/i a persone della famiglia o ad un amico stretto (evento deve essere stato violento o accidentale (nel caso dei bambini con meno di 6 anni si specifica: figure di accudimento); 4. esperienze di esposizione a dettagli crudi dell’evento o degli eventi traumatico/i (nel caso di età superiore ai 6 anni). Si specifica la presenza, nel soggetto, di uno (o più) sintomi intrusivi dopo l’esposizione all’evento o agli eventi traumatico/i (Criterio B), come ad esempio ricordi, sogni spiacevoli legati a contenuti o emozioni esperite durante il trauma; reazioni dissociative (per esempio flashback) che possono presentarsi attraverso il gioco nei bambini; una intensa o prolungata sofferenza psicologica (paura, 11
anedonia, disforia o pensieri negativi); manifestazioni di reazioni fisiologiche in risposta a fattori che rievocano l’evento o gli eventi traumatico/i vissuto/i. Un altro meccanismo descritto (Criterio C) è la messa in atto della strategia di evitamento degli stimoli associati all’evento traumatico (pensieri, ricordi oppure stimoli, fattori esterni, luoghi, attività che possono suscitare ricordi o sensazioni spiacevoli). Possono essere presenti alterazioni negative della cognitività e comportamentali (alterazione arousal e reattività associate): incapacità di rievocare il ricordo del trauma, cognizioni negative di sé, colpa, distacco o estraneità verso gli altri, incapacità di provare emozioni positive (adulti, adolescenti e bambini di età superiore ai 6 anni); tra i sintomi presenti anche nei bambini al di sotto dei 6 anni abbiamo: irritabilità/esplosioni di rabbia, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, difficoltà del sonno, problemi di concentrazione. I bambini con età inferiore ai 6 anni possono manifestare un comportamento ritirato, una persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive e aumento della frequenza di stati emotivi negativi (paura, colpa, confusione, vergogna). 12
Capitolo II 2.1. Il procedimento penale Per procedimento penale si intende la serie organizzata di atti e fatti volti all’accertamento di un reato, all’affermazione delle relative responsabilità e all’applicazione delle conseguenti sanzioni penali. Esso si sviluppa a partire dalla notizia di reato, ovverosia “la narrazione di un fatto che costituisce reato”, che può pervenire al Pubblico Ministero dai pubblici ufficiali o dagli incaricati di pubblico servizio (polizia giudiziaria11), i quali vengano a conoscenza di un fatto di reato, oppure direttamente dai privati cittadini, che abbiano presentato denuncia o querela. Nel procedimento penale si individuano le seguenti fasi principali: 1. La fase delle indagini preliminari: è una fase governata dal principio di segretezza e si avvia, come anticipato, con l’acquisizione della notizia di reato. Nel corso di questa fase possono verificarsi tre “esiti”: il Pubblico Ministero o la Polizia Giudiziaria da esso delegata eseguono le indagini necessarie per l’accertamento dei fatti per cui procede. Nel caso in cui il PM ritenga infondata la notizia di reato, lo stesso presenta una richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari (GIP). Nel caso in cui il PM ritenga fondata la notizia di reato, lo stesso esercita l’azione penale mediante la richiesta al Giudice dell’udienza preliminare - GUP di rinvio a giudizio (decisa nel corso dell’udienza preliminare) o la citazione diretta a giudizio (processo o dibattimento), formulando l’imputazione a carico dell’indagato. 2. A seguito della richiesta del PM di rinvio a giudizio, viene fissata l’udienza preliminare innanzi al GUP: si tratta di una fase eventuale prevista solo per i reati più gravi12, dove il GUP effettua, a garanzia dell’imputato, un’ulteriore valutazione sulla fondatezza della notizia di reato. Gli esiti possibili dell’udienza preliminare sono la sentenza di non luogo a procedere oppure il decreto che dispone il giudizio. 3. La fase del giudizio, chiamato anche processo o dibattimento, innanzi al Giudice monocratico o collegiale, nel corso del quale si assumono in contraddittorio (parità delle armi tra accusa e difesa) le prove. Al termine dell’istruttoria (fase dell’assunzione delle prove) le parti (PM e difensore dell’imputato: parti necessarie) procedono con la discussione finale con 11 Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia locale. 12 La gravità è stabilita sulla base della pena prevista per il reato che sia superiore nel massimo di 4 anni (Cfr. art.550 del c.p.p.). 13
la quale formulano le loro richieste, e infine il Giudice assume la propria decisione sulla responsabilità penale dell’imputato. La fase dell’incidente probatorio è solo eventuale e si svolge nel corso delle indagini preliminari. L’eventualità è data dal fatto che alcune condizioni di urgenza rendono necessario anticipare l’assunzione di una prova con le modalità del dibattimento (in contraddittorio tra le parti) alla fase delle indagini (artt. 392 e ss. c.p.p.). 2.2. Il procedimento penale e il minore vittima di abuso La notizia di reato che riguarda una persona offesa minore d’età può avere origine da diverse fonti: può trattarsi di una querela sporta dallo stesso quando abbia più di quattordici anni, dal genitore o da un tutore, da un curatore speciale, ovvero può essere presentata una denuncia dai maestri o dagli educatori, per esempio, ma può trattarsi anche di una notizia di reato acquisita d’ufficio dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero (Tribisonna, F., 2017). Quando la notizia di reato si riferisce a una violenza sessuale infantile il reato è procedibile d’ufficio. Secondo l’articolo 609-septies c.p., infatti, si procede d’ufficio: “se il fatto di cui l’articolo 609-bis (violenza sessuale), è commesso nei confronti di una persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto”; “se il fatto è commesso dall’ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero dal minore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza”; “se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni”; “se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”; “se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui l’articolo 609-quater, ultimo comma13”. Quando avviene la comunicazione della notizia di reato si attiva il procedimento penale, nelle forme sopra descritte. Ai sensi dell’art. 609-decies c.p. il Pubblico ministero ne dà comunicazione al tribunale per i minorenni, per le determinazioni di competenza a tutela del minore abusato. Siamo di fronte, quindi, al coinvolgimento di diverse figure professionali, in quanto l’interesse prioritario dell’ordinamento è garantire la tutela del minore vittima e che le procedure di accertamento della verità non risultino lesive del suo equilibrio psicologico-emozionale (De Leo G., Patrizi, P., 13 Articolo 609-quater, ultimo comma, c.p.: si applica la pena di cui all’articolo 609-ter secondo comma (Circostanze aggravanti: con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa), se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci. 14
2002). In seguito alla comunicazione della notizia di reato, dopo una serie di indagini condotte dal Pm, egli deve decidere se procedere con l’ascolto (comunque) protetto del minore - non in contradditorio, oppure se questi debba essere ascoltato mediante la formula dell’incidente probatorio: in tale ultimo caso occorre altresì stabilire se il procedimento debba prevedere solamente l’esame della testimonianza o anche una valutazione peritale per accertare la capacità del minore a testimoniare e, in quest’ultimo caso, quale delle due indagini abbia la precedenza (De Leo G., Patrizi, P., 2002). Un altro aspetto di cui tener conto e che prevede un’interazione tra Pm, i servizi sociali e il Tribunale per i minorenni, è quello di tutelare in ogni caso il minore: in talune ipotesi, per evitare che il minore possa subire ulteriori e ripetuti abusi si devono prendere decisioni circa la sua collocazione più adeguata e tutelante, allontanandolo dalle condizioni di abuso. Il medesimo risultato può altresì essere raggiunto mediante l’applicazione di misure cautelari coercitive nei confronti dell’indagato, su richiesta del PM e previa decisione del GIP. Parallelamente e in tempi celeri sarà anche necessario supportare il minore nella gestione del trauma subito e nel recupero o nella costruzione di un nuovo rapporto con figure significative per la sua crescita. Nell’ipotesi di reato sessuale a danno di minori, il Pm o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere, ai fini dell’assunzione della testimonianza del minore, di procedere con l’incidente probatorio, anche fuori dalle ipotesi di urgenza o pericolo per l’assunzione della prova ordinariamente richieste. Come specificato precedentemente, si tratta di una fase eventuale e costituisce una sorta di anticipazione della fase dibattimentale, in quanto si svolge nel corso delle indagini preliminari ma prevede l’intervento in contraddittorio, innanzi al giudice (GIP), della difesa e della pubblica accusa. Con la richiesta di incidente probatorio il PM deposita tutti gli atti di indagine compiuti. In questi casi, l’incidente probatorio si svolge a porte chiuse, poiché è coinvolto un minorenne nel procedimento penale, e ciò tutela la sua riservatezza. La ratio di tale previsione è quella di evitare di esporre il minore alla traumatica partecipazione all’esame dibattimentale, salvo il caso in cui il giudice consideri assolutamente necessario convocarlo nuovamente. Il giudice per le indagini preliminari, nel caso in cui abbia dubbi o incertezze circa la capacità a testimoniare del minore, può disporre un accertamento peritale sul punto, avvalendosi di esperti della materia. In particolare, il giudice può richiedere una perizia sul minore attraverso la formulazione di quesiti volti ad accertarne la condizione psicologica ed evolutiva, nonché l’idoneità psichica a rendere testimonianza. Disposta la perizia, anche le parti (PM e difensore dell’indagato) possono nominare i propri consulenti tecnici. 15
Nel procedimento civile, invece, il Tribunale dei minorenni può disporre una consulenza tecnica d’ufficio, cui possono essere affiancate consulenze tecniche di parte, su richiesta del Pm e/o di chi ha la tutela del minore. I quesiti possono essere volti a valutare l’idoneità genitoriale, la qualità delle funzioni genitoriali, le qualità delle relazioni del sistema familiare e la recuperabilità delle funzioni genitoriali. Su presupposto della inidoneità genitoriale o dello stato di abbandono del minore, dunque, si potrà decidere in merito all’adozione di misure di ablazione o limitazione della potestà genitoriale, oppure di allontanamento dal nucleo familiare del minore (affidamento eterofamiliare o comunitario, adozione) o dell’adulto abusante. Nel procedimento penale può essere acquisita la consulenza tecnica d’ufficio disposta dal tribunale per i minorenni, come ulteriore strumento di valutazione del caso (De Leo G., Patrizi, P., 2002). 16
Capitolo III 3.1. L’ascolto del minore: l’audizione protetta L’ascolto in ambito giudiziario si riferisce ad una modalità di raccogliere la denuncia/querela, le sommarie informazioni (S.I.) o la testimonianza (Audizioni protette in sede di incidente probatorio) di bambini/e ed adolescenti presunte vittime e/o testimoni di abuso e maltrattamento. L’ascolto del minore in fase processuale richiede una competenza professionale specifica, supportata da principi teorici, modalità e metodologie che orientano la finalità stessa dell’intervento. Ascoltare il minore, in questo contesto, può determinare effetti positivi per la vittima (“liberarsi” della propria esperienza) o effetti negativi o traumatici. In particolare, occorre scongiurare il rischio di entrare in relazione con il minore con idee rigide e preconcetti circa il fattore abuso. Proprio per proteggere il minore il più possibile dai condizionamenti e dalle pressioni derivanti dal conflitto relazionale che egli può sperimentare, per la posizione che si trova ad avere, è apparso opportuno svolgere il suo ascolto in uno spazio “neutro”, quindi “protetto”, come terreno di tutela. La procedura dell’ “audizione protetta”, dunque, sotto il profilo giudiziario e delle cautele metodologiche, è quella che più consente di coniugare adeguate condizioni di ascolto con modalità di assunzione della prova in sede processuale (De Leo G., Patrizi, P., 2002). Secondo le Linee Guida per l’ascolto del bambino testimone presso la Questura di Roma, prima di procedere con l’ascolto del minore è necessario svolgere individualmente, in assenza del bambino, un colloquio con il denunciante. Ciò permette raccogliere le seguenti informazioni: come l’adulto è venuto a conoscenza del fatto; se il bambino ha parlato con qualcuno e con chi; quanto tempo prima il bambino ha parlato con qualcuno prima della denuncia; il contenuto di quanto riferito dal bambino all’adulto; se la persona che denuncia è la stessa che ha ricevuto la rivelazione del bambino; se il denunciante può avere interessi o motivazioni per denunciare il fatto commesso da un responsabile; il contesto familiare e relazionale in cui è avvenuta la denuncia. Il colloquio che avviene con l’adulto, preliminare all’ascolto protetto con il minore, deve essere audio-videoregistrato. Sul piano delle “conseguenze” processuali la giurisprudenza appare pacifica nell’affermare che l’inosservanza della disposizione di cui all’art. 351, comma primo ter, cod. proc. pen., secondo cui, nei procedimenti relativi a determinati delitti, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie 17
informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero, non comporta la nullità delle dichiarazioni assunte (cfr. Cass. pen., n. 3651/2013, dep. 2014)14. Nello stesso senso, Cass. pen., n. 16981/2013 ha espressamente chiarito che l’esame testimoniale del minore, vittima di abusi sessuali, non richiede obbligatoriamente l’assistenza di un esperto di psicologia infantile, non essendo quest’ultima imposta dalla legge. (in motivazione, la S.C. ha ricordato che le Carte intenzionali di Noto e Lanzarote raccomandano, più che la presenza dell’esperto, la videoregistrazione dell’esame). Cass. pen., n. 44448/2013, oltre a ribadire il principio sopra affermato, ne ha specificato la ratio: le norme del cod. proc. pen. che prevedono l’audizione protetta sono dettate nell’interesse esclusivo del minore e riconoscono al giudice, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, la facoltà di disporla o meno e di determinare le forme più idonee alla realizzazione di un contesto di ascolto adeguato all’età del testimone15. 3.2. L’ascolto del minore nella fase delle indagini preliminari Nella fase delle indagini l’ascolto del minore prevede due possibili percorsi: 1. Il minore viene ascoltato dalla Polizia Giudiziaria delegata dal pubblico ministero o dal pubblico ministero stesso, con l’ausilio di un esperto psicologo nominato dal pubblico ministero (cfr. artt. 351, comma 1-ter, e 362, comma 1-bis, c.p.p.). 2. Accedere direttamente all’audizione in “incidente probatorio” con le forme del dibattimento (art. 392, comma 1-bis, c.p.p.), così che le dichiarazioni possano essere pienamente utilizzate come prova in fase di dibattimento, su richiesta del pubblico ministero (anche previa sollecitazione della persona offesa) o della persona indagata. Nel primo caso l’audizione avviene quando le indagini sono segrete, quindi nel caso in cui il minore vittima possa rientrare in contatto quotidiano e frequente con l’indagato (per esempio in ipotesi di abuso intrafamiliare). Nel secondo caso, invece, qualora non ci sia la necessità di mantenere segrete le indagini, si accede direttamente al cd. contraddittorio incidentale, così da accorciare i tempi e limitare il numero degli 14 Sul punto, anche una recentissima pronuncia ha stabilito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 351, comma 1-ter, cod. proc. pen. in relazione all’art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede la sanzione dell’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal minore alla polizia giudiziaria senza la presenza di un esperto psicologo o psichiatra infantile, come invece disposto dall’art. 391-bis, comma sesto, cod. proc. pen. per quelle acquisite nel corso di investigazioni difensive, trattandosi di situazioni oggettivamente differenti la cui diversa disciplina rientra nell’ambito riservato alla discrezionalità del legislatore (Cass. pen., n. 22754/2018). 15 Cfr., in argomento, anche Cass. pen., n. 42899/2009, secondo cui è inammissibile, per carenza di interesse ex art. 568, comma 4, c.p.p., l’impugnazione dell’imputato che deduce la violazione delle norme che prescrivono particolari cautele per l’assunzione della prova testimoniale del minore, trattandosi di modalità previste nell’esclusivo interesse di quest’ultimo. 18
ascolti del minore, momento sicuramente traumatico per lo stesso (Recchione, 2012). E’ importante che l’ascolto avvenga il più tempestivamente possibile rispetto alla ricezione della segnalazione, in quanto si può incorrere nel “contagio dichiarativo”. Gli ambienti che sono più soggetti al fenomeno indicato sono quelli ristretti, caratterizzati da omogeneità degli interessi e delle caratteristiche delle persone che li compongono: scuole, ambienti di lavoro, ecc.. La notizia che riguarda le fasce deboli spesso attiva preoccupazione, ansia, paura che spinge le persone interessate all’approfondimento para-investigativo che può causare l’inquinamento delle testimonianze (Recchione, 2012). L’audizione in incidente probatorio riconosce il diritto del bambino a testimoniare all’interno di un contesto adeguato e riduce anche la possibilità di contaminazione dei ricordi che subentrano nel corso del tempo e i fattori stressogeni connessi ad ascolti ripetuti (De Leo G., Patrizi, P., 2002). Lo scopo che si vuole perseguire, attraverso questa procedura, è quello di tutelare il minore da rischi di vittimizzazione secondaria (v. infra), attivi già dalle prime fasi di presa in carico. Ai fini delle indagini è molto importante capire quale sia stato il primo momento di rilevazione del bambino, a quale figura abbia raccontato la propria esperienza, in quali circostanze, con quali modalità e se la situazione di abuso sia stata ricostruita accuratamente (De Leo G., Patrizi, P., 2002). Nei minori, in particolare quelli in tenera età, secondo la letteratura scientifica, i ricordi essendo labili ed esposti a suggestione, si usurano più velocemente di quelli dell’adulto, dunque, vi è la necessità di cristallizzare quanto prima il contributo probatorio del minorenne così da ridurre il rischio di inquinamento legato al trascorrere del tempo. Studi recenti affermano che i ricordi dei bambini in età prescolare possono essere accurati non in misura inferiore rispetto a quelli adulti, anche se i minori hanno la tendenza a ricordare di meno. Si parla invece di “progressione dichiarativa” per indicare la caratteristica della dichiarazione che, con il tempo si connota di nuove sfumature fino a diventare un racconto spesso diverso da quello raccolto nei primi ascolti del minore. Il minore infatti “ricorda raccontando” e le dichiarazioni rese nelle vari audizioni non quasi mai perfettamente sovrapponibili, infatti, l’attendibilità complessiva di ciò che è stato dichiarato si ricava dall’analisi congiunta, giudiziale e tecnico-psicologica, della progressione dichiarativa (Tribisonna, F., 2017). 19
3.3. La vittimizzazione secondaria La vittimizzazione primaria del minore è quella che deriva direttamente dalla commissione del fatto di reato. La vittimizzazione secondaria, invece, deriva dall’esposizione del minore all’evento traumatico primario nel contesto del procedimento penale. Anche se l’ascolto del minore con il giudice avviene a porte chiuse e attraverso l’uso di un vetro unidirezionale, il minore comunque può subire un vero e proprio “trauma da processo” in cui rivive emotivamente con paura, ansia e dolore, quei momenti della commissione del reato. L’intervista infatti, come specificato più volte precedentemente, è un’esperienza stressante per il minore. Proprio per questo ci si riferisce a precise indicazioni e modalità che caratterizzano l’audizione protetta per ridurre al minimo lo stress e il disagio del bambino. Il setting deve essere adeguato, il contatto tra vittima e autorità deve essere limitato allo stretto necessario (con l’utilizzo delle videoregistrazioni) ed anche il contatto tra la vittima e i suoi familiari con l’autore di reato deve essere evitato durante il procedimento giudiziario, cercando di creare delle strutture quali ingressi e luoghi d’attesa separati per le vittime oppure convocandoli in orari diversi. Tutte queste accortezze dovrebbero diffondersi affinché costituiscano un idoneo apparato cautelare a favore del minore, vittima di reato, così da non incorrere nella concretizzazione della vittimizzazione secondaria (Tribisonna, F., 2017). 3.4. La persona che effettua l’ascolto L’ascolto del minore può essere effettuato direttamente dalla polizia giudiziaria delegata dal pubblico ministero o dal pubblico ministero stesso, in entrambi i casi con l’ausilio di un esperto nominato dal PM. Si ritiene importante evitare che l’ascolto del minore avvenga da parte degli organi investigativi precedentemente alla presa in carico del procedimento dall’Autorità giudiziaria, proprio per la prevista assistenza di un esperto in psicologia nominato dal PM. Essenziale è la richiesta dal parte del pubblico ministero di un “ausiliario” esperto e specializzato per l’ascolto del minore, come stabilito dall’articolo 351, comma 1-ter, del codice di procedura penale, secondo cui, in materia di fasce deboli, “la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero”16. L’ausiliario deve avere competenze tecniche e professionali che gli consentano di entrare in relazione con il minore ed avere competenze forensi per gestire e svolgere il colloquio al fine di verificare le condizioni del minore. “La possibilità di raccogliere tutte le informazioni processualmente rilevanti ai fini della valutazione 16 Comma modificato dall’art.1, comma 1, lettera f) del d. lgs. 15 dicembre 2015, n.212 20
della realtà fattuale dell’evento reato è strettamente connessa alla professionalità e competenza specifica dell’esperto che raccoglie la testimonianza e all’impiego di metodologie validate che consentano di interagire con il minore riducendo al minimo il rischio di contaminazione e suggestione delle espressioni verbali e non verbali” (De Leo G., Patrizi, P., 2002). Nella fase dell’incidente probatorio l’esperto (perito) che effettua l’audizione protetta è nominato dal Giudice (art. 398, comma 5-bis, c.p.p.). In tal caso, lo psicologo ha il compito di effettuare il colloquio con il minore con lo scopo di interpretare e riformulare le domande poste dal giudice, dal PM e dalle parti seguendo specifiche regole. Le linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (17/11/2010; punto 66), in caso di ascolti ripetuti (giudiziali o clinici) hanno stabilito che è opportuno che le varie interviste siano condotte dalla stessa persona “al fine di garantire la coerenza di approccio nell’interesse superiore del minore”: diversamente, secondo gli estensori della Consensus Conference (punto 4.12), “il ruolo di perito o consulente nella valutazione della capacità testimoniale, e quello di ausiliario del Giudice in sede di incedente probatorio, debbono essere svolti da persone diverse, per evitare involontari condizionamenti nella conduzione delle interviste” (Recchione, 2012). L’esperto, una volta ricevuto l’incarico di audizione protetta, deve acquisire preliminarmente alcune informazioni utili per effettuare l’ascolto, ma senza farsi influenzare al momento dell’assunzione delle dichiarazioni. Affinché la conduzione del colloquio sia il più flessibile possibile, la migliore modalità sembra essere quella di effettuare un esame “preliminare” affidando a chi conduce l’audizione la prima esplorazione dei temi rilevanti. L’esperto può raccogliere le indicazioni delle parti sui temi di prova che intendono esplorare in aggiunta: attraverso tale attività si attua, di fatto, il contraddittorio (Recchione, 2012). Diverso è il ruolo dello psicologo che viene incaricato per una perizia dal Giudice e per una consulenza tecnica dal Pubblico Ministero, rispondendo circa i quesiti in riferimento alla capacità testimoniale (talvolta anche detta “attendibilità in senso psicologico”, non giuridico), valutando gli aspetti che riguardano la personalità del minore, il suo sviluppo psichico ed evolutivo, la qualità affettiva e i meccanismi difensivi, le eventuali alterazioni cognitive e affettive e l’esame di realtà in relazione all’età di sviluppo del minore, l’idoneità a testimoniare. La valutazione dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese è competenza esclusiva del magistrato. Tuttavia l’ausiliario nominato dal PM per l’ascolto del minore può assumere anche il ruolo di consulente tecnico qualora si ritenga necessario fare una valutazione psicodiagnostica al minore. 21
3.5. Il setting dell’audizione protetta Quando l’autorità giudiziaria ha individuato un ausiliario esperto che effettui l’ascolto del minore il magistrato dovrà scegliere un setting adeguato ed idoneo tale da assumere le caratteristiche di un luogo “neutro”. Il setting dovrà essere scelto considerando l’età del minore: in età prescolare non sempre è idoneo che l’ambiente sia quello giudiziale, dunque, si può prendere in considerazione un ambiente familiare al bambino come la scuola o presso l’abitazione. In età scolare o in età adolescenziale invece, l’ambiente può essere anche quello giudiziale. Il setting deve ridurre la distanza con il bambino. Un ambiente eccessivamente asettico (ufficio della polizia, aule del tribunale, ecc.) può intimorire il minore e bloccarlo nelle sue capacità comunicative. Con i bambini più piccoli infatti si predilige uno spazio piacevole, dotato di un tavolino, fogli, matite per disegnare e giochi come ad esempio pupazzetti o animali attraverso cui il bambino possa rappresentare delle interazioni tra i personaggi (Liberatore, M. in Gulotta e Camerini, 2014). Tuttavia, in sede di incidente probatorio, il setting di ascolto ideale è costruito nel modo che segue: Devono essere presenti due stanze con lo specchio unidirezionale collegate da un citofono affinché le parti possano intervenire in tempo reale: nella prima stanza è presente l’esperto in ausilio del giudice con il minore, nella seconda stanza sono presenti tutti i soggetti coinvolti, incluso l’imputato qualora ne abbia fatto richiesta. Il citofono permette di poter porre domande da parte delle parti al minore, tramite l’esperto, che le formula in un linguaggio adeguato all’età e alle condizioni del minore. Secondo il Magistrato Sandra Recchione “guidare” l’intervistatore attraverso domande poste dalle parti mediante l’ausilio del citofono può causare lo scollamento di chi intervista dal contesto relazionale. Deve essere presente una videocamera per la registrazione. Si considera importante ricorrere all’audiovideoregistrazione in quanto permette la “verificabilità” delle dichiarazioni del minore e la riduzione del numero di interviste rivolte al minore stesso, costituendo così un documento fruibile in ogni fase di accertamento processuale senza doverlo coinvolgere direttamente. La videoregistrazione permette di osservare anche il linguaggio non verbale del minore e del suo intervistatore, consentendone una valutazione più completa (Gulotta, G., Camerini, G.B., 2014). La registrazione dell’audizione protetta diviene anche strumento di controllo utilizzabile in chiave giudiziaria e costituisce una documentazione consultabile e verificabile anche in un secondo 22
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