Annalaura di Luggo e Annydi srl - MYmovies.it
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Annalaura di Luggo e Annydi srl Presentano 74 min / ITALIA, 2020 Scritto e diretto da Bruno Colella Da un’idea di Annalaura di Luggo Con la partecipazione di Francesco Gallo Mazzeo, Olindo Preziosi, Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Nino Frassica, Patrizio Rispo e i Ragazzi dei Quartieri Spagnoli Prodotto e Distribuito da Annydi srl si ringrazia Luciano Garella e la Soprintendenza ai Beni Culturali di Napoli L’Associazione Miniera UFFICIO STAMPA US - Ufficio Stampa, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina n°47, + 39 06 8865 53 52 Alessandro Russo, alreusso@alerusso.it, +39 349 3127 219 Federico Biagioni, digital@us-ufficiostampa.it, +39 320 7440489
CAST ARTISTICO Annalaura di Luggo Francesco Gallo Mazzeo Olindo Preziosi Eugenio Bennato Enzo Gragnaniello Nino Frassica Patrizio Rispo Ragazzi dei Quartieri Spagnoli CAST TECNICO Regia di Bruno Colella Direttore della fotografia Blasco Giurato Montaggio Mirco Garrone Musica Eugenio Bennato Consulenza internazionale Stanley Isaacs SINOSSI BREVE L'artista Annalaura di Luggo, si trova alle prese con la sua ultima avventura che consiste nel realizzare quattro opere d’arte in alluminio riciclato, da installare nei luoghi più significativi della città di Napoli. Difficoltà e ostacoli non mancheranno, ma tutto si risolverà anche con l'aiuto dei ragazzi dei “Quartieri Spagnoli”, i quali attraverso questa esperienza avranno l’occasione di prendere una maggiore coscienza della bellezza che li circonda attraverso il contatto diretto con una esperienza artistica, che rimarrà nei loro cuori. Un viaggio verso la luce
SINOSSI LUNGA Annalaura di Luggo è una artista napoletana che ha deciso di installare quattro gigantesche sculture in alcuni luoghi iconici della sua città: Piazza Municipio, Galleria Umberto I, Largo Santa Caterina e Largo Baracche. La caratteristica di queste opere è quella di essere realizzate interamente con l'utilizzo di scarti di alluminio riciclato. La scelta dell'alluminio, materiale simbolico nella logica del recupero e della trasformazione della materia, ci ha consentito di costruire l’esile trama di questo lungometraggio, affiancando in parallelo le gesta e la costruzione delle quattro opere dell'artista a quelle di un gruppo di scugnizzi dei quartieri spagnoli, riuniti da Salvatore Iodice nel suo laboratorio “Miniera”. Il contrasto fra due mondi paralleli, la visione di una Napoli di un’artista, e la realtà dei ragazzi che vivono nei vicoli dietro via Toledo, sfocerà in un’interessante collaborazione, una comprensione reciproca, forse anche l'inizio di un riconoscersi nell’altro. Perché così come Annalaura per costruire le sue opere gira per i depositi in cerca di scarti scintillanti di alluminio, i ragazzini di “Miniera” raccolgono vecchi giocattoli ed altri rifiuti abbandonati affianco ai cassonetti della città, trasformandoli poi in sorprendenti sculture, sotto la guida del loro maestro- falegname. La storia inizia con l'artista che gira per la città per sopralluoghi e pellegrinaggi di ordine burocratico, incontrando una serie di ostacoli e di difficoltà: dalla diffidenza degli abitanti dei Quartieri Spagnoli (dove a volte Annalaura verrà addirittura scambiata per una oculista), alla curiosità dei personaggi che posano davanti alla sua speciale macchina fotografica per uno scatto alle loro iridi, alle buffe incomprensioni con i suoi vari interlocutori. Nel docufilm i ragazzini dei quartieri, abituati a rubare l’albero di Natale installato ogni anno in Galleria Umberto, si trovano a diventare costruttori di un albero alternativo e si espongono per difendere e proteggere questo simbolo di un cambiamento. Il Soprintendente ai beni culturali della città di Napoli Luciano Garella, Eugenio Bennato, Nino Frassica, il produttore Stanley Isaacs, Enzo
Gragnaniello, Patrizio Rispo, sono alcuni dei nomi che hanno prestato la loro immagine nel docufilm e che l'Artista incontra in luoghi e situazioni inaspettate durante lo svolgimento della storia. Le spettacolari immagini del Palazzo Reale, della Cappella di San Severo, del Chiostro di Santa Chiara, i suoni dei grandi concerti pop e natalizi della citta' di Napoli, le barche che attraversano il golfo, fanno da cornice al racconto, accompagnandoci fino alla grande serata finale, e cioè l’inaugurazione delle quattro grandi opere di Napoli Eden. NOTE DI REGIA Il riciclo rappresenta oggi una delle più importanti soluzioni per la salvaguardia dell’ambiente, e si contrappone in maniera creativa alla incontrollata produzione della società dei consumi. In questo docu-film ho raccontato attraverso tre linguaggi che sono il documentario, la fiction e la Video-arte l’esperienza di un’artista napoletana, impegnata a realizzare, su incarico della Sovraintendenza alle belle arti di Napoli, quattro imponenti opere di alluminio riciclato da installare per le festività natalizie in alcuni punti strategici della città. In questa avventura si è deciso di coinvolgere l’associazione “Miniera”, che agisce già da alcuni anni nella zona popolare dei Quartieri Spagnoli, e che impegna attivamente i ragazzi del luogo a recuperare oggetti utili abbandonati presso i cassonetti dei rifiuti, per poi lavorarli e trasformarli in opere d’arte da esporre o anche da mettere in vendita. É questo un singolare aspetto della controversa realtà popolare di Napoli, una presa di coscienza del problema ecologico planetario ed un segnale di rinascita attraverso l’arte che esce dai musei e va per le strade. Un riscatto che sicuramente comincia a farsi sentire.
IL FILM NELLE PAROLE DEI SUOI PROTAGONISTI Annalaura di Luggo Il presupposto della mia ricerca artistica è il desiderio di andare oltre uno sguardo superficiale, oltre l’apparenza, oltre gli stereotipi: per questo ho scelto di ritrarre l’iride (con una macchina fotografica da me brevettata) per iniziare il mio viaggio alla scoperta dell’unicità umana, nel mistero della vita e della Creazione di Dio. Nomade per vocazione concepisco il mio lavoro come un antidoto alla staticità, alla ripetizione. Dalla fotografia, alla scultura, alla pittura alla multimedialità, tutto rientra nella mia traiettoria espressiva. “Napoli Eden” per me è stata per me una grande sfida, e come tutte le sfide della mia vita l’ho accolta con entusiasmo. Tutto è nato con il supporto del CIAL (Consorzio Ministeriale Imballaggi Alluminio) che mi ha permesso di visitare le fabbriche di prodotti in alluminio e le fonderie e scoprire dove finisce il frutto del nostro impegno nel raccogliere i rifiuti, capire che non si tratta di immondizia, ma accorgermi della bellezza della materia. Il materiale di riciclo è un’opera d’arte già a sé, di fronte alla quale si rimane incantati; ho passato ore ed ore in depositi e magazzini dove si accumulano scarti di alluminio, e mi hanno colpito le cromie di questo materiale, ma soprattutto la sua luce e la sua brillantezza, principali fattori che mi hanno spinta a sceglierlo per le mie installazioni di Napoli. Per me l’arte è comunicazione, integrazione, ha il dovere di svolgere una funzione sociale e socializzante, non può essere fine a sé stessa né elitaria. Chiudere l’arte nei musei, dove alcuni cittadini hanno timore ad entrare perché non ritengono di avere uno spessore culturale degno di apprezzarla, non ha senso; se auspichiamo una crescita della collettività, credo dobbiamo portare l’arte ai cittadini, e non i cittadini all’arte. L’opera d’arte è per la collettività, e
deve il più possibile essere collettiva. Dobbiamo coinvolgere anche i bambini che devono capirne il senso. Per le mie opere luminose, ho coinvolto proprio i ragazzi di strada, quelli dei Quartieri Spagnoli che per tradizione si appropriano del famoso albero della Galleria Umberto I per farne materiale per i loro riti e le loro tradizioni. E proprio in quella stessa Galleria è stato collocato un albero alternativo e scintillante che ho voluto creare con loro e di cui sono diventati custodi e difensori. In passato ho avuto modo di confrontarmi con i ragazzi detenuti nel carcere minorile di Nisida per portare a compimento un altro mio progetto artistico, Never Give Up, oggi divenuto permanente nel Museo Carcerario. Ho cercato di esplorare il mondo dei ragazzi minorenni lì detenuti attraverso i loro occhi e dalle interazioni profonde ed empatiche ho tristemente constatato in loro un’assenza di sogni e prospettive future, ma soprattutto un’attitudine alla reiterazione dei reati già commessi. Questo mi ha spinto a dare il mio contributo nella fase di rischio dei ragazzi, ovvero quando abbandonano la scuola dell’obbligo e vivono per strada fianco a fianco con l’illegalità. Così con i ragazzi dei Quartieri Spagnoli mi sono calata nel loro mondo e abbassando ogni barriera sono riuscita a coinvolgerli provocando in loro un cambiamento di ruolo: da distruttori ad artisti. I ragazzi sono stati coinvolti nell’utilizzo degli scarti, ne hanno preso coscienza cominciando con me a riconoscerli come frutto della raccolta differenziata. Ma nel mio lavoro non ho coinvolto solo giovani. Sono entrata nella realtà dei quartieri della città di Napoli con situazioni e problemi diversi: sono emerse storie di chi è stato con la propria vita un esempio di rinascita, fornendo stimoli e traiettorie per una cittadinanza che mira ad una nuova e possibile armonia, al raggiungimento di un Eden desiderato. Ecco che da questi spunti derivano i nomi delle mie opere Harmonia, Triumphus, Pyramid e Geminus, quest’ultima la mia preferita, perché oltre all’alluminio contiene il simbolo della mia ricerca artistica, l’occhio. Infatti, in Geminus sussiste un gioco di specchi alternati alle iridi di 4 personaggi nati e vissuti nei Quartieri Spagnoli da me selezionati perché sono
stati capaci lasciare alle spalle un passato difficile e stimolare un cambiamento positivo della collettività: questi sguardi ci invitano ad una diversa chiave di lettura, con una nuova percezione della città al di là di ogni pregiudizio. Napoli emerge attraverso l’innocenza di una nuova visione e dallo scarto - da ciò che è apparentemente degrado - rinasce in un nuovo possibile Eden. NAPOLI EDEN, appunto. Luciano Garella (Soprintendente ai Beni Culturali di Napoli) L’arte invade la città di Napoli. Questo è il senso esteriore ma anche il vero significato delle idee e del linguaggio dell’artista, che marca e caratterizza con le sue sculture tridimensionali alcuni degli spazi urbani più rilevanti della città, aperti o chiusi che siano, non escludendo da questa contestualizzazione alcuni particolari suoi interstizi spaziali. Le sculture/installazioni allora vogliono essere simboli ma anche segni di un forte richiamo etico ad alcuni dei valori che dovrebbero permeare la nostra società, eticità che l’artista avverte con forza essere la propria. Le opere sono dunque tasselli di un percorso logico-artistico-narrativo e la loro connessa funzione non è soltanto quella di stimolare una riflessione sull’incapacità sostanziale del recupero di quanto la società consumistica scarta o produce come rifiuto ma rappresenta anche il tentativo della trasformazione di quella stessa materia in opera d’arte. Un monito e, contestualmente, una possibilità di avviare, sull’onda di strutture emozionali ormai proprie di molti, un discorso serio sulla conservazione dell’ambiente e sulle qualità che noi tutti vorremmo avesse senza però in fondo essere disposti a fare alcuna rinuncia al nostro modo di vivere. Le quattro sculture, posizionate dunque in differenti e particolari luoghi cittadini, evocano, a lor modo, tradizione e cultura pervenendo, in fondo, con la semplicità delle loro forme, talora statiche e talora dinamiche, a sollecitare risposte proprio alle domande che esse con la loro stessa esistenza pongono. Francesco Gallo Mazzeo (Critico e storico dell’arte)
Napoli/Eden. È un’idea, è uno specifico, è un progetto. Lo spazio è quello storico, attuale, indicibilmente affascinante, quanto complesso, del centro di Napoli, perno fondamentale della metropoli, del mito e della realtà, del mito che tende a diventare oggetto concreto e della realtà che si tramuta in dramma, in tragedia ma anche in sublime seduzione e in contemplazione senza fine, tra pietre, odori e sapori. L’idea e il progetto per questa edizione di Napoli/Eden è quella della disseminazione in piazze, strade, vicoli e luoghi dello splendore, fatto con strumenti ordinari nei materiali e nella tecnica, portati alla vitalità artistica e sottratti al destino di morte in discarica o magazzino. Un’invenzione, un’artisticità fatta di alluminio e altri materiali manipolabili, trasformati in opere d’arte, colorati, illuminati, che sfidano l’architetturalità, in una idea di barocco contemporaneo, nella sua essenzialità: quella di non avere un centro e tante periferie, ma una grande e diffusa centralità, che tenda ad abolire il concetto stesso di periferia, in una modernità che supera il concetto di prospettiva e lo fa diventare una grande teatralità, che nella sua cronologia definita, tende ad indicare un cammino di speranza in cui ciò che c’è oggi è una tappa, di un itinerarium di gioia e felicità. È il modo in cui l’utopia dell’arte, traduce il suo non luogo, che nella fantasia, nel reale, nel materiale, di ciò che non serve ad un bisogno specifico, ma insegna la bellezza del gesto, del dono, in una città bene di tutti e non casa di nessuno, per cui si pensa che questo “esperimento” si possa e si debba estendere ai mille luoghi di Napoli che sono oltre il centro storico e attendono, nei tempi brevi, di passare dalla aridità che li ha concepiti e voluti, in maniera abissale e senza qualità, in luoghi dell’identità, in devozione alla bellezza. Per questo pensiamo anche a momenti della parola, del dibattito, dell’inchiesta, perché l’arte pubblica non è, non deve essere una imposizione aristocratica, autoreferente, ma una poesia, un dialogo. Annalaura di Luggo, è l’artefice designante e designata di questa osservazione natalizia che non vuole essere affogata nella retorica, ma si propone come prova del nove che sappia mettere insieme il presente-passato, il presente- presente, il presente-futuro, perché a dominare deve essere la vita, la fede, la speranza, che è un modo di stare nella tradizione o nella classicità, con sperimentazione, con innovazione, altrimenti non resta che il tradizionalismo folcloristico e il classicismo mortuario. Nella città di San Gennaro, di Pulcinella, di Raimondo di Sangro, di Benedetto Croce, bisogna saper vedere lontano e sentire vicino, per non inciampare e non errare inutilmente. Per questo
l’emblema di Annalaura di Luggo è un occhio, un’iride, una pupilla, un reale vedere. Stanley Isaacs (Produttore e Regista di Los Angeles) All’inizio del 2019 ho viaggiato in Italia da Los Angeles per assistere allo straordinario ed innovativo progetto artistico di Annalaura di Luggo: “Napoli Eden”. Esso consisteva in quattro istallazioni d’arte collocate nella città di Napoli e una di esse richiamava anche elementi del pluripremiato progetto dell’artista: “Blind Vision”, che ha permesso l’interazione degli spettatori in una maniera molto intrigante. Attraverso l’uso della forma e del colore, ogni installazione aveva una voce e un carattere unici, ma tutte condividevano un filo comune, essere realizzate in alluminio riciclato. Ognuna di loro era audace, inaspettata e stimolante. La cerimonia di chiusura della mostra è stato un altro esempio dell’estro di Annalaura come ideatore all’avanguardia. La serata è stata coronata da una sfilata di moda composta da 21 abiti realizzati in alluminio riciclato, ognuno dei quali è un pezzo d’arte da indossare. Ho anche avuto il privilegio di essere invitato a partecipare al film, che racconta la straordinaria avventura di Annalaura sia come artista che da un punto di vista umano. L’onore di condividere pensieri e idee con Annalaura è stato davvero stimolante e, a mio parere, Annalaura è chiaramente uno delle più dotate forze creative nel mondo dell’arte contemporanea di oggi. ____________________________________________________________________
BIOGRAFIE Bruno Colella Bruno Colella nasce a Napoli il 4 settembre 1955, frequenta la Scuola del Libro di Urbino (scenografia e regia), in seguito si stabilisce a Roma dove inizia la sua attività di regista, autore e attore teatrale interpretando monologhi e canzoni caratterizzati dalla presenza di installazioni d'arte contemporanea ed opere di video-artisti sulla scena. Alla fine degli anni '80 l'incontro con Achille Bonito Oliva con il quale inizia una fitta collaborazione in eventi spettacolari come “Carovana Evento Arti in Trans” ed il” Premio Antipatia” di cui Bruno firma la storica edizione- spettacolo del 1988. Scrive opere e dirige spettacoli per il Teatro Stabile dell'Aquila, per la Mostra del Teatro di Venezia di Giorgio Gaber, firma musical come “Pizza Story” per i fratelli Bennato, “Macchine lunari” musicato ed interpretato da Eugenio Bennato, Patrizio Trampetti “La Diavolessa” di Carlo Goldoni, ”A Sud di Mozart” per Ater Balletto di Reggio Emilia, ”I Siciliani Hanno Gli Occhi Azzurri” con l'orchestra della Nato di Napoli, “Il Lupo” con Nino Frassica, "Io Eduardo De Filippo" (Rai 3, Palco e Retro Palco), da lui scritto ed interpretato al fianco di Gea Martire, Sebastiano Somma e Tosca D'Aquino, "L'Erba Cattiva Non Muore Mai" che scrive dirige ed interpreta affianco al musicista Enzo Gragnaniello, dirige “Briganti Emigranti” per il 53º Festival dei due Mondi di Spoleto e “Bene Mio Core Mio” di Eduardo che interpreta accanto a Lunetta Savino, “Libera” scritto con Manlio Santanelli e Peppe Lanzetta con Maria Nazionale ed Ernesto Mauhiex. Nel novanta dirige il suo primo film “Galleria Umberto I” a cui seguono, sempre intervallati dall'attività teatrale, “Amami” (1992), “Parola di Mago”(1995), “Il Pigiama” vincitore del festival di Capalbio '97, “Voglio stare sotto il letto” prodotto e distribuito da Vittorio Cecchi Gori (2000), “Tanti Auguri” (2003), “Ladri di Barzellette” (2004), ”Tragedia a Vapore” (2005), “Fanny Hill” (2006), “I commedianti” (2015), ”My Italy”, coproduzione Italia- Polonia , menzione speciale ai Nastri d'Argento 2017.
Nel duemila fonda il Teatro della Bugia di Roma, dove si alternano alla prosa e all'operetta concerti solo acustici di artisti come Ornella Vanoni e Bruno Lauzi, Pietra Montecorvino e one man show di Paolo Villaggio, Maurizio Micheli, Paolo Poli, Nino Frassica, Lunetta Savino, Virginia Raffaele e tanti altri. Dal 2004 sposta molte delle sue produzioni su Londra Berlino e Varsavia. Per la televisione • “Joe e suo nonno” (Rai 1) sceneggiatore • “Italian Candid Camera Show” (Rai 3) autore e regista • “Musical 99” varietà tv (Rai Sat) sceneggiatore e regista • “Varietà Tarata' Ta' Ta” varietà tv (Rai Sat) autore e regista • “Attenti al Buffone” varietà tv (Rai Sat) autore e regista • “Scuola di Teatro” docu-fiction (Rai 3) sceneggiatore e regista, • “Fuoco e Bugie dai Campi Flegrei” (Rai 2) Annalaura di Luggo Ricerca Artistica Nata a Napoli, dove vive ed opera, è una artista il cui percorso oscilla tra la ricerca multimediale la scultura e la pittura. E’ stata invitata alla 58.ma Biennale di Venezia dove ha ricevuto un premio per la sua opera Genesis Fondendo estetica, tecnologia e manualità, traccia un percorso mediale in cui emerge una forte concettualità, affrontando svariate tematiche come la carcerazione (“Never Give Up”), i diritti umani (“Human Rights Vision”), la cecità (“Blind Vision” a cura di Raisa Clavijo), l’esplorazione del mondo marino: (“Sea Visions” commissionato per celebrare i 56 anni del salone nautico di Genova) le questioni ambientali sul riciclo e l’eco-sostenibilità (“Napoli/Eden” a cura di Francesco Gallo Mazzeo) Per simboleggiare la rinascita e la redenzione, Annalaura di Luggo ha creato un "giardino artistico" “Genesis” (Natura e biodiversità, in occasione della partecipazione alla 58. Biennale di Venezia). Produzioni e Mostre Recenti • La Biennale di Venezia 2019
• Napoli Eden 4 installazioni monumentali pubbliche a Napoli • Museo dell'Istituto P. Colosimo di Napoli • Museo della prigione giovanile di Nisida, Napoli • Mostra personale alle Nazioni Unite, New York • Mostra personale al Consolato Italiano di New York • Art Basel • Palazzo Vecchio –Firenze • Salone Nautico Internazionale di Genova, • Artissima Torino The Others fair, Recensioni e critica L'artista ha ricevuto recensioni dai molti critici d'arte e personalità internazionali del mondo della cultura e dell'intrattenimento tra cui: • Paul Laster • Paco Barragan • Timothy Hadfield • Raisa Clavijo • Andrea Viliani Bibliografia 2019 - “Genesis”, 58. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, Padiglione Repubblica Dominicana catalogo a cura di Francesco Gallo Mazzeo, Edizioni JUS Museum/Giannini Editore, Napoli. 2019 - “Napoli Eden”, catalogo a cura di Francesco Gallo Mazzeo, Edizioni JUS Museum/Giannini Editore, Napoli. 2017 - “Blind Vision” catalogo a cura di Raisa Clavijo, Edizioni Artium Publishing, Miami. Filmografia Napoli Eden (lungometraggio - 2019) di Bruno Colella Con: Annalaura di Luggo e Francesco Gallo Mazzeo, Olindo Preziosi, Luciano Garella, Nino Frassica, Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Patrizio Rispo e i Ragazzi dei Quartieri Spagnoli.
Blind Vision (documentario - 2017) di Nanni Zedda Con: Annalaura di Luggo e 20 protagonisti non vedenti. Never Give Up (cortometraggio - 2016) di Pierluigi Ferrandini Con: Annalaura di Luggo e 10 carcerati minorenni del Carcere Minorile di Nisida Premi Al “Niagara Falls International Film Festival”, “Blind Vision” è stato premiato come miglior documentario da Stanley Isaacs produttore e regista di Hollywood. Al “Fort Myers Beach International Film Festival”, “Blind Vision” è stato premiato come miglior documentario e Annalaura di Luggo con il “Rising Star Award” Prodotto e Distribuito da Annydi srl Annydi Productions nasce come centro di produzione e di promozione per la cinematografia di ricerca, documentari e docufilm, nonché per video sperimentali e video arte e per la realizzazione di installazioni interattive. La collaborazione tra operatori e tecnici specializzati e artisti ha permesso ad Annydi Productions di realizzare opere di significativo interesse sociale e culturale, presentate nei più importanti festival nazionali ed internazionali, riscuotendo premi e riconoscimenti. Nel 2018 in occasione del The Niagara Falls International Film Festival (Niagara Falls, NY) “Blind Vision” è stato premiato come miglior documentario dal produttore e regista Hollywoodiano Stanley Isaacs. In occasione de Fort Myers Film Festival (Miami) 2019 Blind Vision riceve nuovamente il premio di miglior documentario.
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