Al via l'Oncology Management Fast Track - CIPOMO

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Cristina Giua 

Al via l'Oncology Management Fast Track
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OncoNews                                                                      30 settembre 2014 15:03
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A: presidenza@cipomo.it

                                                                                                   30 settembre 2014

                                Al via l'Oncology Management Fast Track

                                Come sarà l'oncologia e come si dovranno esercitare i ruoli di direzione,
                                coordinamento e guida nel 2020?
                                Il prossimo 12 novembre, a Milano, prenderà il via la prima edizione del Corso
                                Oncology Management Fast Track, coordinato da uno "Steering Committee"
                                composto da CIPOMO e dalla SDA dell'Università Bocconi. Tra le numerose
                                richieste pervenute, sono stati selezionati i 25 candidati che faranno da apripista.

                                Cipomo da tempo sta cercando di anticipare la comprensione degli scenari
                                futuri, con iniziative di orientamento e formazione. Il progetto Kairos 2012-2022
                                ("Dieci priorità per i prossimi dieci anni, Indirizzi per l'Oncologia medica
                                ospedaliera") ed il progetto Green Oncology, sviluppati con le Presidenze
                                Crispino e Labianca, sono ben allineati ai contenuti di un confronto oramai aperto
                                nei Congressi internazionali di Oncologia (ASCO ed ESMO prima di tutti) e sulle
                                riviste principali. CIPOMO, nel suo piccolo, ha anticipato su questi temi le
                                tendenze in atto. C'era quindi bisogno di trasformare queste intuizioni in azioni
                                concrete sui due fronti principali che sono la "ragione sociale" di CIPOMO: la
                                formazione manageriale dei medici e la "Health Care Research". L'accordo
                                quadro sottoscritto con la Scuola di Direzione Aziendale dell'Università Bocconi
                                ha questo significato e da quell'accordo nasce l'"Oncology Management Fast
                                Track".

                                Le novità sostanziali del Corso sono due: la prima è che non ci rivolgiamo più agli
                                attuali Direttori di Struttura Operativa Complessa di Oncologia ma ai giovani
                                talenti dell'oncologia italiana, figure emergenti che domani potrebbero
                                assumere ruoli di direzione, coordinamento e guida nelle nuove articolazioni della
                                disciplina.

                                La seconda è che gli attuali Primari e le Strutture di Oncologia medica saranno
                                co-protagonisti dell' iniziativa, assieme ai docenti della Bocconi.
        OncoNews
                                Il primo strumento saranno i "Workshop" del secondo term su cinque casi
        Mensile di              tematici:
        informazione del
        Collegio Italiano dei
                                       L'organizzazione Dipartimentale tra tradizione ed innovazione
                                       L'oncologia nei modelli per intensità di cura
Primari Oncologi               L'oncologia della rete nei servizi territoriali
Medici Ospedalieri             Le soft skills: ruolo di direzione, leadership e gestione dei collaboratori
(CIPOMO)                       Le reti cliniche oncologiche ed i finanziamenti per patologia

                        Il secondo strumento sono i contenuti del terzo term, "Avviare il cambiamento
30 settembre 2014       dentro casa", attraverso il quale ciascun partecipante al Corso potrà sviluppare
                        un progetto di cambiamento nella propria realtà aziendale, con il supporto dei
                        docenti della SDA, del proprio Direttore e dei Tutor di CIPOMO.
Direttore
Responsabile            Al termine del Corso, nella primavera del 2016, è prevista una presentazione
Giorgio Albonetti       plenaria dei risultati di queste iniziative a tutti i Soci CIPOMO ed un confronto
                        volto ad estendere, se possibile, gli esempi di buone pratiche.
Direttore
Scientifico
                        Siamo consapevoli delle preoccupazioni che serpeggiano nel nostro mondo:
Gianpiero Fasola
                        generali (per la situazione del Paese) e specifiche (per il futuro della disciplina).
                        Siamo però convinti che l'Oncologia medica italiana saprà superare queste
Comitato
                        incertezze; per farlo potrà basarsi sul ruolo crescente che l'epidemiologia e
Scientifico
                        l'evoluzione clinico professionale le assegnano, ma dovrà contare anche su una
Alessandro Bertolini
                        leadership diffusa: giovani colleghi che affianchino ad una competenza
Mario Alberto Clerico
                        scientifica, sempre più specializzata, anche una visione di insieme del
Gianpiero Fasola
                        Sistema, dei complessi problemi organizzativi e delle necessarie relazioni
Cristina Oliani
                        con le Istituzioni di governo.
Salvatore Palazzo
                        CIPOMO la pensa così e, come tradizione, cerca di trasformare le idee in fatti:
Coordinamento
                        confidiamo che l'OMFT possa rappresentare una solida base culturale per
Editoriale
                        l'oncologia medica del futuro.
Giulia Bertoli
                        Gianpiero Fasola
Collaborazione
                        Presidente CIPOMO
Editoriale
Agnese Codignola

Direzione
Commerciale
dircom@lswr.it

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Sede legale:
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                        l'anno di vita in più, assicurato da una certa terapia, aggiustato in base alla
                        qualità della stessa e, indirettamente, definisce una certa pratica o cura cost-
                        effective o meno.

                        Negli Stati Uniti, infatti, tale soglia è stata simbolicamente fissata in 50.000 dollari
                        negli anni settanta, senza studi specifici ma tenendo come riferimento il costo di
                        un trapianto di rene in un paziente arrivato alla terminalità con la dialisi. Da quel
                        momento, la cifra è entrata nell'immaginario collettivo di professionisti e decisori
                        ma, spiegano gli esperti del Center of Evaluation of Value and Risk in Health
                        della Tufts e della Harvard University di Boston, autori dell'editoriale che
                        solleva la questione, tenere come soglia una sola cifra, per di più non
                        aggiornata, come unico parametro, al giorno d'oggi non ha alcun senso.

                        Negli ultimi anni ci sono state molte proposte di modifica, come quella che
suggeriva di giungere a una soglia basata sul triplo del reddito procapite: tale
approccio, negli Stati Uniti, dove quest'ultimo è di 54.000 dollari porterebbe il
valore a 110-160.000 dollari. Tuttavia, ciò significherebbe solo aggiornare la
soglia e non renderla realmente efficace nella situazione attuale. Piuttosto,
bisognerebbe tenere conto: del budget a disposizione, dei costi, dei benefici e
delle alternative disponibili.
Un esempio tipico è quello dei nuovi farmaci anti epatite C, che stanno
sollevando numerose polemiche in tutti i paesi in cui sono stati introdotti. Se
infatti un loro impiego indiscriminato non è certamente costo-efficace, quello in
popolazioni selezionate lo è, e basare le valutazioni su un solo QALY, per di
più vecchio e non fondato su calcoli reali, può portare a gravi distorsioni.

In attesa di sistemi più aderenti alla realtà, gli autori consigliano di adottare
almeno tre soglie di QALY negli Stati Uniti, ovvero 50, 100 e 200.000 dollari a
seconda delle situazioni e, qualora si voglia o si debba tenere un solo QALY, di
elevare il valore limite attuale a 100 o 150.000 dollari.

Fonte:
Neumann PJ et al. Updating Cost-Effectiveness - The Curious Resilience of the
$50,000-per-QALY Threshold N Engl J Med 2014; 371:796-797August 28, 2014
DOI: 10.1056/NEJMp1405158

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I pesi del sistema sanitario americano

In tutti i paesi industrializzati, da diversi anni, la medicina è diventata anche
difensiva, condizionata dalle crescenti richieste di risarcimento per malpractice
che inducono medici e ospedali a prescrivere molto più del necessario o,
viceversa, a non mettere in atto pratiche a rischio.

Uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine dai ricercatori della Cliveland
Clinic racconta quanto questo pesi sul sistema sanitario americano. Gli autori
hanno infatti chiesto a 42 medici ospedalieri di rivedere le proprie prescrizioni; 36
hanno risposto analizzando oltre 4.200 richieste emanate per quasi 800 pazienti.
Sconcertanti i risultati: quasi 1 esame (o procedura o ricovero) su 3 era stato
motivato da un atteggiamento difensivo per ammissione stessa di chi lo aveva
richiesto, con un costo medio di 226 dollari a paziente sul totale dei 1.695 medi
spesi per ogni assistito. Le richieste dettate esclusivamente dal timore di
ripercussioni erano state solo il 2,9% dei costi totali e per lo più avevano
riguardato richieste di ricoveri addizionali.

Chiara la conclusione degli autori: "Una larga parte delle procedure è stata
dettata in parte da un approccio difensivo, anche se quelle motivate
esclusivamente dal medesimo sono state poche. I costi non sembrano avere
grande importanza a fronte di questo tipo di scelte, ed è quindi improbabile che il
problema si possa risolvere esclusivamente modificando i termini delle modalità
di rimborso". Il lavoro da fare, sembrano quindi affermare, è ben più ampio, ed è
prima di tutto culturale.

Fonte:
media.jamanetwork.com/news-item/measuring-defensive-medicine-costs-on-3-
hospital-services/

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FRESCHI DI STAMPA

Il vaccino GP2 contro il carcinoma mammario HER2
positivo

Nei giorni in cui la FDA ha annunciato l'approvazione del pembrolizumab,
anticorpo monoclonale anti PD1 per il melanoma, un'altra terapia immunologica
desta l'interesse della comunità scientifica. E' il vaccino GP2 che, dato insieme
allo stimolante GM-CSF nelle donne con carcinoma mammario HER2 positivo,
abbassa il rischio di recidiva.

La notizia giunge dal Breast Cancer Sympoium di San Francisco dove gli
oncologi dell'MD Anderson Cancer Center hanno presentato i dati del trial di fase
II condotto su 10 donne con diversi livelli di espressione di HER2, trattate con
GP2 e adiuvante, o con il solo adiuvante.

Il vaccino è stato iniettato per via sottocutanea per 6 mesi una volta al mese,
quindi ogni 6 mesi, per 4 volte; le pazienti sono state poi monitorate per 3 anni.
Alla fine, il tasso di sopravvivenza libera da malattia è stato pari all'88% nelle
trattate e all'81% nei controlli, con una diminuzione delle recidive del 37%.

Dopo aver escluso le donne che, per vari motivi, non hanno completato il
protocollo, l'effetto è apparso ancora più marcato: 94 versus 85%, con una
riduzione di recidive del 57%. Inoltre nessuna delle pazienti con HER2 3+, che
avevano completato la terapia con trastuzumab prima di iniziare la vaccinazione,
ha avuto recidive.
Ora si procederà con la fase III ma questi dati sembrano indicare che
l'immunoterapia dei tumori è davvero una possibile alternativa e che anche un
bersaglio come GP2, che stimola la produzione di linfociti CD8, finora non
sperimentato, può rieducare il sistema immunitario a svolgere appieno le sue
funzioni contro le cellule neoplastiche.

Fonte:
Schneble E et al. Primary analysis of the prospective, randomized, phase II trial
of GP2+GM-CSF vaccine versus GM-CSF alone administered in the adjuvant
setting to high-risk breast cancer patients.
J Clin Oncol 32, 2014 (suppl 26; abstr 134)

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Linfoma follicolare: mantenimento o nuovo
trattamento

Nei pazienti non pretrattati con linfoma follicolare il mantenimento con rituximab
non è più efficace nel prevenire le ricadute rispetto al cosiddetto
retreatment, ovvero la ripresa della terapia ai primi segni di recidiva.

Il dato, contenuto in uno studio pubblicato dagli oncologi della University of
Wisconsin School of Medicine sul Journal of Clinical Oncology, potrebbe
avere importanti conseguenze sulla pratica clinica, dal momento che il
mantenimento, oggi assai diffuso, oltre a essere molto più costoso, implica
l'impiego di dosi molto maggiori di anticorpo.

Nello studio, chiamato RESORT, oltre 400 pazienti non pretrattati hanno ricevuto
375 mg/m2 del monoclonale; coloro che, dopo 13 settimane, avevano mostrato
una risposta completa o parziale (n=289) sono stati randomizzati a ricevere il
mantenimento (una singola dose di rituximab ogni tre mesi fino al fallimento della
terapia) oppure il retreatment.

I partecipanti sono stati rivalutati ogni 13 settimane e sottoposti a una TC ogni 26
e, dopo un follow up mediano di 4,5 anni, è emerso che il fallimento della terapia
si era verificato in 80 pazienti del gruppo di mantenimento e in 78 degli altri. Il
tempo mediano all'end point era stato, rispettivamente, pari a 3,9 e 4,3 anni, e la
percentuale di pazienti che, dopo 3 anni, era ancora libera da malattia, era pari al
61 e al 64%, sempre rispettivamente. Come atteso, la PFS è stata migliore nel
gruppo di mantenimento, ma la sopravvivenza globale è stata simile, così come
la qualità di vita e il livello di ansia. Poco diverse anche le percentuali
dell'assenza di necessità di chemioterapia citotossica e simili gli effetti collaterali,
mai peggiori del previsto.
Secondo gli autori sarà ora interessante verificare se lo stesso risultato si ottiene
nei casi più gravi, quando nella terapia d'attacco il rituximab è associato alla
chemioterapia.

Fonte:
Kahl B et al. Rituximab Extended Schedule or Re-Treatment Trial for Low-Tumor
Burden Follicular Lymphoma: Eastern Cooperative Oncology Group Protocol
E4402. Published online before print August 25, 2014, doi:
10.1200/JCO.2014.56.5853 JCO August 25, 2014 JCO.2014.56.5853

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Carcinoma mammario avanzato: non serve il blocco
dell'angiogenesi

Sono negativi i risultati del trial controllato versus placebo e randomizzato
chiamato ROSE/TRIO-12, nato con lo scopo di verificare se l'aggiunta di un
anticorpo monoclonale antiangiogenesi, il ramucirumab, al docetaxel, nelle donne
con carcinoma mammario non HER2 avanzato potesse avere o meno un effetto
positivo su progressione e sopravvivenza. L'agente infatti, come emerge dai dati
pubblicati dai coordinatori, gli oncologi dell'Università canadese dell'Alberta,
sul Journal of Clinical Oncology non modifica né la PFS né la OS.

Nello studio, oltre 1.100 donne simili per caratteristiche di malattia e per tutti gli
altri parametri sono state randomizzate a ricevere 75 mg/m2 di docetaxel con 10
mg/kg di ramucirumab o di placebo ogni tre settimane fino a progressione, ritiro o
eccesso di tossicità.

Alla fine, dopo un follow up medio di 18,6 mesi non è emersa alcuna differenza
significativa né nella sopravvivenza libera da progressione (9,5 mesi col
monoclonale versus 8,2 con docetaxel), né, ad un'analisi ad interim, in quella
globale (27,3 versus 27,2 mesi, rispettivamente). L'anticorpo ha migliorato il
tempo alla progressione (97 versus 8,2 mesi), i tassi di risposta (44,7 versus
37,9%) e quelli di controllo della malattia (86,4 versus 81,3), ma non ha influito
sugli end point primari.

Tra le responders, inoltre, la durata mediana di risposta è stata di 8,4 versus 8,1
mesi. La qualità di vita e la tossicità sono state simili, anche se quest'ultima è
stata più grave nel gruppo delle trattate e si è manifestata soprattutto con fatigue,
neutropenia febbrile, ipertensione e stomatite.

Sono al momento in corso valutazioni più specifiche per cercare di capire se vi
possa essere o meno una sottopopolazione di pazienti più responsive e quali
siano gli eventuali marcatori di risposta, dato che potrebbe essere utile anche per
altre terapie antiangiogensi in fase di studio.

Fonte:
Mackey J et al. Primary Results of ROSE/TRIO-12, a Randomized Placebo-
Controlled Phase III Trial Evaluating the Addition of Ramucirumab to First-Line
Docetaxel Chemotherapy in Metastatic Breast Cancer. Published online before
print September 2, 2014, doi:10.1200/JCO.2014.57.1513
JCO September 2, 2014 JCO.2014.57.1513

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