Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Accademia Nazionale di Santa ...

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14/15                    Accademia Nazionale di
                         Santa Cecilia

                         Stagione Sinfonica
Auditorium
Parco della Musica
                         Orchestra dell’Accademia
Sala Santa Cecilia       Nazionale di Santa Cecilia
Domenica 3 maggio 2015
ore 18
                         Manfred Honeck
Turno A-A2               direttore
Lunedì 4 maggio 2015
ore 20.30
Turno B

Martedì 5 maggio 2015
ore 19.30
Turno C

                         Il concerto è registrato da Rai Radio 3 per successive
                         trasmissioni e verrà trasmesso su Rai 5 il 21 maggio alle ore 21.15
Gustav Mahler in una fotografia del 1907 al Teatro dell’Opera di Vienna
Programma

                        Wolfgang Amadeus Mozart
                        (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)

durata prima parte:     Sinfonia n. 41 in do maggiore K 551 “Jupiter”
35’ circa
                        Allegro vivace
                        Andante cantabile
                        Minuetto: Allegretto
                        Molto allegro

                        Gustav Mahler
                        (Kalište, Boemia 1860 - Vienna 1911)

durata seconda parte:   Sinfonia n. 1 in re maggiore “Il Titano”
53’ circa
                        Langsam. Schleppend. Wie ein Naturlaut. Im Anfang
                        sehr gemächlich
                          (Lento. Trascinato. Come un suono della natura.
                          All’inizio molto tranquillo)
                        Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell. Recht gemächlich
                          (Vigorosamente mosso, ma non troppo veloce.
                          Tranquillo)
                        Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen
                          (Solenne e misurato, senza trascinare)
                        Stürmisch bewegt
                         (Tempestosamente mosso)
Da Mozart a Mahler:
                        sinfonie mitologiche
                        di Giovanni D’Alò

La Sinfonia “Jupiter”   La Sinfonia Jupiter di Mozart
                        All’inizio del film Manhattan, nel suo personale elenco
Data di composizione    di “cose per cui vale la pena vivere”, insieme a Groucho
1788
                        Marx, Cézanne, Marlon Brando, Frank Sinatra, Flau-
Organico                bert, i film svedesi e altre icone della cultura intellettuale
Flauto, 2 Oboi,         dell’Upper West Side newyorchese alla fine degli anni
2 Fagotti, 2 Corni,     ’70, Woody Allen menziona anche il secondo movimento
2 Trombe,               della Sinfonia “Jupiter”1.
Timpani, Archi             Scelta raffinata, niente da dire. L’elenco serviva al per-
                        sonaggio per arrivare a rievocare il ricordo della giova-
                        nissima compagna da cui era stato appena lasciato, ma
                        è diventato col tempo anche un giochino intellettuale
                        buono per tutte le occasioni, in cui ciascuno può divertir-
                        si a riscrivere la lista dell’attore/regista americano in base
                        alle proprie preferenze.
                           Potremmo discutere su tutto e sostituire tutto, ma chi
                        avrebbe il coraggio di depennare il secondo movimento
                        della Sinfonia “Jupiter”? Per quanto ci riguarda, rincaria-
                        mo la dose: meno schizzinosi di Woody Allen, aggiun-
                        giamo anche gli altri tre movimenti (con una una lieve
                        preferenza per l’ultimo, se proprio messi alle strette) ed
                        eleggiamo senz’altro la “Jupiter”, per intero, tra le cose
                        per cui valga la pena vivere.

                        1
                          «Idea per un racconto sulla gente a Manhattan che si crea costantemente
                        dei problemi veramente inutili e nevrotici perché questo le impedisce di oc-
                        cuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali. Beh, deve essere
                        ottimistico... Perché vale la pena di vivere? È un’ottima domanda. Ci sono
                        certe cose per cui vale la pena di vivere, ok? Per esempio... per me, io direi...
                        il vecchio Groucho Marx... Joe DiMaggio... il secondo movimento della Sin-
                        fonia “Jupiter”... Louis Armstrong (l’incisione di Potato Head Blues)... i film
                        svedesi, naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon
                        Brando, Frank Sinatra... quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne,
                        i granchi da Sam Wo... il viso di Tracy... ».
                        Manhattan, 1979, regia di Woody Allen [Sam Wo è uno storico ristorante
                        cinese di San Francisco; Tracy è la giovanissima fidanzata da cui è stato
                        lasciato il personaggio interpretato dallo stesso Allen].
Nell’immagine, un fotogramma      Del resto, l’ultima Sinfonia di Mozart, come tutte le
del film Manhattan (1979).
                               opere “estreme” dei grandi compositori, non è una par-
                               titura come le altre. Se ne accorse anche il pubblico
                               dell’epoca, quello inglese, meno provinciale rispetto a
                               quello viennese e salisburghese, che colse immedia-
                               tamente la dimensione “superiore” della Sinfonia in do
                               maggiore n. 41, cominciando ad identificarla come “Ju-
                               piter”. Giove, la divinità suprema della mitologia clas-
                               sica. Forse furono gli spettatori, forse i critici, o forse a
                               dare l’impulso fu una strategia di marketing di Johann
                               Peter Salomon, l’impresario che in quegli stessi anni
                               stava pianificando anche il successo di Haydn a Lon-
                               dra. In ogni modo, il titolo si diffuse indipendentemente
                               da Mozart, che terminò la sua opera a Vienna il 10 ago-
                               sto del 1788, subito dopo la Sinfonia in mi bemolle mag-
                               giore n. 39 K 543 e la Sinfonia in sol minore n. 40 K 550,
                               con le quali forma un trittico che, cronologicamente ed
                               esteticamente, si pone al vertice della sua produzione
                               sinfonica.
                                  Non è ben chiara l’occasione per cui il trentaduenne
                               Mozart compose queste partiture, forse destinate a

                               Accademia Nazionale di Santa Cecilia                       7
LIBRI                             una non identificata Accademia viennese, e a dire il vero
                                  non si è certi nemmeno che siano state effettivamente
Massimo Mila                      eseguite, vivente l’autore.
Le Sinfonie di Mozart
                                     A suggerire l’accostamento al padre degli dèi proba-
Milano, Einaudi 2012
                                  bilmente non fu solo l’incipit trionfalistico e cadenzato di
Wolfgang Amadeus Mozart           questa Sinfonia, che per dimensioni e architettura for-
Tutte le lettere di Mozart.       male non ha precedenti in Mozart e neppure in Haydn.
L’epistolario completo della      Anche a un primo ascolto si avverte il peso specifico di
famiglia Mozart 1755-1791         una scrittura che si fonda su un’abbondanza di mate-
Varese, Zecchini 2011 (3 voll.)   riali tematici che andranno ad alimentare procedimenti
                                  contrappunistici molto complessi (come il fugato del
Alberto Basso
                                  movimento finale), su una tensione armonica ugual-
I Mozart in Italia. Cronistoria
dei viaggi, documenti, lettere,   mente inconsueta, e in extremis su un impasto timbrico
dizionari dei luoghi e delle      che, nonostante la luminosità “genetica” della tonalità
persone                           d’impianto, inclina istintivamente verso zone espressi-
Roma, Accademia di Santa          ve attraversate da un inaspettato, intimo dolore.
Cecilia 2006                         Non siamo in epoca romantica, per cui non sarebbe
                                  giusto pretendere di ritrovare in questa musica tratti au-
                                  tobiografici o elementi che rimandino direttamente alla
                                  sfera emozionale dell’autore. Però è vero che in Mozart
                                  l’elemento individuale, il “fattore umano”, preme costan-
                                  temente ai margini dell’oggettività formale della tecnica
                                  compositiva. E, se non proprio l’anello di congiunzione,
                                  possiamo considerare la “Jupiter” il punto più prossimo
                                  agli orizzonti sinfonici romantici che si apriranno di lì a
                                  qualche anno già con il primo Beethoven.
                                     Ad aggiungere ulteriore interesse alla Sinfonia, c’è poi
                                  una subliminale compresenza di sacro e profano che
                                  Mozart dispone come tessere di un mosaico segreto
                                  all’interno della sua cattedrale sinfonica. Non si tratta di
                                  un livello accessibile all’ascoltatore moderno, e per co-
                                  glierlo sono necessarie alcune informazioni.
                                     Per esempio, quella terza idea tematica che, nel primo
                                  movimento, arriva alla fine dell’esposizione come un ef-
                                  fetto rinfrancante dopo le tensioni esplose nei pieni or-
                                  chestrali precedenti, è un calco dell’aria per basso “Un
                                  bacio di mano” K 541 che Mozart scrisse per la ripresa
                                  viennese dell’opera Le gelosie fortunate di Pasquale
                                  Anfossi. Il testo, forse di Lorenzo Da Ponte, è un cliché
                                  dell’opera buffa italiana e mette in guardia un ingenuo
                                  spasimante dai rischi che comporta corteggiare una

8                                 Honeck
CD                              donna molto più giovane2. Quale funzione abbia questa
                                citazione (molto più consona a certe trame di Woody
Mozart                          Allen) in una dimensione maestosamente drammatica
“Karajan.
                                come quella disegnata da questo movimento, è difficile
Haydn, Mozart, Schubert
Symphonies 1970-1981”           da spiegare. Se non, forse, con la tendenza mozartiana,
Berliner Philhamoniker          già riscontrata in età adolescenziale, di inglobare al mo-
Herbert von Karajan direttore   mento della scrittura anche le imprevedibili suggestioni
Warner classics 2014 (8 cd)     provenienti dal paesaggio sonoro circostante, come
                                pure probabilmente quelle reminiscenze musicali che
“Abbado Mozart”                 continuano a ripresentarsi come “tarli” dell’orecchio
Sinfonie nn. 29, 33, 35,        (“earworms” li chiama il neurologo Oliver Sacks).
38, 39-41
                                  Ha una funzione strutturale invece la citazione dell’in-
Orchestra Mozart
Claudio Abbado direttore        no gregoriano Lucis creator corrispondente alle prime
DGG 2014 (8 cd)                 quattro note che ascoltiamo all’inizio dell’ultimo movi-
                                mento e che ritroviamo come soggetto del fugato fi-
Sinfonie nn. 35, 40, 41         nale. Un motto d’uso nelle scuole di contrappunto che
Wiener Philharmoniker           Mozart ha fatto proprio innumerevoli altre volte e nelle
Karl Böhm direttore             situazioni più varie (dalla primissima Sinfonia K 16 al
DGG 2004                        “Credo” della Missa brevis K 192), trasformandolo in una
                                sorta di sigillo personale.

                                    Privo di una sezione introduttiva, il percorso della
                                Sinfonia si apre con tre statici e burberi accordi dell’or-
                                chestra al completo, seguiti da una figurazione più deli-
                                cata tendente verso l’alto, affidata ai soli archi. In questo
                                contrasto c’è già, in nuce, la dialettica drammatica che
                                attraversa l’intero Allegro vivace, scandito in quest’avvio
                                da quei ritmi puntati così tipici del vocabolario mozartia-
                                no, che qui costituiscono l’impalcatura di una tensione
                                incipiente. La creazione della tensione è un principio
                                essenziale della drammaturgia di cui Mozart, come
                                sappiamo, è maestro, ed è anche la parola chiave di
                                questa partitura. L’elaborazione dei motivi iniziali sfocia
                                transitoriamente in una seconda zona tematica, appa-
                                rentemente tranquilla e galante, nella quale Mozart ino-
                                cula i germi di un cromatismo armonico che prolifererà
                                nel corso della scrittura, e che conquista gradualmente
                                il registro acuto su cui si spegne in deboli sospiri carichi
                                d’attesa. Attesa che, dopo un silenzio che immobilizza

                                2
                                  Vi si legge, fra l’altro: “Voi siete un po’ tonto, mio caro Pompeo, le usanze
                                del mondo andate a studiar... Un uom che si sposa con giovin vezzosa...
                                dee libere voglie lasciare alla moglie... Se il re degli sciocchi non vuole
                                sembrar”.
tutta l’orchestra, esplode nel pieno orchestrale più po-
     tente del Mozart sinfonico, nervoso e tesissimo. È al
     termine di questo passaggio che ascoltiamo, concilia-
     toria, la citazione dell’aria buffa, terzo elemento temati-
     co che esaurisce anche i doveri tonali dell’esposizione.
     Relativamente breve lo sviluppo, in cui riemergono so-
     prattutto gli elementi iniziali.
        Il secondo movimento è un perfetto manuale di “stra-
     tegia della tensione” mozartiana. È un Andante cantabi-
     le, ma il tema d’apertura stenta a “cantare”, almeno nelle
     prime battute, ammorbidito dalle sordine degli archi e
     interrotto per due volte da secchi accordi dell’orchestra.
     Il canto decolla soltanto quando ai violini si sovrappon-
     gono i legni, poi lo si ascolta nel registro basso, mentre
     i violini rispondono con miniature ornamentali di marca
     haydniana, e con le sottolineature dei corni. È a questo
     punto che il colore di fondo vira su toni più scuri. Entra
     la tonalità di do minore e tutto è pronto per evocare “l’in-
     verno dello scontento” mozartiano. Ai bassi, una statica
     e funerea griglia ritmica. Ai violini e alle viole appare un
     profilo melodico discendente in sincope, alternato con la
     ripetizione meccanica di brevissimi frammenti, che han-
     no non solo un effetto destabilizzante per la regolarità
     ritmica, ma risultano carichi di urti dissonanti che Mozart
     sfiora appena con l’arditezza infantile di chi sta giocando
     col fuoco. Segue una progressione cromatica che innal-
     za verso l’acuto il disegno sincopato già sentito, tesa sui
     suoni tenuti dei fiati e innervata su una dinamica che on-
     deggia instabilmente tra “forte” e“piano”. Il brano ha una
     forma binaria, dunque ascolteremo lo stesso materiale
     in ordine inverso e opportunamente variato, all’interno
     del quale acquisteranno via via più importanza le fioriture
     ornamentali e le sollecitazioni insistenti dei corni.
        Il cromatismo melodico alla base del Minuetto, il cui pri-
     mo tema deriva da un’idea del primo movimento, ci dice
     che nonostante l’apparente recupero di un portamento
     nobile, l’inquietudine non è del tutto domata. E infatti un’e-
     co della cupezza dell’Andante cantabile affiora proprio
     nel cuore del Trio, espressa da un martellante ostinato
     ritmico, intrecciato da archi e corni, e dalla tensione ar-
     monica creata dai legni.

10   Honeck
La Sinfonia “Jupiter”, e ribadiamo l’aura di superiorità
divina che i primi ascoltatori le riconobbero all’istante,
ha il suo degno finale nel quarto movimento, Molto al-
legro. Una pagina che, benché in forma di sonata, ha la
sua ragion d’essere nella scrittura contrappuntistica:
dato tutt’altro che consueto in ambito classicista vien-
nese, che travalica qualsiasi riferimento ai modelli del
genere. Fatta eccezione per alcune Sinfonie composte
pochi anni prima da Michael Haydn che effettivamente
si concludono con dei finali fugati, ma di fattura piutto-
sto convenzionale e neanche lontanamente paragona-
bili alla monumentale architettura pianificata da Mozart.
   Cellula germinale del movimento, il motto mozartiano
di quattro note si imprime subito, svettante e tagliente
nel suo nitore (un soggetto di fuga esemplare), e funzio-
na come un generatore di energia ininterrottamente ali-
mentato dagli altri elementi del tessuto connettivo mu-
sicale, sostentuto dalla presenza costante dei timpani.
   Un flash di quanto accadrà nella seconda parte lo ab-
biamo già nel fraseggio a quattro voci degli archi, i cui
sviluppi conducono al secondo tema. Che a sua volta è
una variante permutativa in tre suoni del motto iniziale.
   Se normalmente lo sviluppo vero e proprio di una for-
ma-sonata è la riserva entro cui i compositori classici
destrutturano e ricompongono i materiali presentati in
nuove combinazioni, qui gli incastri mozartiani sembra-
no quasi un interludio d’alleggerimento rispetto alla so-
lidità contrappuntistica ristabilita dalla ripresa. Spicca,
in particolare, la progressione cromatica discendente a
cui è sottoposto il motto ormai riconoscibilissimo.
   Il culmine lo si raggiunge però nella coda, un modello
di ars combinatoria in cui Mozart arriva a sovrapporre
cinque dei sei motivi ritmico-melodici ascoltati finora
in un fugato a contrappunto invertibile a cinque parti.
Passo conclusivo, come chiosa Giovanni Carli Ballola,
«di un itinerario personale analogo a quello che aveva
portato Bach all’Arte della Fuga, e che porterà Beetho-
ven alla Sonata op. 106, alla Nona Sinfonia e alla Missa
Solemnis».

Accademia Nazionale di Santa Cecilia                     11
Mahler direttore d’orchestra in una serie di silhouettes di Otto Böhler
La Prima Sinfonia “Il Titano” di Mahler.
                             ll velo squarciato
                             Quando diciamo che un suono è chiaro oppure scuro,
                             facciamo ricorso a un tipo di metafora che la retorica
                             classica chiama “sinestesia”. Stiamo, cioè, qualificando
                             qualcosa che percepiamo mediante un senso (l’orecchio,
                             in questo caso) con un concetto che appartiene a un al-
                             tro dominio sensoriale (la vista). La Sinfonia n. 1 di Mahler
                             comincia, appunto, con una sinestesia. Più che un suono,
                             quello che ascoltiamo all’inizio di questa partitura è un ef-
                             fetto di luce reso mediante una stupefacente invenzione
                             timbrica. Un fascio di luce tagliente, diafano, immobile e
                             allo stesso tempo “materico”, che riporta alla mente quel-
                             la teoria corpuscolare della luce che, prima di Newton,
                             fu intuita poeticamente da Lucrezio. Lo stesso Mahler,
                             secondo i ricordi dell’amica Natalie Bauer-Lechner, rivelò
                             che intendeva evocare lo «scintillio» e il «tremolio dell’aria»,
                             immagini luminescenti che fanno pensare a quell’effetto
                             di rifrazione della luce che con il calore rende traballante
                             una visione lontana, come un miraggio. Come all’alba di un
La Prima Sinfonia
                             nuovo giorno, o forse il primo giorno di un “nuovo mondo”:
                             non sarà un caso che negli stessi anni in cui Mahler lavo-
Data di composizione         rava al suo primo cimento sinfonico (1884-88, senza con-
1884-1888                    tare le revisioni successive) prendeva forma anche Così
                             parlò Zarathustra di Nietzsche (1883-85), che qualche
Prima esecuzione             tempo dopo il compositore citerà esplicitamente nella
Budapest                     Sinfonia n. 3.
20 novembre 1889
                                 Theodor W. Adorno preferisce un’altra metafora e
Direttore
                             parla di «un suono dal sibilo fastidioso, simile a quello
Gustav Mahler                emesso da certe locomotive antiquate». Non è un giu-
                             dizio negativo, anzi, il filosofo è ben consapevole della
Organico                     portata innovativa e pionieristica di questo incipit, e ag-
4 Flauti (2 Ottavini),       giunge: «Tutta la musica promette col suo primo suono
4 Oboi (Corno inglese),      qualcosa di diverso, promette di fendere un velo».
4 Clarinetti                     Il velo squarciato (ci sovvengono le tele di Fontana)
(2 Clarinetti piccoli,
                             è quello dei limiti tracciati da una tradizione sinfonica
Clarinetto basso),
3 Fagotti (Controfagotto),
                             mitteleuropea che negli anni Ottanta, dopo le prospet-
7 Corni, 4 Trombe,           tive aperte da Mendelssohn, Schumann e Brahms,
3 Tromboni, Basso Tuba,      comincia a mostrare i segni dell’inattualità. «Al di là della
Timpani, Percussioni,        sostanza crepuscolare, è sorprendente lo sconvolgi-
Arpa, Archi                  mento che Mahler porta nel mondo della Sinfonia» – ha

                             Accademia Nazionale di Santa Cecilia                         13
LIBRI                         scritto Pierre Boulez, che di modernità se ne intende –
                              «Mahler sconvolge la forma sinfonica, devasta questo
Henry-Louis De La Grange      terreno troppo ordinato, investe dei suoi fantasmi il
Gustav Mahler.
                              sancta sanctorum della logica».
La vita, le opere
Torino, EDT 2012                In questi termini, non stupisce che tra i primi a capire
                              la portata del genio mahleriano (in anni in cui non tutti
Natalie Bauer-Lechner         erano disposti a riconoscerlo, ricordiamolo) fu Arnold
Mahleriana. Diario            Schönberg, che sotto la sua influenza scrisse i primi la-
di un’amicizia                vori importanti e al quale nel 1912 dedicò una conferen-
Milano, Il Saggiatore, 2011   za che ancor oggi può considerarsi un’illuminante intro-
                              duzione alla sua opera. In fondo, in quell’idea di suono/
AA.VV.
                              timbro/luce/colore che apre la Prima Sinfonia di Mahler
Gustav Mahler.
Il mio tempo verrà            c’è già lo Schönberg espressionista di Farben (“Colori”,
Milano, Il Saggiatore 2010    1909). E se guardiamo in prospettiva, vi troviamo in
                              nuce anche il concetto di “fascia sonora” sviluppato
                              nel secondo Novecento da compositori come Ligeti
                              e Penderecki, e dai più recenti Grisey e Murail, alfieri
                              di quella scuola “spettralista”, che trae origine proprio
                              dallo studio del suono come fenomeno fisico. Del resto,
                              cos’è un suono se non un fenomeno della natura?

                              Come un suono di natura
                              Ed eccoci tornati al punto di partenza, quel suono
                              che “promette di fendere un velo”, ma con una parola
                              chiave: “natura”. Eppure la parola era già lì, scritta a
                              chiare lettere da Mahler stesso in testa alla partitura, ad
                              accompagnare come un viatico la sua invenzione tim-
                              brica: Wie ein Naturlaut (“Come un suono di natura”). Il
                              pubblico, però, non è tenuto a saperlo. Non essendo un
                              titolo bensì un’indicazione in partitura, il “messaggio” in-
                              fatti non è rivolto al pubblico, ma al direttore d’orchestra,
                              al quale spetta il compito di comunicarlo all’ascoltatore
                              attraverso il suono che riuscirà ad ottenere dall’orche-
                              stra. Lungi dall’essere un fatto tecnico, il concetto di
                              Naturlaut è uno dei punti centrali della poetica mahleria-
                              na, e di un immaginario musicale in cui trovano posto ri-
                              chiami al canto degli uccelli o a versi di altri animali, l’uso
                              di campanacci da pascolo, corni da caccia, segnali mi-
                              litari, citazioni di marce, danze popolari e altra musica di
                              consumo, così ricorrenti nella sua produzione sinfonica.
                              Alcuni commentatori riferiscono l’espressione a una

14                            Honeck
natura “idealizzata”, altri a una natura “stilizzata”. Hans
                                Heinrich Eggebrecht, uno dei massimi esponenti della
                                musicologia tedesca, estende il Naturlaut mahleriano
                                all’insieme di tutti i suoni precompositivi presenti in na-
                                tura e conclude affermando che la musica stessa, per
                                Mahler, sarebbe una rappresentazione sonora della
                                totalità del mondo, «espressione, emanazione, rispec-
                                chiamento della totalità cosmica ed egli stesso è solo lo
                                strumento chiamato a crearla nell’opera musicale».
                                    Molto probabilmente il concetto di Naturlaut, così
                                come lo troviamo in questa Prima Sinfonia, è qualcosa
                                che Mahler nel corso degli anni ha elaborato e gradual-
                                mente affinato, adattandolo e contestualizzandolo,
                                anche in base alla presenza o meno di testi poetici. Ci
                                sia permesso di osservare, però, che il termine Laut non
                                indica un suono necessariamente determinato, bensì
                                una sonorità percepita nella sua componente materi-
                                ca, “fonetica”, più vicina a un rumore che a una melodia
                                e tantomeno a un canto. In questo senso, il “suono di na-
                                tura” che Mahler invoca in apertura della sua Sinfonia in
                                re maggiore è da intendersi come la scintilla generatri-
Max Oppenheimer (1885-1954),
Gustav Mahler dirige i Wiener   ce (non aveva parlato Mahler di “scintillio”?) dalla quale
Philharmoniker (1935)           il suono “musicale”, e dunque “la musica”, ha origine.
CD                                Dal punto di vista strumentale, il suono che apre
                               questa partitura è un amalgama timbrico basato sulla
Mahler                         sovrapposizione di una stessa nota (un “la”), ottenuto
“Leonard Bernstein.
                               però attraverso i “suoni armonici” degli archi, tutti im-
The Complete
Mahler Symphonies”             mobilizzati nella regione sovracuta, ad eccezione del
New York Philharmonic          terzo gruppo dei contrabbassi che controbilancia il
Leonard Bernstein direttore    tutto tenendo il suono fondamentale nel registro basso.
Sony classical 2012 (11 cd)    Questa fascia timbrica si espande in partitura per ben
                               46 battute, corrispondenti a una durata di circa due
Sinfonia n. 1,                 minuti e mezzo (almeno stando alle interpretazioni di un
Sinfonia n. 10: Adagio         mahleriano della prima ora come Bruno Walter, ma con
Wiener Philharmoniker,
                               direttori come Abbado, Sinopoli e Boulez si va anche
Chicago Symphony
Orchestra                      oltre i tre minuti). Un’estensione d’ascolto lunghissima
Claudio Abbado direttore       per un fondale sonoro sul quale si innestano gradual-
DGG 2012                       mente i primi spunti melodici, originati da un semplice
                               intervallo di quarta discendente. Questo intervallo,
“Mahler Complete               che l’ascoltatore potrà facilmente riconoscere perché
Symphonies”                    ricorda il caratteristico verso del cuculo, è la cellula ge-
London Symphony                nerativa dei principali materiali tematici non solo dell’in-
Orchestra
Klaus Tennstedt direttore
                               troduzione ma dell’intero primo movimento e riaffiorerà
Warner classics 2011 (16 cd)   a tratti anche in quelli successivi. Ed è anche l’inciso su
                               cui i clarinetti e i flauti intessono a più riprese un dialo-
                               go che rimanda a un immaginario bucolico popolato di
                               uccelli primaverili. Lo troviamo, inoltre, come impulso
                               iniziale del primo chiaro motivo della Sinfonia, esposto
                               dai violoncelli, che è poi una citazione del “Lied” Ging
                               heut’ morgen übers Feld, secondo dei quattro Lieder
                               eines fahrenden Gesellen.
                                  Composto sul finire del 1884 ed orchestrato nei
                               mesi successivi, questo ciclo vocale si intreccia con gli
                               abbozzi della Prima Sinfonia e ne condivide alcune im-
                               magini. Autore anche dei testi poetici, Mahler tratteggia
                               una variante del “viandante” schubertiano (l’innamo-
                               rato deluso che fugge dai suoi luoghi per dimenticare
                               le sofferenze d’amore), e nel secondo Lied descrive in
                               prima persona il suo viaggio per i prati e la sensazione
                               di felicità che prova nell’immergersi nella dimensione
                               della natura, tra il canto degli uccelli, la delicatezza dei
                               fiori e la brillantezza della luce del sole.
                                  Il primo movimento della Sinfonia segue la scansione
                               della forma-sonata (introduzione, esposizione ripetuta

16                             Honeck
e sviluppo, con un Finale al posto della ripresa) ma tutto
il fluire delle idee musicali si svolge in perfetta continui-
tà, a delineare un percorso di “risveglio della natura” che
aumenta gradualmente di tensione e di volume sonoro
fino a raggiungere il suo climax (uno “scintillante” fortis-
simo esaltato dalle percussioni e dalla brillantezza delle
trombe e dei corni), dopo il quale Mahler cambia passo
e imprime all’orchestra un’accelerazione di tempo con
cui si dirigerà festosamente verso la conclusione.

“Il Titano”
Prima di introdurre all’ascolto degli altri movimenti,
però, sarà bene fornire qualche informazione sulle
varie stesure che precedettero la versione definitiva di
questa Sinfonia, e che riguardano per l’appunto il suo
assetto formale, nonché il titolo “Il Titano”, con cui è
ancor oggi conosciuta. Alla sua prima esecuzione, av-
venuta il 20 novembre 1889 a Budapest (dove Mahler
era stato nominato direttore del Teatro dell’Opera
Nazionale), infatti, la Sinfonia non fu presentata come
tale, ma come “Poema sinfonico in due parti” articola-
to in ben cinque movimenti, il secondo dei quali era un
Andante. “Il Titano” deriva da un romanzo dello scrittore
tedesco Jean Paul e comparve alla seconda esecuzio-
ne (il 27 ottobre 1893 ad Amburgo) insieme a un lungo
programma letterario, non vincolato, però, al romanzo
di Jean Paul, ma che il compositore decise di redigere
per facilitare il pubblico nell’ascolto di una Sinfonia così
lunga e dispersiva. Un accorgimento dettato anche dal-
la tiepida e persino ostile accoglienza che il pubblico e
la stampa gli avevano riservato alla “prima” ungherese.
In questa occasione l’Andante fu rinominato “Blumine”
(probabile riferimento a un altro romanzo di Paul) e così
fu anche per la terza esecuzione che ebbe luogo al
Festival di Weimar nell’estate del 1894.
   Ma due anni dopo, in vista della quarta esecuzione
(a Berlino) Mahler riprese la partitura per sottoporla a
un profondo riassetto formale, che è poi sostanzial-
mente quello in cui la ascoltiamo oggi: non più “poema
sinfonico” ma “Sinfonia in re maggiore” e riduzione dei
movimenti da cinque a quattro (con la soppressione di

Accademia Nazionale di Santa Cecilia                      17
“Blumine”). Nella medesima occasione Mahler si liberò
     anche del “Titano” e del programma letterario.
       Ecco perché è fuorviante, oggi, ascoltare questa
     partitura facendo riferimento a contenuti narrativi o
     visivi. «Musica “a programma”, cioè rappresentazione
     musicale di un evento non musicale, Mahler non l’ha mai
     scritta», asserisce Bruno Walter. E la conferma arriva
     da Mahler stesso che, in una lettera all’amico Max Mar-
     schalk il 26 marzo del 1896, motiva così la sua scelta:
     «Mi sembra una insulsaggine inventare della musica a
     partire da un programma dato. Analogamente, voler ac-
     collare un programma a un pezzo di musica mi sembra
     insoddisfacente e del tutto sterile».

     Altri suoni
     L’idea primigenia di questa Sinfonia si trova in alcuni
     schizzi per pianoforte a quattro mani dell’attuale secon-
     do movimento: uno Scherzo cadenzato secondo l’an-
     damento di Ländler, tipica danza contadina austriaca,
     da cui ebbe poi origine il valzer. Anche in questo caso,
     per il tema iniziale Mahler cita un Lied giovanile, Hans
     und Grete, con cui condivide il clima rustico, danzerec-
     cio e persino infantile come la tipica filastrocca Ringel,
     Ringel Reihe (“Giro, giro tondo”) che apriva il testo poe-
     tico. Un mondo evocato anche attraverso il richiamo
     allo jodler tirolese, con i suoi ampi salti melodici, presen-
     ti sia nella prima parte che nelle tessiture più rilassate
     del Trio. La dimensione popolare della musica, quella
     più vicina allo spirito genuino e “naturale”, è un altro
     aspetto del Naturlaut di cui abbiamo parlato: dopo aver
     presentato la natura (e quindi la vita) attraverso l’origine
     del suono, la gioiosa danza campestre introduce l’Uo-
     mo nella sua dimensione più vicina alla terra.
     L’immaginario infantile torna in maniera ancor più di-
     retta nel terzo movimento, il più famoso della Sinfonia,
     ma anche quello che suscitò maggiori perplessità nel
     pubblico delle prime esecuzioni. Quello che Mahler ci
     fa ascoltare, infatti, non è altro che il celebre canone
     Bruder Martin, che da noi suona come “Fra Martino
     campanaro”, trasposto però in modo minore. Un colpo
     di genio (e anche di teatro) che trasfigura questo alle-

18   Honeck
gro canto per bambini in una nenia grottesca. Nel suo
                                  programma posticcio Mahler suggeriva di pensare al
                                  corteo funebre di un cacciatore, accompagnato dai
                                  vari animali del bosco, e li elencava tutti (lepri, gatti, ro-
                                  spi, cornacchie, cervi, caprioli, volpi…). A più di un seco-
                                  lo dalla sua composizione, possiamo tranquillamente
                                  fare a meno di questo espediente così limitativo delle
                                  possibilità espressive che Mahler realizza con questa
                                  pagina sorprendente, e seguire liberamente il lento e
                                  sommesso dipanarsi del canone (avviato dal contrab-
                                  basso solo sull’ostinato dei timpani), i contrappunti
                                  degli oboi, e le inaspettate virate in quella Trivialmusik
                                  colorata dall’accompagnamento godereccio di piatti
Caricatura di Mahler che dirige   e grancassa, dalle impennate in glissando dei violini e
la sua Prima Sinfonia a Vienna,   dalle linee oscillanti delle trombe, che i contemporanei
pubblicata il 25 novembre del
1900 in “Illustriertes Wiener
                                  mal tolleravano.
Extrablatt”                       Con l’eccezione della sezione centrale, in cui risuona
ancora una citazione di un Lied giovanile, Die zwei
     blauen Augen, nostalgico ricordo di un amore per sem-
     pre lontano.
        Un colpo di piatti fortissimo introduce il Finale
     Stürmisch bewegt [Tempestosamente mosso], così
     diretto nell’evocazione di una natura che si afferma
     finalmente in tutta la sua potenza. Una pagina che è
     anche una prova di virtuosismo strumentale da parte di
     un compositore appena ventottenne e già pienamente
     padrone dei suoi mezzi espressivi. Oltre alla compo-
     nente puramente timbrica, Mahler fa qui sfoggio di una
     scrittura contrappuntistica che evita gli accademismi e
     si mette al servizio dei contrasti tematici e delle oppo-
     sizioni strumentali. Ne è un esempio il tema dei corni
     che si impone dopo la concitazione iniziale, contrap-
     puntato da un moto perpetuo degli archi, e nuovamente
     riaffermato dalla supremazia degli ottoni. Questa tes-
     situra, che coinvolge l’orchestra al completo, si sfalda
     e si frammenta per lasciare spazio a una regione lirica
     e ariosa, appena un’anticipazione dei grandi Adagi e
     Adagietti del Mahler maturo. La furia orchestrale ripren-
     de quindi il suo percorso per incanalarsi in una regolari-
     tà ritmica impostata dagli archi, che naufraga ancora su
     una zona di quiete. Ricompaiono, a questo punto, i temi
     che abbiamo ascoltato all’inizio della Sinfonia e su cui
     ci siamo soffermati: il pedale degli archi, la successione
     degli intervalli di quarta, le volatine dei fiati, il “mormorio
     degli uccelli” nei flauti, il Gesellenlied, ammantanti di una
     luce ovviamente diversa, e privi dell’originale coerenza,
     come frammenti sparigliati di memoria.
        È l’ultimo coup de théâtre prima di cedere il passo a
     una Coda giubilante e trionfalistica, lontana anch’essa
     da quel velo violato attraverso il quale Mahler aveva in-
     travisto l’origine del suono. E della vita.

20   Honeck
La Prima Sinfonia di Mahler nei
ricordi di Natalie Bauer-Lechner

Originariamente, Mahler aveva intitolato la sua Prima Sin-
fonia Titan, poi però molto tempo fa questo titolo, come
tutte le didascalie delle sue opere, era stato eliminato,
perché alcune persone lo fraintendevano pensando che
alludesse a un programma. Per esempio, associavano il
suo Titan a quello di Jean Paul, mentre lui aveva in mente
soltanto un individuo forte ed eroico, la sua vita, le sue sof-
ferenze, le lotte e le sconfitte contro il destino […].
   Nel primo movimento siamo rapiti da un’atmosfera festo-
sa, dionisiaca, non ancora interrotta o turbata da alcunché.
Con la prima nota, un la trattenuto con gli armonici, siamo
trasportati in mezzo alla natura: nel bosco, in cui la luce
della giornata estiva tremola e scintilla attraverso i rami.
   “La conclusione di questo movimento” disse Mahler
“non verrà certamente compresa dal pubblico; sarà una
delusione, mentre avrei potuto facilmente renderla più
efficace. Il mio eroe scoppia a ridere e se ne va. Nessuno,
di sicuro, individuerà il tema, che alla fine è andato al timpa-
no! Nel secondo movimento il giovane se ne va in giro per il
mondo con l’aria più forte, vigorosa e disinvolta”.
   […] Il terzo movimento è quello di Bruder Martin, il più frain-
teso e criticato. Mahler ne ha parlato di recente: “A questo
punto il mio eroe ha già trovato un capello nella minestra
e il suo pasto è rovinato”. Disse inoltre che fin da bambino
Bruder Martin non gli era mai sembrato allegro come lo si
canta di solito, bensì profondamente tragico: già allora riu-
sciva a scorgervi ciò che poi sarebbe diventato. […]
   L’ultimo movimento comincia con un urlo inquietante: il
nostro eroe è in balia degli eventi e lotta fino all’ultimo san-
gue con tutto il dolore del mondo. “Se prova a ribellarsi e ad
assumere il controllo, riceve ripetute batoste dal destino”,
e la stessa sorte tocca al motivo vittorioso. Solo con la mor-
te […] conquista la vittoria (sublime corale vittorioso!). […]

Natalie Bauer-Lechner. Mahleriana. Diario di un’amicizia.
Milano, il Saggiatore 2011
Le esecuzioni
     a Santa Cecilia
     La Sinfonia n. 41 “Jupiter”
     1908 Richard Strauss, Karl Panzner; 1922 Bruno Walter; 1928
     Erich Kleiber; 1936 Pietro Mascagni, Gino Marinuzzi Sr.; 1939
     Sergio Failoni; 1942 Leo Borchard; 1945 Carlo Zecchi; 1947 Car-
     lo Zecchi, Clemens Krauss, Fernando Previtali; 1949 Joseph
     Krips; 1950 Carlo Zecchi; 1951 Ermanno Wolf-Ferrari; 1953 Jo-
     seph Krips; 1954 Eugen Jochum; 1955 Fernando Previtali; 1958
     Igor Gjadrov, John Pritchard; 1959 Carlo Zecchi; 1960 Jascha
     Horenstein; 1961 Claudio Abbado, Enrique Jorda; 1965, 1975
     Carlo Zecchi; 1977 Carl Melles; 1979 Peter Maag; 1980 Carlo Ma-
     ria Giulini; 1987 Yehudi Menuhin (Sinfonia Varsovia), Wolfgang
     Sawallisch; 1991 Carlo Maria Giulini; 1994 Iona Brown (Academy
     of St. Martin in the Fields); 1996 Shlomo Mintz; 1998 Gianluigi
     Gelmetti, Myung-Whun Chung; 2003 Zubin Mehta (Orchestra
     del Maggio Musicale Fiorentino); 2004 Ivor Bolton; 2005 Myung-
     Whun Chung; 2006 Antonio Pappano; 2008 Louis Langrée, An-
     tonio Pappano 2010 Claudio Abbado, Diego Matheuz (Orche-
     stra Mozart), Christian Arming.

     La Prima Sinfonia “Il Titano”
     1912 Bruno Walter; 1921 Willem Mengelberg; 1937 Bruno Walter;
     1961 Willem van Otterloo; 1964 William Steinberg; 1967 Georges
     Prêtre; 1968 Pierluigi Urbini; 1970 Pawel Klecki; 1972 Igor
     Markevitch; 1976 Igor Markevitch, Zubin Mehta (Los Angeles
     Philharmonic Orchestra); 1977 Nicholas Harsanyi (North Carolina
     School of Arts Orchestra); 1978 Daniel Oren; 1979 Piero Bellugi;
     1981 Claudio Abbado (European Community Youth Orchestra);
     1982 Zdenek Macal; 1985 Bruno Aprea; 1986 Lorin Maazel
     (Orchestra del Norddeutscher Rundfunk di Amburgo); 1987, 1988
     Giuseppe Sinopoli (anche in tournée in Australia); 1989 Zubin
     Mehta (European Community Youth Orchestra); 1990 Georges
     Prêtre; 1992 Zoltán Peskó; 1993 Daniele Gatti; 1996 Myung-
     Whun Chung (anche in tournée in Spagna e Portogallo); 1998 Yuri
     Temirkanov; 2000 Roberto Abbado; 2001 Myung-Whun Chung;
     2003 Zubin Mehta (Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino);
     2007 Antonio Pappano (anche in tournée in Germania, Austria,
     Svizzera e Giappone); 2010 Jonathan Webb (Orchestra
     Giovanile Italiana); 2011 Antonio Pappano (anche in tournée in
     Gran Bretagna, Grecia, Lussemburgo, Belgio e Germania); 2013
     Semyon Bychkov.

22   Honeck
Manfred Honeck
direttore
Dalla stagione 2008-2009, e fino al 2020, Manfred
Honeck è Direttore musicale della Pittsburgh
Symphony Orchestra. Con l’orchestra statunitense
si è esibito nelle più grandi città europee e festival
quali Rheingau Musikfestival, Schleswig-Holstein
Musik Festival, Beethovenfest Bonn, Musikfest Berlin,
Grafenegg Festival, Festival di Lucerna, BBC Proms,
Musikverein di Vienna. Nell’estate del 2013 hanno suo-
nato, tra l’altro, a Berlino, Bucarest, Parigi, Francoforte e
Lucerna.
   L’attività discografica con l’orchestra negli ultimi
anni è stata molto intensa: nel 2012 la Quarta Sinfonia
di Mahler (Exton Label) è stata premiata con l’Interna-
tional Classical Music Award. Il cd dedicato ai Poemi
sinfonici di Strauss ha ottenuto ottime recensioni così
come la Quarta Sinfonia di Bruckner appena pubblica-
ta. L’Ottava Sinfonia di Dvořák e la suite tratta da Jenufa
approntata dallo stesso Honeck ha ottenuto una nomi-
nation ai Grammy.

                                                         © Jason Cohn
Dal 2007 al 2011 è stato Generalmusikdirektor della
      Staatsoper di Stoccarda dove ha diretto, tra l’altro, Les
      Troyens, Idomeneo, Aida, Dialogues des carmélites, Il
      cavaliere della rosa, Il pipistrello, Lohengrin, Parsifal e
      concerti sinfonici con la Staatsorchester Stuttgart.
        Inoltre è stato ospite della Semperoper di Dresda,
      Komische Oper di Berlino, Théâtre de la Monnaie di
      Bruxelles, Royal Opera of Copenhagen, Festival delle
      notti bianche di San Pietroburgo, Festival di Salisburgo.
        Nato in Austria, Manfred Honeck ha fatto parte per
      molti anni dei Wiener Philharmoniker e ha iniziato la sua
      carriera direttoriale a Vienna come assistente di Clau-
      dio Abbado; successivamente è stato Primo Kapell-
      meister dell’Opernhaus di Zurigo, uno dei Direttori prin-
      cipali della MDR Sinfonieorchester di Lipsia, Direttore
      musicale della National Opera di Oslo e Primo direttore
      ospite della Oslo Philharmonic Orchestra. Dal 2000 al
      2006 è stato Direttore principale della Swedish Radio
      Symphony Orchestra di Stoccolma, e fino al 2016 rico-
      prirà il ruolo di Primo direttore ospite della Filarmonica
      Ceca di Praga. Inoltre è salito sul podio del Deutsches
      Symphonie-Orchester di Berlino, Gewandhausor-
      chester di Lipsia, Staatskapelle di Dresda, Royal
      Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, London
      Symphony, Orchestre de Paris, Wiener Philharmoniker,
      Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks.
      Negli Stati Uniti ha diretto la New York Philharmonic,
      The Cleveland Orchestra, Chicago Symphony Orche-
      stra, Los Angeles Philharmonic, Philadelphia Orchestra
      e Boston Symphony Orchestra. Nel 2013 ha debuttato
      con i Berliner Philharmoniker con i quali ha inciso per la
      Dgg il Concerto per violino di Dvořák eseguito da Anne-
      Sophie Mutter.
        Tra gli appuntamenti recenti e futuri segnaliamo le sue
      collaborazioni con i Bamberger Symphoniker, New York
      Philharmonic, Wiener Symphoniker, Tonhalleorchester
      di Zurigo e Rotterdam Philharmonic Orchestra.
       Manfred Honeck sarà di nuovo a Santa Cecilia dal
      7 al 10 novembre per dirigere la Messa da Requiem di
      Giuseppe Verdi.

24
			   Honeck
Honeck                                            Proust si era divertito a elaborare un
                                                  questionario che sottoponeva agli amici
e il questionario                                 con domande sulle loro preferenze.
                                                  Nel 1889 fu compilato anche dal celebre
di Proust                                         compositore Claude Debussy.

La virtù preferita?                               Il personaggio preferito nella letteratura?
Umiltà                                            Gabriel Bagradian del romanzo I quaranta
                                                  giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, in
La qualità che preferisce nell’uomo?              ricordo del 100° anniversario del genocidio
La verità e la natura pacifica                    degli Armeni

La qualità che preferisce nella donna?            I nomi che preferisce?
La riservatezza e la purezza di cuore             Maria e i nomi di tutti i miei figli

L’occupazione preferita?                          Il suo vizio più grande?
Leggere, riposare                                 Troppo appetito

La sua idea della felicità terrena?               Qual è il personaggio più odioso nella storia?
La prospettiva del cielo                          Coloro che feriscono la dignità umana

Cosa detesta maggiormente?                        Per quale errore ha maggiore indulgenza?
La disonestà e la superbia                        Per quelli commessi per ignoranza

Il fiore e il colore preferiti?                   Cosa apprezza particolarmente nei suoi
Giglio, bianco, blu, oro                          amici?
                                                  La loro benevolenza e le loro critiche
Se non fosse chi è, chi vorrebbe essere?
Sono contento di essere ciò che sono              Il suo motto preferito?
                                                  Vivi come se fosse l’ultimo giorno della tua vita
Dove vorrebbe vivere?
Con la mia famiglia

Lo scrittore che preferisce?
L’Evangelista Giovanni, Dostojevskij,
Scott Hahn

I pittori e i musicisti preferiti?
Mozart, Caravaggio, mia figlia Anna Maria

Gli eroi preferiti nella vita?
Madre Teresa di Calcutta, Santa Gianna
Beretta Molla e tutti i cristiani che in questo
momento vengono perseguitati a causa della
loro fede
Orchestra
     dell’Accademia Nazionale
     di Santa Cecilia

     Sir Antonio Pappano Direttore musicale
     Carlo Rizzari direttore assistente

     Violini primi Carlo Maria Parazzoli*, Roberto González-Monjas*,
     Ruggiero Sfregola, Marlene Prodigo, Elena La Montagna,
     Margherita Ceccarelli, Roberto Saluzzi, Fiorenza Ginanneschi,
     Roberto Granci, Paolo Piomboni, Barbara Castelli, Kaoru Kanda,
     Jalle Feest, Nicola Lolli, Daria Leuzinger, William E. Chiquito
     Henao, Soyeon Kim, Ylenia Montaruli, Roberta Cannas

     Violini secondi Alberto Mina*, David Romano*, Ingrid Belli,
     Rosario Genovese, Leonardo Micucci, Lavinia Morelli, Pierluigi
     Capicchioni, Riccardo Piccirilli, Daniele Ciccolini, Andrea Vicari,
     Maria Tomasella Papais, Cristina Puca, Giovanni Bruno Galvani,
     Brunella Zanti, Svetlana Norkina, Annamaria Salvatori,
     Alice Costamagna, Cristiano Giuseppetti, Olesya Emelianenko

     Viole Raffaele Mallozzi*, Simone Briatore*, Sylvia Mayinger,
     Sara Simoncini, Carla Santini, Fabio Catania, Ilona Balint, Andrea
     Alpestre, Lorenzo Falconi, Stefano Trevisan, David Bursack, Luca
     Manfredi, Federico Marchetti, Elena Favilla, Stefania Pisanu

     Violoncelli Luigi Piovano*, Gabriele Geminiani*, Carlo Onori,
     Diego Romano, Francesco Storino, Bernardino Penazzi,
     Francesco Di Donna, Matteo Michele Bettinelli, Sara Gentile,
     Giacomo Menna, Danilo Squitieri, Roberto Mansueto,
     Giuseppe Scaglione

     Contrabbassi Antonio Sciancalepore*, Libero Lanzilotta*, Anita
     Mazzantini*, Paolo Marzo, Andrea Pighi, Piero Franco Cardarelli,
     Enrico Rosini, Paolo Cocchi, Nicola Cascelli, Simona Iemmolo,
     Margherita Naldini

26   Honeck
Flauti Carlo Tamponi*, Andrea Oliva*, Nicola Protani
Ottavini Davide Ferrario, Giovanni Gandolfo

Oboi Paolo Pollastri*, Francesco Di Rosa*, Anna Rita Argentieri,
Stefania Mercuri
Corni inglesi Maria Irsara, Gabriele Cutrona

Clarinetti Stefano Novelli*, Alessandro Carbonare*,
Simone Sirugo
Clarinetto piccolo Marco Torsani
Clarinetto basso Dario Goracci (anche clarinetto piccolo)

Fagotti Francesco Bossone*, Andrea Zucco*, Fabio Angeletti
Controfagotto Alessandro Ghibaudo

Corni Alessio Allegrini*, Guglielmo Pellarin*, Fabio Frapparelli,
Marco Bellucci, Arcangelo Losavio, Luca Agus,
Giuseppe Accardi, Gabriele Falcioni, Sabino Allegrini

Trombe Andrea Lucchi*, Ermanno Ottaviani, Antonio Ruggeri,
Michele Lotito, Roberta Fustaino

Tromboni Andrea Conti*, Enzo Turriziani*, Agostino Spera,
Stefano Centini
Trombone basso Maurizio Persia
Tuba Gianluca Grosso

Timpani Enrico Calini*, Antonio Catone*, Marco Bugarini
Percussioni Marco Bugarini, Edoardo Albino Giachino,
Andrea Santarsiere, Michele Camilloni

Arpa Cinzia Maurizio*

*
 Prime parti soliste.
NB: Le prime parti del concerto odierno sono evidenziate in neretto

Accademia Nazionale di Santa Cecilia                                27
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