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14/15 Accademia Nazionale di Santa Cecilia Stagione Sinfonica Auditorium Parco della Musica Orchestra dell’Accademia Sala Santa Cecilia Nazionale di Santa Cecilia Domenica 3 maggio 2015 ore 18 Manfred Honeck Turno A-A2 direttore Lunedì 4 maggio 2015 ore 20.30 Turno B Martedì 5 maggio 2015 ore 19.30 Turno C Il concerto è registrato da Rai Radio 3 per successive trasmissioni e verrà trasmesso su Rai 5 il 21 maggio alle ore 21.15
Gustav Mahler in una fotografia del 1907 al Teatro dell’Opera di Vienna
Programma Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791) durata prima parte: Sinfonia n. 41 in do maggiore K 551 “Jupiter” 35’ circa Allegro vivace Andante cantabile Minuetto: Allegretto Molto allegro Gustav Mahler (Kalište, Boemia 1860 - Vienna 1911) durata seconda parte: Sinfonia n. 1 in re maggiore “Il Titano” 53’ circa Langsam. Schleppend. Wie ein Naturlaut. Im Anfang sehr gemächlich (Lento. Trascinato. Come un suono della natura. All’inizio molto tranquillo) Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell. Recht gemächlich (Vigorosamente mosso, ma non troppo veloce. Tranquillo) Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen (Solenne e misurato, senza trascinare) Stürmisch bewegt (Tempestosamente mosso)
Da Mozart a Mahler: sinfonie mitologiche di Giovanni D’Alò La Sinfonia “Jupiter” La Sinfonia Jupiter di Mozart All’inizio del film Manhattan, nel suo personale elenco Data di composizione di “cose per cui vale la pena vivere”, insieme a Groucho 1788 Marx, Cézanne, Marlon Brando, Frank Sinatra, Flau- Organico bert, i film svedesi e altre icone della cultura intellettuale Flauto, 2 Oboi, dell’Upper West Side newyorchese alla fine degli anni 2 Fagotti, 2 Corni, ’70, Woody Allen menziona anche il secondo movimento 2 Trombe, della Sinfonia “Jupiter”1. Timpani, Archi Scelta raffinata, niente da dire. L’elenco serviva al per- sonaggio per arrivare a rievocare il ricordo della giova- nissima compagna da cui era stato appena lasciato, ma è diventato col tempo anche un giochino intellettuale buono per tutte le occasioni, in cui ciascuno può divertir- si a riscrivere la lista dell’attore/regista americano in base alle proprie preferenze. Potremmo discutere su tutto e sostituire tutto, ma chi avrebbe il coraggio di depennare il secondo movimento della Sinfonia “Jupiter”? Per quanto ci riguarda, rincaria- mo la dose: meno schizzinosi di Woody Allen, aggiun- giamo anche gli altri tre movimenti (con una una lieve preferenza per l’ultimo, se proprio messi alle strette) ed eleggiamo senz’altro la “Jupiter”, per intero, tra le cose per cui valga la pena vivere. 1 «Idea per un racconto sulla gente a Manhattan che si crea costantemente dei problemi veramente inutili e nevrotici perché questo le impedisce di oc- cuparsi dei più insolubili e terrificanti problemi universali. Beh, deve essere ottimistico... Perché vale la pena di vivere? È un’ottima domanda. Ci sono certe cose per cui vale la pena di vivere, ok? Per esempio... per me, io direi... il vecchio Groucho Marx... Joe DiMaggio... il secondo movimento della Sin- fonia “Jupiter”... Louis Armstrong (l’incisione di Potato Head Blues)... i film svedesi, naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra... quelle incredibili mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo... il viso di Tracy... ». Manhattan, 1979, regia di Woody Allen [Sam Wo è uno storico ristorante cinese di San Francisco; Tracy è la giovanissima fidanzata da cui è stato lasciato il personaggio interpretato dallo stesso Allen].
Nell’immagine, un fotogramma Del resto, l’ultima Sinfonia di Mozart, come tutte le del film Manhattan (1979). opere “estreme” dei grandi compositori, non è una par- titura come le altre. Se ne accorse anche il pubblico dell’epoca, quello inglese, meno provinciale rispetto a quello viennese e salisburghese, che colse immedia- tamente la dimensione “superiore” della Sinfonia in do maggiore n. 41, cominciando ad identificarla come “Ju- piter”. Giove, la divinità suprema della mitologia clas- sica. Forse furono gli spettatori, forse i critici, o forse a dare l’impulso fu una strategia di marketing di Johann Peter Salomon, l’impresario che in quegli stessi anni stava pianificando anche il successo di Haydn a Lon- dra. In ogni modo, il titolo si diffuse indipendentemente da Mozart, che terminò la sua opera a Vienna il 10 ago- sto del 1788, subito dopo la Sinfonia in mi bemolle mag- giore n. 39 K 543 e la Sinfonia in sol minore n. 40 K 550, con le quali forma un trittico che, cronologicamente ed esteticamente, si pone al vertice della sua produzione sinfonica. Non è ben chiara l’occasione per cui il trentaduenne Mozart compose queste partiture, forse destinate a Accademia Nazionale di Santa Cecilia 7
LIBRI una non identificata Accademia viennese, e a dire il vero non si è certi nemmeno che siano state effettivamente Massimo Mila eseguite, vivente l’autore. Le Sinfonie di Mozart A suggerire l’accostamento al padre degli dèi proba- Milano, Einaudi 2012 bilmente non fu solo l’incipit trionfalistico e cadenzato di Wolfgang Amadeus Mozart questa Sinfonia, che per dimensioni e architettura for- Tutte le lettere di Mozart. male non ha precedenti in Mozart e neppure in Haydn. L’epistolario completo della Anche a un primo ascolto si avverte il peso specifico di famiglia Mozart 1755-1791 una scrittura che si fonda su un’abbondanza di mate- Varese, Zecchini 2011 (3 voll.) riali tematici che andranno ad alimentare procedimenti contrappunistici molto complessi (come il fugato del Alberto Basso movimento finale), su una tensione armonica ugual- I Mozart in Italia. Cronistoria dei viaggi, documenti, lettere, mente inconsueta, e in extremis su un impasto timbrico dizionari dei luoghi e delle che, nonostante la luminosità “genetica” della tonalità persone d’impianto, inclina istintivamente verso zone espressi- Roma, Accademia di Santa ve attraversate da un inaspettato, intimo dolore. Cecilia 2006 Non siamo in epoca romantica, per cui non sarebbe giusto pretendere di ritrovare in questa musica tratti au- tobiografici o elementi che rimandino direttamente alla sfera emozionale dell’autore. Però è vero che in Mozart l’elemento individuale, il “fattore umano”, preme costan- temente ai margini dell’oggettività formale della tecnica compositiva. E, se non proprio l’anello di congiunzione, possiamo considerare la “Jupiter” il punto più prossimo agli orizzonti sinfonici romantici che si apriranno di lì a qualche anno già con il primo Beethoven. Ad aggiungere ulteriore interesse alla Sinfonia, c’è poi una subliminale compresenza di sacro e profano che Mozart dispone come tessere di un mosaico segreto all’interno della sua cattedrale sinfonica. Non si tratta di un livello accessibile all’ascoltatore moderno, e per co- glierlo sono necessarie alcune informazioni. Per esempio, quella terza idea tematica che, nel primo movimento, arriva alla fine dell’esposizione come un ef- fetto rinfrancante dopo le tensioni esplose nei pieni or- chestrali precedenti, è un calco dell’aria per basso “Un bacio di mano” K 541 che Mozart scrisse per la ripresa viennese dell’opera Le gelosie fortunate di Pasquale Anfossi. Il testo, forse di Lorenzo Da Ponte, è un cliché dell’opera buffa italiana e mette in guardia un ingenuo spasimante dai rischi che comporta corteggiare una 8 Honeck
CD donna molto più giovane2. Quale funzione abbia questa citazione (molto più consona a certe trame di Woody Mozart Allen) in una dimensione maestosamente drammatica “Karajan. come quella disegnata da questo movimento, è difficile Haydn, Mozart, Schubert Symphonies 1970-1981” da spiegare. Se non, forse, con la tendenza mozartiana, Berliner Philhamoniker già riscontrata in età adolescenziale, di inglobare al mo- Herbert von Karajan direttore mento della scrittura anche le imprevedibili suggestioni Warner classics 2014 (8 cd) provenienti dal paesaggio sonoro circostante, come pure probabilmente quelle reminiscenze musicali che “Abbado Mozart” continuano a ripresentarsi come “tarli” dell’orecchio Sinfonie nn. 29, 33, 35, (“earworms” li chiama il neurologo Oliver Sacks). 38, 39-41 Ha una funzione strutturale invece la citazione dell’in- Orchestra Mozart Claudio Abbado direttore no gregoriano Lucis creator corrispondente alle prime DGG 2014 (8 cd) quattro note che ascoltiamo all’inizio dell’ultimo movi- mento e che ritroviamo come soggetto del fugato fi- Sinfonie nn. 35, 40, 41 nale. Un motto d’uso nelle scuole di contrappunto che Wiener Philharmoniker Mozart ha fatto proprio innumerevoli altre volte e nelle Karl Böhm direttore situazioni più varie (dalla primissima Sinfonia K 16 al DGG 2004 “Credo” della Missa brevis K 192), trasformandolo in una sorta di sigillo personale. Privo di una sezione introduttiva, il percorso della Sinfonia si apre con tre statici e burberi accordi dell’or- chestra al completo, seguiti da una figurazione più deli- cata tendente verso l’alto, affidata ai soli archi. In questo contrasto c’è già, in nuce, la dialettica drammatica che attraversa l’intero Allegro vivace, scandito in quest’avvio da quei ritmi puntati così tipici del vocabolario mozartia- no, che qui costituiscono l’impalcatura di una tensione incipiente. La creazione della tensione è un principio essenziale della drammaturgia di cui Mozart, come sappiamo, è maestro, ed è anche la parola chiave di questa partitura. L’elaborazione dei motivi iniziali sfocia transitoriamente in una seconda zona tematica, appa- rentemente tranquilla e galante, nella quale Mozart ino- cula i germi di un cromatismo armonico che prolifererà nel corso della scrittura, e che conquista gradualmente il registro acuto su cui si spegne in deboli sospiri carichi d’attesa. Attesa che, dopo un silenzio che immobilizza 2 Vi si legge, fra l’altro: “Voi siete un po’ tonto, mio caro Pompeo, le usanze del mondo andate a studiar... Un uom che si sposa con giovin vezzosa... dee libere voglie lasciare alla moglie... Se il re degli sciocchi non vuole sembrar”.
tutta l’orchestra, esplode nel pieno orchestrale più po- tente del Mozart sinfonico, nervoso e tesissimo. È al termine di questo passaggio che ascoltiamo, concilia- toria, la citazione dell’aria buffa, terzo elemento temati- co che esaurisce anche i doveri tonali dell’esposizione. Relativamente breve lo sviluppo, in cui riemergono so- prattutto gli elementi iniziali. Il secondo movimento è un perfetto manuale di “stra- tegia della tensione” mozartiana. È un Andante cantabi- le, ma il tema d’apertura stenta a “cantare”, almeno nelle prime battute, ammorbidito dalle sordine degli archi e interrotto per due volte da secchi accordi dell’orchestra. Il canto decolla soltanto quando ai violini si sovrappon- gono i legni, poi lo si ascolta nel registro basso, mentre i violini rispondono con miniature ornamentali di marca haydniana, e con le sottolineature dei corni. È a questo punto che il colore di fondo vira su toni più scuri. Entra la tonalità di do minore e tutto è pronto per evocare “l’in- verno dello scontento” mozartiano. Ai bassi, una statica e funerea griglia ritmica. Ai violini e alle viole appare un profilo melodico discendente in sincope, alternato con la ripetizione meccanica di brevissimi frammenti, che han- no non solo un effetto destabilizzante per la regolarità ritmica, ma risultano carichi di urti dissonanti che Mozart sfiora appena con l’arditezza infantile di chi sta giocando col fuoco. Segue una progressione cromatica che innal- za verso l’acuto il disegno sincopato già sentito, tesa sui suoni tenuti dei fiati e innervata su una dinamica che on- deggia instabilmente tra “forte” e“piano”. Il brano ha una forma binaria, dunque ascolteremo lo stesso materiale in ordine inverso e opportunamente variato, all’interno del quale acquisteranno via via più importanza le fioriture ornamentali e le sollecitazioni insistenti dei corni. Il cromatismo melodico alla base del Minuetto, il cui pri- mo tema deriva da un’idea del primo movimento, ci dice che nonostante l’apparente recupero di un portamento nobile, l’inquietudine non è del tutto domata. E infatti un’e- co della cupezza dell’Andante cantabile affiora proprio nel cuore del Trio, espressa da un martellante ostinato ritmico, intrecciato da archi e corni, e dalla tensione ar- monica creata dai legni. 10 Honeck
La Sinfonia “Jupiter”, e ribadiamo l’aura di superiorità divina che i primi ascoltatori le riconobbero all’istante, ha il suo degno finale nel quarto movimento, Molto al- legro. Una pagina che, benché in forma di sonata, ha la sua ragion d’essere nella scrittura contrappuntistica: dato tutt’altro che consueto in ambito classicista vien- nese, che travalica qualsiasi riferimento ai modelli del genere. Fatta eccezione per alcune Sinfonie composte pochi anni prima da Michael Haydn che effettivamente si concludono con dei finali fugati, ma di fattura piutto- sto convenzionale e neanche lontanamente paragona- bili alla monumentale architettura pianificata da Mozart. Cellula germinale del movimento, il motto mozartiano di quattro note si imprime subito, svettante e tagliente nel suo nitore (un soggetto di fuga esemplare), e funzio- na come un generatore di energia ininterrottamente ali- mentato dagli altri elementi del tessuto connettivo mu- sicale, sostentuto dalla presenza costante dei timpani. Un flash di quanto accadrà nella seconda parte lo ab- biamo già nel fraseggio a quattro voci degli archi, i cui sviluppi conducono al secondo tema. Che a sua volta è una variante permutativa in tre suoni del motto iniziale. Se normalmente lo sviluppo vero e proprio di una for- ma-sonata è la riserva entro cui i compositori classici destrutturano e ricompongono i materiali presentati in nuove combinazioni, qui gli incastri mozartiani sembra- no quasi un interludio d’alleggerimento rispetto alla so- lidità contrappuntistica ristabilita dalla ripresa. Spicca, in particolare, la progressione cromatica discendente a cui è sottoposto il motto ormai riconoscibilissimo. Il culmine lo si raggiunge però nella coda, un modello di ars combinatoria in cui Mozart arriva a sovrapporre cinque dei sei motivi ritmico-melodici ascoltati finora in un fugato a contrappunto invertibile a cinque parti. Passo conclusivo, come chiosa Giovanni Carli Ballola, «di un itinerario personale analogo a quello che aveva portato Bach all’Arte della Fuga, e che porterà Beetho- ven alla Sonata op. 106, alla Nona Sinfonia e alla Missa Solemnis». Accademia Nazionale di Santa Cecilia 11
Mahler direttore d’orchestra in una serie di silhouettes di Otto Böhler
La Prima Sinfonia “Il Titano” di Mahler. ll velo squarciato Quando diciamo che un suono è chiaro oppure scuro, facciamo ricorso a un tipo di metafora che la retorica classica chiama “sinestesia”. Stiamo, cioè, qualificando qualcosa che percepiamo mediante un senso (l’orecchio, in questo caso) con un concetto che appartiene a un al- tro dominio sensoriale (la vista). La Sinfonia n. 1 di Mahler comincia, appunto, con una sinestesia. Più che un suono, quello che ascoltiamo all’inizio di questa partitura è un ef- fetto di luce reso mediante una stupefacente invenzione timbrica. Un fascio di luce tagliente, diafano, immobile e allo stesso tempo “materico”, che riporta alla mente quel- la teoria corpuscolare della luce che, prima di Newton, fu intuita poeticamente da Lucrezio. Lo stesso Mahler, secondo i ricordi dell’amica Natalie Bauer-Lechner, rivelò che intendeva evocare lo «scintillio» e il «tremolio dell’aria», immagini luminescenti che fanno pensare a quell’effetto di rifrazione della luce che con il calore rende traballante una visione lontana, come un miraggio. Come all’alba di un La Prima Sinfonia nuovo giorno, o forse il primo giorno di un “nuovo mondo”: non sarà un caso che negli stessi anni in cui Mahler lavo- Data di composizione rava al suo primo cimento sinfonico (1884-88, senza con- 1884-1888 tare le revisioni successive) prendeva forma anche Così parlò Zarathustra di Nietzsche (1883-85), che qualche Prima esecuzione tempo dopo il compositore citerà esplicitamente nella Budapest Sinfonia n. 3. 20 novembre 1889 Theodor W. Adorno preferisce un’altra metafora e Direttore parla di «un suono dal sibilo fastidioso, simile a quello Gustav Mahler emesso da certe locomotive antiquate». Non è un giu- dizio negativo, anzi, il filosofo è ben consapevole della Organico portata innovativa e pionieristica di questo incipit, e ag- 4 Flauti (2 Ottavini), giunge: «Tutta la musica promette col suo primo suono 4 Oboi (Corno inglese), qualcosa di diverso, promette di fendere un velo». 4 Clarinetti Il velo squarciato (ci sovvengono le tele di Fontana) (2 Clarinetti piccoli, è quello dei limiti tracciati da una tradizione sinfonica Clarinetto basso), 3 Fagotti (Controfagotto), mitteleuropea che negli anni Ottanta, dopo le prospet- 7 Corni, 4 Trombe, tive aperte da Mendelssohn, Schumann e Brahms, 3 Tromboni, Basso Tuba, comincia a mostrare i segni dell’inattualità. «Al di là della Timpani, Percussioni, sostanza crepuscolare, è sorprendente lo sconvolgi- Arpa, Archi mento che Mahler porta nel mondo della Sinfonia» – ha Accademia Nazionale di Santa Cecilia 13
LIBRI scritto Pierre Boulez, che di modernità se ne intende – «Mahler sconvolge la forma sinfonica, devasta questo Henry-Louis De La Grange terreno troppo ordinato, investe dei suoi fantasmi il Gustav Mahler. sancta sanctorum della logica». La vita, le opere Torino, EDT 2012 In questi termini, non stupisce che tra i primi a capire la portata del genio mahleriano (in anni in cui non tutti Natalie Bauer-Lechner erano disposti a riconoscerlo, ricordiamolo) fu Arnold Mahleriana. Diario Schönberg, che sotto la sua influenza scrisse i primi la- di un’amicizia vori importanti e al quale nel 1912 dedicò una conferen- Milano, Il Saggiatore, 2011 za che ancor oggi può considerarsi un’illuminante intro- duzione alla sua opera. In fondo, in quell’idea di suono/ AA.VV. timbro/luce/colore che apre la Prima Sinfonia di Mahler Gustav Mahler. Il mio tempo verrà c’è già lo Schönberg espressionista di Farben (“Colori”, Milano, Il Saggiatore 2010 1909). E se guardiamo in prospettiva, vi troviamo in nuce anche il concetto di “fascia sonora” sviluppato nel secondo Novecento da compositori come Ligeti e Penderecki, e dai più recenti Grisey e Murail, alfieri di quella scuola “spettralista”, che trae origine proprio dallo studio del suono come fenomeno fisico. Del resto, cos’è un suono se non un fenomeno della natura? Come un suono di natura Ed eccoci tornati al punto di partenza, quel suono che “promette di fendere un velo”, ma con una parola chiave: “natura”. Eppure la parola era già lì, scritta a chiare lettere da Mahler stesso in testa alla partitura, ad accompagnare come un viatico la sua invenzione tim- brica: Wie ein Naturlaut (“Come un suono di natura”). Il pubblico, però, non è tenuto a saperlo. Non essendo un titolo bensì un’indicazione in partitura, il “messaggio” in- fatti non è rivolto al pubblico, ma al direttore d’orchestra, al quale spetta il compito di comunicarlo all’ascoltatore attraverso il suono che riuscirà ad ottenere dall’orche- stra. Lungi dall’essere un fatto tecnico, il concetto di Naturlaut è uno dei punti centrali della poetica mahleria- na, e di un immaginario musicale in cui trovano posto ri- chiami al canto degli uccelli o a versi di altri animali, l’uso di campanacci da pascolo, corni da caccia, segnali mi- litari, citazioni di marce, danze popolari e altra musica di consumo, così ricorrenti nella sua produzione sinfonica. Alcuni commentatori riferiscono l’espressione a una 14 Honeck
natura “idealizzata”, altri a una natura “stilizzata”. Hans Heinrich Eggebrecht, uno dei massimi esponenti della musicologia tedesca, estende il Naturlaut mahleriano all’insieme di tutti i suoni precompositivi presenti in na- tura e conclude affermando che la musica stessa, per Mahler, sarebbe una rappresentazione sonora della totalità del mondo, «espressione, emanazione, rispec- chiamento della totalità cosmica ed egli stesso è solo lo strumento chiamato a crearla nell’opera musicale». Molto probabilmente il concetto di Naturlaut, così come lo troviamo in questa Prima Sinfonia, è qualcosa che Mahler nel corso degli anni ha elaborato e gradual- mente affinato, adattandolo e contestualizzandolo, anche in base alla presenza o meno di testi poetici. Ci sia permesso di osservare, però, che il termine Laut non indica un suono necessariamente determinato, bensì una sonorità percepita nella sua componente materi- ca, “fonetica”, più vicina a un rumore che a una melodia e tantomeno a un canto. In questo senso, il “suono di na- tura” che Mahler invoca in apertura della sua Sinfonia in re maggiore è da intendersi come la scintilla generatri- Max Oppenheimer (1885-1954), Gustav Mahler dirige i Wiener ce (non aveva parlato Mahler di “scintillio”?) dalla quale Philharmoniker (1935) il suono “musicale”, e dunque “la musica”, ha origine.
CD Dal punto di vista strumentale, il suono che apre questa partitura è un amalgama timbrico basato sulla Mahler sovrapposizione di una stessa nota (un “la”), ottenuto “Leonard Bernstein. però attraverso i “suoni armonici” degli archi, tutti im- The Complete Mahler Symphonies” mobilizzati nella regione sovracuta, ad eccezione del New York Philharmonic terzo gruppo dei contrabbassi che controbilancia il Leonard Bernstein direttore tutto tenendo il suono fondamentale nel registro basso. Sony classical 2012 (11 cd) Questa fascia timbrica si espande in partitura per ben 46 battute, corrispondenti a una durata di circa due Sinfonia n. 1, minuti e mezzo (almeno stando alle interpretazioni di un Sinfonia n. 10: Adagio mahleriano della prima ora come Bruno Walter, ma con Wiener Philharmoniker, direttori come Abbado, Sinopoli e Boulez si va anche Chicago Symphony Orchestra oltre i tre minuti). Un’estensione d’ascolto lunghissima Claudio Abbado direttore per un fondale sonoro sul quale si innestano gradual- DGG 2012 mente i primi spunti melodici, originati da un semplice intervallo di quarta discendente. Questo intervallo, “Mahler Complete che l’ascoltatore potrà facilmente riconoscere perché Symphonies” ricorda il caratteristico verso del cuculo, è la cellula ge- London Symphony nerativa dei principali materiali tematici non solo dell’in- Orchestra Klaus Tennstedt direttore troduzione ma dell’intero primo movimento e riaffiorerà Warner classics 2011 (16 cd) a tratti anche in quelli successivi. Ed è anche l’inciso su cui i clarinetti e i flauti intessono a più riprese un dialo- go che rimanda a un immaginario bucolico popolato di uccelli primaverili. Lo troviamo, inoltre, come impulso iniziale del primo chiaro motivo della Sinfonia, esposto dai violoncelli, che è poi una citazione del “Lied” Ging heut’ morgen übers Feld, secondo dei quattro Lieder eines fahrenden Gesellen. Composto sul finire del 1884 ed orchestrato nei mesi successivi, questo ciclo vocale si intreccia con gli abbozzi della Prima Sinfonia e ne condivide alcune im- magini. Autore anche dei testi poetici, Mahler tratteggia una variante del “viandante” schubertiano (l’innamo- rato deluso che fugge dai suoi luoghi per dimenticare le sofferenze d’amore), e nel secondo Lied descrive in prima persona il suo viaggio per i prati e la sensazione di felicità che prova nell’immergersi nella dimensione della natura, tra il canto degli uccelli, la delicatezza dei fiori e la brillantezza della luce del sole. Il primo movimento della Sinfonia segue la scansione della forma-sonata (introduzione, esposizione ripetuta 16 Honeck
e sviluppo, con un Finale al posto della ripresa) ma tutto il fluire delle idee musicali si svolge in perfetta continui- tà, a delineare un percorso di “risveglio della natura” che aumenta gradualmente di tensione e di volume sonoro fino a raggiungere il suo climax (uno “scintillante” fortis- simo esaltato dalle percussioni e dalla brillantezza delle trombe e dei corni), dopo il quale Mahler cambia passo e imprime all’orchestra un’accelerazione di tempo con cui si dirigerà festosamente verso la conclusione. “Il Titano” Prima di introdurre all’ascolto degli altri movimenti, però, sarà bene fornire qualche informazione sulle varie stesure che precedettero la versione definitiva di questa Sinfonia, e che riguardano per l’appunto il suo assetto formale, nonché il titolo “Il Titano”, con cui è ancor oggi conosciuta. Alla sua prima esecuzione, av- venuta il 20 novembre 1889 a Budapest (dove Mahler era stato nominato direttore del Teatro dell’Opera Nazionale), infatti, la Sinfonia non fu presentata come tale, ma come “Poema sinfonico in due parti” articola- to in ben cinque movimenti, il secondo dei quali era un Andante. “Il Titano” deriva da un romanzo dello scrittore tedesco Jean Paul e comparve alla seconda esecuzio- ne (il 27 ottobre 1893 ad Amburgo) insieme a un lungo programma letterario, non vincolato, però, al romanzo di Jean Paul, ma che il compositore decise di redigere per facilitare il pubblico nell’ascolto di una Sinfonia così lunga e dispersiva. Un accorgimento dettato anche dal- la tiepida e persino ostile accoglienza che il pubblico e la stampa gli avevano riservato alla “prima” ungherese. In questa occasione l’Andante fu rinominato “Blumine” (probabile riferimento a un altro romanzo di Paul) e così fu anche per la terza esecuzione che ebbe luogo al Festival di Weimar nell’estate del 1894. Ma due anni dopo, in vista della quarta esecuzione (a Berlino) Mahler riprese la partitura per sottoporla a un profondo riassetto formale, che è poi sostanzial- mente quello in cui la ascoltiamo oggi: non più “poema sinfonico” ma “Sinfonia in re maggiore” e riduzione dei movimenti da cinque a quattro (con la soppressione di Accademia Nazionale di Santa Cecilia 17
“Blumine”). Nella medesima occasione Mahler si liberò anche del “Titano” e del programma letterario. Ecco perché è fuorviante, oggi, ascoltare questa partitura facendo riferimento a contenuti narrativi o visivi. «Musica “a programma”, cioè rappresentazione musicale di un evento non musicale, Mahler non l’ha mai scritta», asserisce Bruno Walter. E la conferma arriva da Mahler stesso che, in una lettera all’amico Max Mar- schalk il 26 marzo del 1896, motiva così la sua scelta: «Mi sembra una insulsaggine inventare della musica a partire da un programma dato. Analogamente, voler ac- collare un programma a un pezzo di musica mi sembra insoddisfacente e del tutto sterile». Altri suoni L’idea primigenia di questa Sinfonia si trova in alcuni schizzi per pianoforte a quattro mani dell’attuale secon- do movimento: uno Scherzo cadenzato secondo l’an- damento di Ländler, tipica danza contadina austriaca, da cui ebbe poi origine il valzer. Anche in questo caso, per il tema iniziale Mahler cita un Lied giovanile, Hans und Grete, con cui condivide il clima rustico, danzerec- cio e persino infantile come la tipica filastrocca Ringel, Ringel Reihe (“Giro, giro tondo”) che apriva il testo poe- tico. Un mondo evocato anche attraverso il richiamo allo jodler tirolese, con i suoi ampi salti melodici, presen- ti sia nella prima parte che nelle tessiture più rilassate del Trio. La dimensione popolare della musica, quella più vicina allo spirito genuino e “naturale”, è un altro aspetto del Naturlaut di cui abbiamo parlato: dopo aver presentato la natura (e quindi la vita) attraverso l’origine del suono, la gioiosa danza campestre introduce l’Uo- mo nella sua dimensione più vicina alla terra. L’immaginario infantile torna in maniera ancor più di- retta nel terzo movimento, il più famoso della Sinfonia, ma anche quello che suscitò maggiori perplessità nel pubblico delle prime esecuzioni. Quello che Mahler ci fa ascoltare, infatti, non è altro che il celebre canone Bruder Martin, che da noi suona come “Fra Martino campanaro”, trasposto però in modo minore. Un colpo di genio (e anche di teatro) che trasfigura questo alle- 18 Honeck
gro canto per bambini in una nenia grottesca. Nel suo programma posticcio Mahler suggeriva di pensare al corteo funebre di un cacciatore, accompagnato dai vari animali del bosco, e li elencava tutti (lepri, gatti, ro- spi, cornacchie, cervi, caprioli, volpi…). A più di un seco- lo dalla sua composizione, possiamo tranquillamente fare a meno di questo espediente così limitativo delle possibilità espressive che Mahler realizza con questa pagina sorprendente, e seguire liberamente il lento e sommesso dipanarsi del canone (avviato dal contrab- basso solo sull’ostinato dei timpani), i contrappunti degli oboi, e le inaspettate virate in quella Trivialmusik colorata dall’accompagnamento godereccio di piatti Caricatura di Mahler che dirige e grancassa, dalle impennate in glissando dei violini e la sua Prima Sinfonia a Vienna, dalle linee oscillanti delle trombe, che i contemporanei pubblicata il 25 novembre del 1900 in “Illustriertes Wiener mal tolleravano. Extrablatt” Con l’eccezione della sezione centrale, in cui risuona
ancora una citazione di un Lied giovanile, Die zwei blauen Augen, nostalgico ricordo di un amore per sem- pre lontano. Un colpo di piatti fortissimo introduce il Finale Stürmisch bewegt [Tempestosamente mosso], così diretto nell’evocazione di una natura che si afferma finalmente in tutta la sua potenza. Una pagina che è anche una prova di virtuosismo strumentale da parte di un compositore appena ventottenne e già pienamente padrone dei suoi mezzi espressivi. Oltre alla compo- nente puramente timbrica, Mahler fa qui sfoggio di una scrittura contrappuntistica che evita gli accademismi e si mette al servizio dei contrasti tematici e delle oppo- sizioni strumentali. Ne è un esempio il tema dei corni che si impone dopo la concitazione iniziale, contrap- puntato da un moto perpetuo degli archi, e nuovamente riaffermato dalla supremazia degli ottoni. Questa tes- situra, che coinvolge l’orchestra al completo, si sfalda e si frammenta per lasciare spazio a una regione lirica e ariosa, appena un’anticipazione dei grandi Adagi e Adagietti del Mahler maturo. La furia orchestrale ripren- de quindi il suo percorso per incanalarsi in una regolari- tà ritmica impostata dagli archi, che naufraga ancora su una zona di quiete. Ricompaiono, a questo punto, i temi che abbiamo ascoltato all’inizio della Sinfonia e su cui ci siamo soffermati: il pedale degli archi, la successione degli intervalli di quarta, le volatine dei fiati, il “mormorio degli uccelli” nei flauti, il Gesellenlied, ammantanti di una luce ovviamente diversa, e privi dell’originale coerenza, come frammenti sparigliati di memoria. È l’ultimo coup de théâtre prima di cedere il passo a una Coda giubilante e trionfalistica, lontana anch’essa da quel velo violato attraverso il quale Mahler aveva in- travisto l’origine del suono. E della vita. 20 Honeck
La Prima Sinfonia di Mahler nei ricordi di Natalie Bauer-Lechner Originariamente, Mahler aveva intitolato la sua Prima Sin- fonia Titan, poi però molto tempo fa questo titolo, come tutte le didascalie delle sue opere, era stato eliminato, perché alcune persone lo fraintendevano pensando che alludesse a un programma. Per esempio, associavano il suo Titan a quello di Jean Paul, mentre lui aveva in mente soltanto un individuo forte ed eroico, la sua vita, le sue sof- ferenze, le lotte e le sconfitte contro il destino […]. Nel primo movimento siamo rapiti da un’atmosfera festo- sa, dionisiaca, non ancora interrotta o turbata da alcunché. Con la prima nota, un la trattenuto con gli armonici, siamo trasportati in mezzo alla natura: nel bosco, in cui la luce della giornata estiva tremola e scintilla attraverso i rami. “La conclusione di questo movimento” disse Mahler “non verrà certamente compresa dal pubblico; sarà una delusione, mentre avrei potuto facilmente renderla più efficace. Il mio eroe scoppia a ridere e se ne va. Nessuno, di sicuro, individuerà il tema, che alla fine è andato al timpa- no! Nel secondo movimento il giovane se ne va in giro per il mondo con l’aria più forte, vigorosa e disinvolta”. […] Il terzo movimento è quello di Bruder Martin, il più frain- teso e criticato. Mahler ne ha parlato di recente: “A questo punto il mio eroe ha già trovato un capello nella minestra e il suo pasto è rovinato”. Disse inoltre che fin da bambino Bruder Martin non gli era mai sembrato allegro come lo si canta di solito, bensì profondamente tragico: già allora riu- sciva a scorgervi ciò che poi sarebbe diventato. […] L’ultimo movimento comincia con un urlo inquietante: il nostro eroe è in balia degli eventi e lotta fino all’ultimo san- gue con tutto il dolore del mondo. “Se prova a ribellarsi e ad assumere il controllo, riceve ripetute batoste dal destino”, e la stessa sorte tocca al motivo vittorioso. Solo con la mor- te […] conquista la vittoria (sublime corale vittorioso!). […] Natalie Bauer-Lechner. Mahleriana. Diario di un’amicizia. Milano, il Saggiatore 2011
Le esecuzioni a Santa Cecilia La Sinfonia n. 41 “Jupiter” 1908 Richard Strauss, Karl Panzner; 1922 Bruno Walter; 1928 Erich Kleiber; 1936 Pietro Mascagni, Gino Marinuzzi Sr.; 1939 Sergio Failoni; 1942 Leo Borchard; 1945 Carlo Zecchi; 1947 Car- lo Zecchi, Clemens Krauss, Fernando Previtali; 1949 Joseph Krips; 1950 Carlo Zecchi; 1951 Ermanno Wolf-Ferrari; 1953 Jo- seph Krips; 1954 Eugen Jochum; 1955 Fernando Previtali; 1958 Igor Gjadrov, John Pritchard; 1959 Carlo Zecchi; 1960 Jascha Horenstein; 1961 Claudio Abbado, Enrique Jorda; 1965, 1975 Carlo Zecchi; 1977 Carl Melles; 1979 Peter Maag; 1980 Carlo Ma- ria Giulini; 1987 Yehudi Menuhin (Sinfonia Varsovia), Wolfgang Sawallisch; 1991 Carlo Maria Giulini; 1994 Iona Brown (Academy of St. Martin in the Fields); 1996 Shlomo Mintz; 1998 Gianluigi Gelmetti, Myung-Whun Chung; 2003 Zubin Mehta (Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino); 2004 Ivor Bolton; 2005 Myung- Whun Chung; 2006 Antonio Pappano; 2008 Louis Langrée, An- tonio Pappano 2010 Claudio Abbado, Diego Matheuz (Orche- stra Mozart), Christian Arming. La Prima Sinfonia “Il Titano” 1912 Bruno Walter; 1921 Willem Mengelberg; 1937 Bruno Walter; 1961 Willem van Otterloo; 1964 William Steinberg; 1967 Georges Prêtre; 1968 Pierluigi Urbini; 1970 Pawel Klecki; 1972 Igor Markevitch; 1976 Igor Markevitch, Zubin Mehta (Los Angeles Philharmonic Orchestra); 1977 Nicholas Harsanyi (North Carolina School of Arts Orchestra); 1978 Daniel Oren; 1979 Piero Bellugi; 1981 Claudio Abbado (European Community Youth Orchestra); 1982 Zdenek Macal; 1985 Bruno Aprea; 1986 Lorin Maazel (Orchestra del Norddeutscher Rundfunk di Amburgo); 1987, 1988 Giuseppe Sinopoli (anche in tournée in Australia); 1989 Zubin Mehta (European Community Youth Orchestra); 1990 Georges Prêtre; 1992 Zoltán Peskó; 1993 Daniele Gatti; 1996 Myung- Whun Chung (anche in tournée in Spagna e Portogallo); 1998 Yuri Temirkanov; 2000 Roberto Abbado; 2001 Myung-Whun Chung; 2003 Zubin Mehta (Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino); 2007 Antonio Pappano (anche in tournée in Germania, Austria, Svizzera e Giappone); 2010 Jonathan Webb (Orchestra Giovanile Italiana); 2011 Antonio Pappano (anche in tournée in Gran Bretagna, Grecia, Lussemburgo, Belgio e Germania); 2013 Semyon Bychkov. 22 Honeck
Manfred Honeck direttore Dalla stagione 2008-2009, e fino al 2020, Manfred Honeck è Direttore musicale della Pittsburgh Symphony Orchestra. Con l’orchestra statunitense si è esibito nelle più grandi città europee e festival quali Rheingau Musikfestival, Schleswig-Holstein Musik Festival, Beethovenfest Bonn, Musikfest Berlin, Grafenegg Festival, Festival di Lucerna, BBC Proms, Musikverein di Vienna. Nell’estate del 2013 hanno suo- nato, tra l’altro, a Berlino, Bucarest, Parigi, Francoforte e Lucerna. L’attività discografica con l’orchestra negli ultimi anni è stata molto intensa: nel 2012 la Quarta Sinfonia di Mahler (Exton Label) è stata premiata con l’Interna- tional Classical Music Award. Il cd dedicato ai Poemi sinfonici di Strauss ha ottenuto ottime recensioni così come la Quarta Sinfonia di Bruckner appena pubblica- ta. L’Ottava Sinfonia di Dvořák e la suite tratta da Jenufa approntata dallo stesso Honeck ha ottenuto una nomi- nation ai Grammy. © Jason Cohn
Dal 2007 al 2011 è stato Generalmusikdirektor della Staatsoper di Stoccarda dove ha diretto, tra l’altro, Les Troyens, Idomeneo, Aida, Dialogues des carmélites, Il cavaliere della rosa, Il pipistrello, Lohengrin, Parsifal e concerti sinfonici con la Staatsorchester Stuttgart. Inoltre è stato ospite della Semperoper di Dresda, Komische Oper di Berlino, Théâtre de la Monnaie di Bruxelles, Royal Opera of Copenhagen, Festival delle notti bianche di San Pietroburgo, Festival di Salisburgo. Nato in Austria, Manfred Honeck ha fatto parte per molti anni dei Wiener Philharmoniker e ha iniziato la sua carriera direttoriale a Vienna come assistente di Clau- dio Abbado; successivamente è stato Primo Kapell- meister dell’Opernhaus di Zurigo, uno dei Direttori prin- cipali della MDR Sinfonieorchester di Lipsia, Direttore musicale della National Opera di Oslo e Primo direttore ospite della Oslo Philharmonic Orchestra. Dal 2000 al 2006 è stato Direttore principale della Swedish Radio Symphony Orchestra di Stoccolma, e fino al 2016 rico- prirà il ruolo di Primo direttore ospite della Filarmonica Ceca di Praga. Inoltre è salito sul podio del Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, Gewandhausor- chester di Lipsia, Staatskapelle di Dresda, Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, London Symphony, Orchestre de Paris, Wiener Philharmoniker, Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks. Negli Stati Uniti ha diretto la New York Philharmonic, The Cleveland Orchestra, Chicago Symphony Orche- stra, Los Angeles Philharmonic, Philadelphia Orchestra e Boston Symphony Orchestra. Nel 2013 ha debuttato con i Berliner Philharmoniker con i quali ha inciso per la Dgg il Concerto per violino di Dvořák eseguito da Anne- Sophie Mutter. Tra gli appuntamenti recenti e futuri segnaliamo le sue collaborazioni con i Bamberger Symphoniker, New York Philharmonic, Wiener Symphoniker, Tonhalleorchester di Zurigo e Rotterdam Philharmonic Orchestra. Manfred Honeck sarà di nuovo a Santa Cecilia dal 7 al 10 novembre per dirigere la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. 24 Honeck
Honeck Proust si era divertito a elaborare un questionario che sottoponeva agli amici e il questionario con domande sulle loro preferenze. Nel 1889 fu compilato anche dal celebre di Proust compositore Claude Debussy. La virtù preferita? Il personaggio preferito nella letteratura? Umiltà Gabriel Bagradian del romanzo I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, in La qualità che preferisce nell’uomo? ricordo del 100° anniversario del genocidio La verità e la natura pacifica degli Armeni La qualità che preferisce nella donna? I nomi che preferisce? La riservatezza e la purezza di cuore Maria e i nomi di tutti i miei figli L’occupazione preferita? Il suo vizio più grande? Leggere, riposare Troppo appetito La sua idea della felicità terrena? Qual è il personaggio più odioso nella storia? La prospettiva del cielo Coloro che feriscono la dignità umana Cosa detesta maggiormente? Per quale errore ha maggiore indulgenza? La disonestà e la superbia Per quelli commessi per ignoranza Il fiore e il colore preferiti? Cosa apprezza particolarmente nei suoi Giglio, bianco, blu, oro amici? La loro benevolenza e le loro critiche Se non fosse chi è, chi vorrebbe essere? Sono contento di essere ciò che sono Il suo motto preferito? Vivi come se fosse l’ultimo giorno della tua vita Dove vorrebbe vivere? Con la mia famiglia Lo scrittore che preferisce? L’Evangelista Giovanni, Dostojevskij, Scott Hahn I pittori e i musicisti preferiti? Mozart, Caravaggio, mia figlia Anna Maria Gli eroi preferiti nella vita? Madre Teresa di Calcutta, Santa Gianna Beretta Molla e tutti i cristiani che in questo momento vengono perseguitati a causa della loro fede
Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Sir Antonio Pappano Direttore musicale Carlo Rizzari direttore assistente Violini primi Carlo Maria Parazzoli*, Roberto González-Monjas*, Ruggiero Sfregola, Marlene Prodigo, Elena La Montagna, Margherita Ceccarelli, Roberto Saluzzi, Fiorenza Ginanneschi, Roberto Granci, Paolo Piomboni, Barbara Castelli, Kaoru Kanda, Jalle Feest, Nicola Lolli, Daria Leuzinger, William E. Chiquito Henao, Soyeon Kim, Ylenia Montaruli, Roberta Cannas Violini secondi Alberto Mina*, David Romano*, Ingrid Belli, Rosario Genovese, Leonardo Micucci, Lavinia Morelli, Pierluigi Capicchioni, Riccardo Piccirilli, Daniele Ciccolini, Andrea Vicari, Maria Tomasella Papais, Cristina Puca, Giovanni Bruno Galvani, Brunella Zanti, Svetlana Norkina, Annamaria Salvatori, Alice Costamagna, Cristiano Giuseppetti, Olesya Emelianenko Viole Raffaele Mallozzi*, Simone Briatore*, Sylvia Mayinger, Sara Simoncini, Carla Santini, Fabio Catania, Ilona Balint, Andrea Alpestre, Lorenzo Falconi, Stefano Trevisan, David Bursack, Luca Manfredi, Federico Marchetti, Elena Favilla, Stefania Pisanu Violoncelli Luigi Piovano*, Gabriele Geminiani*, Carlo Onori, Diego Romano, Francesco Storino, Bernardino Penazzi, Francesco Di Donna, Matteo Michele Bettinelli, Sara Gentile, Giacomo Menna, Danilo Squitieri, Roberto Mansueto, Giuseppe Scaglione Contrabbassi Antonio Sciancalepore*, Libero Lanzilotta*, Anita Mazzantini*, Paolo Marzo, Andrea Pighi, Piero Franco Cardarelli, Enrico Rosini, Paolo Cocchi, Nicola Cascelli, Simona Iemmolo, Margherita Naldini 26 Honeck
Flauti Carlo Tamponi*, Andrea Oliva*, Nicola Protani Ottavini Davide Ferrario, Giovanni Gandolfo Oboi Paolo Pollastri*, Francesco Di Rosa*, Anna Rita Argentieri, Stefania Mercuri Corni inglesi Maria Irsara, Gabriele Cutrona Clarinetti Stefano Novelli*, Alessandro Carbonare*, Simone Sirugo Clarinetto piccolo Marco Torsani Clarinetto basso Dario Goracci (anche clarinetto piccolo) Fagotti Francesco Bossone*, Andrea Zucco*, Fabio Angeletti Controfagotto Alessandro Ghibaudo Corni Alessio Allegrini*, Guglielmo Pellarin*, Fabio Frapparelli, Marco Bellucci, Arcangelo Losavio, Luca Agus, Giuseppe Accardi, Gabriele Falcioni, Sabino Allegrini Trombe Andrea Lucchi*, Ermanno Ottaviani, Antonio Ruggeri, Michele Lotito, Roberta Fustaino Tromboni Andrea Conti*, Enzo Turriziani*, Agostino Spera, Stefano Centini Trombone basso Maurizio Persia Tuba Gianluca Grosso Timpani Enrico Calini*, Antonio Catone*, Marco Bugarini Percussioni Marco Bugarini, Edoardo Albino Giachino, Andrea Santarsiere, Michele Camilloni Arpa Cinzia Maurizio* * Prime parti soliste. NB: Le prime parti del concerto odierno sono evidenziate in neretto Accademia Nazionale di Santa Cecilia 27
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