5G e onde elettromagnetiche: preconcetti o rischi reali per la salute?

Pagina creata da Pasquale Falcone
 
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5G e onde elettromagnetiche:
preconcetti o rischi reali
per la salute?
La tecnologia 5G sta per cambiare per sempre le nostre vite,
rendendo possibile l’IoT, (“Internet of Things”, l’internet
delle cose), che soltanto poco fa sembrava avveniristico. A
frenare gli entusiasmi, insieme ai timori dei Governi per
possibili violazioni della sicurezza informatica, ci sono le
preoccupazioni diffuse di parte dell’opinione pubblica circa i
possibili danni derivanti dall’esposizione alle onde
elettromagnetiche.

A marzo 2020, è uscita l’ultima versione delle linee guida
dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing
Radiation Protection), che riguardano molte applicazioni dei
campi elettromagnetici, tra cui i sistemi per le
telecomunicazioni e la nuova tecnologia 5G. In vista del cui
impiego su larga scala sono stati effettuati degli
aggiornamenti specifici per le frequenze più elevate.

Che cosa sappiamo ad oggi?

La complessa partita della corsa al 5G
Cosa dice, al momento, la scienza          sulle   emissioni
elettromagnetiche del 5G
Ma che cos’è il 5g, di preciso?
La genesi delle linee guida 2020 dell’ICNIRP
Le linee guida “in pillole”: le FAQ in italiano pubblicate sul
sito dell’ISS

La complessa partita della corsa al
5G
La corsa alla tecnologia 5G sembra ormai inevitabile. Ma se da
un lato siamo sicuri che la nostra vita quotidiana migliorerà,
grazie alle nuove possibilità offerte dal progresso
scientifico e tecnologico. Dall’altro sono diffuse le
preoccupazioni nell’opinione pubblica – che ha molte domande
al riguardo – in merito ai danni che, nel lungo periodo,
potrebbero   derivare   da  un’esposizione   alle   onde
elettromagnetiche su cui il 5G viaggia.

Domande alle quali, ad oggi, la comunità scientifica non è
ancora in grado di dare risposte certe ed univoche.

Quale sarà l’impatto concreto del 5G
sulla vita di tutti i giorni?
                                 I vantaggi del 5G
                     • maggiore velocità di download e upload
                    • streaming più fluido di contenuti online
            • videochiamate e chiamate via internet di migliore qualità
 • connessioni dati più affidabili (il 5G avrà un ruolo anche nel mondo militare.
  Nella creazione, ad esempio, di basi militari intelligenti e di dispositivi in
              grado di fornire informazioni strategiche in real time)
     • un maggior numero di dispositivi connessi nel c.d. “internet of things”
  (integrando la plancia dei comandi della nostra automobile, elettrodomestici e
 dispositivi casalinghi, oltre ovviamente ai dispositivi di telefonia ed i pc), in
 grado di elaborare dati e restituirci una mappa aggiornata della realtà in tempo
     reale, con la quale saremo in grado di ritarare, ottimizzandoli, i nostri
                                   comportamenti
   • diffusione di tecnologie avanzate, come le auto a guida autonoma e le smart
cities (basti pensare al fatto che, secondo gli esperti, i veicoli potranno essere
    connessi tra di loro e ricevere informazioni in tempo reale su ingorghi e
   incidenti. Anche i semafori saranno connessi con la rete 5G e potranno essere
regolati in tempo reale per consentire un traffico scorrevole. Per non parlare dei
  mezzi di soccorso, che potranno individuare in tempo reale il percorso migliore
             per giungere il prima possibile sul luogo dell’incidente)
 • il 5G potrebbe favorire il risparmio energetico grazie all’utilizzo di sensori
           che spengano l’illuminazione quando questa non è necessaria.
I dubbi
 La principale preoccupazione riguarda il fatto che, a causa delle frequenze delle
                   onde 5G, occorrerà installare molte antenne.
Le onde elettromagnetiche “di così elevata frequenza – infatti, sottolinea l’ISS –
  durante la loro propagazione, non riescono a penetrare attraverso gli edifici o
comunque a superare ostacoli. E inoltre vengono facilmente assorbite dalla pioggia
 o dalle foglie. Per questo motivo sarà necessario utilizzare, in maggiore misura
 rispetto alle attuali tecnologie di telefonia mobile, le cosiddette small cells,
  aree di territorio coperte dal segnale a radiofrequenza le cui dimensioni, che
    possono andare da una decina di metri (indoor) a qualche centinaio di metri
   (outdoor), sono molto inferiori a quelle delle macrocelle che possono essere
                         estese anche diversi chilometri”.

Cosa dice, al momento, la scienza
sulle emissioni elettromagnetiche
del 5G
L’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato gli effetti a
breve termine e a lungo termine dei campi elettromagnetici a
radiofrequenza.
Per quanto riguarda i primi, sottolinea l’ISS, gli unici
effetti sulla fisiologia umana oggi riconosciuti come causati
dalle onde elettromagnetiche a bassa frequenza, come quelle
che propagano il segnale 5G, sono quelli termici.

Si tratta di un effetto nel breve termine a cui si è deciso di
ovviare nel seguente mondo: abbassando in maniera stringente i
limiti all’esposizione delle onde. In modo tale che questo
effetto non possa aversi.
“Gli standard internazionali di protezione definiscono limiti di esposizione ai
   campi elettromagnetici il cui rispetto garantisce ampiamente, grazie anche
 all’introduzione di opportuni fattori di riduzione, che la soglia degli effetti
 termici non venga superata. Tali standard sono stati recepiti da vari Paesi nel
       mondo e parzialmente anche in Italia dove per i sistemi fissi per le
   telecomunicazioni e radiotelevisivi sono previsti limiti di esposizione (da
  rispettare sempre) e valori di attenzione (da rispettare nei luoghi adibiti a
 permanenze prolungate dei soggetti della popolazione) più restrittivi dei limiti
 internazionali in quanto finalizzati alla tutela della salute anche da eventuali
                            effetti a lungo termine”.
     La normativa italiana di riferimento è data dal D.P.C.M. 8 luglio 2003,
“Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi
     di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi
  elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100
                                  kHz e 300 GHz”.

Effetti a lungo termine
Sono gli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a
radiofrequenza quelli che, invece, destano maggiori
preoccupazioni. E sono stati (e continuano ad essere) oggetto
di numerosissimi studi scientifici. Che sono “sia di tipo
osservazionale direttamente sugli esseri umani (studi
epidemiologici), sia di tipo sperimentale su animali in vivo e
su cellule in vitro”.

In sintesi, secondo la IARC (International Agency Resarch on
Cancer), il complesso degli studi esaminati “non supporta
l’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici. Con
l’eccezione di alcuni studi epidemiologici di tipo caso-
controllo che hanno evidenziato, a differenza di altri
analoghi studi, un aumento del rischio di glioma (un tumore
maligno del cervello) e di neurinoma del nervo acustico (un
tumore benigno) in relazione all’uso intenso di telefoni
cellulari”.
“Uno studio caso-controllo confronta individui che hanno avuto l’outcome di interesse
(casi) vs gli individui che non hanno avuto l’outcome di interesse (controlli) rispetto
                  all’esposizione a un potenziale “fattore di rischio.
    L’obiettivo è determinare se esiste un’associazione tra il fattore di rischio e
                                l’outcome di interesse.
L’idea è quella di definire una popolazione o coorte, identificare i casi e i controlli
 all’interno della popolazione. E determinare retrospettivamente quali pazienti erano
                             esposti al fattore di rischio.
Una percentuale più alta di individui con l’esposizione al fattore di rischio tra i casi
     piuttosto che tra i controlli suggerisce che il fattore di rischio è associato
                                      all’outcome”.

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Quanto sono stati indagati i possibili
rischi?
L’ISS conclude affermando che “va inoltre sottolineato che
nuove evidenze epidemiologiche, successive alla valutazione
della IARC del 2011 e provenienti da studi di tipologia
diversa (studi di coorte, studi sull’incidenza dei tumori
nella popolazione) sembrano smentire le indicazioni degli
studi caso-controllo”.

Anche se, poche righe dopo, in un capitolo dedicato non agli
effetti, ma ai possibili rischi per la salute connessi al 5G:

     dopo aver utilizzato parole rassicuranti circa i livelli
     di esposizione (“i livelli di esposizione della
     popolazione saranno molto inferiori alle soglie per gli
     effetti a breve termine di natura termica, ma la temuta
     «proliferazione di antenne» non dovrebbe comportare
     aumenti generalizzati delle esposizioni in quanto le
     ridotte dimensioni delle small cells comporteranno delle
     potenze di emissione più basse di quelle utilizzate per
     coprire le macrocelle”),
     sciorina una nuova serie ipotetici rischi (“d’altra
     parte, il fatto che le onde non raggiungono gli organi
     interni non significa di per sé che non possano essere
     pericolose. Si pensi infatti alla radiazione
     ultravioletta […]), che instillano nel lettore qualche
     dubbio, quantomeno sulla fretta con la quale si sta
     procedendo in questa direzione.

Specie se – come sembra, stante il ruolo tecnico e non
politico dell’Ente, e a leggere quanto scritto nel documento,
cui si è fatto riferimento – l’ISS sostanzialmente “rimanda”
alla politica la decisione finale. Senza che si legga fra le
righe una sorta di “moral suasion” (“sarà comunque compito
delle autorità delegate ai controlli delle emissioni
verificare il rispetto della normativa”). E non senza aver
evidenziato come, nonostante tutto, “le frequenze che verranno
utilizzate per il 5G sono state oggetto di un numero di studi
sicuramente inferiore rispetto a quelle utilizzate dalle
attuali tecnologie per le telecomunicazioni e per le
trasmissioni radiotelevisive”…
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Ma che cos’è il 5g, di preciso?
5G – per utilizzare le parole del Centro Nazionale per la
Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale – sta per
“quinta generazione” della tecnologia di telefonia mobile. E
“darà luogo a nuovi scenari di esposizione della popolazione
ai campi elettromagnetici a radiofrequenza che saranno emessi
in bande di frequenza (694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5
GHz) diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia
mobile (da 800 MHz a 2,6 GHz)”.

Grazie al 5G – e questa è la caratteristica fondante, la più
importante – non solo (e non tanto) verrà potenziata la
comunicazione fra le persone, ma soprattutto l’IoT.
L’“Internet delle cose”, in cui “vari dispositivi wireless
comunicano direttamente tra loro, utilizzando in particolare
onde elettromagnetiche di frequenza appartenente alla banda
26,5-27,5 GHz indicate spesso come «onde millimetriche». Anche
se quest’ultime corrispondono più precisamente alle frequenze
comprese tra 30 e 300 GHz (lunghezze d’onda comprese tra 1 e
10 mm)”.

La genesi delle linee guida 2020
dell’ICNIRP
In questo scenario quantomeno complesso, a marzo del 2020, in
pieno lockdown, è uscita l’ultima versione delle linee guida
dell’ICNIRP. Che al momento è il documento più aggiornato
circa le conclusioni a cui la letteratura scientifica è
arrivata sugli effetti dell’esposizione alle onde su cui
viaggia anche la tecnologia 5G.
La Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-
      Ionizzanti (ICNIRP) è un organismo scientifico indipendente,
   riconosciuto dall’OMS, che fornisce pareri e indirizzi in tema di
     protezione della salute dalle esposizioni alle radiazioni non
   ionizzanti e pubblica linee guida che costituiscono il principale
   riferimento per la definizione di normative nazionali in numerosi
                                paesi.
Ne ha parlato anche il Sistema Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente (SNPA), nella rivista Ecoscienza, in un articolo
in cui ha sottolineato che “fino a questo momento, in Europa
la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi
elettromagnetici è stata affidata alla Raccomandazione del
Consiglio europeo del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione
dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici
da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE).

Requisiti minimi
In questa Raccomandazione, il Consiglio europeo stabilisce i
requisiti minimi a cui gli stati membri devono attenersi
per “…proteggere i singoli cittadini dagli effetti negativi
certi sulla salute, che possono derivare dall’esposizione ai
campi elettromagnetici». Gli unici effetti negativi certi
sulla salute umana dei campi elettromagnetici a RF, accertati
dalla ricerca scientifica, sono gli effetti termici a breve
termine. E dovuti a meccanismi di interazione tra i campi a RF
e gli organismi biologici che sono stati ampiamente studiati
nel corso degli anni. Per questo motivo il Consiglio europeo
ha adottato in toto il parere dell’International Commission on
Non-Ionizing Radiation Protection (Icnirp) del 1998”.

Requisiti minimi che, tuttavia, dovrebbero, devono essere
oggetto di periodiche revisioni: “il quadro dovrebbe essere
riesaminato e rivalutato regolarmente alla luce delle nuove
conoscenze e degli sviluppi nel settore tecnologico e
nell’impiego di sorgenti e nelle utilizzazioni che danno luogo
ad un’esposizione a campi elettromagnetici”.
Le linee guida dell’ICNIRP nascono proprio da quest’ultima
necessità.

Le linee guida “in pillole”: le FAQ
in italiano pubblicate sul sito
dell’ISS
Per meglio comprendere il complesso documento pubblicato
dall’ICNIRP, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato la
traduzione delle FAQ.
In estrema sintesi, in undici risposte l’Istituto cerca di
evidenziare qual è, al momento, lo stato dell’arte in materia
di elettromagnetismo legato alla tecnologia 5G.

Le FAQ tentano di chiarire anzitutto la base scientifica su
cui poggia l’impianto delle nuove linee guida. La domanda è:
“Quale letteratura scientifica è stata utilizzata per definire
le linee guida e come è stata valutata?”. E in modo del tutto
trasparente si evidenzia (anche all’interno delle FAQ
successive) come il documento:

     si sia basato su una vasta letteratura scientifica, e
     sulle metodologie, anche differenti, sulle quali si
     basano i risultati ottenuti. I risultati sugli effetti
     dovuti all’esposizione a CEM RF (campi elettromagnetici
     da radiofrequenze), infatti, sono in parte influenzati
     dalle metodiche di indagine impiegate, e
     abbia posto dei limiti alle considerazioni o alle
     percezioni personali, legate ad una “presunta”
     ipersensibilità elettromagnetica, o a singoli studi in
     grado di velare chissà quali risultati. (“È importante
     notare che le linee guida si basano su un corpo di
     conoscenze che si è sviluppato nel corso di molti anni
     di ricerca scientifica, che nessun singolo studio è in
     grado di dimostrare che l’esposizione al di sotto dei
     livelli fissati dalle linee guida sia nociva o meno;
sebbene le persone chiedano spesso uno studio di questo
     tipo, non è così che opera la scienza”).

Principio di precauzione 4.0: coniugare
il progresso con la prudenza
Nel documento viene dato spazio anche ai consigli “ai Paesi
che hanno adottato le linee guida ICNIRP del 1998 per i CEM
RF”. Anche e soprattutto con riguardo alle innovazioni
tecnologiche medio tempore intervenute. E, di conseguenza,
alle differenze sostanziali rispetto all’approccio e al
contenuto delle due linee guida.

Una visione di lungo periodo e di ampio respiro, in sostanza,
che prende in considerazione tutti gli aspetti. E che valuta
tutti gli effetti, di breve, medio e lungo periodo. Nonostante
questi ultimi siano, inevitabilmente, più difficili da
valutare rispetto agli effetti immediati. E in genere sia è
necessaria una combinazione di diversi tipi di studi per
giungere a conclusioni in merito.

Ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico, da un lato, ma
estrema attenzione e prudenza. Si chiama principio di
precauzione 4.0, che non esclude il progresso. E, nello stesso
tempo, non è offuscato da immotivati preconcetti para-
conservatori.

Tutto il contrario di come si muove la politica…
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