5G e onde elettromagnetiche: preconcetti o rischi reali per la salute?
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5G e onde elettromagnetiche: preconcetti o rischi reali per la salute? La tecnologia 5G sta per cambiare per sempre le nostre vite, rendendo possibile l’IoT, (“Internet of Things”, l’internet delle cose), che soltanto poco fa sembrava avveniristico. A frenare gli entusiasmi, insieme ai timori dei Governi per possibili violazioni della sicurezza informatica, ci sono le preoccupazioni diffuse di parte dell’opinione pubblica circa i possibili danni derivanti dall’esposizione alle onde elettromagnetiche. A marzo 2020, è uscita l’ultima versione delle linee guida dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), che riguardano molte applicazioni dei campi elettromagnetici, tra cui i sistemi per le telecomunicazioni e la nuova tecnologia 5G. In vista del cui impiego su larga scala sono stati effettuati degli aggiornamenti specifici per le frequenze più elevate. Che cosa sappiamo ad oggi? La complessa partita della corsa al 5G Cosa dice, al momento, la scienza sulle emissioni elettromagnetiche del 5G Ma che cos’è il 5g, di preciso? La genesi delle linee guida 2020 dell’ICNIRP Le linee guida “in pillole”: le FAQ in italiano pubblicate sul sito dell’ISS La complessa partita della corsa al
5G La corsa alla tecnologia 5G sembra ormai inevitabile. Ma se da un lato siamo sicuri che la nostra vita quotidiana migliorerà, grazie alle nuove possibilità offerte dal progresso scientifico e tecnologico. Dall’altro sono diffuse le preoccupazioni nell’opinione pubblica – che ha molte domande al riguardo – in merito ai danni che, nel lungo periodo, potrebbero derivare da un’esposizione alle onde elettromagnetiche su cui il 5G viaggia. Domande alle quali, ad oggi, la comunità scientifica non è ancora in grado di dare risposte certe ed univoche. Quale sarà l’impatto concreto del 5G sulla vita di tutti i giorni? I vantaggi del 5G • maggiore velocità di download e upload • streaming più fluido di contenuti online • videochiamate e chiamate via internet di migliore qualità • connessioni dati più affidabili (il 5G avrà un ruolo anche nel mondo militare. Nella creazione, ad esempio, di basi militari intelligenti e di dispositivi in grado di fornire informazioni strategiche in real time) • un maggior numero di dispositivi connessi nel c.d. “internet of things” (integrando la plancia dei comandi della nostra automobile, elettrodomestici e dispositivi casalinghi, oltre ovviamente ai dispositivi di telefonia ed i pc), in grado di elaborare dati e restituirci una mappa aggiornata della realtà in tempo reale, con la quale saremo in grado di ritarare, ottimizzandoli, i nostri comportamenti • diffusione di tecnologie avanzate, come le auto a guida autonoma e le smart cities (basti pensare al fatto che, secondo gli esperti, i veicoli potranno essere connessi tra di loro e ricevere informazioni in tempo reale su ingorghi e incidenti. Anche i semafori saranno connessi con la rete 5G e potranno essere regolati in tempo reale per consentire un traffico scorrevole. Per non parlare dei mezzi di soccorso, che potranno individuare in tempo reale il percorso migliore per giungere il prima possibile sul luogo dell’incidente) • il 5G potrebbe favorire il risparmio energetico grazie all’utilizzo di sensori che spengano l’illuminazione quando questa non è necessaria.
I dubbi La principale preoccupazione riguarda il fatto che, a causa delle frequenze delle onde 5G, occorrerà installare molte antenne. Le onde elettromagnetiche “di così elevata frequenza – infatti, sottolinea l’ISS – durante la loro propagazione, non riescono a penetrare attraverso gli edifici o comunque a superare ostacoli. E inoltre vengono facilmente assorbite dalla pioggia o dalle foglie. Per questo motivo sarà necessario utilizzare, in maggiore misura rispetto alle attuali tecnologie di telefonia mobile, le cosiddette small cells, aree di territorio coperte dal segnale a radiofrequenza le cui dimensioni, che possono andare da una decina di metri (indoor) a qualche centinaio di metri (outdoor), sono molto inferiori a quelle delle macrocelle che possono essere estese anche diversi chilometri”. Cosa dice, al momento, la scienza sulle emissioni elettromagnetiche del 5G L’Istituto Superiore di Sanità ha analizzato gli effetti a breve termine e a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza. Per quanto riguarda i primi, sottolinea l’ISS, gli unici effetti sulla fisiologia umana oggi riconosciuti come causati dalle onde elettromagnetiche a bassa frequenza, come quelle che propagano il segnale 5G, sono quelli termici. Si tratta di un effetto nel breve termine a cui si è deciso di ovviare nel seguente mondo: abbassando in maniera stringente i limiti all’esposizione delle onde. In modo tale che questo effetto non possa aversi.
“Gli standard internazionali di protezione definiscono limiti di esposizione ai campi elettromagnetici il cui rispetto garantisce ampiamente, grazie anche all’introduzione di opportuni fattori di riduzione, che la soglia degli effetti termici non venga superata. Tali standard sono stati recepiti da vari Paesi nel mondo e parzialmente anche in Italia dove per i sistemi fissi per le telecomunicazioni e radiotelevisivi sono previsti limiti di esposizione (da rispettare sempre) e valori di attenzione (da rispettare nei luoghi adibiti a permanenze prolungate dei soggetti della popolazione) più restrittivi dei limiti internazionali in quanto finalizzati alla tutela della salute anche da eventuali effetti a lungo termine”. La normativa italiana di riferimento è data dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”. Effetti a lungo termine Sono gli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza quelli che, invece, destano maggiori preoccupazioni. E sono stati (e continuano ad essere) oggetto di numerosissimi studi scientifici. Che sono “sia di tipo osservazionale direttamente sugli esseri umani (studi epidemiologici), sia di tipo sperimentale su animali in vivo e su cellule in vitro”. In sintesi, secondo la IARC (International Agency Resarch on Cancer), il complesso degli studi esaminati “non supporta l’ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici. Con l’eccezione di alcuni studi epidemiologici di tipo caso- controllo che hanno evidenziato, a differenza di altri analoghi studi, un aumento del rischio di glioma (un tumore maligno del cervello) e di neurinoma del nervo acustico (un tumore benigno) in relazione all’uso intenso di telefoni cellulari”.
“Uno studio caso-controllo confronta individui che hanno avuto l’outcome di interesse (casi) vs gli individui che non hanno avuto l’outcome di interesse (controlli) rispetto all’esposizione a un potenziale “fattore di rischio. L’obiettivo è determinare se esiste un’associazione tra il fattore di rischio e l’outcome di interesse. L’idea è quella di definire una popolazione o coorte, identificare i casi e i controlli all’interno della popolazione. E determinare retrospettivamente quali pazienti erano esposti al fattore di rischio. Una percentuale più alta di individui con l’esposizione al fattore di rischio tra i casi piuttosto che tra i controlli suggerisce che il fattore di rischio è associato all’outcome”. Approfondimenti Ambiente & Sviluppo La rivista su approfondimenti in tema di normativa, orientamenti e giurisprudenza in materia ambientale, fiscale e finanziaria, strumenti di gestione ambientale e procedure di certificazione, audit ambientale, bilancio e comunicazione ambientale, tecnologie, brevetti, efficienza energetica e sostenibilità, fonti rinnovabili, recupero e riciclo, esperienze e case study di imprese, enti locali, università. Wolters Kluwer Italia Scarica un numero omaggio Quanto sono stati indagati i possibili rischi? L’ISS conclude affermando che “va inoltre sottolineato che nuove evidenze epidemiologiche, successive alla valutazione
della IARC del 2011 e provenienti da studi di tipologia diversa (studi di coorte, studi sull’incidenza dei tumori nella popolazione) sembrano smentire le indicazioni degli studi caso-controllo”. Anche se, poche righe dopo, in un capitolo dedicato non agli effetti, ma ai possibili rischi per la salute connessi al 5G: dopo aver utilizzato parole rassicuranti circa i livelli di esposizione (“i livelli di esposizione della popolazione saranno molto inferiori alle soglie per gli effetti a breve termine di natura termica, ma la temuta «proliferazione di antenne» non dovrebbe comportare aumenti generalizzati delle esposizioni in quanto le ridotte dimensioni delle small cells comporteranno delle potenze di emissione più basse di quelle utilizzate per coprire le macrocelle”), sciorina una nuova serie ipotetici rischi (“d’altra parte, il fatto che le onde non raggiungono gli organi interni non significa di per sé che non possano essere pericolose. Si pensi infatti alla radiazione ultravioletta […]), che instillano nel lettore qualche dubbio, quantomeno sulla fretta con la quale si sta procedendo in questa direzione. Specie se – come sembra, stante il ruolo tecnico e non politico dell’Ente, e a leggere quanto scritto nel documento, cui si è fatto riferimento – l’ISS sostanzialmente “rimanda” alla politica la decisione finale. Senza che si legga fra le righe una sorta di “moral suasion” (“sarà comunque compito delle autorità delegate ai controlli delle emissioni verificare il rispetto della normativa”). E non senza aver evidenziato come, nonostante tutto, “le frequenze che verranno utilizzate per il 5G sono state oggetto di un numero di studi sicuramente inferiore rispetto a quelle utilizzate dalle attuali tecnologie per le telecomunicazioni e per le trasmissioni radiotelevisive”…
Tecnologie emergenti: sei progetti finanziati dal Mise Industria 4.0: l’airbag lo monta il robot in 5G Ma che cos’è il 5g, di preciso? 5G – per utilizzare le parole del Centro Nazionale per la Protezione dalle Radiazioni e Fisica Computazionale – sta per “quinta generazione” della tecnologia di telefonia mobile. E “darà luogo a nuovi scenari di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza che saranno emessi in bande di frequenza (694-790 MHz, 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz) diverse da quelle utilizzate attualmente per la telefonia mobile (da 800 MHz a 2,6 GHz)”. Grazie al 5G – e questa è la caratteristica fondante, la più importante – non solo (e non tanto) verrà potenziata la comunicazione fra le persone, ma soprattutto l’IoT. L’“Internet delle cose”, in cui “vari dispositivi wireless comunicano direttamente tra loro, utilizzando in particolare onde elettromagnetiche di frequenza appartenente alla banda 26,5-27,5 GHz indicate spesso come «onde millimetriche». Anche se quest’ultime corrispondono più precisamente alle frequenze comprese tra 30 e 300 GHz (lunghezze d’onda comprese tra 1 e 10 mm)”. La genesi delle linee guida 2020 dell’ICNIRP In questo scenario quantomeno complesso, a marzo del 2020, in pieno lockdown, è uscita l’ultima versione delle linee guida dell’ICNIRP. Che al momento è il documento più aggiornato circa le conclusioni a cui la letteratura scientifica è arrivata sugli effetti dell’esposizione alle onde su cui viaggia anche la tecnologia 5G.
La Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non- Ionizzanti (ICNIRP) è un organismo scientifico indipendente, riconosciuto dall’OMS, che fornisce pareri e indirizzi in tema di protezione della salute dalle esposizioni alle radiazioni non ionizzanti e pubblica linee guida che costituiscono il principale riferimento per la definizione di normative nazionali in numerosi paesi. Ne ha parlato anche il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), nella rivista Ecoscienza, in un articolo in cui ha sottolineato che “fino a questo momento, in Europa la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici è stata affidata alla Raccomandazione del Consiglio europeo del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE). Requisiti minimi In questa Raccomandazione, il Consiglio europeo stabilisce i requisiti minimi a cui gli stati membri devono attenersi per “…proteggere i singoli cittadini dagli effetti negativi certi sulla salute, che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici». Gli unici effetti negativi certi sulla salute umana dei campi elettromagnetici a RF, accertati dalla ricerca scientifica, sono gli effetti termici a breve termine. E dovuti a meccanismi di interazione tra i campi a RF e gli organismi biologici che sono stati ampiamente studiati nel corso degli anni. Per questo motivo il Consiglio europeo ha adottato in toto il parere dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (Icnirp) del 1998”. Requisiti minimi che, tuttavia, dovrebbero, devono essere oggetto di periodiche revisioni: “il quadro dovrebbe essere riesaminato e rivalutato regolarmente alla luce delle nuove conoscenze e degli sviluppi nel settore tecnologico e nell’impiego di sorgenti e nelle utilizzazioni che danno luogo ad un’esposizione a campi elettromagnetici”.
Le linee guida dell’ICNIRP nascono proprio da quest’ultima necessità. Le linee guida “in pillole”: le FAQ in italiano pubblicate sul sito dell’ISS Per meglio comprendere il complesso documento pubblicato dall’ICNIRP, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato la traduzione delle FAQ. In estrema sintesi, in undici risposte l’Istituto cerca di evidenziare qual è, al momento, lo stato dell’arte in materia di elettromagnetismo legato alla tecnologia 5G. Le FAQ tentano di chiarire anzitutto la base scientifica su cui poggia l’impianto delle nuove linee guida. La domanda è: “Quale letteratura scientifica è stata utilizzata per definire le linee guida e come è stata valutata?”. E in modo del tutto trasparente si evidenzia (anche all’interno delle FAQ successive) come il documento: si sia basato su una vasta letteratura scientifica, e sulle metodologie, anche differenti, sulle quali si basano i risultati ottenuti. I risultati sugli effetti dovuti all’esposizione a CEM RF (campi elettromagnetici da radiofrequenze), infatti, sono in parte influenzati dalle metodiche di indagine impiegate, e abbia posto dei limiti alle considerazioni o alle percezioni personali, legate ad una “presunta” ipersensibilità elettromagnetica, o a singoli studi in grado di velare chissà quali risultati. (“È importante notare che le linee guida si basano su un corpo di conoscenze che si è sviluppato nel corso di molti anni di ricerca scientifica, che nessun singolo studio è in grado di dimostrare che l’esposizione al di sotto dei livelli fissati dalle linee guida sia nociva o meno;
sebbene le persone chiedano spesso uno studio di questo tipo, non è così che opera la scienza”). Principio di precauzione 4.0: coniugare il progresso con la prudenza Nel documento viene dato spazio anche ai consigli “ai Paesi che hanno adottato le linee guida ICNIRP del 1998 per i CEM RF”. Anche e soprattutto con riguardo alle innovazioni tecnologiche medio tempore intervenute. E, di conseguenza, alle differenze sostanziali rispetto all’approccio e al contenuto delle due linee guida. Una visione di lungo periodo e di ampio respiro, in sostanza, che prende in considerazione tutti gli aspetti. E che valuta tutti gli effetti, di breve, medio e lungo periodo. Nonostante questi ultimi siano, inevitabilmente, più difficili da valutare rispetto agli effetti immediati. E in genere sia è necessaria una combinazione di diversi tipi di studi per giungere a conclusioni in merito. Ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico, da un lato, ma estrema attenzione e prudenza. Si chiama principio di precauzione 4.0, che non esclude il progresso. E, nello stesso tempo, non è offuscato da immotivati preconcetti para- conservatori. Tutto il contrario di come si muove la politica…
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