4 Architettura della città e del - territorio - Dipartimento ABC

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                                            Architettura della città e del
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     La linea di ricerca dipartimentale intitolata Architettura della città e del territorio raccoglie le molteplici
     tradizioni di lavoro e le diverse competenze nel campo della progettazione architettonica, dell’urban de-
     sign e dell’indagine storico critica sull’architettura e sulla città, presenti in Dipartimento.
                         La presentazione di diversi punti di vista in un quadro strutturato e finalizzato alla comu-
     nicazione ai potenziali interlocutori e committenti pone non poche difficoltà di schematizzazione e sintesi.
                         Consapevoli di alcuni limiti – principalmente di restituzione della ricchezza e delle sfu-
     mature che ciascun docente e ricercatore apporta nella sua attività – abbiamo ritenuto utile e necessario
     tentare di definire la geografia dei punti di forza acquisiti e delle potenzialità del Dipartimento nel campo di-
     sciplinare dell’architettura, proprio a partire dalle principali linee di ricerca e della loro futura articolazione.
                         La linea Architettura della città e del territorio si è strutturata in quattro sottolinee utili
     a un primo orientamento; rimarchiamo – se ve ne fosse ancora bisogno – che la struttura che si disegna
     non ha carattere vincolante per l’attività dei diversi soggetti (docenti, ricercatori, laboratori e altre struttu-
     re dipartimentali, ecc.), ma al contrario costituisce opportunità per verificare e favorire interconnessioni,
     scambi di conoscenze e, fatto non secondario, offrire al mondo esterno una visione chiara delle compe-
     tenze competitive sul mercato della ricerca.
                         Le sottolinee costituiscono una prima mappa delle risorse dipartimentali e al tempo
     stesso una precisa risposta alla domanda di ricerca emergente negli scenari del settore della progettazione
     architettonica e urbana e degli studi sulla storia e teoria dell’architettura; non una semplice fotografia,

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dunque, dello stato dell’arte, quanto un preciso orientamento verso le questioni aperte nel dibattito attuale.
                           Nelle premesse, in forma quanto più ampia e inclusiva, è possibile avanzare alcune rifles-
       sioni generali che collocano l’attività dipartimentale in un mutato quadro di riferimento, i cui principali
       aspetti possono essere riassunti attraverso alcune parole chiave: crisi, vale a dire perdurare dello scenario
       recessivo che colpisce direttamente le prospettive del settore delle costruzioni, con profonde implicazioni
       sulle priorità di ricerca; transizione, a significare la compresenza e anche conflittualità di forme urbaniz-
       zative inedite, che pongono nuovo interesse nella discussione sul modello urbano europeo; sostenibilità,
       intesa non solo come obiettivo specifico, ma come approccio generale e in un certo senso questione mora-
       le del progetto contemporaneo (sostenibilità economica, sociale, ambientale); internazionalizzazione, non
       tanto nel senso dalla competizione nel campo della ricerca e del necessario miglioramento del ranking del
       Politecnico, quanto come vero e proprio problema di rappresentatività della tradizione di studi milanese
       e italiana nel contesto internazionale.
                           Un’ulteriore considerazione riguarda la centralità e la trasversalità, in tutte le sottolinee,
       delle riflessioni e delle ricerche che riguardano il patrimonio costruito e le sue trasformazioni. Questo
       orientamento, frutto di una convergenza maturata da diversi punti di vista, riguarda non solo i contesti
       europei, laddove da lungo tempo sono stati condotti approfonditi ed esaustivi studi, ma anche le realtà
       dei Paesi in rapida trasformazione, nei quali il contributo dell’esperienza europea si è rivelato essenziale.
       È certo che il quadro della perdurante crisi globale abbia valorizzato la sensibilità culturale e gli approcci
       disciplinari nei quali la lettura dei contesti, delle loro risorse originali, delle tracce profonde dell’heritage,
       sono divenute aspetti fondanti.
                           Architettura e progetto nel costruito, dunque, come chiave di più precisa e stringente
       caratterizzazione della ricerca dipartimentale.
                           Di seguito si riassumono, senza pretesa di esaustività, i contenuti fondamentali delle
       quattro cosiddette sottolinee, intese quali assi privilegiati di lavoro.

       1. Nuove forme insediative: reti, territori e paesaggi in trasformazione
       Identità e forme insediative originali nei paesi emergenti e in via di sviluppo
       A partire dal fatto che una porzione sempre più rilevante della popolazione vive oggi non in città compat-
       te, ma in molteplici forme di agglomerazione urbana, si impone una nuova lettura del fenomeno dell’ur-
       banesimo, o meglio dei diversi urbanesimi, caratterizzati per aspetti storico-geografici molto eterogenei
       (processi di civilizzazione e aree geografiche).
                           Proprio per l’incerta interpretazione degli odierni agglomerati urbani, emerge la ricchez-
       za dei casi di studio alla scala globale; per ogni singolo caso si pone in termini originali il problema della
       sua delimitazione, della sua morfologia, della sua strutturazione economica, della sua infrastrutturazione.
                           In questa direzione dal 2010 il contesto cinese è stato oggetto di diversi progetti di ricerca,
       alcuni dei quali finanziati dalle istituzioni locali (Rebuilding from the countryside. The Hakka settlement
       for the Green City of the future in Pearl River Delta, Guangdong Province Planning Department/Huizhou

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Urban and Rural Development Planning Bureau, Fujian Province Planning Department/Quanzhou City,
     Xiamen City, Zhangzhou City Urban and Rural Development Planning Bureau). La rete dell’insediamento
     storico cinese è strutturato su un continuum rurale-urbano del tutto originale, all’interno del quale le
     ricerche hanno individuato come cruciali valori di heritage – tra gli altri – i villaggi rurali fortificati della
     cultura Hakka.1
                          Sulla base di una lettura critica dell’attuale pratica di pianificazione e violenta trasfor-
     mazione, in conflitto con i criteri consolidati della tutela del patrimonio storico, le ricerche hanno de-
     finito, da un lato, metodologie d’intervento alla scala urbanistica (definizione delle unità di paesaggio),
     dall’altro, alla scala architettonica, proposte per il riuso dell’armatura storica e per la creazione di nuovi
     tipi edilizi. Finalità della ricerca (Architecture for the historical rural-urban continuum) è stato quello di
     proporre soluzioni operative in grado di coniugare la conservazione del patrimonio storico e lo sviluppo
     urbano; in altre parole, una sorta di città verde, articolata sulla conservazione di zone agricole (buffer)
     e nuove aree di sviluppo caratterizzate da una rete infrastrutturale attenta ai valori paesaggistici e dalla
     realizzazione di nuovi tipi edilizi sostenibili.
                          Un altro caso applicativo è riferito al contesto cinese in via di sviluppo del delta dello
     Julong di Xiamen e di Zhangzhou, nonché del porto di Quanzhou (Fujian Province China).2 L’assetto inse-
     diativo storico di questa zona è strutturato sull’insediamento costiero disperso dei villaggi rurali tra le città
     portuali di Xiamen-Zhangzhou e Quanzhou, una delle principali città portuali della Asian Mediterraneum
     (Gipouloux, 2011); l’aspetto caratterizzante del patrimonio storico locale sono i clusters dei villaggi di cul-
     tura Minnan. Ancora una volta, partendo dalla lettura critica delle carenze dell’approccio tradizionale, la
     ricerca (Architecture for an historical coastal polycentric city) è rivolta a trovare una soluzione tecnica alla
     scala urbanistica (definizione delle strategie), così come alla scala architettonica (nuovi tipi di edifici) per
     il consolidamento e il rafforzamento della struttura storica dell’insediamento.
                          A differenza di altri casi di studio nella provincia di Guangdong (patrimonio Hakka), qui
     l’obiettivo è quello di trovare una integrazione tra lo sviluppo della struttura policentrica del territorio (con
     le principali città della Quanzhou, Xiamen e Zhangzhou) e le storiche periferie costiere di cultura Minnan.3

                                           1. M. Meriggi, Rebuilding from the countryside. The Hakka settlement for the Green City of
                                           the future in Pearl River Delta, in A. Gospodini, a cura di, Proceedings of the International
                                           Conference on Changing Cities II Spatial, Design, Landscape & Socio-economic Dimensions,
                                           Grafima, Greece 2015, pp. 322-331; Z. Tan, Z. Chen, The Hakka architectural and landscape
                                           heritage in Pearl River Delta. Values and contradictions in the current planning practice, in
                                           A. Gospodini, a cura di, Proceedings of the International Conference on Changing Cities II
                                           Spatial, Design, cit. pp. 351-360.
                                           2. Z. Chen, M. Meriggi, Z. Tan, a cura di, Hakka architectural heritage in Huiyang (Huizhou,
                                           Guangdong). History, enhancement problems and projects, Zhongshan University (in prepa-
                                           razione).
                                           3. Z. Chen, The problem of the “beautiful countryside” in contemporary Chinese urban
                                           development. Researches on the potentiality of historical heritage for the “green city” of the

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Il tema del rapporto tra pianificazione e tutela del patrimonio è stato inoltre ampiamen-
       te affrontato nell’ambito del progetto PUMAH (Planning, Urban Management and Heritage), finanziato
       dalla Comunità Europea nell’ambito del Marie Curie Irses project (project leader Newcastle University
       con sette partner, quattro europei e tre cinesi). In questo ambito, è stata avviata una ricerca sull’identità
       (le molteplici identità) dei treaty ports, che a partire da metà dell’Ottocento furono aperti all’insedia-
       mento dei mercanti occidentali. Proprio perché caratterizzato da impianti urbani complessi, quello della
       città-porto cinese e quello del disegno urbanistico-infrastrutturale risalente al periodo coloniale (con
       molte architetture ad esso complementari), aprono nuove prospettive di ricerca sull’innesto di modelli
       insediativi e tipologici provenienti da tradizioni culturali diverse, sul rapporto tra patrimonio e progetto,
       nonché sulla attuale necessità di riproporre la centralità degli studi sulla forma urbis (i caratteri originali
       della città, inscritti nel suo disegno e nella sua architettura di lunga durata) come chiave privilegiata della
       riflessione sul paesaggio costruito.4
                           Il progetto sulla città murata di Multan in Pakistan (Sustainable, Social, Economic and
       Environmental Revitalization in Multan City. A multidisciplinary Italian-Pakistan Project) affronta quattro
       punti fondamentali per il suo futuro: i caratteri della città indo-islamica, con attenzione al periodo Mo-
       ghul inteso come punto di arrivo di una tradizione ricca di relazioni con altre culture, di forti scambi
       con l’Occidente; le trasformazioni architettoniche e urbane in rapporto alla tradizione nella costruzione
       della attuale città indo-islamica con attenzione ai temi del rapporto con la natura e dell’idea di monu-
       mento; lo studio e la trasformazione degli spazi pubblici della città indo-islamica (piazze, porte urbane,
       bazaar, ecc.) con anche riferimento al tema dell’energia e in particolare dell’ombreggiamento urbano;
       lo studio del rapporto tra le forme architettoniche e la produzione di energie alternative, sia per quanto
       riguarda le parti pubbliche che gli edifici.5
                           Un’altra importante iniziativa sul tema urban-rural, è nata più recentemente attraverso
       la partecipazione al bando Europeo Hera Uses of the Past con il progetto Modscapes, preparato con la Ulb
       Bruxelles (lead partner) e altri partner europei; il progetto è stato finanziato dall’Unione Europea e sarà
       operativo dal 2016 (Modscapes – Modernist reinvention of the rural landscape).6 Modscapes propone un
       confronto tra diversi progetti di colonizzazione agricola elaborati e attuati nel corso del ventesimo secolo

       future in eastern Pearl River Delta and in Xiamen-Quanzhou urban region, Politecnico di
       Milano, (in preparazione).
       4. F. Acuto, C. Pallini, Lost in transition? An outline framework to question the identity of
       Chinese cities, (2a peer review in corso), in “Journal of Urban Design”, (2017), numero speciale
       dedicato al tema Hertitage and Urban Regeneration, a cura di J. Pendlebury e H. Porfiryu.
       5. A. Del Bo e D.F. Bignami, a cura di, Sustainable, Social, Economic and Environmental
       Revitalization in Multan City. A multidisciplinary Italian-Pakistan Project, Springer, 2014.
       6. C. Pallini, V. Hastaoglou-Martinidis, Colonizing ‘New Lands’: rural settlement of refugees in
       Northern Greece (1922-1940), in A. Fisher, S. Misiani, C. Gómez Benito, a cura di, Promised
       Lands: Inner Colonisation in 20th-century Mediterranean History, Accademia University
       Press, Turin, (in preparazione).

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in tutta Europa (e non solo). Concepiti in diversi contesti politici e ideologici, questi progetti sono stati
     decisivi per la costruzione dei singoli stati-nazione. La modernizzazione della campagna ha offerto un
     banco di prova comune non solo per agronomi, politici, esperti di scienze sociali e ambientali, ma anche
     per architetti, ingegneri, paesaggisti e artisti. La loro attuazione ha prodotto nuovi paesaggi rurali, che
     fino a oggi non sono quasi mai stati studiati a scala transnazionale. Modscapes propone un approccio com-
     parativo verso il patrimonio culturale comune che oggi costituisce la prova tangibile della recente storia
     europea, attraverso un team di esperti che unisce competenze in architettura, architettura del paesaggio,
     progettazione urbana, pianificazione, storia dell’arte, antropologia. I nove casi-studio coinvolgono cinque
     paesi Ue e tre paesi vicini. Il concetto di paesaggio viene introdotto come paradigma unificante per un ap-
     proccio trans-disciplinare all’ambiente costruito. Il progetto mira non solo a stabilire la rilevanza europea
     del tema, ma anche a indicare possibili approcci operativi a fronte delle trasformazioni a venire delle aree
     rurali in questione, come fondamentale risorsa per società riflessive e ambienti inclusivi (Horizon 2020).
                          L’attenzione ai fenomeni di urbanizzazione dei Paesi emergenti e in via di sviluppo,
     alle contraddizioni tra rapidità della crescita, squilibri territoriali, perdita di identità culturale e heritage,
     hanno orientato gli interessi di studio anche verso il continente africano. In questo contesto, le indagini
     sulla formazione della città coloniale, nonché dell’apporto dell’urbanistica razionalista portoghese del
     secondo dopoguerra in Angola e Mozambico, unitamente alla consolidata operazione di lettura geostorica
     (attraverso la cartografia e i principali parametri macrourbanistici) portano alla costruzione di un primo
     database di interesse scientifico (Rural-urban: trends in developing countries).
                          Le ricerche hanno messo in luce aspetti strutturali di un originale rapporto città-campagna
     che influiscono sulle trasformazioni contemporanee dando origine a fenomeni ibridi a cavallo tra paesaggio
     urbano e rurale, mentre la densità urbana – nella accezione sia generale che tecnica – produce non-luoghi
     abitati dove ai caratteri tradizionali di urbanità si sostituisce un profondo sentimento di disagio e alienazio-
     ne. Non casualmente, la lettura del contesto africano porta a intersecare non solo le politiche neocoloniali
     della Cina, ma le stesse problematiche della crescita rural-urban già analizzate nei casi studio cinesi.
                          Obiettivo è quello di mappare le politiche e le fenomeniche in atto a scala regionale e
     individuare specifiche priorità da sottoporre sia alle istituzioni governative angolane, sia ad attori indu-
     striali italiani del settore, per rapporti di futura cooperazione.
                          Ulteriore direzione di lavoro della ricerca in Angola, a partire da una approfondita inda-
     gine sulle forme insediative (urbane e rurali) nel quadro dei trend di crescita dell’area geografica, è quello
     di identificare specifici modelli insediativi sostenibili (forme) suscettibili di sperimentazione in un quadro
     programmatorio di scala vasta (Highligts on urban growth in the Sub-Saharian Africa: alternatives to neo-
     colonial urban models).
                          Ci si riferisce ad alcune linee di discussione attuali: alla distinzione tra crescita e sviluppo,
     intesa come reinterpretazione dei fatti quantitativi in una chiave glocale, sostenibile e democratica; alla
     – più specifica – messa in discussione dei dati di urbanizzazione così come forniti dalle grandi istituzioni
     internazionali e a una più approfondita analisi delle categorie interpretative utilizzate. In tali contesti, prevale

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una lettura delle caratteristiche di integrazione, complementarietà, interconnessione, diversificazione
       come fattori chiave di strutture insediative flessibili e potenzialmente più efficienti rispetto ai modelli
       conurbativi e dispersivi.7 Punto chiave è la differenziazione dell’approccio sperimentale-operativo ovvero
       finalizzato alla progettazione da quello geografico-descrittivo.
                          Un ulteriore campo di indagine nei Paesi in via di sviluppo, si colloca come contributo
       interdisciplinare tra planning delle strategie localizzative, progettazione e innovazione dei metodi costrut-
       tivi. L’area oggetto di studio riguarda il distretto di Caia in Mozambico, lungo l’asse stradale che collega
       Gamba-Deve a Licoma (Strutture socio-assistenziali e di primo soccorso lungo l’asse Gamba Deve-Licoma
       in Mozambico). L’asse infrastrutturale, parallelo al fiume Mapuze, interseca importanti centri quali Nha-
       cuecha, N’Sona e Chatala. Nelle aree rurali la rete dei servizi non copre adeguatamente la popolazione;
       sono presenti vaste aree completamente escluse dalla copertura sanitaria e dal rifornimento d’acqua.
       La strategia insediativa riguarda l’espansione e il potenziamento della rete dei servizi di prima necessità
       nelle aree rurali del Paese, specialmente le strutture di primo soccorso (Health Post), al fine di garantire
       l’assistenza sanitaria di base e fornire farmaci essenziali. Le strutture sanitarie disposte lungo l’asse neces-
       sitano di essere ampliate e richiedono inoltre un incremento del personale. La metodologia di allocazione
       delle nuove strutture sanitarie, non si basa solo sui fattori fisici (come l’accesso stradale), ma su una rac-
       colta sistematica di dati e informazioni relative alla popolazione, ai fabbisogni, alla dotazione di strutture
       esistenti, attraverso l’elaborazione di un modello di simulazione virtuale in grado di generare dati utili
       sintetizzati in mappe tematiche che consentono di individuare le aree con priorità di intervento.
                          Gli sviluppi successivi della ricerca indirizzano il lavoro alla predisposizione di ipotesi di
       prototipizzazione di strutture socio-sanitarie con diversi gradi di versatilità in grado di fungere da collet-
       tore non solo per l’assistenza sanitaria, ma anche per sostenere le attività sociali e di istruzione per fasce
       più deboli della popolazione rurale esposte a grande rischio di marginalità.8

       Mediterraneo: città-porto e paesaggi degli scambi
       Fin dalla dichiarazione di Barcellona della UE del 1995, il Mediterraneo è al centro delle politiche di
       cooperazione multilaterale con i Paesi che vi si affacciano; e ancora di più nell’attualità ha riconquistato

       7. F. Acuto, a cura di, Il diritto alla città. Studi e progetti per l’area sub-sahariana, (in prepa-
       razione).
       8. D. Chizzoniti, L. Cattani, M. Moscatelli, L. Preis, Social and Health Facilities: Health Post
       Planning for a New Constructive System in Developing Countries, in “Civil Engineering and
       Urban Planning: An International Journal”, vol. 3 n. 1, (2016), pp. 31-47; D. Chizzoniti,
       L. Cattani, M. Moscatelli, L. Preis, “Primary Health Care” Structures For The Developing
       Countries, in Archdesign ‘15, Architectural Design Conference, Current Trends And
       Methodologies On Architectural Design, DAKAM, Istanbul 2015, pp. 117-135; D. Chizzoniti,
       K. Beggiora, L. Cattani, M. Moscatelli, Health Post: A Sustainable Prototype for the Third
       World, in “World Academy of Science, Engineering and Technology”, vol. 8 n. 4 (2014), pp.
       384-389, and “Global Journal of Researches in Engineering”, vol. 14 n. 4 (2014), pp. 43-49.

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una posizione centrale, come un luogo segnato da conflitti, ma anche capace di unire passato e futuro,
     connettendo Asia, Africa ed Europa, in un intreccio di scambi, commerci, conoscenze, culture e tradizioni.
     La convivenza tra culture diverse nel suo teatro geografico, infatti, si manifesta attraverso la condivisione
     di territori, paesaggi antropici e armature urbane, descritte magistralmente da Fernand Braudel in
     un’atmosfera evocativa, come città ricche di funzioni urbane e di storia.
                         Dunque, il tema delle città-porto di questo straordinario mare interno, è affrontato
     come chiave di lettura dei processi di urbanizzazione su un piano al tempo stesso globale e locale: da un
     lato, il Mediterraneo vive conflitti globali, legati agli integralismi religiosi, alla distribuzione iniqua delle
     risorse, alla destabilizzazione politica e sociale; dall’altro, le ripercussioni di questi fenomeni si leggono in
     corpore vivo nei singoli territori e provocano radicali trasformazioni urbane e socio-economiche.
                         All’interno di scenari di competitività globale il ruolo delle infrastrutture portuali e
     delle infrastrutture connesse, assume un valore particolare per ricerche e sperimentazioni di masterplan-
     ning e disegno urbano multidisciplinari (infrastrutture, sostenibilità, complessità funzionale, innovazione
     tipologica).
                         Il tema delle città-porto, quindi, viene assunto e indagato come paradigma della com-
     plessità dell’insediamento urbano contemporaneo in trasformazione, in particolare cogliendone non solo
     gli elementi funzionali e degli scambi (infrastrutture, produzione, innovazione), ma gli originali caratteri
     di ibridazione culturale (Reti di città-porto: gli scenari del Mediterraneo).
                         I riflessi sulla forma e sull’architettura della città-porto sono eclatanti con espressioni
     e sperimentazioni di grande interesse storico-culturale. Inoltre, alcune ragioni dell’attualità spingono
     a occuparsi del tema; le rotte del mediterraneo, attraverso Suez (ma anche dal mar Nero), registrano
     continui e significativi incrementi, tali da determinare una complessiva riorganizzazione delle geografie
     portuali del Mediterraneo.9
                         Per altro verso, a partire dall’interesse per l’opera degli architetti italiani che hanno lavo-
     rato nel diciannovesimo secolo nelle città del Mediterraneo, è stato condotto un esteso lavoro di ricerca con
     l’obiettivo di mettere a fuoco diversi approcci all’idea di composizione/progettazione eclettica, alle tecniche
     di costruzione e al ruolo delle imprese italiane, a partire dal confronto diretto con le specifiche condizioni
     contestuali, la compresenza di comunità etno-confessionali, e la conseguente diversificazione della com-

                                            9. F. Bonfante, Ritratto di Barcellona: città, piani e fronte a mare, in A. Buccaro, C. De Seta,
                                            a cura di, Città mediterranee in trasformazione. Identità e immagine del paesaggio urbano
                                            tra Sette e Novecento, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2014, pp. 797-808; F. Acuto,
                                            C. De Martino, A. Terenzi, Mediterraneo in evoluzione: flussi, porti e città in trasformazione,
                                            in “Urbanistica Informazioni”, vol. 42, n. 263 (2015), pp. 278-281; F. Acuto, C. Bosisio, Il
                                            controverso Progetto del Kanal Istanbul. Riflessioni e proposte sulla pianificazione per uni-
                                            tà di paesaggio, in “Urbanistica Informazioni”, vol. 42, n. 263 (2015), pp. 2-7; F. Acuto,
                                            I territori labili del Rio de La Plata: tracce di portualità a Buenos Aires, in C. Pallini, S.
                                            Recalcati, Città porto. Matrici architetture scenari, Libraccio, Milano 2012, pp. 170-185.

                                                                    98

04-20161123.indd 8                                                                                                                      29/11/16 12.51
mittenza e dei destinatari del progetto (Architetti, ingegneri e imprese italiane al di là del Mediterraneo).
                           Per quanto riguarda un primo periodo, si è rivelato decisivo il caso dell’Egitto, dove gli
       italiani – per lo più esuli per ragioni politiche – trovano una seconda patria, nella quale la loro lingua era
       diffusa e i loro connazionali avevano dato la loro impronta alle nuove istituzioni; vi è una interessante
       rielaborazione degli stili storici, il cui potenziale espressivo serve a conferire identità e carattere agli
       edifici prima ancora di indicarne il ruolo funzionale. La fortuna professionale di questi architetti è legata a
       un’esperienza, biografica e culturale, profondamente radicata nell’Egitto del tempo, dominato da architetti
       e costruttori europei e levantini. Per capire come è cambiata la situazione nel corso del Novecento e poi
       ancora negli anni della decolonizzazione sono stati affrontati anche altri casi-temi: l’Albania, il Maghreb,
       i cantieri delle grandi dighe africane.10

       Il modello insediativo policentrico
       Infine, mantenendo il legame con il contesto lombardo – a cui è legata la stessa fondazione della Scuola
       di architettura milanese – la produzione scientifica sull’evoluzione dell’insediamento umano, prosegue gli
       studi sulla Lombardia, sia dal punto di vista delle reti infrastrutturali che degli strumenti-metodologie di
       pianificazione (Accessibilità, struttura policentrica e unità di paesaggio).
                           Le riflessioni sul policentrismo insediativo sviluppano i contenuti delle politiche
       comunitarie che promuovono il: «rafforzamento di un sistema policentrico ed equilibrato di metropoli,
       grappoli di città e reti urbane attraverso una più stretta cooperazione della politica delle reti transeuropee,
       nonché tramite il miglioramento dei collegamenti tra le reti di livello internazionale-nazionale e quelle
       di livello regionale/locale». In un certo senso, si può, quindi, prospettare una convergenza tra linee di

       10. E. Godoli, M. Giacomelli, a cura di, Architetti e ingegneri italiani in Egitto dal
       Diciannovesimo al Ventunesimo secolo. Mostra allestita presso la nuova Biblioteca di
       Alessandria d’Egitto nel 2008 e trasferita al Cairo fino al 19 febbraio 2009; C. Pallini, Il
       moderno nel farsi e rifarsi della storia. Riflessioni sull’architettura della scuola e del museo
       in Turchia, Grecia, Egitto, in P. Carlotti, D. Nencini, P. Posocco, a cura di, Mediterranei
       traduzioni della modernità, Franco Angeli, Milano 2014, pp. 220-239; C. Pallini,
       F. De Dominicis, A, Scaccabarozzi, Rivers, Dams and Large-scale Hydraulic Works in
       Post-colonial Africa, in Africa’s Giants, Salini-Impregilo, Milano 2015, pp. 148-161;
       C. Pallini, A. Scaccabarozzi, Imagination, conception, technique: trois projets européens
       pour Abou Simbel, in C. Piaton, E. Godoli, D. Peyceré, a cura di, Construire au-delà de
       la Mediterranèe. L’apport des archives d’entreprises européennes (1860-1970), Honoré
       Clair, Arles 2012, pp. 184-195; C. Pallini, A. Scaccabarozzi, Les Archives Italconsult:
       projets italiens au Maghreb, in E. Godoli, S. Finzi, M. Giacomelli, A. Saadaoui, a cura
       di, Architectures et architectes italiens au Maghreb, Polistampa, Firenze 2011, pp. 198-
       207; C. Pallini, A. Scaccabarozzi, (2008), Nuovi protagonisti: progetti italiani per l’Egitto
       dal 1952 ad oggi/New Protagonist: Project for Egypt by Italian Architects from 1952 to
       the present day, in E. Godoli e M. Giacomelli, a cura di, Architetti e Ingegneri italiani in
       Egitto dal Diciannovesimo al Ventunesimo secolo/Italian Architects and Engineers in Egypt
       from the Nineteenth to the Twentyfirst Century, Maschietto, Firenze 2008, pp. 153-160.

                                                                                99          Architettura della città e del territorio

04-20161123.indd 9                                                                                                                      29/11/16 12.51
ricerca europee di tipo economico-spaziale e la tradizione di studi sull’insediamento lombardo che ha
     riconosciuto nei suoi caratteri di lunga durata una struttura urbana del tutto originale; in determinate
     fasi storiche le reti – e in particolare quella del ferro – hanno sviluppato forme di crescita per nodalità
     piuttosto che per continuità-diffusione.
                         Il cosiddetto modello insediativo policentrico, pertanto, viene considerato come efficace
     strumento – estensivamente applicabile – per un nuovo rapporto tra città e campagna, per un accesso
     egualitario in chiave sociale, per uno sviluppo sostenibile.11
                         Questi studi hanno anche affrontato il tema della città verde ovvero dei modelli di svilup-
     po urbani discontinui, alternativi allo sprawl, con riferimento, sia alla tradizione dell’urbanistica e dell’ar-
     chitettura moderna, sia alle attuali problematiche ambientali. Di particolare rilevanza è stata la partecipa-
     zione a programmi di ricerca di livello europeo come UE Cost action: Green Structures an Urban Planning.
                         Ciò ha portato a lavorare attorno al concetto di unità di paesaggio, estendendone il
     significato strettamente geografico e ambientale, a una definizione di tipo geostorico e con forte connota-
     zione transitiva. Il riconoscimento delle unità di paesaggio diviene la chiave – dal punto di vista ermeneu-
     tico – per l’integrazione dell’approccio funzionalistico della tradizione urbanistica (land use, zoning), con
     quelli della geografia umana, delle scienze ambientali e dello studio del paesaggio (morfologia e cultura
     materiale). Il loro carattere scientifico e disciplinare integrato si concreta anche e soprattutto operativa-
     mente come strumento innovativo della pianificazione territoriale.
                         Per altro verso, il tema settoriale delle infrastrutture e dell’accessibilità viene approfon-
     dito in termini specialistici attraverso lo studio e la modellizzazione del rapporto domanda-offerta (flussi-
     reti). L’approccio è per sua natura multidisciplinare ed è necessario tenere in considerazione differenti
     punti di vista. In altre parole, si ritiene ancora attendibile per le reti di trasporto un’attiva logica di modi-
     ficazione e – nel lungo periodo – di governo della domanda, che sappia contrastare la spinta conurbativa
     della città centrale, soprattutto in chiave di progetto territoriale.12
                         L’accessibilità è termine molto generale connesso al sistema dell’offerta, e quindi an-
     che dell’infrastruttura, di trasporto. La misura dell’accessibilità è stata sviluppata in letteratura secondo
     cinque principali approcci teorici: il costo del viaggio, il concetto di gravità o opportunità, un approccio
     basato sulla definizione di vincoli, il concetto di surplus di utilità, o una combinazione dei precedenti.

                                           11. F. Acuto, F. Bonfante, Specificità e contraddizioni della programmazione locale nel con-
                                           testo lombardo: il caso studio Sebino-Camuno, VII Congresso AISU, in Food and the City,
                                           Sessione C13, I territori del cibo: identità e trasformazioni, Padova 2015.
                                           12. L. Mussone, S. Grant-Muller, H. Chen, A Neural Network Approach for Motorway OD
                                           Matrix Estimation from Loop Counts, in “Journal of Transportation systems Engineering and
                                           Information Technology”, vol. 10, n. 1 (2010), pp. 88-98; L. Mussone, K. Kim. The analysis of
                                           motor vehicle crash clusters using the vector quantization technique, in “Journal of Advanced
                                           Transportation”, vol. 44 (2010), pp. 162-175; L. Mussone, M. Matteucci, OD Matrices Network
                                           Estimation from Link Counts by Neural Networks, in “Journal of Transportation Systems En-
                                           gineering and Information Technology”, vol. 13 n. 4 (2013), pp. 11-16.

                                                                  100

04-20161123.indd 10                                                                                                                 29/11/16 12.51
Essa viene solitamente rappresentata in forma matriciale, in cui le righe rappresentano
       le origini degli spostamenti, le colonne le destinazioni e ogni singola cella contiene la domanda della cor-
       rispondente coppia origine-destinazione. Questa matrice può essere scomposta convenientemente in più
       matrici per raggruppare la domanda in funzione di alcuni parametri descrittivi, per esempio per scopo
       dello spostamento, per fascia temporale cui si riferiscono gli spostamenti, o per il modo di trasporto. La
       domanda è generalmente caratterizzata da una forte dinamicità e può variare con l’orizzonte temporale
       sia nel breve (o brevissimo) termine (ore, mesi, anno), sia nel medio e lungo termine (anni e decenni),
       in funzione dell’uso del territorio, del sistema delle attività e della tecnologia delle telecomunicazioni
       (A before-after analysis of urban area accessibility related to the construction of an underground station).13

       2. Edifici e spazi collettivi della città pubblica
       Demani, infrastrutture e grandi aree urbane obsolete
       Il ciclo di potenziali dismissioni e trasformazioni di grandi aree urbane (scali ferroviari, caserme, fabbri-
       che, ecc.) viene affrontato mediante un contributo critico originale rispetto alla produzione corrente e agli
       approcci affermati di tipo performativo, nella duplice prospettiva di una visione strutturale-contestuale e
       di una forte responsabilità (in altri termini sostenibilità) delle scelte strategiche.
                           In primo luogo, si ripropone una consolidata linea di studi che vede in Milano il perno
       di un sistema regionale policentrico, con uso di unica città (Città Lombardia, appunto), nel quale la riquali-
       ficazione del dismesso scalo Farini si collocherebbe come struttura di scala metropolitana (Ex Scalo Farini:
       parco metropolitano, attività collettive, residenza sulla direttrice nordovest).
                           In secondo luogo, le proposte sviluppate come progetti dimostrativi, sfruttando la pros-
       simità con le aree di Garibaldi e Bovisa, da connettere in asse integrato di attività strategiche fino a
       Expo-Rho Fiera (direzionalità economica e ricerca-formazione universitaria), mirano alla formazione di
       un grande parco metropolitano dove attrezzature di verde, sport e tempo libero siano integrate da servizi
       collettivi e strutture culturali nel regime di accoglienza e ospitalità promosso da residenza popolare, allog-
       gi temporanei e relativi servizi.14
                           Una riflessione particolare è incentrata sul sistema dell’università, e in particolare
       sugli scenari di articolazione urbana e regionale del sistema lombardo. Gli studi mirano a ricostruire le

       13. L. Mussone, S. Grant-Muller, J. Laird, Sensitivity analysis of traffic congestion costs in a
       network under a charging policy, in “Case Studies on Transport Policy”, vol. 3 n. 1 (2015),
       pp. 44-54; L. Mussone, The analysis of roundabouts through visibility, SIDT Scientific
       Seminar 2012, in “Procedia – Social and Behavioral Sciences” vol. 88 (2013), pp. 250-268.
       14. P. Bonaretti, L’altra Milano di Guido Canella: funzioni culturali centrali e direttrice nord-
       ovest, in E. Bordogna, G. Canella, E. Manganaro, a cura di, Guido Canella 1931-2009, Franco
       Angeli, Milano 2014, pp. 332-340; L. Bergamaschi, Milano Farini. Il parco metropolitano:
       verde attrezzato, residenza temporanea, attività collettive, in “Architettura Civile”, n. 14
       (2015), p. 9.

                                                                                 101         Architettura della città e del territorio

04-20161123.indd 11                                                                                                                      29/11/16 12.51
ragioni e i dibattiti – istituzionali, politici, disciplinari – che hanno portato, tra fine anni Settanta e primi
     anni Novanta del secolo scorso, all’opzione di Bovisa come privilegiato decentramento del Politecnico di
     Milano, nell’ambito di una più complessa strategia di rapporti tra centro metropolitano, periferia storica
     e hinterland regionale, e in aspro contraddittorio con l’ipotesi di un campus extraurbano a Gorgonzola
     sostenuta allora dalle autorità accademiche e dalle principali forze politiche e istituzionali dell’epoca
     (Università e città. Il caso-studio di Bovisa). La ricerca vuole mettere in evidenza lo stretto legame allora
     perseguito tra un’idea di città policentrica, una strategia di riscatto dei porti in terra della formazione storica
     di Milano allora in crisi, e un’ipotesi funzionale localizzativa e ordinamentale del sistema universitario
     milanese, con specifico riguardo al Politecnico.15
                         Sul tema, più recentemente, diversi gruppi di docenti delle diverse aree disciplinari del
     Dipartimento, e in collaborazione con dipartimenti di altri atenei italiani, hanno partecipato alla call for
     ideas del Politecnico di Milano per la definizione degli scenari trasformativi relativi all’ATU Bovisa n. 9,
     organizzata nel marzo 2016 in collaborazione con l’Assessorato all’urbanistica del comune di Milano.16
                         Anche le aree e gli immobili militari milanesi in dismissione configurano un potenziale
     sistema di presidi straordinari, in grado di far fronte alle principali emergenze sociali in una logica non
     frammentata, ma di mobilitazione integrata delle risorse (Ex caserme: da cittadelle separate a luoghi
     dell’integrazione). L’attuale assetto dei complessi militari in dismissione si presta con calibrate integrazio-
     ni a tali necessità innescando reciproche convenienze fra diverse convivenze (studenti, anziani, giovani
     coppie, detenuti a fine pena o soggetti a pene alternative, popolazione immigrata: per esempio offrendo
     con la residenzialità studentesca opportunità di occupazione in servizi qualificati in cambio di agevolazio-
     ni nei costi di alloggio e di studio). Le destinazioni definite in via prioritaria consentono di finalizzare volta
     a volta i programmi di istruzione e lavoro che costituiscono invece il nucleo comune a tutte le quattro aree
     di intervento, sviluppando le potenzialità di ognuna in relazione all’ambito di gravitazione urbana e alle
     strutture già insediate o insediabili.17
                         Sempre sul tema delle caserme, a partire dal workshop della Scuola di architettura
     civile di febbraio 2014 (Nuove funzioni della città nelle caserme dismesse), una ulteriore linea di ricerca

                                            15. E. Bordogna, Bovisa: Un porto in terra nella periferia storica. Nascita e smantellamento di
                                            una scuola di architettura, Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, 2014.
                                            16. D. Chizzoniti, The waste land, A. Del Bo, La strada nuova della città, A. Torricelli, Uni-
                                            versità e città in scena, in A. Moro, a cura di, Un parco per la ricerca e il lavoro-Call Bovisa.
                                            Dieci progetti di docenti e ricercatori del Politecnico di Milano, mostra presso la Scuola di
                                            Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano, 2016.
                                            17. E. Bordogna, G. Canella, E. Manganaro, Milano – Nuove funzioni della città nelle caserme
                                            dismesse: Piazza d’Armi a Baggio; Caserma Montello; Caserme XXIV Maggio, Carroccio-Ma-
                                            genta, Milano, in R. Neri, a cura di, Milano. Caserme e aree militari, Maggioli, Santarcangelo
                                            di Romagna 2014, pp. 92-101; P. Bonaretti, M. Biagi, C. Pavesi, Ex caserme: da cittadelle
                                            separate a luoghi dell’integrazione, in R. Neri, a cura di, Milano. Caserme e aree militari,
                                            Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2014, pp. 102-111.

                                                                     102

04-20161123.indd 12                                                                                                                      29/11/16 12.51
si propone di approfondire il tema estendendo il caso di Milano, già in parte indagato, alle direttrici
       Milano-Novara e Milano-Piacenza. In confronto a Milano, Piacenza e Novara presentano caratteri propri
       di città-caserma in ragione del loro essere state città di confine nello Stato pontificio e nel Regno sabaudo.
       Ciò rende particolarmente significativa la comparazione. A questo fine la ricerca si articola in una fase
       analitica, volta a indagare le specifiche modalità storiche di insediamento e i differenti caratteri urbani e
       tipologici; e in una progettuale, volta a verificare le differenti suscettibilità di riconversione (funzionale,
       formale) dei sistemi delle caserme rispettivamente in un centro metropolitano come Milano, con forti
       relazioni strutturali regionali e sovraregionali, e in città di medie dimensioni come Novara e Piacenza.
                           Ancora in ambito padano, si indaga progettualmente il ruolo che storicamente ha avuto
       il territorio piacentino attraverso ampie relazioni territoriali. Nel 2008 Piacenza è stata individuata dal
       Ministero delle Infrastrutture come uno dei dodici territori snodo del paese; il riconoscimento, è avve-
       nuto in concomitanza all’attivazione della linea ad alta capacità, dotata di interconnessione con l’attuale
       stazione urbana. La formazione di una significativa rete viaria, unitamente alla posizione baricentrica in
       ambito padano e alla presenza della linea del Po, ha determinato un considerevole sviluppo del suo ruolo
       militare, con la costruzione, nel corso del tempo, di imponenti apparati difensivi e l’occupazione di ampie
       aree urbane tuttora in parte vincolate (Piacenza: il nodo viario e la città militare. L’Architettura dello spa-
       zio pubblico tra centro antico e città consolidata).
                           La città, nell’ultimo ventennio, ha sviluppato in modo esponenziale il settore della logi-
       stica con l’insediamento, nel territorio, di numerose strutture, tra cui, alcune di riferimento extraregiona-
       le-nazionale (deposito Ikea e polo della Protezione Civile per il Nord Italia, Amazon Italia). La concentra-
       zione delle infrastrutturazioni viabilistiche e degli spazi per la logistica, pur rappresentando una serie di
       opportunità, solleva numerosi interrogativi rispetto a problemi di congestione e consumo di suolo che si
       innestano, tra l’altro, in una generale condizione di dispersione insediativa e di segnali di crisi della città
       antica. La vocazione storica di nodo viario e di città militare rende oggi disponibili estese aree ampia-
       mente inutilizzate-sottoutilizzate; lo scalo ferroviario, da ricollocare nell’area della logistica e, soprattutto,
       1.200.000 mq di aree militari distribuite in diverse zone della città che coinvolgono anche il centro storico
       e importanti complessi storici-monumentali. Il progetto urbano, attraverso la disponibilità di queste aree,
       si concentra sul recupero di quattro di queste, intervenendo soprattutto sul margine del perimetro del
       centro antico, identificato dal circuito delle mura e da un potenziale parco che può essere strutturato dal
       disegno degli spazi verdi, ma anche dalla presenza di grandi funzioni di uso pubblico presenti (Ospedale,
       Musei civici, Stazione ferroviaria, Cittadella giudiziaria), o da inserire in contenitori storici o in nuovi
       edifici ad hoc di supporto-completamento alle attività in essere. Il progetto urbano punta a valorizzare e
       identificare il centro storico, confermato come sede propria e legittima di attività e servizi odierni, ma
       anche come irrinunciabile termine di riferimento semantico.
                           Sul capoluogo lombardo, facendo riferimento al dibattito sul futuro delle aree di Expo
       2015, sono stati sviluppati diversi contributi.
                           Da un lato, le proposte elaborate per la Manifestazione di interesse del bando di Arexpo

                                                                103      Architettura della città e del territorio

04-20161123.indd 13                                                                                                  29/11/16 12.51
nel settembre 2013, hanno inteso (Expo e Dopo Expo) indagare e sviluppare le possibili destinazioni per il
     DopoExpo più coerenti con i temi dell’Esposizione: Nutrire il pianeta, Energia per la vita. In prima istanza
     si è ipotizzato un programma funzionale costituito da: Laboratori di ricerca e Centro di coordinamento
     per nuovi rapporti tra Nord e Sud del mondo; Strutture di culto e di sepoltura come nuova convivenza;
     Laboratorio sperimentale sull’alloggio popolare. La ricerca verifica, pertanto, le condizioni strutturali e
     istituzionali di tale programma, nonché l’assetto morfologico, tipologico e formale più conformi per ren-
     dere tali strutture e funzioni una dotazione permanente per la città di Milano e il suo territorio.18
                         Dall’altro lato, tra dicembre 2015 e aprile 2016 si è svolto un workshop istituzionale
     di livello nazionale (Expo Dopo Expo), il cui obiettivo è stato quello di fornire soluzioni progettuali per il
     sistema Expo, inteso come il sito proprio della manifestazione, complessivamente inserito nel contesto
     metropolitano. Tale area costituisce un’occasione chiave per un nuovo progetto di architettura a scala
     urbana lungo la direttrice nord-ovest che, a partire dalla zona di Porta Garibaldi, intercetta in sequenza
     ambiti strategici quali Scalo Farini, Bovisa e, ancora, aree come l’ex-Alfa Romeo di Arese, fino all’aeropor-
     to internazionale di Milano-Malpensa.19

     Parchi, reti territoriali e nuove tendenze del leisure
     Il contesto lombardo offre, anche al di fuori del concentrico milanese, casi studio di rilevanza dimostrativa
     e di indubbio valore comparativo. Gli studi per il piano particolareggiato dell’ex area SNIA si inseriscono in
     una serie di ricerche e progetti svolti per l’Amministrazione di Cesano Maderno, sviluppando e integrando
     i contenuti del PGT (SNIA Green District. Rigenerazione, sviluppo, qualità urbana a Cesano Maderno).
     In questa prospettiva, la strategia progettuale proposta, condivisa dell’Amministrazione, è stata quella
     di non frazionare l’area in una sommatoria di interventi ma di rigenerare e riconfigurare l’area con un
     impianto capace di innestarsi unitariamente sulla trama insediativa delle preesistenze, riqualificandole e
     valorizzando le loro potenzialità. Recuperando e valorizzando gli edifici originari degli anni Venti-Trenta
     a uso collettivo (una scuola, l’hub culturale), il progetto fa perno sul ruolo strategico che gli edifici e gli
     spazi collettivi legati all’istruzione e alla cultura svolgono nel consolidare forma e struttura della città, nel
     configurare nuove centralità per i distretti e nel creare un tessuto urbano vitale che è il vero fondamento

                                           18. P. Bonaretti, M. Canesi, D. Chizzoniti, L. Monica, E. Manganaro, C. Pavesi, Garibaldi-
                                           Farini-Bovisa-Expo-Fiera di Rho: nuova città lineare per la città policentrica lombarda, in
                                           S. Protasoni, a cura di, Milano scali ferroviari, Il Libraccio, Milano 2012, pp. 88-91;
                                           P. Bonaretti, L’altra Milano di Guido Canella: funzioni culturali centrali e direttrice
                                           nordovest, in E. Bordogna, G. Canella, E. Manganaro, a cura di, Guido Canella
                                           1931-2009, Franco Angeli, Milano 2014, pp. 332-340; E. Bordogna, T. Brighenti,
                                           Direttrice Nordovest, Progetto per il Workshop di progettazione Expo Dopo Expo,
                                           Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, novembre 2015-marzo 2016.
                                           19. A. Torricelli, Anticipazioni della scena urbana, in “Architettura Civile”, numero speciale,
                                           novembre 2015; F. Acuto, Post Expo, in “Architettura Civile”, numero speciale, novembre
                                           2015, p. 18.

                                                                   104

04-20161123.indd 14                                                                                                                   29/11/16 12.51
per lo sviluppo di comunità inclusive, innovative, creative in accordo agli obiettivi di Horizon 2020 e
       dell’economia della conoscenza.20
                           Il Parco di Monza è il quarto parco recintato più grande d’Europa e il maggiore circon-
       dato da mura; gli studi condotti e in corso si prefiggono l’elaborazione di un piano-progetto come condi-
       zione strategica per il rilancio del Parco in ambito metropolitano (Idee e progetti per il parco di Monza).
       La sua riconosciuta importanza storica è dovuta anche ai numerosi edifici presenti al suo interno, realizzati
       nell’arco di più secoli. Accanto alle presenze maggiori della Villa Reale e delle ville Mirabello e Mirabelli-
       no, sorgono infatti quattordici cascine (progettate da Canonica e da Tazzini), adibite ad attività produttive
       agricole. Tale condizione, caratteristica della lunga fase di utilizzo esclusivo del Parco da parte delle case
       regnanti, è mutata negli anni Venti del secolo scorso con il passaggio alla proprietà pubblica. Le innova-
       zioni più significative sono state l’autodromo e le attività sportive di carattere socialmente elevato (golf e
       tennis). L’ultimo intervento in ordine di tempo è l’impianto RAI, progettato da Gio Ponti. Dell’originario
       complesso naturalistico restano i Giardini Reali progettati da Piermarini e i grandi interventi a scala terri-
       toriale progettati da Canonica.
                           Ad eccezione del recente recupero della Villa Reale, per le altre costruzioni si può invece
       parlare di significativo abbassamento della qualità dal punto di vista manutentivo e funzionale. Prevale al
       riguardo una politica delle affittanze priva di qualsiasi visione organica. A partire dall’individuazione di
       funzioni qualificanti (centri di sperimentazione artistica e musicale, laboratori delle eccellenze artigianali
       e industriali, centri didattici e formativi, laboratori del design), si individua nel retroterra brianteo uno
       dei soggetti di riferimento; l’altro è Milano, per quanto concerne i settori della cultura e dello spettacolo.
       Il piano prevede il reimpiego del patrimonio esistente in relazione alle nuove attribuzioni. Sono interessati
       i settori del restauro (recupero dei fabbricati) e del progetto di architettura (trasformazione e ampliamento
       degli edifici esistenti, creazione di nuovi edifici). Un significativo rapporto collaborativo è stato impostato
       con l’ISA, ex ISIA, istituto d’arte fondato nei primi del Novecento, insediato da allora in un’ala della Villa
       Reale, al quale si devono le prime Triennali.
                           Un nuovo grande progetto per l’antico sistema delle acque di Milano città metropolita-
       na: «Acque, strade, edilizia: l’esatta gerarchia troppo spesso obliata dai moderni»; sono queste le parole
       pronunciate già negli anni Cinquanta, da Giuseppe de Finetti, mentre studiava i disegni di Leonardo da
       Vinci per la redazione del piano di ricostruzione di Milano dopo la seconda guerra mondiale. A partire
       dalla rilevanza storico culturale del sistema idraulico, dell’attualità dei temi ambientali e di riequilibrio
       ecologico, nonché dagli spunti del dibattito recente, la ricerca indaga lo straordinario sistema delle acque

       20. L.A. Pezzetti, Working within Historic Layering in the Urban Regeneration of “SNIA”
       Industrial Heritage Site. An Italian Case Study, in Z. Wenyi, L. Boying, a cura di, Survey,
       Research and Conservation of Chinese Industrial Architecture Heritage (No.5). in Collected Papers
       of the Fifth International Academic Conference on Chinese Industrial Architecture Heritage,
       Tsinghua University, Beijing 2015; L.A. Pezzetti, A Design-led Approach within Historical Urban
       Landscape. An Italian Case Study, in “Architecture and Culture”, n. 130, (2015), pp. 74-77.

                                                                                 105         Architettura della città e del territorio

04-20161123.indd 15                                                                                                                      29/11/16 12.51
di Milano in quanto grande progetto unitario che ha preso forma nel corso dei secoli (Un nuovo grande
     progetto per l’antico sistema delle acque di Milano città metropolitana).
                         Le acque hanno sempre svolto un ruolo centrale nell’organizzazione della città e del
     territorio, questo ruolo è stato tenuto in grande considerazione fino alla fine del diciannovesimo secolo
     quando la moderna pianificazione, considerando le acque un ostacolo piuttosto che un veicolo di sviluppo,
     le ha progressivamente eliminate dai più recenti piani per Milano. Si è trattato di una grande perdita sia
     in termini di memoria storica e culturale sia per le conseguenze che ha avuto sull’intero sistema idrau-
     lico. Oggi la consapevolezza che è necessario invertire questo processo al fine di assicurare al territorio
     uno sviluppo duraturo e sostenibile è sempre più condivisa. Vari studi possono essere ripresi e sviluppati
     per delineare un grande progetto unitario per l’antico sistema delle acque di Milano Città Metropolitana.
     Il testo si costruisce mettendo a confronto i progetti di ricostruzione del sistema delle acque milanesi con
     un repertorio di analoghe esperienze europee in corso di ideazione o realizzazione (tra queste, in partico-
     lare, Madrid, Londra, Potsdam e Gand), che si pongono l’obbiettivo di rivitalizzare parti urbane attraverso
     la riapertura di percorsi storici d’acqua. La riproposizione di manufatti costitutivi della forma urbana
     intende evocare la memoria e l’identità della città andata perduta nel tempo.21
                         Infine, alcune riflessioni provenienti dall’approccio sociologico alle relazioni tra cicli
     produttivi e luoghi, tra lavoro e tempo libero, tra corpo, spazio e società, mettono in evidenza il ruolo pri-
     vilegiato delle pratiche dello sport e del tempo libero assunte come corpo simbolico con cui la società ma-
     nifesta tendenze, cambiamenti, incertezze, aspettative (Sport e tempo libero nella costruzione della città).
                         La linea di ricerca, avviata nel 2010, dal titolo Sport, tempo libero e città, da un lato,
     vuole misurarsi con una riflessione puntuale sui nuovi comportamenti e sulle nuove pratiche dello sport
     e del tempo libero, cogliendone il valore emblematico e potenzialmente sovversivo del tradizionale ciclo
     abitazione-tempo libero-lavoro-circolazione, e perciò disponibile a una forte innovatività sul piano tipo-
     logico e figurativo dell’architettura; dall’altro, vuole intervenire criticamente sui correnti approcci alle
     trasformazioni urbane nelle quali più spesso il verde e l’ambiente sono concepiti come fatti compensativi
     e di mitigazione, altri rispetto alla fisiologia della città.
                         Naturalmente, il tema dei parchi urbani e dell’ambiente in generale, è da tempo presen-
     te nell’agenda politica e culturale degli enti territoriali e delle associazioni; anche in Italia esistono diverse
     esperienze consolidate e significative; e tuttavia – soprattutto a partire da casi concreti – ancora molto può
     essere approfondito nella prospettiva di un fare città e creare qualità urbana integrato e unitario.
                         La ricerca origina dall’intrecciarsi di diversi ordini di questioni: l’interesse lungamente

                                           21. G. Cislaghi, M. Prusicki, Milano e le acque: progetto per una nuova Darsena, in
                                           F. Floridia, a cura di, Sud Milano Storia e prospettive di un territorio, Il Poligrafo, Padova 2014,
                                           pp. 287-305; M. Prusicki, La valle della Vettabbia risorge, in M. Canella, E. Puccinelli, a cura
                                           di, Valle dei monaci. Un territorio con origini antiche torna a vivere a Milano, Nexo, Milano
                                           2012, pp. 131-175.

                                                                    106

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coltivato per Sesto San Giovanni come caso emblematico – forse unico in Italia – delle trasformazioni ur-
       banistiche di una vera città fabbrica; la riflessione sulle politiche di rinnovo e recupero delle brown areas
       sestesi che hanno dichiarato il tema dell’ambiente, dei parchi e del tempo libero, come loro asse portante
       (Sport, città e tempo libero. Strategie e progetti a Sesto San Giovanni).22
                           Infatti, nella seconda metà degli anni Novanta, si è sviluppato un interessante dibattito
       sul rapporto tra globalizzazione, grandi eventi e politiche urbane, denso di riferimenti socioeconomici e
       sociologici, che spogliato oggi di certa retorica della crescita, risulta assai stimolante per cogliere nessi
       inediti tra usi di città e nuovi paesaggi urbani.

       Città, museo e heritage
       Assumendo il punto di vista secondo il quale l’indagine storico-critica ha sempre affiancato operativamen-
       te l’attività sperimentale di progetto e l’insediamento umano ha svolto un ruolo attivo e propulsivo, sia per
       il suo connotato figurativo, sia per il suo mandato funzionale, diverse ricerche indagano il contributo e il
       ruolo dell’edificio pubblico come condensatore sociale e come caposaldo figurativo, decisivo nel risarcire
       gli squilibri indotti dalla proliferazione delle periferie metropolitane. Il lavoro in corso (Figura e funzione
       nel progetto dell’edificio pubblico per lo sviluppo sostenibile delle aree metropolitane) sviluppa indagini e
       sperimentazioni progettuali riferendosi a una tradizione europea, soprattutto italiana, intorno a quel lega-
       me operante con la città e la storia, in grado di determinare concretamente un reciproco condizionamento
       tra gli aspetti riguardanti la funzionalità e la figurazione.
                           Pertanto, recuperando dalla tradizione degli insediamenti storici una nozione di funzio-
       nalità civile e al contempo quella di una figurazione esemplare, all’edificio pubblico è riservato un duplice
       compito: quello della rappresentatività del culto civico e dell’incisività nel condizionare destinazione e
       comportamenti d’uso.
                           Riguardo ai temi funzionali, per il caso del museo, si è scelto un particolare contesto
       europeo, quello della città di Praga che, per analogia rispetto al sistema di accessibilità e alla gravitazione
       dei poli di secondo ordine, è risultato strutturalmente simile a diversi contesti metropolitani. Il lavoro
       indaga il consolidamento di uno dei sistemi culturali della città di Praga, intorno alla cittadella del
       leggendario ghetto. Si tratta del tessuto centrale di Stare Mesto, delineata nell’ideale triangolazione che
       da Staromestske Namesti si sviluppa nei vertici rappresentati da Sv. Mikulas, Rudolfinum e Klaster Sv.
       Anezky Ceske. Il tema progettuale proposto affronta in particolare il riassetto dell’area intorno al Klaster
       Sv. Anezky Ceske, fondato nel 1234 e attualmente sede di una collezione di pittura e scultura ceca del
       diciannovesimo secolo. Il programma prevede la disposizione di un sistema museale articolato attraverso
       il ripristino della struttura tipologica claustrale del convento a supporto dell’attività espositiva esistente,

       22. F. Acuto, F. Bonfante, a cura di, Sport, città e tempo libero. Un’ipotesi di lavoro, Maggioli,
       Santarcangelo di Romagna 2011; F. Bonfante, S. Greco, a cura di, Teatralità e paesaggio nella
       Città del Lavoro, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2008.

                                                                                  107        Architettura della città e del territorio

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