World Seafood Congress 10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda - SSICA

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World Seafood Congress 10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda - SSICA
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                        World Seafood Congress
                10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda

                                              Maria Gloria Attolini

Dal 10 al 13 settembre si è tenuto a Reykjavik, Islanda, il World Seafood Congress (WSC) 2017, evento
cui hanno partecipato circa 500 rappresentanti della filiera ittica provenienti dall’industria, dal mondo
accademico e istituzionale. Il primo WSC si era tenuto a Halifax nel 1969; il secondo ha avuto luogo 27
anni dopo a Washington dove si è consolidata l’idea che incontri periodici e frequenti fra le parti inte-
ressate sarebbero stati di grande utilità per condividere conoscenza ed esperienze nel settore ittico.
Da allora, il WSC è stato organizzato ogni due anni in tutto il mondo, sempre con una folta partecipa-
zione di pubblico. Supportato dall’Organizzazione Alimentare e Agricola delle Nazioni Unite (FAO) e
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO), il WSC è proprietà dell'As-
sociazione Internazionale degli Ispettori Alimentari (IAFI). Ogni conferenza è organizzata da un istituto
selezionato all’interno del settore: per il 2017 la scelta è ricaduta sull’islandese Matís ltd, istituto di ricerca
scientifica e know-how con sede a Reykjavik, la cui missione è ottimizzare l’impatto degli investimenti
in ricerca e innovazione attraverso una solida rete di collaborazioni e infrastrutture all’avanguardia.
I pilastri del convegno sono stati la crescita della “bioeconomia blu”; un approccio pratico alle pro-

                                                                                      INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017 49
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blematiche dell’industria del settore con particolare riferimento a storie d’innovazione e opportunità
d’investimento; la lotta alle frodi in un’epoca di crescente e-commerce; la richiesta di trasparenza
nella catena del valore; la garanzia della sicurezza alimentare in un contesto d’innovazione e diffuso
commercio internazionale.

BUILDING A STRONG BLUE FORUM
Chair: Christian Patermann, Ex Direttore Commissione UE e Consulente del Governo Tedesco per la
Bioeconomia

La “crescita blu” è un’iniziativa della Commissione europea che ha lo scopo di valorizzare il potenziale
dei mari, degli oceani e delle coste europee per creare in modo sostenibile nuove opportunità di lavoro e
nuove imprenditorie nei settori produttivi della cosiddetta “economia blu” attraverso la promozione del-
la ricerca, del trasferimento tecnologico e del partenariato tra ricerca scientifica e settore industriale.
Ma cos’è l’economia blu? E’ una strategia a lungo termine volta a favorire la crescita sostenibile nei
settori marino e marittimo partendo dal presupposto che i mari e gli oceani sono un motore per l’e-
conomia europea, con enormi potenzialità per l’innovazione e la crescita. L’economia blu rappre-
senta il contributo della politica marittima integrata al conseguimento degli obiettivi della strategia
Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e comprende tutte le attività umane
che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per attività industriali e sviluppo di servizi quali,
ad esempio, acquacoltura, pesca, biotecnologie marine, turismo marittimo, costiero e di crociera,
trasporto marittimo, porti e settore cantieristico, energie rinnovabili marine. Con il presupposto di un
livello adeguato di investimenti e di ricerche, la crescita dell’economia blu offre un grande potenzia-
le per aiutare l’UE ad emergere dall’attuale crisi economica e per contribuire alla sua competitività
internazionale, all’utilizzo efficace delle risorse, alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di nuove
fonti di crescita tutelando al contempo la biodiversità, proteggendo l’ambiente marino e salvaguar-
dando in tal modo i servizi offerti da ecosistemi marini e costieri sani e in grado di resistere alle crisi.
Se si considerano tutte le attività economiche legate al mare, l’economia blu dell’Unione europea
rappresenta circa 5,4 milioni di posti di lavoro e genera un valore aggiunto lordo di quasi 500 miliardi
di euro all’anno. Nel complesso, il 75% del commercio estero dell’Europa e il 37% degli scambi all’in-
terno dell’Unione si svolgono via mare. La situazione, tuttavia, potrebbe cambiare nel prossimo fu-
turo e occorre prepararsi per affrontare le novità imposte dal progresso tecnologico, i cambiamenti
demografici, la rarefazione delle risorse naturali e la crescita di economie finora meno sviluppate,
incluse quelle dei paesi nostri vicini.

Dopo i saluti di benvenuto ai partecipan-
ti da parte di Carey Bonell, Presidente di
IAFI, Sveinn Margeirsson, CEO di Matís e
Þorgerður Katrín Gunnarsdóttir, Ministro
della Pesca e Agricoltura Islandese, Ma-
nuel Barange, Direttore della Fisheries
and Aquaculture Policy and Resources
Division della FAO, nella relazione The
challenges to seafood sustainability in
the 21st century, ha esordito afferman-
do che oggigiorno gli esseri umani di-
pendono da pesce e frutti di mare come
mai prima. Ognuno di noi ne consuma
più di 20 kg l’anno, il doppio di quanto
avveniva solo poche decine di anni fa grazie a catture stabili da ambienti marini e d’acqua dolce,
e a un’industria dell’acquacoltura che ha superato ogni altro settore della produzione alimentare
negli ultimi quattro decenni. A fronte di questa realtà, tante sono le sfide comunque da affrontare.
Come conciliare infatti questi eventi positivi con il fenomeno dell’overfishing, l’inquinamento degli
oceani, il degrado degli habitat naturali, il cambiamento climatico? Quando ci avvicineremo alle
scadenze stabilite dai paesi membri per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazio-
ni Unite, quali saranno le principali sfide da affrontare per garantire la sostenibilità della pesca per

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le generazioni future? Quali le opportunità e le minacce per un futuro che continua a puntare sui
prodotti della pesca come una componente essenziale della lotta per un mondo senza fame e po-
vertà? Cosa mette a rischio la visione dei sistemi acquatici come idonei a soddisfare i nostri traguardi
di sviluppo economico e sostegno alla vita? Per cercare di rispondere a questi quesiti Jakob Rhyner,
Vice Rettore della United Nations University, nella relazione The meaning of the UN agenda 2030 for
the seafood industry ha illustrato i principi dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG, Sustainable
Development Goals), un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscrit-
                                                                     to nel settembre 2015 dai governi
                                                                     dei 193 Paesi membri dell’ONU, che
                                                                     costituisce il quadro di sviluppo più
                                                                     completo fino ad ora messo a pun-
                                                                     to. Se tre sono i SDG che hanno una
                                                                     rilevanza diretta con il settore dei
                                                                     prodotti ittici - no. 2. (zero fame), no.
                                                                     6 (acqua pulita e igiene), e no. 14
                                                                     (vita sotto l’acqua) - fra questi punti
                                                                     e praticamente tutti gli altri SDG e
                                                                     molti dei loro 169 subtarget esistono
                                                                     legami molto stretti; questo avvalo-
                                                                     ra la tesi che l’industria della pesca,
                                                                     se asseconderà il cambiamento,
potrà avere notevoli sviluppi e fornire un contributo eccellente per l’instaurarsi di interdipendenze e
sinergie e per la messa in opera di programmi di istruzione e formazione.
Proprio sul tema del cambiamento si è soffermata Jayne Gallagher, IAFI e Honey and Fox Ltd, Work-
ing smarter not harder - how an industry came together to embrace change. I cambiamenti sono
inevitabili, ma spesso non vengono accettati dalle persone per il timore di perdere quanto acquisito
in precedenza. Nonostante le paure, tuttavia, alla fine tutti finiamo per accogliere i cambiamenti,
perché fanno parte della nostra vita. Anche l’industria accoglie il cambiamento e cambiare oggi
significa anche imparare a lavorare in modo diverso, non necessariamente più faticoso, ma sicura-
mente più “smart”, compattando le forze per portare avanti progetti condivisi. A questo proposito
la relatrice ha portato ad esempio un caso di successo come quello dell’Australian Seafood CRC,
organizzazione che, guidata dall’industria con il sostegno dei migliori centri di ricerca, è sorta nel
2007 per soddisfare le esigenze del settore ittico, uno dei più importanti nel panorama alimentare
australiano. Leadership, focalizzazione sui bisogno, orientamento al risultato e soprattutto comuni-
cazione sono i pilastri di questa organizzazione, per la quale l’espressione “fare ricerca” significa
trovare continuamente nuove soluzioni e strategie commisurate alle effettive esigenze dell’industria.
A seguire Ray Hilborn, Professore della School of Aquatic and Fishery Sciences dell’Università di Wa-
shington, in Sustaining food from the sea: a progress report, dopo aver sottolineato che attualmente
gli oceani costituiscono un’importante fonte di alimentazione soprattutto per popolazioni molto po-
vere, ha parlato degli andamenti degli stock ittici a livello mondiale, soffermandosi in particolare su
quelle aree geografiche in cui è in corso la ricostituzione delle risorse e si attua la pesca sostenibile.
Hilborn ha rimarcato che è senz’altro possibile, attraverso l’applicazione di forme appropriate di ge-
stione della pesca basate sulla co-
noscenza, mantenere e sviluppare
le risorse alimentari di origine marina
senza danneggiare gli ecosistemi.
Questo nonostante l’incombere di
serie minacce quali l’acidificazione
degli oceani, il riscaldamento glo-
bale, una cattiva gestione della pe-
sca e interessi confliggenti riguardo
a quanto si vuole ottenere dal mare
(alimenti, profitto economico, prote-
zione della biodiversità). Hilborn ha
anche esposto i risultati di recenti

                                                                                  INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017 51
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studi sull’impatto della pesca a strascico sugli ecosistemi marini, sulla necessità di disporre di aree
protette per tutelare la biodiversità oceanica e sull’impatto ambientale della pesca rispetto a fonti
alternative di proteine e nutrienti.

BUILDING CAPACITIES IN FISHING COMMUNITIES
Chair: John Ryder, FAO

Nel mondo di oggi la comunità della pesca deve affrontare numerose sfide. Forza interna associata
ad una solida forza lavoro, coerenza e adattamento di tecnologie e metodologie sono elementi
chiave per avere successo nel mercato globale.

Per Jen Cole, Human Rights Project Manager FishWise, Considerations for companies: steps for im-
provement and seafood successes, data la scala globale e la complessità delle catene di approv-
vigionamento dei prodotti ittici, gli abusi nei diritti umani e dei lavoratori possono essere difficili da
prevenire; tuttavia, gli sforzi compiuti dal settore ittico in questo senso stanno dando i loro frutti in-
sieme ad una legislazione volta a migliorare i diritti umani e gli standard lavorativi in tutto il mondo.
Le aziende possono ora affrontare le sfide in tema di responsabilità sociale adottando misure come
la mappatura e l’analisi delle catene di approvvigionamento, la comunicazione e il monitoraggio
degli obiettivi con il coinvolgimento di tutte le parti interessate. Esistono molte risorse per le imprese
che iniziano a lavorare sulla responsabilità sociale, come standard e linee guida internazionali, non-
ché una varietà di ONG, certificazioni e consulenze che possono aiutare a migliorare le pratiche.
E’ anche interessante notare come stiano emergendo nuove figure professionali con competenze
specifiche in questo campo, che possono essere di grande aiuto alle aziende del settore ittico. Susan
Fudge, Memorial University & the Shorefast Foundation, nella relazione Collaborating towards a new
ocean ethic ha esordito insistendo sul concetto che gli oceani costituiscono la nostra più grande
risorsa e, nonostante le sfide da affrontare siano numerose (cambiamenti climatici, utilizzo sostenibile
delle risorse, sicurezza alimentare globale, protezione dei mezzi di sostentamento e delle culture le-
gate al mare, richieste di prodotti di alta qualità, responsabilità sociale, educazione/istruzione dei fu-
turi utilizzatori delle risorse marine, ottenimento di profitti), esistono realtà come Terranova e Labrador,
caratterizzate da una ricca storia di pesca, in cui la cultura e l’industria ittica presentano una situazio-
ne che si presta a cambiamenti in linea con le moderne esigenze. Recentemente, ad esempio, per
rilanciare comunità che costituiscono l’iconico fondamento della pesca in queste zone, il Fisheries
and Marine Institute della Memorial University, in collaborazione con la Fondazione Shorefast di Fogo

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Island ha messo in campo una serie di importanti iniziative di tipo economico, culturale e ambientale
che mirano ad esplorare nuove modalità per prendersi cura della salute dei nostri oceani salvaguar-
dando al contempo il sostentamento di popolazioni la cui cultura è indissolubilmente legata al mare.
Sealing and whaling and “blue growth”: Coherence or paradox? In questa relazione, Geneviève
Desportes, North Atlantic Marine Mammal Commission, riprendendo il concetto di “crescita blu”,
ha sostenuto che l’efficacia e l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse, parametri di fondamentale
importanza per il raggiungimento degli obiettivi, devono andare di pari passo con il rispetto dei pa-
rametri ecologici e ambientali: questo implica, ove sostenibile, il reperimento e l’utilizzo di materia
prima locale e di opzioni “blu” a bassa energia per ottenere efficienze e benefici nell’impiego delle
risorse. Tuttavia, asserisce la relatrice, in questo discorso sulla “crescita blu” una risorsa così impor-
tante e multiforme quale quella dei mammiferi marini (balene, delfini, foche, trichechi…, in tutto
più di cento specie) viene normalmente ignorata. Coerenza o paradosso? In passato vi sono stati
certamente problemi di sfruttamento eccessivo ma oggi, utilizzando procedure messe a punto con
grande attenzione e precauzione, molti stock sono stati ricuperati e sono considerati in buono stato
di salute: si tratta di specie iconiche e oggetto di opinioni controverse, che costituiscono tuttavia
una risorsa abbondante e logica in contesti di scarsità. Sulla base di queste premesse, la relatrice ha
esplorato il potenziale “blu” dei mammiferi marini del Nord Atlantico in base al loro attuale stato di
conservazione e all’impronta ambientale.
Yvette Diei-Ouadi, FAO, Technologies, policies and institutions for a real game-changing in
food loss and waste, ha affermato che, nello sviluppo della catena di valore, il ruolo, seppur im-
portante della tecnologia non deve essere sovrastimato: infatti una tecnologia, per poter es-
sere validamente sviluppata e adottata, oltre a dimostrare di produrre benefici concreti deve
poter contare su politiche e istituzioni solide. Anche nel settore ittico, quindi, nella trasforma-
zione della catena del valore è fondamentale che gli incentivi derivanti dal mercato siano ab-
binati a un contesto che attiva e sostiene il cambiamento coinvolgendo tutti gli attori, dal pe-
scatore al consumatore. A sostegno di questa tesi Diei-Ouadi ha presentato iniziative in paesi in
via di sviluppo che coinvolgono comunità di piccoli pescatori, dove la quasi totalità del pesca-
to serve per il consumo interno e per il commercio transfrontaliero. I progetti, volti allo sviluppo
di catene del valore sostenibili, sono fondati sui tre pilastri menzionati - tecnologia, politica, isti-
tuzioni – e riguardano il problema delle perdite e degli scarti nella catena di fornitura del pesce.
A seguire Ögmundur Knútsson, Università di Akureyri, presentando la relazione The role of fish-markets
in the Icelandic value chain of cod si è soffermato sul successo del settore delle aste in Islanda, che
si è dimostrato molto importante per lo sviluppo dell’industria ittica di questo paese sin dalla loroco-
stituzione nel 1987. Il relatore si è concentrato in particolare su alcuni effetti distintivi di questo stru-
mento: maggiore specializzazione, rilevante soprattutto per le PMI; maggiore stabilità nel processo di
approvvigionamento; maggiore creazione di valore orientata al mercato, con conseguente migliori
flessibilità e adattabilità a differenti situazioni e modelli di business.

PROGRESSING THE BLUE BIOECONOMY IN LARGE OCEAN STATES
Chair: Christian Patermann, Ex Direttore Commissione UE e Consulente del Governo Tedesco per la
Bioeconomia

Nel corso della sessione i principali stakeholder si sono confrontati su come sviluppare la bioecono-
mia blu in quelle isole e aree geografiche in cui questa può costituire il principale fattore di creazione
di valore e crescita sociale. Ma fino a che punto i piccoli stati insulari possono essere protagonisti di
questa crescita? Che tipo di conoscenza è necessario condividere? E come possono i grandi stati
oceanici accogliere le innovazioni tecnologiche per la crescita economica e sociale senza compro-
mettere l’equilibrio ambientale?

Il primo relatore a tentare di dare una risposta a questi importanti quesiti è stato Sveinn Margeirsson,
CEO di Matís - Blue bioeconomy strategy setting for large ocean states - che, esponendo le principali
motivazioni in base alla quali a livello globale è richiesta una strategia di bioeconomia blu che interes-
si i piccoli come i grandi stati affacciati sull’oceano, ha ricordato che, poiché nel 2050 il fabbisogno
di cibo sarà superiore del 50-70% e le sfide salutistiche e ambientali saranno sempre più pressanti, per
affrontare queste problematiche è necessario adottare un approccio olistico. Ma se l’orientamento

                                                                                  INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017 53
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islandese si rifà ai principi della Nor-
dic Collaboration, agli obiettivi di           Small Island Developing States or Large Ocean States?

sviluppo sostenibile e all’accordo di
Parigi, la visione della bioeconomia
blu (cooperazione internazionale e                                                        ?
apertura a nuovi mercati, migliore                                                               ?

impiego delle risorse sottoutilizzate,
nuove opportunità interdisciplinari,
sviluppo tecnico e formazione di
risorse umane, sviluppo regionale
e creazione di forti infrastrutture, in-
vestimenti pubblici e privati) deve
                                                United Nations on Trade and Development - http://unctad.org/en/Pages/ALDC/Small%20Island%20Developing%20States/SIDS-map.aspx
necessariamente allargarsi a tutti gli                                                                                                                  © Matís 2017   7

stati oceanici, con i quali è fonda-
mentale condividere il concetto che questo tipo di crescita non potrà essere solamente qualcosa
che “sarebbe bello avere”, bensì qualcosa che “sarà necessario avere”.
Alex Berlin, di Arbiom, Inc., nella relazione Greenland shrimp fishery – From disaster to success and
back again ha ricordato che, se oggi la Groenlandia è fortemente dipendente dalla pesca e dall’e-
sportazione del pesce e la pesca del gambero è di gran lunga la più importante fonte di reddito,
questo settore nel 1990 ha subito un tracollo a causa di sovrainvestimenti nei pescherecci. L’intro-
duzione del sistema ITQ (Individual Transferable Quota) ha salvato l’economia, ma ha portato ad
una concentrazione delle quote in poche mani. Per rimediare a ciò il governo sta promuovendo
un nuovo Fishery Act che punta a un sistema in cui le quote vengono distribuite su base annuale.
A seguire, Guðmundur Kristjánsson, CEO di Brim Seafood, What is needed to add value to the Blue
Bioeconomy, ha affermato che l’azienda Brim gestisce una delle più moderne flotte da pesca in
Islanda e che, trovandosi in un paese che dipende fortemente dalle risorse naturali e dalla loro ge-
stione sostenibile, include fra le priorità la conservazione dell’ambiente, con un forte impegno riguar-
do alla pesca sostenibile e responsabile. La Brim è stakeholder dell’ISF (Iceland Sustainable Fisheries),
affiliato con l’MSC, un programma di certificazione volontaria che rispetta rigorosi standard interna-
zionali per garantire scorte di pesci sostenibili, la riduzione al minimo dell’impatto ambientale e l’effi-
cace gestione della pesca in tutto il mondo. Inoltre, per evitare l’eccessivo sfruttamento degli stock
ittici, in conformità con le linee guida della Direzione per la Pesca viene calcolata e attuata la TAC
(Total Allowable Catch). In conclusione Kristjánsson, dopo aver illustrato come negli ultimi decenni
sia stato aggiunto valore all’industria ittica islandese, ha sottolineato l’importanza di una gestione
efficace delle risorse, della formazione continua di professionisti e della necessità di un impegno in
infrastrutture e innovazione per garantire una solida Blue Bioeconomy alle future generazioni.
Carlos Evora Rocha, Director National di Maritime Economy, Capo Verde, Cape Verde and Blue Eco-
nomy, ha innanzitutto illustrato le caratteristiche di Capo Verde, arcipelago di origine vulcanica co-
stituito da dieci isole e otto isolotti, situato nell’oceano Atlantico orientale a circa 450 km dal Senegal,
molto vulnerabile ai cambiamenti climatici. Il principale pilastro dello sviluppo economico è la forni-
tura di servizi, che rappresenta l’80% del prodotto interno lordo e di cui attualmente il turismo costiero
costituisce uno degli assi principali. L’esportazione di pesce in scatola e congelato è cresciuta costan-
temente negli ultimi anni, raggiungendo 43.000 t nel 2016. Il governo di Capo Verde ha adottato una
strategia basata sulla salute degli ecosistemi, con l’impegno di utilizzare la conoscenza scientifica
per definire un percorso verso uno sviluppo economico sostenibile soprattutto nell’utilizzo delle risorse
marine, settore che potrebbe diventare altamente redditizio e favorire l’occupazione. In questa pro-
spettiva il governo ha approvato la lettera sulla Blue Growth che mira a promuovere lo sviluppo soste-
nibile delle aree costiere e oceaniche minimizzando il degrado, la perdita di biodiversità e l’utilizzo di
risorse marine non durevoli e massimizzando invece i benefici economici e sociali per la popolazione.
Con la relazione The importance of knowledge sharing, case study from Lake Tanganyika, Mar-
geir Gissurarson di Matís ha presentato un progetto che ha coinvolto Matís, UNU-FTP e TAFIRI in
Tanzania. La pesca nel lago Tanganika ammonta a 50-100,000 t/anno e le catture sono destina-
te per la maggior parte ad essere essiccate e affumicate, con impiego di anche 475,000 m3 di
legna. Obiettivi del progetto erano riduzione delle emissioni di gas serra, sostentamento dei mez-
zi di sussistenza locali con aggiunta di valore, garanzia della sicurezza alimentare e promozione

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della sostenibilità affrontando sfide quali i cambiamenti climatici, l’overfishing e le attività di pe-
sca illegali, le elevate perdite post- raccolta (fino al 60%), i limitati, quando non nulli, margini di
profitto nell’affumicatura dei pesci e i problemi di salute legati a questo tipo di trattamento. I ri-
sultati del progetto sono stati: una riduzione dell’80% nell’utilizzo della legna; una maggiore ca-
pacità di produzione; un miglioramento nelle condizioni sanitarie e lavorative delle donne impie-
gate in questa industria con riduzione dei problemi respiratori; una più elevata qualità del pesce
affumicato; riduzione delle perdite post-raccolta; maggiori profitti per le comunità della pesca.
Olavur Gregersen, Syntesa and Ocean Rainforest, Seaweed cultivation and Blue Bioeconomy in
the Faroe Islands, ha affermato che le alghe costituiscono una biomassa marina sottoutilizzata con
un grande potenziale come fonte di alimenti e mangimi, preparazione di prodotti farmaceutici e
produzione di energia. Esse crescono a un tasso significativamente elevato, non necessitano di fer-
tilizzanti, non competono con fonti di nutrizione umana e sono perfettamente compatibili con la
bioeconomia blu per l’impiego sostenibile e basato sulla conoscenza delle risorse marine. Ma quali
sono le principali caratteristiche che le rendono idonee all’impiego in alimenti e mangimi? Sono
una fonte di alginato, E407-E418, aminoacidi essenziali e minerali (iodio, vitamina B12, omega3…),
hanno un sapore di “umami”; contengono pigmenti naturali; migliorano la digestione (effetti pre/
probiotici); hanno un ridotto contenuto di sodio. L’utilizzo delle alghe ha una lunga storia in Europa,
ma l’approvvigionamento di questa biomassa è sempre avvenuta attraverso la raccolta selvaggia:
un utilizzo più intenso e sostenibile delle alghe deve essere invece basato su sistemi di coltivazione
scalabili che possano essere applicati in ambiente oceanico. Nel corso della presentazione, il rela-
tore ha mostrato un sistema di coltivazione delle alghe offshore nelle isole Faroe, evidenziandone gli
impatti positivi sulla preparazione di nuovi prodotti e sulla creazione di nuovi posti di lavoro e ha con-
cluso che, in un contesto di bioeconomia blu, riguardo alle alghe le piccole nazioni insulari hanno
un potenziale analogo a quello delle grandi isole per la creazione di valore e per la crescita sociale.

SEAFOOD SUSTAINABILITY – CERTIFICATION SYSTEMS
Chair: Carl-Christian Schmidt, NMTT

Molti schemi di certificazione sono stati messi a punto prendendo come riferimento il codice di con-
dotta della pesca responsabile della FAO degli anni ‘90. Ogni schema affronta questioni diverse con
un approccio differente.

Se Samuel Dignan, Global Trust Certification/SAI Global, con la relazione Regional fishery certifica-
tion models – icelandic responsible fisheries management certification ha spiegato che in Islanda,
Alaska e Golfo del Messico vengono adottati modelli di certificazione RFM (Responsible Fishery Ma-
nagement) basati sui criteri FAO e ISO, concordati a livello internazionale e che questo approccio si
traduce in un modello credibile, pratico, verificabile e trasparente, Kristján Þórarinsson, Fisheries Ice-
land, Current certification practice: some key concerns, ha poi sottolineato che, in un settore pieno
di sfide come quello ittico, la certificazione deve essere sempre basata sul principio di un’efficace
gestione della pesca. Gli standard riconosciuti a livello internazionale e utilizzati per la certificazione
dovrebbero pertanto essere sempre basati sui documenti FAO approvati dai governi sovrani, in par-
ticolare il Codice di Condotta della FAO per una Pesca Responsabile (1995) e le Linee Guida della
FAO per il Marchio di Qualità Ecologica (Ecolabel) del Pesce e dei Prodotti della Pesca (2005/2009).
Sempre in tema di certificazione, Gísli Gíslason, Marine Stewardship Council, nella relazione Driving
improvements! Volunteer market based program incentivise improvements in the global fisheries ha
spiegato che MSC gestisce un programma di certificazione e marchi di qualità ecologica basati
su uno standard scientificamente solido per valutare se le attività di pesca sono ecologicamente
sostenibili e ben gestite. Oggi i prodotti con pesca certificata MSC sono scambiati in oltre 100 paesi
e circa il 10-12% della pesca è certificato in conformità allo standard MSC, costituito da tre principi
fondamentali che prevedono che gli stock ittici siano sani, che la pesca non comprometta l’eco-
sistema e che i sistemi di gestione assicurino un futuro a lungo termine di tutte le risorse. Negli anni,
MSC ha documentato centinaia di miglioramenti che includono lo sviluppo di norme per il controllo
della pesca, il miglioramento della mappatura dei fondali, la gestione sostenibile delle risorse mari-
ne. A seguire, Valeska Weymann, GLOBALG.A.P., Caring for consumers – Responsible sourcing at all
stages of production through GLOBALG.A.P. aquaculture certification ha ricordato che, nel 2015,

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World Seafood Congress 10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda - SSICA
EVENTI

circa il 6% della produzione totale in acquacoltura risultava certificata. GLOBALG.A.P., sistema di
certificazione che copre tutti i sistemi di produzione di pesci, molluschi e crostacei, con 30 specie
certificate in 35 paesi in tutto il mondo, ha fornito circa la metà di questa certificazione basata sulle
linee guida tecniche FAO per la certificazione dei prodotti dell’acquacoltura. Herman Wisse, Global
Sustainable Seafood Initiative (GSSI), Global Sustainable Seafood Initiative (GSSI), a non-competitive
approach to building confidence in certified seafood, ha poi precisato che misure basate sul mer-
cato, come possono essere sistemi credibili di certificazione di terzi, forniscono incentivi efficaci per
l’uso sostenibile delle risorse marine e contribuiscono alla realizzazione di un consumo sostenibile dei
prodotti ittici. La rapida proliferazione dei sistemi di certificazione, tuttavia, ha generato confusione
tra gli utenti su come riconoscere quelli veramente credibili. Per ovviare a questo problema, Global
Sustainable Seafood Initiative (GSSI) ha creato il primo Global Benchmark Tool per il riconoscimento
di sistemi credibili che soddisfino i requisiti delle Ecolabelling and Certification Guidelines e del Code
of Conduct for Responsible Fisheries della FAO. La partnership collaborativa coinvolge attori dell’in-
tera catena di valore dell’ittico e fornisce una potente piattaforma per stimolare il cambiamento
nella certificazione globale dei prodotti ittici.

HUMAN CAPITAL & INNOVATIONS FOR THE SEAFOOD INDUSTRY
Chair: Svein Berg, Managing Director/CEO at Nordic Innovation & Jakob Rhyner – Vice Rector United
Nations University

È estremamente importante migliorare il capitale umano nel settore della pesca attraverso la
formazione interdisciplinare per una continua innovazione a livello locale, regionale e globale.

Tumi Tómasson, UNU-FTP, Research and capacity development supporting blue growth in SIDS and
LDCs, ha ricordato che le attività di pesca su piccola scala rappresentano quasi la metà di quelle
globali destinate al consumo umano e impegnano circa 100 000 000 persone; la gestione delle
stesse e la creazione di maggior valore costituiscono una sfida importante. Nella relazione è sta-
to discusso l’approccio che UNU-FTP ha adottato per il raggiungimento dell’obiettivo SDG 14.7:
entro il 2030, aumentare i benefici economici ai piccoli stati insulari in via di sviluppo e ai paesi
meno avanzati per l’uso sostenibile delle risorse marine, fra cui una gestione sostenibile della pesca,
dell’acquacoltura e del turismo marittimo. Hanne Risan Johnsen, UiT, Improving fisheries human ca-
pital through interdisciplinary doctoral training, ha sostenuto che i principali problemi della pesca
nell’UE sono legati a carenze nelle forme di gestione all’interno del settore: è chiaro infatti che il
capitale umano, dai decisori e gli scienziati alle persone che lavorano nell’industria della pesca o
che semplicemente acquistano pesce per la cena, è fondamentale per il successo dello stesso. La
rete europea di formazione SAF21 - Aspetti della scienza sociale della pesca per il XXI secolo - è un
progetto Marie Skłodowska-Curie finanziato dall’UE, il cui programma di formazione si incentra in
particolare sul coaching di dottorandi nell’acquisizione delle competenze necessarie alla compren-
sione interdisciplinare della pesca come sistema adattativo socio-ecologico complesso. Il proget-
to SAF21 prevede la formazione di specialisti nell’analisi del comportamento sociale che contribui-
ranno a diversificare il capitale umano correlato alla pesca per una migliore gestione delle risorse.
Nguyen Van Minh, Faculty of Food Technology, Nha Trang University, UNU-FTP and Salt fish innova-
tion, ha ricordato che il merluzzo salato viene prodotto in Islanda e in altri paesi fin dal 16° secolo.
I principali produttori sono Islanda e Norvegia, i principali importatori Spagna, Portogallo, Italia e
Grecia. Ultimamente i prodotti ittici salati costituiscono il 15/20% del valore totale dell’esportazione
di pesce islandese. Metà del merluzzo pescato in Islanda viene tradizionalmente salato; la qualità
di questo prodotto dipende da svariati fattori, fra cui la materia prima, il metodo di salagione, il
sale o la salamoia, le condizioni di magazzinaggio. I produttori islandesi attribuiscono grande im-
portanza allo sviluppo di prodotto e di processo, puntando su metodi di trasformazione innovativi
che garantiscano la qualità del pesce salato. Le procedure di salagione sono state modificate nel
tempo per aumentare la resa e stabilizzare la qualità dei prodotti durante il trasporto e il magazzi-
naggio, passando da una singola fase a un processo a varie fasi che comprende una pre-salagione
mediante iniezione e/o in salamoia, preparata con una concentrazione controllata di sale, che
consente di ridurre i tempi della salagione e di ottenere una concentrazione di sale relativamente
omogenea nel muscolo di pesce. Uno dei fattori chiave della qualità è l’aspetto dei prodotti salati,

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World Seafood Congress 10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda - SSICA
eventi

che può essere negativamente influenzato dal cambiamento di colore derivante dall’ossidazione
del muscolo. Per ridurre al minimo il rischio di difetti vi è un crescente interesse ad utilizzare antiossi-
danti come i polifosfati. I risultati di studi condotti hanno mostrato che l’aggiunta di fosfati ritarda-
va significativamente l’idrolisi e il progredire dell’ossidazione dei lipidi, con conseguente persistenza
del colore bianco dei prodotti. I tri- e i pirofosfati aggiunti subivano una degradazione durante la
salagione e il magazzinaggio, con aumento del contenuto di ortofosfato. La maggior parte dei
fosfati aggiunti veniva rimossa durante il processo di reidratazione del pesce. Sulla base dei risul-
tati scientifici, la Commissione europea ha approvato il Reg. (UE) n. 1068/2013 del 30 ottobre 2013,
che modifica l’allegato II del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Con-
siglio sull’impiego di difosfati (E 450), trifosfati (E 451) e polifosfati (E 452) in pesce salato bagnato.
Tómas Eiríksson, Managing Director di Codland, Use by-products/new markets/by-products for the
future? ha spiegato che obiettivo dell’azienda, fondata nel 1999, è massimizzare il valore di ogni
parte del pesce, sfruttando al meglio ogni kg di pescato. Codland, specializzata nella produzione di
merluzzo essiccato, che esporta principalmente in Nigeria, e di olio di fegato di merluzzo, si avvale
di collaborazioni con istituti di ricerca e università per creare soluzioni innovative, in particolare nel
settore cosmetico e nutraceutico, utilizzando peptidi di collagene ricavati dalla pelle di merluzzo
pescato nelle fredde e cristalline acque dell’Atlantico del Nord (pesca sostenibile). Ingrid Undeland,
Chalmers University of Technology, Extracting novel values from aqueous seafood side steams – No-
VAqua, ha poi parlato del progetto nordico NoVAqua, che mira ad aggiungere valore alle acque
di lavorazione del pesce attraverso molteplici applicazioni, ad esempio la produzione di alimenti e
mangimi. Tra le parti del progetto finora svolte vi è una mappatura sistematica della composizione
e del profilo dei composti volatili in acque di lavorazione derivanti dal trattamento a vapore/ pela-
tura di gamberetti, marinatura di aringhe e bollitura di cozze. Inoltre, è stata studiata la stabilità al
magazzinaggio dell’acqua di cottura di gamberetti ed è stata messa a punto una procedura per il
recupero di una biomassa arricchita di proteine dalle acque di trattamento di gamberetti e aringhe
da utilizzare, ad esempio, in formulazioni di mangime per pesci. Sono stati condotti studi sia su scala
di laboratorio sia su scala pilota e, oltre al lavoro di separazione delle biomasse, notevoli sforzi sono
stati compiuti per i pre-trattamenti delle acque e il drenaggio delle acque dalle biomasse.
Matti Isohätälä, Hätälä Oy, Superchilling. End user perspective, ha innanzitutto spiegato che il su-
perchilling è una tecnica che utilizza efficacemente il pesce stesso come mezzo di raffreddamento,
riducendone la temperatura in modo uniforme fino a un punto leggermente inferiore a quello del
ghiaccio fondente. Questa temperatura può essere mantenuta senza che il pesce venga congela-
to, quindi il ghiaccio diventa inutile sia per la conservazione che per il trasporto. Il superchilling ritarda
l’inizio del rigor mortis e ricerche hanno mostrato che i filetti diventano più sodi, con una minore ten-
denza a sfaldarsi a tutto vantaggio della qualità e della resa e di una maggiore facilità di lavorazio-
ne. L’analisi microbiologica ha anche confermato che il pesce rimane più fresco più a lungo rispetto
ai pesci trattati tradizionalmente, e che la shelf-life può venire prolungata di almeno una settimana.
Inoltre, essendo ridotto il materiale di confezionamento, si ottiene una considerevole razionalizzazio-
ne dei costi di trasporto. Ancora, questo approccio può dare un contributo significativo in termini
di salvaguardia dell’ambiente, con una ridotta impronta di carbonio nelle fasi di produzione e di
trasporto.

NEW VALUABLE INGREDIENTS / PRODUCTS FROM THE OCEAN
Chair: Timothy Hansen, IAFI

Dagli oceani emergono possibilità crescenti con l’applicazione di nuove conoscenze e tecnologie.

Dagmar Stengel, National University of Ireland Galway, Algae as a sustainable source of high value
products. Negli ultimi anni vi è stato un crescente interesse a livello internazionale per il potenziale
utilizzo delle micro-alghe e delle alghe in un’ampia gamma di settori quali quello alimentare e dei
mangimi, il cosmetico e il sanitario. Questo aumento è stato accompagnato da un incremento glo-
bale nell’attività di ricerca. Nonostante ciò, restano numerosi ostacoli che, allo stato attuale, limita-
no l’impiego delle alghe in quelle applicazioni che pure hanno dimostrato un notevole potenziale.
La relatrice ha presentato alcune delle attuali attività di ricerca che mirano a colmare le lacune
esistenti nella conoscenza scientifica su questo tema, con particolare riguardo alle metodologie di

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World Seafood Congress 10-13 settembre 2017,Reykjavik, Islanda - SSICA
EVENTI

valutazione delle risorse sostenibili, la quantificazione della variabilità naturale nella biomassa algale
e le potenzialità (nonché le limitazioni) insite nella coltivazione delle alghe.
Fredrik Gröndahl, Seafarm, Results and future perspectives of the Seafarm project. Obiettivo del
progetto SEAFARM è sviluppare un sistema sostenibile per l’utilizzo delle alghe come risorsa rinno-
vabile in Svezia attraverso un approccio di ricerca transdisciplinare che comprende tecniche di
coltivazione delle alghe da utilizzare come materia prima in una bioraffineria per la produzione di
alimenti, mangimi, biomateriali e bioenergie, basandosi su un approccio olistico in cui l’utilizzo della
risorsa viene massimizzato in ogni fase del ciclo. Nel corso del progetto saranno valutati i metodi più
idonei alla conservazione e al magazzinaggio di alghe coltivate sulla costa occidentale della Sve-
zia e la biomassa ottenuta verrà frazionata in una bioraffineria integrata. Le diverse frazioni saranno
totalmente caratterizzate e recuperate per la produzione di sostanze biochimiche, polimeri e addi-
tivi per alimenti e mangimi e i residui saranno utilizzati per la produzione di biogas e biofertilizzanti.
Parallelamente, verrà sviluppato un metodo generale di valutazione multiprocesso per analizzare la
sostenibilità complessiva del sistema.
Barry Costa Pierce, University of New England, nella relazione Sea vegetable ecological aquaculture
value chains ha spiegato che l’acquacoltura di macrofite marine è in rapida crescita nel Maine, Sta-
ti Uniti e il team cui appartiene il relatore sta lavorando a un modello di imprenditorialità marina volto
allo sviluppo di partnership accademico-industriali che affronteranno le principali tematiche di ricer-
ca e sviluppo in tutta la catena del valore di questi organismi sia negli Stati Uniti sia in paesi nordatlan-
tici. Sempre in tema di alghe, Hanna Harryson, Chalmers University of Technology, Isolation of proteins
from Swedish red, green and brown seaweed, ha sostenuto che, a fronte di una crescente domanda
di proteine ​​vegetali, alcune specie di alghe potrebbero costituire un’interessante materia prima. Tut-
tavia, le spesse pareti cellulari ricche di polisaccaridi e l’abbondanza di polifenoli riducono la digeri-
bilità delle proteine ​​delle alghe; è quindi necessario isolare queste dalla matrice utilizzando tecniche
idonee. Scopo di questo studio, che fa parte dei progetti svedesi Seafarm e Sweaweed, è valutare
l’efficacia di tre diversi metodi di isolamento delle proteine utilizzando Porphyra umbilicalis, Ulva lactu-
ca e Saccharina latissima; (i) solubilizzazione in acqua e successiva precipitazione con solfato di am-
monio, (ii) solubilizzazione alcalina delle proteine ​​seguita da precipitazione isoelettrica (pH shift) e (iii)
bioraffineria, in cui viene utilizzato il residuo rimanente dopo la pre-rimozione dei lipidi e dei florotannini.
La resa proteica più alta è stata ottenuta con il metodo (ii) per Porphyra (26%) e Saccharina (25%) e (i)
per Ulva (8%). Il metodo (ii) ha dato le concentrazioni più elevate di proteine ​​negli isolati (71, 51, 41%).
A seguire Maria Hayes, Teagasc Food Research Centre, Recovery and application of pelagic pro-
cessing blood waters – a source of proteins and bioactive peptides, ha ribadito che il recupero di

58 INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017
eventi

sottoprodotti è una priorità fondamentale per i trasformatori del settore ittico anche alla luce della
riforma della politica comune della pesca dell’UE (CFP). I più grandi sbarchi di specie pelagiche in
Irlanda sono costituiti da sgombro (70,183 t), suro (55,438 t), aringa (42,114 t) e merlano blu (21,693 t).
Attraverso l’uso di tecnologie a membrana che possono concentrare, frazionare e purificare com-
posti si possono ricuperare proteine, peptidi, lipidi, vitamine e minerali. Due nuovi progetti realizzati
dal Teagasc irlandese e finanziati dal Bord Iascaigh Mhara (BIM) denominati BRAVO e FISHBOWL
stanno attualmente esaminando il recupero, la quantità e la qualità delle proteine, dei peptidi e
di altre molecole provenienti da acqua, sangue e pelli/ossa che derivano dalla lavorazione del
pesce pelagico in Irlanda. Possibili applicazioni possono includere l’impiego in mangimi per animali
e pet food. Margrét Geirsdóttir, Matís, Ingredients development from collagen of seafood origin, ha
affermato che una parte significativa del pescato non viene utilizzata per il consumo umano, bensì
per la produzione di prodotti di basso valore, oppure viene scartata. La pelle del pesce è un tipico
esempio ma in realtà le proteine elastina e collagene possono essere isolate e idrolizzate a pepti-
di, e sempre più la ricerca indica che questi prodotti possono avere un effetto positivo sulla salute.
Lo studio presentato da Kazufumi Osako, Tokyo University of Marine Science and Technology, Squid
and color properties with storage, si è focalizzato sul calamaro essiccato, che gode di una certa po-
polarità in varie aree del mondo. Il prodotto ha un colore bruno-giallastro a causa della reazione di
Maillard, che avviene durante il processo di produzione e durante il periodo di conservazione. L’im-
brunimento di tre specie di filetti, Todarodes pacificus (calamaro comune giapponese) Photololigo
edulis e Sepioteuthis lessoniana, è stato studiato in modo comparativo durante l’essiccazione con
aria, basandosi sui valori di K, composizione in amminoacidi liberi, colore superficiale e analisi me-
diante SDS-PAGE. E’ stato osservato un significativo aumento del colore giallo (valore b *) nei tre tipi
di carne, con il valore massimo nel caso del calamaro comune giapponese. L’acido glutammico,
l’alanina, la metionina e la leucina aumentavano in tutti e tre i tipi di calamari, mentre la glutammina
diminuiva. La SDS-PAGE ha mostrato che la miosina era completamente degradata nel calamaro
comune giapponese dopo l’essiccamento, mentre nel caso del Sepioteuthis lessoniana il degrado
era solo lieve.

SEAFOOD SUSTAINABILITY & FOOD SECURITY
Chair: Patrick McGuinness, IAFI

L’utilizzo sostenibile e responsabile crea un valore duraturo. In futuro, tenuto conto degli stress a cui
è sottoposto un terreno coltivato in modo intensivo, l’oceano avrà un ruolo sempre più importante
nel contribuire alla sicurezza alimentare. La diffusione di informazioni sull’impiego responsabile delle
aree marine è importante per aumentare la fiducia dei consumatori e della società in generale.

Michaela Aschan, UiT the Arctic University in Sustainability of fish stocks and farming under climate
change ha ribadito che l’industria ittica dovrà affrontare nuove sfide nel quadro del cambiamento
climatico e, a questo proposito, la FAO e l’UE incoraggiano lo sviluppo di piani nazionali di adatta-
mento o di azione. Obiettivo di ClimeFish, un progetto EU Horizon 2020, è favorire la pesca sostenibile,
consentire un aumento dell’acquacoltura europea, agevolare l’occupazione e lo sviluppo regiona-
le, sviluppare strumenti di previsione e gestione per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Tutto
questo in co-creazione con gli stakeholder per contribuire a garantire che l’aumento della produ-
zione nel settore ittico avvenga in aree e riguardi specie per le quali esiste un potenziale di crescita
sostenibile, dati gli attesi sviluppi climatici. Verranno identificate strategie per attenuare il rischio e
sfruttare le opportunità, che serviranno a rafforzare i pareri scientifici e migliorare la pianificazione
della produzione a lungo termine e i processi decisionali. Piani di adattamento ai cambiamenti cli-
matici coerenti con l’approccio ecosistemico e costruiti su un sistema basato sui risultati consenti-
ranno alle autorità di regolamentazione, ai pescatori e agli acquacoltori di prepararsi e adattarsi
ai cambiamenti climatici riducendo al contempo le perdite economiche e le conseguenze sociali.
John Sackton, SeafoodNews.com, Marine sanctuaries and food security. Vi è uno sforzo significa-
tivo a livello internazionale per creare aree marine protette come habitat indisturbati e liberi da
attività umane. Ma in realtà, afferma Sackton, gli oceani sono già tutti disturbati da fattori plurimi
quali l’attività umana, l’invasione della plastica, l’acidificazione, i cambiamenti di temperatura… Il
riscaldamento globale comporta che le specie marine cambino la loro distribuzione spaziale, spesso

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EVENTI

in misura maggiore e più rapidamente che sulla terra; per questo motivo, le riserve marine statiche
potrebbero non fornire vantaggi a lungo termine. Se si vuole salvaguardare la sicurezza alimentare,
i sostenitori della biodiversità e degli stock ittici sani dovranno utilizzare un meccanismo decisionale
basato sulla scienza, consapevoli del fatto che anche nel settore della pesca è necessario reperire
sostegno politico. Il pesce è una delle fonti di proteine con uno dei più bassi tenori di carbonio ed
è vitale per il benessere umano. Gli obiettivi di biodiversità e climatici che non riconoscono il posto
speciale occupato dalle proteine marine risultano incompleti.
Alicia Mosteiro, FAO, FAO Instruments and tools to fight illegal, unreported and unregulated (IUU)
fishing. La relatrice ha ricordato che la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU)
è molto dannosa per la sostenibilità a lungo termine delle risorse e per le popolazioni costiere che
dipendono da queste come fonte di cibo e reddito e per l’ambiente. Sulla base dell’UNCLOS, 1982,
la comunità internazionale ha avviato un processo di conservazione delle risorse d’alto mare attra-
verso strumenti internazionali quali l’accordo delle Nazioni Unite per l’attuazione delle disposizioni
della Convenzione delle Nazioni Unite relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici
transzonali e degli stock ittici altamente migratori (accordo ONU sulle riserve ittiche o UNFSA, 1995).
Ancor prima che il termine IUU fosse ampiamente diffuso, la FAO si era già adoperata per favorire il
rispetto delle misure internazionali di conservazione e gestione da parte dei pescherecci in alto mare
(Accordo di conformità FAO, 1993). Più di recente la FAO ha messo a punto, con un piano internazio-
nale volto a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca IUU (IPOA-IUU, 2001), una serie di strumenti
per combattere la pesca IUU sotto ogni aspetto. Le linee guida volontarie per la prestazione dello
Stato di bandiera sono state approvate dal COFI per il 2014; l’accordo sulle misure di competenza
dello Stato di approdo intese a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca IUU (misure di compe-
tenza dello Stato di approdo o PSMA, 2009) è entrato in vigore il 5 giugno 2016; il registro globale dei
pescherecci, delle navi da carico frigorifere e delle navi di appoggio (Global Record) ha lanciato
la prima versione del Global Information System il 21 aprile 2017; le linee guida volontarie per i siste-
mi di documentazione delle catture sono state approvate dalla Conferenza FAO nel luglio 2017.
Questi strumenti riguardano le responsabilità degli Stati di bandiera, Stati di approdo, Stati co-
stieri e Stati di commercializzazione, come indicato nell’IPOA-IUU. Operare in sinergia e sostenere
processi regionali e nazionali sono strumenti estremamente utili per sostenere una lotta efficace
contro la pesca IUU a tutti i livelli.

Jónas R. Viðarsson, Matís, Development towards future supply of sustainable seafood. Se la soste-
nibilità ambientale, sociale ed economica dalla cattura al consumatore è un obiettivo a cui do-
vrebbero puntare tutti i soggetti coinvolti nella filiera dell’ittico, si può sicuramente affermare che
la flotta costiera islandese soddisfa tutti questi criteri. Gli stock ittici sono in una condizione sana,
la flotta utilizza attrezzature da pesca che hanno un impatto minimo sul fondo marino e le catture
accessorie sono quasi inesistenti. La flotta ha uno dei più bassi rapporti cattura/carburante nella
pesca demersale, è estremamente importante per lo sviluppo regionale ed è fondamentalmente
l’unico settore della pesca islandese che offra opportunità per new entry. Ultimo, ma non per im-
portanza, le catture della flotta costiera vengono sbarcate il giorno stesso e per esse vengono per-
tanto pagati prezzi più alti rispetto ad altre catture demersali; i prodotti ottenuti da queste catture
sono richiesti da mercati molto esigenti e disposti a spendere di più per prodotti di qualità superiore.
Justine Delettre, Nausicaa, Mr.Goodfish, a sustainable seafood consumption programme. Obiettivo
della campagna Mr. Goodfish è sensibilizzare i vari attori della filiera della pesca sul tema del consu-
mo responsabile delle risorse marine. Nel breve periodo, l’obiettivo consiste nella progettazione e
realizzazione di adeguati strumenti di comunicazione ed educazione in grado di responsabilizzare i
consumatori negli acquisti, così da ridurre la pressione antropica derivante dalla pesca non sosteni-
bile e la domanda riguardante le specie maggiormente sfruttate. Nel medio periodo, l’obiettivo è va-
lidare tali strumenti presso tre partner: Acquario di Genova (Italia), Aquarium de Finisterrae (Spagna)
et NAUSICAA, Centre National de la Mer (Francia). Oltre agli sponsor (Planète Mer e IUCN) hanno
aderito al programma diversi partner istituzionali, nazionali e regionali, tra i quali: Lonja de La Corun-
na e Pescaldia (organizzazioni di pescatori) in Spagna, catene di pescherie e supermercati, ristoranti
premiati Michelin in Francia, UNIPROM (Consorzio di promozione dei prodotti ittici), Associazione Det-
taglianti Pesce Fresco in Italia… L’obiettivo a lungo termine è coinvolgere l’intera filiera della pesca e
garantire la sostenibilità del “percorso” delle risorse ittiche dal mare (o dall’allevamento) alla tavola.

60 INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017
eventi

Themistoklis Altintzoglou, NOFIMA, Organic labeling in a united Europe; for each their own? Il con-
sumo di prodotti ittici biologici in Europa è basso a causa della scarsa disponibilità di questi prodot-
ti, del prezzo elevato e anche della confusione da parte dei consumatori su ciò che può essere
effettivamente definito “biologico” nel settore ittico. Si è quindi voluto capire quanta familiarità i
consumatori di tre paesi europei hanno con determinati marchi di qualità ecologica, quanto spes-
so li utilizzano nell’acquisto di pesce e, quindi, quanto questi marchi sono efficaci. Un sondaggio
condotto nel Regno Unito, in Germania e in Francia ha mostrato che la familiarità con il marchio
ecologico dell’UE è scarsa, mentre è molto superiore quella con i marchi bio nazionali. L’obiettivo
della “fogliolina” UE di diventare un marchio comune in tutta l’UE, rendendo più facili le scelte dei
consumatori, non è quindi stato raggiunto, se non in combinazione con i marchi nazionali. Que-
sto significa maggiori costi per le aziende che desiderano esportare prodotti ittici bio in altri paesi.
Maitri Thakur, SINTEF Ocean, Information sharing strategies in whitefish supply chains in Norway vs.
Iceland. La condivisione delle informazioni è una delle strategie principali della catena di approvvi-
gionamento ed è vitale per l’efficienza della catena stessa. I fattori di motivazione comprendono i
requisiti di legge, l’ottimizzazione dei processi aziendali e la differenziazione dei prodotti. Le catene di
valore del pesce bianco hanno una natura complessa a causa dell’elevata incertezza nell’approv-
vigionamento e del rapido deterioramento della qualità dovuto alla manipolazione e alle variazioni
di temperatura. Da decenni, le industrie del pesce bianco in Islanda e in Norvegia forniscono pro-
dotti simili che esportano negli stessi mercati globali; ciononostante, vi sono elementi che indicano
che l’industria islandese ha più successo sul mercato rispetto a quella norvegese. La mancanza di
integrazione verticale nell’industria norvegese del pesce bianco restringe la condivisione delle in-
formazioni tra i pescherecci e i trasformatori e questo a sua volta limita il supporto decisionale per
soddisfare le esigenze del mercato.

ROLE OF WOMEN & SOCIAL IMPACT OF SEAFOOD
Chair: Marie Christine Monfort & Yvette Diei-Ouadi, FAO

Nel settore ittico, a livello mondiale, un lavoratore su due è donna; tuttavia le donne, sovrarappre-
sentate nelle posizioni più basse e peggio retribuite, raramente arrivano ad assumere posizioni di
leadership. Le donne, insomma, pur contribuendo in modo essenziale a questa importante industria,
restano come invisibili, anche ai decisori. Vi è dunque la necessità di aumentare la consapevolezza
del loro ruolo nel settore e di riconoscere il valore che esse apportano.

Jenny Shaw, Women´s Industry Network Seafood Community, The invisibility of women in the seafood
community: what are the impacts? L’industria della pesca è costituita da uomini e donne; tuttavia,
in molte società a livello globale il contributo delle donne è spesso sottovalutato, non riconosciuto o
limitato allo svolgimento di attività tradizionali come occuparsi del benessere della comunità, della
salute e dell’istruzione. La relatrice ha presentato un documento che esamina il contributo che le
donne apportano alla comunità della pesca e i campi in cui esse operano, sostenendo anche l’im-
portanza di collegamenti a livello mondiale.
Leonie Noble, Women´s Industry Network Seafood Community, Increasing the visibility of seafood
women. Parlando specificamente dell’Australia, Noble afferma che l’industria ittica svolge un ruo-
                                                                   lo molto importante e ha un peso
                                                                   fondamentale a livello economico.
                                                                   Nonostante le donne costituiscano
                                                                   circa la metà della comunità della
                                                                   pesca in tutti i settori dell’industria it-
                                                                   tica - lavoro sulle imbarcazioni, ven-
                                                                   dita all’ingrosso, trasformazione, ge-
                                                                   stione aziendale, ricerca, trasporto,
                                                                   conformità e commercializzazione -
                                                                   poche svolgono ruoli manageriali o
                                                                   fanno parte dei Consigli di Ammini-
                                                                   strazione di aziende ed enti. Per ov-
                                                                   viare a questo squilibrio e aumenta-

                                                                                  INDUSTRIA CONSERVE, N. 4, anno 92, 2017 61
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