Vulture. Un vulcano ai piedi dell'Aglianico

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Vulture. Un vulcano ai piedi dell'Aglianico
Vulture. Un vulcano ai piedi dell’Aglianico

Nel nord della Basilicata una terra di cultura e di sapori. Tra castelli federiciani, cantine scavate nel
tufo, laghi nei crateri spenti nasce un vino rosso importante

Il Vulture è la terra vitivinicola più
importante della Basilicata, situato
nel nord della regione, in provincia
di Potenza. Prende il nome
dall’omonimo vulcano, i cui crateri
spenti ormai da secoli sono
riempiti dalle acque dei due laghi
di Monticchio. Alle sue pendici
prosperano i vigneti di aglianico, una varietà rossa dell’Italia centro-meridionale, ideale per vini
strutturati e da invecchiamento, come l’Aglianico del Vulture Docg, il principe di questo territorio
ancora poco conosciuto ma ricco di sorprese, spunti, bellezze artistiche. Insomma, una destinazione
tutta da scoprire. Il terreno di origine vulcanica contribuisce a creare la qualità del vitigno aglianico.

                                    Melfi è la nostra prima tappa. Molti ne
                                    avranno sentito parlare per la presenza degli
                                    stabilimenti Fiat, ma a noi interessa per due
                                    precisi motivi: è uno dei paesi simbolo
                                    dell’Aglianico del Vulture Docg ed è anche
                                    sede di uno spettacolare castello di epoca
                                    normanna. Svetta con le sue sette torri
                                    rettangolari e le tre pentagonali sulla
                                    sommità di una collina, fatto restaurare da
                                    Federico II di Svevia, che vi dimorò a lungo.
                                    Fu proprio in queste terre che il Sacro
                                    Romano Imperatore nel XIII secolo emanò
                                    una delle più moderne opere di diritto di tutti i tempi, le
                                    Constitutiones Augustales, un codice unico di leggi. Oggi il
                                    castello federiciano ospita il Museo archeologico nazionale del
Melfese, che espone oggetti provenienti da corredi funerari di epoca arcaica e del periodo classico e
reperti in ceramica legati alla produzione e al consumo di vino: olle, attingitoi, coppe, crateri e un
rhyton, cioè un vaso per bere, a testa equina (www.basilicata.beniculturali.it). Sempre a Melfi la
Cripta di Santa Margherita è una chiesa rupestre scavata nel tufo vulcanico, a navata unica e quattro
cappelle laterali, con numerosi affreschi alle pareti, alcuni in stile bizantino, altri di impronta
occidentale (tel 0972.239751).
A Melfi si può mangiare al ristorante dell’hotel Novecento: la cucina è tradizionale, fatta con
materie prime scelte, e i vini sono conservati in una bella e suggestiva cantina sotterranea tutta
rivestita in pietra. Tra i primi piatti di pasta fresca possiamo gustare le laganelle con baccalà e noci
e le fascinelle con pomodori secchi e rucola (conto 30€). L’albergo offre accoglienti camere con
piscina all’aperto (doppia 100€ www.novecentomelfi.it). Per dormire c’è anche il Relais La
Fattoria, un 4 stelle con piscina nel parco e vista sul paesaggio del Vulture; le vecchie cantine
ospitano il ristorante Il Cavaliere, di cucina lucana (doppia 104€, conto ristorante 25€
www.relaislafattoria.it).
La tappa successiva è Venosa, un
altro paese di grande interesse
culturale oltre che enologico. Il
paese si sviluppa attorno al
Castello aragonese del 1470 ed è
uno dei principali centri di
produzione dell’Aglianico del
Vulture. Tra le cantine più
importanti del territorio troviamo Terre degli Svevi, del Gruppo Italiano Vini, con punto vendita
aperto al pubblico per visite e degustazioni (www.gruppoitalianovini.com). Una sosta golosa
consigliata è invece al ristorante Al Frantoio, un locale raffinato, con due ampie sale, che propone
cucina di territorio e piatti di pesce delle isole Tremiti e del Gargano (conto medio 30€,
www.ristorantealfrantoio.it).

                                  A Barile, paese di antiche origini albanesi, troviamo un altro
                                  interessante centro vitivinicolo. Barile fu fondata da una colonia di
                                  albanesi provenienti da Scutari e da Croia nel 1464 e conserva
                                  ancora tradizioni arbëreshë, anche lingustiche. Di interesse storico
                                  sono le cantine scavate nel tufo circa cinque secoli fa e nel tempo
                                  utilizzate per l’invecchiamento del vino. Ne possiamo osservare
                                  una lunga fila su due ordini nel fianco di una collina del paese. Tra
                                  le cantine locali va sicuramente visitata Paternoster, che propone
etichette di Aglianico del Vulture, oltre a Fiano, Falanghina e Moscato. La cantina storica è
destinata all’invecchiamento dei vini; mentre per l’accoglienza c’è il nuovo e moderno impianto, in
podere Villa Rotondo, costruito su due piani con cristalli, legno e rame. Un avvincente percorso tra
antico e moderno offre ai visitatori la possibilità di assaggiare i piatti di cuochi locali: su
prenotazione si possono gustare piatti lucani in abbinamento ai vini dell’azienda
(www.paternostervini.it). Sempre a Barile, l’azienda Macarico ha cantine cinquecentesche alle porte
del paese in due grandi locali sotterranei scavati nel tufo lavico. Macarico produce due diverse
etichette di Aglianico del Vulture. Completa l’offerta enoturistica l’ospitalità in undici camere
                                  spaziose e dall’arredamento raffinato (www.macaricovini.it).
Nella vicina Rionero in Vulture (Potenza) troviamo altre due
cantine interessanti sotto il profilo estetico e culturale. Una antica,
l’altra moderna. La prima è Cantina del Notaio, la seconda Terra
dei Re. Cantine del Notaio, di Gerardo Giuratrabocchetti, produce
vini da uve aglianico: tre vini rossi, un rosato e uno spumante. E
inoltre, un vino bianco dolce da uve appassite dei vitigni moscato e
malvasia. La cantina ha un museo della civiltà contadina, un
presepe che riproduce i mestieri antichi legati alla viticoltura e
grotte scavate nel tufo intorno al 1600. I visitatori possono degustare i vini in un’ampia sala
multimediale anche in abbinamento a prodotti locali (www.cantinedelnotaio.it). Terra dei Re,
invece, è una cantina dall’architettura contemporanea dal tetto a forma di onde, realizzata con ampie
parti in vetro sul progetto dell'architetto Palmiro Sacco. L’azienda coniuga vino, arte e cultura: oltre
a produrre Aglianico del Vulture, espone al suo interno dipinti di artisti moderni e automobili
d’epoca e organizza eventi culturali, come la Vendemmia notturna. Dalle uve di aglianico
vendemmiate di notte nasce il vino Nocte. La sala degustazione ospita fino a 50 persone e la cantina
fino a 200 per pranzi, cene e buffet con cucina tipica del territorio (www.terradeire.com). A Rionero
possiamo anche visitare il Museo multimediale del Brigantaggio, a Palazzo Fortunato, dove a volte
sono organizzate anche degustazioni di vini locali. Per mangiare, invece, c’è il ristorante La
Pergola, a conduzione familiare, con piatti di pasta fatta in casa e varie ricette locali (conto medio
25€ www.hotelristorantelapergola.it).

                                                                    Proseguendo verso Ripacandida
                                                                    un’interessante tappa enoturistica
                                                                    è nell’azienda agricola Eubea, che
                                                                    ha una cantina sotterranea con
                                                                    archi a tutto sesto e antiche vasche
                                                                    di vinificazione: tra i vini prodotti
                                                                    non manca l’Aglianico del Vulture
                                                                    (www.agricolaeubea.com). Ultime
tappe del nostro itinerario alle pendici del Vulture sono Maschito e Avigliano. Nella prima troviamo
                                   la bella bottaia di Casa Maschito, dove si invecchia

                                  un interessante Aglianico del Vulture (www.casamaschito.it).

                               Nella seconda troviamo il Castello federiciano di Lagopesole, a più
                               di 800 metri di altezza, probabilmente eretto su una precedente
                               costruzione normanna intorno al 1242. Nell’Antiquarium conserva
                               materiali medievali ritrovati durante gli scavi in uno dei due cortili
                               dell’edificio. Fiorente in questo centro è l’artigianato di oggetti in
                               legno e ferro, coltelli a serramanico e tappeti in lana
(www.comune.avigliano.pz.it). Venosa, un paese di cultura
Il Castello aragonese di Venosa, del 1470, è una grande costruzione quadrata
con quattro torri cilindriche. In una galleria interrata ospita il Museo
archeologico nazionale, con reperti di epoca romana e della dominazione
normanna: ceramiche, monete, mosaicipavimentali, pitture parietali
(www.comune.venosa.pz.it). L’Abbazia della Santissima Trinità ha un
mosaico pavimentale, probabilmente di una preesistente villa romana. Il Parco
archeologico di Venosa mostra invece gli scavi dell’anfiteatro e delle terme.
Sono di grande valore storico e archeologico le catacombe ebraiche, scoperte
nel 1853, sulla collina della Maddalena, che dimostrano la presenza di una
numerosa comunità ebraica tra il IV e il VI secolo d.C. Sono formate da
corridoi sotterranei con dipinti e arredi sacri tipici del patrimonio iconografico
e religioso ebraico. E’ definita L’Incompiuta, con la sua struttura mai
terminata, la chiesa nuova voluta dai monaci benedettini per ampliare lo spazio destinato al culto
della vecchia chiesa e iniziata nel 1193. Rimangono oggi solo le mura esterne e all’interno cinque
colonne di cui quattro complete di capitello corinzio.

Aglianico del Vulture, un rosso potente

                                   L'Aglianico del Vulture Docg è il vino
                                   principale del territorio, ottenuto dal vitigno
                                   a bacca rossa aglianico, probabilmente
                                   portato dagli antichi Greci e coltivato da
                                   epoca remota. Il disciplinare di produzione
                                   circoscrive la Docg al territorio di Rionero in
                                   Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida,
                                   Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza,
Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di
Lucania, tutti in provincia di Potenza. I vigneti sono su terreni collinari di
origine vulcanica, tra i 200 e i 700 metri. Il vino ha una gradazione alcolica
complessiva minima naturale di 11,5 gradi. Il colore è rosso rubino più o
meno intenso o granato vivace, con riflessi arancione dopo l’invecchiamento. L’odore è vinoso con
profumo delicato caratteristico e che migliora con l’invecchiamento. Invecchiato per almeno tre
anni, di cui due in botti di legno, può portare in etichetta la qualifica di Vecchio. Se invecchiato di
almeno cinque anni in etichetta è qualificato Riserva. Di sapore asciutto, sapido, fresco, armonico,
giustamente tannico, tende al vellutato con l’invecchiamento. Si accompagna a carni alla griglia,
formaggi stagionati, come il caciocavallo, a primi piatti al ragù, selvaggina quando invecchiato,
arrosti. Dormire

Per pernottare sul territorio una soluzione ideale per chi ama la natura è ad Atella: l’agriturismo La
Valle dei Cavalli è fattoria didattica e maneggio e organizza corsi di equitazione e passeggiate a
cavallo tra i boschi. In alternativa escursioni nei dintorni in bicicletta. La ristorazione propone
gastronomia locale, con possibilità di mangiare all’aperto, e pernottamento in camere accoglienti
(doppia da 80€ www.lavalledeicavalli.it).
Monte Vulture

Vulture, incanto di papi e imperatori
Re e regine, papi e vescovi ma anche poeti e letterati, musicisti, cavalieri e persino briganti si sono
addentrati, nei secoli, tra le ripide pendici di un vulcano spento, il monte Vulture, a nord della
Basilicata. Lo hanno fatto per mille ragioni. Ma tutti si sono lasciati rapire dalle misteriose
atmosfere e dal fascino arcano di boschi millenari. Dalle distese di faggi e di cerri, di castagni, di
aceri e lecci e poi di laghetti e corsi d’acqua che, quasi con pudore, così come è nel carattere dei
lucani, degradano verso terreni resi fertilissimi da colate laviche preistoriche e sui quali, introdotti
dall’odore della terra bagnata e dal fumo della legna bruciata, come una grande e ordinata parata,
si distendono vigneti pregiati.

Sono questi vigneti che, grazie a condizioni climatiche irripetibili, a un sottosuolo spesso tufaceo e
bagnato da corsi d’acqua, danno vita a un grande rosso, pieno e severo: l’Aglianico. Il cui primo
cantore e sponsor, 2000 anni fa, fu il poeta latino Quinto Orazio Flacco, nato proprio da queste
parti, a Venosa. Non è raro, soprattutto in questo periodo, farsene servire in generosi calici da
sposare alle carni di bovini podolici e assaporarlo nei cortili di antiche fortezze o nelle piazze dei
numerosi borghi medievali, da queste parti intatti. Qui, nei centri del Vulture, in estate rivivono usi
e costumi medievali. È quel che avviene negli splendidi castelli che Federico II di Svevia volle
abitare, nel XIII secolo, ammaliato da paesaggi che ben si prestavano alla passione per la caccia e
alla sua amata arte della falconeria alla quale dedicò il trattato De arte venandi cum avibus. A
tutt’oggi i rapaci sorvolano i cieli del Vulture, quasi gelosi degli antichi manieri, tra i quali
spiccano quelli di Lagopesole (in territorio di Avigliano), di Palazzo San Gervasio e di Melfi. Ma
anche dei fortilizi, oggi ristrutturati, e delle estese masserie regie. Costruito in epoca normanna ma
fatto ampliare dal "sacro romano imperatore", il castello di Melfi fu teatro, nel 1231, della
promulgazione delle famose Constitutiones Augustales, passate alla storia come Costituzioni
melfitane, un simbolo del nuovo concetto di Stato moderno, una grande riforma ispirata al diritto
giustinianeo che riorganizzò i diritti feudali riconoscendo anche alle donne la successione
ereditaria.
Quando Federico emanò le Costituzioni, Melfi era già da un secolo e mezzo capitale del ducato di
Puglia. Del resto, la posizione geografica della città, a metà strada tra la Puglia dominata dai
Greci-Bizantini e i territori di Benevento e Salerno dominati dai Longobardi, era infatti
considerata strategica già prima delle dominazioni normanna e sveva. Oggi le sale del castello, un
tempo utilizzate dall’imperatore, ospitano il Museo archeologico nazionale del Melfese. Una delle
tante perle della città, dominata dal campanile di una cattedrale risalente al 1056 la cui imponenza
– pari a quella dell’annesso episcopio – rivela l’importanza che Melfi ebbe anche in campo
ecclesiale.
Qui, dal 1059 al 1284, furono tenuti ben sei concili papali, dei quali il più importante fu il terzo,
indetto da Urbano II nel 1089, che dettò norme di diritto canonico di grande importanza per i
secoli successivi. In quello stesso concilio il Papa emanò la tregua Dei, la «pace di Dio» – che
concedeva protezione alla popolazione inerme e la rinuncia alle armi durante i giorni santi – e
concepì la prima crociata, poi bandita in Francia nel Concilio di Clermont-Ferrand. Il sesto
Concilio fu tenuto nella cattedrale di Melfi nel 1284, fu presieduto dal cardinale Gerardo di
Parma: si occupò, tra l’altro, dei rapporti con la Chiesa greca. Alcune testimonianze di questa
storia straordinaria troveranno spazio nel ricco Museo diocesano, tra i più interessanti non solo a
livello regionale, ospitato nell’abbazia benedettina di San Michele Arcangelo (XI secolo) che si
specchia su uno dei due laghi di Monticchio (tra i comuni di Atella e Rionero in Vulture). Il museo
sarà inaugurato il prossimo 6 luglio dal presidente della Cei cardinale Angelo Bagnasco.

In 30 minuti da Melfi si raggiunge Venosa, inserita tra i borghi più belli d’Italia, che ha mantenuto
molte testimonianze di una storia gloriosa iniziata nel 291 a. C. Meritano una sosta il parco
archeologico con terme, domus, anfiteatro, il complesso residenziale ed episcopale, così come
l’abbazia della Trinità, mirabile testimonianza architettonica paleocristiana con i preziosi affreschi
e le spoglie di Roberto il Guiscardo; sempre nell’antica "Venusia", che oltre a Orazio (la cui
abitazione è visitabile) ha dato i natali al madrigalista e musicista principe Carlo Gesualdo (1566 -
1613), sorgono le catacombe cristiane ed ebraiche e il grande castello Pirro del Balzo eretto nel
XV secolo. Di grande suggestione e anch’essa inserita tra i borghi più belli del Belpaese, è
Acerenza, a sud della zona del Vulture Melfese, dominata dalla cattedrale dell’XI secolo e sede
episcopale tra le più antiche del Sud. Il duomo, riaperto venerdì scorso dopo lavori di restauro,
ricalca, sull’idea dell’arcivescovo Arnaldo che lo consacrò nel 1080, il progetto architettonico
dell’abbazia francese di Cluny (X secolo), della quale lo stesso Arnaldo fu abate. Il tempio,
semplice eppur maestoso, continua ad essere memoria storica "viva" del territorio.
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