Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione - Lorenzo Finocchi Ghersi - OpenstarTs

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Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione
Lorenzo Finocchi Ghersi
Università IULM, Milano

Nonostante da più parti oggi le mostre si         in quali ambienti Carpaccio si sia mosso
ritengano spesso inutili e dannose per la         nei sei-sette anni che precedono l’avvio
conservazione delle opere, a volte riservano      dell’impresa, per i quali le opere collocabili
piacevoli sorprese per gli studiosi e il pub-     di probabile autografia sono decisamente
blico più allargato, come nel caso di quella      esigue: il Salvator Mundi con quattro santi di
dedicata nel 2015 all’ultimo periodo di at-       Riverdale (New York), il Cristo morto con do-
tività di Vittore Carpaccio, conclusosi con la    lenti già Contini Bonacossi, oggi disperso, le
scomparsa del pittore entro il 1523. I cura-      Sante Caterina e Dorotea del Museo di Castel-
tori motivavano efficacemente l’esposizio-        vecchio a Verona e gli scomparti del Politti-
ne delle diverse opere nei saggi in catalogo      co della cattedrale di Zara3, additano senza
con l’evidenziarne l’indubbia maturità pro-       dubbio a modelli riferibili a Giovanni Bel-
fessionale di un artista affermato, il cui epi-   lini e Antonello, come più volte notato, ma
logo, in tempi ormai andati, veniva spesso        quello che stupisce è il mancato cammino
visto come tramonto inglorioso di chi non         in tale direzione di stile di un artista che già
aveva saputo adeguarsi all’avanguardia ve-        dalle prime prove sembra voler procedere
neziana del tonalismo, per così dire, ca-         verso una resa energica, essenziale e con-
peggiata da Giorgione e dai suoi seguaci, il      vincente del sentimento religioso o dell’e-
giovane Tiziano in primis, durante il primo       motività in genere, per poi abbandonarsi
ventennio del Cinquecento1.                       repentinamente, già nelle storie di Orsola, a
    Ma naturalmente sul pittore gravano           un favolismo avvolgente, espanso in splen-
ancora misteri irrisolti, il primo dei quali      didi effetti di colori, luci, marmi preziosi,
è la formazione, ossia comprendere come,          architetture fantastiche, stoffe sontuose
nato intorno al 1465, possa aver acquisito la     e paesaggi cristallini, in cui architettura e
sciolta disinvoltura del ciclo dei teleri per     natura dialogano nell’armonia artificiosa
la Scuola di Sant’Orsola, a partire dal 1490,     di una scenografia onirica. Non solo, ma le
nei quali s’impone una sicurezza esecutiva e      prime opere citate sono di tipo devoziona-
progettuale tale da dichiarare la piena ma-       le: in quale occasione il pittore può ragio-
turità dell’artista2. Rimane oscuro, quindi,      nevolmente aver acquisito la salda capacità

AFAT 36 (2017), 23-40
ISSN 1827-269X                                    DOI: 10.13137/2499-6750/22482                23
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1 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo degli ambasciatori,
                         Venezia, Gallerie dell’Accademia, particolare

di regia di scene così ampie per dimensioni       prima formazione di Vittore si sia svolta in
delle tele, numero dei personaggi, elemen-        un ambito non strettamente connesso alla
ti architettonici e decorativi di sfondo e di     bottega belliniana5. In tal senso si potrebbe
collegamento? Stando al dato certo della          ricordare la lontana indicazione di Zampetti
chiamata a collaborare alla decorazione del       riguardo a un possibile viaggio a Roma del
sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale      pittore, per la discendenza delle ampie sce-
da parte di Giovanni Bellini nel 15014, se ne     ne orizzontali dagli affreschi quattrocente-
conclude che giusto lo splendido risultato        schi lungo le pareti della Cappella Sistina6
riportato nelle storie di Orsola dovette con-     (fig. 1), di cui è pur vero che ne replicano
vincere il difficile Giovanni a farne uno dei     in maniera originale e fantasiosa quei mo-
suoi più stretti collaboratori, tanto da in-      delli architettonici a pianta centrale e deri-
durci a ritenere ancor più probabile che la       vati dall’antico che, per altro, si rivelavano

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2 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo a Roma,
                                Venezia, Gallerie dell’Accademia

negli stessi anni a Venezia a fondamento             un’assoluta novità per la pittura veneziana,
delle fabbriche dei Lombardo e di Codussi,           ma la corrispondenza al modello reale sem-
come i grandi cantieri di San Giobbe, San            bra avvalorata dalla regolare presenza del
Michele in Isola, Santa Maria dei Miracoli           colle Vaticano sul fondo, con la basilica di
e San Zaccaria. Anche se tale ipotesi non è          San Pietro alle pendici e con tanto di mura
dimostrabile puntualmente, potrebbe esse-            perimetrali intorno al quartiere di Borgo
re confortata dalla cura riservata da Vittore        con al centro la torre di accesso. Nell’ulti-
non solo alla profondità atmosferica delle           mo quarto del Quattrocento il dialogo tra
scene, inedita a Venezia, ma anche alla resa         maestranze operanti tra Venezia e la fascia
realistica, per imponenza e grandiosità,             adriatica, come noto, è fitto, e fu esempli-
della mole di Castel Sant’Angelo nell’Arrivo         ficato da Longhi, col sintetismo fulminante
a Roma (fig. 2). Non solo questo soggetto è          che ne distingueva la critica, collegando la

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pala di Brera di Piero della Francesca all’ar-   neare in forme vagamente verosimili la rara
rivo di Antonello da Messina a Venezia nel       visione della città di Gerusalemme.
1474. Carpaccio, che apprende la professio-           Considerando la cronologia dei tele-
ne negli anni ottanta, dovette assistere al      ri per la Scuola di Sant’Orsola, quindi non
sorgere della rinascenza veneziana esibita       sembra casuale che il primo a essere ter-
nei grandi cantieri di fine secolo, e su que-    minato sia l’ Arrivo a Colonia (fig. 3), la più
sti sembra aver maturato quella singolare        “nordica” se vogliamo, delle rappresenta-
capacità progettuale che distingue la sua        zioni del ciclo, in cui domina la quinta tur-
pittura e che ne sancì il primato nel genere     rita della cinta muraria della città medieva-
narrativo prediletto dalle scuole veneziane      le prospiciente il fiume, con l’acqua che si
del tempo7.                                      fonde all’orizzonte nel freddo cielo grigio
    Una testimonianza importante che a           sul quale risalta lo svettare in altezza delle
mio parere dimostra sia il singolare presti-     alberature delle navi. I numerosi soldati
gio raggiunto dall’artista in questo campo       sulla sponda con le vesti ricercate e le arma-
dell’attività artistica, che l’autonomia dalla   ture scintillanti sotto la luce diffusa, con le
bottega belliniana, cui sembra tenere non        loro posizioni varie e articolate, accreditano
citando familiarità alcuna né con Gentile        il dipinto come erede di una tradizione il-
né con Giovanni, si ritrova nella nota lettera   lustrativa che nel Veneto del tardo Quattro-
inviata al marchese di Mantova Francesco         cento faceva capo ancora ai grandi maestri
Gonzaga in data 15 agosto 15118. Vittore gli     d’inizio secolo come Gentile da Fabriano e
propone l’acquisto di una veduta di Geru-        Pisanello, i cui affreschi in palazzo Duca-
salemme monocroma ad acquarello su tela          le probabilmente dovevano essere ancora
lunga otto metri e mezzo e alta due, che “se     ben visibili, almeno in parte, all’inizio degli
anche el ve piacerà sia colorido, alla S.V.      anni novanta, quando Vittore iniziò a con-
starà comandar et a me exequir”. Al di là        cepire la sequenza di Orsola. Lo svolgersi
del compiacimento dell’artista di farsi ri-      della narrazione affidato a una moltitudine
conoscere dal marchese come “quel pictor         fremente su un basso orizzonte come ap-
dallo Ex.mo Consiglio dei diece conducto         pare nel Martirio e nelle Esequie della santa,
per depingere in salla granda [in palaz-         sembra proseguire lungo una piega in li-
zo Ducale] dove la S. V. se dignò a scender      nea anche con le novità rinascimentali del
sopra il solaro ad veder l’opra nostra che è     Mantegna padovano, ma nelle scene ragio-
la historia de Ancona” – sembra chiaro che       nevolmente realizzate in successione, Car-
ancora a quella data Vittore sapesse di po-      paccio sembra rendere più incisivo e pun-
ter dare il meglio di sé con prove magistrali    tuale il racconto adottando l’architettura in
da illustratore narrativo, conscio dell’arte     prospettiva come strumento essenziale per
della cartografia e dell’incisione nordica,      il riconoscimento delle diverse fasi del rac-
che tanto spesso prese a modello per la sua      conto, o meglio del dramma, di cui pare vo-
pittura. La tela proposta al Gonzaga, infatti,   lere che l’osservatore non manchi di com-
che “ se potria voltar sopra uno ruotolo san-    prendere subito luogo e tempi di tutte le fasi
cia alcun detrimento”, pare anch’essa ideata     cruciali, come l’arrivo degli ambasciatori, lo
a metà tra pittura e incisione, volta a deli-    sconcerto del re di Bretagna, il ritorno degli

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3 – Vittore Carpaccio, Storie di sant’Orsola: Arrivo a Colonia, Venezia, Gallerie dell’Accademia

ambasciatori in patria, il sogno premoni-            grande raffinatezza tecnica, basti osservare
tore della fanciulla e il tragico compimento         la cura nella scelta dei rivestimenti marmo-
del pellegrinaggio. Nell’Arrivo degli amba-          rei dei pilastri, dei sottarchi e dei pavimen-
sciatori (fig. 1), in particolare, colpisce, ri-     ti. Carpaccio sembra giovarsi delle proprie-
spetto alle prime scene, la raffinatezza della       tà riflettenti dei marmi colorati sotto la luce
cultura architettonica del pittore, che sulla        per dare enfasi espressiva anche ai diversi
scia della bottega lombardesca, dà prova di          atteggiamenti della folla dei personaggi,
un’insolita familiarità con la decorazione           dei quali modella i volti in maniera tale da
architettonica, che nelle forme e nei det-           variarne il più possibile gli stati d’animo, le
tagli denuncia una perizia progettuale di            emozioni e le espressioni che ne derivano.

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4 – Vittore Carpaccio, Storie di santo Stefano: Consacrazione di santo Stefano,
              Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie, particolare

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5 – Vittore Carpaccio, Storie di santo Stefano: Predica di santo Stefano,
                              Parigi, Musée du Louvre, particolare

L’amore del pittore per il ruolo importante          gna del classicismo lombardesco più raffi-
della decorazione architettonica all’interno         nato. La quinta urbana dell’Ordinazione di
delle sue opere non lo lascerà mai e giusto          Santo Stefano di Berlino (fig. 4), con la log-
nel suo ultimo periodo ritorna forte e rigo-         gia a due piani sormontata da una cupola dal
glioso nel compimento del ciclo con le sto-          profilo bizantino analogo a quelle di Santa
rie di San Giorgio degli Schiavoni e di Santo        Maria dei Miracoli e della cappella Corner
Stefano per la scuole loro intitolate9. In que-      in Santi Apostoli, la Predica di Parigi, con
sto ciclo in particolare, forse per blandire i       lo sviluppo di una Gerusalemme bianca di
confratelli,dei quali alcuni dovevano essere         marmo con il grande arco trionfale al cen-
tagliapietra e lapicidi, risalta un’accuratezza      tro (fig. 5), come anche, infine, la Disputa
ancora maggiore nella definizione dei tipi           di Milano, nella quale, attraverso la loggia
architettonici e della decorazione all’inse-         aperta su colonne spiccano archetipi della

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6 – Vittore Carpaccio, Storie di santo Stefano: Disputa di santo Stefano,
                          Milano, Pinacoteca di Brera, particolare

memoria dell’antico come il monumento             da cavalleresca del pellegrinaggio di Orsola
equestre e la piramide (fig. 6) –, palesano       in terra santa, ma testimoniano ancora una
che la progettazione di un paesaggio all’an-      volta come la brillantezza nell’invenzione
tica fosse la qualità principale ammirata nel     dell’architettura sia la base della novità spe-
lavoro del pittore, nel senso che architettu-     cifica della pittura di Carpaccio dai primi
ra e natura spiccavano per un’armonia che         anni novanta in poi. Un successo clamoro-
non trovava uguali nella pittura veneziana        so per l’artista, quindi, la decorazione delle
d’inizio Cinquecento. In confronto al ciclo       scuole veneziane tra Quattro e Cinquecen-
di Orsola le storie di Santo Stefano possie-      to, tanto da ritenere che quella sorta di stasi
dono un ritmo più accelerato nella sinte-         creativa imputatagli a più riprese in passato
si degli avvenimenti narrati, resi certo in       nel corso del secondo decennio del Cinque-
modo più stringente in senso religioso che        cento, non sia affatto dovuta a un segnare
nella melodrammatica e trasognata vicen-          il passo, bensì a situazioni oggettive legate

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alla vita politica del tempo. Come noto, il          quale il primo punto doveva essere l’indi-
secondo decennio del Cinquecento si apre             viduazione dei modelli migliori per mante-
per Venezia con tutte le gravose conseguen-          nere il prestigio raggiunto nella narrazione
ze della sconfitta nella guerra con il papato        pittorica anche nell’ambito della pittura de-
e la Francia, cosicché ben si comprende il           vozionale.
sostanziale blocco di quel tipo di commis-               La pala con l’Apoteosi di Orsola fig. 7),
sioni, – i cicli narrativi composti da vari          di cui oggi si accetta come autentica la data
teleri –, per i quali era ragionevolmente            1491 riportata nell’iscrizione, pare cor-
necessario poterli programmare in tempi              rettamente ancorata all’inizio degli anni
di pace e di equilibrio sociale al fine di una       novanta per la congruenza di stile con l’ac-
corretta previsione della spesa complessi-           centuato mantegnismo degli altri teleri del
va, certo molto ingente, e dei modi e tempi          ciclo, qui manifesto non solo per la campa-
di realizzazione. Le scuole veneziane, che           ta imponente aperta sul paesaggio nordico
ripetevano al loro interno l’autoregolazio-          del fondo, ma anche per la postura statua-
ne che la Serenissima applicava agli organi          ria della santa, issata su un fantasioso pie-
governativi, dovettero desistere negli anni          distallo di foglie di palma a testimonianza
dieci da commissioni così impegnative e              del martirio subito, e per l’insolita apertu-
costose, e questo almeno in parte fu la cau-         ra circolare della volta sul cielo con alcuni
sa che impose a Vittore di dirsi disponibile         putti rivolti verso il basso. La fortezza alla
per altri generi pittorici fino ad allora evita-     sommità del colle a sinistra e le alture mi-
ti per privilegiare quei cicli narrativi in cui      nori sulla destra, che tanto spazio lasciano
la sapienza di regia e impaginazione gli ave-        al cielo soprastante, ricorrono nel Battesimo
va assicurato un successo così luminoso10.           di Cristo di Cima in San Giovanni in Brago-
Quella presunta decadenza, quel cercare di           ra (1495)11, e un’ altra netta ripresa di Cima
adeguarsi ai tempi, per cui in passato lo si è       dal dipinto carpaccesco la si trova nella tra-
ritenuto retrogrado, penso sia un fatto che          beazione sui pilastri murari con il fregio in
debba essere interpretato alla luce dei nuovi        verde antico presente nella pala del duomo
incarichi che si trovò a ricevere in una fase        di Conegliano (1493)12, tale da apparentare
storica diversa, nel corso della quale, tut-         le due strutture architettoniche per il ca-
tavia, valide occasioni non gli mancarono,           rattere massiccio delle murature. Ancora,
a Venezia come in Istria, ma legate a scopi          la sequenza rovinistica di Cima nella pala
diversi. Non è un caso, infatti, che, giusto         della Madonna dell’Orto (1493-95)13 sem-
nel secondo decennio, si collochi tempo-             bra perfezionare lo sfondamento della volta
ralmente la quasi totalità delle pale d’altare       visibile nell’Apoteosi di Orsola, tanto da in-
e dei polittici dipinti da Vittore, a dimostra-      durre a ritenere che tra i due pittori vi fosse
zione dell’obbligo dell’artista di “riciclarsi”,     un’indubbia conoscenza reciproca dei ri-
per dir così, in un genere che probabilmen-          spettivi percorsi professionali.
te non gli era particolarmente congeniale,               Ma è degno di nota che, molti anni dopo,
ma che affronta con la maturità consumata            nel 1507, quando Vittore si trova a dover
di un professionista conscio del proble-             compiere la pala di San Tommaso d’Aquino14,
ma di ampliare il proprio repertorio, per il         oggi alla Staatsgalerie di Stoccarda, privilegi

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7 – Vittore Carpaccio,
                                                                         Storie di sant’Orsola:
                                                                         Apoteosi di sant’Orsola,
                                                                         Venezia, Gallerie
                                                                         dell’Accademia

ancora un’impostazione di schietto sapore           l’importante commissione per la pala della
fiammingo, e che nella successiva pala con la       cappella Sanudo in San Giobbe con la Pre-
Morte della Vergine della Pinacoteca di Ferra-      sentazione di Gesù al tempio15 (fig. 8), dipinto
ra del 1508, ancora si attardi a un impianto        che si sarebbe posto a diretto confronto con
iconografico mantegnesco per i chiari riferi-       la celebre pala di Giovanni Bellini entrata in
menti al dipinto d’identico soggetto di Man-        chiesa probabilmente alla metà degli anni
tegna oggi al Prado. Si ha quindi la prova di       ottanta, della quale riprende, per una se-
una sorta di stallo del pittore di fronte al tema   quenza coerente, il catino absidale a mosaico
specifico della pala d’altare sulla fine del pri-   dorato che, come per la pala belliniana, sug-
mo decennio, poi ampiamente superato con            geriva la presenza di una cappella reale an-

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8 – Vittore Carpaccio,
                                                            Presentazione di Gesù al tempio,
                                                            Venezia, Gallerie dell’Accademia

nessa alla navata della chiesa. Da qui in poi        chiaro, per esempio, nel caso del polittico di
Vittore dovette assumere quella sicurezza            Santa Fosca, fatto eseguire nel 1514 solo per
con la quale si trovò a svolgere gli incarichi       l’obbligo imposto ai suoi eredi molti anni
successivi per dipinti pubblici devozionali          prima dal testamento di Pietro Lippomano,
che gli giunsero numerosi soprattutto dal            rappresentato in abisso nel pannello con
1514 in poi, a riprova di come sia stato errato      San Rocco dell’Accademia Carrara di Berga-
vedere negli ultimi anni di attività dell’artista    mo con un’edizione aldina in mano, a segno
una sorta di progressiva decadenza. Semmai           d’indubbia predilezione per la lettura di testi
certi ritorni alla tradizione sembrano dovuti        letterari classici e quindi del suo alto grado
a circostanze legate alla committenza, com’è         di cultura16.

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9 – Vittore Carpaccio,
                                                                  Martirio dei diecimila martiri,
                                                                  Venezia, Gallerie
                                                                  dell’Accademia

    Tralasciando le altre opere che ricadono      marmi bianchi degli archi e delle colonne17.
nella seconda metà del decennio, sempre           Il vasto cielo che si estende sull’orizzonte
nel 1514 Carpaccio sperimenta nella pala          basso conferisce al dipinto l’ariosa atmo-
di San Vidal uno sfondo inusuale costituito       sfera di una scena all’aperto nella natura,
da una teoria di archi sulla quale corre una      tanto da vedervi un tentativo più che vali-
ringhiera in ferro che rievoca quella di pari     do, da parte dell’artista, di definire nuove
accuratezza presente nell’Arrivo degli amba-      chiavi interpretative del soggetto di una
sciatori, dimostrando come la raffinatezza        pala d’altare. E questa volontà innovativa si
dei risultati della fusione del metallo fosse     sviluppa ancor più nella successiva pala per
in grado di esaltare il candore cristallino dei   Sant’Antonio di Castello (fig. 9), del 1515,

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34         ISSN 1827-269X
10 – Vittore Carpaccio,
                                                                        Sacra Conversazione,
                                                                        Capodistria, Duomo

nella quale viene rappresentato il Martirio          contrastanti. L’alta tensione drammatica di
dei diecimila cristiani del monte Ararat, oggi       stampo düreriano lascia tuttavia intravede-
alle Gallerie dell’Accademia18. Osservando           re il gusto del pittore per la ricerca formale
il contesto decisamente favolistico in cui è         sul nudo virile in termini essenzialmente
rappresentata la vicenda, si rimane colpiti          connessi a uno studio approfondito dei cor-
per come il paesaggio sia reso a tinte fosche        pi ripresi nelle posizioni più varie, a riprova
non solo per lo svettante e cupo verticalismo        della sua abilità in un genere che, al tempo,
delle quinte arboree ai lati, ma anche per le        connotava le capacità più apprezzate di ar-
figure dei soldati nudi sottoposti a torture         tisti aggiornati ai nuovi canoni della pittura
di ogni tipo che si dimenano in direzioni            “moderna” ispirata all’antico, di cui a Vene-

Lorenzo Finocchi Ghersi, Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione                             35
zia, giusto sullo studio del nudo, Giorgione      ossia la riproposta di soluzioni personali
aveva da poco dato prova esemplare sulla          che, evidentemente molto apprezzate dal
facciata del Fondaco dei Tedeschi. Con l’as-      pubblico, Vittore sceglie di ripetere forse
senza di una prospettiva centrale unificata,      su suggerimento della stessa committenza,
l’impressione che se ne deriva è che il pitto-    come una sorta di copia autografa, cifra di
re volesse adattare forzatamente la sintassi      riconoscimento di un marchio di alta quali-
sperimentata nei cicli narrativi all’interno      tà. Rispetto alla Presentazione di San Giobbe,
di una pala centinata, presentando quindi         a Capodistria Carpaccio aumenta l’effetto
il dipinto come interpretazione originale         costruttivo della luce innalzando la scalea
del tema secondo la sua sensibilità pittori-      del trono della Vergine, tanto da metterne
ca più personale, tanto da vedervi una sor-       in risalto la tridimensionalità lapidea do-
ta di rivendicazione polemica del proprio         sando la luce proveniente dalle arcate sulla
valore rispetto al progressivo affermarsi di      destra a contrasto con le ombre che calano
una modernità alla quale Vittore non vole-        di conseguenza a sinistra. Anche le figure
va e non doveva affatto sentirsi costretto ad     seguono la stessa logica compositiva, come
aderire, sicuro di andare ancora incontro al      si vede nel San Sebastiano nudo e luminoso
gusto artistico di gran parte della commit-       a contrasto con il San Rocco, la cui gravità
tenza: basti ricordare, tra l’altro, lo stesso    è accentuata dai più marcati tratti virili. La
smarrimento che di lì a poco avrebbe pro-         palese derivazione del San Girolamo an-
vocato ai Francescani dei Frari la consegna       cora dalla pala belliniana di San Zaccaria,
dell’Assunta di Tiziano, per i quali, in un       testimonia un intento preciso, vale a dire il
primo tempo, non fu facile apprezzare la          compimento di un dipinto con una struttura
dirompenza innovativa dell’opera19. La fi-        basata sui risultati formali migliori e più ce-
ducia dell’artista nella propria capacità di      lebri della contemporanea pittura venezia-
gestione d’incarichi significativi si rivela      na, potendosi quindi parlare a buon diritto
nella commissione subito successiva per           di ampio e riconosciuto successo professio-
la pala del duomo di Capodistria, del 1516        nale di Carpaccio anche nell’ultima parte
(fig. 10), nella quale, grazie anche a un’in-     della sua attività.
filata di colonne poste di fronte al dipinto,         Che la soluzione del trono rialzato fos-
poi eliminate nel restauro settecentesco          se stata un risultato positivo lo dimostra il
della chiesa20, era esaltato l’effetto prospet-   fatto che il pittore la ripropose in due sacre
tico dell’ampia aula aperta all’esterno da        conversazioni successive, la pala di Pirano
grandi arcate su pilastri con il trono della      (1518), oggi al Museo Antoniano21 e quella
Vergine al centro, che replica l’effetto pira-    perduta già in san Giovanni Evangelista a
midale della pala belliniana di San Giobbe,       Brescia, per la quale, fortunatamente, ci re-
e davanti al quale figura l’angelo musicante      sta lo splendido disegno (Dresda, Kupfer-
seduto al centro con le gambe incrociate,         stich-Kabinett) con il modelletto22 (fig. 11),
visibile già nella Presentazione di San Giob-     nel quale si ha la dimostrazione di come il
be. Diversamente da quanto ritenuto fino          dosaggio della luce fosse la preoccupazione
a tempi recenti, tali riprese non significa-      primaria dell’artista, che, con l’uso di un
no un regresso ideativo, bensì il contrario,      pastoso tratteggio fortemente variato, ora

           AFAT 36 (2017), 23-40
36         ISSN 1827-269X
11 – Vittore Carpaccio, Sacra Conversazione,
             Dresda, Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Kupferstich-Kabinett

più leggero, ora più intenso a significare la        l’insolito aggetto triangolare dei gradoni
sottigliezza e la gravità delle strutture archi-     del trono della Vergine, atto evidentemente
tettoniche, delle figure e delle trasparenze         a confortare una convincente resa prospet-
ariose delle foglie degli alberi, delle vesti e      tica per piani paralleli estesi alla lontananza
delle capigliature, progetta il dipinto con          del paesaggio retrostante.

Lorenzo Finocchi Ghersi, Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione                            37
Bibliografia citata

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  da Conegliano. Poeta del paesaggio, catalogo           Mazza Marta, Madonna in trono con il Bambino tra
  della mostra a cura di G.C.F. Villa, Venezia,            i santi Giovanni Battista, Nicola, Caterina, Apol-
  Marsilio, 2010, pp. 112-116.                             lonia, Francesco e Pietro, in Cima da Coneglia-
Fossaluzza Giorgio, Vittore Carpaccio: le ultime           no. Poeta del paesaggio, catalogo della mostra a
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  Cadore, Zero Branco, Edizioni Stilus-Grafica           Pasian Alessio, Madonna con il Bambino e i santi
  6, 2012, pp. 129-239.                                    Girolamo, Giuseppe, Rocco, Sebastiano, Nazario e
Finocchi Ghersi Lorenzo, Carpaccio, Tintoretto             Teodoro?, in Istria. Città maggiori. Capodistria,
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Finocchi Ghersi Lorenzo, Il rinascimento vene-             cher, Università degli studi di Trieste, Edizio-
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Fortini Brown Patrizia, La pittura nell’età di Car-        tore, 1967.
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                                                           mostra a cura di G. Romanelli, Venezia, Mar-
Gentili Augusto, Le storie di Carpaccio. Venezia, i
                                                           silio 2015, pp. 142-143.
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                                                         Rossi Sandra, Crocifissione e apoteosi dei diecimila
Gentili Augusto, L’ultimo Carpaccio (e anche il
                                                           martiri del monte Ararat, in Carpaccio. Vittore
  penultimo), in Carpaccio. Vittore e Benedetto
                                                           e Benedetto da Venezia all’Istria, catalogo della
  da Venezia all’Istria, catalogo della mostra a
                                                           mostra a cura di G. Romanelli, Venezia, Mar-
  cura di G. Romanelli, Venezia, Marsilio 2015,
                                                           silio 2015, p. 141.
  pp. 59-105.
                                                         Spadavecchia Fiorella, San Giovanni Battista tra i
Humfrey Peter, Carpaccio, Firenze, Cantini Edi-
                                                           santi Pietro, Marco, Girolamo e Paolo, in Cima da
  tore, 1991.

            AFAT 36 (2017), 23-40
38          ISSN 1827-269X
Conegliano. Poeta del paesaggio, catalogo della        Zampetti Pietro, Introduzione, in Carpaccio, cata-
    mostra a cura di G.C.F. Villa, Venezia, Marsi-           logo della mostra a cura di P. Zampetti, Edizio-
    lio, 2010, pp. 116-118.                                  ni Alfieri, Venezia 1963, pp. XXI-XL.

Note

1
    Carpaccio. Vittore e Benedetto da Venezia all’I-            le”, ma questa ipotesi pare contraddetta dal
    stria, catalogo della mostra a cura di G. Ro-               pagamento (vedi nota precedente) che certifi-
    manelli, Venezia, Marsilio 2015. Per una                    ca l’entrata effettiva del pittore nel cantiere di
    valida discussione storico-critica mirata a                 palazzo Ducale solo nel 1501.
    un’obiettiva rivalutazione dell’ultimo perio-          6
                                                                Zampetti Pietro, Introduzione, in Carpaccio,
    do di attività di Carpaccio e per la bibliogra-             catalogo della mostra a cura di P. Zampetti,
    fia precedente si rimanda a Gentili Augusto,                Edizioni Alfieri, Venezia 1963, pp. XXXV-
    L’ultimo Carpaccio (e anche il penultimo), ivi,             XXXVI.
    pp. 59-105. Per un’ampia esegesi bibliografica         7
                                                                Sulle relazioni tra architettura e pittura a Ve-
    sull’ultima attività di Carpaccio, si rimanda a
                                                                nezia nell’ultimo quarto del Quattrocento, si
    Fossaluzza Giorgio, Vittore Carpaccio: le ultime
                                                                rimanda a chi scrive: Finocchi Ghersi Loren-
    opere per Venezia, Istria e Cadore. Il problema del-
                                                                zo, Il rinascimento veneziano di Giovanni Bellini,
    la bottega, in Id., Vittore Carpaccio a Pozzale di
                                                                Venezia, Marsilio, 2003, pp. 19-78.
    Cadore, Zero Branco, Edizioni Stilus-Grafica
    6, 2012, pp. 129-239.
                                                           8
                                                                Cit. in Perocco Guido, Carpaccio cit., p. 84.
2
    Sul ciclo della Scuola di Sant’Orsola vedi Ma-
                                                           9
                                                                Borean Linda, Scuola di San Giorgio degli
    son Stefania, Carpaccio pittore di “istorie”, in            Schiavoni, Scuola di Santo Stefano, in Mason
    EAD., Carpaccio. I grandi cicli pittorici, Gine-            Stefania, Carpaccio cit., pp. 110-113, 196-199.
    vra-Milano, Skira, 2000, pp.11-19. Vedi an-            10
                                                                Sul contesto politico e sociale della Venezia
    che Borean Linda, Scuola di Sant’Orsola, ivi,               tra Quattro e Cinquecento vedi Fortini Brown
    pp. 34-37.                                                  Patrizia, La pittura nell’età di Carpaccio, Vene-
3
    Per tali dipinti si rimanda alle schede relative            zia, Albrizzi Editore, 1992, pp. 11-41,
    contenute in Humfrey Peter, Carpaccio, Firen-          11
                                                                Dossi Maria Cristina, Battesimo di Cristo, in
    ze, Cantini Editore, 1991, pp. 14-24                        Cima da Conegliano. Poeta del paesaggio, cata-
4
    Documento citato in Perocco Guido, Carpac-                  logo della mostra a cura di G.C.F. Villa, Vene-
    cio, Milano, Rizzoli Editore, 1967, p. 83.                  zia, Marsilio, 2010, pp. 112-116.
5
    Di diverso avviso è Peter Humfrey, Carpac-
                                                           12
                                                                Mazza Marta, Madonna in trono con il Bambino
    cio cit, p. 7, secondo il quale “è possibile che            tra i santi Giovanni Battista, Nicola, Caterina,
    Carpaccio abbia esordito come assistente di                 Apollonia, Francesco e Pietro, in Cima da Cone-
    Gentile per la decorazione nel palazzo Duca-                gliano cit., pp. 111-112.

Lorenzo Finocchi Ghersi, Vittore Carpaccio tra narrazione e devozione                                         39
13
     Spadavecchia Fiorella, San Giovanni Battista         19
                                                               Joannides Paul, Titian to 1518, New Haven and
     tra i santi Pietro, Marco, Girolamo e Paolo, in           London, Yale University Press, 2001, p. 288.
     Cima da Conegliano cit., pp. 116-118.                20
                                                               Pasian Alessio, Madonna con il Bambino e i
14
     Humfrey Peter, Carpaccio cit., pp. 102-103.               santi Girolamo, Giuseppe, Rocco, Sebastiano,
15
     Gentili Augusto, Documenti e contesti dell’ulti-          Nazario e Teodoro?, in Istria. Città maggiori. Ca-
     mo Carpaccio, “Arte- Documento”, nn. 17-19,               podistria, Parenzo, Pirano, Pola. Opere d’arte dal
     2003, pp. 264-267.                                        medioevo all’Ottocento, a cura di G. Pavanello e
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16
     Finocchi Ghersi Lorenzo, Carpaccio, Tintoret-
                                                               Edizioni della Laguna, 2001 n. 13, pp. 41-43;
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                                                               Mason Stefania, Ai confini dell’impero: dipinti
     Magazine”, 141, 1999, pp. 455-461; Gentili
                                                               veneziani d’oltresponda, in Histria. Opere d’arte
     Augusto, L’ultimo Carpaccio cit., pp. 88-91;
                                                               restaurate: da Paolo Veneziano a Tiepolo, catalo-
     Bellieni Andrea, Polittico di Santa Fosca, in
                                                               go della mostra a cura di F. Castellani e P. Ca-
     Carpaccio. Vittore e Benedetto da Venezia all’I-
                                                               sadio, Milano, Electa, 2005, pp. 50-52.
     stria cit., pp. 138-139.
                                                          21
                                                               Pregnolato Monica, Madonna in trono col
17
     Humfrey Peter, Carpaccio cit., p.124.
                                                               Bambino e i santi Ambrogio, Pietro apostolo,
18
     Gentili Augusto, Le storie di Carpaccio. Vene-            Francesco, Antonio, Chiara e Giorgio, in Carpac-
     zia, i Turchi, gli Ebrei, Venezia, Marsilio, 2006,        cio. Vittore e Benedetto da Venezia all’Istria cit.,
     pp. 91-100; Rossi Sandra, Crocifissione e apo-            pp. 142-143.
     teosi dei diecimila martiri del monte Ararat, in     22
                                                               Fossaluzza Giorgio, Vittore Carpaccio cit.,
     Carpaccio. Vittore e Benedetto da Venezia all’I-
                                                               pp. 141, 144.
     stria cit., p. 141.

The author discusses the reasons why late Carpaccio has often been considered unable to gain the same success
reserved to his contemporaries as Giorgione, Sebastiano del Piombo or the young Titian at the beginning of
XVI Century, concluding that this was mainly due to Carpaccio’s traditional patrons. They clearly preferred
works of art connected to late XV Century Venetian pictorial tradition, probably also because of the difficult
and dangerous situation of the Republic from the economic and political point of view, but this doesn’t mean
that he wasn’t sincerely appreciated, as can testify even his last works.

lorenzo.ghersi@iulm.it

               AFAT 36 (2017), 23-40
40             ISSN 1827-269X
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