Veterinari in Francia e ritorno: storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

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Veterinari in Francia e ritorno:
storie di formazione professionale
nella Lombardia teresiana e giuseppina
Laura Madella

                                                                Università di Parma
                                           Dipartimento di Discipline Umanistiche,
                                                   Sociali e delle Imprese Culturali
                                                                  Unità Educazione
                                               Borgo Carissimi, 10 – 43121 Parma
                                                             laura.madella@unipr.it

Abstract
Veterinarians to France and back: history of vocational education
in Lombardy under the rule of Theresa and Joseph II.
In the late 18th century, the culture of Enlightenment rethought the
role of veterinary medicine and realized that its practice needed a
theoretical specialization as well as a separate training. This paper
follows two young men from Mantua, at that time a dominion of the
Habsburg monarchy, from their school years at Alfort, near Paris,
to their professional adulthood as public veterinarians, through the
lens given by the exchange of letters between the governor of Lom-
bardy Karl von Firmian and the administrative officer of Mantua
Joannon de Saint-Laurent.
Keywords: Josephinism, Austrian Lombardy, Enlightened reforms,
professional training, history of veterinary medicine.

Resumen
Veterinarios a Francia y viceversa: historias de educación profe-
sional en Lombardía bajo el gobierno de María Teresa y José II.
A finales del siglo XVIII, la cultura de la Ilustración replanteó el
papel de la medicina veterinaria y se dio cuenta de que su práctica
requería una especialización teórica, así como una formación espe-
cífica. Este artículo reconstruye la trayectoria de dos jóvenes de
Mantua, a la sazón dominio de la monarquía de los Habsburgo,
desde sus años escolares en Alfort, cerca de París, hasta su madurez

EDUCAZIONE. Giornale di pedagogia critica, IX, 2 (2020), pp. 101-125.
ISSN 2280-7837 © 2020 Editoriale Anicia, Roma, Italia.
DOI: 10.14668/Educaz_9206
Laura Madella

profesional como veterinarios públicos, a través del intercambio
epistolar entre el gobernador de Lombardía Karl von Firmian y el
oficial administrativo de Mantua Joannon de Saint-Laurent.
Palabras clave: Josefinismo, Lombardía austriaca, reformas ilus-
tradas, formación profesional, historia de la medicina veterinaria.

Introduzione

     Nella Lombardia asburgica di antico regime, il Du-
cato di Mantova era stato inglobato nel 1749 con
l’obiettivo di attuare sul medio termine una fusione am-
ministrativa che invece non si realizzò mai. La città con-
servò i principali dicasteri gonzagheschi, rimodellati ne-
cessariamente sulle funzionalità delle magistrature mi-
lanesi: un Consiglio di Giustizia, e un Magistrato Ca-
merale cui competevano gli affari amministrativi1. Quel
che doveva essere una concessione provvisoria al parti-
colarismo dell’aristocrazia mantovana solidificò nei de-
cenni, e se da un lato rese le autorità locali più docili e
partecipi della politica austriaca, dall’altro aggiunse al-
meno un gradone alla scalinata gerarchica e burocratica
che separava Mantova da Vienna.
     Fra i pacchi di documenti del Magistrato Camerale
Antico conservati all’Archivio di Stato di Mantova, la
busta n. 371 vol. II contiene una carpetta denominata da
un archivista «Lettere governative riguardanti la veteri-
naria», che a sua volta raccoglie anni (1773-1782) di
scambio epistolare fra il vicepresidente del Magistrato
mantovano, il lionese Joannon de Saint-Laurent (1714-

      1
        L’impianto istituzionale era stabilito da un editto teresiano, il
Piano de’ tribunali ed uffici della città e ducato di Mantova del 15 marzo
1750 (D. Sella e C. Capra, Il Ducato di Milano dal 1535 al 1796, Torino,
UTET, 1984, p. 285.

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1783), e Carlo di Firmian (1716-1782), governatore ple-
nipotenziario della Lombardia per conto di Vienna; vi
si tratta del progetto governativo di istruire alcuni gio-
vani alle scuole veterinarie francesi, e mettere quindi a
frutto la loro competenza per aprire scuole analoghe nei
territori italiani degli Asburgo.
      Il contenuto delle lettere è noto per sommi capi, i
testi sono in larga parte inediti.

1. Alle scuole veterinarie di Francia

     Milano, quartier generale della Lombardia au-
striaca, 23 gennaio 1781. Karl Joseph Gotthard von Fir-
mian, per gli italofoni Carlo, scrive a Joannon de Saint-
Laurent:

      Essendo ritornati da Francia i noti due Giovani colà spediti
      per apprendere l’Arte Veterinaria, e volendo il Reale Governo
      renderli maggiormente utili allo Stato, si compiacerà V. S.
      Ill.ma d’insinuarli, che, nelle ore d’ozio, si occupino a prepa-
      rare Uccelli, ed altre bestie da collocarsi nel Museo di Storia
      Naturale di Pavia. Siccome essi sono stipendiati, così mi ri-
      prometto, che si presteranno alla relativa disposizione con
      tutto l’impegno, tanto più, che finora non hanno aperto bot-
      tega per esercitare a pubblico comodo l’Arte, che hanno im-
      parato a spese del Principe; ed V. S. Ill.ma avrà cura di far
      loro somministrare l’importo degli Animali da prepararsi, nel
      caso, che si dovessero comperare, sciegliendo nelle proviste i
      più belli, ed i più rari2.

L’antefatto è noto. Nel 1772, su iniziativa e a spese del
governo austriaco, due studenti di chirurgia dell’ospe-
dale di Mantova e uno speziale loro concittadino erano

      2
        ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative sulla veterinaria,
s.n., «Essendo ritornati».

                                                                      103
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stati inviati ad apprendere le ultime frontiere della me-
dicina veterinaria alle scuole di Claude Bourgelat
(1712-1779)3.
      Erano queste le prime nel loro genere, in Europa, e
alla loro fondazione, avvenuta fra il 1761 e il 1765, si fa
risalire l’avvio dell’istituzionalizzazione e della profes-
sionalizzazione della medicina veterinaria4. Che toc-
cava questioni non lievi: per l’economia di antico re-
gime i bovini e gli equini costituivano le risorse fonda-
mentali dal punto di vista energetico (trasporto civile e
militare, forza motrice per l’agricoltura) e alimentare, e
gli effetti delle ricorrenti epizoozie risalivano inesora-
bili dagli allevamenti di campagna a tutti i livelli delle
attività correlate, raggiungendo spesso una portata tra-
gica5. In tutto questo, nel Settecento lo studio delle ma-
lattie negli animali continuava a mancare di una propria
specializzazione, evaso come una branca umilissima

       3
         Quanto alla trasferta degli studenti lombardi, già nel 1810 viene
presentata come la prima tappa verso la costituzione della Reale Scuola
veterinaria di Milano. Cfr. G. L. Leroy, Istituzioni di Anatomia compara-
tiva degli animali domestici ossia Compendio di lezioni anatomiche ad
uso degli allievi della R. Scuola veterinaria di Milano. Aggiuntovi in fine
un Saggio Storico letterario sull’origine ed i progressi della medicina
degli animali, T. II, Milano, Sonzogno, 1810, p. 117.
       4
         C. Degueurce, «Claude Bourgelat et la création des écoles vétéri-
naires», in Comptes Rendus Biologie, N. 335 (2012), pp. 334-342. E. Du-
mas, «Claude Bourgelat et la création de l’école vétérinaire de Lyon», in
Atti del I Convegno Nazionale di Storia della medicina veterinaria e della
mascalcia. Grugliasco, 18-19 ottobre 2019, a cura di I. Zuccarato, Bre-
scia, Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche, 2019, pp.
167-176.
       5
         C. M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, Bo-
logna, 1994, p. 102; Alberto Guenzi, «Gli esiti della epizoozia della metà
del secolo XVIII nella pianura bolognese», in Atti II Convegno Nazionale
di Storia della Medicina Veterinaria, Reggio Emilia, 25-26 marzo 1995,
Brescia, Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche, 2011, pp.
101-102.

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della più nobile arte medica o, meglio, della meno no-
bile pratica chirurgica affidata a flebotomi e cerusici6;
la cura e la prevenzione degli stati morbosi erano affi-
dati per lo più ai rimedi della medicina popolare. La ten-
denza si invertì nella seconda metà del secolo, quando
l’attenzione rivolta dai governi alla salute pubblica e al
miglioramento dell’agricoltura portò a riconsiderare il
ruolo del bestiame e concludere che anche la conserva-
zione e il ripristino del suo benessere dovesse essere
trattato all’interno di una disciplina specifica e rigorosa.
      Intorno alle scuole veterinarie di Bourgelat si creò
presto uno stupefacente consenso internazionale, ben
espresso dall’agronomo friuliano Antonio Zanon
(1696-1770) in questa pubblicazione del 1770:

      Fu trascurata adunque come vedremo per molti secoli l’Arte
      Veterinaria; ma questo nostro Secolo ha la gloria d’averla
      fatta rivivere; ed hanno i Francesi il merito d’averla illustrata,
      e rimessa in sistema: avendone aperte Pubbliche Scuole prima
      in Lione, e poi in Parigi, dove invitano, e con la loro naturale
      urbanità accolgono, e gratuitamente istruiscono i giovani di
      tutte le Nazioni, facilitando loro i modi, onde tutti possano
      profittare con pochissima spesa7.

I governi spedivano studenti a proprie spese perché ap-
prendessero le teorie e le tecniche, ma anche per acqui-
sire e importare le strategie organizzative degli ospedali
e quelle didattiche della scuola stessa – per poterli ripro-
durre in patria, rendersi autonomi, istituzionalizzare la

      6
        Sul rapporto fra medicina e chirurgia nella Lombardia del Sette-
cento vd. E. Brambilla, «Tra teoria e pratica: studi scientifici e professioni
mediche nella Lombardia settecentesca», in Lazzaro Spallanzani e la bio-
logia del Settecento. Teorie, esperimenti, istituzioni scientifiche. Atti del
convegno di studi. Reggio Emilia, Modena, Scandiano, Pavia, 23-27
marzo 1981, Firenze, Olschki, 1982, pp. 553-555.
      7
        A. Zanon, Saggio di storia della medicina veterinaria, Venezia,
Fenzo, 1770, p. V.

                                                                        105
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disciplina e replicare la professionalizzazione. Ciò che
accade ad esempio nel Regno di Sardegna, che apre la
prima scuola veterinaria a Torino nel 1765, nella Sere-
nissima, che la istituisce a Padova nel 1773, a Copenha-
gen (1773) e a Vienna (1776)8.

     Per tornare agli studenti lombardi, lo speziale,
Francesco Bollini, frequentò la scuola nella sede origi-
naria di Lione e fece ritorno a Mantova nel 1777. Vi aprì
«un’officina di Mascalcìa» – al maniscalco spettava per
tradizione la ferratura dei cavalli ma anche la loro assi-
stenza medica – che però non ebbe fortuna, e morì gio-
vane, già nel 17799.
     Con i colleghi chirurghi la sorte fu più clemente.
Antonio Ferdenzi e Giambattista Volpi completarono
gli studi nella scuola di Alfort, presso Parigi, dotata di
maggiori risorse e di un ospedale dedicato al ricovero
dei cavalli. Rientrarono in patria nel 1778 carichi di at-
tese, possiamo immaginare, se non altro come riflesso
di quelle aspettative che i loro governanti manifesta-
vano con indissimulata sollecitudine e delle quali la let-
tera di Firmian offre un esempio persino velato.

       8
         A. Veggetti, «Il “promemoria” di Alvise Mocenigo, ambasciatore
veneto, sulle scuole e gli ospedali veterinari di Parigi», in Atti II Conve-
gno Nazionale di Storia della Medicina Veterinaria, Reggio Emilia, 25-
26 marzo 1995, Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche,
Brescia, 2011, pp. 96-97.
       9
         Annuario della Regia Scuola Superiore di Medicina Veterinaria
di Milano per l’anno scolastico 1883-84, Milano, Pietro Agnelli, 1884,
p. 5. Negli scambi fra Firmian e Saint-Laurent appare che l’impresa fu
viziata fin da principio dall’inesperienza di Bollini, che accumulò in poco
tempo molti debiti e poca clientela. In particolare, Lettera da Firmian a
Saint-Laurent del 6 febbraio 1779, «L’attenzione di V. S. Ill.ma per il
buon progresso», e da Saint-Laurent a Firmian del 11 febbraio 1779, «La
rispettata carta». In allegato alla prima, una relazione del consigliere An-
tonio Maria Plattis, che finanziava il Bollini in prima persona, «Fra gli
altri giovani».

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     La loro storia è intrinsecamente interessante, come
può esserlo quella di due giovani che passano dall’espe-
rienza del piccolo ospedale di una periferia rurale
dell’Impero ad una scuola di avanguardia e cosmopolita
alle porte di Parigi, e ci restano per sei anni di intenso
studio e lavoro. Ma la vicenda umana si arricchisce di
implicazioni e significati quando Ferdenzi e Volpi di-
ventano l’oggetto abituale della corrispondenza fra
l’imperialregio governatore di Milano e il Magistrato
Camerale del fu Ducato di Mantova.

2. Paternalismo plenipotenziario

     Per il governo austriaco dunque, mantenere Fer-
denzi e Volpi agli studi francesi era stato un investi-
mento di pubblica utilità, e la missiva del 1781 lo chia-
risce bene. I giovani veterinari erano tuttora «stipen-
diati», equiparati a funzionari pubblici, ed esercitavano
come professionisti senza però aver aperto alcuna «bot-
tega», vale a dire che a quasi tre anni dal loro ritorno
non si era riusciti ad organizzare quell’infrastruttura for-
mativa e assistenziale che avrebbe garantito la capitaliz-
zazione dell’investimento, la formazione di nuove ge-
nerazioni di veterinari secondo il modello Bourgelat10.
     Esiste una costante di recidiva nella lentezza e di-
spersività delle autorità milanesi e mantovane nella
‘corsa’ alla formazione veterinaria, tanto più conside-

      10
         Un modello ben descritto da Alvise Mocenigo nella relazione che
stese nel settembre 1774, dopo aver visitato la scuola di Lione e la scuola
e l’ospedale veterinario di Alfort. L’attenzione di Mocenigo va in parti-
colare allo studio anatomico, all’esercizio della dissezione, alla creazione
dei preparati anatomici «asecco», e all’organizzazione dell’ospedale,
sempre presidiato a turno da studenti e professori. In A. Veggetti, «Il
“promemoria” di Alvise Mocenigo», op. cit., 96-98.

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rando la centralità dell’agricoltura nell’economia pa-
dana, il numero e la qualità dei progetti effettivamente
intrapresi dagli Asburgo per migliorarla11, la relativa ra-
pidità ed efficacia con cui diverse città si avvalsero delle
esperienze francesi per aprire le proprie, compresa la
stessa Vienna e finanche Torino sabauda12. Pare addirit-
tura che nella Milano che si risvegliava alle suggestioni
della scienza e della tecnica si faticasse a trovare candi-
dati da inviare oltralpe. Da una lettera di Firmian a
Saint-Laurent dell’11 giugno 1776, con i mantovani
all’estero da quattro anni:
      È noto alla V. S. Ill.ma la provida determinazione della Regia
      Imperial Corte, di mandare alla Scuola di Francia alcuni sog-
      getti capaci […] Codesto Ducato avendone somministrati tre,
      non riuscì di trovare, per questo Stato, che il solo Luigi Ponti,
      il quale volesse addattarsi al viaggio, ed alla scuola13.

     Nonostante tale strana resistenza, che ha di certo
ragioni più profonde di quanto si possa indagare in que-
sto breve saggio, la corrispondenza tra Firmian e Saint-
Laurent rivela che le stanze dei bottoni dell’illuminismo
imperial-regio vigilavano sul cursus degli studenti in
trasferta (un altro milanese, Luchini, si era aggiunto a
Ponti nel 1776)14 e si adoperavano per il profitto del loro
soggiorno secondo gli usi del tempo. Sempre da Firmian
a Saint-Laurent, 26 maggio 1777:

      11
         Dall’applicazione accidentata ma efficace del catasto al finanzia-
mento della Colonia Agraria afferente all’Accademia scientifica, impe-
gnata in studi e sperimentazioni sulle colture e la gestione del bacino idro-
geologico.
      12
         Carlo Emanuele III non fu insensibile al tema delle riforme agra-
rie ma era tenacemente ostacolato dall’aristocrazia fondiaria.
      13
         ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «È noto
alla V. S.».
      14
         Ibid.

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      Il Sig. Principe di Kaunitz ha creduto conveniente di profittare
      del viaggio di S. M. l’Imperatore in Francia, per far regalare
      in nome di S. A. R. il serenissimo arciduca Governatore
      Monsù Bourgelat, direttore di quelle Scuole Veterinarie, e che
      ha finora mostrata tutta la parzialità per gli Alunni mantovani,
      e milanesi.
      Il regalo consiste in una scatola d’oro con ciffra brillantata,
      del valore di fiorini 860. Ciò potrà servire per direzione di V.
      S. Ill.ma nel correlativo suo carteggio, onde sempreppiù im-
      pegnare lo stesso Direttore a favore dei predetti alunni15.

     Dunque, un cadeau suggerito dal Cancelliere di
Stato e consegnato per mano di Giuseppe II durante una
visita informale alla scuola di Alfort16 intendeva veico-
lare per lo meno un messaggio esortativo rivolto a Mon-
sieur Bourgelat. Ferdenzi e Volpi narrarono la visita im-
periale in una lettera al Saint-Laurent, e questi ne girò
copia a Milano17.
     Da parte loro, i ragazzi promettevano bene. Non sa-
premo mai se e quanto influisse il pregio dello scintil-
lante cofanetto, vero è che il 28 giugno 1778 Claude
Bourgelat comunicò a Saint-Laurent con credibile sod-
disfazione il buon risultato dei veterinari mantovani, e
che Saint-Laurent ne copiò il testo per il suo governa-
tore Firmian:

      Ferdenzi a fini tous ses cours, il travaille fortement a la ferrure et
      concourra sur la fin de juillet a un prix sur la pratique tant en ce
      qui regarde toutes les operations a pratiquer sur les animaux. Il ne
      s’agira pas uniquement de parler, mais d’agir, et d’operer. Il en

       15
           ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «S. A. Il
Sig. principe».
       16
           Uno dei viaggi in incognito di Giuseppe II sotto l’identità quasi
fasulla di Conte von Falkenstein (il titolo esisteva e Giuseppe l’aveva ere-
ditato), intrapreso in questo caso con la priorità di appurare perché la sorella
Maria Antonietta non avesse ancora generato eredi al re di Francia.
       17
          ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Degnan-
dosi V. E di riguardar».

                                                                          109
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      est de meme de Volpi. Ainsi ces deux sujets, qui valent mieux
      que Bollini, sans le depriser, vous seront rendu à la fin de l’année
      tres forts, et tres en etat de satisfaire votre gouvernement18.

      Insieme all’elogio, però, il Magistrato Camerale
esibiva stavolta a Milano una lamentela ben circostan-
ziata sul contegno dei mantovani. Ferdenzi e Volpi ave-
vano chiesto soldi, un supplemento rispetto alla dota-
zione standard passata loro, appunto, dal Magistrato
medesimo, e consistente nel «necessario non solamente
per la loro pensione, ma ancora per il vestiario e per le
minute spese, l’anno scorso pur qualche cosa per la
provvista de’ libri ed istromenti pur necessari a’ loro
studi, e poi a suo tempo per il loro comodo ritorno»19.
Avevano chiesto lo «straordinario soccorso» diretta-
mente a Firmian con una lettera del 18 giugno20, ad in-
saputa del Magistrato mantovano, ma già il 20 si erano
resi conto dell’azzardo e avevano scritto anche al Saint-
Laurent.
      È una lettera che fa sorridere, la seconda, perché
confessa più di quanto non dica e quel che confessa è
molto umano, molto studentesco. I due esordiscono al
limite dello spudorato, presentando il loro brillante ren-
dimento e la ferma volontà di farsi valere ad onore e
gloria del governo, per poi passare all’incasso: hanno
saputo che lo speziale Bollini, al suo rientro, è stato gra-
tificato di un premio in denaro dal governo centrale (mi-
lanese), e in ragione del loro profitto («[eux] qui valent
mieux que Bollini», scriverà di lì a poco Bourgelat)
chiedono la stessa gratifica in anticipo, «parce que etant
pris de notre depart nous serions charmé de nous munir
      18
           ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Ferdenzi
a fini».
      19
         ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Eccel-
lenza, nell’atto che fui».
      20
         ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Excel-
lence, Les nommés Volpi et Ferdenzi».

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des choses necessaires à l’art»21. Ma la mano che scrive
tradisce insicurezza o preoccupazione, e mentre la let-
tera a Firmian è nitida e pulita, quella a Saint-Laurent è
storpiata da pasticci e cancellature in corrispondenza
delle forme di cortesia, quali: «par ses bontes bienfai-
santes» diventa «par sa bienfaisance», «votre compren-
sion» cade a favore di «votre assistance», un «impetrer»
troppo apprensivo viene cassato. Degno di nota che Fer-
denzi e Volpi si rivolgano alle autorità in francese,
quando Firmian e Saint-Laurent comunicano sempre in
italiano; padroneggiare la lingua franca della moderna
cultura europea testimoniava forse che la loro forma-
zione aveva avuto successo ben al di là del confine di-
sciplinare ancora nebuloso dell’arte veterinaria.
      Degno di nota, inoltre, che Firmian non mostri al-
cun disappunto per l’inopportunità di quella richiesta di
denaro. Inoltra a Mantova la lettera dei veterinari e ac-
clude poche righe dove si rimette in sostanza alla deli-
bera del vicepresidente, che a questo punto solleva obie-
zioni: valuterà una gratifica dopo il loro rientro, così
come è accaduto con Bollini. Conclude Saint-Laurent,
il 6 luglio 1778: «Intanto preparo il piano da umiliarle
per impiegarli al loro ritorno, e per formar un qualche
stabilimento che colla loro opera sia utile a questo
stato»22. Come a rammentare che il coronamento del
cursus degli studenti di Francia non sarà un titolo o una
gratifica, bensì il ruolo che rivestiranno una volta licen-
ziati da Alfort. A distanza di sei anni dall’inizio dei corsi
di veterinaria, però, «un qualche stabilimento» non dava
l’idea di corrispondere a un progetto chiaro sul da farsi.

       21
          ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Mon-
sieur, Nous faisons actuellement».
       22
          ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Eccel-
lenza, nell’atto che fui».

                                                                      111
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3. Un piano didattico di faticosa attuazione

      In realtà, nell’immaginario governativo di Man-
tova, Milano e Vienna esisteva il medesimo progetto,
una scuola di veterinaria. Ma sulle modalità di istitu-
zione e soprattutto sul luogo non ci si accordava, e in
questo la periferia scontava tutta la sua marginalità po-
litica e geografica. Saint-Laurent desiderava che la
scuola si aprisse a Mantova, «perché dopo le spese fatte
non perisca con essi o nel caso di morte, o in quello di
qualche dispersione, un’arte tanto necessaria ad una
provincia totalm‹ente› agricola»23. A ridosso del rimpa-
trio di Ferdenzi e Volpi, Firmian sottopose a Vienna i
progetti del Magistrato mantovano, che furono lodati e
garbatamente rigettati. Firmian a Saint- Laurent, 6 feb-
braio 1779:

      Gli allievi, che abbiamo in questa scienza sparsi nelle princi-
      pali terre di codesto ducato sembrano al Sig. Principe Kaunitz
      bastanti ai nostri bisogni, senza entrare nella grandiosa spesa,
      che si essigerebbe per formare la citata scuola, e i rispettivi
      convitti: cosa che pare più conveniente alle circostanze di un
      vasto regno, che a quelle della provincia mantovana24.

      Le considerazioni di Kaunitz condizionarono a
lungo le vicende costitutive della scuola veterinaria di
Milano e restarono negli anni fedeli a se stesse, penaliz-
zando la periferia del regno (e d’Europa) a favore del
centro e, analogamente, limitando il ruolo di figure pro-
fessionali quali tecnici e veterinari formati all’estero, a
favore dei consiglieri di alto rango classicamente inve-
stiti del potere decisionale e più vicini a Vienna.

      23
          Ibid.
      24
          ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Ho inol-
trato alla R. I. Corte».

112
Veterinari in Francia e ritorno:
 storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

      Dopo aver finanziato la formazione di veterinari
specializzati per soccorrere l’esigenza disperata di un
territorio marginale, sì, ma popoloso e ricco di poten-
ziale agricolo, nel 1786 questi vennero gradualmente al-
lontanati dalla loro destinazione elettiva: Volpi convo-
cato a Milano per avviare farmacie e botteghe veterina-
rie, che scuola o non scuola erano diventate un esigenza
non più differibile; Ferdenzi e Ponty (uno dei due allievi
milanesi) trasferiti nei Paesi Bassi per occuparsi della
nuova scuola di Bruxelles25. La provincia mantovana re-
stò sguarnita e si ritenne congruo lasciare due soli vete-
rinari al milanese, il principe Kaunitz «stimando essere
troppi quattro veterinari per la Lombardia»26.
      Per organizzare la scuola, poi, il Consiglio Impe-
riale valutò almeno cinque piani diversi e li ponderò a
lungo prima di scegliere, ad oltre dieci anni dal ritorno
di Ferdenzi e Volpi, quello che prevedeva il corso di
studi più breve ed economico, il cosiddetto corso di
«Veterinaria minore», «per istruire i maniscalchi nella
ferratura e nelle operazioni e cure più semplici degli ani-
mali»27. Nel febbraio 1791, nel pieno della Rivoluzione
francese e a debita distanza dalla stagione più intensa
delle riforme, si inaugurava il modesto nucleo della fu-
tura Regia Scuola Superiore di Medicina Veterinaria di
Milano28.

      25
         Con la Pace di Rastatt nel 1714 l’Austria aveva acquisito dalla
Spagna i Paesi Bassi. Li conservò fino al Trattato di Campoformio
(1797).
      26
         Annuario, op. cit., p. 7.
      27
         Il corso di Bourgelat durava 6 anni. Il piano approvato da Vienna
per Milano era stato redatto da Cesare Beccaria e conteneva, a onore del
vero, anche la proposta di un corso quadriennale di Veterinaria maggiore
(Annuario, op. cit., pp. 6-7).
      28
         Annuario, op. cit., pp. 7-8.

                                                                      113
Laura Madella

     Certo, la linea di azione del Cancelliere rispondeva
in primo luogo a una congiuntura politico-economica
per nulla favorevole alle riforme, che si profilò prima
della guerra contro la Turchia e prima dei fatti di Fran-
cia e che pretese, a un certo punto, il sacrificio di inter-
venti irrinunciabili fino al decennio precedente; dal
1786 in particolare, quella parvenza di idillio fra Giu-
seppe II e i territori lombardi si era dissolta, logorata da
una crisi percepita come deriva dispotica da tutti i livelli
della società29. A maggior ragione durante questa spia-
cevole parabola discendente, che giocherà una parte ne-
gli entusiasmi cisalpini di fine secolo, i professionisti
formati a spese dello Stato erano e restavano al suo ser-
vizio, e lo Stato ne dispose per il bene pubblico di turno,
secondo necessità. Gli stessi studenti che il Magistrato
di provincia Saint-Laurent immaginava naturalmente
insediati nella loro piccola Mantova, su una cattedra
tranquilla, venuta meno la convenienza e la possibilità
di investire sulla cittadina, vennero impiegati dal Can-
celliere viennese senza difficoltà nel capoluogo, e per-
sino all’altro capo dell’Impero.

4. Altre strategie per la formazione veterinaria

     Il plenipotenziario Firmian non dovette assistere al
crollo dei sogni di riforma dell’imperatore filosofo.

       29
          D. Sella e C. Capra, Il Ducato di Milano, op.cit. pp. 589-591.
Tuttavia, la storiografia del XXI secolo tende a rileggere l’accentuato “as-
solutismo” degli ultimi anni di governo giuseppino come la conseguenza
di una serie di scenari critici sempre più pressanti e inderogabili, a partire
dalle ragioni che spinsero il monarca a schierarsi con la Russia contro
l’Impero Ottomano. Cfr. M. Z. Mayer, «The Price for Austria’s Security:
Part I – Joseph II, the Russian Alliance, and the Ottoman War, 1787-
1789», in The International History Review, Vol. 26, n. 2 (Jun. 2004), pp
257-258.

114
Veterinari in Francia e ritorno:
 storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

Quando morì, nel 1782, l’apertura della scuola rista-
gnava in impasse ma le carriere di Volpi e Ferdenzi
erano più promettenti che mai.
      Nei suoi ultimi anni, un rivolo di ecumenismo
scientifico fluiva in Val Padana dalle scuole di Francia.
Il successore di Bourgelat, Philippe Chabert, intratte-
neva carteggio con gli ex allievi, offriva consigli, chie-
deva pareri, aggiornava sulle ricerche parigine. Firmian
volle informare la cittadinanza dell’illustre corrispon-
denza, e fece pubblicare una di queste lettere sulla gaz-
zetta di Mantova e sui giornali di Milano, affinché il
mondo (padano) apprendesse le cure dell’imperatore
per le sue greggi, letteralmente, e il prestigio, oltre che
l’utilità, dell’arte veterinaria. Nelle gazzette lombarde si
aggiungeva una lunga prefazione epidittica, suggerita a
Saint-Laurent con lettera del 26 febbraio 1780, da cui si
cita la conclusione:
         Crediamo far cosa grata al Pubblico col communicargli la se-
         guente Lettera del valente Direttore, come esemplare e del-
         l’amore, che debbon proccurare di conciliarsi da’ Maestri agli
         Studenti, e dell’interessamento, che conviene ai Maestri di
         prendere per i loro Alunni, con suggerirli sempre buone mas-
         sime30.

     Va riconosciuto che i contatti proseguirono e Cha-
bert si dimostrò sinceramente collaborativo. Quando nel
1782 presentò alla Académie Royale des Sciences il suo
studio sulla «malattia del carbone»31, in seguito perfe-
zionato e pubblicato a stampa32, lo anticipò di persona
ai mantovani, con sommo compiacimento delle autorità.

         30
              Gazzetta di Mantova, N. 9, 3 marzo 1780.
         31
              Così era chiamato colloquialmente il carbonchio ematico o an-
trace.
         32
         Il Traité du charbon ou anthrax dans les animaux fu pubblicato
poi a Parigi da Veuve-Vallat la Chapelle nel 1790.

                                                                      115
Laura Madella

      Da parte sua Firmian, sempre in attesa che i supe-
riori decidessero in che termini istituzionalizzare la me-
dicina veterinaria, evitava in ogni modo che i medici
perdessero tempo e lo Stato interessi, e così facendo or-
ganizzava una loro seconda formazione, sulle loro terre,
sul campo del loro Stato.
      Nel marzo 1780 suggerì a Mantova di far racco-
gliere loro «tutte le relazioni, che gli pervengono sulle
malattie degli animali, e che [li] preferisca nelle occa-
sioni, che dovesse spedire dei commessi a fare delle vi-
site per lo Stato», così come aveva disposto a Milano
per il veterinario Ponty33.
      Neppure trascurò che i veterinari potessero contri-
buire alla politica culturale dello Stato in senso più am-
pio, ad esempio per quanto riguardava le preparazioni
anatomiche. La lettera a Saint-Laurent citata in aper-
tura34 di saggio propone Ferdenzi e Volpi come ‘prepa-
ratori’ di animali rari ed esotici per il Museo di Storia
Naturale di Pavia, che al tempo si andava costruendo
intorno alla figura di Lazzaro Spallanzani35. E prosegue:

      Venendomi poi supposto, che i detti giovani abbiano eseguito
      una eccellente preparazione anatomica del Cavallo, gradirei
      che ne facessero una simile anche ad uso, ed ornato del Museo
      di Pavia, semprecché si possa trasportare senza grave inco-
      modo, o pericolo, che si guasti nel viaggio36.

       33
          ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n., «Per tener
in qualche modo».
       34
          Cfr. n. 2.
       35
          Il gesuita Spallanzani era stato chiamato a Pavia nel 1769 sulla
cattedra di Storia naturale. Per la costruzione del museo si veda C. Rovati
e P. Galeotti (a cura di), Il museo di Lazzaro Spallanzani, 1771-1799:
Una camera delle meraviglie tra l’Arcadia e Linneo. Catalogo della mo-
stra. Pavia, 28 marzo-27 giugno 1999, Cava Manara, Greppi, 1999.
       36
          Cfr. n. 2.

116
Veterinari in Francia e ritorno:
 storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

I modelli anatomici rappresentavano allora un apparato
didattico ‘moderno’ per le lezioni di anatomia animale
e vegetale e, contemporaneamente, costituivano uno
strumento divulgativo efficace per il pubblico di non ad-
detti ai lavori, che la retorica illuminista invitava a visi-
tare i musei. Alla scuola di Alfort gli allievi imparavano
ad allestire preparati anatomici disseccati, ma i due lom-
bardi si dimostrarono assai versati anche nella prepara-
zione delle cere, procedimento che implicava ugual-
mente ottime abilità di dissezione – anche il lavoro set-
torio era previsto nel piano di studi di Alfort37. Così, già
sul finire del 1780 il governo aveva acconsentito a spon-
sorizzare i due per un semestre di specializzazione
all’Officina ceroplastica fiorentina38, «con lo stesso as-
segno, ch’essi avevano in tempo della di loro dimora in
Francia»39. Appurata l’attitudine dei giovani, l’anno se-
guente si diede opera alla “gita” (sic. Firmian). Le ul-
time lettere fra il governatore e il Magistrato apprezzano
il profitto dei veterinari mantovani e la commissione di
numerosi preparati anatomici, animali e umani, per gli
studî di Milano e l’Università di Pavia40.

      37
          A. Veggetti, «Il “promemoria” di Alvise Mocenigo», cit., p. 97.
      38
          Sotto la supervisione di Felice Fontana, voluto già da diversi anni
prima dal granduca Leopoldo per coordinare e dirigere il Reale Museo di
fisica e storia naturale di Firenze secondo il principio della ricerca speri-
mentale, e non del diletto/curiosità caratteristici delle raccolte nelle
“Wunderkammern”. Cfr. S. Contardi, La casa di Salomone a Firenze:
L’imperiale e reale museo di Fisica e Storia naturale (1755-1801), Fi-
renze, Olschki, 2002.
       39
          Da Firmian a Saint-Laurent, Lettera del 18 novembre 1780.
ASMn, MCA, b. 371, vol. II, Lettere governative, s.n.
       40
          Secondo un articoletto uscito sul Politecnico nel 1844 ([G. Can-
ziani], «Cenni storici sull’Istituto veterinario di Milano», vol. VII, p. 324)
ne era documento «una Vènere anatòmica, operata in cera dal Volpi, che
tròvasi nei gabinetti dell’Università di Pavia».

                                                                        117
Laura Madella

      Erano le ultime battute della convergenza lom-
barda strategica per la promozione della causa veterina-
ria, che dalla metà del decennio, si è visto, sarà coordi-
nata da Vienna secondo priorità differenti. Nel 1783 si
spegneva anche il Saint-Laurent, non prima di ricevere
dal sostituto di Firmian, il nuovo plenipotenziario Jo-
hann Joseph von Wilczeck (1738-1819), la conferma
definitiva che la scuola si sarebbe aperta a Milano.

Conclusioni

     Un aspetto singolare che la ‘genesi’ della medicina
veterinaria nella Lombardia austriaca mette in luce, e
che il carteggio fra Firmian e Saint-Laurent corrobora,
è l’unità di misura individuale che il governo si ostinava
ad applicare a una disciplina che si stentava a ricono-
scere come tale, l’esiguità numerica dei personaggi
coinvolti nell’istruzione dei professionisti e nella pro-
gettazione del loro futuro e, allo stesso tempo, il rap-
porto stretto, quasi personale che fra questi personaggi
si viene a instaurare, che è però in primo luogo una re-
lazione di potere.
     Era stata proprio la sofferenza tecnica e produttiva
del settore agricolo che convinse la monarchia asbur-
gica a ristrutturare le accademie locali mantovane
creando un’unica Accademia scientifica sul modello
francese, con le sue facoltà – Filosofia, Matematica, Fi-
sica sperimentale e Belle lettere – e con le Colonie di-
sciplinari, poi Classi: Belle arti, Arti e mestieri, Medi-
cina e Agraria. Le Colonie/Classi, rispetto alle facoltà,
avevano scopi più applicativi e sperimentali, fruivano di
laboratori e strumentazione, indicevano concorsi, tene-
vano piccole scuole che offrivano una formazione “pra-
tica” per quelle attività che l’istruzione superiore citta-

118
Veterinari in Francia e ritorno:
 storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

dina non rappresentava – scuole per artigiani, sarti, de-
coratori, ma anche corsi di musica e canto. Si ha notizia
di concorsi di tipo veterinario sotto forma di Disserta-
zioni periodiche bandite nella classe di Medicina, men-
tre la Colonia Agraria, che pur godeva di finanziamenti,
terreni e strumenti per le sperimentazioni, concentrava
la sua operatività sulle questioni idrogeologiche e le col-
ture41. Della Colonia Agraria fu membro e direttore pro-
prio Joannon de Saint-Laurent42, che in quanto a spes-
sore culturale aveva aveva ottime referenze43. Ma in
quegli ultimi decenni del Settecento non sembra esserci
spazio per gruppi o sottogruppi dedicati alla medicina
animale.

     Questo poteva dipendere in parte dallo status poco
definito dei veterinari stessi: erano pochissimi a potersi
chiamare tali, la loro ‘qualifica’ era dipesa nettamente
dal governo che tentennava a strutturarli, a inquadrarli
nella macchina imperiale, e che in almeno un caso du-
bitò che fossero pronti a trasmettere la loro competenza
come docenti (Kaunitz espresse riserve su Volpi quando
praticava ormai da anni)44.

       41
          E. Camerlenghi, «La Colonia Agraria dell’Accademia Reale di
Scienze e Belle Lettere. Dalla fondazione alle ‘perlustrazioni’ di Angelo
Gualandris», in Dall’Accademia degli Invaghiti all’Accademia nazionale
Virgiliana di scienze lettere e arti in Mantova. Atti del Convegno Inter-
nazionale di Studi, 29-30 novembre 2012, Mantova, Teatro accademico
del Bibiena, Mantova, Publi Paolini, 2016, pp. 343-362.
       42
          Ragguaglio delle funzioni fattesi in Mantova per celebrare
l’inaugurazione della nuova fabbrica della Reale Accademia delle
scienze, e belle arti, Mantova, Erede di Alberto Pazzoni, 1775, p. 12.
       43
          Studioso di filosofia, di fisica, di archeologia, appassionato di
collezioni naturalistiche e arte del cesello. H. Mollière, «Un lyonnais
digne de mémoire. Joannon de Saint-Laurent: philosophe, naturaliste, ar-
chéologue (1717-1786)», in Revue du Lyonnais, Lyon, Mougin-Rusand,
Série 5, N. 28, 1899, pp. 161-183.
       44
          Annuario, op. cit., p. 6.

                                                                      119
Laura Madella

      Alimentava questa incertezza, forse, anche l’inca-
pacità di designare una sede responsabile per la gestione
della disciplina e del suo insegnamento. La complessità
del piano di studi e tirocini elaborato da Bourgelat per
le scuole francesi45 si era dimostrato indubbiamente ef-
ficace e dunque doveroso da replicare, ma nulla di si-
mile era previsto nel piano teresiano di riforma
dell’istruzione, e tutti i tre poli della cultura lombarda
avevano le loro ragioni per arrogarsi la scuola: Mantova
per il bisogno del settore primario, Pavia46 perché polo
universitario destinato al potenziamento, Milano perché
centro politico e rappresentativo del distretto d’Italia.
Ancora una volta, non è il dilemma a lasciare perplessi,
ma il tempo di reazione sproporzionato che servì per ri-
solverlo e che tenne irrisolta la situazione fino ad anni
in cui, probabilmente, una scelta non era più possibile47.

     Considerato tutto ciò, la cura con cui Firmian e
Saint-Laurent si occuparono degli studenti di veterina-
ria appare sempre lodevole e proba, certifica una volta
di più come la silhouette del burocrate non escludesse
un afflato sincero per le sorti economiche e culturali di
un mondo che cercavano e credevano di migliorare a

       45
          «La materia di studio era divisa in dieci discipline», studio teo-
rico e pratica veterinaria andavano di pari passo, quest’ultima era prestata
negli ambulatori e nelle visite a domicilio, ma soprattutto negli ospedali,
che ad Alfort ospitavano esclusivamente cavalli, e dove l’attività degli
studenti veniva accuratamente documentata tramite le “cartelle cliniche”
dei pazienti equini, registrando ogni considerazione e diagnosi, ogni ri-
medio e intervento effettuati dai medici curanti. Gli esami di profitto
erano pubblici, e per incoraggiare la competizione si premiavano le pre-
stazioni migliori. A. Veggetti, «Il “promemoria” di Alvise Mocenigo»,
op. cit., pp. 97.
       46
          Cesare Beccaria era del parere, ad esempio, che la scuola veteri-
naria convenisse aprirla a Pavia (Annuario, op. cit., p. 7).
       47
          Anche se sul medio periodo si dimostrò la netta superiorità mili-
tare dell’Austria, dal 1788 la guerra turca sottrasse all’erario enormi ri-
sorse.

120
Veterinari in Francia e ritorno:
storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

suon di avvisi e decreti e, perché no, delibere per borse
di studio; ma anche come questo approccio paternali-
stico fosse ormai anacronistico. Tali eccellenti persona-
lità, parte funzionari e parte uomini di Stato, osservatori
ravvicinati e controllori puntuali dell’esperienza forma-
tiva degli studenti e del loro profitto, non avrebbero po-
tuto dedicare la stessa solerte attenzione a un gruppo di
individui molto più numeroso di quello che studiò in
quegli anni a Lione ed Alfort e, d’altra parte, il risultato
ottenuto con gli sforzi congiunti di due soggetti validi,
capaci e, ognuno nel loro ruolo, potenti (tre, se aggiun-
giamo il Cancelliere Kaunitz, il più potente) è stato piut-
tosto modesto se comparato con le energie profuse e la
qualità del progetto.
      A monte di tutto, però, stava la mancata integra-
zione del progetto della scuola veterinaria con la ri-
forma dell’istruzione superiore, in particolare di quella
scientifica e, nello specifico, medica. Quali che ne fos-
sero le ragioni, non si ritenne conveniente far rientrare
la disciplina nelle competenze della Deputazione agli
studi, che pure in Lombardia si occupò di ristrutturare
la facoltà di medicina di Pavia e l’accesso alle profes-
sioni mediche, grazie alla lungimiranza di Giuseppe Ci-
cognini. In certa misura questo poteva dipendere
dall’assenza di una prestigiosa tradizione teoretica e fi-
losofica, che relegava la veterinaria, come ricordato in
introduzione, a una sfera applicativa fra le meno nobili;
i lumi lombardi, accesi tante volte da staffette forestiere,
non brillavano al punto da scavalcare con noncuranza
uno dei fondamenti dell’educazione umanistica. A
Vienna, diversamente, una scuola veterinaria si fondò
relativamente presto e presto fu in grado di competere
con Parigi, una scuola dedicata ai cavalli; ma Vienna
come Parigi era responsabile di un esercito che aveva e
avrebbe fatto la storia militare dell’epoca, e la saldatura

                                                                     121
Laura Madella

con il settore militare potrebbe avere aiutato ad abbat-
tere le reticenze; non esisteva un’impellenza analoga nei
piccoli ducati di Milano e di Mantova, che quei grandi
eserciti erano abituati a subirli.
      Mancandole un’infrastruttura che la inserisse a
pieno titolo nel programma di riforme del sistema di
istruzione del Dipartimento d’Italia, la scuola di veteri-
naria di Milano fu istituita tardi, fra ripensamenti e con-
traddizioni, in gravi ristrettezze economiche, offrendo
un corso di studi breve e limitato.

      Nulla di ciò compromise la carriera dei veterinari
mantovani. Si è già scritto degli incarichi di docenza af-
fidati loro dal Cancelliere Kaunitz, a Milano per Giam-
battista Volpi e a Bruxelles per Antonio Ferdenzi. Nel
1784, quest’ultimo torna da protagonista nelle “Lettere
governative”: i questori del Magistrato lo inviarono alla
Mesola di Ferrara per affrontare una moria di bovini, e
i rimedi del Ferdenzi funzionarono. Si conserva una sua
relazione autografa che descrive lo stato del tenimento
al suo arrivo, le patologie degli animali e la profilassi
adottata, allegata ad una lettera di ringraziamento del
nobile ferrarese Gaetano Raspi.
      Nel 1794 il medico, ormai sulla quarantina, pub-
blica un opuscolo per Giuseppe Braglia stampatore
mantovano: Sulla maniera di ben trattare, e governare
il bestiame. Secondo l’uso, il frontespizio si fregia dei
titoli dell’autore: «Del Signor Antonio Ferdenzi / Pub-
blico professore veterinario / Socio della Classe agraria
dipendente della R. Accademia di Mantova». Si tratta
di un manualetto chiaro e svelto, diretto, garbato ma
scevro da preziosismi linguistici e tecnicismi, lineare di
sintassi. Uno stile lontanissimo dagli standard dei soci
accademici, che spicca sensibilmente nella prefazione,
piano elogio dell’utilità dell’arte veterinaria per l’agri-

122
Veterinari in Francia e ritorno:
   storie di formazione professionale nella Lombardia teresiana e giuseppina

  coltura locale. La comprensione della funzione della di-
  sciplina e i suoi orizzonti non paiono mutati, ma essa
  stava entrando, era entrata, negli spazi dell’alta cultura,
  parlava fra gli scienziati dell’epoca, ancorché locali,
  pubblicava a stampa: preludio a un’accelerazione che
  stava dietro l’angolo di fine secolo. L’Ottocento sarà di-
  verso, anche per la Scuola veterinaria di Milano.

Riferimenti bibliografici

Fonti primarie

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    vol. II, «Lettere governative sulla veterinaria».

Letteratura secondaria

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