Varsavia à Parigi Verso l'accordo globale sul clima - (Novembre 2013)
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Ci stiamo avventurando verso un surriscaldamento del pianeta di oltre 4°C con scenari apocalittici. Serve un’inversione di rotta. E’ il grido di allarme lanciato nelle scorse settimane dal nuovo rapporto dell’IPCC. Gli scienziati del panel intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici avvertono che non è più possibile continuare su questa strada. E’ il tempo di agire. Abbiamo tutti gli strumenti e ancora tempo a disposizione per ridurre il surriscaldamento ben di sotto 2°C ed evitare così la catastrofe climatica. La politica non può più fallire. L’ultima opportunità a sua disposizione è lavorare a un nuovo accordo sul clima - da sottoscrivere come deciso a Durban nel dicembre 2015 a Parigi - in grado di mettere in campo una forte e coerente azione climatica globale capace di invertire la rotta. I prossimi due anni saranno cruciali. E il primo banco di prova è già in questi giorni a Varsavia, dove dall’11 al 22 novembre si tiene la nuova Conferenza (COP19) sul clima. I negoziati Non sono più possibili passi falsi. Per evitare che a Parigi si ripeta il fallimento di Copenaghen, è indispensabile che già entro il prossimo anno siano definiti gli impegni per tutti i paesi di riduzione delle emissioni da includere nel nuovo accordo. In questo modo sarà possibile definire alla prossima Conferenza di Lima (COP20) nel dicembre 2014 una prima bozza di accordo, avendo così il tempo necessario per negoziare e arrivare alla Conferenza di Parigi senza pericolosi imprevisti. A Varsavia pertanto è fondamentale concordare un calendario per la formulazione e la revisione degli impegni di riduzione – nel pieno rispetto dei principi di equità e delle comuni ma differenziate responsabilità e capacità – in vista del Vertice del settembre 2014, convocato dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per definire i primi impegni su cui avviare il negoziato. Segnali positivi giungono dai leader delle Isole del Pacifico, le più esposte e vulnerabili ai cambiamenti climatici in corso. Al fine di rilanciare i negoziati e superare la pericolosa diffidenza tra paesi ricchi e poveri, lo scorso settembre con la Dichiarazione di Majuro questi paesi si sono impegnati unilateralmente a importanti azioni di riduzione delle emissioni climalteranti invitando tutti gli altri paesi a fare altrettanto. A Varsavia è indispensabile una risposta forte da parte dei paesi industrializzati e delle economie emergenti, anche con impegni concreti per ridurre le emissioni prima del 2020 - quando sarà operativo il nuovo accordo globale – in modo da avere sufficienti garanzie di centrare almeno l’obiettivo dei 2°C. A partire dall’adozione della proposta AOSIS (l’Alleanza delle piccole isole) di avviare un programma di azione globale a sostegno delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Il consenso sul calendario sarà possibile solo se nello stesso tempo a Varsavia si riesce finalmente ad approvare la “roadmap” per il finanziamento delle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici in corso nei paesi più poveri. Si tratta di dare seguito all’impegno di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020 già sottoscritto nel 2009 a Copenaghen. Sino ad ora è stata messa a disposizione dei paesi poveri una prima tranche di 30 miliardi l’anno per il triennio 2010-2012. A Varsavia si deve concordare l’aumento degli aiuti per gli anni successivi – con impegni concreti per il periodo 2013/2015 - in modo da raggiungere i 100 miliardi promessi per il 2020. 2
L’Europa Ancora una volta l’Europa si trova a giocare un ruolo cruciale come quello svolto in passato per l’adozione del Protocollo di Kyoto. Senza una forte leadership europea la strada che da Varsavia porta a Parigi rischia di essere pericolosamente in salita. Anche l’Italia è chiamata a giocare un ruolo importante, in particolare durante il semestre (luglio-dicembre 2014) di presidenza dell’Unione europea, nel corso del quale sarà il nostro governo a rappresentare l’Ue sia al Vertice di Ban Ki-moon che alla COP20 di Lima. La forza e la capacità di aggregazione della leadership europea dipenderà soprattutto dall’ambizione del futuro quadro strategico comunitario post-2020 su clima ed energia, che dovrà definire gli impegni europei da includere nell’accordo di Parigi. Nei prossimi mesi i governi nazionali sono chiamati a fare le prime scelte sulla base del Libro Verde della Commissione, che traccia le possibili politiche comunitarie al 2030, in preparazione del pacchetto di proposte previste entro la fine dell’anno e delle decisioni da prendere al Consiglio europeo del prossimo marzo 2014. L’urgenza dei cambiamenti climatici in corso evidenzia la necessità di tre obiettivi europei ambiziosi, coerenti e legalmente vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas-serra, per la crescita delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica. L’Unione europea, secondo recenti studi, entro il 2030 deve raggiungere almeno il 55% di riduzione delle emissioni interne per contribuire a evitare la crisi climatica. E per una reale transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di carbonio, la Ue entro il 2030 deve nello stesso tempo raggiungere il 45% di energia rinnovabile e tagliare il consumo di energia del 40%. Obiettivi che il nostro governo deve sostenere con forza. E 'essenziale che il confronto politico in corso tra i governi europei porti al superamento dei livelli di ambizione inadeguati - 40% di taglio delle emissioni climalteranti e 30% per le fonti rinnovabili – su cui si basa il Libro Verde. Il quadro di riferimento per il 2030 deve invece riflettere l’urgente bisogno di una forte azione contro i mutamenti climatici in corso. Nel Libro Verde manca un chiaro riferimento all’urgenza di intensificare l’azione climatica a livello europeo. Come evidenziano i recenti rapporti della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, le nostre economie saranno fortemente colpite se saranno adottate politiche climatiche ed energetiche insufficienti a fronteggiare i cambiamenti climatici in corso, senza dimenticare gli impatti preoccupanti sulle comunità vulnerabili dei paesi più poveri. Occorre un approccio coerente e ambizioso che richiede obiettivi legalmente vincolanti sia per la riduzione delle emissioni di gas-serra, che per le rinnovabili e l’efficienza energetica. Il solo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas-serra non è sufficiente a stimolare i necessari investimenti per le rinnovabili e l’efficienza energetica. Per raggiungere gli obiettivi climatici europei è indispensabile una forte trasformazione del sistema energetico con una significativa riduzione dell’uso di energia e una forte espansione delle fonti rinnovabili. Il livello di ambizione degli obiettivi climatici ed energetici deve essere coerente con la traiettoria di riduzione delle emissioni di gas-serra di almeno il 95% al 2050, con una condivisione degli impegni di riduzione a livello nazionale fondata sulle possibilità dei singoli Stati membri. Ci aspettiamo un ruolo attivo dell’Italia per assicurare che l’obiettivo di efficienza energetica, con quelli per la riduzione delle emissioni e per le rinnovabili, sia legalmente vincolante. 3
Sostenibilità, competitività e sicurezza energetica vanno affrontati con la stessa efficacia e determinazione. Questi tre obiettivi centrali della politica energetica europea sono complementari e non possono essere sottoposti a compromessi che ne limitino l’efficacia. Il processo verso un’economia europea a basse emissioni di carbonio può creare nuove opportunità economiche dal punto di vista dell’occupazione, dell’innovazione e dello sviluppo di tecnologie pulite. Pertanto vanno analizzati in questo contesto gli effetti delle politiche climatiche ed energetiche sulla competitività dell’economia europea. L’Europa ha il più grande deficit commerciale al mondo per quanto riguarda l’energia. Lo scorso anno ammontava a ben 423 miliardi di euro. Secondo recenti analisi, è possibile ridurre al 2030 il consumo di combustibili fossili di 550 Mtep per un ammontare di circa 370 miliardi di euro. Solo con il risparmio energetico si può ridurre il deficit di ben 239 miliardi di euro entro il 2030. Un contributo importante può venire anche dal settore delle rinnovabili. Grazie al raggiungimento dell’attuale obiettivo legalmente vincolante del 20% si prevede un incremento netto del PIL europeo dello 0.25% al 2020 e dello 0.45% passando al 45% al 2030. Con un impatto occupazionale rilevante. Dagli attuali 1.2 milioni di occupati si passa a 2.7 milioni nel 2020 e 4.4 milioni nel 2030. La leadership europea si misurerà anche sulla revisione – in calendario nel prossimo aprile - degli impegni del Protocollo di Kyoto. E’ indispensabile rimuovere la condizionalità e innalzare dal 20% al 30% l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni, in modo da rendere strutturali le riduzioni dovute anche alla recessione economica di questi anni. Una grande opportunità anche per rivitalizzare l'economia europea. E’ quanto emerge da uno studio del governo tedesco che evidenzia come con il passaggio al 30% nei prossimi anni in Europa si possono creare ben 6 milioni di nuovi posti di lavoro. Con un aumento medio annuo rispetto all’attuale trend dello 0.6% del PIL e del 4% (dal 18% al 22% del PIL comunitario) degli investimenti. Mantenere l’obiettivo del 20% - considerato dal mercato ormai raggiunto con le politiche climatiche in atto, visto che siamo già al 18% rispetto al 1990 - significherebbe invece scoraggiare gli investimenti nell’innovazione, senza i quali l’economia europea non ha futuro. Secondo lo studio tedesco per sfruttare al meglio le potenzialità del passaggio al 30% è fondamentale integrare la politica climatica in un quadro di misure economiche e fiscali coordinate a livello comunitario e finalizzate ad incentivare gli investimenti nelle tecnologie pulite “low-carbon”. In questo modo l’industria europea può consolidare e rafforzare la sua competitività globale scongiurando qualsiasi rischio di delocalizzazione. Tutti i settori economici - agricoltura, energia, industria, servizi - ne trarrebbero vantaggio. In particolare il settore delle costruzioni grazie alle grandi opportunità per gli investimenti nell’efficienza energetica degli edifici vecchi e nuovi. Una grande opportunità anche per il nostro paese con una riduzione della disoccupazione del 2.6%, un aumento medio dello 0.5% del PIL e del 6% degli investimenti. Un’opportunità che Europa e Italia non possono lasciarsi sfuggire se vogliono davvero vincere la doppia sfida climatica ed economica. Un obiettivo ormai a portata di mano. Secondo il recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2012 la riduzione delle emissioni di gas-serra ha raggiunto il 18% con un trend al 2020 del 24% se si considerano le misure già programmate a livello nazionale. E con un trend del 27% se si includono anche le 4
misure già adottate a livello comunitario, ma ancora da recepire a livello nazionale. Si tratta solo di riduzioni interne, ossia senza considerare i crediti relativi ai meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto con cui si stima una riduzione aggiuntiva di circa il 10%. L'Europa insomma è già nelle condizioni per aumentare al 30% il proprio impegno di riduzione al 2020. Non richiede grandi sforzi aggiuntivi per i prossimi anni. E può così contribuire a colmare il preoccupante gap esistente (8-12 Gt di CO2eq secondo l'UNEP) tra gli impegni di riduzione assunti sino ad ora dai diversi paesi e la riduzione di emissioni indispensabile entro il 2020 per rientrare nella traiettoria di riscaldamento del pianeta non superiore almeno ai 2°C. Dà nuova linfa ai negoziati per un nuovo accordo globale ambizioso e giusto. E può contribuire a farci superare l’attuale crisi economica. L’Europa e l'Italia possono rivitalizzare le proprie economie fortemente indebolite dalla crisi finanziaria solo investendo nella green economy per vincere la sfida climatica, non più una nicchia ma un nuovo modo di concepire l'economia e il suo sviluppo. 5
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