UNO di DUE Il legame di coppia in un'ottica psicoanalitica

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Polaris. Psicoanalisi e mondo contemporaneo                                            N.5 giugno 2019

                                  UNO di DUE
                  Il legame di coppia in un’ottica psicoanalitica

                                          Fabio Monguzzi

La coppia e la natura diadica della relazione

Ciò che un soggetto "può essere" è determinato dal suo mondo interno, in un'espressione autonoma
di sé, ma anche da come il suo mondo interno è connesso con quello delle persone con le quali è
variamente legato nel presente.
Ciò appare maggiormente intuibile nei soggetti in età evolutiva, in ragione del grado di dipendenza
emotiva dai genitori, ma anche in età adulta, nonostante vi possa essere un’autonomia funzionale,
l’equilibrio psichico si avvale, in varia misura, della relazione con l’altro.
Gli esiti delle ricerche sperimentali nell’ambito dell’età evolutiva, hanno messo in evidenza come i
processi interni dell’individuo siano continuamente regolati attraverso lo scambio intersoggettivo, e
non siano da intendersi come l’espressione di una competenza (esclusivamente) individuale (Beebe,
Lachmann 2002), confermando e rinnovando le intuizioni e formalizzazioni teoriche della
psicoanalisi orientata in senso relazionale.
La psicoanalisi dei legami di coppia si fonda sul presupposto che la vita psichica degli individui non
solo si iscriva nei legami intersoggettivi primari, formando in questo modo il proprio Sé identitario
ma, in un grado variabile di livelli di autonomia, i legami presenti continuino a contribuire a regolare
il loro equilibrio. Ossia che i soggetti partecipino al mantenimento di equilibri affettivi dei legami ai
quali appartengono e ne siano a loro volta regolati.
La relazione di coppia, in quanto profondamente evocativa delle relazioni primarie, diviene un luogo
di elezione ove i due partner, con movimenti reciproci e complementari si ingaggiano reciprocamente
in quella che Dicks (1967) definisce una relazione terapeutica naturale.
L’incontro di coppia genera un accordo posto sia sul piano consapevole che sul piano inconscio,
accordo che assume la funzione di organizzatore psichico della relazione.
Diversi autori ne hanno messo in evidenza l’esistenza nei termini di accordo (Nicolini 2001), contratto
(Pincus, Dare, 1983; Ruszczyski, 1993), incastro (Dicks, 1967; Zavattini, 2001), patto (Cigoli 1998).
L’accordo regola la vita emotiva comune e ne determina il centro di gravità psichico.
Esso si viene a determinare nel tempo a partire dalla scelta del partner, che avviene sulla base di una
complementarietà inconscia. È l’area sensoriale, intuitiva, quella più ricettiva, l’area preconscia che
dispiega il suo funzionamento, che coglie, a volte sin dai primi istanti, in uno sguardo, in un
particolare, quanto pare adattarsi ai propri bisogni consci e inconsci.
Nell’analisi degli aspetti costitutivi e dei miti fondativi delle coppie colpisce la precocità e
l’accuratezza con la quale avviene la selezione del partner del quale vengono colte, sin dai primi
istanti, le caratteristiche funzionali a sé.

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Le motivazioni profonde della scelta sembrano articolarsi tra la necessità di ritrovare tratti familiari
nei quali riconoscersi, qualcosa da rinvenire, e il bisogno di elementi di novità, che mettono in moto
fantasie, desideri, aspirazioni e potenzialità “attraverso di te posso diventare quel me che da solo non
riesco a diventare”.
Potremmo così dire che ciascuno sposa nell’altro qualcosa di specifico.
L’equilibrio tra fattori di ripetizione e fattori innovativi è un elemento centrale dell’osservazione
clinica che consente di comprendere il tipo di investimento che i partner hanno effettuato l’uno
nell’altro.
Alcuni autori (Laing, 1961; Norsa, Zavattini, 1997; Corigliano, 1999) hanno messo in evidenza il
tema della collusione quale partecipazione collaborativa inconscia, alla condivisione di aspetti del
proprio mondo interno e alla preclusione di altri mediante difese comuni.
In questo senso il legame tra i partner offre alcuni benefici e richiede alcune restrizioni, le restrizioni
psichiche ai quali i soggetti sono chiamati sono una rinuncia a una parte della realtà interna che li
caratterizza e contraddistingue. Ciò avviene all'inizio del legame senza apparente sforzo e rimane
tollerabile all'interno di un’economia psichica ove il legame assume in cambio un certo numero di
benefici nei confronti dei soggetti, quali ad esempio la costruzione di meccanismi difensivi comuni e
la strutturazione di un’area di idealità condivisa.
Potremmo dire così che ogni coppia ha bisogni da soddisfare e angosce da cui difendersi.
La fondazione del legame ha come effetto un'alleanza inconscia (Eiguer e al., 1986; Kaës, 2010) che
assicura, mediante azioni comuni, gli interessi condivisi e gli investimenti vitali per la conservazione
del legame e per l'equilibrio emotivo dei suoi componenti.
Non si tratta tuttavia di stipulazioni inconsce definitive, esse vengono messe alla prova dallo scorrere
del tempo e dal divenire processuale dell'esistenza umana.
I meccanismi comunicativi tra i partner avvengono sul piano profondo, mediante proiezioni e
identificazioni proiettive che assegnano e inducono, con diversi gradi di intrusività, l’assunzione di
relazioni di ruolo intrapsichiche.
La relazione intima adulta può essere intesa come un contenitore emotivo (Colman, 1993) per i
partner e di integrazione di aspetti di sé. Dobbiamo infatti prevedere che una quota di aspetti di
incoerenza del Sé possa essere attribuita al partner il quale viene assunto in qualità di custode e
interprete di quegli attributi e caratteristiche vissuti come intollerabili e inavvicinabili al proprio
interno, ma con i quali si può avere a che fare a distanza, usufruendo anche di una funzione di rêverie
che consente la possibilità di reintroiettare i contenuti bonificati.
Quando però i contenuti proiettati sono in esubero, o il contenitore che li riceve è fragile o instabile
la relazione può andare in affanno, condizione che spesso accompagna le coppie che chiedono un
aiuto esterno.
L’intensità della pressione intrusiva risulta proporzionale all’impulsività del bisogno
disappropriativo, che mette in moto i meccanismi difensivi di scissione e proiezione, difese
transpersonali di esportazione della sofferenza nell’altro. Retrostante a questa operazione è presente
l’inconscia speranza di avere l’opportunità, prima o poi, di reimpossessarsi gradualmente di quelle
parti scisse di sé.
Che ne farà a questo punto il partner? Quanto “messo” nell’altro può incontrare in quest’ultimo una
risonanza particolare, ossia un’equivalente o complementare area conflittuale irrisolta e non
raramente accade che egli utilizzi le identificazioni proiettive ricevute per le proprie esigenze

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difensive. L’altro infatti non è mai unicamente un ricettore passivo, ma ha la possibilità di assumere,
rifiutare o modulare quanto gli viene attribuito.
Nelle coppie problematiche non raramente, in una prospettiva di reciprocità, il partner “utilizza”
quanto assegnato, mettendo in forma le proiezioni, sulla base delle proprie necessità difensive,
procedendo, a sua volta, a effettuare una speculare operazione proiettiva. In questo modo si viene a
determinare la formazione di un aspetto del sé complementare all’oggetto.
Quando la trama si fa fitta, si può creare un griddlock proiettivo (Morgan, 1995), un incastro (Dicks,
1967), che disegna la relazione e garantisce il mantenimento dei reciproci assetti difensivi, abbattendo
i confini dell’Io.
Si crea una grande confusione, non si capisce più cosa appartenga a chi, se l’altro è se stesso o è ciò
che è necessario che sia, e soprattutto in che misura.
La relazione è così strutturata prevalentemente quale presidio difensivo.
Quando un paziente esternalizza in maniera massiccia aspetti di sé, collocandoli stabilmente nel
partner, che viene vissuto come una “spina nel fianco”, ciò che può accadere è che certi contenuti non
risultino raggiungibili e disponibili all’elaborazione analitica all’interno del setting individuale. Ciò
a causa dell’intensa disappropriazione che non rende possibile una forma di identificazione con i tratti
rappresentati dall’altro.
Nelle situazioni di fusione simbiotica può essere difficile il lavoro analitico sul piano individuale e
può rendersi necessario prevedere un approccio congiunto che favorisca la ricomposizione delle
scissioni e l’avvio di processi di differenziazione psichica.
Nella tradizione psicoanalitica di studio e di ricerca sulla coppia molta enfasi è stata posta su una
prospettiva interpretativa che privilegia la relazione quale luogo di saldatura, spesso eccessiva, delle
rispettive identità dei partner.
La teoria delle relazioni oggettuali ha fornito un quadro interpretativo nel quale, in una logica di
reciprocità, ciascun soggetto “utilizza” l’altro per regolare il proprio assetto psichico ed emotivo.
Tuttavia in questo modello l’accento rimane focalizzato sui contenuti della mente individuale, sui
processi che avvengono nei singoli all’interno della loro relazione.
L’esame e l’interpretazione delle collusioni che risultano dalle identificazioni proiettive incrociate ha
costituito un primo tentativo di mettere a fuoco le dinamiche intersoggettive. Per quanto assistiamo a
situazioni nelle quali vi siano corrispondenze e complementarietà davvero straordinarie, pur talvolta
nella loro problematicità, situazioni che creano relazioni molto compenetrate, in cui il livello di
dipendenza reciproco e di fusionalità simbiotica è estremamente elevato, la relazione in quanto tale
richiede ulteriori fattori di analisi.
Certamente l’ipotesi che i conflitti intrapsichici diventino conflitti interpersonali e che la relazione
diventi il luogo dell’inconscio ha un grado di funzionalità. Essa però mette in evidenza le componenti
di similitudine e corrispondenza, i tratti comuni o comunque assimilabili tra i soggetti, e anche
l’impostazione terapeutica conserva un approccio ancora individuale. Ossia non riesce a spiegare
compiutamente la proprietà unica che ogni rapporto ha di per sé, ciò che lo distingue dalle altre
relazioni, la qualità della sua terzietà.
Per esempio dal punto di vista tecnico l’attenzione viene indirizzata, in termini ricostruttivi, verso la
conoscenza delle pregresse esperienze dei singoli, al fine di rintracciare quanto di irrisolto possa
trovare ripetizione nel legame attuale, ossia di quale contributo ciascuno sia portatore sulla base degli
elementi presenti nel proprio mondo interno.

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Il percorso di conoscenza si articola perciò dai soggetti alla relazione di coppia, seguendo un tracciato
lineare ricostruttivo.
Se consideriamo l’incontro con l’altro come un incontro soggetto a soggetto e non soggetto a oggetto,
e qui entra in gioco tutto il portato intersoggettivo, dobbiamo considerare, oltre agli aspetti di
corrispondenza, il ruolo degli aspetti di differenza, di difformità tra i soggetti e come questi vengono
processati nella coppia.
Cosa accade a tutto ciò che eccede la dimensione identificatoria? Rimane ai margini, misconosciuto
in quanto non solubile nei processi identificativi?
Certamente gli aspetti più estranei al sé impongono un intenso lavoro psichico, che in qualche modo
credo sia potenzialmente attivo in ogni legame e che rappresenti lo spunto più fecondo. Il risultato è
quanto di nuovo si viene a determinare nella relazione. È l’aspetto innovativo, creativo, peculiare di
ogni coppia. È “quel qualcosa in più” del soggetto, parafrasando il BCPSG.
Dovremmo così riconoscere che ogni legame di coppia rappresenta per l’individuo un evento unico,
complesso e multideterminato ove le costanti personologiche possono essere interpretate come stati
potenziali, attitudini e predisposizioni d’ingaggio relazionale che trovano espressioni, più o meno
parziali, ma certamente diversificate tra loro (Monguzzi, 2006, 2010). Per quanto vi sia un’attenzione
selettiva che conduce a essere attratti da partner con tratti comuni, e a rivolgersi a loro con i medesimi
presupposti, la quota di irriducibile alterità rappresentata dall’altro impedisce al soggetto di
completare l’investimento identificativo dell’altro da sé e lo induce nel tempo a riconsiderare alcuni
aspetti della propria esperienza sulla base di un’elaborazione comune. Ciò spiega in parte perché un
soggetto possa avere una relazione insoddisfacente e disfunzionale con un partner ma averne una
soddisfacente e funzionale con un altro.
Ecco, perché credo che, per comprendere le configurazioni attuali della relazione di coppia, conoscere
il passato remoto dei singoli partner sia condizione necessaria ma non sufficiente, e occorra anche
comprendere il peso del passato prossimo, ossia la specifica storia interattiva ed emotiva della diade.
In altre parole credo che se vogliamo lavorare in una prospettiva di psicoterapia di coppia e non di
psicoterapia in coppia occorra predisporre un approccio che prenda in carico la diade nella sua unità,
lavorando fin da subito direttamente sulla sua struttura fantasmatica, sui suoi processi, le sue
produzioni, lo stato delle sue elaborazioni congiunte.
I problemi relazionali all’interno di una coppia possono presentarsi nel contesto di diversi disturbi e
associarsi a vari livelli di psicopatologia individuale. Ma possono insorgere anche in pazienti non
affetti da particolari condizioni cliniche, non portatori di atteggiamenti o comportamenti disturbati in
termini generali. Certamente alcuni assetti od organizzazioni psichiche possono essere maggiormente
esposte o predisposte a strutturare legami disfunzionali. Tuttavia la dimensione intersoggettiva
rimane un fattore predominante facendo si che non sia solo cosa di un funzionamento psichico
individuale trovi espressione ma soprattutto come. Mi riferisco a modalità, intensità, pervasività,
durata, possibilità di usufruire di contenimento.
Se assumiamo che si riprende una vecchia battaglia con un nuovo nemico, dobbiamo infatti
domandarci la qualità del nuovo nemico, un fattore che diviene determinante.
La patologia del legame non ha una corrispondenza lineare con la patologia individuale perché la
patologia dei legami intersoggettivi non è una proprietà individuale. In questo senso la coppia si
configura come un’entità unitaria con qualità mentali differenti da quelle del piano individuale.

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In tale direzione trovo conforto, anche nella letteratura più recente, proveniente dagli studi dell’infant
research e dalla loro applicazione nell’ambito della psicoanalisi, che suggeriscono una revisione del
peso degli aspetti più deterministici e dei fattori di attualizzazione e che stimolano il passaggio da
una prospettiva più tradizionale a una più sensibile ai fattori legati alle proprietà dell’incontro
intersoggettivo.
Il concetto di legame implica l’ampliamento dello spazio psichico, del luogo immaginario simbolico
ove la relazione si svolge. I partner dipendono emotivamente non solo da quanto si offrono
vicendevolmente, ma anche dallo stato della relazione che insieme contribuiscono a creare.
Nell’essere soggetti del legame i partner ne sono al contempo assoggettati. Ciò lo vediamo bene nelle
situazioni più compromesse ove sono vincolati rigidamente da una complementarietà scissa.

L'assetto mentale del terapeuta al lavoro con la coppia

Nel lavoro terapeutico con le coppie un ascolto orientato in favore degli elementi congiunti e unitari
appare molto utile, in primo luogo per contrastare il continuo sbilanciamento tra le singole prospettive
dei partner e i relativi aspetti di concorrenza e conflittualità.
Diversità spesso più apparenti che reali. Esse possono trovare una ricomposizione in un quadro
integrativo se continuamente messe in connessione ma soprattutto se ricomposte all'interno di una
matrice mentale unitaria.
Se assumiamo la coppia come paziente gli aspetti individuali possono essere ascoltati quali elementi
necessariamente parziali, frammenti di una struttura più ampia.
Il legame di coppia si presenta all’osservazione come un campo all’interno del quale ognuno è se
stesso e non lo è, e ove ciascun partner presta i propri tratti specifici per il mantenimento
dell’equilibrio complessivo della relazione. In questo la coppia risulta anche un luogo di
mimetizzazione, ad esempio non sempre il componente che può apparire nei suoi aspetti più
evidentemente problematici è detto che lo sia, o che lo sia nella misura in cui appare, e che l’altro ne
subisca gli effetti o sia la vittima.
Potremmo dire che i partner non debbono essere presi troppo sul serio nelle loro singole posizioni,
ma messi in sospensione. Ciascuno è a turno il “porta parola” o “porta sintomo”, colui che è nelle
condizioni di rappresentare stati emotivi e psichici appartenenti alla diade.
Nei trattamenti di coppia il funzionamento psichico individuale viene osservato con particolare
attenzione al mantenimento della relazione con l’altro, e naturalmente con il terapeuta, il cui compito
è quello di intervenire sul legame quale funzione tra le due menti.
I partner portano la loro relazione e loro stessi all’interno della relazione, e questo è unicamente il
contesto nel quale la loro soggettività può essere compresa.
I cambiamenti individuali sono obiettivi conseguenti ma indiretti, ossia non sono lo scopo primo
dell’azione terapeutica, anche se le psicoterapie di coppia mettono in gioco le problematiche dei
singoli nei loro aspetti più profondi.
Durante le sedute il discorso latente della coppia non si interrompe mai ma rivela, mediante un casting
di personaggi e situazioni, un succedersi associativo di argomenti, quanto essa sta affrontando.

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(esordio di seduta)
Lei: sono molto stanca oggi. Ieri lui è andato a fare la spesa ed è tornato con due chili di caramelle
e una bottiglia di aceto schifoso, gli avevo chiesto di comprare l’aceto per l’insalata e (rivolta a lui)
guarda con cosa sei tornato... ma è possibile?
Lui: mi sembrava foste (lei e i figli) senza caramelle; ho sempre preso quella marca d’aceto e poi lo
usiamo solo una volta l’anno...
Lei: ... tutte quelle caramelle?! Pensi che siamo ancora piccolini?! Chi le mangia adesso...?
Lui: a me piacciono molto... (ridendo)
Lei: l’aceto, l’aceto ti avevo chiesto! Accidenti! Sono proprio stanca, pensi che ho mollato i prodotti
che dovevo consegnare ad un cliente...via, via! Senza neppure fermarmi a contrattare... lo farò
poi...speriamo...!
(silenzio)
Lei: in azienda sono arrivati degli studenti universitari, gli amministrativi mi avevano detto se potevo
far fare loro solo un giro, poi i progetti glieli avrebbero spiegati loro. Io l’ho detto: solo un giro...
poi i progetti glieli spiegate voi... invece oggi quando sono arrivati non c’era nessuno... tutti in
vacanza... ed toccato a me...
Lui: io sono arrabbiato per il telefono... la scheda telefonica. Sono andato alla compagnia telefonica,
ho dovuto litigare, mi hanno detto che il mio abbonamento non è più valido... mi sono arrabbiato...
altro che “tutto intorno a te! È “tutto contro di te”!
Lei (sorridente): c’ero anch’io, è la prima volta che l’ho visto arrabbiato... mi è piaciuto molto! Non
ho mai potuto litigare con lui perché non risponde... è frustrante.
(rivolta a lui) tu pensi di essere bravo a non reagire come me...

La coppia pare muoversi intorno ad un tema centrale che è emerso a varie riprese. Lui, un uomo mite
e pacato, cerca sempre di accontentare la moglie che sente profondamente delusa per il loro
rapporto, senza tuttavia riuscire a individuare modalità adeguate. Lei è visibilmente risentita perché
sente che lui non riesce a rispondere ai suoi bisogni, che sono quelli di avere accanto un uomo
maggiormente volitivo e sicuro di sé. Si sente mollata e le viene voglia di mollare per la stanchezza,
come “i prodotti”, senza la possibilità di avere un interlocutore con cui confrontarsi, con cui
“contrattare”, sente il marito vacante, si sente sola, percepisce la necessità di farsi carico per
entrambi del governo della loro relazione, “degli studenti da istruire”.
La comunicazione affettiva tra loro appare difettosa, come le linee della compagnia telefonica, anche
lui è molto deluso da promesse inevase: “tutto intorno a te”, dal ritiro affettivo della moglie: “mi
dicono: il mio abbonamento non è più valido” e dal suo risentimento verso di lui “tutto contro di te”,
situazione che lo fa molto arrabbiare e contro la quale protesta, senza tuttavia riuscire a indirizzare
il suo risentimento.
Lei pare finalmente felice quando percepisce in lui un lato di sé deciso e assertivo, desidererebbe che
riuscisse a esprimerlo anche con lei.

Lo scenario che vede rappresentati i rispettivi ruoli evidenzia la relazione tra un oggetto inaffidabile
e deludente e un oggetto richiedente, deluso e risentito. Ciò che prende forma nell’interazione, si
configura quale fantasia inconscia traendo origine nel mondo interno condiviso della coppia. Essa
satura lo spazio terzo della relazione in una combinazione a rinforzo. In alcuni (rari) passaggi di altre

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sedute ho osservato uno scenario nel quale i ruoli si sono invertiti: lei sentiva di deludere lui ed era
preoccupata e a tratti intimorita, lui era nella posizione di aspettarsi, in maniera più aggressiva e
risentita, qualcosa da lei, che non riceveva.
Questo schema di relazione, con alta valenza di elementi provenienti dalle esperienze interne dei
partner, riconduce entrambi al già conosciuto. Nello stesso tempo gli elementi di discordanza tra loro
sono anche espressione della difficoltà a tollerare la realtà dell’esperienza emotiva dell’altro, ossia a
mettersi in contatto con la sua altruità, in una realtà inedita e meno prevedibile.
Il setting prevede un'attenzione e un'interpretazione dei fenomeni che si manifestano nella seduta che
ne rintracci un significato congiunto. Un sogno, un racconto, una fantasia, per quanto siano una
comunicazione individuale rappresentano, in quanto portati nel setting condiviso, l'espressione di
un'organizzazione psichica congiunta, ossia di un "discorso del Noi".
La scelta dei temi, della sceneggiatura, degli esempi portati, oltre le modalità di interagire in seduta,
possono essere considerati significativi della rappresentazione che i componenti hanno della loro
identità di coppia e della loro relazione. Alcuni autori hanno definito questo aspetto identitario come
Sé coniugale (Eiguer, 1986) o Senso del Noi (Norsa, Zavattini, 1997).
Al terapeuta spetta il compito di mantenersi prossimo al filo del discorso che la coppia ha avviato
seguendone le evoluzioni, e, come vedremo, identificando il tema inconscio condiviso emergente
dalla seduta.
Consideriamo il vissuto e l'esperienza emotiva che caratterizza due partner che richiedono un
incontro. Esso è caratterizzato da un coacervo di emozioni che vanno in direzioni differenti. Da una
parte il desiderio e la speranza che l'incontro possa favorire il nascere di una possibilità positiva e
possa fornire sollievo dalle tensioni e dalle incomprensioni, dall'altra i timori e gli scetticismi che
l'incontro possa riservare ulteriori sofferenze, procurare ferite, risultare vano o peggio far emergere
incompatibilità definitive, con i relativi scompensi emotivi.
Frequentemente questo genere di sentimenti si presentano articolati in un gioco di ruoli nei quali
ciascun componente si fa portavoce di un lato. Pensiamo alle situazioni nelle quali un paziente ha
coinvolto nel percorso di coppia l’altro, il quale ha opposto resistenza o è presente in maniera scettica.
L'incontro clinico avviene in un setting caratterizzato dalla presenza dell’altro, quindi non vi è solo il
partner rappresentato, come nel setting individuale o gruppale, ma anche il partner reale. Un percorso
clinico comune significa esporre le proprie fantasie, angosce e pensieri alla presenza dell’altro
(Fisher, 1999).
La seduta congiunta sollecita le fantasie circa il livello di sofferenza che potrebbe derivarne e che
entrambi sono disposti a sopportare e ad accettare di provocare nell’altro. L’esperienza insegna come
una delle prime domande che ciascun membro della coppia si pone sia proprio: “come farò a
comunicare questo aspetto di me all’altro?”, “quello che dirò come potrà modificare il clima del mio
matrimonio e ciò che l’altro pensa di me?”.
La situazione clinica viene tuttavia anche vissuta quale elemento di garanzia “solo qui parliamo”,
oltre che di modulazione della quota emozionale in esubero: un luogo protetto; il setting congiunto
infatti ha una duplice funzione, quella di contenere la relazione con ma anche tra i pazienti.
Se il terapeuta ascolta le comunicazioni della coppia da una posizione terza, ricomponendo dentro di
sé le scissioni potrà offrire ai pazienti un’esperienza molto importante, quella di riflettere su di sé
come coppia, un fattore terapeutico determinante.

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Lo stare in seduta con la coppia implica assumere una posizione che oltre a prevedere una sufficiente
mobilità identificatoria, ossia la capacità di partecipare dinamicamente all’esperienza emotiva dei
soggetti coinvolti, sapendosi disporre flessibilmente dentro di sé nella posizione che occorre per
incontrarli, anche la capacità di mantenere uno stato mentale di coppia (Morgan, 2003), ossia di
restare all’esterno della relazione riflettendo sulla relazione stessa. Tale assetto mentale risulta un
importante fattore di contenimento.
Al fine di comprendere meglio il senso di questa posizione Mary Morgan afferma la necessità che lo
psicoterapeuta di coppia abbia nella mente l’idea di ciò che può essere una coppia creativa:

La “coppia creativa” è quella in cui esiste la capacità di separatezza e di differenza, la
consapevolezza della dipendenza, e una certa capacità di riflettere su se stessi e di gestire l’inclusione
e l’esclusione. Essa è fondamentalmente creativa perché c’è la consapevolezza della relazione come
una terza cosa, che gli individui creano insieme tra loro, alimentano e permettono di svilupparsi e
alla quale si rivolgono come a una risorsa. (Morgan 2003)

Avere in mente la relazione come atteggiamento mentale di fondo può significare immaginare un
triangolo coniugale creato da ciascuno dei due membri e dalla loro relazione come elemento terzo,
che assume una propria aggiuntiva identità, che può favorire come interferire con i bisogni e gli
interessi dei due membri (Lupinacci, Zavattini, 2013). E’ il tema della terzietà asfittica e soggiogante
(Ogden, 1999) rispetto a una terzietà più insatura e creativa.
Lo stato mentale di coppia sollecita gradualmente la formazione di uno stato analogo nei pazienti,
portando con sé anche l’acquisizione di una prospettiva di reciprocità, che può relativizzare le
posizioni individuali e nel contempo distinguerle.
In questo senso è importante che i pazienti colgano, nel tipo di ascolto prima ancora che nei suoi
interventi, che il legame che li unisce è l’oggetto privilegiato di analisi e investimento da parte del
terapeuta.
Naturalmente questo processo può essere lungo e piuttosto laborioso e all’inizio i partner possono
non essere disposti ad abbracciare una terza posizione e sentirsi minacciati dal tentativo del terapeuta
di fare ciò, specialmente quando vi sono forti necessità di un contenimento individuale esclusivo.
Possedere una rappresentazione sufficientemente complessa della relazionalità del rapporto può
aiutare i pazienti, ma anche lo psicoterapeuta stesso nella modulazione delle sue risonanze
controtransferali. Nel lavoro con le coppie infatti può essere più difficile mantenere una posizione
equilibrata nell’uso dell’interpretazione. Il rischio che si può facilmente correre è quello di una
collusione, di un apparentamento emotivo con le ragioni di uno o l’altro dei due partner che, se
mantenuto attivo a lungo, compromette le possibilità di interventi funzionali, facendo facilmente
scivolare nell’area del giudizio.
Questo assetto mentale può avere la sua utilità anche nel lavoro analitico con i pazienti individuali,
contribuendo, nella dimensione controtransferale, alla formulazione di una rappresentazione del
partner evocato e della relazione di coppia, che si avvale di una prospettiva modulata.
Vi sono due aree di interpretazione che a mio parere costituiscono lo specifico del lavoro analitico
con i pazienti in coppia.
Il primo è l’interpretazione del sistema di mutue proiezioni, gli agganci, i rapporti di sponda e le
dinamiche risultanti. Questa operazione mette in evidenza il gioco di rimandi e conferme interno alla

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diade, confrontando i pazienti con il loro modo di esprimere nella relazione bisogni e difese, e può
portare a una risignificazione in senso circolare della sofferenza presente all’interno del rapporto.
Il più delle volte occorre qualche tempo per mettere a fuoco con sufficiente chiarezza il rapporto tra
i ruoli, poiché, a causa delle dinamiche transferali e controtransferali, possono risultare chiare le
difficoltà di un partner o quanto uno contribuisca al funzionamento psichico ed emotivo dell’altro ma
non viceversa, specialmente nelle situazioni nelle quali uno dei due è portatore di un sintomo o si
propone o è spinto ad assumere il ruolo di paziente designato.
Una seconda area, piuttosto affascinante, riguarda l’interpretazione delle rappresentazioni, delle
fantasie inconsce e della struttura affettiva latente della coppia, argomento che ci conduce al prossimo
paragrafo.

La centralità della risonanza fantasmatica nel legame di coppia.

Vorrei a questo punto soffermarmi sugli elementi centrali intorno ai quali ruota il perno delle
problematiche inconsce della coppia.
Il concetto di risonanza fantasmatica proviene dalla tradizione psicoanalitica francese nei lavori di
Anzieu (1975), Kaës (1976) e si riferisce a quanto avviene nello spazio transizionale del gruppo.
Nella stessa traiettoria si inseriscono i lavori di Dicks (1967) e Willi (2015) sul tema della collusione
fantasmatica nella coppia ma anche i lavori Ruffiot (1979) e Eiguer (1987) che indagano i processi
di interfantasmatizzazione tra i partner.
Possiamo pensare alla presenza di un inconscio interpersonale (Scharff & Scharff), una mente
congiunta (Ringstrom, 2017), a un funzionamento di legame (Kaës e al., 1998, Nicolini, 2001; Puget,
1996), a un apparato psichico congiunto (Eiguer e al., 1986), tutte concettualizzazioni queste e altre
che, rimandano all’esistenza di un campo intersoggettivo quale area terza all’interno della quale
prendono forma fantasie, rappresentazioni, difese, la cui origine è difficile da ricondurre, in termini
esaustivi, ai tratti dell’uno o dell’altro componente della coppia. Non si tratta infatti di un processo di
adattamento ma di una combinazione dinamica.
Questo genere di produzioni fantasmatiche si realizza infatti come proprietà emergente seguendo, nei
suoi sviluppi, un percorso peculiare e inedito dato dalla processualità elaborativa della coppia.
Gli elementi intorno ai quali si coagulano gli psichismi possono essere diversi, per esempio attinenti
all’area del “familiare”, come mandati e mitologie transgenerazionali, tra questi assume una rilevanza
particolare la rappresentazione della coppia interna (J.E. Scharff, D.E. Scharff, 1991) un’immagine
interiorizzata della coppia come insieme e della qualità del legame tra i suoi componenti.
La coppia interna è un modello interiorizzato relativo a ciò che più probabilmente potrà accadere
all’interno di una relazione a due. Essa è una rappresentazione dei singoli soggetti che integra le
esperienze relazionali di coppia, a partire da quelle primarie, quale, ad esempio, la rappresentazione
della relazione coniugale intercorrente tra i rispettivi genitori, proseguendo con gli accoppiamenti
successivi, ad esempio, quelli adolescenziali e i legami significativi, sino ai giorni attuali.
In quanto esperienza rappresentata è un’immagine ovviamente non isomorfa agli elementi reali o
osservabili, non assimilabile agli eventi o a i ricordi coscienti, è il risultato di una elaborazione interna,
di un processo di astrazione, fantasmatizzazione e distorsione emotiva.

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Il fantasma inconscio di un partner può essere un attrattore regressivo per l'altro che si identifica e vi
prende parte, poiché sono presenti aree mentali qualitativamente analoghe che determinano la
condivisione di alcuni vissuti emotivi, seppur con sfumature individuali diversificate.
Alcuni autori (Teruel, 1966; Norsa, Zavattini, 1997) dal versante della teoria delle relazioni
oggettuali, hanno parlato di oggetti interni condivisi nei termini del prototipo di una relazione del Sé
con un oggetto interno, relazione carica di implicazioni affettive che ha acquistato un significato
intensamente condiviso all’interno della dinamica della coppia in grado di innescare nell’attualità una
specifica costellazione di fantasie, di vissuti emotivi e adattamenti difensivi. Questo aspetto lo
possiamo vedere messo in scena ove ciascuno occupa una posizione nella configurazione o scena
modello (Corigliano, 1999; Losso, 2005), posizioni a volte più stabilizzate e a volte più dinamiche,
ma ove si coglie come entrambi i partner reagiscano contro un comune oggetto interno persecutorio
o idealizzato. Essi condividono così analoghi stati mentali, al di là del conflitto manifesto.
L’universo simbolico della coppia raccoglie rappresentazioni, ansietà, ideali e difese combinate, e
struttura una sensibilità affine, crea un’intesa emotiva, assume una funzione rassicurante,
contribuendo a fondare il senso di appartenenza e continuità, poiché assicura anche la prevedibilità
della risposta dell’altro. Potremmo dire che per molte situazioni pare valere il principio per cui una
cattiva certezza è preferibile a un’incertezza.
Nello stesso tempo l’intensità emotiva è anche alla base dei conflitti: ciò che è scisso o rimosso
nell’uno può essere espresso dall’altro secondo una modalità agita o del pensiero cosciente, il conflitto
insorge proprio dal vedere evidenziati questi aspetti.

Nel corso della psicoterapia di Mara e Luigi si ripete uno schema relazionale ove Mara risulta
l’elemento esposto e dominante, Luigi appare in una posizione maggiormente sottoposta.
La crisi tra loro è caratterizzata da intensi conflitti, ove lui lamenta la rigida direttività della moglie
e i suoi modi aggressivi e intrusivi. Lei si difende dalle accuse e lamenta la perenne insoddisfazione
di lui rispetto alla vita e le minacce di rottura del rapporto che periodicamente riceve.
Mara ha un bisogno fusionale di vicinanza, ma lo spazio che prevede accanto a sé è definito solo da
lei, in una maniera rigida e a tratti dispotica.
Luigi esprime il desiderio di momenti di tranquillità, nei quali stare insieme ma distanziati, ad
esempio in casa ma immersi ognuno nelle proprie attività, ma non sente di trovare spazio a
sufficienza a causa dell’intrusività di lei. Quando l’insistenza di Mara diviene intollerabile Luigi si
inalbera allontanandosi e minacciando di interrompere il loro rapporto, condizione che spaventa lei
e la porta a ritirarsi.
Questo andamento appare interpretabile anche come una sorta di meccanismo di eteroregolazione
emotiva proprio della diade.
Controtransferalmente mi sono simpatici e avverto uno sfondo affettivo intenso tra loro. Assistere
alla loro interazione conflittuale preme su di me provocandomi a tratti un moto di solidarietà verso
di lui.
Nel corso delle sedute inizio a cogliere, con maggior chiarezza, i movimenti proiettivi di Luigi che
ingaggiano lei a farsi carico di momenti e questioni della loro vita personale e professionale: un
certo suo lasciare in sospeso, farsi da parte, evocare dubbi, salvo poi lamentarsi di essere stato
coinvolto in decisioni e iniziative che non gli corrispondono. Mara raccoglie questi inviti, si
impossessa delle questioni e le dirige nella direzione a lei più congeniale.

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Questa realizzazione mi ha permesso il recupero di una posizione più funzionale a cogliere la
complessità della loro relazione e anche i sentimenti nei loro confronti mi sono sembrati più
bilanciati.
Un altro aspetto dell’andamento della loro relazione appare rappresentato in due episodi
emblematici.
In uno di questi, che si è più volte ripetuto, lei lo controlla e redarguisce perché fuma eccessivamente
e lui si risente e protesta “è mai possibile?!” commenta lui.
Al rovescio, in un’occasione, in un negozio, lei prova dei vestiti chiedendo a lui un consiglio, lui le
propone un capo, a lei non piace, “troppo serio”. Al momento di pagare gli acquisti lui arriva alla
cassa con l’articolo e insiste perché lei lo acquisti. Lei si irrita e dice che lui, come altre volte, vuole
che lei si vesta come piace a lui.
Nella risonanza fantasmatica della coppia, mi sembra di poter cogliere un tema inconscio condiviso
che si ripete, rappresentato in queste sequenze interattive.
Mara e Luigi appaiono entrambi alle prese con un medesimo conflitto interno legato a due istanze
psichiche: da un lato il bisogno imperioso dell’altro a supporto di un sé fragile e incompleto,
l’angoscia della separatezza e del contatto con la qualità differenziante dell’altruità, dall’altro il
bisogno di una dimensione distintiva e qualificante del sé, che permetta il riconoscimento in una
identità soggettiva.
Così, vivono, nel loro gioco di ruoli, un incessante cercarsi e respingersi che mi pare contenga sia
una dimensione di dipendenza e di controllo dell’altro, di spinta o di inseguimento dell’oggetto, sia
una dimensione di sostegno alla realizzazione di sé e di integrazione di parti scisse, quindi
maggiormente all’insegna di una tensione evolutiva, fattore quest’ultimo prognosticamente più
positivo. Diviene visibile infatti l’attitudine difensiva, di elusione degli aspetti più sofferenti e
inquietanti di sé e la destabilizzazione che ne nasce quando questi sono evocati dal partner, il quale
mi sembra che, oltre a utilizzare le fragilità dell’altro in favore delle proprie necessità, esprima anche
una sorta di premura affettiva e di tentativo di contrastare la scissione.

In conclusione, nel corso del processo terapeutico, nonostante gli aspetti contrappositivi, diviene
possibile cogliere, a volte per istanti limitati, la sottesa complicità che cela l’accordo inconscio intorno
a contenuti che hanno costituito gli attrattori originari e che continuano a costituire il fondo dell’intesa
tra i partner. Non sempre i temi condivisi emergono in termini definiti o individuabili, sebbene
l’organizzazione della relazione sia sempre caratterizzata, almeno in parte da fantasie e difese
condivise. In alcuni casi occorre un intenso lavoro per condividere con i pazienti un’idea di
reciprocità, e questo a volte può rappresentare già l’obiettivo di un percorso.
In termini generali il lavoro terapeutico con i partner ha come finalità ultima l’acquisizione di un
grado appropriato di separatezza psichica e la liberazione del legame dalle collusioni difensive più
stagnanti e antievolutive.
Quando i processi decollusivi hanno preso avvio è possibile che uno o entrambi i componenti la
coppia, riconoscendo i propri aspetti problematici, giungano a chiedere un aiuto individuale.
Per le coppie di quest’epoca, il cui legame appare confusamente sospeso tra l’investimento
assolutizzato nella ricerca di una conferma identitaria, e la fuga nella fantasia di autorealizzazione del
sé, l’incontro con un modello della mente di coppia sufficientemente articolato risulta molto prezioso.

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Viceversa lo psicoterapeuta che si occupa di coppie si trova sollecitato sul versante della propria
coppia interna, chiamato a mettere alla prova continuamente la sua rappresentazione di ciò che può
essere considerata una coppia creativa.

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Riassunto
In questo lavoro viene prospettata un’interpretazione del legame di coppia quale esito di processi
intersoggettivi non riconducibili esclusivamente all’incastro di tratti e caratteristiche personali che si
palesano nel rapporto col partner. La coppia viene intesa quale un’entità unitaria con qualità mentali
differenti da quelle del piano individuale. Conseguentemente l’intervento terapeutico si avvale di un
approccio che prevede una presa in carico della diade nella sua unità, lavorando fin da subito
direttamente sulla sua struttura fantasmatica, sui suoi processi e le sue dinamiche, le sue produzioni,
lo stato delle sue elaborazioni congiunte.
PAROLE CHIAVE: accordo inconscio; legame; stato mentale di coppia

Abstract One of two. The pair bond in a psychoanalytic perspective
In this paper, an interpretation of the couple's relationship is presented as the outcome of
intersubjective processes that cannot be traced exclusively to the interlocking of traits and personal
characteristics that are revealed in the relationship with the partner. The couple is understood as a
unitary entity with mental qualities different from those of the individual plan. Consequently, the
therapeutic intervention makes use of an approach that envisages taking charge of the dyad in its
unity, working immediately on its phantasmatic structure, on its processes and its dynamics, its
productions, the state of its joint processing.
KEY WORDS: unconscious agreement, link, mental state of couple

Fabio Monguzzi
fabio_monguzzi@yahoo.it

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