Una nuova geografia della cittadinanza sociale? Assetti e traiettorie di sviluppo del welfare territoriale a vent'anni dalla legge 328/00 ...
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Call for abstracts Una nuova geografia della cittadinanza sociale? Assetti e traiettorie di sviluppo del welfare territoriale a vent’anni dalla legge 328/00 Focus 3/2020 Curatori: Marco Arlotti, Stefania Sabatinelli Scadenza invio abstract: 31 Gennaio 2020 Scadenza invio articolo: 31 Maggio 2020 Nell’arco degli ultimi decenni le disuguaglianze si sono fortemente allargate ed aggravate nella gran parte dei paesi occidentali (Barca et al. 2019). Tale processo ha visto non solo un incremento dei divari dal punto di vista dei rapporti fra classi sociali, ma anche una crescente divaricazione fra aree territoriali all’interno dei paesi stessi (Saraceno e Saraceno 2019) che ha investito sia la componente economica, sia quella connessa al funzionamento delle politiche redistributive di accesso a servizi fondamentali (Barca 2017), inclusi quelli di welfare. Il caso italiano non sembra immune da queste tendenze (Cannari, Viesti e Zanardi 2019). A questo proposito se consideriamo, nello specifico, le politiche di welfare possiamo osservare come le distorsioni strutturali di fondo del sistema di protezione sociale hanno compresso tradizionalmente la capacità redistributiva delle politiche da un punto di vista socio-economico (insiders vs outsiders), così come a livello territoriale (nord vs sud), a fronte della forte preminenza di politiche assicurative che hanno favorito una distribuzione di risorse a favore delle aree più ricche e sviluppate del paese (Fargion 2005; Kazepov 2009). A tale aspetto si aggiunge la configurazione specifica assunta dalle politiche socio-assistenziali, ed in particolare dalla componente dei servizi sociali, tradizionalmente affetta da marginalità delle risorse investite, debolezza dello status normativo (non rappresentano diritti soggettivi esigibili) e forte grado di disuguaglianza e frammentazione territoriale nello sviluppo (Benassi 2012), non solo a livello inter-regionale, ma anche infra-regionale (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 2018). Le politiche di austerity e i forti tagli alla spesa pubblica registrati nel corso degli ultimi anni non hanno che accresciuto tali problematicità (Martinelli 2019).
La forte differenziazione che affligge la struttura dei servizi di welfare territoriale nel nostro paese affonda le sue radici in due “tappe” storiche specifiche di cambiamento istituzionale e di ri- organizzazione nell’architettura territoriale delle politiche. Esse rimandano al decentramento degli anni Settanta e al primo consolidamento dei sistemi di welfare territoriale da un lato; e, dall’altro lato, all’approvazione della legge quadro 328/00 sul sistema integrato dei servizi sociali e al corto-circuito istituzionale che è poi scaturito a seguito dell’approvazione della riforma costituzionale del titolo V all’inizio del 2001. Più in generale, ciò che accomuna queste due “tappe” è il venir meno di una regia nazionale nello sviluppo del welfare territoriale: una forma di decentramento non “coordinato centralmente” che ha accresciuto la già esistente differenziazione territoriale, consolidandola istituzionalmente (Kazepov 2009). Di fatto, nel primo caso con il decentramento degli anni Settanta si è registrata un’importante attribuzione di competenze e funzioni a favore di regioni e comuni nell’ambito delle politiche socio- assistenziali, tuttavia senza alcuna definizione di cornici regolative nazionali in grado di garantire uno “zoccolo” minimo di sviluppo comune del welfare territoriale nel paese (Fargion 1997). Ciò ha determinato un vacuum istituzionale, da cui è discesa una crescente differenziazione delle politiche sociali regionali e locali nel loro complesso, con la previsione di prestazioni, criteri di accesso, generosità degli interventi – meccanismi cruciali per la definizione di sistemi di cittadinanza sociale – fortemente segmentati lungo linee territoriali (Fargion 1997; Saraceno 2005; Kazepov 2009). Sui contorni di tale differenziazione hanno avuto grande influenza le specificità strutturali ed istituzionali dei singoli contesti territoriali, sia in termini di sviluppo socio-economico e dunque di risorse mobilizzabili per finanziare interventi e servizi, sia dal punto di vista delle capacità di governance e degli orientamenti politici dei governi regionali e locali (Fargion 1997; Martinelli 2019). Nel secondo caso abbiamo, più di vent’anni dopo, l’approvazione della legge quadro 328/00. Una legge molto attesa che ha tentato, per la prima volta dopo la legge Crispi del 1890, di ri-ordinare il sistema delle politiche socio-assistenziali nel nostro paese (Mirabile 2005; Kazepov 2009), colmando la lacuna derivante dal decentramento “senza regolazione” degli anni Settanta. Da questo punto di vista, al fine di garantire uniformità territoriale nello sviluppo dei servizi, la legge 328/00 aveva introdotto delle indicazioni specifiche tese ad attribuire in modo chiaro competenze e funzioni ai diversi livelli istituzionali e ai diversi attori. Ciò avveniva attraverso un forte riconoscimento del ruolo dei livelli sub-nazionali di governo, secondo un principio di “sussidiarietà verticale”, ed un coordinamento dello sviluppo del welfare territoriale sia lungo l’asse verticale, con la promozione di una scala di governo sovra-locale (la pianificazione di zona, per superare la frammentazione endemica di servizi e interventi), sia lungo l’asse orizzontale, mediante il coinvolgimento degli attori privati (in primis le organizzazioni del terzo settore) non solo nell’offerta dei servizi ma anche nella definizione e programmazione degli interventi, secondo un principio di “sussidiarietà orizzontale” (Benassi 2012; Ranci Ortigosa e Ghetti 2012). Questo processo avrebbe dovuto essere “accompagnato” dal centro attraverso tre dispositivi strategici: la programmazione nazionale (piano sociale nazionale), il finanziamento nazionale (fondo nazionale delle politiche sociali) e la definizione di livelli essenziali di assistenza (Liveas) (Tangorra 2015). L’impianto e l’intento di puntare ad una maggiore uniformità nello sviluppo del welfare territoriale sono stati, tuttavia, rapidamente e fortemente compromessi a livello politico-istituzionale. In primo luogo, infatti, la stessa maggioranza che aveva approvato la l. 328/00 introdusse a brevissima distanza un’importante modifica costituzionale, la riforma del Titolo V che, attribuendo in via esclusiva alle regioni la competenza sui servizi sociali, ha comportato di fatto uno svuotamento del disegno di riforma tracciato dalla l. 328/00 (Kazepov 2009; Benassi 2012). E’ vero che nel corso degli anni, e al “netto” di una certa conflittualità fra livelli di governo alimentata da una problematica definizione degli assetti inter-governativi (Barberis 2010), diversi degli indirizzi sono stati comunque recepiti a livello territoriale da regioni e comuni: si pensi, per esempio, alla programmazione sovra-zonale e al
coordinamento multi-livello degli attori. Tuttavia, le modalità specifiche di traduzione nei territori sono risultate profondamente differenti, esasperando la già acuta differenziazione locale esistent nell’organizzazione del sistema dei servizi (Ranci Ortigosa e Ghetti 2012). Al contempo, le poche leve di governo comunque rimaste costituzionalmente in capo allo stato centrale – su tutte la possibilità di definire i Liveas, i livelli essenziali delle prestazioni socio- assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale (anche attraverso forme di commissariamento nel caso di mancata garanzia; cfr. artt. 117 e 120 Cost) – non sono state esercitate dai governi centrali nel corso degli anni. Ciò è avvenuto sia per un cambiamento di priorità politiche (la maggioranza di centro-destra che ha guidato il paese negli anni 2001-2006 ha avuto tra le proprie priorità piuttosto lo svuotamento delle politiche di welfare e la loro devoluzione) (Vicarelli 2015), sia per una questione più “strutturale” di investimento di risorse. La definizione dei Liveas sancirebbe, infatti, il riconoscimento di diritti esigibili, i quali implicano lo stanziamento di risorse strutturali, mentre i fondi sociali destinati al welfare territoriale nel corso degli anni hanno registrato un andamento piuttosto ondivago e in contrazione (Tangorra 2015). Infine anche le implicazioni di re-distribuzione territoriale delle risorse inevitabilmente connesse all’introduzione dei Liveas hanno costituito un ostacolo politico non da poco nell’attuazione di questo percorso (Gori 2012). Nel complesso questi processi hanno condotto ad una esasperazione ed istituzionalizzazione delle disuguaglianze nello sviluppo del welfare territoriale nel nostro paese, con dinamiche fortemente dipendenti dalle traiettorie specifiche di consolidamento dei servizi (path depedency) e dalle risorse disponibili nei singoli territori (Kazepov 2009). Un aspetto che, come detto poco sopra, ha teso peraltro sempre più ad affermarsi nel corso dell’ultimo decennio, in un contesto di austerity e di forti tagli alla spesa pubblica (Martinelli 2019). Alcuni autori (Ascoli 2011; Ascoli e Pavolini 2012) hanno, non a caso, avanzato l’ipotesi di una polarizzazione crescente Nord/Sud. Da un lato, le regioni del nord hanno consolidato sistemi locali dei servizi sociali che sembrano più in linea con quelli dei paesi dell’Europa continentale, in termini di struttura e sviluppo. Dall’altro, nelle regioni del sud i sistemi dei servizi rimarrebbero invece intrappolati in assetti tipici dei modelli di welfare mediterranei, in termini di preminenza dei trasferimenti monetari, forte delega alle famiglie dei compiti di cura e di assistenza, particolarismo e clientelismo nei rapporti pubblico-privato (Fantozzi 2011). Un dualismo via via sempre più netto, nonostante i tentativi di riequilibrio territoriale promossi anche attraverso la politica europea di coesione. Gli anni più recenti hanno visto, come è noto, l’introduzione di importanti riforme ed investimenti sul piano nazionale – soprattutto nel campo della povertà, dapprima con il Rei e poi con il RdC, ma anche nell’ambito della prima infanzia, con la riforma del sistema integrato 0-6 – che hanno anche forti ricadute dal punto di vista dell’implementazione di servizi e interventi locali e, dunque, di relazioni multi-livello. Sembra, perciò, delinearsi una nuova fase, le cui implicazioni territoriali devono essere messe a fuoco, così come saranno da approfondire le interazioni con i sistemi di welfare consolidatisi nel tempo a livello regionale e locale. Entro questo cornice generale, a vent’anni dalla congiuntura critica rappresentata dall’introduzione della legge 328/00 e dalla successiva, contraddittoria, riforma del Titolo V della Costituzione, la presente call intende promuovere una riflessione che consenta avanzamenti teorici e interpretativi nello studio dei sistemi di welfare territoriale nel nostro paese, nel solco della letteratura consolidata sul tema (cfr. tra gli altri Fargion 1997; Pavolini 2004, 2008; Madama 2010; Fargion e Gualmini 2012, Barberis e Kazepov 2013), e con particolare riferimento alla dimensione regionale. A questo proposito, saranno considerate proposte che vertano sull’analisi di specifici casi regionali o sulla comparazione tra più casi regionali nel campo delle politiche di welfare territoriale, con riferimento alle politiche nel loro insieme oppure in relazione a settori specifici (es. famiglia, infanzia,
immigrazione, disabilità, non autosufficienza, povertà). In particolare, andranno analizzate le caratteristiche attuali dei sistemi regionali di intervento, nonché la loro trasformazione nel corso del periodo più recente, ponendo attenzione non solo alla dimensione regolativa/normativa, ma anche ed in particolare ai processi di implementazione delle politiche e ai loro impatti a livello territoriale, anche in termini di relazioni multi-livello. Le proposte, sotto forma di long abstract (1.500 parole circa), potranno pervenire in italiano oppure in inglese in base alla lingua prescelta per l’eventuale stesura dell’articolo. Nella proposta dovranno essere chiaramente definiti l’inquadramento teorico, le ipotesi di ricerca, i metodi d’indagine e i principali esiti del lavoro. Le proposte dovranno essere inviate entro il 31 Gennaio 2020 all’indirizzo: politichesociali@mulino.it Agli Autori è richiesto anche l’invio di una breve nota biografica. Gli esiti della selezione verranno comunicati entro il 15 febbraio 2020. Gli articoli finali dovranno essere inviati entro il 31 Maggio 2020 all’indirizzo: politichesociali@mulino.it Tutti gli articoli pubblicati nella rivista sono sottoposti a referaggio anonimo. I referee anonimi verranno individuati dai curatori della call e dalla direzione della rivista. La decisione finale in merito alla pubblicazione degli articoli verrà presa in base agli esiti del referaggio. Gli articoli selezionati saranno inclusi nel focus 3/2020 della rivista, con pubblicazione prevista indicativamente nel mese di Dicembre 2020. Maggiori informazioni e le istruzioni per gli autori possono essere consultate sul sito della rivista: https://www.mulino.it/riviste/issn/2284-2098 Riferimenti Ascoli, U. (a cura di) (2011), Il welfare in Italia, Bologna, Il Mulino, Ascoli, U. e E. Pavolini (2012), Ombre rosse. Il sistema di welfare italiano dopo venti anni di riforme, “Stato e Mercato”, 96, pp. 521-542. Barberis, E. (2010), Rapporti territoriali e coordinamento: una contestualizzazione della governance sociale in Italia, “La rivista delle politiche sociali”. Barberis, E. e Y. Kazepov (2013), Il welfare frammentato: le articolazioni regionali delle politiche sociali italiane, Roma, Carrocci. Barca, F. (2017), Disuguaglianze, rabbia e dimensione territoriale. La faglia città-campagna, le cause e la strategia italiana per contrastarla, Conferenza “Trends in inequality: social, economic and political issues” Istituto Cattaneo, Bologna, Novembre 2-4, 2017, http://community- pon.dps.gov.it/areeinterne/wp-content/uploads/sites/2/2013/11/FB_SlidesBolognaIT.pdf Barca, F. et al. (2019), 15 Proposte per la giustizia sociale. Ispirate dal Programma di Azione di Anthony Atkinson, Roma, Forum Disuguaglianze e Diversità, https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/wp-content/uploads/2019/11/15-proposte-per-la- giustizia-sociale.pdf Benassi, D. (2012), Disuguaglianze nell'accesso al welfare, in D. Checchi (a cura di), Disuguaglianze diverse, Bologna, Il Mulino, pp. 255-286. Cannari, L., G. Viesti e A. Zanardi (2019), Interregional Disparities in Italy: Structural Changes and Public Policies: A Brief Introduction, “Politica economica”, 2, pp. 159-172. Fargion, V. (1997), Geografia della cittadinanza sociale, Bologna, il Mulino. Fargion, V. (2005), From the Southern to the Northern Question: Territorial and Social Politics in Italy, in N. McEwen, L. Moreno (eds.), The Territorial Politics of Welfare, London, Routledge, pp. 127-147. Fargion, V. e E. Gualmini (2012), Tra l'incudine e il martello: regioni e nuovi rischi sociali in tempo di crisi, Bologna, il Mulino.
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