TOOLKIT Contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza per i Comuni e, in particolare, la polizia di prossimità - Ministerio de ...
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Cofinanziato dal programma dell’UE Diritti, uguaglianza e cittadinanza Proximity Policing against Racism, Xenophobia and other Forms of Intolerance TOOLKIT Contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza per i Comuni e, in particolare, la polizia di prossimità Sovvenzione JUST/2015/RACC/AG/BEST/9012
Autori: Carolina Coldeira Fernández e David Martín Abánades (Unità di gestione della diversità della Polizia Municipale di Madrid) Partner: Ministero della Giustizia, Gruppo Anti-Discriminazione e Diritti Fondamentali, Finlandia Polizia Municipale di Riga, Lettonia Polizia Estone e Guardia di Frontiera, Estonia Polizia Metropolitana di Lisbona, Portogallo Università degli Studi di Milano, Italia Associazione TRABE, Spagna Foundation for Access to Rights (Fondazione per l'Accesso ai Diritti), Bulgaria Bradford Hate Crime Alliance (Alleanza contro i Crimini d'Odio di Bradford), Regno Unito Coordinamento: Observatorio Español del Racismo y la Xenofobia (OBERAXE) (Osservatorio Spagnolo del Razzismo e della Xenofobia). Dirección General de Integración y Ayuda Humanitaria. Secretaría General de Inmigración y Emigración. Secretaria de Estado de Migraciones. Ministerio de Trabajo, Migraciones y Seguridad Social Catalogo delle pubblicazioni della Amministrazione Generale dello Stato http://publicacionesoficiales.boe.es © Ministerio de Trabajo, Migraciones y Seguridad Social Pubblicato e distribuito da: Observatorio Español del Racismo y la Xenofobia José Abascal, 39, 28003 Madrid Correo electrónico: oberaxe@meyss.es web: www.mitramiss.gob.es/oberaxe/index.htm NIPO PDF: 854-19-064-2 “Questa pubblicazione è stata prodotta con il sostegno finanziario del Programma dell'Unione europea "Diritti, uguaglianza e cittadinanza. Il contenuto della pubblicazione è di sola responsabilità dei PARTNER del Progetto PROXIMITY, e non può in alcun modo essere inteso come opinione della Commissione Europea” 2
INDICE 1. INTRODUZIONE ..................................................................................................................... 4 2. ANALISI PRELIMINARE ........................................................................................................... 8 3. ELEMENTI ORGANIZZATIVI .................................................................................................. 12 3.1 Capacità decisionali ..................................................................................................... 12 3.2 Organzzazione del servizio di polizia ........................................................................... 13 3.3 Valutazione.................................................................................................................. 18 4 FORMAZIONE E SPECIALIZZAZIONE..................................................................................... 24 4.1 Formazione presso centri formativi ufficiali e/o accademie di polizia ....................... 24 4.2 Formatori o insegnanti ................................................................................................ 27 5 TRATTAMENTO DELLA VITTIMA .......................................................................................... 29 5.1 Assistenza alla vittima nelle strutture della Polizia ..................................................... 30 5.2 Vittimiazione secondaria ............................................................................................. 33 6 COORDINAMENTO CON ALTRI SERVIZI ............................................................................... 35 6.1 Servizi pubblici............................................................................................................. 35 6.2 Organizzazioni sociali. ................................................................................................. 37 7 BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 39 3
1. INTRODUZIONE Il razzismo e la xenofobia sono fenomeni che mettono a repentaglio la coesistenza e la coesione della società nonché le libertà e i diritti fondamentali su cui si basa l’Unione europea. Nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, infatti, la lotta alla discriminazione è citata come uno degli obiettivi e la non discriminazione figura tra i valori condivisi. Gli episodi di razzismo e xenofobia ledono la dignità personale e possono recare danni fisici ed emotivi alla vittima e a tutto il suo gruppo di appartenenza. A causa dei recenti flussi migratori che l’hanno attraversata, l’Europa è diventata una società più multiculturale e ogni anno accoglie migliaia di persone in cerca di un futuro migliore, in molti casi in fuga dalle difficili condizioni in cui versavano nel Paese di origine. Secondo i dati Eurostat di gennaio 2017, 21,6 milioni di cittadini di Paesi non membri sono residenti nell’Unione europea e 36,9 milioni di persone che vivono nell’Unione sono nate in Paesi non aderenti; pertanto 15 milioni di abitanti sono nati al di fuori dell’UE, ma sono cittadini di uno Stato membro. Inoltre, 16,9 milioni di persone sono nate in un Paese membro dell’Unione diverso da quello in cui risiedono1. In una società sempre più pluralista, formata da persone con culture, origini e lingue diverse, raggiungere livelli accettabili di interazioni armoniose è una grande sfida; in molte città europee si è infatti assistito a un aumento degli episodi di razzismo e xenofobia, soprattutto nei quartieri con una nutrita presenza di immigrati. Si tratta di una questione di natura trasversale per cui diverse istituzioni, pubbliche e private, devono agire di concerto e fornire una risposta efficace e di ampio respiro volta ad affrontare le sfide poste dagli atteggiamenti e dagli episodi razzisti e xenofobi, al fine di tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali. Il progetto Polizia di prossimità contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza si pone come obiettivo l’individuazione e la condivisione di strumenti atti ad aumentare la capacità delle autorità locali e, nello specifico, della polizia locale, di riconoscere e combattere razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza. Il progetto è cofinanziato dal programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza dell’Unione europea e si svolge tra il 2017 e il 2019. Tramite l’Osservatorio Spagnolo del Razzismo e della Xenofobia, il progetto è guidato dal Segretariato Generale per Immigrazione ed Emigrazione del Ministero del Lavoro, Migrazione e Sicurezza Sociale spagnolo. Gli altri membri del progetto sono: il Ministero del Lavoro finlandese tramite il Gruppo Anti- Discriminazione e Diritti Fondamentali; la Polizia Municipale e il consiglio comunale di Madrid; la Polizia Municipale di Riga; la Polizia Estone e Guardia di Frontiera: la Polizia di Lisbona; l’Università di Milano; l’associazione TRABE; la Fondazione per l’Accesso ai Diritti e l’Alleanza contro i crimini d'odio di Bradford. I membri associati sono: la 1http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Migration_and_migrant_population_statistics#Main_statistical_findings 4
Coalizione Europea delle Città contro il Razzismo, la Rete Europea delle Poliziotte e il Ministero dell’Interno spagnolo. Per la polizia di prossimità, la vicinanza ai cittadini e la collaborazione con membri delle comunità, gruppi di minoranze, associazioni e ONG rappresentano l’elemento chiave per la lotta a razzismo e xenofobia nei distretti o nei quartieri in cui opera, perché la pongono in una posizione privilegiata per prevenire e individuare xenofobia, razzismo e altre forme di intolleranza. Nell’ambito del progetto Proximity è stato sviluppato un insieme di strumenti (Toolkit) rivolto alle autorità locali, in particolare alle squadre di polizia di prossimità, sviluppato con i contributi e i consigli dei partner nonché con l’opinione di vari esperti, e concepito come guida per migliorare servizi, strutture e metodologie volti a prevenire e combattere discriminazione e/o esplosioni di odio riconducibili a razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza. Pensati per le autorità locali e gli agenti di polizia chiamati ad adottare una metodologia atta a prevenire, rilevare e combattere razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza, questi strumenti hanno lo scopo di fornire le abilità necessarie a individuare gli aspetti più rilevanti e quindi a gestire i problemi in modo più efficace. L’utilizzo degli strumenti proposti presuppone una profonda conoscenza dei quartieri e degli elementi organizzativi della polizia, ad esempio le capacità decisionali del corpo di polizia, la sua formazione, il trattamento delle vittime di questo tipo di reati e il coordinamento con altri servizi e organizzazioni. La conoscenza approfondita del vicinato, gli elementi interni dell'organizzazione di polizia, come la capacità decisionale della polizia, la sua formazione, il trattamento della vittima di questo tipo di eventi o il coordinamento con altri servizi ed entità, sono tutti elementi che da PROXIMITY sono considerati fondamentali da affrontare in questo Toolkit. In quanto membri del progetto Proximity, si ritiene che uno dei pilastri della lotta a razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza e discriminazione sia l’adozione del modello di polizia di comunità. Pertanto si inizierà col definire cosa si intende per “polizia di comunità”. La cosiddetta polizia di comunità, di prossimità o di quartiere implica più di un semplice modello organizzativo per il servizio di polizia; è piuttosto una filosofia con cui fornire questo servizio pubblico. La polizia di comunità presuppone la collaborazione con gli abitanti del quartiere. È un modo per affrontare le modalità di interazione della polizia in caso di conflitti, le sue modalità di intervento e soprattutto le sue modalità di risoluzione dei conflitti. Si sottolinea che la polizia di comunità non è un’unità specifica all’interno del corpo di polizia, bensì una filosofia che pervade l’intero servizio. È importante che anche il capo della polizia creda in questa metodologia, altrimenti è facile andare incontro a un fallimento. È possibile quindi che esistano servizi di polizia che, nonostante non 5
abbiano unità specifiche con questo nome, lavorino effettivamente con una metodologia propria della polizia di prossimità o, per contro, servizi con un’unità chiamata polizia di quartiere, di comunità o di prossimità che però impiega metodi ben lontani da questo concetto. Per spiegare il motivo per cui la filosofia di comunità è il canale migliore per affrontare efficacemente intolleranza, discriminazione o odio, si può richiamare il principio secondo cui “l’abilità della polizia nell’esercitare le sue funzioni dipende dall’approvazione delle sue azioni da parte dell’opinione pubblica” (Robert Peel2, 1829). Questo importante principio, espresso all’inizio del XIX secolo, deve tuttavia essere collocato nel contesto odierno. Occorre infatti considerare che, vista la pluralità e l’eterogeneità della società di oggi, la maggioranza potrebbe anche appoggiare il fatto che la polizia riservi un trattamento discriminatorio alle minoranze e ai gruppi estremamente vulnerabili. Nell’attuale panorama politico, le comunità locali di alcuni Paesi chiedono alla polizia azioni più decise contro migranti, richiedenti asilo, senzatetto, ecc. Di conseguenza “l’approvazione da parte dell’opinione pubblica” non è di per sé un buon criterio per valutare l’operato della polizia. Pertanto, nel delineare la filosofia alla base della polizia di comunità, occorre tenere in considerazione che l'approvazione dell’opinione pubblica e l'esigenza di tale approvazione non possono giustificare la mancanza di tutela dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, dall’UE e dalle legislazioni nazionali. Per concretizzare questa filosofia sono necessari un grande impegno e un cambiamento culturale da parte della polizia, nonché risorse e metodologie adeguate. Il punto di partenza è la ferma convinzione che il concetto di servizio di polizia sia opposto a quello di forza di polizia. Forse occorre rivedere il modo in cui la polizia lavora oggi nella società europea: polizia di comunità non significa debolezza o permissività, bensì riflessione di fronte a un problema, in modo da trovare soluzioni ai conflitti più stabili e più durature. Inoltre bisogna tenere presente che la polizia non lavora per le comunità intese come un insieme di gruppi di maggioranza e di minoranza, ma in associazione con le diverse parti della comunità per risolvere i problemi locali. La creazione di un rapporto di fiducia tra la polizia e le comunità locali di società eterogenee è un processo a doppio senso basato su comprensione e rispetto reciproci. È importante che in questo processo di generazione di fiducia, la polizia di prossimità, di comunità o di quartiere svolga il ruolo di mediatrice tra i vari componenti della società. Il presente manuale vuole essere una guida per combattere intolleranza, discriminazione e crimini d’odio generati da razzismo, xenofobia o altre cause, ad esempio LGTBI-fobia, status socioeconomico, disabilità, religione o sistemi di valori, riservando particolare attenzione alla tutela dei diritti fondamentali, nella consapevolezza che in alcune situazioni la tutela di questi diritti potrebbe essere in 2 https://en.wikipedia.org/wiki/Peelian_principles 6
contrasto con gli atteggiamenti prevalenti nelle comunità locali e nei servizi di polizia per i motivi citati prima. Al fine di elaborare un modello di filosofia per la polizia di comunità, occorre prima condurre un’analisi preliminare (o mappatura comunitaria) della situazione nel quartiere o nell’area in cui si vogliono migliorare le relazioni tra la polizia e la comunità, concentrandosi in primo luogo su coloro che non sono originari della zona, che appartengono a un altro gruppo etnico o che sono fenotipicamente diversi dalla comunità originaria della zona. Dall’analisi si potranno trarre indicazioni per lo sviluppo di una filosofia di lavoro. Vista la velocità di evoluzione dei quartieri, è opportuno ripetere l'analisi periodicamente. In alcuni casi, sarà necessario apportare modifiche all’organizzazione della polizia. Qualora tali modifiche non siano effettuate adeguatamente, potrebbero incontrare la forte opposizione degli agenti e degli ufficiali della polizia che interpretano la vicinanza alla comunità come un segno di debolezza della polizia. In quel caso, il tentativo di migliorare le relazioni con la comunità sarebbe destinato a fallire. L’intero corpo di polizia, dai vertici alla base, deve accettare il progetto e questo impegno deve essere comunicato internamente e all’opinione pubblica. Inoltre servono criteri di valutazione per individuare le aree suscettibili di miglioramento e possibili fallimenti che potrebbero interferire con l'adozione della nuova filosofia di lavoro. È importante ricordare che la polizia è al servizio di una società aperta, eterogenea e in continua evoluzione. Pertanto, in quanto responsabile della tutela dei diritti fondamentali e dell'applicazione dalla legge, deve adattarsi alle nuove situazioni per essere al servizio di tutti i cittadini. 7
2. ANALISI PRELIMINARE Nel presente capitolo si descrive lo studio da condurre sull’area in cui la polizia rileverà e affronterà razzismo, xenofobia o altre forme di intolleranza o violazioni dei diritti fondamentali nonché sul modo in cui la polizia lavora per prevenire tali situazioni. Dallo studio emergeranno dati utili su cui orientare il nuovo modello di interazione della polizia con la società in cui opera, con un occhio di riguardo alla sua eterogeneità. Si sottolinea che più preciso è lo studio, più chiaro sarà il quadro della situazione e, di conseguenza, migliori saranno gli elementi ottenuti con cui attuare efficacemente la nuova metodologia per la polizia di comunità. Inoltre quest’analisi preliminare può essere una scusa perfetta per migliorare le relazioni prima ancora di iniziare. Coinvolgendo membri della comunità nella preparazione dell’analisi a fianco di esperti del campo e ufficiali della polizia, le due parti impareranno a conoscersi meglio e la comunità darà il proprio contributo per risolvere i problemi. Una volta stabilito un rapporto di fiducia tra polizia e comunità, lo scambio di informazioni sarà più facile. La presenza di interlocutori capaci e affidabili semplifica infatti la gestione dei conflitti. Non si deve però trattare di una “fiducia cieca”. Se da un lato la polizia deve impegnarsi nella prevenzione dei reati, dall’altro la comunità dovrebbe monitorare il suo lavoro, sporgendo reclami qualora gli agenti oltrepassino certi limiti. Tuttavia, la possibilità di contare su un canale diretto di comunicazione nel momento in cui scoppia un conflitto, di qualsiasi natura, facilita il controllo, trasmette tranquillità e aiuta a trovare una soluzione. Per aiutare a generare questo legame di fiducia, è utile creare commissioni di quartiere o gruppi di lavoro in cui si discutano i problemi del vicinato; gli agenti di polizia potranno poi sottoporre le richieste ai propri superiori, che valuteranno la soluzione migliore ai problemi sollevati. Questo garantirebbe una rapida risposta ai problemi di facile soluzione (illuminazione delle strade, rimozione di veicoli abbandonati, codice stradale agli incroci, ecc.) e contribuirebbe al rapido sviluppo di un rapporto di fiducia tra le squadre di polizia e gli abitanti a. Situazione del quartiere. Per definire l’attuazione della filosofia di lavoro e le operazioni della polizia, occorre valutare semplici dati riguardanti, ad esempio, conformazione urbana, caratteristiche della popolazione, ecc. A tal fine, si consiglia l’analisi dei seguenti aspetti: o Densità demografica per km2. o Analisi del tipo di popolazione (composizione per genere, età, etnia, origine, religione, reddito pro capite, grado di disparità sociale). 8
o Posizione del quartiere nella città: centro/periferia, vicino o distante dal centro, facilità di accesso al centro. o Organizzazione del quartiere: È un quartiere residenziale? È composto principalmente da condomini o da casette unifamiliari? Esistono spazi comuni o, in generale, aree di aggregazione della comunità? Che tipi di strutture scolastiche ci sono? o Sono presenti associazioni od organismi a rappresentanza della comunità con interlocutori che abbiano la fiducia della comunità? o In che momenti della giornata vengono usate di più le aree pubbliche? o Nella zona ci sono gruppi urbani violenti e, in tal caso, sono coinvolti in attività razziste, xenofobe o comunque riconducibili a qualche forma di intolleranza? o Sono disponibili statistiche sui crimini d’odio, sugli atti di discriminazione o su altre forme di intolleranza nel quartiere? o Negli ultimi tempi sono stati osservati cambiamenti nella composizione della popolazione locale o nella visibilità di eventuali gruppi vulnerabili? o Si sono verificati eventi che potrebbero causare l'emarginazione di un gruppo sociale del quartiere? Questi eventi hanno avuto un impatto sulle interazioni armoniose nel quartiere? È possibile condividere queste informazioni con la comunità e discuterne insieme, per assicurarsi che siano il più possibile accurate. b. Interazione tra servizi di polizia e la comunità. L’obiettivo di questa sezione è valutare i canali di comunicazione esistenti, le reti di contatto costituite con i cittadini nonché la fiducia che la polizia locale riscuote in una società eterogenea. La creazione di canali di dialogo e di un rapporto di fiducia tra cittadini e polizia non è solo auspicabile, ma anche doveroso nel campo dei diritti umani. Il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme di razzismo, xenofobia e relative intolleranze ha affermato che: “le autorità preposte all’applicazione della legge dovrebbero accogliere favorevolmente e appoggiare i contatti volontari e le interazioni con i civili, che dimostrano impegno a favore della trasparenza e della vigilanza sulla comunità. A tal proposito, il Relatore speciale incoraggia le attività di sensibilizzazione dirette alle comunità minoritarie e raccomanda una collaborazione migliore tra tali comunità e le autorità preposte all’applicazione della legge3.” A sua volta, la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) ha disposto di “creare contesti di dialogo e cooperazione tra la polizia e membri delle minoranze4”. A tal fine, occorre porsi le seguenti domande: 3 Consiglio per i diritti umani, Rapporto del Relatore speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, Mutuma Ruteere, “Racial and ethnic profiling in law enforcement agencies”, 20 aprile 2015 [documento ONU A/HRC/29/46], paragrafo 74. 4 Raccomandazione di politica generale n. 11 dell’ECRI sulla lotta a razzismo e discriminazione razziale nella polizia, adottata dall’ECRI il 29 giugno 2007, paragrafo 18. 9
o Che tipo di comunicazione intercorre tra la polizia e i cittadini? Esistono contesti specifici in cui i cittadini possono incontrare la polizia per avanzare richieste e discuterne insieme? o In tal caso, sono previsti sostegni da parte delle autorità locali, ad esempio finanziamenti, per consentire la partecipazione attiva delle minoranze? o Esiste un mediatore o una figura simile tra la polizia e i cittadini? o È attiva una collaborazione con i mezzi d’informazione locali? Sono state avviate campagne per la lotta contro razzismo, xenofobia o altre forme di intolleranza? o La polizia dispone di reti di comunicazione formali o informali con i cittadini? Se sì, a che livello? A livello amministrativo/dirigenziale, intermedio o delle singole squadre di polizia? o I servizi di polizia sono presenti sui social media per avvicinarsi alla comunità? In tal caso, pubblicano informazioni importanti su quei canali? o Si tenta di adattare la comunicazione alle comunità che vivono nel quartiere (per linguaggio, immagini, ecc.)? Se sì, dove? (Sui social media, nelle stazioni di polizia, nelle pubblicità affisse per le strade..) o Esistono occasioni in cui la polizia può promuovere e/o partecipare ad attività insieme ai cittadini? Se sì, che tipo di attività? o Come rispondono i cittadini alle iniziative della polizia e agli eventi educativi, e che tipo di contatti ci sono? È disponibile un sistema formale per valutare la risposta dei cittadini? Se sì, come funziona? o La polizia divulga informazioni ai cittadini riguardo crimini d’odio, atti discriminatori e altri episodi di intolleranza? In che modo? o I cittadini vengono informati dei propri diritti quando si interfacciano con la polizia? Che tipo di informazioni sono fornite e in che modo? o La polizia dispone di locali che possano essere considerati accoglienti e sicuri per le minoranze o per le vittime di razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza? Tali locali hanno spazi idonei per colloqui privati? Gli agenti ricevono una formazione in fatto di diversità culturale ed etnica e informazioni sull’eterogeneità demografica dei quartieri in cui operano? Tra gli agenti di polizia ci sono membri delle minoranze presenti nel quartiere o membri di minoranze etniche? Tra gli agenti donna, ci sono membri di minoranze etniche? o Nel corpo di polizia esiste una squadra, un’unità o un gruppo specializzato nella lotta a crimini d’odio, atti discriminatori o altre forme di intolleranza? o Si svolgono iniziative volte a mettere in contatto la polizia con le strutture scolastiche per sensibilizzare i giovani a razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza e per dare la possibilità di denunciare eventuali episodi? c. Risoluzione dei conflitti. Questa sezione si concentra sul modo in cui la polizia risolve situazioni di conflitto, di qualsiasi natura, che insorgono dalle 10
interazioni quotidiane nel quartiere. Se i conflitti generati da razzismo, xenofobia o qualsiasi altra forma di intolleranza non vengono risolti in maniera adeguata, possono progressivamente intaccare la fiducia che la società ripone nella polizia e, nel tempo, portare anche a sommosse derivanti dalla delegittimazione del servizio di polizia. Ricerche di criminologia hanno dimostrato che i contatti con la polizia percepiti come negativi dalle persone coinvolte compromettono la fiducia e la legittimità conferite a questa istituzione. Questo ha un effetto negativo sulla volontà delle persone di cooperare con le autorità e di conseguenza pregiudica l’efficacia della polizia e, in ultima istanza, riduce la sicurezza dei cittadini5. A tal fine si propongono, di seguito, una serie di domande, a titolo di esempio: o In che modo la polizia risponde ai conflitti generati da discriminazione, intolleranza o odio? o In che modo vengono affrontati problemi come la discriminazione o l’intolleranza istituzionale e politica? o La polizia ricorre a mediazione, giustizia riparativa o metodologie simili per risolvere controversie riguardanti discriminazione o episodi di intolleranza? o La polizia interviene in casi di bullismo scolastico a sfondo razzista o xenofobo? Se sì, in che modo? o La polizia interpella i leader di gruppi etnici/minoranze o ONG/associazioni come figure di mediatori per risolvere controversie legate a discriminazione o intolleranza? o I cittadini hanno a disposizione un canale indipendente per presentare reclami in caso di dissidi con il servizio di polizia? o È presente un supervisore che si assicuri che la polizia di comunità soddisfi gli standard di qualità? o In che modo la polizia controlla e gestisce le tensioni sociali nel quartiere? In che modo la polizia raccoglie e analizza le informazioni riguardanti la comunità? o È prevista una strategia volta a monitorare e gestire le voci che circolano nel quartiere? o In caso di innalzamento della tensione sociale, in che modo la polizia si coordina con i quartieri confinanti e con gli altri servizi? 5 Bradford, B., Jackson, J. e Hough, M. (2014): Police futures and legitimacy: redefining good policing, in: Brown, Jennifer M., (a cura di) The Future of Policing. Routledge, Abingdon, United Kingdom, capitolo 6; e Mazerolle, L., Bennett, S., Davis, J., Sargeant, E., Manning, M. (2013): Legitimacy in policing: A systematic review, Campbell Systematic Reviews. 11
3. ELEMENTI ORGANIZZATIVI Dopo aver raccolto le informazioni descritte nei paragrafi precedenti e aver capito meglio come opera la polizia, occorre definire le questioni da affrontare affinché il servizio di polizia di comunità/prossimità sia adottato correttamente e funzioni come previsto. La responsabilità di definire la metodologia dell’organizzazione è affidata ai vertici della polizia; le loro linee guida influenzeranno l’operatività dell’intero servizio e determineranno la corretta attuazione della filosofia che sta alla base della cosiddetta polizia di comunità, di quartiere o di prossimità. A questo proposito si propone quanto segue. 3.1 Capacità decisionali In ogni situazione, chi comanda deve disporre di capacità decisionali nel proporre soluzioni. Un sistema deliberativo rigorosamente verticale e molto lento, limitato dall'obbligo di supervisione di molti uffici diversi, non è utile. Le proposte per la risoluzione delle controversie possono protrarsi per troppo tempo se sono soggette all'approvazione dei livelli più alti dell’amministrazione; può accadere anche che, una volta approvate, non siano più adeguate alla situazione o non adempiano più alla funzione principale per cui erano state pensate. Per le questioni più semplici, è opportuno che gli agenti attivi nella zona in questione siano autorizzati a prendere decisioni, sotto la supervisione del loro diretto superiore. Il motivo principale è che gli agenti conoscono i quartieri e sono in contatto diretto con i cittadini, di conseguenza è probabile che siano consapevoli delle esigenze locali e delle possibili soluzioni adatte a ogni situazione. Inoltre un processo decisionale snello permette di stabilire velocemente un rapporto di fiducia con gli abitanti. Nel redigere una relazione contenente l'analisi della situazione esistente e della soluzione proposta dagli agenti responsabili del quartiere, è utile coinvolgere gli abitanti o le organizzazioni locali. Tale iniziativa dovrebbe essere valutata e supervisionata dal diretto superiore dell’agente o della squadra che avanza la proposta, e il tutto dovrebbe concludersi in un periodo relativamente breve e comunque non oltre un mese, a seconda della gravità del problema e della soluzione proposta. La soluzione proposta dalla polizia dovrebbe essere comunicata dallo stesso agente che ha ricoperto il ruolo di interlocutore fin dall’inizio e se possibile prima della sua attuazione. Un tale modello di comunicazione, dotato di una componente formale (la decisione è appoggiata dai vertici della polizia), è un altro degli elementi che promuove la fiducia tra gli interlocutori e tra la polizia e la comunità. 12
Questo modo di gestire le richieste della comunità, caratterizzato da un processo decisionale più orizzontale, aumenta la fiducia del quartiere nella polizia locale. A sua volta, l’aumento di fiducia facilita il lavoro della polizia nonché lo scambio di informazioni per la prevenzione delle tensioni sociali e dei reati. 3.2 Organzzazione del servizio di polizia Gli episodi e i reati generati dall’odio mettono a repentaglio la sicurezza non solo dell’individuo, ma della collettività. Costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, uguaglianza, dignità, democrazia, rispetto dei Diritti Umani e libertà pubblica, sanciti dal Trattato sull’Unione europea, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e da altri trattati internazionali in materia di diritti umani, e pregiudicano il modello plurale ed eterogeneo di interazioni armoniose alla base della democrazia e dei valori degli Stati membri dell’Unione europea6. Occorre formare squadre che applichino la filosofia della polizia di prossimità e che si dedichino completamente alla comunità, al fine di generare fiducia nell’istituzione e negli agenti che sono associati a una determinata zona. È consigliabile che queste squadre7 si identifichino con il quartiere e i suoi problemi e si occupino di essi, senza però concentrarsi esclusivamente sul razzismo, in modo da facilitare le relazioni e la comprensione reciproca. Questa filosofia dovrebbe essere applicata costantemente, 365 giorni all’anno, non solo qualora la polizia avverta l’imminente scatenarsi di un problema. Fiducia e relazioni devono essere consolidate prima che diventino necessarie. Se si procede correttamente, sarà molto facile prevenire situazioni problematiche o comunque stroncarle sul nascere. La comunità si fiderà dei suoi agenti, informandoli di eventuali situazioni sospette o che potrebbero rappresentare un rischio per la comunità. Nei quartieri in cui c’è tensione con la polizia, infatti, gli abitanti non si rivolgono agli agenti locali per denunciare atti di razzismo o xenofobia; o non li segnalano oppure ricorrono a canali paralleli (associazioni, amici, social network, centri comunitari o religiosi, ecc.). Quando alcuni settori della società continuano a nutrire dei dubbi sull’intervento della polizia e si assiste a un aumento delle tensioni o addirittura dei disordini, il servizio di polizia specializzato dovrebbe essere in grado di arginare la situazione tramite i leader della comunità, formali o informali, con cui abbia 6 AGUILAR GARCÍA, M.A. et al., Manual práctico para la investigación y enjuiciamiento de delitos de odio y discriminación, Barcellona, 2015, p. 17 7 Durante la prima fase del progetto sono state individuate varie iniziative intraprese dalle unità di polizia deputate a combattere crimini d’odio e razzismo. Durante il workshop di apprendimento reciproco di Proximity, sono state formulate varie raccomandazioni per rafforzare il lavoro svolto da queste unità. È stata sottolineata l’esigenza di migliorare la comunicazione tra queste unità specifiche e i quartieri. A tal fine è stata proposta la creazione della figura di un “agente di collegamento” nelle unità. Inoltre è stato consigliato di aumentare il numero di agenti che si relazionano direttamente con le vittime di crimini d’odio e/o episodi razzisti nei quartieri. 13
previamente stabilito un legame di fiducia e creato canali di comunicazione. In questo modo sarà possibile sedare gli animi e condurre le indagini necessarie per fare chiarezza sugli eventi. Indagine sugli eventi verificatisi in relazione al razzismo, alla xenofobia o ad altre forme di intolleranza che violano i diritti fondamentali. In molte sentenze la Corte europea dei diritti dell’uomo ha esortato gli Stati membri del Consiglio d’Europa a condurre efficaci indagini ufficiali che portino all’identificazione e alla condanna dei responsabili degli episodi razzisti o xenofobi, incluso l’obbligo di adottare tutte le misure ragionevoli per scoprire se gli episodi oggetto di indagine abbiano motivazioni a sfondo razziale e di stabilire se negli eventi denunciati abbiano influito sentimenti di odio o pregiudizio8. Occorre individuare la vera causa dell’evento e, ove opportuno, mettere a disposizione delle autorità giudiziarie tutti i risultati delle indagini. Per raggiungere una soluzione effettiva e soddisfacente, non basta placare un determinato conflitto; è necessario approfondire le cause che l’hanno scatenato. Una soluzione temporanea, infatti, potrebbe far sì che il conflitto continui a crescere e inasprirsi, compromettendo così il rapporto di collaborazione tra polizia e comunità. Trattamento delle informazioni ottenute. Occorre stabilire sistemi e procedure volti a monitorare e gestire le tensioni e a raccogliere informazioni dalla comunità9. La gravità e la frequenza degli episodi generati dall’odio, dal razzismo e dalla xenofobia sono tra gli elementi principali che la polizia deve controllare con cadenza giornaliera e settimanale10. Altri elementi oggetto di controllo sono le informazioni provenienti dalla comunità, i reati e altri fattori sociali. I risultati dovrebbero poi essere condivisi con la comunità locale e con altri agenti coinvolti. Le iniziative volte a monitorare tensioni e conflitti all’interno della comunità permettono infatti alla polizia, alla comunità e ad altri attori principiali di intervenire tempestivamente. 8 Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 6 luglio 1985, nella causa Nachova e altri/ Bulgaria; del 31 maggio 2007, Secic/Croazia; del 24 luglio 2012, Beauty Salomon/Spagna; dell’11 marzo 2014, Abdu/Bulgaria; e del 20 ottobre 2015, Balázs/Ungheria. 9 Nel Regno Unito, si parla di “community intelligence” per indicare le informazioni e gli altri indicatori provenienti dai membri della comunità che potrebbero segnalare una possibile escalation della tensione sociale. Vi rientrano l’analisi e la raccolta di informazioni come voci di quartiere, pettegolezzi o percezioni relativi alla comunità e alla polizia locale. Queste informazioni, unitamente a quelle della polizia e all’intelligence istituzionale, possono aiutare a prevenire i conflitti e la tensione sociale. 10 Durante il workshop di apprendimento reciproco di Proximity, sono state formulate due raccomandazioni a questo proposito: in primo luogo, di creare meccanismi per il dialogo diretto tra la polizia locale e la comunità, in particolar modo con i gruppi più vulnerabili a crimini d’odio e/o episodi razzisti. In secondo luogo, la questione delle uniformi: nell’ottica di conquistare la fiducia di determinati gruppi (soprattutto giovani), è opportuno valutare la necessità o meno di indossare l’uniforme. 14
Oltre alla condivisione delle informazioni con la comunità locale, è utile anche coinvolgere le associazioni civili per ottenere dati su incidenti e conflitti esistenti. Una buona prassi consiste nello stabilire una procedura sistematica atta alla raccolta di informazioni da parte di agenti della polizia e operatori sociali, adeguatamente formati sull’applicazione di questa procedura. Per individuare i gruppi organizzati e monitorarne le attività si può ricorrere ai social media, che consentono di venire al corrente di eventuali dimostrazioni organizzate con l’intento di perpetrare atti di violenza motivati da razzismo, xenofobia o altre forme di intolleranza, o persino aiutare a prevedere la formazione di tali gruppi. Tramite il monitoraggio dei social media la polizia può inoltre venire a conoscenza di eventuali reati, anche prima che siano commessi, nonché individuare gli atteggiamenti prevalenti in seguito a eventi significativi. Tale monitoraggio deve avvenire nel massimo rispetto della privacy e delle norme in materia di tutela dei dati e, se necessario, deve essere sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria. Gli stessi social media possono essere usati dal servizio di polizia per smentire eventuali fake news che rischiano di deteriorare la coesistenza pacifica nel quartiere. Controlli di identità della polizia non discriminatori. Predisporre meccanismi di monitoraggio e verifica relativi ai controlli di identità, ai fermi e alle perquisizioni per strada. I controlli di identità sono riconducibili a profilazione etnica quando la polizia si concentra eccessivamente su alcuni individui a causa della loro razza, etnia o origine nazionale, effettiva o presunta, piuttosto che per sospetti basati su motivi oggettivi e ragionevoli11. È molto importante assicurarsi che la polizia non definisca il profilo in base all’etnia, neanche involontariamente (verificando quali persone vengono fermate più spesso e perché). A tal fine è opportuno esaminare i metodi usati per effettuare fermi e perquisizioni in strada, valutando se sono standard e basati su protocolli definiti e se sono monitorati da un superiore che deve rendere conto alla società dei risultati ottenuti per tutelare i diritti fondamentali delle persone e legittimare il lavoro della polizia agli occhi della società. Tali dati andranno registrati, analizzati e valutati internamente per verificare l'efficacia dei controlli di identità e il modo in cui sono condotti allo scopo di evitare pregiudizi razziali e discriminazione. In quest’ottica è possibile preparare 11 MILLER, J., Identificaciones policiales imparciales y eficaces, informe técnico, Lecciones sobre la reforma en cinco servicios policiales españoles, 2015, New York, p. 9 15
moduli specifici che elenchino in dettaglio i diritti e i doveri dei cittadini in tali situazioni. Questa metodologia è appoggiata da numerose organizzazioni europee e internazionali impegnate nella tutela dei diritti umani12. La natura volontaria degli agenti che lavorano nella polizia di gestione della diversità. Si tratta di un lavoro di polizia molto specifico, che richiede un coinvolgimento speciale da parte degli agenti che lo stanno svolgendo. Chi è interessato deve seguire un percorso formativo che preveda una serie di test, compreso un colloquio, atti a valutare le abilità acquisite durante la formazione nonché le attitudini dei candidati. Questi test sono opportuni perché la volontà e l’autoselezione dei candidati non bastano da sole a garantire che dispongano delle abilità necessaire. Tale percorso potrebbe essere integrato nella strategia formativa generale del servizio di polizia e posto come requisito per i candidati interessati a entrare in questo tipo di unità (tramite il superamento di un colloquio volto a valutare aspetti psicologici e adeguatezza generale alla posizione, e di un esame che garantisca che le nozioni siano state assimilate). L'esperienza in tali unità dovrebbe essere tenuta in considerazione per le promozioni ai gradi superiori. Inoltre occorre richiedere un certo impegno in termini di tempo, perché non avrebbe senso formare una persona su diversità, relazioni con i leader delle comunità, ONG, tessuto associativo e così via, se poi quella persona richiede un trasferimento o un cambio di unità perché non si è mai offerta volontaria per questo tipo di lavoro o ha scoperto che non fa per lei. Ci si può aspettare un impegno concreto solo dagli agenti volontari. Anche se in alcuni turni non ci saranno specialisti di quest’area, la filosofia di lavoro deve essere condivisa dall’intero corpo di polizia. L’obiettivo è cambiare la cultura dell'istituzione ponendo come priorità la parità di trattamento e la non discriminazione. Ad esempio, è improbabile che nel turno di notte sia necessario avviare una mediazione, visto che non sarà quello il periodo di maggiore attività nel quartiere. Questo non toglie che sia importante gestire tutti i turni di lavoro con la stessa filosofia. Gli agenti saranno in grado di valutare se un problema deve essere affrontato con la squadra specializzata in crimini d’odio e quindi segnalato tramite i canali opportuni inoltrando le informazioni raccolte, o se invece l’episodio può essere risolto dall’unità che è intervenuta. La composizione “fenotipica” dei servizi di polizia come strategia per promuovere la fiducia delle minoranze. Nella Carta di Rotterdam13 sono state proposte varie misure, sia politiche sia organizzative, per un servizio di polizia in 12 Consiglio per i diritti umani, Rapporto del Relatore speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, op. cit. paragrafi 68 e 69; Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Per una maggiore efficacia delle operazioni di polizia. Una guida per comprendere ed evitare la definizione discriminatoria di profili etnici (2010), p. 55. 13 La Carta di Rotterdam è stata redatta al termine della Conferenza di Rotterdam, tenutasi nel 1996 per iniziativa del consiglio comunale, della polizia municipale e dell’associazione anti-discriminazione RADAR. Forte del sostegno di un team di gestione multinazionale, la conferenza si è svolta all’insegna del motto “Il mantenimento dell’ordine pubblico nella società multietnica: principi, pratiche e partenariato” e ha visto la partecipazione di oltre 120 delegati di 17 Paesi, selezionati tra polizia, autorità locali e organizzazioni non governative. 16
una società multietnica. Se la polizia punta a fornire un servizio legittimo all’intera comunità, deve prima di tutto favorire la diversità etnica all’interno dei propri ranghi14. Una serie di istituzioni internazionali ed europee per i diritti umani15 hanno indicato la discriminazione positiva come un modo per aumentare il numero di donne e di membri delle minoranze tra gli agenti e rendere il servizio di polizia più efficiente. Come sono gestiti all’interno del servizio di polizia i reclami individuali o collettivi legati a episodi di odio o di discriminazione compiuti da parte della polizia stessa. Trasparenza e controlli interni ben definiti sono decisivi per non perdere la fiducia di una società eterogenea. Nella Carta di Rotterdam si sottolinea la necessità per la polizia di adottare procedure molto chiare per reclami e lamentele relativi a casi di odio, intolleranza o discriminazione presentati contro i propri membri. Se la polizia affronta il razzismo al suo interno, acquisterà credibilità agli occhi della società16. Va inoltre osservato che l’istituzione di meccanismi di reclamo indipendenti per segnalare irregolarità nel servizio di polizia è un dovere nel campo dei diritti umani17. Modalità a disposizione dei cittadini per segnalare atti di razzismo, xenofobia o altre forme di intolleranza. È importante che la polizia disponga di meccanismi per ricevere reclami e informazioni in modo chiaro e diretto. Per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza, occorrono procedure o elementi che facilitino la presentazione di reclami anche da parte di persone che non parlano fluentemente la lingua del Paese. Tra gli altri metodi per facilitare la comunicazione figurano documenti con un linguaggio adattato in modo tale che possa essere compreso dai disabili mentali o sistemi di messaggistica diretta su dispositivi mobili, utili a persone affette da diverse disabilità (sordità, ad esempio). Adottando nuove tecnologie, la polizia sarebbe al passo anche con le odierne modalità di comunicazione dei giovani. Un altro modo per colmare la distanza con i cittadini è rivolgersi a mediatori interculturali o figure simili in varie città, in quanto hanno una conoscenza maggiore dei principali aspetti linguistici e culturali delle minoranze. Le nuove tecnologie dell’informazione (smartphone, app di messaggistica istantanea e social media) sono un’opportunità da cogliere per migliorare la comunicazione tra polizia e società. Modalità di pattugliamento o sorveglianza dei quartieri. Ogni organizzazione deve valutare qual è il metodo migliore per avvicinare cittadini e 14 SAEZ, J. Et al., Guía para la Gestión Policial de la Diversidad, Madrid, 2013, p. 63. 15 Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI), Raccomandazione di politica generale n. 11 dell’ECRI sulla lotta a razzismo e discriminazione razziale nella polizia, adottata dall’ECRI il 29 giugno 2007, paragrafo 17; Consiglio per i diritti umani, Rapporto del Relatore speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, op. cit. paragrafo 60. 16 Ibid., p. 64. 17 Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, op. cit., p. 58; Consiglio per i diritti umani, Rapporto del Relatore speciale sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, op. cit. paragrafo 70. 17
agenti senza con ciò intralciare le normali operazioni della polizia. In alcune aree si potrebbero raggiungere buoni risultati spostandosi a piedi per le strade, ad esempio se il quartiere ha un’alta densità demografica ed edilizia. In zone occupate prevalentemente da case unifamiliari questo tipo di soluzione non sarebbe adatta, in quanto a piedi gli agenti potrebbero coprire solo una piccola parte del quartiere; sarebbero più appropriate, invece, biciclette, moto, veicoli a quattro ruote o altre forme di trasporto in grado di combinare i servizi della polizia di prossimità alle esigenze operative e alla sicurezza degli agenti. Tutto ciò senza dimenticare che minore è la velocità degli agenti, maggiori sono le opportunità di osservare i cittadini e parlare con loro: è sempre più facile avvicinarsi a un agente a piedi piuttosto che cercare di fermare un veicolo per parlare con i suoi occupanti. 3.3 Valutazione In questa sezione si approfondiranno i necessari follow-up e controlli delle iniziative di polizia di prossimità volte a prevenire razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza. Importanti conclusioni riguardanti monitoraggio e valutazione delle operazioni di polizia sono state tratte dal rapporto intitolato Buone prassi e studio comparativo: servizi, strutture, strategie e metodologie utilizzati dalla polizia di prossimità contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza18, redatto nella prima fase del progetto Proximity: o Una delle debolezze principali individuate negli interventi, nelle prassi e nei progetti analizzati è la quasi totale assenza di attività di monitoraggio e valutazione. o È difficile misurare l'effettivo impatto e il buon esito delle operazioni di polizia nella prevenzione e nella lotta contro il razzismo, la xenofobia, l’intolleranza e i crimini d’odio, anche perché, escluse poche eccezioni, sembra che manchino follow-up regolari o monitoraggi degli interventi e dei risultati ottenuti. o Ove non disponibile, occorre predisporre una banca dati per la raccolta di informazioni su crimini d’odio e altri atti di intolleranza che permetta alla polizia di dare seguito alle indagini. Pertanto l’obiettivo di questa sezione è fornire alcune linee guida che possano essere applicate in diversi contesti locali, tenendo come riferimento la filosofia della polizia di prossimità. Si parte da due premesse: o Nella maggior parte dei casi analizzati nel progetto Proximity, lo sviluppo di meccanismi e politiche di prossimità dipende dal modo in cui è organizzata la polizia nei diversi livelli di amministrazione. Questo, unitamente all’organizzazione globale di appartenenza e alle 18 http://www.proximitypolicing.eu/ 18
diverse competenze dei vari servizi di polizia, genera talvolta difformità sulla filosofia alla base dell'azione della polizia e della sicurezza pubblica. Di conseguenza, occorre essere consci dei diversi livelli di responsabilità per la sicurezza pubblica (con la consapevolezza che esistono diverse nozioni di “sicurezza”) e del concetto di azione della polizia nonché della metodologia di valutazione proposta per ognuno di essi. Le valutazioni dell’azione della polizia tendono a concentrarsi di più su aspetti legati all’efficacia piuttosto che sulla polizia di comunità o di prossimità o al suo rapporto con i fenomeni sociali. Pertanto è opportuno impegnarsi per integrare questa visione nel sistema valutativo. o Il progetto Proximity si occupa della polizia di prossimità con un obiettivo preciso, ossia la prevenzione a livello locale di razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza. Questo complica ulteriormente il sistema di valutazione, in quanto è necessario sapere se la polizia dispone di metodi adeguati per la raccolta di dati su episodi di intolleranza motivati da razza e/o etnia, quali indicatori sono usati per valutare e includere la prospettiva della polizia di prossimità in tali sistemi, e così via. In mancanza di tali metodi e indicatori, è importante soffermarsi sul perché e valutare la possibilità di stabilire meccanismi di controllo per gli episodi razzisti e xenofobi nella comunità locale. Indipendentemente dal fatto che esistano già o che debbano essere creati, è essenziale che siano completamente integrati nei sistemi generali di informazione e indagine della polizia. Di seguito si riporta a titolo di esempio una proposta di valutazione per la polizia di prossimità in relazione a razzismo e xenofobia. Nell’esempio in questione si definiscono varie dimensioni o aree oggetto di valutazione, un elenco di indicatori e possibili fonti di dati. Vengono proposte cinque aree o dimensioni di valutazione: o Sicurezza pubblica e coesistenza, che a loro volta includono due dimensioni inseparabili, una oggettiva (l’evento, ossia l’effettivo conflitto e reato) e l’altra soggettiva (la percezione, ossia l’opinione che i cittadini hanno della coesistenza e della sicurezza). Pertanto, il conflitto e la mancanza di sicurezza pubblica in termini sia di rischio reale (la probabilità di essere vittime di conflitti e reati) sia di rischio percepito (la paura del conflitto, del reato e della mancanza di sicurezza pubblica in generale). Di conseguenza, la valutazione deve includere entrambe le dimensioni: quella oggettiva basata sui fatti e quella soggettiva basata sulla percezione. I crimini d’odio sono 19
caratterizzati dalle ingenti ripercussioni non solo sulla vittima, ma anche sul suo gruppo di appartenenza. Misurare la percezione della sicurezza è pertanto ancora più importante rispetto ad altri tipi di reato e aiuta anche a individuare meglio i gruppi vulnerabili e le loro esigenze. o La dimensione dell’attività della polizia. Si tratta di stabilire indicatori volti ad appurare e misurare aree operative della polizia e l’enfasi data a ogni area, inclusa la quota di tempo dedicato ad ogni area, il tipo di incarichi e il contingente assegnato. Questa dimensione permette di valutare l'efficienza della polizia nonché la coincidenza tra assegnazione degli incarichi e priorità istituzionali. o La dimensione dell’organizzazione/gestione della polizia. Vi rientrano diverse dimensioni misurabili. È possibile misurare l'efficienza nell’uso delle risorse, nello specifico la relazione tra risorse (umane e materiali) assegnate e il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Possono essere quantificati anche reclutamento, formazione e promozioni per determinare se soddisfano adeguatamente gli obiettivi e se tengono in adeguata considerazione il profilo dei candidati e la qualità del processo di selezione, nonché per appurare se sono state adottate misure volte a incoraggiare il coinvolgimento di agenti con diversa etnia, cultura, religione, genere, orientamento sessuale, ecc. Inoltre è importante assicurarsi che gli ambienti professionali e operativi siano inclusivi. Per promuovere tale inclusione è possibile istituire sistemi di mentori e reti professionali rivolti alle minoranze, permettere agli agenti di condividere le proprie esperienze e le proprie perplessità, e avvalersi di altre piattaforme di polizia di prossimità già esistenti. Un’altra importante dimensione da considerare per far luce sul flusso orizzontale e verticale di informazioni all’interno dell'istituzione è rappresentata dalla struttura istituzionale e dalle catene di comando. o La relazione tra la polizia e la comunità. La comunità è una fonte di informazioni essenziale per valutare l’efficienza della polizia. Essendo il suo “cliente principale”, infatti, è ovviamente nella posizione migliore per giudicare aspetti come la qualità del servizio, la fiducia riposta nella polizia e il trattamento ricevuto. In questo contesto, è molto utile adottare una valutazione a 360 gradi in cui la polizia fornisca una descrizione delle proprie responsabilità e le persone con cui lavora misurino la sua efficienza. Ai fini del presente progetto, si aggiunge un’analisi delle comunità con cui si interfacciano. Questo tipo di valutazione permette alla polizia di vedere il proprio operato attraverso gli occhi di altri, rilevare e correggere eventuali problemi e adottare misure per lo sviluppo professionale e personale. i. Indicatori. Si possono definire tre tipi di indicatori: 20
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