TERREMOTI E VULCANI - IPS Mario Carrara
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
LE ROCCE SI POSSONO PIEGARE E SPEZZARE Un materiale ha un comportamento duttile quando, in seguito all’azione di una forza, modifica la sua forma e mantiene nel tempo la deformazione acquisita. Un materiale ha un comportamento fragile quando, sottoposto a una forza all'inizio si deforma ma, se la forza continua ad agire, si rompe all’improvviso. Tra le rocce, quelle che maggiormente manifestano un comportamento duttile sono le argille, quelle che manifestano un comportamento fragile sono i calcari e le dolomie.
LE ROCCE SI POSSONO PIEGARE E SPEZZARE Il tipo di comportamento, duttile o fragile, oltre che dalla natura della roccia, dipende dall’intensità e dal perdurare nel tempo della forza. Un altro fattore importante è la temperatura: una roccia fragile a temperatura ambiente può diventare duttile a temperature di centinaia di gradi.
LE PIEGHE E LE FAGLIE In natura le forze che deformano le rocce, inducendo comportamenti duttili o fragili, sono dette forze tettoniche. Le forze tettoniche agiscono soprattutto in corrispondenza dei margini tra le placche della litosfera. Quando le placche si scontrano le forze sono di compressione; quando le placche si allontanano l’una dall’altra le forze sono di distensione. I corpi rocciosi, sollecitati da queste forze, nel primo caso si incurvano e si corrugano, nel secondo si assottigliano.
LE PIEGHE E LE FAGLIE Le conseguenze più evidenti delle deformazioni causate dalle forze tettoniche sono la formazione di pieghe e di faglie. Si chiama piega una deformazione di tipo duttile di una massa rocciosa i cui strati subiscono flessioni di lunghezza e ampiezza variabile in seguito a forze di compressione. Si chiama faglia una frattura della crosta lungo la quale due blocchi rocciosi si spostano l’uno rispetto all’altro.
DIVERSI TIPI DI FAGLIA Le faglie vengono classificate in base al movimento relativo dei due blocchi di roccia, che dipende dal tipo di forza che genera la rottura. • Le faglie inverse sono dovute a compressione della crosta. • Le faglie dirette o normali dovute a stiramento con conseguente allungamento e lacerazione della crosta. • Le faglie trascorrenti si hanno quando i due blocchi rocciosi ai lati della frattura scorrono orizzontalmente l’uno in direzione opposta all’altro.
FAGLIE E TERREMOTI Enormi faglie trascorrenti, ben visibili in superficie, si trovano in California, la più nota delle quali è la faglia di San Andreas. Lungo questa faglia avviene lo scorrimento verso nord-ovest della placca del Pacifico rispetto alla placca Nordamericana. Queste faglie sono tenute sotto osservazione perché originano terremoti.
I TERREMOTI Un terremoto, o sisma, è una vibrazione del suolo che si verifica quando le rocce, sottoposte a forze di vario tipo, si rompono liberando di colpo l’energia che avevano accumulato. Le scosse di terremoto possono causare crolli in abitazioni e palazzi, cedimenti in ponti, strade e ferrovie. Nei terremoti di Tokyo del 1923 e di San Francisco dal 1906 la maggior parte delle vittime fu provocata dagli spaventosi incendi che bruciarono le abitazioni di legno. Se il terremoto avviene in mare, in prossimità delle coste si può formare un’onda di maremoto o tsunami, alta anche 30 m.
EPICENTRO ED EPICENTRO DI UN TERREMOTO Il punto di origine del sisma nel sottosuolo viene chiamato ipocentro. Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell’ipocentro viene invece chiamato epicentro. In base alla profondità dell’ipocentro si distinguono: • terremoti superficiali, con ipocentro situato a profondità inferiore ai 50 km; • terremoti intermedi, con ipocentro compreso tra i 50 e i 300 km di profondità; • terremoti profondi, con ipocentro compreso tra i 300 e i 700 km di profondità. I terremoti più frequenti sono quelli superficiali; essi sono anche i più disastrosi.
L’ENERGIA DI UN TERREMOTO SI PROPAGA SOTTO FORMA DI ONDE Durante un terremoto, le vibrazioni dall’ipocentro si propagano in tutte le direzioni, generando un fronte sferico di onde sismiche. Le onde sismiche a mano a mano che si allontanano dall’ipocentro, tendono a smorzarsi sempre più. Pertanto, quanto più vicino ci troviamo al luogo di origine di un sisma, tanto più forte avvertiamo il disturbo da esso provocato. Le onde sismiche sono studiate dai sismografi, che registrano il passaggio delle onde e trasmettono i dati alle stazioni di raccolta ed elaborazione.
I VARI TIPI DI ONDE SISMICHE I geologi distinguono due tipi principali di onde sismiche: le onde P (o prime) e le onde S (o seconde). • Le onde P si propagano più velocemente delle onde S e arrivano prima ai sismografi; si propagano nei solidi, nei liquidi e nei gas (aria). • Nel caso delle onde S arrivano in un secondo tempo ai sismografi e non si propagano nei liquidi. • Oltre alle P e alle S, vi sono le onde superficiali, o L, più lente o più pericolose per gli edifici.
COME SI MISURA LA FORZA DI UN TERREMOTO Per valutare la forza dei terremoti si possono utilizzare due sistemi: • stimare i danni che esso ha provocato; • stimare l’energia liberata tramite la lettura dei sismogrammi.
LA SCALA MERCALLI Per valutare i danni provocati da un terremoto si ricorre alla scala Mercalli, così chiamata dal nome del sismologo italiano Giuseppe Mercalli che la propose nel 1902. La scala Mercalli valuta l’intensità di un terremoto prendendo in considerazione gli effetti del sisma sulle cose e sulle persone. Attualmente prevede una serie di gradi di intensità crescente che vanno da I a XII. La scala Mercalli non permette però di stimare l’effettiva quantità di energia liberata da un sisma, cioè la sua reale forza. G. Mercalli
LA SCALA RICHTER L’energia liberata da un sisma è espressa dalla magnitudo, una grandezza fisica ricavata dall’analisi dei sismogrammi. I valori di magnitudo compaiono nella scala Richter, elaborata nel 1935 dal sismologo americano C. F. Richter. I valori di magnitudo sono calcolati in modo tale che a un aumento di un’unità corrisponda la liberazione di una quantità di energia circa 30 volte maggiore. Per esempio, un terremoto di magnitudo 7 libera circa 30 volte più energia di un terremoto di C. F. Richter magnitudo 6 e circa 900 volte (cioè 30 x 30) più energia di un terremoto di magnitudo 5.
SCALA MERCALLI E MAGNITUDO RICHTER A CONFRONTO
IL RISCHIO SISMICO È possibile prevedere DOVE potrà avvenire un terremoto, e persino QUANTO sarà intenso. È però molto difficile determinare QUANDO avverrà.
IL RISCHIO SISMICO Il rischio sismico è una stima delle possibili perdite causate dai terremoti che potranno interessare in un certo periodo una determinata area. Questa stima si fonda su tre fattori. • La pericolosità sismica che dà un’indicazione delle zone a maggior pericolo, tramite uno studio del territorio dal punto di vista storico- geologico. • La vulnerabilità che consiste nella tendenza delle costruzioni a subire i danni di un terremoto. • L’esposizione che tiene conto di quante persone vivono nelle zone sismiche e possono quindi essere colpite da un terremoto.
COSA FARE DURANTE UN TERREMOTO Norme di comportamento in caso di terremoto • se si è in luogo pubblico, evitare la calca per non rischiare di essere travolti dalla gente; • uscire di casa solo se ci si trova in prossimità di una porta che immette immediatamente all’aperto; • se ci si trova in un appartamento situato ai piani superiori, rimanere in casa, cercando rifugio in luoghi dove la testa risulta più protetta: sotto un’architrave, sotto un tavolo o sotto un letto; • coprirsi il viso e il capo, per proteggersi dai frammenti di vetro e dagli oggetti che potrebbero cadere dall’alto; •spegnere fiamme e sigarette, perché potrebbero innescare un incendio se si verifica una fuga di gas; • evitare di usare l’ascensore.
LE ONDE SISMICHE CI FANNO CONOSCERE L’INTERNO DELLA TERRA Oltre i 15 km di profondità è impossibile avere una conoscenza diretta dell’interno del globo terrestre. Per studiare l’interno della Terra si utilizzano le onde sismiche.
L’INTERNO DELLA TERRA ATTRAVERSO LA PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE • Nella crosta e nella parte superiore del mantello (litosfera) le onde P e S viaggiano con modalità tipiche dei corpi solidi. • Dove «termina» la litosfera, la brusca riduzione della velocità di propagazione delle onde P e delle onde S segnala la presenza dell’astenosfera, la parte di mantello costituita da rocce parzialmente fuse. • In corrispondenza del nucleo esterno, a 2900 km di profondità, le onde S si estinguono mentre continuano a propagarsi le onde P, dimostrando così che questa zona si trova allo stato liquido. • Il nucleo interno, nonostante la temperatura elevata, è probabilmente allo stato solido.
IL CALORE INTERNO DELLA TERRA A mano a mano che si scende in profondità, la temperatura della Terra aumenta. L’incremento della temperatura all’aumentare della profondità è detto gradiente geotermico. Esso è pari a circa 1 °C ogni 33 m di profondità . Si suppone che l’aumento di temperatura sia così forte soltanto nella crosta, e che la temperatura si stabilizzi o cresca molto lentamente nel mantello.
IL GRADIENTE GEOTERMICO • A 35 km di profondità la temperatura è di circa 700 °C • A 100 km di profondità è di circa 1300 °C. • Procedendo ulteriormente verso il centro del pianeta, la temperatura continua a salire, ma più lentamente. • Al centro della Terra la temperatura è di circa 6000 °C, la temperatura della superficie del Sole.
VULCANI, MAGMI E LAVE La Terra, come abbiamo visto, è divisa, dall’esterno verso l’interno, in crosta, mantello (la cui parte intermedia è l’astenosfera) e nucleo (interno, solido, ed esterno, fuso). • La crosta insieme al mantello superiore sottostante sino a 100 km di profondità, forma la litosfera. • Nonostante le elevate temperature, l’interno del pianeta è allo stato solido, ad eccezione dell’astenosfera e del nucleo esterno. Ciò a causa della pressione enorme. • Il magma, una miscela di rocce fuse, gas e cristalli, si forma prevalentemente nell’astenosfera.
CHE COSA SONO I VULCANI? I vulcani costituiscono la più evidente manifestazione in superficie del calore interno della Terra. I vulcani sono aperture della superficie terrestre, dalle quali fuoriesce il magma, una miscela di rocce fuse e gas. Etna, Italia Fujyama, Giappone
IL MAGMA Il magma ha temperature di oltre 1000 °C, è meno denso della roccia circostante e tende a salire in superficie. Quando, attraverso spaccature, trabocca all’esterno, si forma un vulcano. Il magma può provenire da rocce fuse in profondità, ma può anche formarsi dalla fusione di rocce solide quando, per esempio, la crosta si assottiglia e la pressione diminuisce.
L’ERUZIONE VULCANICA Spesso durante la risalita il magma ristagna in un ampio serbatoio chiamato camera magmatica. Attraverso il condotto vulcanico (o camino), il magma raggiunge la superficie dove si libera dei suoi gas soprattutto vapore acqueo e anidride carbonica e si trasforma in lava che effonde all’esterno. Si ha così un’eruzione vulcanica.
ERUZIONE: L’EFFETTO «CHAMPAGNE» L’effetto «Champagne» favorisce la fuoriuscita della lava in superficie.
MAGMI BASICI E ACIDI • I magmi che contengono quantità elevate di silice si dicono acidi. Sono viscosi e sono tipici dei vulcani più pericolosi la cui attività è esplosiva. • I magmi che contengono meno silice si dicono basici. Sono più fluidi di quelli acidi e sono tipici dei vulcani meno pericolosi che eruttano lava tranquillamente e la cui attività è effusiva.
I MAGMI BASICI I magmi basici originano lave basaltiche che solidificando formano rocce come i basalti. • Le lave basaltiche spesso fuoriescono attraverso spaccature allungate (eruzioni lineari), come nelle dorsali oceaniche. • Sui continenti le lave basaltiche formano enormi spandimenti tabulari chiamati «plateau».
I PUNTI CALDI Il magma basico può provenire anche da grandi profondità del mantello, sotto forma di colonne caldissime che risalgono verso la superficie. Queste colonne infuocate, dette anche pennacchi, «bucano» la litosfera dando origine in superficie a un’area detta punto caldo (o, in inglese, hot spot). L’attività vulcanica dei punti caldi è caratterizzata da intense effusioni laviche, come quelle dei vulcani delle isole Hawaii.
I MAGMI ACIDI I magmi acidi generano lave viscose e resistenti a fluire che tendono a ristagnare nel camino vulcanico, facendo da tappo alla fuoriuscita del materiale caldo e dei gas sottostanti. Quando, in superficie, la pressione si riduce e i gas si liberano di colpo l’eruzione è esplosiva, con emissione di prodotti lavici polverizzati e nubi di cenere incandescente. Pinatubo, Filippine
I MATERIALI PIROCLASTICI I materiali espulsi violentemente vengono detti piroclastici. Tra essi vi sono: • le pomici, frammenti di lava molto leggera e porosa, di colore bianco-grigio; • le bombe vulcaniche, brandelli di lava che, nel solidificarsi durante il tragitto in aria, assumono una forma affusolata; • i lapilli, della dimensione di sassolini; • le ceneri, particelle di lava solidificata e le polveri di dimensioni ancora più piccole. Depositandosi e consolidandosi, i materiali piroclastici formano rocce stratificate comunemente chiamate tufi . A volte a contatto con l’aria la lava consolida molto rapidamente e forma una struttura a cupola o a guglia, il duomo vulcanico.
LA FORMA DEGLI EDIFICI VULCANICI La forma dell’edificio vulcanico dipende dal tipo di lava e dal modo in cui i materiali che risalgono il camino vengono emessi in superficie. I quattro tipi più comuni di strutture generate da fenomeni vulcanici sono: • vulcani a scudo; • strato-vulcani; • caldere; • coni di scorie.
VULCANI A SCUDO E STRATO-VULCANI I vulcani a scudo. Si formano quando un magma basico fluido fuoriesce da un camino centrale. Presentano una forma conica con fianchi poco ripidi e un cratere molto ampio da cui la lava può fuoriuscire ininterrottamente per mesi. Mauna Loa, Hawaii Esempi: Mauna Loa, nelle Hawaii, alto circa 9000 m e con un diametro di base di ben 100 km. Gli strato-vulcani. Alternano a eruzioni di tipo esplosivo, con emissioni di ceneri e lapilli, eruzioni effusive, con emissione di lava. Esempi: Il Vesuvio e lo Stromboli in Italia. Stromboli, Italia
CALDERE E CONI DI SCORIE Le caldere. Si formano in seguito all’esplosione e al parziale svuotamento della camera magmatica. In superficie si origina una conca che può ospitare un lago. I coni di scorie. Si formano quando, in seguito a un’eruzione esplosiva, scorie di vario tipo come lapilli e ceneri si depositano alla base del condotto eruttivo. Si forma un rilievo conico in genere di altezza modesta.
FORME SECONDARIE DELL’ATTIVITÀ VULCANICA Nelle zone vulcaniche si manifestano fenomeni caratterizzati da emissioni di vapori e gas molto caldi. Questi fenomeni sono dovuti al contatto in profondità tra le acque circolanti nel sottosuolo e le rocce surriscaldate dal magma. Tra i più importanti di questi fenomeni vulcanici secondari vi sono: • i geyser; • le fumarole e le solfatare; • le sorgenti termali; • i soffioni boraciferi.
VULCANI CHE SI RISVEGLIANO L’attività di un vulcano non resta costante nel tempo. I vulcani nascono, si accrescono, e dopo milioni di anni possono spegnersi definitivamente. Spesso i vulcani attraversano lunghi periodi di inattività, anche molti decenni o secoli (vulcani quiescenti). Durante queste pause il magma raffreddato e solidificato forma una specie di tappo che occlude il camino vulcanico. Al di sotto del tappo, però, altro magma più caldo cerca di risalire e preme verso l’alto alla ricerca di uno sfogo esterno. I vulcani quiescenti sono i più pericolosi perché spesso sono ritenuti estinti dalle popolazioni locali, mentre stanno solo accumulando energia che si potrebbe liberare violentemente in futuro.
IL VESUVIO: VULCANO AD ALTO RISCHIO Il Vesuvio è un vulcano a riposo ma non spento. La sua eruzione più catastrofica è stata quella del 79 d.C., quando furono distrutte Pompei ed Ercolano. Dopo l’eruzione del 79 d.C. il Vesuvio entrò in una fase che alternava periodi di inattività a paurose eruzioni Come quella del 1631, e decine di altre minori. L’ultima eruzione risale al 1944. Oggi si pensa che una ripresa dell’attività eruttiva del Vesuvio sia molto probabile entro i prossimi decenni.
IL RISCHIO RAPPRESENTATO DAI VULCANI Il rischio vulcanico dipende in primo luogo dalla violenza e dalla pericolosità delle eruzioni, ma anche dai danni effettivi che il vulcano può compiere. Se, per esempio, un vulcano esplosivo è situato in una regione disabitata, il rischio è considerato basso. Viceversa, se un vulcano esplosivo è situato in un’area densamente popolata, allora il rischio è in proporzione molto alto.
PREVENIRE IL RISCHIO Prevenire il rischio significa in primo luogo evitare che si formino insediamenti umani in zone vulcaniche ad alto pericolo, in secondo luogo tenere il vulcano sotto osservazione. La risalita del magma è in genere accompagnata da segnali precursori, tra i quali: • i tremori, ossia lievi terremoti che si susseguono in prossimità del vulcano, registrabili con i sismografi; • le deformazioni del suolo, come innalzamenti e abbassamenti, anche molto lenti; • le variazioni del livello dell’acqua nei pozzi.
L’ITALIA, TERRA DI VULCANI Stromboli è detto il «faro del Mediterraneo» perché a intervalli regolari illumina il cielo con lanci di lapilli incandescenti. In primo piano i resti dell’antico vulcano Strombolicchio.
I SUPER VULCANI… I super vulcani sono strutture impressionanti, in grado di eruttare in modo esplosivo centinaia o addirittura migliaia di km3 di lava. Esistono almeno 12 supervulcani al mondo, ne citeremo solo due, anche perché uno si trova proprio in Italia !!!!! 1. LA CALDERA DI YELLOSTONE: il parco nazionale di Yellostone, negli Stati Uniti, si siede su una camera sotterranea di roccia fusa e gas talmente vasti che è probabilmente uno dei più grandi vulcani attivi del mondo. L’ultima eruzione avvenne circa 640000 anni fa e non si sa quando lo farà nuovamente. 2. I CAMPI FLEGREI: in Campania, nella zona di Pozzuoli, si trova un altro supervulcano ancora più pericoloso del Vesuvio, i Campi flegrei che significa «campi ardenti» la cui ultima eruzione risale a circa 500 anni fa. In realtà il termine “supervulcano” è stato coniato dagli autori di un documentario mandato in onda dalla BBC nel 2000, ma non è realmente utilizzato in vulcanologia in quanto “improprio”, visto che tali strutture sono al livello del sottosuolo e quindi non visibili in superficie. Ad ogni modo la scoperta fu proprio il frutto dell’osservazione di depressioni circolari simili a quelle delle normali caldere vulcaniche, ma decisamente più grandi. In particolare si suppone che queste grandi caldere siano generate da un hot spot (punto caldo) situato in profondità sotto di esse.
PARCO DI YELLOSTONE
CAMPI FLEGREI
Per comprendere la reale potenza eruttiva dei supervulcani dobbiamo osservare la scala VEI (“Volcanic Explosivity Index”) che suddivide i vulcani in categorie che vanno da 0 ad 8. Per intenderci l’esplosione del Vesuvio del 79 d.c. è stata classificata con VEI pari a 5, cosiddetta “eruzione pliniana”, con l’emissione di una quantità di materiale superiore ad 1 km cubico. Un supervulcano può arrivare ad un’esplosione classificata con VEI pari a 8, cosiddetta “eruzione mega-colossale”, con l’emissione di una quantità di materiale superiore a 1000 km cubici.
Finora nella storia dell’umanità l’eruzione più violenta, con VEI pari ad 8, è avvenuta circa 600.000 anni fa nel noto parco di Yellowstone con l’emissione 950 km3 di materiale e la più recente, con VEI pari a 7, avvenuta nel 1815 a Tambora, in Indonesia con l’emissione di 120km3 di materiale. Quanto a quest’ultima si riportano numerose testimonianze in tutto il mondo delle conseguenze negli anni a venire: il 1816 è stato ricordato come “L’anno senza estate” nell’emisfero settentrionale del pianeta a causa delle ceneri ed i gas immessi nell’atmosfera che ebbero un effetto intenso sull’ambiente determinando continui alluvioni, temperatura basse e precipitazioni abbondati. Anche in Italia le ripercussioni negative dell’eruzione del Tambora sono ampiamente documentate: la scrittrice Caterina Percoto pubblicò un racconto dal titolo “L’anno della fame”, ma più in generale tutte le cronache del periodo riportano episodi legati all’estrema povertà della popolazione. Ad oggi la probabilità che avvenga un’eruzione di un supervulcano è pari all’1% nei prossimi 100 anni, ma comunque significativa se commisurata alla relativa magnitudo del danno che potrebbe generare, tale da modificare radicalmente il paesaggio locale e condizionare pesantemente il clima a livello mondiale con effetti cataclismici sul pianeta.
Puoi anche leggere