TEORIA E ANALISI DEL DISCORSO 2021-22 - PROF. ILARIA TANI
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TEORIA E ANALISI DEL DISCORSO 2021-22 PROF. ILARIA TANI
Searle (1932-)
Forza e proposizione • Alla distinzione tra locutorio e illocutorio si sostituisce la distinzione tra la componente della forza (F) e la componente della proposizione (p). • La forza è una variabile della proposizione F(p): una stessa proposizione può essere realizzata con forze illocutorie diverse. • Si possono distinguere la negazione della forza e la negazione della proposizione: non ti prometto di farlo / ti prometto che non lo farò; non ti consiglio di andare / ti consiglio di non andare.
• Searle dà per acquisito che il parlare sia una forma di comportamento, di cui occorre descrivere le regole. Non torna sul nesso linguaggio-azione: «Parlare una lingua significa impegnarsi in una forma di comportamento molto complessa, governata da regole. Apprendere a padroneggiare una lingua è tra l’altro apprendere a padroneggiare tali regole» (Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, a cura di Leonardi, Boringhieri, 1976; ed.or.1969, p. 36). Influenza della linguistica chomskiana: «La struttura semantica di una lingua può essere concepita come la realizzazione convenzionale di una serie di insiemi di regole costitutive sottostanti […] gli atti linguistici sono atti eseguiti, tipicamente, enunciando espressioni in accordo con questi insiemi» (ivi, p. 65). Principio di esprimibilità: tutto ciò che si può voler dire può essere detto e ogni forza illocutoria deve poter trovare la sua forma linguistica adeguata.
Regole costitutive e regole normative • La maggior parte delle regole regolano comportamenti preesistenti: “guidare sul lato destro della strada” stabilisce come si guida negli Stati Uniti, ma l’attività di guidare un auto esiste indipendentemente da tale regola. La forma caratteristica di queste regole è “fai X”. • Alcune regole non solo regolano ma creano la possibilità stessa del comportamento: ad esempio le regole degli scacchi costituiscono il gioco. La forma caratteristica di queste regole è “X ha valore di Y nel contesto C”. Perché un pezzo di carta (X) abbia valore di banconota (Y) sono necessarie regole costitutive, in primo luogo regole costitutive relative al valore di banconota; in secondo luogo regole costitutive relative alla validità delle banconote. Ciò vale anche per l’uso del verbo promettere: «l’enunciazione di P conta come l’assunzione dell’obbligo di fare x».
Searle, Per una tassonomia di atti illocutori (1975), in Sbisà (a cura di), Atti linguistici, Feltrinelli, 1978: 168-198 • Obiettivo del saggio: elaborare «una classificazione ragionata degli atti illocutori», a partire da un esame critico della tipologia proposta da Austin (168). • «la metafora “forza” nell’espressione “forza illocutoria” è fuorviante, poiché suggerisce che forze diverse occupino posizioni diverse in un unico continuum di forza. Di fatto le cose stanno altrimenti: vi sono parecchi distinti continua che si intersecano» (169) • «Altra fonte di confusione connessa è la nostra tendenza a confondere verbi illocutori con tipi di atti illocutori. Ad esempio, tendiamo a pensare che se abbiamo due verbi illocutori che non sono sinonimi, essi debbano necessariamente contrassegnare due diversi tipi di atti illocutori […]. I verbi illocutori costituiscono una guida buona, ma non certamente sicura, alle differenze tra gli atti illocutori.
Da Austin a Searle • Per Searle la tipologia di atti linguistici di Austin non è soddisfacente, «contiene parecchie debolezze» (176): vedi ripresa della lista proposta da Austin). Propone perciò dodici dimensioni di variabilità degli atti illocutori. • Rispetto alla classificazione di Austin, quella di Searle è più linguistica: «per ogni categoria Searle fornisce dei criteri linguistici per capire di quale atto si tratti» (Caffi, 2009: 46). Indice di questa linguisticizzazione è lo status privilegiato assegnato alle dichiarazioni, dotate di una perfomatività forte: hanno la capacità di autoverificarsi, fanno quello che dicono e dicono quello che fanno. • Mentre Austin è interessato ad analizzare le forme dell’agire sociale attraverso il linguaggio, Searle si concentra sull’enunciato in quanto dotato di forza. • Per Austin la categoria fondamentale è la convenzionalità: l’atto è felice se rispetta la procedura convenzionale; Searle mette al centro l’intenzionalità: l’atto linguistico deve manifestare intenzioni riconoscibili dall’ascoltatore.
Osservazioni critiche di Searle su Austin 1. Austin confonde verbi illocutori e atti illocutori (177). Per Austin verbi illocutori diversi realizzerebbero atti illocutori diversi, ma per Searle non è così. Ad esempio, annunciare non indica un atto illocutorio ma «il modo in cui un atto illocutorio è eseguito», «perché “annunciare non è il nome di uno scopo illocutorio. Un annuncio deve essere anche un’asserzione, o un ordine, ecc.». 2. Non tutti i verbi elencati da Austin sono perfomativi. 3. Manca un coerente principio di classificazione. Non è evidente il principio o il criterio su cui è costruita la tassonomia: nel caso dei commissivi è lo scopo; negli espositivi sembra essere la relazione interna al discorso; gli esercitivi sembrano definiti in base all’esercizio di autorità, combinato con lo status e le istituzioni; i comportativi sono maldefiniti (e lo stesso Austin l’aveva ammesso): sembrano riferirsi a quanto «sta bene o male al parlante e all’ascoltatore» e «alla manifestazione di atteggiamenti» (178).
4. Ne derivano diverse «sovrapposizioni tra una categoria e l’altra» dovute a una «mancanza di sistematicità dei principi di classificazione, una stragrande quantità di verbi cadono in pieno a metà strada tra categorie rivali»: ad es. il verbo descrivere rientra nei verdettivi e negli espositivi, ma allora ogni atto di esposizione è anche espressione di un giudizio? Queste due categorie sono ampiamente sovrapposte nella classificazione di Austin: affermo, nego, classifico, asserisco, identifico, concludo sono collocati tra gli espositivi ma potrebbero rientrare benissimo tra i verdettivi. 5. Eccessiva eterogeneità interna alle categorie: all’interno di alcune categorie troviamo tipi completamente diversi di verbi. Austin include tra i comportativi sfido, provoco e lancio una sfida assieme a ringrazio, mi scuso, deploro e do il benvenuto. «Ma “sfido”, “provoco” e “lancio una sfida” hanno a che fare con le azioni successive dell’ascoltatore e […] vanno messi insieme a “ordino”, “comando” e “proibisco”, sia per motivi sintattici sia per motivi semantici». Ma questi ultimi verbi vengono inclusi da Austin nella casella degli esercitivi, assieme a “vieto”, “multo”, “destituisco”, che per Searle vanno collocati in una categoria diversa (179). 6. Molti dei verbi elencati non soddisfano la definizione data: nomino, designo, scomunico non implicano “prendere una decisione pro o contro una certa linea d’azione” o “propugnarla”, «sono piuttosto “esecuzioni” di queste azioni […]. Quando nomino qualcuno presidente non propugno la sua candidatura a presidente, ma lo faccio presidente» (179).
Dimensioni fondamentali di variazione degli atti illocutori • Scopo dell’enunciato • Rappresentare qualcosa • Impegnarsi in un’azione futura • Indurre qualcuno a fare (credere/dire) qualcosa • Direzione del vettore di adattamento tra parole e mondo • Adattamento delle parole al mondo (asserzioni) • Adattamento del mondo alle parole (promesse, ordini) • Stato psicologico del parlante • Credenze del parlante (asserzioni) • Intenzione di azione (promettere, minacciare) • Desiderio di azione da parte del destinatario (richiesta, ordine) Queste tre dimensioni sono quelle che Searle ritiene più importanti e a cui riserva maggiore attenzione.
• Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio • Andiamo al cinema? • Voglio andare al cinema • Influenza delle differenze di status e posizione del parlante sulla forza illocutoria dell’enunciato • Ruolo della simmetria/asimmetria tra parlanti in relazione ad un comando o a una richiesta • Necessità o meno di determinate condizioni extra-linguistiche • Sciogliere le camere • laureare
Scopo • Ragion d’essere di un atto illocutorio: lo scopo di una descrizione è rappresentare qualcosa (essere vera o falsa, accurata o meno); lo scopo di una promessa è essere l’assunzione di un impegno del parlante a fare qualcosa. • La nozione di scopo (o ragione) non implica che ogni atto illocutorio sia associato a un atto perlocutorio. Nei casi più importanti di atti illocutori non si riscontra alcun intento perlocutorio essenziale associato per definizione al corrispondente verbo: «ad esempio, asserzioni e promesse non sono, per definizione, tentativi di produrre effetti perlocutori negli ascoltatori» (170). • Lo scopo illocutorio non si identifica con la forza illocutoria. Ad es. lo scopo della richiesta è lo stesso di quello del comando (indurre qualcuno a fare qualcosa), ma le rispettive forze illocutorie sono diverse. Lo scopo illocutorio è solo una delle componenti della forza illocutoria.
Vettore di adattamento tra parole e mondo • Riferimento alle ricerche di G.E.M. Anscombe, Intention, Oxford, Blackwell, 1957. • Esempio della lista compilata prima di andare al supermercato e di quella compilata per registrare gli acquisti fatti (171): nel primo caso, scopo della lista è adattare il mondo alle parole, le azioni dell’acquirente si conformano alla lista; nel secondo scopo della lista è adattare le parole al mondo, la lista si conforma alle azioni compiute (diversa nei due casi è la funzione dell’errore di conformità): «In questi esempi la lista ci dà il contenuto proposizionale della illocuzione, mentre la forza illocutoria determina quale relazione con il mondo si suppone abbia tale contenuto. Propongo di chiamare questa differenza una differenza nella direzione di adattamento» (171). Descrizioni, asserzioni, affermazioni, spiegazioni hanno una direzione di adattamento dalle parole al mondo Richieste, comandi, far voto di, promesse hanno una direzione di adattamento dal mondo alle parole
Stati psicologici espressi • Il parlante che esegue un atto illocutorio con un contenuto proposizionale esprime un atteggiamento, uno stato psicologico nei confronti del contenuto proposizionale: «Una persona che asserisce, spiega, sostiene, afferma che p, esprime la credenza che p; una persona che promette, fa voto, minaccia, o garantisce di fare a, esprime l’intenzione di fare a; una persona che ordina, comanda, richiede a U di fare A, esprime il desiderio o il volere che U faccia A; una persona che si scusa di aver fatto A, esprime il rammarico per aver fatto A, e così via» (172) Ciò vale anche se il parlante non è sincero: anche se non ha la credenza, il desiderio, l’intenzione ecc., nell’esecuzione dell’atto egli comunque esprime tali stati psicologici: è infatti contraddittorio combinare il verbo performativo esplicito con la negazione dello stato psicologico espresso (es.: “Asserisco che Giovanni ha quattro figli ma non credo che Giovanni abbia quattro figli”, anche se si può dire: “Paolo ha asserito che Giovanni ha 4 figli ma non crede che sia così”): «Lo stato psicologico espresso nell’esecuzione dell’atto illocutorio è la condizione di sincerità dell’atto» (172).
Varietà di stati psicologici espressi: • Credenza (C): Asserzioni, affermazioni, rilievi e spiegazioni, atti di postulare, dichiarazioni, deduzioni, argomentazioni • Intenzione (I): Promesse, voti di, minacce, assunzioni di impegno • Desiderio o volere (D): richieste, ordini, comandi, domande, preghiere, perorazioni, suppliche, istanze • Piacere (P): congratulazioni, felicitazioni, espressioni di benvenuto
Altre dimensioni di variazione della forza illocutoria • 4) Energia o intensità con cui è presentato lo scopo illocutorio Lo stesso scopo illocutorio può essere realizzato con gradi diversi di intensità: “Propongo di andare al cinema”, “insisto che si vada al cinema”; “Giuro sul mio onore che è stato Bill a rubare i soldi”; “Azzardo l’ipotesi che sia stato Bill a rubare i soldi” (173) • 5) Influsso delle differenze di status o di posizione del parlante e dell’interlocutore: La richiesta di un comandante è un comando, quella di un soldato è un suggerimento, una proposta • 6) Rapporto di un enunciato con gli interessi del parlante e dell’interlocutore: Le differenze tra il vantarsi e il lamentarsi, tra il congratularsi e il porgere condoglianze dipende dal diverso interesse del parlante e dell’ascoltatore • 7) Differenze di relazione con il resto del discorso Alcune espressioni performative hanno la funzione di segnalare una relazione dell’enunciato con il resto del discorso (funzione anaforica) o con il contesto (deissi): “replico”, “deduco”, “concludo”, “obietto”, soprattutto nel caso di asserzioni: «oltre al semplice asserire una proposizione, è possibile asserirla come obiezione a qualcosa che uno ha detto, come replica a un’argomentazione precedente, come deduzione da certe premesse probanti, ecc. “Tuttavia”, “Per di più”, “Perciò” svolgono questa funzione nei confronti del discorso» (173-174)
• 8) Differenze di contenuto proposizionale determinate da indicatori di forza illocutoria Le differenze tra un resoconto (passato) e una previsione (futuro) riguardano il contenuto proposizionale • 9) Differenze tra atti che devono sempre essere linguistici e atti che non lo sono necessariamente L’atto del classificare può essere compiuto linguisticamente oppure no; lo stesso vale per lo stimare, il diagnosticare, il concludere (cfr. Austin): «In questi casi non è necessario alcun atto linguistico, nemmeno un atto linguistico interiore» (174) • 10) Differenze tra atti che per essere compiuti richiedono istituzioni e quelli che non le richiedono Per benedire, scomunicare, battezzare, dichiarare colpevole, decretare l’eliminazione di un giocatore, dichiarare querra è «necessario occupare una posizione in una istituzione extralinguistica. Austin talora parla come se pensasse che tutti gli atti illocutori siano di quest’ultimo tipo, ma ovviamente non è così. Per fare l’asserzione che sta piovendo o per promettere che verrò a trovarti, devo solo obbedire alle regole del linguaggio. Non sono richieste istituzioni extralinguistiche» (174-175). Questa condizione va distinta da quella indicata al punto 5) relativa allo status del parlante: «non tutte le differenze di status derivano dalle istituzioni» (es. del ladro armato che può ordinare proprio perché in possesso di un’arma) (175)
• 11) Differenze tra atti il cui verbo illocutorio ha un uso performativo e atti il cui verbo illocutorio non ce l’ha «La maggior parte dei verbi illocutori ha usi performativi – ad esempio “affermo”, “prometto”, “ordino”, “concludo”. Non è però possibile compiere atti quali, ad esempio, vantarsi o minacciare dicendo «Con ciò (hereby) mi vanto” o “con ciò (hereby) minaccio”. Non tutti i verbi illocutori sono verbi performativi» (175). • 12) Differenze relative allo stile di esecuzione dell’atto illocutorio «ad esempio, la differenza tra annunciare e confidare non comporta necessariamente alcuna differenza relativa allo scopo illocutorio o al contenuto proposizionale, ma solo una differenza relativa allo stile d’esecuzione dell’atto illocutorio» (175).
Tipi di atti linguistici per Searle • rappresentativi – Scopo: impegno del parlante nei confronti della verità della proposizione espressa (asserire, concludere, dedurre ecc., ma anche vantarsi). Adattamento dalle parole al mondo. Stato psicologico: credenza. (=espositivi e verdittivi di Austin). • direttivi – Scopo: il parlante tenta di indurre l’interlocutore a fare qualcosa (interrogare, richiedere, avvertire, ordinare, comandare, supplicare ecc.). Adattamento dal mondo alle parole. Stato psicologico: volere o desiderio (= esercitivi di Austin); vi rientrano anche sfido, provoco e lancio una sfida (inclusi da Austin tra i comportativi). • commissivi – Scopo: impegno del parlante a fare qualcosa nel futuro (promettere, minacciare, offrire ecc.). Adattamento dal mondo alle parole. Stato psicologico: intenzione di azione (=commissivi di Austin). • espressivi – Scopo: esprimere uno stato psicologico (ringraziare, scusarsi, salutare, lamentarsi, congratularsi ecc.). Nessuna direzione di adattamento (la verità della proposizione espresso viene data per scontata). Stato psicologico: emozioni e stati intenzionali vari (vedi i comportativi di Austin). • dichiarativi – Scopo: provocare cambiamenti immediati in uno stato di cose istituzionale, far sì che una cosa avvenga dichiarando che essa avviene (scomunicare, licenziare, battezzare, dichiarare guerra ecc.). La performatività torna ad essere un tratto specifico di alcuni verbi, i dichiarativi (posizione simile a quella di Benveniste: vedi la formula dei dichiarativi: “con ciò”, “con la presente”…).
Austin: tipi di atti linguistici in relazione a verbi illocutivi «Potremmo quindi, con l’aiuto di un dizionario, compilare una lista di tutti i verbi che possono comparire in una o nell’altra delle nostre formule esplicite. Giungeremmo in tal modo a una utile classificazione di tutte le varietà degli atti che compiamo nel dire qualcosa» (53) • Verdettivi: emissione di un verdetto, un giudizio, una valutazione (giudicare, stimare, valutare, calcolare) • Esercitivi: esercizio di poteri, diritti, influenza (ordinare, raccomandare, lasciare in eredità, licenziare, votare per, avvertire, minacciare, consigliare) • Commissivi: assumere un impegno (promettere, scommettere, avere intenzione di, proporre, giurare, opporsi, acconsentire) • Comportativi: legati ad atteggiamenti e comportamenti sociali (scusarsi, congratularsi, sfidare, ringraziare, dare il benvenuto, augurare, benedire, maledire, lamentarsi) • Espositivi: usati nella esposizione di un modo di vedere: illustrare opinioni, portare avanti discussioni, chiarificare usi e riferimenti (affermare, negare, rispondere, domandare, dedurre, definire, concludere).
Corrispondenza tra atti linguistici e stati intenzionali I primi quattro tipi di atti linguistici hanno analoghi esatti tra gli stati intenzionali: agli assertivi corrispondono le credenze ai direttivi i desideri ai commissivi le intenzioni agli espressivi l’intera gamma di emozioni e gli stati intenzionali in cui l’adattamento presupposto è dato per scontato. Ma agli atti dichiarativi non corrispondono entità prelinguistiche analoghe. Gli stati intenzionali prelinguistici non possono creare fatti nel mondo rappresentando questi fatti come già esistenti. Questo tratto degno di nota richiede il linguaggio (Searle 2010:90). Affinché l’esecuzione di una dichiarazione possa riuscire felicemente, è necessaria «una istituzione extra-linguistica, un sistema di regole costitutive che si aggiungono alle regole costitutive del linguaggio. In genere per l’esecuzione d’una dichiarazione non è sufficiente che parlante e ascoltatore abbiano la padronanza di quelle regole che costituiscono la competenza linguistica. Dev’esserci in aggiunta un’istituzione extra- linguistica, nella quale parlante e ascoltatore occupino posti precisi. Solamente se si hanno istituzioni come la chiesa, il diritto, la proprietà privata, lo stato e una posizione precisa del parlante e dell’ascoltatore al loro interno, è possibile scomunicare, conferire una nomina, attuare una donazione o una trasmissione ereditaria di beni o dichiarare guerra» (1978:186).
Atti dichiarativi «Le dichiarazioni sono una categoria del tutto particolare di atti linguistici» (187). «L’esecuzione d’una dichiarazione provoca un adattamento proprio grazie alla sua felice esecuzione» (186). «La direzione di adattamento è duplice: dal mondo alle parole e dalle parole al mondo», «non si hanno condizioni di sincerità». «Le dichiarazioni cercano di far sì che linguaggio e mondo combacino. Ma non cercano di farlo né descrivendo una circostanza esistente (come fanno i rappresentativi), né tentando di far sì che qualcuno provochi una circostanza futura (come fanno i direttivi e i commissivi)» (1978: 187). Gli atti dichiarativi «combinano la direzione di adattamento parola-a-mondo con quella mondo-a-parola. Sono i casi in cui modifichiamo la realtà per farla corrispondere al contenuto proposizionale dell’atto linguistico e, in tal modo, otteniamo la direzione di adattamento “mondo-a-parola”. Ma, questa è la parte straordinaria, riusciamo a fare ciò perché rappresentiamo la realtà come cambiata (parola-a-mondo). Le dichiarazioni cambiano il mondo dichiarando che uno stato di cose esiste, e nel dichiararlo, costituiscono quello stesso stato di cose» (Searle, Creare il mondo sociale, Cortina, 2010: 12-3).
Funzioni di status e atti dichiarativi • Secondo Searle (Creare il mondo sociale. La struttura della civiltà umana, Cortina, 2010), tutti i fatti istituzionali e dunque le funzioni di status (che Mario Draghi sia il presidente del Consiglio, aggiornare una seduta, ecc.) sono creati da atti linguistici dichiarativi. • Con l’eccezione importantissima del linguaggio, tutta la realtà istituzionale – dunque in un certo senso l’intera civiltà umana – è creata da atti linguistici che hanno la stessa forma logica delle dichiarazioni.
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