TAR Sicilia-Palermo-sez.III-sentenze del 14 aprile 2020 - n. 719 - "La quantificazione del risarcimento del danno per occupazione illegittima"

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TAR Sicilia- Palermo- sez.III- sentenze del 14
aprile 2020 – n. 719 – “La quantificazione del
risarcimento del danno per occupazione
illegittima”
      La natura permanente dell’illecito rappresentato dall’occupazione sine titulo, invero, è
produttiva di danno costante, nel senso che il pregiudizio si rinnova di giorno in giorno e viene meno
soltanto con la cessazione della condotta illecita: la prescrizione quinquennale del diritto al
risarcimento dei danni ex art. 2947 c.c. decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la
perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente.

      Va riconosciuta la sussistenza del diritto al risarcimento del danno per il periodo di
occupazione illegittima e, quanto alla sua determinazione, è affermato che questo può essere
calcolato – ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in difetto
della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via equitativa, dei
criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis t.u. espr, e dunque in una somma pari al 5% annuo del valore
del terreno.

      Nel caso di occupazione illegittima, il danno è “in re ipsa”, poiché esso coincide con la
temporanea perdita di disponibilità del bene, la cui natura è naturalmente fruttifera, e alla
impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile nell’esercizio delle facoltà di godimento e
disponibilità, insite nel diritto dominicale. L’esistenza di un danno costituisce, così, oggetto di una
presunzione iuris tantum superabile ove si accerti che il proprietario si sia intenzionalmente
disinteressato dell’immobile .

       Non incombe un particolare onere probatorio della sussistenza del danno a carico del
proprietario, mentre grava sull’amministrazione occupante l’onere di provare che il proprietario si
sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile , o, più propriamente, che una concreta e
comprovata situazione del rapporto tra proprietario e bene (il cd. lato interno del diritto soggettivo
di proprietà) possa far escludere la sussistenza del profilo di danno invocato.

       Quanto alla quantificazione del risarcimento del danno per occupazione illegittima, lo stesso
deve coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della scadenza del periodo di occupazione
legittima fino alla giuridica regolarizzazione della situazione di fatto mediante la restituzione
dell’area o il suo legittimo acquisto, vuoi con il consenso di controparte mediante contratto, vuoi
mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42 bis, d.P.R. 8
giugno 2001, n. 327, confluendo, peraltro, in tale ultima ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato,
nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante, come evincibile dal comma 3 del citato art. 42 bis.

     Il valore d’uso, corrispondente al danno sofferto da parte ricorrente per l’illecita, prolungata
occupazione del terreno di sua proprietà, può calcolarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e
1226 c.c., nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene in linea con il
parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42 bis, comma 3, suscettibile di applicazione
analogica in quanto espressione di un principio generale .
Pubblicato il 16/04/2020
      N. 00719/2020 REG.PROV.COLL.
      N. 02777/2014 REG.RIC.

      SENTENZA

      sul ricorso numero di registro generale 2777 del 2014, proposto da Anna Ingrasciotta e
Domenica Ingrasciotta, in qualità di eredi di Biagia Calderone, rappresentate e difese dagli avvocati
Roberto Ficili e Maria Aurora Triolo, con domicilio digitale come da indirizzo PEC estratto dai
registri del Ministero della Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Michele
Tolve, in Palermo, via M. Stabile, n. 203;
      contro
      – il Comune di Castelvetrano in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avvocato Francesco Vasile, con domicilio digitale come da indirizzo PEC estratto dai registri del
Ministero della Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Vito Scalisi in
Palermo, via Catania, n.15;
      per la condanna
      – alla restituzione del fondo sito in Castelvetrano, via Partanna, C.da Rampante – Favara, in
catasto al foglio di mappa n. 42, part.lla 90;
      – al pagamento dell’indennizzo da occupazione illegittima del predetto fondo, oltre
rivalutazione e interessi dal 30.9.1994 al soddisfo;

       Visti il ricorso, l’atto di costituzione per prosecuzione e fissazione di udienza exart. 80, c.p.a., e
i relativi allegati;
       Visti l’atto di formale costituzione in giudizio e la memoria difensiva del 12 aprile 2019, del
Comune di Castelvetrano;
       Vista l’ordinanza collegiale n. 1372 del 20 maggio 2019;
       Visti tutti gli atti della causa;
       Relatore la dott.ssa Anna Pignataro;
       Uditi, nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2020, per le parti i difensori presenti così
come specificato nel verbale d’udienza;

      PRMESSO che il Comune di Castelvetrano, così come risulta dagli atti di causa, in forza del
decreto sindacale n. 680 del 17 agosto 1989, autorizzò l’occupazione in via temporanea e di urgenza
del fondo e del pozzo ivi insistente, sito in via Partanna, C.da Rampante – Favara, in catasto al foglio
di mappa n. 42, part.lla 90, per la durata di cinque anni dalla data d’immissione in possesso,
avvenuta il 29 settembre 1989, senza emettere alcun decreto espropriativo definitivo e proseguendo
nella successiva occupazione sine titulo;
      CONSIDERATO che:
      – la proprietaria del predetto immobile, Biagia Calderone, con ricorso notificato il 19 settembre
2014 e depositato il 16 ottobre seguente, esponeva di avere diffidato il Comune di Castelvetrano, con
atto del 6 novembre 2008, al pagamento dell’indennità per illegittima occupazione e alla restituzione
del fondo predetto – sul quale il Comune aveva nel frattempo attivato altri due pozzi per uso
pubblico – senza ottenere alcun riscontro positivo e, dunque, non essendo ancora decorso il termine
per l’usucapione ventennale exart. 1158, c.c., chiedeva il risarcimento del danno patrimoniale “in re
ipsa” causatole dall’occupazione sine tituloe la restituzione del fondo del quale, in assenza del
decreto di espropriazione ovvero dell’atto di acquisizione sanante exart. 42 bisT.U.E., era
proprietaria; al fine della quantificazione del risarcimento, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 34,
co. 4, c.p.a., produceva in atti una perizia giurata di valutazione del terreno agricolo e del pozzo per
uso fornitura idrica denominato “Pozzo Ingrasciotta”, in cui il valore complessivo veniva indicato in €
70.837,50, alla data del 17 settembre 2014;
       – con ordinanza collegiale n. 1372 del 20 maggio 2019, è stata dichiarata l’interruzione del
processo ai sensi degli artt. 79, comma 2, cod. proc. amm. e 299 e ss., c.p.c., per morte della
ricorrente avvenuta il 16 febbraio 2015;
       – le ricorrenti in epigrafe, in qualità di eredi della madre Biagia Calderone, con atto per
prosecuzione e fissazione di udienza exart. 80, c.p.a., depositato il 5 agosto 2019, hanno insistito
nelle difese articolate nel ricorso introduttivo e, quindi, chiesto la condanna del Comune di
Castelvetrano:
       1. alla restituzione del fondo sito in via Partanna, C.da Rampante – Favara, in catasto al foglio
di mappa n. 42, part.lla 90, previa riduzione in pristino stato;
       2. al pagamento dell’indennizzo da occupazione illegittima exart. 42 bis, comma 3, T.U.E., oltre
rivalutazione e interessi; in via istruttoria, disporsi C.T.U. al fine di quantificare esattamente il
valore e la relativa liquidazione del risarcimento dovuto;
       – il Comune di Castelvetrano, formalmente costituitosi in giudizio con atto del 10 febbraio
2015, con successiva memoria difensiva del 12 aprile 2019, ha eccepito l’avvenuta prescrizione
quinquennale ai sensi e per gli effetti dell’art. 2947, c.c., del diritto al pagamento dell’indennità di
occupazione illegittima, interrotta esclusivamente con la notificazione del ricorso del 19 settembre
2014, a nulla potendo valere la precedente diffida del 6 novembre 2008 non seguita, nei successivi
cinque anni dalla proposizione dell’azione risarcitoria o di altro atto con effetto interruttivo; ha
contestato anche la fondatezza della domanda restitutoria in considerazione del silenzio serbato
dalla proprietà e delle vicende ammnistrative che hanno interessato il Comune medesimo,
commissariato sin dai primi del 2016 per dimissioni del Sindaco e del Consiglio Comunale, seguito
dallo scioglimento, con D.P.R. del 7.6.2017, ai sensi dell’art. 143 del D.lgs. n. 267/2000, nonché dal
dissesto finanziario di cui all’art. 244 e ss.gg del D.lgs n. 267/2000, dichiarato con deliberazione
commissariale n. 5 del 15.2.2019; in via subordinata, ha chiesto che sia dichiarata la legittimazione
ad attivare ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 bis, del D.P.R. n. 327 del 2001, il procedimento
finalizzato all’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante in luogo della restituzione del
bene alle legittime proprietarie;
       – all’udienza pubblica del 29 gennaio 2020, su conforme richiesta delle parti, la causa è stata
posta in decisione;
       RITENUTO che il ricorso è fondato nei limiti e nei sensi di seguito spiegati.
       A) Riguardo alla domanda di restituzione del fondo sito in Castelvetrano, via Partanna, C.da
Rampante – Favara, in catasto al foglio di mappa n. 42, part.lla 90, non è contestato che il protrarsi
dell’occupazione in via urgente e temporanea oltre il termine quinquennale di efficacia decorrente
dal 29 settembre 1989, non seguito dall’emanazione del decreto di esproprio, ha causato la
sopravvenuta illegittimità dell’occupazione medesima: in assenza di altri atti con effetti estintivi,
perciò, permane a tutti gli effetti la titolarità della proprietà in capo alle ricorrenti che hanno quindi
diritto alla restituzione del fondo nello stato in cui si trovava al momento dell’avvenuta occupazione
(Cons. Stato, 18 gennaio 2019, n.460; Tar Sardegna, 20 gennaio 2020, n. 32; Cass Sez. Un. n.
735/2018; Cass. Civile n. 10720/2017).
       Né la realizzazione dell’opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato può avere
determinato, per il mero fatto della sua successiva irreversibile trasformazione, il passaggio della
proprietà del fondo all’Amministrazione resistente.
E’ pacifico, invero, che tale effetto presuppone necessariamente l’espletamento e il
completamento di una legittima procedura ablativa, con un atto emanato nelle forme e nei termini di
legge (decreto di esproprio, cessione volontaria, o, anche, eventualmente, successiva acquisizione
sanante exart. 42 bisdel T.U. espropriazioni n. 327/2001), nel caso di specie mai adottato dal
Comune di Castelvetrano.
       Tale principio vale sia per l’occupazione c.d. usurpativa compiuta in difetto assoluto di atti
ablativi, sia per l’occupazione c.d. appropriativa realizzata in forza un provvedimento invalido e
colpito da caducazione giudiziale ovvero del quale sia sopravvenuta l’inefficacia per decorso dei
termini così come avvenuto nella fattispecie di che trattasi rispetto alla quale sussiste l’obbligo della
P.A. di restituire il bene occupato previa rimessione in ripristino, fermo restando, comunque, il
potere di emanazione del provvedimento di cui all’art. 42 bis del T.U.E., finalizzato all’acquisizione
cd. “sanante”, con applicazione dei criteri ivi individuati.
       B) Riguardo alla domanda di condanna al risarcimento del danno asseritamente subito per
l’indebita occupazione iniziata il 29 settembre 1994, è parzialmente fondata l’eccezione di
prescrizione sollevata dalla difesa dell’ente locale.
       La natura permanente dell’illecito rappresentato dall’occupazione sine titulo, invero, è
produttiva di danno costante, nel senso che il pregiudizio si rinnova di giorno in giorno e viene meno
soltanto con la cessazione della condotta illecita: secondo i principi espressi dalla Suprema Corte,
“la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni ex art. 2947 c.c. decorre dalle
singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto
alla reintegrazione per equivalente” (Cass. civ., sez. un., 19 gennaio 2015, n. 735; TAR Lazio, Roma,
I ter, 9 luglio 2019, n. 9057; Cons. Stato, sez. IV n. 1332/2019 e n. 4636/2016, nel solco di Ad. Plen.
n. 2 del 2016).
       Nel caso di specie, la prescrizione si è compiuta per il periodo compreso tra il 29 settembre
1994 e il 29 settembre 2004 tenuto conto dell’unico atto interruttivo della prescrizione notificato il 6
novembre 2008 da parte ricorrente al Comune di Castelvetrano (cfr. Cass. Civ., I, 7 marzo 2011, n.
5381) cui è seguito l’avvio del nuovo termine prescrizionale quinquennale dal 6 novembre 2013
interrotto per effetto della notificazione del presente ricorso il 19 settembre 2014.
       Va, dunque, accertato se, e in che misura, sussiste il diritto delle ricorrenti al risarcimento
danno per il periodo di occupazione illegittima successiva alla data del 6 novembre 2013, non estinto
per effetto della prescrizione.
       Occorre, innanzitutto, rilevare che secondo la giurisprudenza amministrativa maggioritaria,
condivisa anche riguardo al caso di specie, va riconosciuta la sussistenza del diritto al risarcimento
del danno per il periodo di occupazione illegittima (Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2016 n. 4636, e
ulteriore giurisprudenza ivi citata) e, quanto alla sua determinazione, è affermato che “questo può
essere calcolato – ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., in assenza di opposizione delle parti e in
difetto della prova rigorosa di diversi ulteriori profili di danno – facendo applicazione, in via
equitativa, dei criteri risarcitori dettati dall’art. 42-bis t.u. espr, e dunque in una somma pari al 5%
annuo del valore del terreno” (cfr. da ultimo sul punto Cons. Stato, sez. IV, 27 febbraio 2017, n. 897;
sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929; 28 gennaio 2016, n. 329; 2 novembre 2011, n. 5844).
       Secondo la richiamata giurisprudenza, nel caso di occupazione illegittima, il danno è “in re
ipsa“, poiché esso coincide con la temporanea “…perdita di disponibilità del bene, la cui natura è
naturalmente fruttifera, e alla impossibilità di conseguire l’utilità da esso ricavabile nell’esercizio
delle facoltà di godimento e disponibilità, insite nel diritto dominicale. L’esistenza di un danno
costituisce, così, oggetto di una presunzione iuris tantum superabile ove si accerti che il proprietario
si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile (da ultimo, Cass. n. 16670 del 2016, n. 20823
del 2015, n. 14222 del 2012)” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 4636 del 2016)
       La conseguenza è che non incombe un particolare onere probatorio della sussistenza del danno
a carico del proprietario, mentre grava sull’amministrazione occupante l’onere di provare “che il
proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile” (Cons. Stato, sez. IV, n. 897/2017
cit.), o, più propriamente, che una concreta e comprovata situazione del rapporto tra proprietario e
bene (il cd. lato interno del diritto soggettivo di proprietà) possa far escludere la sussistenza del
profilo di danno invocato.
       Nel caso di specie, parte ricorrente ha fornito un principio di prova circa la sussistenza del
danno, sia in quanto titolare del diritto di proprietà sul bene occupato (situazione soggettiva non
oggetto di contestazione), sia in quanto ha allegato documentazione (perizia tecnica di parte)
afferente i danni che assume di avere patito; d’altra parte, il Comune resistente, al fine di dimostrare
l’infondatezza della pretesa risarcitoria di controparte, non ha allegato comportamenti di
quest’ultima da cui desumere il suo disinteresse intenzionale verso l’immobile de quo,ulteriori
rispetto all’inerzia posta a fondamento dell’eccepita prescrizione, quanto piuttosto vicende
riguardanti direttamente lo stesso ente e riferite a epoca successiva alla proposizione del ricorso e,
per tali ragioni, non utili al soddisfacimento dell’onere probatorio ad essa spettante.
       Quanto alla quantificazione del risarcimento del danno per occupazione illegittima, secondo la
costante giurisprudenza, lo stesso deve coprire il solo valore d’uso del bene, dal momento della
scadenza del periodo di occupazione legittima fino alla giuridica regolarizzazione della situazione di
fatto mediante la restituzione dell’area o il suo legittimo acquisto, vuoi con il consenso di
controparte mediante contratto, vuoi mediante l’adozione del provvedimento autoritativo di
acquisizione sanante exart. 42 bis, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, confluendo, peraltro, in tale ultima
ipotesi la posta risarcitoria, in senso lato, nell’indennizzo dovuto per l’acquisizione sanante, come
evincibile dal comma 3 del citato art. 42 bis.
       Tale valore d’uso, corrispondente al danno sofferto da parte ricorrente per l’illecita, prolungata
occupazione del terreno di sua proprietà, può calcolarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e
1226 c.c., nell’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene in linea con il
parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42 bis,comma 3, suscettibile di applicazione
analogica in quanto espressione di un principio generale (Cons. Stato, sez. IV, 27 maggio 2019, n.
3428; sez. IV, 4 maggio 2018, n. 2670);
       RITENUTO, alla stregua di tali principi, che:
       – è fondata e va, quindi, accolta la domanda di restituzione del fondo de quoprevia rimessione
in pristino stato – così come richiesto dalle ricorrenti – salvo che, ricorrendone i presupposti,
l’Amministrazione comunale non ritenga di acquisire il terreno de quoadottando un provvedimento
di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bisdel d.P.R. n. 327/2001;
       – è, altresì, fondata limitatamente al periodo non coperto dalla prescrizione come sopra
indicato, e va, quindi, accolta in parte qua, la domanda di condanna del Comune di Castelvetrano al
risarcimento del danno per mancato utilizzo del terreno a causa dell’occupazione illegittima;
       RITENUTO che, con riguardo alla concreta quantificazione di quanto dovuto per
l’occupazione sine tituloper il periodo non coperto dalla prescrizione, ove il Comune di Castelvetrano
decida di acquisire l’area per cui è causa ai sensi dell’art. 42 bisdel D.P.R. n. 327/2001, dovrà fare
applicazione delle regole dettate da tale norma; se invece si determini per la restituzione, previa
riduzione in pristino stato, ai sensi dell’art. 34, co. 4, cod. proc. amm., dovrà formulare al ricorrente
una proposta di liquidazione del danno subito che, in ragione dei poteri equitativi e della “ratio”
dell’art. 42 bisdel d.P.R. n. 327/2001, va calcolato in una somma pari al 5% annuo del valore venale
del bene (ex multis: v. TAR Sicilia, Palermo, III, 5 dicembre 2019, n. 2806; T.A.R. Campania, Napoli,
7 luglio 2014, n. 3768); quanto alla determinazione del predetto valore venale (sul quale applicare
poi il 5% annuale) il Comune di Castelvetrano dovrà tenere conto della destinazione urbanistica e
delle caratterizzazioni e valorizzazioni “reali” che l’area de quapossedeva al tempo dell’occupazione,
utilizzando il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più
probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa
tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili), con decorrenza
del computo dall’insorgenza del diritto, salvi gli effetti della compiuta prescrizione per effetto della
quale il dies a quodelle spettanze deve decorrere dal 6 novembre 2013, fino alla riconsegna;
trattandosi di debito di valore, la somma dovuta andrà rivalutata anno per anno applicando gli indici
di rivalutazione dei prezzi al consumo ISTAT-FOI e, così liquidata, sarà incrementata con gli
interessi compensativi al tasso legale exart. 1282, comma 1, c.c. (Cass. civ., Sez. III, 22 febbraio
1995, n. 1952) fino all’effettivo pagamento del dovuto;
       RITENUTO che il Comune di Castelvetrano, onde evitare il maturarsi di un ulteriore danno
risarcibile in favore di parte ricorrente, dovrà provvedere alla giuridica regolarizzazione della
fattispecie, entro 120 giorni dalla comunicazione, ovvero dalla notificazione a cura delle interessate
se anteriore, della presente sentenza, come detto, mediante l’immediata restituzione del bene,
previa integrale riduzione in pristino, ovvero attraverso il legittimo acquisto della proprietà dell’area
o con il consenso della controparte, mediante contratto, ovvero mediante l’adozione del
provvedimento autoritativo di acquisizione sanante exart. 42 bis, d.P.R. n. 327 del 2001;
       RITENUTO, in conclusione, che le spese di lite vanno compensate tra le parti per un terzo,
avuto riguardo all’accoglimento solo parziale della domanda di risarcimento del danno da
occupazione illegittima, mentre per i restanti due terzi seguono la soccombenza del Comune
resistente e si liquidano a favore delle ricorrenti come da dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55/2014,
avuto riguardo al valore indeterminabile della controversia e alla bassa complessità delle questioni
giuridiche affrontate, secondo i minimi tariffari relativi alle fasi di studio e introduttiva; non si
procede alla liquidazione della fase istruttoria/trattazione nonché della fase decisionale, in quanto
tali fasi non sono state concretamente svolte;

     P.Q.M.

     Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in
motivazione.
     Condanna il Comune di Castelvetrano al pagamento dei due terzi delle spese di lite in favore di
parte ricorrente, liquidate nella misura di € 1.000 (euro mille/00), oltre accessori di legge se dovuti;
spese compensate per il restante terzo.
     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
     Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2020 con l’intervento
dei magistrati:

     Maria Cristina Quiligotti, Presidente
     Anna Pignataro, Consigliere, Estensore
     Calogero Commandatore, Referendario
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