SULLA NARRATIVA PULP ITALIANA

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Journal of Teaching and Education,
CD-ROM. ISSN: 2165-6266 :: 1(7):157–164 (2012)
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SULLA NARRATIVA PULP ITALIANA

Nicoleta Călina
University of Craiova, Romania

This paper introduces to the reader some of the youngest representatives of the Italian
literature of the ‘90s, Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Enrico Brizzi, Isabella Santacroce,
Tiziano Scarpa and others, exponents of the “pulp” or “cannibal” literature. All these writers
refuse the technique of the traditional novel. In their novels the punctuation marks lack, and
this tends to create a continuum of the narration. As for the stylistics, these novels are
significant documents of the ‘90s prose, in which the metonymy and the neologisms are
frequently used, as well as the jargon, the argotic terms and the interior monologue.

Keywords: Narrativa italiana, Pulp, Letteratura cannibal.

La narrativa italiana stava per diventare, negli anni ‘90, una specie di nuovo “rock”. Crollati i
generi, ad un incrocio, da dove si poteva cominciare poi da zero, dalla base, è il momento in cui
ormai della giovinezza viene apprezzata l’immaturità, il cambiare.
      Gli anni Novanta del XX secolo costituiscono un vero cambiamento nella letteratura italiana
in quanto per la prima volta nascono dei testi estremamente violenti e aggressivi, che
differiscono da tutto quello che era stato scritto fino ad allora sulla penisola. Dopo questi anni il
panorama letterario cambia drasticamente. Durante questo periodo assistiamo anche alla nascita
di un rilevante numero di giovani scrittori italiani accompagnati da molteplici etichette come
“narrative invaders”, “scrittori dell’eccesso”, “neo-neoavanguardisti”, “cannibali”, “modello
Pulp Fiction o Forrest Gump”1. I maggiori rappresentanti di questa nuova corrente letteraria
sono Enrico Brizzi, Isabella Santacroce, Niccolò Ammaniti, Aldo Nove e Tiziano Scarpa.
      Le opere che rinnovano il campo letterario italiano vengono composte da autori che,
evidentemente affascinati dalla crudeltà e prepotenza, si dilettano a descrivere in dettaglio
omicidi, e stranezze. Il pulp è il genere letterario recente in cui possiamo parlare di un nuovo tipo
di violenza e di una nuova e rinnovata forma di linguaggio, visto che gli strumenti utilizzati
prima sono considerati insufficienti.2 La letteratura pulp italiana è un tipo di scrittura “onnivora”,
“veloce” ed “orizzontale”, come i mezzi di comunicazione che si ritrovano nella televisione e nel
cinema.3
      Alla base dello sviluppo del pulp si possono individuare anche elementi negativi della storia
italiana precedente, come ad esempio gli anni Settanta, chiamati anche gli “anni di piombo”,
oppure il periodo della stasi letteraria e intellettuale, ovvero il periodo in cui si pubblicavano
pochi romanzi e gli intellettuali si occupavano soprattutto di saggistica . In questo contesto

1
     Matteo Piras, Tiziano Scarpa: Occhi sulla graticola. Postmodernismo e neoletteratura. Il “morso” dei
cannibali
2
     Agnieszka Firlej, La letteratura “pulp” ossia “giovani cannibali”. Le polemiche sui confini del nuovo genere
letterario, in “Studia Romanica Posnaniensia, UAM Vol. 37/1 PoznaĔ, 2010, p. 86
3
   Sabina Donato, La Letteratura pulp in Italia, 2009, Osanna Edizioni, p. 59

                                                       157
158     Nicoleta Călina

arrivano gli anni Novanta colpiti dal cosiddetto desiderio di “voltar pagina” rispetto al passato, in
cui la letteratura comincia ad essere vitale, policentrica e ad interessarsi alla realtà
contemporanea. L’anno 1996 è l'anno di svolta in Italia, quando in Italia arriva la famosa
pellicola “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino e di conseguenza Alessandro Baricco organizza un
simposio dedicato al tema “Narrare dopo Pulp Fiction”, visto che il film costituisce una sorta di
“Iliade” dei nostri tempi e che l’opera traccia la trasformazione della narrazione e delle modalità
del racconto.4
     E’ rilevante l’origine del nome pulp, ma anche il suo significato. Pulp viene dalla lingua
inglese e significa “polpa di legno”, ossia “un mucchio di materia organica vischiosa, umida,
soffice…”5. Tuttavia la sua definizione nel contesto letterario richiama varie etimologie e
riferimenti. La parola fu utilizzata da due precedenti illustri: Charles Bukowski, scrittore
americano, che aveva scritto il suo libro appunto “Pulp”;la sua è un’opera in cui vengono
presentati i principi dello scrivere in maniera pulp. L’autore inserisce in una storia d’avventura
elementi caratteristici per filoni letterari come giallo, fantascienza e romanzo psicologico. Tutto
questo viene raccontato dal protagonista principale con grande cinismo in un tono poco educato.
Quentin Tarantino è il secondo nome, del cui “Pulp Fiction” abbiamo già parlato.
     Inoltre per il nome pulp si può trovare anche un’altra spiegazione: in riferimento alla storia
del genere, esso allude anche ai cosiddetti pulp magazines – una serie di pubblicazioni popolari
di rapido consumo, con contenuti facili e stereotipati e cattiva qualità di carta. Il pulp moderno
rispecchia in modo molto evidente la somiglianza tra questo tipo di carta e la polpa, cioè la pasta
di bassa qualità dalla quale proviene e la scrittura senza che mischia tanti generi e modalità di
espressione.
     Questo genere, oltre a pulp e splatter, hanno anche tante altre etichette che lo indentificano.
tra le quali scrittori dell’horror, Cannibali, cattivisti, orroristi, o noiristi. Il pulp si distingue per
la presentazione di storie terribili ed esasperanti. È la scrittura che provoca brividi e ripugnanza
attraverso la descrizione di schizzi di sangue e di atti atroci di violenza. La prepotenza che
domina il mondo pulp gronda di crudeltà e spaventa con la visibile mancanza di moralità, in
quanto è spesso priva di motivo. I rappresentanti del filone raccontano puro orrore, sono
“testimonianza ieratica del male”6, poiché si fermano in maniera evidente sui frammenti orrendi
e trovano un vero piacere nella loro creazione. La letteratura pulp porta anche tratti caratteristici
formali che la distinguono da altri generi letterari, in cui si intrecciano molti filoni che sembrano
contrastanti tra di loro ad una prima vista: noir, giallo, fantascienza, fumetto, thriller e horror. Si
potrebbe credere che il pulp indichi soltanto una produzione culturale che utilizza o ricicla
materiali “bassi”, ma in realtà li mischia assieme agli elementi della cultura popolare e di massa.
     Giulio Ferroni nell’opera Dopo la fine. Sulla condizione postuma della letteratura, ritiene
che questo approccio riduca la violenza ad una semplice apparenza, e parallelamente essa faccia
perdere il senso della sua influenza concreta sulla vita, poiché si sposta sul piano immaginario. In
questo tipo di scrittura, non esiste più la lotta contro il potere o la classe sociale, ma la
divergenza è diventata combattimento soltanto per il piacere di combattere, visto che si descrive
l’aggressione senza alcuno sfondo psicologico, lasciando l’analisi morale ai lettori. I confini tra

4
  F. La Porta, La nuova narrativa italiana. Travestimenti e stili di fine secoli, Bollati Boringhieri, Torino, p. 261-
262
5
  Marino Sinibaldi, Pulp. La letteratura nell’era della simultaneità, Donzelli, Roma, 1997, p. 39
6
    Emanuele Trevi, Spazzatura e violenza: sull’estetica cannibale, apud. D. Brolli, Gioventù cannibale, 2006, p.
205
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Male e Bene7 non sono più accettati, e dunque, questo genere letterario non ha nessun “effetto
sociale positivo”.
      Oggi la letteratura pulp in Italia d’oggi è famosa anche a causa della “prima antologia
italiana dell’orrore estremo”8 intitolata Gioventù cannibale, volume a cura di Daniele Brolli che
dà spazio ad autori come Niccolò Ammaniti, Aldo Nove, Luisa Brancaccio, Alda Teodorani,
Daniele Luttazzi, Andrea I. Pinketts, Massimiliano Governi, Matteo Curtoni, Matteo Galiazzo,
Stefano Massaron e Paolo Caredda. Gli autori sono “undici sfrenati, intemperanti, cavalieri
dell’Apocalisse”9 scrittori che costituiscono una pura innovazione nel campo umanistico. Sono
presentati come “feroce e allegra brigata” che prende posizione di fronte alla peste, all’epidemia,
ossia di fronte alla “patologia” del mondo e della società di oggi, dello sfruttamento e del
prodotto di grandi metropoli. Il termine “cannibali” è un nome attribuito dai media dopo l’uscita
della antologia Gioventù cannibale, pubblicata nel 1996. Nello stesso anno erano usciti: Occhi
sulla graticola di Tiziano Scarpa, Fango di Niccolò Ammaniti e Woobinda di Aldo Nove.
      Come la maggior parte dei movimenti letterari, i Cannibali sono un gruppo molto libero di
giovani scrittori accomunati da fini commerciali. Oltre alla loro giovinezza, hanno in comune un
certo numero di caratteristiche: un rifiuto dell’accademismo dei più vecchi (Moravia è un
frequente bersaglio), il desiderio di liberarsi dai vincoli delle convenzioni letterarie e dalla teoria
attraverso il relativismo post-modernista.
      Marino Sinibaldi afferma che il loro atteggiamento è paragonato al “civettare con
l’orrore”10, perché le disgrazie sono descritte con una naturale allegria. Julia Kristeva evidenzia ,
invece, come il loro mondo sia sdoppiato, appeso “tra il disgusto e il riso, tra l’apocalisse e il
carnevale”11. A che cosa serve loro però la comicità nella descrizione della violenza? Lo spiega
di nuovo Sinibaldi ponendo come esempio uno dei Cannibali, ma l’enunciato si può estendere
anche agli altri: “L’umorismo è per Ammaniti piuttosto un modo per raccontare senza
partecipazione”.12 Vuol dire che per mezzo della comicità si crea un distacco tra il racconto e il
lettore che in questa maniera salva quest'ultimoe lo protegge dalle atrocità a cui assiste.
Attraverso la risata, l’autore incita il lettore a prendere distanza dall’azione atroce e crudele e lo
aiuta a tornare intatto alla realtà.
      Lidia De Federicis13 non è d’accordo con la loro negazione della storia, i giochi linguistici
dello scritto come se fosse parlato, l’iperrealismo e il loro atteggiamento strano. Ancora di più,
Romano Luperini definisce i Cannibali una generazione di scrittori che non sa niente della
letteratura e non ne vuole sapere nulla, perché questa generazione è nata dopo la morte della
letteratura. Nanni Balestrini li descrive come “narrative invaders anni 1960-1974” e rivolge
l’attenzione sulla loro apertura ai linguaggi giovanili, apertura che può essere considerata come
la visibile influenza del loro maestro Pier Vittorio Tondelli.
      Filippo La Porta14 ritiene che i Cannibali siano poco innovativi dal punto di vista della
trama, perché recuperano un gusto di narrare e ripetono all’infinito le storie già scritte creandone
soltanto diverse varianti e complicazioni. Questi scrittori hanno senz’altro la passione per il
7
     Elisabetta Mondello, La giovane narrativa degli anni Novanta, Meltemi Editore, Roma, 2004, p. 3
8
     Daniele Brolli, Gioventù cannibale. La prima antologia italiana dell'orrore estremo, Serie Stile Libero, Einaudi,
Torino, 2006, p. 92
9
     Brolli, op. cit., p. 94
10
     Sinibaldi, Pulp. La letteratura nell’era della simultaneità, Donzelli, Roma, 1997, p. 65
11
     Kristeva, op. cit., p. 157
12
     Marino Sinibaldi, op. cit., p. 63
13
     Firlej, Agnieszka, La letteratura “pulp” ossia “giovani cannibali”. Le polemiche sui confini del nuovo genere
letterario, in “Studia Romanica Posnaniensia, UAM Vol. 37/1 PoznaĔ, 2010, p. 90
14
     La Porta, op. cit., p. 264
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narrare, un debordante piacere di raccontare, ma contemporaneamente si ha la sensazione che
potrebbero esprimersi con la stessa facilità attraverso altri mezzi di comunicazione – cinema,
fumetto o pubblicità. Secondo questo autore, offrono un tipo di prodotto medio per il lettore
medio che aspira alle tendenze di moda. Tuttavia non si possono negare le ambiziose intenzioni
dei Cannibali di descrivere la realtà contemporanea senza edulcorazioni e mutamenti.
     Gli autori del pulp si occupano piuttosto della descrizione de “le zone d’ombra della nostra
vita quotidiana”. Sono definiti come “apologeti dell’orrore” oppure “apostoli del confuso”.
Utilizzano una lingua, anzi più lingue, “senza compromessi”, con le quali vogliono abolire la
cultura del moralismo e introdurre “una svolta dell’immaginario”.15 Ciò che caratterizza le opere
di questi scrittori, al di là della violenza – non sempre presente – o della sessualità portata
all’estremo, della mancanza di una moralità, è la loro scrittura, secondo alcuni innovativa. 16
     “Il pulp dei giovani esordienti degli anni Novanta, da Niccolò Ammaniti ad Aldo Nove, i
cosiddetti cannibali”, spiega Elisabetta Mondello, “precede tale incrocio, ne rappresenta una fase
di avvicinamento ed insieme ne incarna il momento di passaggio, quello che avviene nella
seconda metà del decennio quando l’editoria maggiore promuove alcuni scrittori, sull’onda del
successo dell’esperienza della casa editrice Einaudi con la collana Stile libero”17.
     Mondello, nel volume “In principio fu Tondelli. Letteratura, merci, televisione nella
narrativa degli anni novanta”18 spiega il legame con la scrittura di Pier Vittorio Tondelli – da una
parte –, e la grande influenza dell’invasione delle merci e dei nuovi media hanno avuto nella
costruzione di un immaginario letterario comune alla generazione degli autori del pulp.19 Gli
“autori cannibali” si rivolgono soprattutto a giovani lettori. Loro non sono un gruppo con intenti
comuni; l’intermedialità è l’unico aspetto che li avvicina.20
     In questo ambiente, parliamo di alcuni autori di letteratura “pulp”, fra i quali uno dei giovani
scoperti e promessi da Pier Vittorio Tondelli, Enrico Brizzi, che è stato inserito nell’audace
progetto dello scrittore che gli farà da maestro, progetto chiamato Under 25, una raccolta in cui
pubblicherà le sue prime produzioni letterarie.
     Il Salinger contemporaneo, il rockettaro tondelliano21, il bolognese Enrico Brizzi è l’autore
dei romanzi Jack Frusciante è uscito dal gruppo, apparso presso la Casa Editrice Transeuropa di
Ancona, nel 1994, il romanzo-culto con cui esordisce a diciannove anni e che ha registrato una
vendita di un milione di copie ed è stato tradotto in 24 lingue. Con Bastogne Brizzi cambia
completamente registro, e si allinea alle tendenze recenti della narrativa pulp. Bastogne viene
considerata una delle opere più rilevanti della scena pulp italiana che ha fatto diventare Brizzi
uno dei principali rappresentanti del gruppo di scrittori definiti i Cannibali. Ermanno Claypool e
i suoi amici si ribellano contro una società perbenista. 22

15
     Brolli, op. cit., p. X
16
     A. Guglielmi, La liberazione del linguaggio, in N. Balestrini-R. Barilli (a cura), in , nr.1, Costa &
Nolan, 1997, pag. 20
17
     Elisabetta Mondello, Il Neonoir. Autori, editori, temi di un genere metropolitano, in Atti del convegno “Genius
Loci” di Tor Vergata,
18
     Elisabetta Mondello, In principio fu Tondelli. Letteratura, merci, televisione nella narrativa degli anni novanta,
Il Saggiatore, 2007
19
     Roberto Arduini, Elisabetta Mondello: «Giallo e noir? Ormai sono oggetto di studio» in “l’Unità”
20
     Hofmeister, Alexandra, "Dentro la televisione ci siamo noi" , in , nr. 6/2001, pag. 63-89
21
     Io Donna, in , 26 aprile 2003, pag. 7
22
     Cfr. Fiori (1997); anche Mozzi, pur con qualche riserva, accoglie la definizione: «Ora, non è che per principio
    respingiamo il Brizzi-pulp (pulp per modo di dire: usiamo la parola per spiegarci alla grossa) ».
Sulla Narrativa Pulp Italiana     161

     Il titolo del romanzo Bastogne proviene dall’ultimo attacco nazista alle truppe alleate prima
della disfatta23, ed è stato pubblicato da Baldini & Castoldi a Milano nel 1996; è il romanzo per
eccellenza, tramite il quale Brizzi emerge di più come autore “cannibale”24. C’è da notare che i
suoi protagonisti vivono in una dimensione paranormale; ad esempio Pazienza, risulta geniale
per l’invenzione del linguaggio vivissimo – un miscuglio di gerghi e dialetti - raccontando la
ribellione di questi cattivi ragazzi da “cattivo ragazzo”25.
     Enrico Brizzi, però, ha rifiutato ogni etichetta, soprattutto quella pulp: “Certo, in Bastogne
c’è violenza e sangue, ma sono elementi presenti anche nei romanzi di Dostoevskij e non per
questo i critici lo mescolano ai cannibali. Bastogne era e resta soprattutto una storia
sull’amicizia, come Jack Frusciante è uscito dal gruppo era una storia sull’amore”26.
     I suoi romanzi introspettano ragazzi metropolitani cattivi che cavalcano Vespe Special
“truccate”, con panetti di hashish, e che hanno sempre con sè droga.27 A partire dal romanzo
omonimo del 1996, riscriverà e pubblicherà un’altra versione di Bastogne. Graphic novel, una
variante con disegni di Maurizio Manfredi, presso Baldini Castoldi Dalai, Milano, nel 2006.28
     Insieme a Tre ragazzi immaginari, a Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Bastogne
completa una trilogia della giovinezza, come gli piace chiamarla, destinata a costituire un punto
di riferimento per i giovani narratori italiani.29 Assistiamo ad un’assenza della punteggiatura che
mira a costituire un continuum narrativo senza pause per così legittimare la „confessione” del
protagonista. La struttura tipografica rinforza l’impressione di notevoli effetti di „velocità”
narrativa, espressi in ritmi che generano una tonalità colloquiale col lettore.
     Per quanto riguarda la stilistica, i suoi romanzi sono dei documenti rilevanti della prosa degli
anni ‘90, adoperando spesso la metonimia generalizzata, lo slang dei giovani, dei neologismi, il
riuso in chiave ironica di voci familiari, e schegge di monologo interiore, la sintassi destrutturata,
veloce come un videoclip.30
     Il linguaggio è la sua l’arma preferita, il livello più naturale della sua scrittura, adoperando
giochi di parole e sonorità che poi rielabora, in un lavoro quasi da “ragioniere”. La sua lingua
referenziale, scandita su ritmi velocissimi, arricchiti da procedure cinematografiche (zoomate,
primi piani) fa riferimento a delle procedure retoriche tipiche della koinè cannibale e alle
caratteristiche fondamentali di questo tipo di scrittura: la velocità e l’orizzontalità: la storia è
appiattita in un presente acronico.31
     Intervistato sui giovani degli Anni ‘90, della propria generazione, l’autore confessa:

        “Per iniziare a parlare dei giovani degli Anni ‘90 occorre capire se esiste una continuità tra gli
        autori di quella prima leva e quella di dieci o quindici anni dopo. Secondo me, per niente. A mio

23
    Il mestiere di scrittore, in , 1 Novembre 1995, pag. 4
24
    Materazzi, Melfino, Presutti, Giovanni, Letteratura Italiana Modulare, Storia e testi, Thema, Bologna, 2005,
pag. 1076
25
    Antonella Fiori, E i violenti del nuovo Brizzi s'ispirano a pazienza, in , 10-16
dicembre 1996, pag. 5
26
    Cinzia Fiori, Brizzi: l'orco del “pulp” vuol fare il baby sitter, “Il mio pubblico sono i dodicenni di oggi soli
avanti alla tv”, in “Corriere della Sera”, 12 aprile 1997, p. 30
27
    Cinzia Fiori, op. cit., p.31
28
    Cristina Gaspodini, Il mondo secondo Frusciante Jack. La prima autobiografia non autorizzata. Ancona,
Transeuropa, 1998, pag. 11
29
    Cristina Gaspodini , op. cit., pag. 23
30
    Materazzi, Melfino, Presutti, Giovanni, op. cit., pag. 1075
31
    Materazzi, Melfino, Presutti, Giovanni, op. cit., pag. 1081
162     Nicoleta Călina

        avviso, quei giovani che hanno dovuto farsi strada in un ambiente molto ostile, appena raggiunta
        una posizione di sicurezza, o quanto meno di azzardo minore, non hanno teso una mano verso gli
        autori più giovani. O almeno non in blocco. I casi isolati si riducono, in fondo, all’esperienza di
        Pier Vittorio Tondelli con il progetto Under 25, la vera semina di fine Anni 80, capace di
        produrre scritture vere e autori veri nel decennio successivo. Da quella trentina di racconti sono
        usciti scrittori veri, pensiamo a Silvia Ballestra e Giuseppe Culicchia, i primi veri nomi che ci
        interessano per parlare di Anni 90.”32

Un’altro autore appartenente alla scrittura pulp è Niccolò Ammaniti. Un esempio di scrittura
pulp di Ammaniti si ritrova nel suo racconto “Fango”. Il libro sembra di essere un grande
laboratorio di scrittura, in cui Ammaniti conferma la straordinaria capacità di inventare storie ai
limiti della realtà, che si intrecciano per poi finire ad avere una soluzione inaspettata, a volte
tragica.
      Il romanzo presenta una galleria di personaggi intenzionalmente carichi di particolari
grotteschi, i quali riflettono una società italiana corrotta e violenta come quella odierna. C'è chi
sostiene che sia riuscita anche la trasposizione del film di Quentin Tarantino nella realtà
metropolitana della periferia romana in Fango, dove le vicende del giovane gangster Albertino
sono presentate con senso del ritmo e dell’azione.
      I personaggi di Ammaniti sembrano privi di valori, senza nessuna prospettiva, sempre
cercando qualcosa che spezzi la noia in situazioni brutali e violente. L’ironia potrebbe far
pensare a qualcuno che queste storie sono solamente il frutto della debordante fantasia
dell’autore, ma dietro alla comicità dei personaggi si nasconde una triste cronaca quotidiana.
      Isabella Santacroce con Destroy aveva provocato un litigio tra critici come non si sentiva
da molto. Il libro è stato elogiato sulla prima pagina di Repubblica da Alessandro Baricco, e
ancheAngelo Guglielmi ha scritto una recensione molto favorevole. Ha avuto un grande successo
di vendita del libro e la Santacroce è stata incoronata dai lettori regina del pulp all’italiana, la
migliore degli scrittori “cannibali”.33
      Il primo impatto con la lettura dei libri di Santacroce è forte per la sperimentazione
linguistica, la sua scrittura che rifiuta tutte le regole della punteggiatura, per la terminologia
molto volgare, la sua frase in cui coabitano pezzi di dialogo, descrizioni iperrealistiche, slanci
lirici e deliri mentali.
      In Luminal, la scrittrice si adatta molto bene nella sua anti-narratività ai contenuti del
romanzo che parla di una vita molto pericolosa di due giovani ragazze, bambole oggetto, Demon
e Davi, che girano solo di notte, cibandosi della nuova droga “Luminal” nei bar e dei loro ricordi
dell’infanzia. Luminal è un romanzo in cui i personaggi del romanzo sono portati da loro stessi
alla distruzione. E' un romanzo molto violento, molto realistico, ma anche surreale, alla ricerca di
qualcosa di bello in una realtà molto crudele.
      Tiziano Scarpa, in Occhi sulla graticola, apparso presso la Casa Editrice torinese Einaudi
nel 1996, è il più abile di tutti gli scrittori del pulp nel seguire un suo originale percorso. Il saggio
la cui trama si svolge a Venezia, sembra essere il diario di un diario; infatti è una lettera scritta
dall’io narrante ad un se stesso ipotetico futuro.
      Il personaggio principale Alfredo, che sta per prendere la laurea in Lettere con una tesi sulle
brutte figure nella narrativa di Fedor Dostoevskij, salva Carolina Groppo, che studia
all’Accademia delle Belle Arti che si disegna gli attributi sessuali censurati nei fumetti

32
    Enzo Baruffaldi e Arturo Compagnoni, Percorsi di lettura. Anni Novanta: gli anni della musica indipendente,
in , luglio-agosto 2005, pag. 8
33
    Fabio Santolini, La regina del pulp riparte da Internet, 19 marzo 1998
Sulla Narrativa Pulp Italiana     163

giapponesi. Si può parlare di un certo senso di una immobilità che questo mondo di universitari -
soli ed incapaci d’azione - acquisisce.
     Quanto ad Aldo Nove, un altro autore di pulp, il suo tema del racconto “Il bagnoschiuma”
incluso nella raccolta Superwoobinda, è “Mercificazione totale della vita e dell’immaginario”. Il
personaggio principale uccide e profana le salme dei suoi genitori senza aver avuto nessun
motivo, e questo avviene solo perché essi non vogliono usare la stessa marca del bagnoschiuma
che lui usa.
     Oltre che letterario, il fenomeno pulp è un fenomeno sociologico34 perché è proprio dalla
società che i narratori “nuovi-nuovi” attingono storie e linguaggio narrativo. Si tratta di una
“liberazione del linguaggio”, che non viene utilizzato unicamente per testimoniare la violenza
della società degli anni ‘90, ma per trasformare la violenza nella “violenta allegria di raccontare”.
     Secondo Daniele Brolli, è “una lingua ancora in via di formazione che raccoglie senza falsi
pudori le sue parole dai palinsesti televisivi, dalla cultura di strada, dal cinema di genere, dalla
musica pop”35. Invece, Emanuele Trevi36 le chiama “parole-spazzatura”, perché la lingua pulp
non cerca di imitare una sintassi o un dizionario astratto.
     Per quanto riguarda il livello linguistico, anche sotto questo aspetto non c’è uniformità. Gli
autori di pulp si esprimono attraverso diversi registri e stili, ispirandosi alla letteratura
tradizionale, ma giocando con i linguaggi della pubblicità e della mass media. Inoltre gli scrittori
arricchiscono la loro produzione artistica con vari forestierismi, numerose parolacce e un’ampia
gamma di neologismi.
     Tutti questi autori rifiutano la tecnica del romanzo tradizionale. Nei loro romanzi notiamo la
mancanza dei segni di punteggiatura, e questo tende a creare un continuum della narrazione. Per
quanto riguarda la stilistica, questi romanzi sono documenti significativi della prosa anni ‘90, in
cui la metonimia ed i neologismi sono di uso frequente, così come il gergo, i termini argotici e il
monologo interiore.

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34
     A. Guglielmi, op. cit, pag. 24
35
     Brolli, op. cit., p. VIII
36
     Emanuele Trevi, op. cit., p. 208
164     Nicoleta Călina

10.   Fiori, Antonella, E i violenti del nuovo Brizzi s’ispirano a pazienza, in , 10-16
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