STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE

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STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
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STRATEGIA EUROPEA
IN MATERIA DI SICUREZZA
UN’EUROPA SICURA
IN UN MONDO MIGLIORE
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
STRATEGIA EUROPEA
IN MATERIA DI SICUREZZA
             UN’EUROPA SICURA
        IN UN MONDO MIGLIORE
           CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
Nota

Le istituzioni dell’Unione europea e gli Stati membri non sono vincolati dal
contenuto del presente opuscolo, che è stato preparato dal segretariato
generale del Consiglio.

Per maggiori informazioni si prega di contattare il servizio Informazioni al
pubblico dell’unità Comunicazione della direzione generale F, all’indirizzo
seguente:

Segretariato generale del Consiglio
Rue de la Loi/Wetstraat 175
1048 Bruxelles/Brussel
BELGIQUE/BELGIË

Fax               +32 22814977
Internet          http://www.consilium.europa.eu/infopublic

Numerose altre informazioni sull’Unione europea sono disponibili su Internet
via il server Europa (http://europa.eu).
Una scheda bibliografica figura alla fine del volume.
Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2009
ISBN 978-92-824-2424-7
doi: 10.2860/14256
© Comunità europee, 2009
Riproduzione autorizzata con citazione della fonte
Printed in Belgium
STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
Prefazione

La strategia europea in materia di sicurezza è stata adottata
nel dicembre 2003 ed è divenuta una pietra miliare nello
sviluppo della politica estera e di sicurezza dell’Unione
europea (UE).

Per la prima volta l’UE ha concordato una valutazione
congiunta della minaccia ed ha fissato obiettivi chiari per
portare avanti i suoi interessi in materia di sicurezza, in
base ai nostri valori fondamentali. Niente descrive meglio
le nostre aspirazioni del titolo della strategia: «Un’Europa
sicura in un mondo migliore» — che è il fine ultimo delle nostre azioni.

Cinque anni dopo, nel dicembre 2008, ho presentato al Consiglio europeo una
relazione sull’attuazione di questa strategia in seguito al mandato dei capi di Stato
o di governo. Questa relazione, intitolata «Garantire sicurezza in un mondo in piena
evoluzione» ed elaborata in associazione con la Commissione europea, esamina
come la strategia ha funzionato nella pratica, e che cosa si dovrebbe fare per miglio-
rarne l’attuazione. I capi di Stato o di governo hanno approvato quest’analisi.

Come vedrete voi stessi, molto è stato fatto in un breve periodo di tempo. Ma non
c’è spazio per il compiacimento. Continuiamo a fronteggiare molte sfide complesse,
in un mondo in rapida evoluzione.

Sono convinto che l’Europa supererà queste sfide, così come ha fatto in passato.

                                                                           Javier Solana
                                                Segretario generale del Consiglio dell’UE
                          Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
Fonti delle fotografie

Pagina 3        Consiglio dell’UE — © Comunità europee
Pagina 10       Consiglio dell’UE — © Comunità europee
Pagina 15       © Commissione europea/ECHO/Adriaan Sullivan
Pagina 17       EULEX Kosovo
Pagina 25       © Comunità europee
Pagina 28       EUMM Georgia
Pagina 38       Consiglio dell’UE — © Comunità europee
Pagina 43       © Comunità europee
STRATEGIA EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA - UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
Indice

Prefazione                                            3

RELAZIONE SULL’ATTUAZIONE DELLA STRATEGIA
EUROPEA IN MATERIA DI SICUREZZA
Garantire sicurezza in un mondo in piena evoluzione    7

UN’EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE
Strategia europea in materia di sicurezza             27
RELAZIONE SULL’ATTUAZIONE
          DELLA STRATEGIA EUROPEA
          IN MATERIA DI SICUREZZA

          Garantire sicurezza in un mondo in piena evoluzione

Sintesi
A cinque anni dall’adozione della strategia europea in materia di
sicurezza, l’Unione europea (UE) si trova ad affrontare le maggiori
responsabilità della sua storia.
L’UE rimane un’ancora di stabilità. L’allargamento ha esteso la
democrazia e la prosperità nel nostro continente. I Balcani subiscono
una trasformazione positiva. La nostra politica di vicinato ha creato
un forte quadro di relazioni con i partner a sud e ad est ed esiste ora
una nuova dimensione con l’Unione mediterranea e il partenariato
orientale. Dal 2003 l’UE ha sempre più fatto la differenza nell’affrontare
crisi e conflitti, in paesi come l’Afghanistan o la Georgia.
Eppure, venti anni dopo la fine della guerra fredda, l’Europa si trova
ad affrontare minacce e sfide sempre più complesse.
In Medio Oriente e altrove nel mondo vi sono ancora conflitti irrisolti,
mentre ne sono divampati altri, anche nelle nostre vicinanze. Il falli-
mento dello Stato mina la nostra sicurezza attraverso la criminalità,
l’immigrazione illegale e, più recentemente, la pirateria. Il terrorismo
e la criminalità organizzata si sono evoluti e presentano nuove minacce,
anche all’interno delle nostre stesse società. Il programma nucleare
iraniano ha fatto notevoli progressi, rappresentando un pericolo per
la stabilità nella regione e per l’intero sistema di non proliferazione.
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    La globalizzazione ha offerto nuove possibilità. La crescita elevata nei
    paesi in via di sviluppo, guidati dalla Cina, ha strappato dalla povertà
    milioni di persone. Tuttavia la globalizzazione ha anche reso le minacce
    più complesse e interconnesse. Le arterie della nostra società, quali
    i sistemi di informazione e l’approvvigionamento energetico, sono più
    vulnerabili. Il riscaldamento globale e il degrado ambientale stanno
    mutando il volto del nostro pianeta. La globalizzazione sta inoltre
    accelerando il cambiamento dei rapporti di forze e sta mettendo in
    evidenza le differenze di valori. Le recenti turbolenze finanziarie hanno
    sconvolto allo stesso modo le economie sviluppate e quelle in via di
    sviluppo.
    L’Europa supererà queste nuove sfide, così come ha fatto in passato.
    Potendo contare su una gamma di strumenti unica, l’UE contribui-
    sce già ad un mondo più sicuro. Abbiamo contribuito a rafforzare la
    sicurezza umana, riducendo la povertà e la diseguaglianza, promuo-
    vendo il buon governo e i diritti umani, fornendo assistenza allo
    sviluppo ed affrontando le cause profonde dei conflitti e dell’insicu-
    rezza. L’UE rimane il più grande donatore per i paesi che hanno bisogno
    di aiuto. Per una stabilizzazione duratura è necessario un impegno
    a lungo termine.
    Nell’ultimo decennio la politica europea comune in materia di
    sicurezza e di difesa, quale parte integrante della nostra politica estera
    e di sicurezza comune, ha acquisito esperienza e capacità, con oltre
    20 missioni schierate in risposta a situazioni di crisi, dal consolidamento
    della pace post-tsunami in Aceh alla protezione dei rifugiati in Ciad.
    Questi risultati sono il frutto di un approccio europeo originale alla
    politica estera e di sicurezza. Tuttavia non v’è spazio per l’autocom-
    piacimento. Per garantire la nostra sicurezza e soddisfare le aspetta-
    tive dei nostri cittadini dobbiamo essere pronti a influenzare il corso
    degli eventi. Ciò suppone pensare in modo più strategico ed essere
    più efficaci e visibili sulla scena internazionale. Otteniamo i migliori
    successi quando agiamo in modo tempestivo e coerente, sostenuti
    dalle necessarie capacità e dall’appoggio continuo dell’opinione
    pubblica.
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Per avere carattere duraturo, le soluzioni ai conflitti devono associare
tutti gli attori regionali che condividono un interesse comune nella
pace. Governi sovrani devono assumersi la responsabilità delle conse-
guenze delle proprie azioni e condividere la responsabilità di proteg-
gere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia
etnica e dai crimini contro l’umanità.
È importante che tutti i paesi rispettino i principi fondamentali della
Carta delle Nazioni Unite e i principi ed impegni dell’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Dobbiamo affer-
mare con chiarezza che il rispetto della sovranità, dell’indipendenza
e dell’integrità territoriale degli Stati nonché la pacifica risoluzione
delle controversie non sono negoziabili. Non si può permettere che
la minaccia o l’uso della forza militare risolva le questioni territoriali,
in nessuna parte del mondo.
Su scala mondiale, l’Europa deve guidare un rinnovamento dell’ordine
multilaterale. Le Nazioni Unite costituiscono il vertice del sistema inter-
nazionale. Ogni iniziativa intrapresa dall’UE nel settore della sicurezza
è stata connessa agli obiettivi delle Nazioni Unite. Abbiamo un’op-
portunità unica per rinnovare il multilateralismo, collaborando con
gli Stati Uniti e con i nostri partner in tutto il mondo. Per l’Europa
il partenariato transatlantico rimane un fondamento irrinunciabile,
basato su una storia ed una responsabilità condivise. L’UE e la NATO
devono approfondire il loro partenariato strategico per una migliore
cooperazione nella gestione delle crisi.
Negli ultimi cinque anni l’UE ha compiuto notevoli progressi. Viene
riconosciuto il nostro contributo importante ad un mondo migliore.
Tuttavia, nonostante tutti i risultati raggiunti, l’attuazione della
strategia europea in materia di sicurezza rimane in fieri. Per realizzare
appieno il nostro potenziale dobbiamo essere più capaci, più coerenti
e più attivi.
Introduzione

                             Il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di
                             sicurezza nel dicembre 2003. Per la prima volta, ha stabilito principi
                             e fissato obiettivi chiari per portare avanti gli interessi dell’UE in materia
                             di sicurezza in base ai nostri valori fondamentali. La strategia adotta
                             un approccio globale e rimane pienamente pertinente.
                             La presente relazione non sostituisce la strategia europea in materia
                             di sicurezza, ma la rafforza. Offre la possibilità di esaminare come ci
                             siamo comportati nella pratica e cosa si può fare per migliorare la sua
                             attuazione.

  L’alto rappresentante
  dell’UE Javier Solana,
       il presidente della
           Somalia Sharif
      Sheikh Ahmed e il
    segretario generale
     delle Nazioni Unite
  Ban Ki-moon durante
     la conferenza sulla
Somalia che si è tenuta
 congiuntamente tra le
Nazioni Unite, l’Unione
     europea e l’Unione
    africana a Bruxelles
          nell’aprile 2009
I. Sfide globali e minacce
   di fondo

La strategia europea in materia di sicurezza ha identificato una serie di
minacce e di sfide per i nostri interessi in questo settore. Dopo cinque
anni non sono scomparse: alcune sono divenute più significative
e tutte più complesse.

Proliferazione delle armi di distruzione di massa
La proliferazione da parte sia degli Stati che dei terroristi è stata indivi-
duata nella strategia europea come «potenzialmente la più importante
minaccia» alla sicurezza dell’UE. Tale rischio è aumentato negli ultimi
cinque anni, mettendo sotto pressione il quadro multilaterale. Mentre
la Libia ha smantellato il suo programma ADM (armi di distruzione di
massa), l’Iran e anche la Corea del Nord devono ancora conquistare
la fiducia della comunità internazionale. Anche la probabile rinascita
dell’energia nucleare civile nei prossimi decenni costituisce una sfida
per il sistema di non proliferazione, se non accompagnata dalle giuste
garanzie.
L’UE è stata molto attiva nei consessi multilaterali, in base alla strategia
ADM adottata nel 2003, e si è trovata al centro degli sforzi internazio-
nali volti ad affrontare il programma nucleare iraniano. La strategia
enfatizza la prevenzione, attraverso gli accordi delle Nazioni Unite
e multilaterali, agendo quale donatore principale e lavorando con
i paesi terzi e le organizzazioni regionali per rafforzare le loro capacità
di prevenire la proliferazione.
Dovremmo proseguire questo approccio, con azioni politiche e finan-
ziarie. È fondamentale che la conferenza di verifica del trattato sulla
non proliferazione nel 2010 abbia successo, in particolare al fine di
rafforzare il regime di non proliferazione. Ci sforzeremo affinché tale
conferenza, in modo equilibrato, efficace e concreto, esamini i mezzi
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     per accelerare gli sforzi internazionali contro la proliferazione, prose-
     guire il disarmo ed assicurare lo sviluppo responsabile degli usi pacifici
     dell’energia nucleare da parte dei paesi che lo desiderino.
     È inoltre necessario lavorare ulteriormente su questioni specifiche,
     quali: sostegno dell’UE ad un approccio multilaterale al ciclo del
     combustibile nucleare; contrastare il finanziamento della prolifera-
     zione; misure in materia di biosicurezza e bioprotezione; contenere
     la proliferazione dei sistemi di lancio, in particolare i missili balistici.
     Dovrebbero cominciare i negoziati su un trattato multilaterale che
     vieti la produzione di materiale fissile per le armi nucleari.

     Terrorismo e criminalità organizzata
     Il terrorismo, in Europa e nel mondo, rimane una notevole minaccia per
     la nostra sussistenza. Vi sono stati attacchi a Madrid e Londra, mentre
     altri sono stati sventrati, ed i gruppi endogeni svolgono un ruolo
     sempre più attivo nel nostro continente. La criminalità organizzata
     continua a minacciare le nostre società, con il traffico di stupefacenti, la
     tratta di esseri umani, il traffico di armi, nonché la frode internazionale
     e il riciclaggio di denaro.
     Dal 2003 l’UE ha compiuto progressi nell’affrontare entrambi, con
     misure supplementari in seno all’Unione, a titolo del programma
     dell’Aia del 2004, e con una nuova strategia per la dimensione esterna
     nel settore GAI, adottata nel 2005. Ciò ha reso più facile proseguire
     le indagini transfrontaliere e coordinare l’azione penale. La strategia
     antiterrorismo dell’UE, adottata anch’essa nel 2005, si basa sul rispetto
     dei diritti umani e del diritto internazionale. È articolata in quattro
     linee d’azione: prevenire la radicalizzazione e il reclutamento e i fattori
     che vi contribuiscono; proteggere gli obiettivi potenziali; perseguire
     i terroristi; rispondere alle conseguenze di un attacco. Anche se l’azione
     nazionale svolge un ruolo centrale, la designazione di un coordinatore
     antiterrorismo è stato un importante passo avanti a livello europeo.
     In seno all’UE abbiamo fatto molto per proteggere le nostre società
     dal terrorismo. Dovremo rafforzare i dispositivi di coordinamento per
     affrontare un attentato terroristico grave, in particolare in caso di utilizzo
     di sostanze chimiche, radiologiche, nucleari e connesse al bioterrorismo,
     in base a disposizioni quali i dispositivi di coordinamento nella gestione
     delle crisi e il meccanismo di protezione civile. È necessario lavorare
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ulteriormente sul finanziamento del terrorismo, insieme ad una politica
dell’UE efficace e globale sullo scambio delle informazioni, che tenga
nel debito conto la protezione dei dati personali.
Inoltre, dobbiamo fare di più per contrastare la radicalizzazione e il
reclutamento, affrontando l’ideologia estremista e lottando contro la
discriminazione. Il dialogo interculturale svolge un ruolo importante,
in consessi quali l’Alleanza delle civiltà.
Per quanto riguarda la criminalità organizzata, si dovrebbero appro-
fondire i partenariati esistenti con i nostri vicini e i partner fondamen-
tali, nonché nel quadro delle Nazioni Unite, affrontando i fenomeni
migratori nonché la cooperazione di polizia e giudiziaria. È essenziale
l’attuazione degli esistenti strumenti delle Nazioni Unite sulla crimina-
lità. Dovremmo rafforzare ulteriormente il nostro partenariato antiter-
rorismo con gli Stati Uniti, ivi compreso nel settore della condivisione
e protezione dei dati. Dovremmo inoltre rafforzare la capacità dei nostri
partner in Asia meridionale e in Africa e dei nostri vicini meridionali.
L’UE dovrebbe sostenere gli sforzi multilaterali, principalmente nel
quadro delle Nazioni Unite.
Dobbiamo migliorare il modo di combinare la dimensione interna
con quella esterna. Sono necessari un miglior coordinamento, traspa-
renza e flessibilità delle diverse agenzie, a livello nazionale ed europeo.
Questo punto era già stato individuato nella strategia europea in
materia di sicurezza, cinque anni fa. I progressi sono stati lenti ed
incompleti.

Sicurezza informatica
Le economie moderne dipendono fortemente da infrastrutture critiche
quali i trasporti, le comunicazioni e l’approvvigionamento energetico,
ma anche Internet. La strategia europea per una società dell’informa-
zione sicura, adottata nel 2006, mira a combattere la criminalità attra-
verso Internet. Tuttavia, gli attacchi contro sistemi informatici privati
o governativi negli Stati membri dell’UE hanno dato a tale questione
una nuova dimensione, quella di una nuova arma potenziale di tipo
economico, politico e militare.
È necessario lavorare ulteriormente in questo settore, al fine di ricer-
care un approccio globale dell’UE, prestare opera di sensibilizzazione
e rafforzare la cooperazione internazionale.
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     Sicurezza dell’approvvigionamento energetico
     Negli ultimi cinque anni sono aumentate le preoccupazioni per la
     dipendenza energetica. Il calo della produzione in Europa significa
     che nel 2030 fino al 75 % del petrolio e del gas dovrà essere importato.
     Le importazioni proverranno da un numero limitato di paesi, molti
     dei quali sono confrontati a minacce per la stabilità. Siamo quindi di
     fronte a una serie di sfide in materia di sicurezza che richiedono la
     responsabilità e la solidarietà di tutti gli Stati membri.
     La nostra risposta deve essere una politica energetica dell’UE che
     combini le dimensioni esterna e interna. La relazione comune dell’Alto
     rappresentante e della Commissione del giugno 2006 ne espone
     i principali elementi. All’interno dell’Europa necessitiamo di un mercato
     dell’energia più unificato, che presenti maggiore interconnessione con
     particolare riguardo ai paesi più isolati, e di meccanismi anticrisi per far
     fronte a temporanee interruzione dell’approvvigionamento.
     È essenziale una maggiore diversificazione di combustibili, fonti di
     approvvigionamento e rotte di transito, come lo sono il buon governo,
     il rispetto dello Stato di diritto e gli investimenti nei paesi d’origine.
     La politica dell’UE sostiene tali obiettivi attraverso l’impegno con Asia
     centrale, Caucaso e Africa nonché attraverso il partenariato orientale
     e l’Unione per il Mediterraneo. L’energia è un elemento molto impor-
     tante nelle relazioni UE-Russia. La nostra politica dovrebbe vertere sulle
     rotte di transito, incluso attraverso la Turchia e l’Ucraina. Con i nostri
     partner, segnatamente Cina, India, Giappone e Stati Uniti, dovremmo
     promuovere le energie rinnovabili, le tecnologie a bassa emissione di
     CO2 e l’efficienza energetica, insieme a mercati mondiali trasparenti
     e ben regolamentati.

     Cambiamenti climatici
     Nel 2003 la strategia europea in materia di sicurezza ha già indivi-
     duato le implicazioni dei cambiamenti climatici per la sicurezza. Dopo
     cinque anni esse hanno assunto un nuovo carattere di urgenza. Nel
     marzo 2008 l’Alto rappresentante e la Commissione hanno presen-
     tato una relazione al Consiglio europeo che descrive i cambiamenti
     climatici come «moltiplicatori di minacce». Le calamità naturali, il
     degrado ambientale e la competizione per le risorse inaspriscono
     i conflitti, soprattutto in situazioni di povertà e crescita demografica,
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con conseguenze umanitarie, sanitarie, politiche e di sicurezza, incluso
l’aumento della migrazione. I cambiamenti climatici possono inoltre
causare controversie su rotte commerciali, zone marittime e risorse in
precedenza inaccessibili.
Abbiamo potenziato la prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi,
ma dobbiamo migliorare le capacità di analisi e di allarme tempestivo.
L’UE non può farlo da sola. Dobbiamo intensificare i lavori con i paesi
più a rischio rafforzandone la capacità di farvi fronte. Sarà essenziale la
cooperazione internazionale, con le Nazioni Unite e le organizzazioni
regionali.

                                                                 Zimbabwe: distribuzione
                                                                 di aiuti alimentari forniti dall’UE
                                                                 e dal Programma alimentare
                                                                 mondiale dell’ONU
II.   Creare stabilità all’interno
      e all’esterno dell’Europa

          Nel nostro continente l’allargamento continua ad essere un potente
          fattore di stabilità, pace e riforma.

          I negoziati con la Turchia sono iniziati nel 2005 e, da allora, sono
          stati aperti vari capitoli. I progressi nei Balcani occidentali sono stati
          lenti ma continui. I negoziati con la Croazia sono molto avanzati. L’ex
          Repubblica iugoslava di Macedonia ha ottenuto lo status di candidato.
          Con gli altri paesi dei Balcani occidentali sono stati firmati accordi
          di stabilizzazione e di associazione. La Serbia è vicina al soddisfaci-
          mento di tutte le condizioni per passare a relazioni più approfondite
          con l’UE. L’UE continua a svolgere un ruolo guida in Bosnia-Erzegovina
          ma, nonostante i progressi, i leader politici locali devono compiere
          maggiori sforzi per superare il blocco delle riforme.

          Stiamo schierando l’EULEX, la più vasta missione civile della politica
          europea di sicurezza e di difesa (PESD) ad oggi, in Kosovo, e continue-
          remo a fornire un consistente sostegno economico. In tutta la regione
          sono indispensabili relazioni di cooperazione e di buon vicinato.

          È nel nostro interesse che i paesi che ci circondano siano ben governati.
          La politica europea di vicinato (PEV), lanciata nel 2004, sostiene tale
          processo. Ad est vi partecipano tutti i paesi ammissibili, ad eccezione
          della Bielorussia con cui stiamo attualmente adottando iniziative in
          tal senso.

          Con l’Ucraina abbiamo fatto di più negoziando un accordo di associa-
          zione di vasta portata ormai prossimo alla conclusione. Avvieremo
          presto negoziati con la Repubblica moldova per un accordo analogo.
          La sinergia del Mar Nero è stata avviata a integrazione delle politiche
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bilaterali dell’UE in questa regione particolarmente importante per
l’Europa.
Sono sorte nuove preoccupazioni per i cosiddetti «conflitti congelati»
nei paesi orientali vicini dell’UE. La situazione in Georgia, riguardo
all’Abkhazia e all’Ossezia meridionale, è degenerata sfociando in un
conflitto armato tra la Russia e la Georgia nell’agosto 2008. L’UE ha
guidato la risposta internazionale attraverso una mediazione tra le
parti, aiuti umanitari, una missione di osservazione civile e un consi-
stente sostegno finanziario. Il nostro impegno continuerà svolgendo
un ruolo guida nel processo di Ginevra. Sta acquisendo slancio una
possibile soluzione del conflitto transdnistriano, attraverso la parte-
cipazione attiva dell’UE alla formula di negoziato 5+2 e alla missione
dell’UE di assistenza alle frontiere.
Il Mediterraneo, un’area molto importante e fonte di grandi opportu-
nità per l’Europa, pone ancora sfide complesse, quali riforme politiche
insufficienti e migrazione irregolare. L’UE e vari partner mediterranei,
segnatamente Israele e Marocco, si stanno attivando per approfondire

                                                                           EULEX — La missione
                                                                           dell’Unione europea sullo
                                                                           Stato di diritto in Kosovo
                                                                           è la più grande missione
                                                                           civile avviata a titolo
                                                                           della politica europea
                                                                           in materia di sicurezza
                                                                           e di difesa
18

     le relazioni bilaterali. La PEV ha rafforzato riforme avviate inizialmente
     nel quadro del processo di Barcellona nel 1995, ma i conflitti regionali,
     uniti al crescente radicalismo, continuano a generare instabilità.

     L’UE ha avuto un’importanza centrale negli sforzi volti a trovare una
     soluzione per il Medio Oriente, attraverso il suo ruolo nel «Quartetto»,
     la cooperazione con Israele e Autorità palestinese nonché quella con
     Lega araba e altri partner regionali. L’UE è pienamente impegnata
     nel processo di Annapolis a favore di una soluzione fondata sulla
     coesistenza di due Stati e fornisce un sostegno finanziario e di bilan-
     cio costante all’Autorità palestinese e un contributo allo sviluppo di
     capacità, anche attraverso lo schieramento sul terreno di esperti giudi-
     ziari, di polizia e di gestione delle frontiere. In Libano gli Stati membri
     forniscono la base della missione di mantenimento della pace Unifil.
     In Iraq l’UE ha sostenuto il processo politico, la ricostruzione, lo Stato
     di diritto, anche attraverso la missione Eujust LEX.

     Dal 2003 l’Iran costituisce una crescente fonte di preoccupazione.Il
     programma nucleare iraniano è stato oggetto di successive risoluzioni
     del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dell’AIEA. Lo sviluppo di
     una capacità militare nucleare costituirebbe un’inaccettabile minaccia
     alla sicurezza dell’UE. L’UE ha seguito, insieme a USA, Cina e Russia, un
     approccio duplice, basato nel contempo sul dialogo e su una crescente
     pressione. L’Alto rappresentante ha fatto all’Iran un’offerta di ampia
     portata per ristabilire la fiducia e permettergli di rispettare gli impegni
     con la comunità internazionale. Un eventuale proseguimento del
     programma nucleare aumenterebbe invece la necessità di ulteriori
     misure a sostegno del processo ONU. Nel contempo, dobbiamo colla-
     borare con i paesi della regione, compresi gli Stati del Golfo, per costru-
     ire la sicurezza regionale.

     La strategia europea in materia di sicurezza ha riconosciuto che gli
     interessi europei in materia di sicurezza vanno oltre le regioni limitrofe.
     A tale riguardo l’Afghanistan è fonte di particolare preoccupazione.
     L’Europa si è impegnata a lungo termine a favore della stabilità. Gli Stati
     membri dell’UE forniscono un importante contributo alla missione
     della NATO e l’UE è impegnata in materia di governance e sviluppo
19

a tutti i livelli. La missione di polizia dell’UE è in fase di espansione.
Tali sforzi non saranno coronati da successo senza la piena titolarità
afghana e il sostegno dei paesi limitrofi, in particolare il Pakistan,
ma anche l’India, l’Asia centrale e l’Iran. In effetti negli ultimi anni, le
prospettive di migliori relazioni tra l’India e il Pakistan hanno rappre-
sentato un elemento positivo del bilancio strategico.

Nesso tra sicurezza e sviluppo
Come riconosciuto dalla strategia europea in materia di sicurezza e dal
consenso in materia di sviluppo del 2005, uno sviluppo sostenibile non
è possibile senza pace e sicurezza così come senza sviluppo ed elimina-
zione della povertà non sarà possibile una pace duratura. Le minacce
alla sanità pubblica, in particolare le pandemie, minano ulteriormente
lo sviluppo. I diritti umani sono una variabile fondamentale di questa
equazione. In molte zone di conflitto o postbelliche dobbiamo far
fronte allo sconvolgente ricorso alla violenza sessuale come arma di
intimidazione e terrore. L’effettiva attuazione della risoluzione 1820
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale
nelle situazioni di conflitto armato è essenziale.
Il conflitto è spesso collegato alla fragilità degli Stati. Paesi come la
Somalia sono presi in un circolo vizioso di governance carente e conflitti
ricorrenti. Abbiamo cercato di rompere questo circolo vizioso, attra-
verso l’assistenza allo sviluppo e misure volte ad assicurare una migliore
sicurezza. La riforma del settore della sicurezza e il disarmo, la smobili-
tazione e il reinserimento sono un elemento fondamentale della stabi-
lizzazione e ricostruzione postbellica e sono state il fulcro delle missioni
in Guinea-Bissau o nella Repubblica democratica del Congo. I migliori
risultati si ottengono agendo in partenariato con la comunità interna-
zionale e le parti interessate locali.
Lo sfruttamento senza scrupoli delle risorse naturali è spesso all’ori-
gine stessa dei conflitti. Le risorse idriche e le materie prime suscitano
crescenti tensioni che richiedono soluzioni multilaterali. Il processo
di Kimberley e l’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive
forniscono un modello innovativo per affrontare questo problema.
20

     Pirateria
     La strategia europea in materia di sicurezza ha messo in rilievo la pirate-
     ria come una nuova dimensione di criminalità organizzata. È anche il
     risultato del fallimento degli Stati. L’economia mondiale riposa per
     il 90 % del traffico commerciale su quello per via marittima. Gli atti
     di pirateria nell’Oceano indiano e nel golfo di Aden hanno reso tale
     questione più pressante negli ultimi mesi e hanno inciso sull’inoltro
     di aiuti umanitari alla Somalia. L’UE ha risposto, in particolare con
     Atalanta, la prima missione marittima PESD, per scoraggiare la pirateria
     al largo delle coste somale, unitamente ai paesi colpiti e ad altri attori
     internazionali, compresa la NATO.

     Armi leggere e di piccolo calibro (SALW), munizioni a
     grappolo e mine terrestri
     Nel 2005 il Consiglio europeo ha adottato la strategia dell’UE volta
     a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di
     piccolo calibro (SALW) e relative munizioni. Nel contesto della sua
     attuazione l’UE sostiene il programma d’azione dell’ONU in questo
     settore. L’UE continuerà a sviluppare attività volte a lottare contro le
     minacce costituite dalle SALW illecite.
     L’UE ha fortemente appoggiato l’idea di un trattato internazionale sul
     commercio delle armi e ha deciso di sostenere il processo verso la sua
     adozione. L’UE è anche un importante donatore nell’ambito della lotta
     antimine. Ha attivamente sostenuto e promosso in tutto il mondo la
     convenzione di Ottawa sulle mine antipersona. La convenzione di Oslo
     sulle munizioni a grappolo, approvata a Dublino nel maggio 2008,
     rappresenta un importante passo in avanti per far fronte ai problemi
     umanitari causati da questo tipo di munizioni, che costituiscono una
     grave preoccupazione per tutti gli Stati membri dell’UE. L’adozione
     di un protocollo su questo tipo di munizioni nel quadro dell’ONU che
     coinvolgesse le principali potenze militari sarebbe un passo ulteriore
     importante.
21
III.      L’Europa in un mondo in evoluzione

Per far fronte al mutato contesto in materia di sicurezza dobbiamo essere
più efficaci nel nostro ambito, con i nostri vicini e nel mondo intero.

A.     Un’Europa più efficace e con maggiori capacità
La nostra capacità di far fronte alle sfide si è evoluta negli ultimi cinque
anni e dobbiamo continuare su questa strada. Dobbiamo rafforzare la
nostra coerenza interna attraverso un migliore coordinamento istitu-
zionale e un processo decisionale più strategico. Le disposizioni del
trattato di Lisbona forniscono un quadro a tal fine.
Il nostro approccio deve mirare innanzi tutto a impedire tempestiva-
mente che le minacce diventino fonti di conflitto. A tal fine sono essen-
ziali il consolidamento della pace e la riduzione della povertà a lungo
termine. Ogni situazione richiede l’uso coerente degli strumenti
a nostra disposizione, compresa la cooperazione nel settore politico,
diplomatico, dello sviluppo, umanitario, di risposta alle crisi, econo-
mico e commerciale e di gestione civile e militare delle crisi. Dovremmo
inoltre ampliare le nostre capacità di dialogo e mediazione. I rappre-
sentanti speciali dell’UE esercitano l’ influenza dell’UE in varie regioni
colpite da conflitti. La società civile e le ONG hanno un ruolo fonda-
mentale da svolgere come attori e partner. Anche le nostre missioni di
osservazione elettorale, guidate da membri del Parlamento europeo,
apportano un importante contributo.
Il successo della PESD quale parte integrante della politica estera
e di sicurezza comune è comprovato dalla crescente richiesta della
nostra assistenza. La missione in Georgia ha dimostrato i risultati
che possiamo conseguire agendo collettivamente con la necessaria
volontà politica. Ma quanto più complesse sono le sfide alle quali
far fronte tanto più dobbiamo essere flessibili. Dobbiamo stabilire
22

     le priorità dei nostri impegni, in funzione delle risorse. I gruppi tattici
     e le squadre di reazione civile hanno migliorato la nostra capacità di
     reagire rapidamente.
     Strutture di comando adeguate ed efficaci e la capacità dei comandi
     sono fondamentali. Occorre rafforzare la nostra capacità di associare le
     competenze civili e militari dalla fase di progettazione di una missione
     a quella di pianificazione e quindi di attuazione. Stiamo sviluppando
     questo aspetto della PESD istituendo le strutture amministrative,
     i meccanismi finanziari e i sistemi appropriati. Occorre altresì miglio-
     rare la formazione, basandosi sull’Accademia europea per la sicurezza
     e la difesa e sulla nuova iniziativa europea per lo scambio di giovani
     ufficiali, ispirata al programma Erasmus.
     Dobbiamo continuare ad integrare le questioni relative ai diritti umani
     in tutte le attività svolte in questo settore, comprese le missioni PESD,
     attraverso un approccio incentrato sulla persona coerente con il
     concetto di sicurezza umana. L’UE ha riconosciuto il ruolo delle donne
     nel consolidamento della pace. L’effettiva attuazione dell’UNSCR 1325
     sulle donne, la pace e la sicurezza e dell’UNSCR 1612 sui bambini e i
     conflitti armati è essenziale in tale contesto.
     Per quanto riguarda le missioni civili, dobbiamo essere in grado di
     radunare personale qualificato che possegga una varietà di compe-
     tenze e conoscenze, di dispiegarlo in tempi brevi e di sostenerlo
     a lungo termine nel teatro delle missioni. Occorre una piena inter-
     operabilità tra i contingenti nazionali. A tal fine, gli Stati membri si sono
     impegnati ad elaborare strategie nazionali per la messa a disposizione
     di esperti, accompagnati da personale più dispiegabile per il sostegno
     alla missione, compresi la fissazione del bilancio e l’approvvigiona-
     mento. Le modalità di messa a disposizione e di approvvigionamento
     delle attrezzature dovrebbero essere rese più efficaci per consentire il
     tempestivo dispiegamento delle missioni.
     Quanto alle missioni militari, dobbiamo continuare ad accrescere
     i nostri sforzi in materia di capacità, la collaborazione reciproca e le
     modalità di ripartizione degli oneri. L’esperienza mostra che occorre
     fare di più, in particolare per quanto riguarda le capacità essenziali
     quali il trasporto aereo strategico, gli elicotteri, i sistemi spaziali e la
     sorveglianza marittima (come indicato più dettagliatamente nella
     dichiarazione sul rafforzamento delle capacità). Tali sforzi devono
23

essere sostenuti da un’industria della difesa forte e competitiva in tutta
l’Europa, con maggiori investimenti in ricerca e sviluppo. Dal 2004,
l’Agenzia europea per la difesa dirige con successo questo processo
e dovrebbe continuare a farlo.

B.    Maggiore impegno nei confronti dei nostri vicini
La politica europea di vicinato ha rafforzato le singole relazioni bilate-
rali con l’UE. Questo processo deve ora permettere di sviluppare l’inte-
grazione regionale.

L’Unione per il Mediterraneo, varata nel luglio 2008, imprime un nuovo
impulso politico al perseguimento di tale obiettivo nei confronti dei
nostri partner meridionali attraverso un’agenda ad ampio raggio
riguardante, tra l’altro, la sicurezza marittima, l’energia, le risorse idriche
e la migrazione. Un posto importante sarà occupato dal contrasto alle
minacce per la sicurezza, come il terrorismo.

Il partenariato orientale prevede una reale svolta nelle relazioni con
i nostri vicini orientali, con una significativa intensificazione delle
relazioni politiche, economiche e commerciali. L’obiettivo è raffor-
zare la prosperità e stabilità dei paesi in questione e di conseguenza la
sicurezza dell’UE. Le proposte abbracciano un’ampia gamma di settori
di cooperazione bilaterali e multilaterali, comprese la sicurezza energe-
tica e la mobilità delle persone.

Una stabilità duratura nel nostro vicinato richiederà uno sforzo costante
da parte dell’UE, insieme con l’ONU, l’OSCE, gli Stati Uniti e la Russia. Le
nostre relazioni con la Russia si sono deteriorate in seguito al conflitto
con la Georgia. L’UE si aspetta che la Russia onori i suoi impegni in
modo tale da ripristinare la necessaria fiducia. Il nostro partenariato
dovrebbe essere basato sul rispetto di valori comuni, in particolare
i diritti umani, la democrazia, lo Stato di diritto e i principi dell’econo-
mia di mercato, nonché su interessi e obiettivi comuni.

Occorre uno sforzo sostenuto per risolvere i conflitti nel Caucaso
meridionale, nella Repubblica moldova e tra Israele e gli Stati arabi. Qui,
come altrove, sarà determinante il pieno impegno assieme agli Stati
Uniti. In ogni caso, una risoluzione duratura deve riunire tutti gli attori
regionali. Paesi come la Turchia, l’Egitto, la Giordania, l’Arabia saudita
e il Qatar hanno svolto un ruolo sempre più importante nella regione,
24

     mentre altrettanto non vale per l’Iran. Si apre una particolare possibilità
     di collaborare con la Turchia, anche attraverso l’Alleanza delle civiltà.

     C.    Partenariato per un multilateralismo efficace
     La strategia europea in materia di sicurezza invitava l’Europa a contri-
     buire ad un ordine multilaterale più efficace nel mondo. Dal 2003
     abbiamo rafforzato i nostri partenariati al fine di raggiungere tale
     obiettivo. Il partner centrale dell’Europa in questo ed altri settori sono
     gli Stati Uniti. Quando hanno operato insieme, l’UE e gli Stati Uniti
     hanno costituito una forza formidabile per il bene nel mondo.

     Le Nazioni Unite costituiscono il vertice del sistema internazionale. Ogni
     iniziativa intrapresa dall’UE nel settore della sicurezza è stata connessa
     agli obiettivi delle Nazioni Unite. L’UE opera a stretto contatto con
     l’ONU nei principali teatri, compresi il Kosovo, l’Afghanistan, la Repub-
     blica democratica del Congo, il Sudan/Darfur, il Ciad e la Somalia, e ha
     migliorato i legami istituzionali, conformemente alla dichiarazione
     comune UE-ONU del 2007. Sosteniamo tutte e sedici le operazioni di
     mantenimento della pace dell’ONU attualmente in corso.

     L’UE e la NATO hanno collaborato bene sul campo nei Balcani e in
     Afghanistan, anche se le relazioni formali non sono progredite.
     Dobbiamo rafforzare questo partenariato strategico a beneficio dei
     nostri interessi comuni in materia di sicurezza, con una migliore coope-
     razione operativa, nel pieno rispetto dell’autonomia decisionale di
     ciascuna organizzazione, e con la prosecuzione dei lavori relativi alle
     capacità militari. Dal 2003 abbiamo approfondito le nostre relazioni
     con l’OSCE, in particolare in Georgia e nel Kosovo.

     Abbiamo notevolmente ampliato le nostre relazioni con la Cina. I legami
     con il Canada e il Giappone sono stretti e di lunga data. La Russia rimane
     un partner importante per le questioni mondiali. Resta ancora un
     margine di miglioramento delle nostre relazioni con l’India. Le relazioni
     con altri partner, compresi il Brasile, il Sud Africa e, in Europa, la Norvegia
     e la Svizzera, sono cresciute di importanza dal 2003.

     L’UE collabora più strettamente con le organizzazioni regionali e in parti-
     colare con l’Unione africana. Attraverso la strategia comune Africa-UE
     sosteniamo il rafforzamento delle capacità africane nella gestione delle
     crisi, anche per quanto riguarda le forze regionali di pronto intervento
25

e l’allarme rapido. Abbiamo approfondito i legami con i nostri partner
dell’Asia centrale attraverso la strategia adottata nel 2007, con un dialogo
politico rafforzato e lavori su questioni quali le risorse idriche, l’energia,
lo stato di diritto e la sicurezza. L’UE ha inoltre sviluppato l’impegno
nei confronti dell’ASEAN, in riferimento a questioni regionali come la
Birmania, nonché nei confronti della SAARC e dell’America latina. La
nostra esperienza conferisce all’UE un ruolo particolare nella promo-
zione dell’integrazione regionale. Quando altri cercano di emularci, in
funzione della loro particolare situazione, dovremmo sostenerli.
Il sistema internazionale creato alla fine della seconda guerra mondiale
è sottoposto a pressioni su vari fronti. La rappresentanza nelle istituzioni
internazionali è messa in discussione. Occorre migliorare la legittimità
e l’efficacia e il processo decisionale nei consessi multilaterali deve essere
reso più efficiente. A tal fine sono necessarie una maggiore condivisione
delle decisioni e la creazione di un maggiore interesse per gli altri. Di
fronte a problemi comuni non vi sono alternative a soluzioni comuni.
Le principali priorità sono i cambiamenti climatici e la conclusione
del ciclo di Doha nell’ambito dell’OMC. L’UE conduce i negoziati per
un nuovo accordo internazionale sui cambiamenti climatici e deve

                                                                                 Scopo dell’operazione
                                                                                 «EU Navfor
                                                                                 Somalia — Operazione
                                                                                 Atalanta» è proteggere
                                                                                 le navi dagli atti
                                                                                 di pirateria e di rapina
                                                                                 a mano armata
26

     usare tutti gli strumenti a sua disposizione per pervenire ad un risul-
     tato ambizioso a Copenaghen nel 2009. Dovremmo proseguire la
     riforma del sistema dell’ONU, avviata nel 2005, e mantenere il ruolo
     centrale del Consiglio di sicurezza e la sua responsabilità primaria per
     il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. La Corte
     penale internazionale dovrebbe acquisire maggiore efficacia, paral-
     lelamente ad un incremento degli sforzi dell’UE volti a rafforzare la
     giustizia e i diritti umani a livello internazionale. Dobbiamo adattare
     il fondo monetario internazionale (FMI) e le altre istituzioni finanziarie
     alle realtà moderne. Il G8 dovrebbe essere trasformato. Dobbiamo
     inoltre proseguire gli sforzi collettivi volti a raggiungere gli obiettivi
     di sviluppo del Millennio.
     Tali questioni superano le frontiere, toccando sia la politica interna
     sia la politica estera. Esse dimostrano infatti come nel ventunesimo
     secolo sia vero più che mai che la sovranità implica responsabilità. Per
     quanto riguarda i diritti umani fondamentali, l’UE dovrebbe continuare
     a portare avanti l’accordo raggiunto in occasione del vertice mondiale
     dell’ONU del 2005, secondo cui condividiamo la responsabilità di
     proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla
     pulizia etnica e dai crimini contro l’umanità.
                                        ***
     È fondamentale mantenere il sostegno dei cittadini al nostro impegno
     a livello mondiale. Nelle democrazie moderne, in cui i media e l’opi-
     nione pubblica svolgono un ruolo cruciale nella definizione delle politi-
     che, l’appoggio dei cittadini è essenziale per continuare ad onorare
     i nostri impegni all’estero. Dispieghiamo forze di polizia, giuristi
     e soldati nelle zone instabili del mondo. Spetta ai governi, ai parlamenti
     e alle istituzioni dell’UE comunicare in che modo ciò contribuisca alla
     sicurezza interna.
     Cinque anni fa, la strategia europea in materia di sicurezza ha definito
     una visione del modo in cui l’UE avrebbe potuto contribuire ad un
     mondo più giusto, più sicuro e più unito. Abbiamo percorso una lunga
     strada in tal senso, ma il mondo che ci circonda cambia rapidamente,
     con minacce che si evolvono e poteri in continuo mutamento. Per
     costruire un’Europa sicura in un mondo migliore dobbiamo fare di più
     per incidere sul corso degli eventi. E dobbiamo farlo subito.
27
         UN’EUROPA SICURA IN UN MONDO
         MIGLIORE

         Strategia Europea in materia di sicurezza
         Bruxelles, 12 dicembre 2003

Introduzione
Mai l’Europa è stata così prospera, sicura e libera. Alla violenza della
prima metà del XX secolo è seguito un periodo di pace e stabilità senza
precedenti nella storia europea.
La creazione dell’Unione europea ha rappresentato l’elemento centrale
di questa evoluzione, trasformando le relazioni fra gli Stati e la vita dei
loro cittadini. Gli Stati europei si sono impegnati a risolvere le contro-
versie per via pacifica e a cooperare tramite istituzioni comuni. Nell’arco
di questi anni, con la progressiva diffusione dello Stato di diritto e della
democrazia, regimi autoritari si sono trasformati in democrazie sicure,
stabili e dinamiche. La successione degli allargamenti sta concretiz-
zando la visione di un continente unito e pacifico.
Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo cruciale nell’integrazione europea
e nella sicurezza europea, in particolare tramite la NATO. Con la fine
della guerra fredda gli Stati Uniti si sono ritrovati in una posizione
dominante dal punto di vista militare. Tuttavia, nessun paese è in
grado, da solo, di affrontare i problemi complessi di oggi.
L’Europa deve tuttora far fronte a minacce e sfide alla sicurezza. Il
conflitto nei Balcani ha ricordato che la guerra non è scomparsa dal
nostro continente. Nell’ultimo decennio nessuna regione del mondo
è rimasta indenne da conflitti armati, i quali, nella maggior parte dei
casi, non sono stati conflitti tra Stati, bensì conflitti interni e le cui
vittime sono state per la maggior parte civili.
28

                            Come unione di 25 Stati con una popolazione di oltre 450 milioni di
                            persone che produce un quarto del prodotto nazionale lordo (PNL)
                            del mondo e con un’ampia gamma di strumenti a sua disposizione,
                            l’Unione europea è, inevitabilmente, un attore globale. Nell’ultimo
                            decennio forze europee sono state schierate all’estero in luoghi molto
                            distanti dall’Europa, come Afghanistan, Timor orientale, Repubblica
                            democratica del Congo. La sempre maggiore convergenza degli
                            interessi europei e il rafforzamento della reciproca solidarietà dell’UE ci
                            rende un attore più credibile ed efficace. L’Europa dovrà essere pronta
                            ad assumersi la sua parte di responsabilità per la sicurezza mondiale
                            e nell’edificazione di un mondo migliore.

 Georgia: osservatori
  dell’UE parlano con
     sfollati all’interno
del paese in un centro
             di raccolta
29
I. Il contesto di sicurezza:
   sfide globali e minacce di fondo

Sfide globali
Il contesto scaturito dalla fine della guerra fredda è caratterizzato da
un’apertura sempre maggiore delle frontiere e da un’indissolubile
interconnessione degli aspetti interni ed esterni della sicurezza. Il flusso
di scambi e investimenti, l’evoluzione tecnologica e la diffusione della
democrazia hanno significato per molti libertà e prosperità; altri hanno
percepito la globalizzazione come causa di frustrazione e di ingiustizia.
Questi sviluppi hanno altresì offerto ai raggruppamenti non statali un
margine maggiore d’intervento negli affari internazionali ed hanno
accresciuto la dipendenza europea da un’infrastruttura interconnessa
nel settore dei trasporti, dell’energia, dell’informazione ed altri, e la
conseguente vulnerabilità dell’Europa sotto questo profilo.
Dal 1990 hanno perso la vita in guerra quasi 4 milioni di persone, per il
90 % civili. In tutto il mondo oltre 18 milioni di persone hanno abban-
donato la loro casa a causa di un conflitto.
In gran parte del mondo in via di sviluppo la povertà e la malattia
provocano innumerevoli sofferenze e danno luogo a pressanti preoc-
cupazioni in materia di sicurezza. Oltre 3 miliardi di persone, la metà
della popolazione mondiale, vivono con meno di 2 euro al giorno.
Ogni anno sono in 45 milioni a soccombere alla fame e alla malnutri-
zione. L’AIDS è attualmente una delle pandemie più devastatrici della
storia umana e contribuisce al collasso della società. Nuove malattie
possono diffondersi rapidamente e diventare minacce globali. L’Africa
subsahariana è più povera oggi di quanto non fosse dieci anni fa. In
molti casi il fallimento economico è connesso ai problemi politici e ai
conflitti violenti.
30

     La sicurezza è uno dei prerequisiti dello sviluppo. I conflitti non solo
     distruggono le infrastrutture, compresa quella sociale, ma incitano
     anche alla criminalità, scoraggiano gli investimenti e impediscono
     la normale attività economica. Vari paesi e regioni sono presi in una
     spirale di conflitto, insicurezza e povertà.
     La concorrenza per le risorse naturali, in particolare le risorse idriche,
     che sarà aggravata dal riscaldamento globale nei prossimi decenni,
     rischierà di generare altri sconvolgimenti e movimenti migratori in
     varie regioni.
     Un fattore di particolare preoccupazione per l’Europa è la dipendenza
     energetica: l’Europa è infatti il principale importatore di petrolio e gas
     al mondo. Circa il 50 % del consumo energetico dipende attualmente
     dalle importazioni, una percentuale che salirà al 70 % nel 2030. La
     maggior parte delle importazioni di energia proviene dal Golfo, dalla
     Russia e dal Nordafrica.

     Minacce di fondo
     Se un attacco su vasta scala contro uno degli Stati membri è oggi
     improbabile, l’Europa è comunque confrontata a minacce nuove, più
     svariate, meno visibili e meno prevedibili.
     Terrorismo: il terrorismo mette in pericolo la vita delle persone,
     comporta costi ingenti, cerca di minare l’apertura e la tolleranza delle
     nostre società e costituisce una minaccia strategica crescente per
     l’intera Europa. Sempre più, i movimenti terroristici possono contare
     su risorse finanziarie ingenti, sull’allacciamento in reti telematiche
     e sono disposti a usare una violenza illimitata per causare un numero
     enorme di vittime.
     La più recente ondata di terrorismo ha portata globale ed è connessa
     all’estremismo religioso violento. Essa scaturisce da cause complesse,
     tra cui la pressione della modernizzazione, le crisi culturali, sociali
     e politiche e l’alienazione dei giovani che vivono in società straniere.
     Questo fenomeno è anche insito nella nostra stessa società.
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L’Europa è per tale terrorismo un obiettivo e nel contempo una base:
i paesi europei sono degli obiettivi e sono stati attaccati. Basi logistiche
di cellule di al Qaeda sono state scoperte nel Regno Unito, in Italia,
in Germania, in Spagna e in Belgio. Un’azione europea concertata
è indispensabile.
La proliferazione delle armi di distruzione di massa è potenzial-
mente la più importante minaccia alla nostra sicurezza. I regimi fondati
sui trattati internazionali e le disposizioni in materia di controllo delle
esportazioni hanno rallentato la diffusione delle armi di distruzione di
massa e dei relativi vettori. Stiamo entrando tuttavia in un’epoca nuova
e pericolosa che aumenta la possibilità di una corsa alle armi di distru-
zione di massa, specie nel Medio Oriente. I progressi compiuti nelle
scienze biologiche sono in grado di aumentare la potenza delle armi
biologiche negli anni a venire; anche gli attentati con sostanze chimi-
che e radiologiche costituiscono una seria possibilità. La diffusione
della tecnologia missilistica apporta un ulteriore elemento di instabilità
e potrebbe mettere l’Europa di fronte a un rischio crescente.
Lo scenario più terrificante è quello in cui gruppi terroristici si dotano
di armi di distruzione di massa. In questa ipotesi un piccolo gruppo
sarebbe in grado di infliggere danni di portata possibile, in passato,
solo agli Stati e agli eserciti.
Conflitti regionali: problemi quali quelli del Kashmir, della Regione
dei Grandi laghi e della penisola coreana hanno un impatto diretto
e indiretto sugli interessi europei, come pure i conflitti più vicini a noi,
soprattutto in Medio Oriente. I conflitti violenti o congelati, che persi-
stono anche alle nostre frontiere, minacciano la stabilità regionale.
Essi distruggono vite umane e infrastrutture fisiche e sociali; minac-
ciano le minoranze, le libertà fondamentali e i diritti umani. I conflitti
possono portare all’estremismo, al terrorismo e al fallimento dello
Stato e forniscono opportunità per la criminalità organizzata. L’insi-
curezza regionale può alimentare la domanda di armi di distruzione
di massa. Il miglior modo per far fronte alle nuove minacce, spesso
sfuggenti, può talvolta consistere nell’affrontare i problemi più antichi
della conflittualità regionale.
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     Fallimento dello Stato: il malgoverno (corruzione, abuso di potere,
     debolezza delle istituzioni e scarsa assunzione di responsabilità) e i
     conflitti civili minano gli Stati dall’interno. In alcuni casi, si è giunti al
     collasso delle istituzioni pubbliche. La Somalia, la Liberia e l’Afgha-
     nistan sotto i Talibani sono gli esempi recenti più noti. Il collasso
     dello Stato può essere associato a minacce ovvie, quali la criminalità
     organizzata o il terrorismo. Il fallimento dello Stato è un fenomeno
     allarmante, che mina il buon governo mondiale e accresce l’instabilità
     regionale.
     Criminalità organizzata: l’Europa costituisce un obiettivo priorita-
     rio della criminalità organizzata. Questa minaccia interna alla nostra
     sicurezza ha un’importante dimensione esterna: il traffico transfronta-
     liero di stupefacenti, la tratta di donne, di migranti clandestini e di armi
     rappresenta una cospicua parte delle attività delle bande criminali. La
     criminalità organizzata può avere legami con il terrorismo.
     Le suddette attività criminali si accompagnano spesso a Stati deboli
     o in fallimento. In vari paesi produttori di droga i proventi della droga
     hanno alimentato l’indebolimento delle strutture statali. I proventi del
     commercio di pietre preziose, di legname e di piccole armi alimen-
     tano i conflitti in altre parti del mondo. Tutte queste attività minano
     lo Stato di diritto e l’ordine sociale stesso. In casi estremi, la criminalità
     organizzata può giungere a dominare lo Stato. Il 90 % dell’eroina che
     circola in Europa proviene dai papaveri coltivati in Afghanistan, ove
     i proventi del commercio di droga servono a pagare gli eserciti privati.
     La maggior parte è distribuita attraverso le reti criminali dei Balcani
     che sono altresì responsabili di circa 200 000 delle 700 000 donne
     vittime del commercio sessuale su scala mondiale. Una nuova dimen-
     sione della criminalità organizzata che meriterà ulteriore attenzione
     è l’aumento della pirateria marittima.
     Questi differenti elementi messi insieme — il terrorismo dedito alla
     massima violenza, la disponibilità di armi di distruzione di massa, la
     criminalità organizzata, l’indebolimento dei sistemi statali e la priva-
     tizzazione degli eserciti — potrebbero metterci di fatto di fronte a una
     minaccia estremamente grave.
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