Poteri speciali e regolazione economica tra interesse nazionale e crisi socioeconomica e politica dell'Unione europea - di Francesco Gaspari - Sipotra

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ISSN 1826-3534

               27 MAGGIO 2020

Poteri speciali e regolazione economica
     tra interesse nazionale e crisi
socioeconomica e politica dell’Unione
                 europea

              di Francesco Gaspari
        Professore associato di Diritto amministrativo
               Università G. Marconi di Roma
Poteri speciali e regolazione economica tra
        interesse nazionale e crisi socioeconomica e
                politica dell’Unione europea*
                                        di Francesco Gaspari
                               Professore associato di Diritto amministrativo
                                      Università G. Marconi di Roma
Abstract [It]: La prospettiva della concorrenza globale non trova corrispondenza in una regolazione globale
dell’economia. In tale scenario, nelle situazioni di crisi socioeconomiche e politiche, come quella legata al
coronavirus, riemerge l’importanza dello Stato e della sovranità nazionale, che si manifesta con il crescente ricorso
a strumenti di difesa dell’interesse nazionale, quali il golden power e il controllo degli investimenti esteri diretti.
Allo stesso tempo, la pandemia COVID-19 e le incertezze interpretative relative al principio di solidarietà tra Stati
membri hanno messo in discussione il processo d’integrazione dell’Unione europea, forse in modo irreversibile.

Abstract [En]: The global competition perspective is not reflected in a global economy regulation. In such a
scenario, in political and socioeconomic crisis situations, like the one related to the coronavirus, the important role
of the State and national sovereignty resurfaces, and it is shown by the growing recourse to national interests’
defence measures, among which golden power and screening of foreign direct investments can be included. In the
same time, the pandemic COVID-19 as well as the interpretative uncertainties related to the principle of solidarity
between Member States call into question – probably in an irreversible manner – the process of EU integration.

Sommario: 1. Concorrenza globale, deregulation e poteri speciali. 2. Poteri speciali e intervento pubblico
nell’economia. 3. I settori e le attività di rilevanza strategica. 4. Interesse nazionale, sicurezza e salvaguardia della
salus rei publicae. 5. Recenti iniziative in materia di poteri speciali. Il controllo degli investimenti esteri diretti. 6.
Riflessioni conclusive alla luce della crisi politica (irreversibile?) dell’Unione europea.

1. Concorrenza globale, deregulation e poteri speciali
Gli Stati adempiono alla propria funzione di indirizzo dell’attività economica al fine di attuare la relativa
politica nazionale mediante l’intervento in settori sensibili dell’economia. È in siffatto contesto che va
inquadrato il processo di privatizzazione delle imprese pubbliche mediante conservazione, in capo agli
organi di governo, di golden shares o poteri speciali.

*   Articolo sottoposto a referaggio.

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Gli interventi normativi in materia di golden shares e di poteri speciali1 sono espressione di una ripresa delle
politiche protezionistiche degli Stati, i quali tentano di difendersi dalle conseguenze di una globalizzazione
non adeguatamente regolata2.
In una logica di concorrenza globale – a cui tuttavia non corrisponde una regolazione globale3 –, gli attori
della competizione non sono più soltanto le imprese, ma gli Stati stessi, con i loro ordinamenti giuridici
e le politiche economiche dei rispettivi governi nazionali. Ecco dunque che in contesti come quello
dell’Unione europea si possono creare delle competizioni tra Stati sia sul piano, per così dire, endogeno (tra
gli Stati membri dell’Unione), sia sul piano esogeno (tanto nell’azione esterna dell’Unione, e dunque nei
rapporti tra questa e Stati terzi, quanto nei rapporti bilaterali e multilaterali tra Stati membri dell’Unione
e Stati terzi). In tale prospettiva, come è stato rilevato, anche il Paese tradizionalmente amico o alleato
può trasformarsi in un formidabile concorrente e la protezione degli asset strategici per la sicurezza
nazionale diventa così un’esigenza primaria4.
Se assumiamo come vero – parafrasando una celebre espressione del generale, scrittore e teorico
prussiano Karl von Clausewitz5 – che l’economia non è altro che la continuazione della politica con altri
mezzi, in una logica di concorrenza globale deregolamentata, il ricorso all’utilizzo di strumenti come il
golden power per la difesa degli interessi nazionali appare pienamente giustificato6.

1 Va precisato che le due espressioni non coincidono. Entrambe attribuiscono al potere esecutivo la possibilità di
intervenire in diversi modi (come vedremo) su talune società; ma, mentre nel sistema della golden share (tipico è il caso
del Regno Unito) “lo Stato conserva la qualità di azionista, restando titolare di un’azione di valore pressoché nullo, ma significativa del
mantenimento di un collegamento, seppure formale, con la società”, nel sistema dei poteri speciali “l’intervento pubblico prescinde
totalmente dalla titolarità di alcuna azione, non corrispondendo ad una quota di partecipazione societaria”: così S. VALAGUZZA,
Giurisprudenza comunitaria in tema di golden share e principio di legalità, in Foro amm./CdS, 2003, pp. 2752 ss.
2 F. BASSAN, Dalla golden share al golden power: il cambio di paradigma europeo nell’intervento dello Stato sull’economia, in Studi

sull’integrazione eur., vol. 9, n. 1 del 2014, p. 78. In argomento, si veda anche S. CASSESE, Le privatizzazioni: arretramento o
riorganizzazione dello Stato?, in G. MARASÀ (a cura di), Profili giuridici delle privatizzazioni, Torino, 1998, pp. 1 ss., in
particolare p. 11.
3 Non esiste infatti una legislazione globale in materia di concorrenza. Esistono soltanto strumenti di soft law e di

“convergenza” tra Stati. Tra tali strumenti vi è la rete internazionale in materia di concorrenza (International Competition
Network, ICN), un forum internazionale nell’ambito del quale soltanto atti non vincolanti (come linee guida e
raccomandazioni) sono adottati. Sulla ICN si veda www.internationalcompetitionnetwork.org. In dottrina, tra gli altri,
si veda G. TESAURO, Opening speech at the International Competition Network First Annual Conference, Napoli, 28 settembre
2002, in World Competition, n. 2 del 2003, pp. 277 ss. M. TODINO, International Competition Network: the state of play after
Naples, in Global Competition, n. 2 del 2002, pp. 283 ss. Sia consentito, inoltre, rinviare al nostro Recent developments in the
air transport regulatory system. Enhancing competition and cooperation: Does the air transport need an international competition network?”,
Roma, 2016, spec. pp. 145 ss.
4 G. D’ALPA, La golden share e i golden power nel diritto europeo, dicembre 2017, consultabile alla pagina web

www.sicurezzanazionale.gov.it, p. 5. Sulla concorrenza tra Stati in campo economico si veda il recente studio di L.
ARNAUDO, À l’économie comme à la guerre. Nota su golden power, concorrenza e geo-economia, in Mer. conc. reg., 2017, pp. 435 ss.
5 Secondo il quale la guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi: K. VON CLAUSEWITZ,

Della guerra, trad. di A. Bollati, E. Canevari, Milano, 1970, p. 38.
6 Cfr. F. FRACCHIA, Coronavirus, senso del limite, deglobalizzazione e diritto amministrativo: nulla sarà più come prima?, in Dir.

econ., n. 3 del 2019, pp. 575 ss., spec. p. 580, il quale osserva come in questi casi (come il golden power) lo Stato si presenta
come “il vero portatore della sovranità”. La sovranità, Egli aggiunge, “«lavora» esibendo il proprio naturale carattere esteriore, che
consiste nel tracciare e stabilire confini [come nel caso del golden power]”. Tali confini, peraltro, osserva ancora l’A., “servono non già

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2. Poteri speciali e intervento pubblico nell’economia
Parte della dottrina propugna la tesi della natura (puramente) amministrativa del potere ministeriale dei
poteri speciali (ad eccezione dell’esperienza britannica7), con la conseguenza che questi sono assoggettati
ai principi del diritto amministrativo8. In tal modo, e in applicazione di siffatti principi generali, l’esercizio
dei poteri speciali (e in linea generale anche dei poteri di cui al regime della golden share) presuppone il
rispetto dell’obbligo di motivazione, nonché la completezza e l’adeguatezza dell’istruttoria 9. Tale
controllo è “molto più penetrante di quello che si svolge nei confronti degli atti espressivi dell’autonomia negoziale”. Ciò
in quanto “il diritto amministrativo non è il diritto dell’autorità, ma ancor prima il diritto della “funzione”, cioè un diritto
volto a giuridicizzare il potere e, pertanto, ad incrementare e non a diminuire le garanzie dei consociati”10.
Proprio questa forma di controllo (diretto) dello Stato, questa notevole discrezionalità che permeava la
disciplina dei poteri speciali è stata oggetto di censura da parte della Commissione europea e della Corte
di giustizia dell’Unione europea, in quanto contrastante con la libertà di circolazione dei capitali e con il
diritto di stabilimento (inclusi nelle libertà fondamentali del Trattato) e, dunque, contro le “leggi del
mercato”11.
Con il decreto legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n.
56, muta il controllo che i pubblici poteri esercitano in determinati settori strategici12.
La riserva dei poteri speciali in capo allo Stato privatizzatore non costituisce una novità. La dottrina
ricorda infatti come l’Italia si sia ispirata alla golden share britannica e alla action spécifique dell’ordinamento
francese13.

a “bloccare” processi o a rivendicare nazionalismi, ma a proteggere i cittadini e le loro vite” (ibidem). Tale funzione definitoria è svolta
principalmente dalla Costituzione (formale e materiale). Potremmo dunque affermare che se la Costituzione – intesa
come la fonte principale dell’ordinamento giuridico dalla quale dipendono tutte le altre, la quale contiene le regole
fondamentali della vita politica e sociale del nostro Paese (G. ZAGREBELSKY – V. MARCENÒ – F. PALLANTE,
Lineamenti di Diritto costituzionale, Milano, 2019, p. 198) – appartiene a tutti, la sovranità non è altro che il trustee, con la
conseguenza che lo Stato non potrà mai abdicare alle sue funzioni e responsabilità di protezione dei cittadini.
7 Cfr., in merito, G. LOMBARDO, voce Golden share, in Enc. giur. Treccani, vol. XVII, Roma, 1998, pp. 4, 10.
8 G. MORBIDELLI, I controlli sulle società a partecipazione pubblica, in Scritti di diritto pubblico dell’economia, Torino, 2001, pp.

286 ss., in particolare, pp. 290 ss.; P. LAZZARA, Libera circolazione dei capitali e “golden share”, in Foro amm./CdS, 2002,
pp. 1607 ss., spec. pp. 1608, 1615, il quale sottolinea come tale qualificazione rilevi anche ai fini della tutela
giurisdizionale; R. GAROFOLI, Golden share e authorities nella transizione dalla gestione pubblica alla regolamentazione dei servizi
pubblici, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998, pp. 159 ss., spec. p. 187.
9 G. MORBIDELLI, I controlli sulle società, cit., pp. 290 ss.
10 G. MORBIDELLI, I controlli sulle società, cit., p. 291. Cfr., inoltre, R. FERRARA, La pubblica amministrazione tra autorità

e consenso: dalla “specialità” amministrativa a un diritto amministrativo di garanzia, in Dir. amm., 1997, pp. 255 ss.
11 G.C. SPATTINI, Poteri pubblici dopo la privatizzazione. Saggio di diritto amministrativo dell’economia, Torino, 2006, pp. 200-

201. Sulle “leggi del mercato” si veda F. MERUSI, Le leggi del mercato. Innovazione comunitaria e autarchia nazionale, Bologna,
2002, pp. 7 ss.
12 S.M. CARBONE, ‘Golden share’ e fondi sovrani: lo Stato nelle imprese tra libertà comunitarie e diritto statale, in G. NARDOZZI

– S. M. CARBONE (a cura di), Lo Stato da gestore di grandi imprese a referente nel loro Governo, Genova, 2011, pp. 311 ss.
13 F. MERUSI, La Corte di giustizia condanna la golden share all’italiana e il ritardo del legislatore, in Dir. pubbl. comp. eur., vol.

III, 2000, pp. 1236 ss., spec. p. 1237.

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La disciplina in materia di golden share costituisce uno dei modi mediante i quali il potere pubblico può
intervenire direttamente nel mercato14. La legge n. 56/2012 configura i poteri speciali non più come legati
in maniera esclusiva alla partecipazione azionaria pubblica, bensì come riferiti alle società, pubbliche e
private, operanti in determinati settori e svolgenti attività di rilevanza strategica. In altri termini, lo Stato
interviene sulle decisioni di imprese operanti in determinati settori anche se non detiene di queste neanche
un’azione. Pertanto, speciale “non è più l’azione detenuta (golden share) ma l’intervento esercitato dallo Stato
(golden power)”15.
Sulla base di tale cambio di paradigma, il legislatore italiano (legge n. 56/2012) interviene sulla disciplina
della c.d. golden share, riformulando le condizioni e l’ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato sulle
società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in taluni ambiti di attività
definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni. L’obiettivo della
legge n. 56 in questione è quello di rendere compatibile con il diritto dell’Unione europea la disciplina
nazionale dei poteri speciali del Governo, tenendo conto delle esperienze di altri Paesi dell’Unione16 e,
soprattutto, delle indicazioni della Commissione europea e della giurisprudenza della Corte di giustizia
UE.

3. I settori e le attività di rilevanza strategica
In particolare, il decreto legge n. 21 del 2012 modifica la disciplina in materia di golden share adottata in
precedenza in Italia17, riformulando le condizioni e l’ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato
sulle società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in taluni ambiti di attività
definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
Il legislatore italiano è successivamente, nel corso degli anni, intervenuto più volte a modificare la
disciplina introdotta nel 2012.
In primo luogo, è stato emanato il decreto legge 16 ottobre 2017, n. 148 (convertito con modificazioni
dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172), con il quale il legislatore ha, tra l’altro, colmato talune lacune presenti
nella versione originaria del decreto del 2012, come quella dell’art. 1 di tale decreto, laddove l’obbligo di

14 G. NAPOLITANO, L’irresistibile ascesa del golden power e la rinascita dello Stato doganiere, in Giorn. dir. amm., n. 5 del
2019, pp. 549 ss. La dottrina osserva come l’intervento pubblico diretto dello Stato nell’economia possa avvenire
(principalmente) attraverso tre modalità: a) gestendo direttamente imprese; b) mediante lo strumento della golden share
nelle vicende di privatizzazione; c) assumendo partecipazioni azionarie: così F. FRACCHIA – M. OCCHIENA, Società
pubbliche tra golden share e 2449: non è tutto oro ciò che luccica, in www.giustamm.it, 2007, § 5.
15 F. BASSAN, Dalla golden share, cit., p. 58.
16 Come il Portogallo, il Regno Unito, la Francia, il Belgio, la Spagna, la Germania, i Paesi Bassi.
17 Per una ricostruzione della disciplina vigente in Italia prima della legge del 2012 e per un esame delle censure avanzate

su detta normativa da parte delle istituzioni dell’Unione (in particolare Commissione e Corte di giustizia) sia consentito
rinviare al nostro Libertà di circolazione dei capitali, privatizzazioni e controlli pubblici. La nuova golden share tra diritto interno,
comunitario e comparato, Giappichelli, Torino, 2015.

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notifica dell’operazione di acquisto non era presidiato da alcuna sanzione. Ciò ha determinato
problematiche applicative non di poco momento, in quanto, alla luce del principio di stretta legalità che
governa l’applicazione delle sanzioni, le penalità previste per altre ipotesi di mancata notifica non
potevano essere irrogate per analogia18. Per tale ragione, l’art. 14 del decreto legge n. 148 del 2017 ha
colmato tale lacuna, inserendo il nuovo comma 8-bis nell’art. 1 del decreto del 2012.
Inoltre, il decreto del 2017 di fatto amplia il campo oggettivo di applicazione dell’art. 2 del decreto del
2012, che nella originaria formulazione includeva gli attivi strategici nei settori dell’energia, dei trasporti
e delle comunicazioni. Il decreto del 2017 prevede l’individuazione, nel nuovo comma 1-ter dell’art. 2 in
esame, di altri attivi strategici, non necessariamente ascrivibili a uno dei tre settori sopra richiamati. Il
decreto ha, dunque, anticipato i contenuti del regolamento (UE) 2019/452, in materia di controllo degli
investimenti esteri diretti nell’Unione europea, in quanto i ‘nuovi’ attivi strategici considerati dalla legge
nazionale corrispondono, sostanzialmente, all’elencazione contenuta nell’art. 4 del regolamento
dell’Unione19.
Più di recente, il legislatore è nuovamente intervento, emanando il decreto legge 25 marzo 2019, n. 22
(convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 2019, n. 41), con il quale ha introdotto, nel decreto
legge n. 21 del 2012, l’articolo 1-bis, che disciplina l’esercizio dei poteri speciali inerenti alle reti di
telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G.
Tale decreto modifica la disciplina sui poteri speciali, alla luce dell’evoluzione tecnologica in corso,
soprattutto con riguardo alla tecnologia 5G20 e ai connessi rischi di un uso improprio dei dati con
implicazioni sulla sicurezza nazionale.
Ancor più di recente, con il precipuo fine di “rafforzare la tutela della sicurezza nazionale” (art. 1, comma 1),
il legislatore aveva emanato il decreto legge 11 luglio 2019 n. 6421, che tuttavia è decaduto per mancata

18 M. MASSELLA DUCCI TERI, La disciplina nazionale sul golden power. Primi problemi applicativi, in AA.VV., Golden power,
pubblicato dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), dicembre 2019, p. 160. Il documento è
consultabile alla pagina web http://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/wp-content/uploads/2020/01/GNOSIS-
golden-power-intelligence.pdf.
19 Cfr., ancora, M. MASSELLA DUCCI TERI, La disciplina nazionale, cit., pp. 160-161. In merito si veda, inoltre, S.

ALVARO – M. LAMANDINI – A. POLICE – I. TAROLA, La nuova via della seta e gli investimenti esteri diretti in settori ad
alta intensità tecnologica. Il golden power dello Stato italiano e le infrastrutture finanziarie, Consob – Quaderni giuridici, n. 20,
febbraio 2019. Sul regolamento (UE) 2019/452 si veda A. SACCO GINEVRI, L’espansione dei golden powers fra
sovranismo e globalizzazione, in Riv. trim. dir. econ., n. 1 del 2019, pp. 151 ss., spec. pp. 163 ss.; G. NAPOLITANO,
L’irresistibile ascesa, cit., p. 551; G. NAPOLITANO (a cura di), Foreign Direct Investment Screening. Il controllo sugli investimenti
esteri diretti, Bologna, 2020.
20 Su tali modifiche si veda M. CLARICH, La disciplina del golden power in Italia e l’estensione dei poteri speciali alle reti 5G, in

G. NAPOLITANO (a cura di), Foreign Direct Investment Screening. Il controllo sugli investimenti esteri diretti, Bologna, 2020.
21 Recante Modifiche al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56.

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conversione. Gli effetti di tale decreto sono stati, comunque, fatti salvi dall’art. 1, comma 2, legge 4
ottobre 2019, n. 10722.
Un ulteriore intervento normativo concerne il decreto legge 21 settembre 2019, n. 105 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133), il quale ha esteso l’ambito operativo delle norme
in tema di poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori strategici, coordinandolo con l’attuazione del
già citato regolamento (UE) 2019/452.

4. Interesse nazionale, sicurezza e salvaguardia della salus rei publicae
Con tali interventi il legislatore italiano abbraccia un concetto ampio di sicurezza nazionale (e di interesse
nazionale), il quale rappresenta il presupposto che permette di estendere l’ambito oggettivo di
applicazione dell’istituto, includendovi settori divenuti strategici per effetto di recenti dinamiche
economiche e politiche che riguardano l’Italia (e anche l’Unione europea)23.
Sotto tale profilo, nella prospettiva che analizza il golden power alla luce del geodiritto e della geotecnologia,
è stato di recente osservato come proprio il golden power possa “aiutarci ad afferrare” l’interesse nazionale,
nel senso che (il golden power) permette di “analizzare le modalità con cui l’Italia costruisce un ritratto di sé, in cui
compie una ‘stima costante e profonda’ delle sue priorità”24.
In effetti, il tema dell’interesse nazionale è cruciale nell’ambito dell’esercizio dei poteri speciali da parte
del Governo. Interesse nazionale che deve essere inteso non solo nella sua accezione statica, vale a dire
come mera difesa delle tipiche prerogative dello Stato sovrano, ma anche nella sua più ampia concezione
dinamica, la quale implica azioni (in positivo) da parte del nostro Paese (come di altri), affinché sia
rafforzata la posizione dell’Italia nei rapporti inter nationes, sul piano internazionale25. Ciò inevitabilmente
implica un rafforzamento dell’intervento pubblico dell’economia, che trova il suo fondamento
costituzionale (primariamente) nell’art. 41, comma 3, Cost.

22 Recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 agosto 2019, n. 75, recante misure urgenti per assicurare la continuità
delle funzioni del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Sanatoria degli effetti del decreto-legge 11 luglio 2019, n. 64.
23 Alludiamo in particolare alla c.d. nuova via della seta, che si inquadra nell’ambito di un più ampio programma politico

ed economico sviluppato dalla Cina sin dal 2017, e che ha rafforzato i rapporti commerciali e finanziari tra la stessa Cina
e l’Italia, avendo tale programma una diretta incidenza nel nostro Paese. Come noto, infatti, la Cina, tramite Zte e
Huawei, ha effettuato importanti investimenti in Italia, con riguardo alle infrastrutture di quinta generazione (5G). Sotto
diverso profilo, altri settori – come quello delle infrastrutture finanziarie – sono ricomprese all’interno del perimetro
degli interessi essenziali (strategici) del nostro Paese ai fini dell’esercizio del golden power. Ciò assume importanza anche
in relazione alla c.d. Brexit, in quanto gli investitori britannici sono da considerare come soggetti extra-UE. Su tali aspetti,
si veda diffusamente S. ALVARO – M. LAMANDINI – A. POLICE – I. TAROLA, La nuova via della seta, cit., pp. 4 e
62 ss. Sulla nuova via della seta si veda, inoltre, A. SELVATICI, La Cina e la nuova via della seta, Catanzaro, 2018.
24 A. ARESU, Golden power e interesse nazionale tra geodiritto e geotecnologia, in AA.VV., Golden power, cit., pp. 117 ss., spec. p.

117, che cita G. Leopardi, Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani, scritto nel 1824 e rimasto inedito fino al
1906.
25 Sulla distinzione tra le due concezioni (statica e dinamica) dell’interesse nazionale si veda B. VALENSISE, Introduzione,

in AA.VV., Golden power, cit., pp. 15 ss., spec. p. 17.

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Una delle più importanti declinazioni dell’interesse nazionale è costituita dalla sicurezza nazionale 26, su
cui si fonda la disciplina nazionale in materia di poteri speciali.
La sicurezza nazionale è espressamente richiamata all’art. 126, comma 1, Cost.27. Inoltre, l’art. 117, comma
2, Cost., individua le materie in cui lo Stato esercita la potestà legislativa esclusiva, tra le quali sono
ricomprese “difesa e forze armate” e “sicurezza dello Stato” (lett. d)), nonché “ordine pubblico e sicurezza” (lett.
h))28. Il concetto di difesa è richiamato anche all’art. 52 Cost., laddove si fa riferimento alle forze armate.
Dalla normativa costituzionale possono essere individuati due profili della nozione di sicurezza, entrambi
recepiti nella legislazione primaria, nella quale si distinguono le competenze del Ministero della difesa, da
un lato, e quelle del Ministero dell’interno, dall’altro29.
L’attività della difesa e della sicurezza nazionale sono regolamentate nel Codice dell’ordinamento militare
(d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), mentre quelle relative al Ministero dell’interno sono enucleate nel d.lgs. 30
luglio 1999, n. 300, per quanto riguarda le funzioni dell’ordine e della sicurezza pubblica (art. 14), e nella
legge 1° aprile 1981, n. 121, che reca “Nuovo Ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza”.
Nel settore della sicurezza operano, altresì, due agenzie amministrative (Agenzia informazioni e sicurezza
esterna – AISE e Agenzia informazioni e sicurezza interna – AISI), i cui compiti sono ripartiti dalla legge
3 agosto 2007, n. 124 (recante “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del
segreto”)30, la quale richiede ad entrambe le Agenzie de quibus di informare con continuità e tempestività il
Ministero della difesa (con riferimento all’attività dell’AISE) e il Ministero dell’interno (con riguardo
all’attività dell’AISI).
Sulla doppia rilevanza (interna ed esterna) della sicurezza nazionale si è pronunciata la Corte
costituzionale31, la quale ha evidenziato la preminenza della sicurezza dello Stato rispetto ad altri valori –
pure di rango costituzionale primario –, i quali ultimi sono “fisiologicamente destinati a rimanere recessivi”. Ad
avviso della Consulta, “la sicurezza dello Stato costituisce interesse essenziale, insopprimibile della collettività, con palese
carattere di assoluta preminenza su ogni altro, in quanto tocca […] la esistenza stessa dello Stato”32.

26 B. VALENSISE, Introduzione, cit., p. 16.
27 Cfr., in merito, Corte cost., sentenza 24 maggio 1977, n. 86.
28 Sulla potestà legislativa dello Stato in materia di sicurezza si veda Corte cost., sentenza 30 gennaio 2009, n. 18.
29 Sulle distinte funzioni dello Stato in materia di difesa e sicurezza (esercitate dal Ministero della difesa), da un lato, e in

materia di ordine e sicurezza pubblica (esercitate dal Ministero dell’interno), dall’altro, si è soffermato anche Cons. Stato,
Sezione consultiva per gli atti normativi, Parere n. 7762/2012, Adunanza dell’11 ottobre 2012.
30 Tale legge ha riformato il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. Su tale riforma si veda AA.VV.,

I servizi di informazione e il segreto di Stato (legge 3 agosto 2007, n. 124), Milano, 2008. Per approfondimenti in materia di
sicurezza dello Stato si veda A. MASSERA – C. MOSCA, I servizi di informazione, in AA. VV., Trattato di diritto
amministrativo. Diritto amministrativo speciale (a cura di S. CASSESE), vol. I, Milano, 2000, pp. 370 ss.
31 Sentenza 23 febbraio 2012, n. 40.
32 Corte cost., sentenza 24 maggio 1977, n. 86. Si veda, altresì, Corte cost., sentenze 23 febbraio 2012, n. 40; 3 aprile

2009, n. 106, 10 aprile 1998, n. 110.

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Secondo la Consulta, la tutela del supremo interesse alla sicurezza (interna ed esterna) dello Stato viene
ad essere declinata quale: integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali; difesa
delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento; indipendenza dello Stato rispetto agli altri
Stati e relazioni con essi; preparazione e difesa militare dello Stato33.
È in tale quadro, dunque, che s’inserisce il tema dei poteri speciali del Governo, considerato come uno
strumento per garantire la sicurezza nazionale. Proprio per perseguire tale finalità, il legislatore, con il
decreto legge 21 settembre 2019, n. 105, ha istituito il “perimetro di sicurezza nazionale cibernetica” (art. 1).
L’intervento pubblico può, in tale ambito, essere molto significativo, in quanto il Governo può arrivare
a imporre “la sostituzione di apparati e prodotti che risultino gravemente inadeguati sul piano della sicurezza”34.
È appena il caso di ricordare che, alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale, il giudizio sui
mezzi idonei a garantire la sicurezza dello stato ha natura squisitamente politica35 e, quindi, mentre è
connaturale agli organi ed alle autorità politiche preposte alla sua tutela, certamente non è consono
all’attività del giudice ordinario36.
La Consulta ha, infatti, più volte affermato che il sindacato sui mezzi idonei a garantire la sicurezza
nazionale resta affidato in via esclusiva al Parlamento, essendo quella parlamentare “la sede normale di
controllo nel merito delle più alte e più gravi decisioni dell’Esecutivo ed è, quindi, quella la sede naturale nella quale
l’Esecutivo deve dare conto del suo operato rivestente carattere politico”37. La Corte aggiunge che “è dinanzi alla
rappresentanza del popolo, cui appartiene quella sovranità che potrebbe essere intaccata (art. 1, secondo comma, della
Costituzione), che il Governo deve giustificare il suo comportamento ed è la rappresentanza popolare che può adottare le
misure più idonee per garantire la sicurezza di cui trattasi”38. La Consulta esclude, dunque, “qualsiasi sindacato
giurisdizionale al riguardo” (pur restando ferme le competenze della medesima Corte in sede di conflitto di
attribuzione)39.

33 T.F. GIUPPONI, “A ciascuno il suo”. L’attività dei servizi di informazione e la disciplina del segreto di Stato di nuovo davanti alla
Corte, in Quad. cost., 2012, pp. 404 ss.
34 G. NAPOLITANO, L’irresistibile ascesa, cit., p. 550.
35 Ex multis, Corte cost., sentenza 24 maggio 1977, n. 86, nonché, più recentemente, Corte cost. sentenza 13 febbraio

2014, n. 24.
36 T.F. GIUPPONI, Il segreto di Stato ancora davanti alla Corte (ovvero del bilanciamento impossibile), in Diritto penale contemporaneo,

2014,                  p.              9,               consultabile                  alla                 pagina                  web
https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/upload/1398367530GIUPPONI%202014.pdf.
37 Così Corte cost., sentenza 24 maggio 1977, n. 86.
38 Corte cost., sentenza 24 maggio 1977, n. 86. A tale pronuncia si conforma la successiva giurisprudenza costituzionale:

si vedano, tra le altre, le sentenze 3 aprile 2009, n. 106; 23 febbraio 2012, n. 40; 13 febbraio 2014, n. 24.
39 Corte cost., sentenza 23 febbraio 2012, n. 40.

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5. Recenti iniziative in materia di poteri speciali. Il controllo degli investimenti esteri diretti
La situazione di emergenza legata al COVID-19 sta producendo effetti dilaganti sull’economia
dell’Unione europea.
Tra le possibili conseguenze dell’attuale shock economico vi è un aumento del rischio potenziale per le
industrie strategiche, in particolare (ma non esclusivamente) quelle correlate all’assistenza sanitaria40. La
grave crisi in atto alimenta, infatti, il rischio concreto di scalate ostili, ancor più stimolate dalla
sottocapitalizzazione delle imprese strategiche per l’economia nazionale. A tal proposito, la Commissione
europea ha invitato gli Stati membri ad “utilizzare tutti gli strumenti disponibili a livello nazionale e unionale per
evitare che l’attuale crisi determini una perdita di risorse e tecnologie critiche”41.
Nella comunicazione del 13 marzo 202042, la Commissione ha esposto le diverse opzioni di cui
dispongono gli Stati membri per la concessione di misure che non rientrano nell’ambito del controllo
degli aiuti di Stato dell’Unione e che possono essere attuate senza il coinvolgimento della Commissione.
Un ulteriore quadro di misure di cui gli Stati membri dispongono in base alle norme dell’Unione (incluse
quelle riguardanti aiuti di Stato ritenuti dalla Commissione compatibili a norma dell’art. 107, par. 3, lett.
b) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea o TFUE) è stato fissato dalla Commissione in più
recenti comunicazioni43.
Con riguardo agli investimenti esteri diretti, la Commissione, dopo aver ricordato che attualmente la
responsabilità per il controllo di questi spetta agli Stati membri, afferma che detto controllo dovrebbe
tenere conto degli effetti sull’Unione europea nel suo insieme, in particolare al fine di garantire che
l’industria dell’Unione continui a disporre della sua capacità produttiva44.
Più in particolare, con riguardo al regolamento (UE) 2019/452, la Commissione fa un quadro delle misure
che gli Stati membri possono adottare per mitigare i potenziali rischi legati ad investimenti esteri nella
fase emergenziale. È peraltro evidente come in questo ambito l’Unione europea non abbia ulteriori
strumenti di azione, in quanto, come notato sopra, la responsabilità per il controllo di questi spetta agli

40 Comunicazione della Commissione, Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e la libera
circolazione dei capitali provenienti da paesi terzi, nonché la protezione delle attività strategiche europee, in vista dell’applicazione del
regolamento (UE) 2019/452 (regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti), in GUUE del 26 marzo 2020 (2020/C 99
I/01), nella quale si sottolinea che la resilienza delle industrie strategiche (non solo quelle legate alla sanità) e la loro
capacità di continuare a rispondere alle necessità dei cittadini dell’Unione “dovrebbero essere in prima linea negli sforzi congiunti
sia a livello dell’Unione europea che degli Stati membri”.
41 Comunicazione della Commissione, Risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19, COM (2020) 112 final, 13

marzo 2020, punto 2, p. 2.
42 COM (2020) 112, cit.
43 Comunicazione della Commissione, Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale

emergenza del COVID-19, C (2020)1863, 19 marzo 2020, in GUUE del 20 marzo 2020 (2020/C 91 I/01). Si veda, inoltre,
Comunicazione della Commissione, Modifica del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale
emergenza del COVID-19, in GUUE del 4 aprile 2020 (2020/C 112 I/01).
44 Comunicazione della Commissione, Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti, cit.

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Stati membri. Ne consegue che potrebbe non esserci un approccio unitario a livello unionale per
fronteggiare casi di “acquisti predatori” di attività strategiche da parte di investitori esteri; gli interventi
della Commissione mirano proprio a porre rimedio a tale evidente limite45.
Così, la Commissione, a proposito delle possibili giustificazioni delle restrizioni ai movimenti di capitali,
richiama l’art. 63 TFUE, il quale dispone la libera circolazione dei capitali non solo all’interno dell’Unione,
ma anche con i paesi terzi; le eventuali restrizioni, devono essere adeguate, necessarie e proporzionate al
conseguimento dei legittimi obiettivi di ordine pubblico. Tali obiettivi sono definiti – nel trattato o nella
giurisprudenza della Corte di giustizia – come motivi imperativi di interesse generale e non dovrebbero
essere di natura puramente economica, come ha chiarito la Corte stessa46. Secondo la Commissione,
motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica possono essere invocati solamente in caso
di minaccia effettiva ed abbastanza grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività47.
In ordine ai mercati finanziari, la Commissione osserva che – in caso di difficoltà o di grave minaccia di
difficoltà per il funzionamento dell’Unione economica e monetaria (art. 66 TFUE) e per la bilancia dei
pagamenti degli Stati membri non appartenenti alla zona euro (artt. 143 e 144 TFUE) – gli Stati membri
hanno facoltà di introdurre restrizioni ad “investimenti esteri provenienti da paesi terzi in società aventi valutazioni
sui mercati di capitali considerate ben al di sotto del loro valore reale o intrinseco”. Tali misure devono tenere conto
dell’impatto effettivo o potenziale di tali investimenti sulla salvaguardia degli interessi pubblici48.
In tale quadro, e alla luce della concezione dinamica dell’interesse nazionale, il Governo è recentemente
intervenuto con nuovi provvedimenti volti a tutelare gli asset strategici nazionali. Si allude, in particolare,
al decreto legge 8 aprile 2020, n. 2349 (c.d. decreto legge liquidità), con il quale il Governo ha, tra l’altro,
modificato, integrandola, la disciplina riguardante la salvaguardia degli asset strategici, con l’obiettivo di
dissuadere le operazioni motivate da intenti predatori50.

45  Cfr., in merito, P. CAGGIANO, Covid-19. Misure urgenti sui poteri speciali dello Stato nei settori della difesa e della sicurezza
nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, in Federalismi.it - Osservatorio emergenza COVID-19, paper 29 aprile
2020, p. 5.
46 Sentenza 27 febbraio 2019, causa C-563/17, Associação Peço a Palavra e a., par. 70.
47 Comunicazione della Commissione, Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti, cit.,

Allegato, punto 4.
48 Ad esempio, occorre valutare se essi possano comportare un ricorso eccessivo agli investitori esteri di paesi terzi per

ottenerne forniture o servizi essenziali: comunicazione della Commissione, Orientamenti agli Stati membri per quanto riguarda
gli investimenti esteri diretti, cit., Allegato, punto 4.
49 Recante Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici,

nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.
50      Si     veda,        in        particolare,    il     Capo         III       del     decreto       legge    in   esame,      recante
Disposizioni urgenti in materia di esercizio di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica. Per un primo esame del provvedimento
in questione si veda P. CAGGIANO, Covid-19, cit., pp. 1 ss.

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L’intervento del Governo è giustificato dall’andamento molto negativo sul mercato borsistico delle
imprese considerate strategiche per l’economia nazionale e dagli allarmi lanciati dal Sistema di
Informazione per la Sicurezza della Repubblica (SISR)51.
In particolare, la modifica della disciplina dei poteri speciali dello Stato riguarda “gli attivi strategici nei settori
dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”52, su cui era intervenuto il d.l. n. 105/201953. Sono rimaste invece
in buona parte immutate (salvo quanto si dirà infra) le disposizioni riguardanti i poteri speciali nei settori
della difesa e della sicurezza nazionale e quelli relativi alle reti di telecomunicazione a banda larga con
tecnologia 5G54.
L’art. 16 del decreto legge n. 23/2020 prevede una novità molto importante che riguarda tutti i settori
strategici di cui al decreto legge n. 21/2012 (difesa e sicurezza nazionale55; reti di telecomunicazione
elettronica a banda larga con tecnologia 5G56; energia, trasporti e comunicazioni57). In particolare, si
prevede che nei casi di violazione degli obblighi di notifica previste nelle disposizioni di cui ai settori
sopra richiamati, anche in assenza della notifica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri può avviare il
procedimento ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri speciali. L’attività istruttoria preordinata
all’esercizio del golden power può dunque essere avviata d’ufficio dalla Presidenza del Consiglio, anche in
caso di “violazione degli obblighi di notifica” e in “assenza di notifica”, ancorché resti fermo l’impianto
sanzionatorio vigente in caso di mancata notifica.
Il rafforzamento del potere istruttorio e decisionale della Presidenza del Consiglio rende l’assetto
normativo italiano maggiormente conforme – in termini di efficacia – alle previsioni del regolamento
(UE) 2019/45258, già entrato in vigore, ma applicabile dall’11 ottobre 2020 (ai sensi dell’art. 17 del
medesimo regolamento).

6. Riflessioni conclusive alla luce della crisi politica (irreversibile?) dell’Unione europea
Gli interventi protezionistici degli Stati membri dell’Unione nell’attuale fase storica appaiono ancor più
rilevanti, tenendo conto dell’attuale situazione di crisi politica in cui versa l’Unione europea. Sono diversi
e convergenti i fattori che durante l’emergenza legata al coronavirus portano a concludere che si tratta di
una crisi probabilmente irreversibile. Qui basti ricordarne i principali, a cominciare dai risultati nefasti cui

51 P. CAGGIANO, Covid-19, cit., pp. 2-3.
52 Art. 2, d.l. n. 21/2012, modificato dall’art. 15, d.l. n. 23/2020.
53 Convertito dalla legge n. 133/2019, su cui ci siamo soffermati sopra.
54 Disciplinati rispettivamente agli artt. 1 e 1 bis, d.l. n. 21/2012.
55 Art. 1, comma 8 bis, d.l. n. 21/2012.
56 Art. 1 bis, comma 3 bis, d.l. n. 21/2012.
57 Art. 2, comma 8 bis, d.l. n. 21/2012.
58 P. CAGGIANO, Covid-19, cit., p. 9.

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è giunto il Consiglio europeo del 26 marzo 2020, quando Germania, Olanda e Finlandia (e poi anche
Austria) si sono opposti alle richieste di nove Paesi membri dell’Unione (tra cui Italia, Portogallo, Spagna
e Francia) di affrontare le conseguenze socioeconomiche causate dal COVID-19 alla luce del principio
di solidarietà (disciplinato dal TFUE59). Nella Dichiarazione comune dei membri del Consiglio europeo del 26
marzo 202060 si invita l’Eurogruppo a presentare ai membri del Consiglio proposte entro le successive
due settimane. Nel suo Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic del 9 aprile
2020, tra le varie proposte e strumenti di finanziamento avanzate dall’Eurogruppo è incluso anche il MES
(European Stability Mechanism – ESM)61. Viene, dunque, confermata la linea del rigore e dell’austerità (e non
potrebbe essere diversamente, come si vedrà infra), mettendo così a rischio non solo la sopravvivenza dei
popoli62, ma, in definitiva, anche quella dell’Unione europea63.
L’utilizzo dello strumento del Meccanismo europeo di stabilità (MES), come caldeggiato dai Paesi nordici
e dai mercati64, aprirebbe la strada ad uno scenario già sperimentato per la Grecia, e finirebbe dunque con

59  Nella fattispecie, la proposta dei nove Paesi membri dell’Unione consiste nella emissione comune di titoli per poter
sostenere le spese straordinarie legate all’emergenza.
60 Consultabile alla pagina web https://www.consilium.europa.eu/media/43089/26-vc-euco-statement-it.pdf.
61 Al punto 16 del report in questione si legge, infatti, che “Safety nets are in place in the euro area and the EU. In the euro area,

the ESM is equipped with instruments that could be used, as needed, in a manner adapted to the nature of the symmetric shock caused by
COVID 19”: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/04/09/report-on-the-comprehensive-
economic-policy-response-to-the-covid-19-pandemic/.
62 Strumenti di finanziamento diversi dal MES, come il “Recovery Fund”, indicato nel medesimo report e proposto dai Paesi

del sud Europa (come Italia e Spagna) sarebbe probabilmente non tempestivo, tenuto conto il tempo necessario per
negoziarlo, il quale sarebbe, di fatto, incompatibile con la natura urgente dell’intervento per affrontare la crisi
socioeconomica in corso. Senza considerare che meccanismi di assistenza finanziaria di carattere intergovernativo, come
il MES, potrebbero essere ritardati da eventi come pronunce di corti costituzionali di Stati membri, com’è accaduto in
Germania dove si è paventata la compatibilità del Trattato MES del 2012 con l’ordinamento di detto Stato e si è dovuto
attendere che il Bundesverfassungsgericht si pronunciasse in merito, posticipando così l’entrata in vigore del medesimo
Trattato. Cfr., sul punto, R. ADAM – A. TIZZANO, Manuale di diritto dell’Unione europea, Torino, 2014, p. 684, spec. nota
n. 74
63 L’Unione europea non è, come noto, uno Stato (in merito, si veda, tra gli altri, V. CERULLI IRELLI, Verso un cauto

rafforzamento delle istituzioni nazionali nella nuova fase del processo di integrazione europea, in Astrid on line, 9 dicembre 2009,
relazioni al Seminario di Astrid su La sentenza del Bundesverfassungsgericht sulla costituzionalità del Trattato di Lisbona e i suoi
effetti sulla costruzione dell’Unione europea, svoltosi a Roma il 21 settembre 2009, pp. 99 ss., spec. p. 100. Le relazioni e gli atti
del          Convegno           sono        consultabili      alla       seguente            pagina          web:       http://www.astrid-
online.it/static/upload/protected/Rela/Relazioni_Seminario-BVG_21_09_09.pdf) e con iniziative come quelle
descritte nel presente lavoro non può dirsi neppure che si candidi a diventarlo. Di fronte alle crisi, ancora una volta sono
gli Stati nazionali (e dunque la sovranità) il primo e unico vero baluardo a difesa dei cittadini e degli asset strategici.
L’esperienza drammatica che stiamo vivendo dimostra non solo che la sovranità nazionale non può essere superata e
dissolta, ma anche che “il vero portatore della sovranità è lo Stato (e non già l’Europa o il contesto globale o ultrastatale tecnico)”: così
F. FRACCHIA, Coronavirus, cit., pp. 579-580. Una tale autorevole presa di posizione non può che essere condivisa.
64 Come noto, l’Agenzia di rating francese Fitch ha declassato l’Italia, portando il rating sul debito sovrano del nostro

Paese da BBB a BBB-, appena sopra il livello “junk” bond”: https://www.fitchratings.com/entity/italy-80442199. Un
ulteriore downgrade a quest’ultimo livello porterebbe ad escludere i titoli italiani dai programmi di acquisto della BCE: cfr.
https://www.ilsole24ore.com/art/fitch-declassa-l-italia-bbb-outlook-stabile-ADmmNKN.                                   L’Agenzia          ha
espressamente fondato tale giudizio negativo sulla possibilità che l’Italia non accetti il MES. A tale proposito l’Agenzia
inequivocabilmente afferma: “Sembra che il governo italiano abbia accolto con favore la conclusione del vertice [Consiglio europeo del 23
aprile 2020] ma è probabile che persistano differenze politiche tra i partiti politici italiani sull’utilizzo del Mes”. Tale aspetto è stato
decisivo per la scelta sul rating (ibidem). Si tratta di un intervento chiaramente volto a condizionare la politica interna

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l’imporre privatizzazioni selvagge, erodendo così gli asset (industriali e aziendali) nazionali, oltre alle
“riforme strutturali” (recte: tagli lineari) riguardanti, tra l’altro, le prestazioni pensionistiche e la sanità e,
più in generale, i diritti sociali65.
Neppure sarebbe possibile immaginare un MES “senza condizionalità”66, come proposto da alcune parti
politiche (e anche nelle discussioni in sede di Eurogruppo), senza che sia modificato l’art. 136 TFUE67.
Attualmente, il MES con tali caratteristiche non esiste e non è possibile neppure una deroga alle “rigorose
condizionalità” di cui all’art. 136, par. 3, TFUE68. La soluzione più naturale è quella di un ruolo più attivo
della Banca centrale europea (BCE), la quale, alla stregua di ogni altra banca centrale, dovrebbe intervenire

(italiana). Ciò è dimostrato, in primis, dalla tempistica con cui viene reso il giudizio negativo da parte dell’Agenzia francese,
il cui pronunciamento sul nostro Paese era originariamente previsto per il 10 luglio 2020. L’Agenzia ha deciso di
anticipare il suo giudizio al 28 aprile 2020, quando le negoziazioni politiche sugli strumenti di finanziamento a livello
dell’Unione erano entrate nella loro fase decisiva, proprio all’indomani del Consiglio europeo del 23 aprile,
espressamente richiamato nella nota dell’Agenzia. L’anticipazione è stata presa, secondo l’Agenzia, interpretando la
regolazione UE in materia di credit rating agency (CRA), che stabilisce che l’intervento avvenga secondo un calendario
prestabilito e pubblicato, salvo quando un intervento non previamente fissato sia necessario “per adempiere ai propri obblighi
legali”. Non è chiaro quale criterio ermeneutico abbia utilizzato l’Agenzia; sarebbe interessante dedicare a tale aspetto
uno specifico approfondimento, che tuttavia non è possibile svolgere in questa sede in quanto andrebbe molto oltre i
confini del presente contributo. In ogni caso, in base a tale “interpretazione”, l’Agenzia si è autolegittimata ad intervenire
ponendo a fondamento della sua azione un “cambiamento sostanziale del merito creditizio dell’emittente” (ibidem). Una tale presa
di posizione è stata messa subito in discussione dal nostro Ministro dell’Economia e delle Finanze, il quale, per
“rassicurare” i mercati, è subito intervenuto sottolineando la imprudenza di tale intervento, che non tiene conto delle
iniziative multilivello in corso. Inoltre, lo stesso Ministro ha chiarito che l’Italia interverrà non solo con misure
emergenziali, ma anche con “riforme e investimenti” per aumentare la crescita, ma sempre dando assoluta prevalenza ai
“vincoli e alla sostenibilità della finanza pubblica, e alla necessità di confermare la traiettoria di riduzione del debito” (ibidem). In sostanza,
la prospettiva è quella delle “rigorose condizionalità” proprie del MES (o di altri simili strumenti che verranno elaborati ad
hoc). Anche la stessa Agenzia francese – sempre nella prospettiva di natura essenzialmente politica del suo intervento –
rimarca come gli obiettivi prioritari delle agende politiche dei futuri governi italiani dovranno essere quelli della riduzione
del debito pubblico e delle “riforme strutturali a favore della crescita” (ibidem).
65 Sull’esperienza greca con riguardo al MES e alla c.d. Troika (Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo

monetario internazionale) si veda G. ZAGREBELSKY, La tragedia greca e la sovranità spodestata, in La Repubblica, 28 luglio
2015; F. DONATI, Crisi dell’euro, governance economica e democrazia nell’Unione Europea, in Rivista AIC, n. 2/2013, p. 3. Da
ultimo cfr. A. SCHILLACI, Dalla crisi economica alla crisi democratica: la sfida populista alla solidarietà e l’identità europea, in A.
Ragone (a cura di), Los efectos de la crisis financiera sobre las instituciones nacionales: gobiernos, parlamentos y tribunales, numero
monografico di Federalismi.it, n. 13/2020, pp. 15 ss., spec. p. 18.
66 Un utilizzo corretto della lingua italiana imporrebbe di parlare di MES senza “condizioni”, in quanto la parola

“condizionalità” non si rinviene nei dizionari della lingua italiana (ad es. Treccani, De Mauro, Sabatini Coletti). Tuttavia,
continueremo ad utilizzare il termine “condizionalità”, al quale ormai istituzioni e studiosi (tra cui anche giuristi) fanno
ampio riferimento.
67 Come noto, la decisione 2011/199/UE che modifica l’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea relativamente

a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro è stata adottata dal Consiglio europeo il 25 marzo 2011. A
tal fine, è stato aggiunto il seguente paragrafo all’art. 136 del TFUE: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire
un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità dell’intera zona euro. La concessione di qualsiasi
assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Cfr., in merito, E. PICOZZA
– V. RICCIUTO, Diritto dell’economia, Torino, 2017, p. 198.
68 E. PISTOIA, I Trattati UE e il via libera all’uso del MES “senza condizionalità”, in I post di AISDUE, II (2020), Sezione

“Coronavirus e diritto dell’Unione”, n. 6, 28 aprile 2020, consultabile alla pagina web https://www.aisdue.eu/emanuela-
pistoia-i-trattati-ue-e-il-via-libera-alluso-del-mes-senza-condizionalita/, pp. 55 ss., spec. p. 62, la quale peraltro conclude
affermando come l’accesso al MES senza condizionalità non sia incompatibile con l’art. 136, par. 3, TFUE (ivi, p. 68).

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(con strumenti interni e non esterni all’Unione) a sostenere (stampando moneta ed emettendo titoli)69 le
politiche che gli Stati ritengono necessarie per affrontare le crisi socioeconomiche, come quella legata al
coronavirus70. Una tale attività gli è impedita dall’art. 123 TFUE, il quale vieta alla BCE e alle banche
centrali degli Stati membri di concedere scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia
alle autorità e agli organismi di diritto pubblico dell’Unione e degli Stati membri nonché di acquistare
direttamente, presso questi ultimi, titoli del loro debito71. Inoltre, l’art. 124 TFUE vieta qualsiasi misura
che offra all’Unione o agli Stati membri forme di accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie72.

69 La BCE ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro ai sensi dell’art. 128, par. 1, TFUE. Ad oggi, la BCE
si è limitata al lancio del programma straordinario di acquisto di titoli negoziabili pubblici e privati, il Pandemic Emergency
Purchase Programme (PEPP). Per approfondimenti su tale iniziativa si veda E. PISTOIA, I Trattati UE e il via libera all’uso
del MES “senza condizionalità”, cit., p. 66 (ivi ulteriori riferimenti di dottrina).
70 E ciò anche in considerazione del fatto che la sanità non è una specifica competenza dell’Unione, come sottolinea E.

TRIGGIANI, L’Unione europea alla sfida decisiva, in I post di AISDUE, Sezione “Coronavirus e diritto dell’Unione”, n. 2, 15
aprile 2020, consultabile alla pagina web https://www.aisdue.eu/ennio-triggiani-lunione-europea-alla-sfida-decisiva/,
pp. 5 ss., spec. p. 7, il quale richiama tale aspetto per giustificare l’inadeguatezza dell’intervento dell’Unione con
riferimento al COVID-19. Una tale osservazione mette in chiaro il paradosso in cui si trovano gli Stati nazionali: hanno
la competenza ad intervenire in materia sanitaria, ma non possono farlo perché gli Stati membri hanno perso di fatto
totalmente tale potere ed è l’Unione ad avere competenza esclusiva nel settore della politica monetaria per gli Stati
membri la cui moneta è l’euro (cfr. Corte di giustizia UE, sentenza 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle, par. 50),
ma la BCE non agisce come una banca centrale, alla stregua di tutte le altre banche centrali. Inoltre, come ha chiarito la
stessa Corte europea, sebbene l’art. 122, par. 1 del TFUE preveda che il Consiglio possa decidere, “in uno spirito di
solidarietà tra gli Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà
nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia”, tale disposto tuttavia “non rappresenta un
fondamento giuridico adeguato per un’eventuale assistenza finanziaria dell’Unione agli Stati membri che già si trovano o rischiano di trovarsi
in gravi problemi finanziari” (Corte di giustizia UE, sentenza 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle, cit., para. 115-
116). Nulla peraltro impedisce al Consiglio di agire e di prestare assistenza finanziaria con strumenti di finanziamento
alternativi al MES e interni all’Unione. Come osserva la Corte, infatti, ai sensi dell’art. 122, par. 2, TFUE, “il Consiglio può
concedere, a determinate condizioni, una siffatta assistenza allo Stato membro che si trovi in difficoltà o che sia seriamente minacciato da gravi
difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo”. Proprio in base a tale disposto – come
visto – è stato istituito il MES, il quale “non incide sull’esercizio da parte dell’Unione della competenza attribuitale da detta disposizione
del Trattato FUE” (Corte di giustizia UE, sentenza 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle, cit., para. 118-119). In
sintesi, invertendo una frase di Jean Monnet, che teorizzava una Europa che non fait, fait faire, possiamo affermare che
oggi “l’Europa non fait et non fait faire”: così G. ROSSI, La questione europea, in Astrid Rassegna, n. 12 del 2016, par. 1, il
quale rileva – a proposito della crisi economica e politica successiva al 2007 (ma le considerazioni sono ancora attuali) –
che “[l]e recessioni economiche sono sempre state affrontate dagli Stati con tre misure: manovra monetaria, espansione del debito e aiuti alle
imprese o/e loro pubblicizzazione. Gli Stati membri dell’Unione europea hanno perso in tutto o in parte la disponibilità di queste misure
senza che il corrispondente potere venisse assunto in misura significativa dall’Unione”. Secondo l’A. “[v]i è in Europa un vuoto di potere
superiore a quello che già hanno tutti gli Stati per la difficoltà a controllare la finanza internazionale”. Egli inoltre osserva che
“[l]’Unione Europea, seguìta in ciò pedissequamente dalle Autorità nazionali della concorrenza, impedisce la formazione di “campioni
nazionali”, di imprese pubbliche o privati che acquisiscano dimensioni capaci di affrontare la concorrenza globale, ma non ne crea dei propri”.
71 Cfr. Corte di giustizia UE, sentenza 27 novembre 2012, causa C-370/12, Pringle, cit., par. 123.
72 F. DONATI, Crisi dell’euro, cit., p. 3.

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