STORIE DI UN PASSATO DA RISCOPRIRE PER RISPONDERE ALLE SFIDE DEL PRESENTE - ZAFFIRIA
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Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente
Indice 1 Introduzione Il significato di una passione di Simonetta Saliera, Presidente dell’Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna . . . . . . . . . ...................................................................... 5 Maestri di scuola. Di “lungo corso”. Qualche nota di Franco Cambi .................... 6 Nella classe di Alberto Manzi: il suo insegnamento come esperienza e sapienza per i maestri di oggi di Maria Arcà e Paolo Mazzoli ............................... 8 L’esperienza di Barbiana di Marco Bontempi ............................................................ 11 Digitale quotidiano: grandi sfide per grandi maestri di Daniele Barca . . ............. 13 Scuola è il mondo. La modernità del pensiero di Giuseppina Pizzigoni di Franca Zuccoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .................................................................... 15 Danilo Dolci: “ciascuno cresce solo se sognato” di Tiziana Rita Morgante . . ....... 22 La libertà del tempo di Maria Chiara Michelini .......................................................... 28 Sulla matematica, con Maria Montessori di Benedetto Scoppola ........................ 31 Giorgio Scarpa. Esplorazione (tra) gioco e ricerca di Lorenzo Bocca .................. 32 Mario Lodi. L’eredità di un grande maestro di Barbara Bertoletti . . ...................... 35 A cercare il disegno. L’esperienza della maestra Maria Maltoni di Barbara Salotti .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .................................................................... 38 Sulle tracce della memoria per radicarsi nel presente e proiettarsi nel futuro di Simonetta Fasoli ............................................................... 42 Tra libertà e disabilità, nelle esperienze dei grandi maestri di Elena Malaguti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .................................................................... 44 Avanguardie educative: storie di ordinaria innovazione di Elena Mosa e Francesca D. Pizzigoni .. . . .................................................................... 47 Nutrirci delle esperienze del passato per alimentare una pedagogia dell’ascolto di Franco Lorenzoni .. . . . . . . . . . . . . . .................................................................... 56 Essere Maestri. La rete degli archivi dei grandi maestri e delle grandi maestre di Alessandra Falconi ............................................................ 62 Appendice, su Alberto Manzi: Educare a pensare di Elisa Manacorda, alunna di Alberto Manzi . . .......................... 65 (1) Gli atti sono costituiti di interventi inviati dai relatori ma anche da sbobinature (Daniele Barca, Luigi Guerra, Benedetto Scoppola, Franco Lorenzoni) realizzate grazie alla registrazione audio.
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri Introduzione Il significato di una passione di Simonetta Saliera Presidente dell’Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna Fin dai tempi della nascita delle ‘libere quello dell’Italia pre anni 60 aveva priva- professioni’, a cavallo tra il crepuscolo del to alla maggior parte della popolazione Medio Evo e il via al Rinascimento, essere nazionale, ovvero a quella vasta massa di ‘maestri’ voleva dire prima di tutto ‘saper operai, braccianti, contadini, piccoli arti- tramandare un sapere’. Il maestro è colui giani e piccoli commercianti per i quali che sa e sa raccontare, insegnare agli al- la fatica del vivere quotidiano e le preca- tri: il vero maestro è colui che riesce ad al- rie condizioni economiche erano stati l’o- largare la base della piramide sociale, fa- stacolo principale a una cultura di base di cendo in modo che sempre più persone, massa e davvero nazionale. Lo fece con specie provenienti dalle classi sociali più uno stile semplice, diretto, una pedago- disagiate e quindi con meno strumenti di gia moderna ed efficace che ancora oggi accesso al sapere, riescano ad emancipar- non ha eguali. si, a liberarsi dal giogo dell’ignoranza e ac- È questo il suo maggior lascito. È per que- cedere alla forza del sapere. sto motivo che per l’Assemblea legislativa In questo mestiere nobile quanto diffici- regionale è un onore ospitare e valorizzare le, Alberto Manzi fu davvero un esempio. il Centro Manzi, e aver realizzato incontri Alberto Manzi capì, prima di tutti, le po- e appuntamenti di grande spessore come tenzialità della televisione di massa, e la quello oggetto di questa pubblicazione. utilizzò non per una mera propaganda di Ai famigliari di Alberto Manzi che hanno se stesso, ma per dare davvero agli italia- scelto di avere come interlocutore il Par- ni quello che fino ad allora era mancato: lamento regionale e a tutti coloro che col- una lingua comune da tutti conosciuta e laborano per la buona riuscita di queste quelle nozioni base della conoscenza ele- iniziative, vanno i nostri più sinceri ringra- mentare che un sistema scolastico come ziamenti. 5
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente Maestri di scuola. “Di lungo corso”. Qualche nota di Franco Cambi Maestri Ci sono Maestri che restano esemplari nel corso di millenni o di secoli. Si pen- zione di percorsi didattici innovativi, etc...). In mezzo troviamo le figure di Don Milani, esemplari si a Socrate. Si pensi a Pestalozzi. Tanto Lodi, Dolci. Anche Manzi e Zavalloni o più per fare due esempi illustri e semprever- indietro Maria Maltoni. Tutti Maestri per- di. Poi ci sono i Maestri d’epoca. Più vi- ché uomini di scuola che ripensano il loro cini a noi, nostre guide di ieri, anch’essi fare scuola secondo principi organici, che però esemplari e che possiamo assume- hanno sì alle spalle teorie, ma che matura- re ancora oggi a nostre Guide. Sì, Mae- no proprio dentro e per l’agire scolastico stri come guide, come simboli, come in- vissuto in chiave educativa oltre che istrut- terlocutori attivi. E proprio qui e ora, per tiva. E sono tutte voci originali e impegna- noi. Poiché dalle loro esperienze veniamo te dalle quali ci vengono suggerimenti e e con esse possiamo/dobbiamo dialoga- stimoli e modelli che sta poi a noi, qui e re. In essi troviamo un po’ il DNA del no- ora, riprendere, sintetizzare e sviluppare, stro Presente Educativo. Essi, proprio lì, ma con quelle voci dialogando. ci danno indicazione sia di metodo sia di Inutile qui riprendere l’esposizione della merito: ci sostengono e nella teoria e nel- pedagogia e della didattica di tutti que- la pratica. Sono simboli forti del e nel no- sti Maestri, sui quali esiste una bibliogra- stro operare: punti di riferimento attivi e fia ampia o almeno indicativa che ce li fa fondanti a cui ritornare sempre per fissa- conoscere proprio nella loro differenza e re il nostro identikit di educatori oggi. Ma specificità. Anche su quelli pedagogica- proprio per agire in noi devono farsi inter- mente minori c’è un fascio di contributi si- locutori: essere ripensati e rivissuti, dopo gnificativi. Così su Manzi, su Zavalloni, sulla esser stati interpretati e rimessi in circolo stessa Pescioli. Se poi guardiamo alla ter- nel nostro riflettere e operare, come inter- na più centrale, Milani, Lodi, Dolci, vedia- locutori attivi e critici e come depositari di mo oggi un’attenzione viva e sensibile e un messaggio ancora vivo e significativo. acuta, che di essi vuole rendere testimo- Le figure evocate in questo incontro sono nianza e insieme fissare la loro attualità. E tutte figure, che pur nella loro differenza basta anche qui ripercorrere la bibliogra- di ieri o ieri l’altro, ci parlano ancora e a fia più recente. Maria Montessori poi è la fondo sull’agire educativo e sui suoi fini e Pedagogista Italiana per eccellenza, il cui sui suoi mezzi. Sono figure tra loro asim- messaggio si è fatto mondiale e ancora at- metriche che vanno dalla più antica Maria tivo in molti paesi tra loro anche assai di- Montessori alla ancora vivente Idana Pe- versi per cultura e tradizione educativa. A scioli. Entrambe però interpreti ed eredi lei dobbiamo in particolare il richiamo al dell’attivismo e delle sue integrazioni (con rispetto del bambino, come soggetto li- la scienza e la sua visione del mondo, la bero e impegnato, e quello al processo di psicologia dell’infanzia; con la progetta- apprendimento come avventura cognitiva 6
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri ed esplorazione dell’ambiente. E poi l’ad sidi tecnologici. Alla Pescioli un impegno quem dell’educazione come costruzione a valorizzare sia le attività estetiche sia gli di una mente plastica, curiosa e sperimen- approcci scientifici nell’esperienza forma- tale e di un’etica della convivenza respon- tiva fin dalla “prima scuola” e di cui il do- sabile, in classe e poi nella stessa società. cente deve essere l’animatore. A Maria Maltoni dobbiamo l’uso del testo Forse è proprio dalla sintesi critica e cre- libero come forma di scrittura, che narra ativa di questi messaggi che ancora oggi eventi reali nell’ambiente vissuto dai ra- può nascere un “buon educatore”, te- gazzi, come pure una cura attenta del di- nendo fermi i punti d’incontro dei di- segno osservativo in chiave scientifica. A versi modelli e la tensione a ripensare in Manzi dobbiamo un impegno a educare modo costante l’operatività dell’insegna- tutti attraverso un insegnamento a distan- mento, in modo da tener viva e aperta la za che segue una didattica aperta ai sus- propria identità. Qual è, se c’è, una lectio che emerge da ti di una cultura familiare e locale e si en- La lectio tali diverse e articolate esperienze? C’è, se li leggiamo insieme e ne fissiamo tra in quella ufficiale, alta e riflessiva: più universale. E in tutte le sue forme. Produ- comune? i punti di convergenza. Di sintesi aperta. cendo emancipazione intellettuale e socia- Se poi li integriamo col punto di vista del le. Già a partire dal linguaggio: e si pensi nostro presente. E da lì li facciamo parlare. a Don Milani. Usando tecniche che apro- Tale lectio è sia di principi-guida, sia di no ad aspetti nuovi del reale. Dal libro alla metodo. stamperia: e si pensi a Lodi. E tale eman- cipazione produce uno statuto mentale Sul primo fronte vanno collocati: più maturo e più libero: e si ricordi l’ope- 1. l’idea d’infanzia; rare di Dolci. 2. l’idea di comunità scolastica; Qui l’insegnante non è più l’attore-chiave 3. il ruolo emancipativo della scuola; del fare-scuola, si fa invece organizzatore di 4. l’insegnante come animatore; spazi, di attività, di strumenti dell’appren- 5. un apprendere personale, sempre, che dere e sostenitore del lavoro dei ragazzi e si lega a motivazione e articolazione di consigliere, come pure supporto e di vigi- formae mentis. lanza e di aiuto. L’apprendimento stesso tende a farsi processo via via sempre più Sul piano del metodo si fissano: personale, che coinvolge e sviluppa capa- 1. il lavorare in gruppo; cità e vocazioni e che mette sempre più 2. motivare sempre l’apprendimento; i ragazzi al centro dell’apprendere, attra- 3. l’attenzione alle tecnologie; verso l’attenzione ai bisogni e favorendo 4. valorizzare le capacità e vocazioni; le iniziative dei ragazzi stessi. E una “buo- 5. il ruolo centrale assegnato al libro, all’ar- na scuola” non può che guardare a que- te, alla comunicazione, alla ricerca come sto come a suo fine ultimo: favorire in cia- metodo-principe. scuno la crescita della cura-di-sé. Non vale entrare in modo più minuzioso Tutto ciò in un quadro di dialettica aper- nella ricostruzione di convergenze nella di- ta, sperimentale, sollecitata sia da ragio- dattica: basti il già accennato. Ciò che va ni epistemiche sia psicologiche, e pro- rilevato è invece il plot di pratiche educa- prio di psicologia dell’infanzia e sociale. tivo-didattiche di cui dobbiamo e possia- L’infanzia è per tutti un’età preziosa di sco- mo ancora oggi far tesoro. E in toto. perta e di sé e del mondo, che pertanto Sì, certo, la scuola degli anni Duemila ha va coltivata in questo suo scoprire/spe- anche nuovi caratteri e nuove istanze edu- rimentare/assimilare, sì in modo libero, cative: ne cito due, l’autonomia come re- ma sempre sostenuto da un’operazione gola e l’intercultura. Ma anch’esse, come intenzionale di predisposizione dell’ha- lo stesso uso centrale delle nuove tecnolo- bitat di apprendimento, nella scuola in gie, possono e devono essere animate da particolare. La scuola poi è una comuni- quei principi pedagogici, che sono propri tà che apprende e che si autoregola, in dei Maestri citati e che ci restano davan- cui sta al centro lo scambio comunicativo ti come un compito. Tra l’altro sono stati in molte Forme. Lì inoltre si esce dai limi- l’approdo di una lunga e complicata rivo- 7
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente luzione pedagogico-educativa dalla qua- Bibliografia minima le non vogliamo né possiamo distaccarci, poiché costituisce ormai il nostro DNA di educatori e di pedagogisti. - F. Cambi, Le pedagogie del Novecen- Certo da rivivere oggi, da calibrare in for- to, Roma-Bari, Laterza,2005. me nuove, anche operando sintesi aperte - F. Cambi, Odissea scuola, Napoli, Lof- e nuove tra i Maestri, ma tenendo fermo fredo, 2008. quell’identikit moderno e attuale ancora - M. Laeng (a cura di), Enciclopedia pe- della riflessione ed esperienza educativa dagogica. I-VI, Brescia, La Scuola, 1989- delle figure più illuminate e illuminanti. 1994 (ad voces). Nella classe di Alberto Manzi: il suo insegnamento come esperienza e sapienza per i maestri di oggi di Maria Arcà e Paolo Mazzoli “Fa quel che può, quel che non può non po, sostenuta dalle canzoni del mattino, fa”: lavorare e impegnarsi al limite del- dall’aspettarsi a pranzo, dai canti dell’ad- le proprie possibilità, in tutti i campi, era dio, dalle promesse di “rivedersi un dì”. quello che il maestro Manzi chiedeva ai suoi ragazzi e, in primo luogo, a se stesso. L’atteggiamento guida del maestro impo- Ognuno era tenuto a dare il massimo e, neva a tutti un grandissimo rispetto per davanti ad una richiesta così impegna- le differenze individuali: ciascuno dove- tiva, i ragazzi si sentivano orgogliosi di va dare il massimo, ma non era fissato un poterlo fare, di saperlo fare. Ognuno se- traguardo standard uguale per tutti. Tutti condo le proprie capacità e i propri gu- avevano il diritto di pensare e tutti erano sti, naturalmente. impegnati ad ascoltare opinioni, idee, so- Il rispetto delle individualità era fondamen- luzioni proposte dagli altri, per condivider- tale per costruire appartenenza alla clas- le, contestarle, talvolta commentarle iro- se: questo profondo senso di solidarietà nicamente portandole fino al paradosso. reciproca costruiva una sorta di spiritua- Tutti sapevano, perché il maestro non si lità laica radicata nella disciplina di grup- stancava di dirlo, che ogni situazione era 8
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri essenziale per sviluppare l’intelligenza, per ni del maestro testimoniavano il rispet- imparare a pensare. L’impegno dei ragaz- to reciproco, una concezione dinamica zi era costruire la propria intelligenza, af- dell’intelligenza ben lontana dall’abitua- frontando e superando prove e difficol- le sopraffazione adulta nei confronti del tà diverse, attenti e accorti a quello che pensiero dei ragazzi. I commenti scher- si sta guardando, coinvolgendosi e gio- zosi, guidati e controllati attentamente, cando in proprio, sfidando sé stessi pri- contribuivano a costruire in tutti uno spi- ma ancora dei compagni... trovando so- rito critico nei confronti degli altri e a raf- Esempio n. 1 luzioni a situazioni impreviste (creatività forzare la capacità di pensare con la pro- in situazione). pria testa prima di accettare le opinioni È stato assassinato a 6 anni. Il suo “imparare a pensare”, tuttavia, non o i saperi di altri: si commentavano acca- È stato sepellito a 90 anni. Che cosa vuol dire? era un generico richiamo a una didattica nitamente verità scientifiche, frasi fatte, intelligente: presupponeva un serio la- parole senza significato, battute e bar- Che cosa siete stati costretti a fare? voro sulle idee profonde delle discipline. zellette viste come “prove di intelligen- Vorrei ... La muffa è un essere vi- vente o no? E perché? Manzi non sopportava l’imparaticcio, ma za” (vedi i tre volumi di Zupak). neanche la pedagogia senza contenuti e Ecco alcuni stralci di proposte su cui Man- Cercate le parole giuste per rispon- la superficialità delle definizioni e delle re- zi organizzava le lezioni: l’apparente im- dere alle domande. - Si può formare una muffa su una golette dei sussidiari. provvisazione era invece sostenuta da una latta? E su un limone? ricerca accurata di alternanze didattiche. - Come si può stabilire che una La sfida, per i ragazzi, era di accorgersi Momenti di riflessione attenta sfumavano cosa è vivente o no? E che signifi- ca vivente ... Quali caratteristiche? dei minimi dettagli che avrebbero potuto in gag sul significato di parole strane, sca- - Come nasce? orientare il pensiero in direzioni non bana- rabocchi da completare diventavano di- - Chi la fa nascere? li, evitando la superficialità delle appros- segni con significato, sfide di calcolo ve- Non si può trasmettere un concet- simazioni o della mancanza di attenzione, loce riempivano i momenti vuoti (es. n.1). to mediante un insegnamento di- tanto alle parole quanto ai fatti. Le preci- retto se non si vuole un vuoto ver- sazioni, le idee, le intuizioni di qualcuno Momenti di didattica tradizionale, come balismo, una ripetizione meccanica di parole che simulano la cono- stimolavano la ricerca di relazioni non ov- il dettato, venivano criticati e ripensati scenza dei concetti, ma in realtà vie, di connessioni e analogie, oggetto di come possibilità di sviluppare pensiero mascherano un vuoto. lunghe e complesse discussioni. Sorreg- critico. I suoi dettati parlavano di balene Un concetto è un processo crea- tivo che si realizza attraverso l’e- gendo i ragazzi con una guida occulta e volanti o di uccelli strani, e servivano sia sperienza. poco invasiva le idee venivano gradual- per riderci sopra sia per analizzarne i con- mente guidate verso una sistemazione tenuti, con fantasia e creatività (es. n.2). (Una pausa): una mela galleggia o no? E un chiodo? Pesa di più la logica che tutti potevano accettare, ma mela o il chiodo? che lasciava comunque spazio alle “spe- L’intelligenza si forma in un contesto, e cialità cognitive” di ognuno. preparare il contesto era impegno conti- La gallina è un uccello? ... (Di- scutere). nuo del maestro, in modo che i saperi ac- Il sapere come avventura, il sapere come quisiti fossero essenziali alla costruzione Che cosa pensi che ... significa for- conquista individuale e collettiva rendeva delle persone, adatti alle età e agli inte- za discutere. i ragazzi orgogliosi delle proprie fatiche. ressi dei bambini, adatti a costruire nuo- I problemi sono anche del lin- I non facili argomenti di scienze e di ma- vi interessi da portare avanti crescendo. guaggio. tematica affrontati insieme non cadeva- Ma a scuola si andava anche per divertir- La scarpa non mi entra Provare ... no mai nel nozionismo parolaio, così fa- si: per questo era importante creare situa- cilmente verificabile con crocette messe zioni di sorpresa, invenzioni didattiche ad su apposite schede. Importante era tirar hoc, provocare, preparare trappole, con- Esempio n. 2 fuori le proprie idee, saperne parlare in traddire, non rassicurare... smascherare i modo appropriato, ciascuno col proprio significati nascosti e le “tentazioni della Il dettato ... strumento di analisi linguaggio ma perfezionandolo nel tem- superficialità”. Si insegna a parlare senza capire. A ripetere frasi e gesti senza guar- po, accorgendosi di quanto le interpre- Leggendo, scrivendo, raccontando, ra- dare i fatti. tazioni letterali fossero lontane dalle in- gionando sulla matematica o sul funzio- Occorre potenziare le capacità di terpretazioni “a senso”. I testi su “come namento del corpo (umano) bisognava riflessione e di analisi proponendo argomenti di lavoro e di discussio- mi soffio il naso” o “come mi allaccio una individuare di volta in volta le idee o le ne in cui le esperienze di ognuno scarpa”, mimati in modo provocatorio dal strutture di pensiero realmente importan- possono venire discusse e confron- maestro, portavano a ragionare sulla ne- ti, filtrandole dalla paccottiglia dell’impa- tate con quelle degli altri. cessaria coerenza tra i fatti e le loro rap- raticcio o dei luoghi comuni, perché sem- Gli strumenti: utilità - uso - la- presentazioni linguistiche, grafiche, spe- pre ci fosse spazio per pensieri diversi vagna luminosa - computer - foto rimentali… fino alla formalizzazione. (autonomi e divergenti), smascherando - film Il gioco, le risate, le battute, le assurdi- le apparenze ipocrite di saperi rituali ma Occorre introdurre l’uso del tà logiche delle quotidiane provocazio- marcando le dinamiche di classe con la cervello. 9
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente propria originalità. scolastico portando in classe un oggetto Nonostante i successi televisivi, l’anticon- misterioso, per esempio un nido, invitan- formismo didattico di Manzi non lo rende- do i ragazzi a capire cosa è, a descriver- va un personaggio di successo da invitare lo o a disegnarlo… confrontandolo poi nelle scuole. Il suo stile d’ insegnamento, il giorno successivo con qualcosa che gli però, ha lasciato tracce profonde in quelli somiglia ma che invece è tutt’altro, per che lo hanno conosciuto e che hanno ri- esempio un guscio di noce di cocco… elaborato variamente il suo modo di fare E nascono spiegazioni, idee, confron- scuola, imparando a loro volta a mette- ti…, si cominciano ad ascoltare le idee re i ragazzi in situazioni problematiche. degli altri e, al tempo stesso si costrui- Si può cominciare una mattinata o un anno scono le proprie. Aspetti di Come valutare i ragazzi che per anni han- no sviluppato questo modo di lavorare? luppato nel tempo; avrebbe invece potu- to bloccarlo con considerazioni negative valutazione Nella pratica quotidiana si può certamen- che si sarebbero facilmente estese all’in- te ricorrere a sistemi di autovalutazione: tera personalità del ragazzo e non solo al su un grande cartellone i ragazzi si attri- suo successo scolastico. buivano da soli il numero di “stelline” Quello che sicuramente non accettava che pensavano di aver meritato durante Manzi era la valutazione “etichettante” le attività. C’erano stelline per attività di all’ interno del lavoro scolastico. Ma si lettura e scrittura ma anche per “raccon- preoccupava molto che i suoi alunni se la tare barzellette”, o piantare chiodi su ta- sapessero cavare con gli altri, o fuori dal- volette di legno. la scuola. Quando portava la classe fuori Nell’intervista raccolta da Roberto Farné il era attentissimo alla correttezza dei suoi maestro sosteneva che la valutazione sco- alunni e alla loro capacità di dare il mas- lastica comportava inevitabilmente una simo, con serietà e impegno, in qualsia- classificazione dei ragazzi che li avrebbe si circostanza. Gli faceva molto piacere messi in competizione tra loro e avrebbe ad esempio, che il sig. Guido, il guarda- impedito la formazione di una comunità. parco dell’Oasi WWF del Lago di Bura- Inoltre un giudizio “applicato” in un qual- no, fosse soddisfatto del comportamen- siasi momento da un adulto non avrebbe to dei suoi alunni. Così come gli faceva potuto dar conto del processo di cresci- piacere il successo scolastico e lavorati- ta e di cambiamento che si sarebbe svi- vo dei suoi ex alunni. I modi di insegnare In classe del maestro Nel modo tradizionale Ogni occasione era buona per fare, guar- invece … dare, collegare… • si somministrano conoscenze isolate e • per inventare e scegliere soluzioni; staccate dal contesto; • per pensare in autonomia cercando ri- • non ci si occupa molto dello sviluppo e del sposte plausibili; cambiamento del pensiero dei ragazzi. • Accettare l’incertezza. “Maestro, ma tu davvero non sai niente?” Per sicurezza, si preferiscono le risposte “Non ce lo dire, che dobbiamo scoprir- obbligate e i comportamenti condizio- lo da soli” nati. Si privilegiano radicali distinzioni tra “Non sono più d’accordo con me stesso, giusto o sbagliato. Piace l’omologazione ora penso un’altra cosa” e il conformismo. 10
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri Le giornate passate insieme al Maestro, a scuola e nelle settimane di esplorazio- è stato sempre facile o possibile convince- re gli insegnanti a usare il tempo a parlare L’insegna- ne del mondo, hanno lasciato in noi trac- con i ragazzi, piuttosto che a portarsi avan- mento ce profonde. Il rispetto per il pensiero dei ragazzi, la capacità di ascolto, il gusto della ti col programma, a saper acutamente con- trobattere le loro opinioni ed aiutarli a pen- di Manzi riflessione e la scoperta, la ricerca del lin- sare invece di esplicitare nozioni vere, ma oggi guaggio efficace hanno marcato, su tempi non sempre comprensibili. lunghi, la nostra vita professionale. Sul piano istituzionale, le proposte di alfa- Le attività di formazione per insegnanti di betizzazione scientifica presenti nelle Indi- scuola dell’infanzia e di scuola primaria, i cazioni Nazionali del 2012 riflettono alcune tanti percorsi sviluppati in classe con bam- fondamentali idee del maestro, soprattut- bini di diverse età e di diverse regioni, por- to per quanto riguarda la responsabilità tano traccia delle idee del maestro, e spes- dell’insegnante nella scelta degli argomen- so siamo entrati in conflitto con le abituali ti da trattare o da trascurare, l’attenzione modalità didattiche, caratterizzate da un di- allo sviluppo del pensiero dei ragazzi e la verso uso del tempo, da un insegnamento fiducia nelle loro capacità di elaborare in- sostanzialmente nozionistico, da una più o terpretazioni plausibili a partire da espe- meno palese mancanza di rispetto per le rienze concrete. idee dei bambini che porta a discrimina- Anche l’elaborazione delle tanto discusse re drasticamente il giusto e lo sbagliato, il (e spesso invise) prove Invalsi porta traccia vero o il falso. Così, nei momenti di forma- della pedagogia del maestro: non si chie- zione abbiamo proposto modelli ed esem- de infatti ai ragazzi di rispondere soltanto pi di discussione in classe, per invitare gli a testi nozionistici ma di usare conoscen- insegnanti all’ascolto e per aiutare i ragaz- ze e intelligenza per rispondere anche a zi ad elaborare le proprie idee e ad argo- domande “impreviste”, che richiedono ri- mentarle in una discussione collettiva. Non flessione e capacità di pensare. L’esperienza di Barbiana di Marco Bontempi Vorrei cominciare da alcune cose ovvie. gogica. E nemmeno c’è un metodo che Quello che don Milani faceva a Barbiana può essere estratto, distillato, dall’espe- non lo faceva per lavoro. Non lo faceva rienza di Barbiana per essere poi appli- applicando un metodo. Quindi, in un cer- cato al bisogno, per “tenere” ragazzi de- to senso, potremmo finirla qui. motivati. Se cercate una tecnica didattica Cosa c’entra Don Milani con voi, con gli da applicare, allora perdiamo solo tempo. insegnanti? Niente! Era un prete. Ave- Prima di andare a Barbiana, quando era va studiato teologia, prima voleva fare il cappellano a Calenzano nei primi anni pittore. Non aveva studiato un metodo ’50, organizzò una scuola popolare sera- didattico, non aveva una qualifica peda- le per adulti e operai che lavoravano di 11
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente giorno. Erano analfabeti. Lui diceva: «pri- che insieme. Anche il maestro cambia! ma di dargli il Vangelo, bisogna metter- Molte volte ha tentato, qualcosa gli sarà li in condizione di capirlo», a partire da venuto bene, qualcos’altro no! Ma solo saper leggere. insieme si cercano i modi per appassio- Insomma, don Milani non aveva nessuna narsi alla conoscenza e crescere insieme preoccupazione di tipo professionale, non come persone. Quando insegno devo par- aveva un metodo su come coinvolgere i tire dal tuo mondo, non dal mio mondo. ragazzi. Ma allora che cosa ha reso così Oggi, molto spesso è proprio la manca- straordinaria l’esperienza di Barbiana? ta relazione il problema. Ma la relazione, Non è che in quel luogo si trovasse il sa- questo voler essere insieme, è determi- cro Graal dell’insegnamento. Né lui ave- nante perché si impari davvero. Lavorare va quel tipo di sapere conoscendo il qua- insieme toglie di mezzo la figura dell’in- le un insegnante riesce ad interessare segnante-che-sa-la-disciplina, che la spie- i ragazzi. È molto più semplice. Lettera ga con la lezione frontale agli studen- ad una professoressa è molto chiara: se ti-che-non-sanno. L’elemento di partenza non ci fossero stati degli insegnanti che è che la disciplina, la materia, coinvol- demotivavano gli allievi, non ci sarebbe ge perché passa attraverso una relazio- stata la scuola di Barbiana. ne vera tra persone. Ma la relazione vera Lui si è trovato di fronte ad una situazio- deve passare anche attraverso il conte- ne concreta. È stato mandato a Barbia- nuto dell’insegnamento, assumerne la na ed ha trovato una situazione da terzo forma. Solo così si comunica la passione mondo, le persone avevano paura anche che si ha. La relazione non è qualcosa che ad andare in paese. Si sentivano a disa- costruisco separatamente, al di fuori del- gio, inadeguati anche solo ad andare in la materia. Un insegnante che pensa: “Io piazza. Loro vivevano nel bosco, sul mon- ho un buon rapporto con i miei studenti, te. La distanza dal paese era una distan- ci parlo, ma fuori dalla lezione”. Questo za stellare, in termini psicologici. In paese è già qualcosa, certo. Ma la lezione non ci si andava solo per qualche necessità, può essere una relazione impersonale, e non sempre nemmeno per quello. Per neutra, ma lasciare che sia la relazione l’e- dire: quando nascevano i bambini non si lemento strutturante dell’apprendimen- chiamava il dottore. to dei contenuti disciplinari. Il segreto di Barbiana non è esportabile. Tutto questo non è qualcosa di diverso Don Milani si è messo personalmente in- dell’insegnamento, è la struttura basilare sieme alle persone che erano lì. Ha volu- dell’apprendimento. È sentendosi accol- to mettere la sua vita a servizio della loro. ti, ascoltati, accettati che ci si appassiona Non ha fatto il parroco come lo si faceva e si impara. Ci vuole tempo. Allo studen- normalmente, e nemmeno il maestro. Ha te per crescere, all’insegnante perché è condiviso la propria vita con quelle per- sempre sollecitato a ridefinire ciò che fa sone e per quelle persone. sulla base delle situazioni che vive con i In questo senso il segreto di Barbiana non ragazzi. Quando questo non accade si fini- è esportabile, perché quello che è stata sce facilmente in quella “messa in scena” la Scuola di Barbiana lo è stata per quel- che consiste nell’insegnante che parla con le specifiche persone che erano lì, in que- indifferenza, facendo finta di insegnare e gli anni, con quei bisogni. Se don Milani lo studente che lo asseconda, non impa- avesse incontrato altre persone, la Scuo- rando nulla. Così eccoci nella situazione la sarebbe stata diversa; se avessero avu- dello studente che si preoccupa di stu- to altri bisogni il suo lavoro sarebbe stato diare quello che l’insegnante gli chiede, diverso, ma non sarebbe cambiato il fat- e non lo interessa nient’altro! to fondamentale: mettere la propria vita Questa dinamica di richiesta-adattamen- accanto e per loro. to-risposta è chiamata curriculum nasco- Partendo da questo punto centrale ci sto dai sociologi della scuola. Si appren- sono delle conseguenze. de un certo tipo di comportamento che La prima è partire dall’esperienza dei ra- è richiesto dalla scuola, dal lavoro dello gazzi: “Io sono con te e per te, quindi io studente e da quello dell’insegnante. Il non voglio insegnarti dei contenuti disci- curriculum nascosto è imparare che an- plinari già elaborati, ma insieme lavoria- che se si parla di partecipazione, di rela- mo perché tu possa crescere in questo”. zione, di innovazione didattica, in realtà Se lo facciamo insieme, cresceremo an- ci sono delle regole che anche se non 12
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri sono dette apertamente, sono messe in cosa meglio la insegnava a chi non la sa- atto nei comportamenti concreti sem- peva. Don Milani lavorava con i più gran- pre, e che devono essere rispettate: que- di. Insegnanti, a Barbiana lo erano tutti, sta materia è così e si insegna così e si nel bene e nel male. studia così. L’insegnante pensa che non Questa è una modalità di relazione in cui può far altro che trasmettere il contenu- l’elaborazione dei concetti la fanno i ra- to nell’unico modo in cui è convinto che gazzi stessi. Non sono io che ti dico com’è sia e che questa trasmissione è possibile il concetto che devi imparare, cerchiamo solo nell’unico modo in cui ha insegna- insieme, esploriamo il concetto ed elabo- to nella sua vita e che lo studente deve riamolo. Per cercare è necessario avere un imparare quel contenuto in quell’unico obiettivo verso il quale andare. E un obiet- modo possibile. Alla fine non c’è relazio- tivo concreto, pratico, il cui raggiungimen- ne, è un parlare senza tener conto delle to richiede di impiegare concetti astratti, è persone che si hanno davanti e la “bel- ottimo per motivare l’apprendimento. Se la lezione” non è nient’altro che un mo- dobbiamo costruire insieme una carta ge- nologo, magari ben costruito, ma che ografica avremo bisogno di capire e usare non ha nessuna relazione con le perso- concetti geometrici, geografici, naturalisti- ne che sono lì, davanti a lei o a lui, con le ci, storici e così via. Allo stesso modo per loro vite, le loro paure e speranze. L’in- i ragazzi saranno bisogni il capire e usa- segnante non insegna, lo studente non re altri concetti se dobbiamo costruire un impara ed entrambi vivono questa situa- astrolabio, una piscina, degli sci, dei tavo- zione come assurda e demotivante, ma li eccetera (tutte cose davvero realizzate a non vedono come uscirne. Barbiana). È l’insegnante che sa qual è il Don Milani è stata una figura carismati- punto di arrivo, ma sono gli studenti che ca. Ma la cosa interessante è proprio il cercano e trovano la strada, per compren- paradosso fra il suo carisma personale e dere e poi applicare i concetti appresi al il passo che lui ha fatto abbandonando fine di realizzare lo scopo pratico che ci la centralità della figura dell’insegnante. si è dati. L’insegnante si mette di lato, a Non era lui ad insegnare. A Barbiana gli servizio del gruppo, di ciascuno, preoccu- insegnanti erano tanti. I più grandi inse- pandosi che in quell’attività ciascuno pos- gnavano ai più piccoli. Chi sapeva una sa crescere. Digitalequotidiano: grandi sfide per grandi maestri di Daniele Barca Lavoro al Ministero dell’Istruzione dall’8 go dalla scuola e ho insegnato in diverse agosto del 2015, nell’ufficio innovazio- scuole, ho fatto anche il preside. So cosa ne digitale. Voi vi chiederete: cosa c’en- significa lavorare con i ragazzi della scuo- tra questo con i grandi maestri? Io ven- la di base. Considerato che mi occupo di 13
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente scuola digitale, volevo farvi vedere una algoritmo, come ragionamento. Quanti classe 2.0 che aveva come maestro Albino in classe, invece, lavorano solo sul libro? Bernardini, in un film di Vittorio De Seta del 1973, tratto da Diario di un maestro. Occorre fare anche molta attenzione: le tecnologie possono aumentare ancora di Quando abbiamo iniziato a pensare al Pia- più la passività delle lezioni. no Nazionale Scuola Digitale, l’idea era quella di provare a intercettare che cosa Devo parlare della storia e faccio un power poteva accadere nelle classi e che cosa il point! Passivo! digitale poteva dare in più alle cose che accadono quotidianamente. Il film mostra Il terzo aspetto è di educare ai media con una classe 2.0 perché c’è chi sa utilizzare i media. Ci troviamo, infatti, in mezzo a le tecnologie a disposizione in maniera at- ragazzi e ragazze che vivono in un mon- tiva: diagrammi, disegni… utilizzando la do orizzontale dove passato, futuro e pre- carta. Nella scuola dove ero io avevamo sente si trova tutto in uno smartphone. una grande lavagna magnetica. Questo aspetto dell’educazione ai media Il problema che ci siamo posti all’inizio caratterizza l’essere maestro digitale: dare della scrittura di questo documento è sta- una coscienza critica ai ragazzi. Quando to proprio questo: chiedersi cosa signifi- iniziai la mia carriera di insegnante, du- casse fare educazione nell’era digitale? rante l’anno di prova, si erano molto sof- fermati su cosa significava portare ai ra- Il vero problema è che noi non sappia- gazzi il senso critico, la coscienza critica. mo effettivamente cosa succede nelle Oggi, coscienza critica significa riuscire classi. Non lo so, non vi do certezze, ho ad essere con questi ragazzi! solo dubbi… Posso dotarle di tutti i pc e le attrezzature possibili, ma se non cam- Un’altra dimensione che non è affatto se- bia il modo di lavorare, non serve a nulla. condaria, è che purtroppo la scuola fun- Proviamo a ricreare un ambiente dove, se ge da supplente di tante altre cose e che serve, ho internet, se serve, ho degli stru- gran parte dei nostri studenti sono figli di menti, valorizzando la capacità di mettere quarantenni. I social sono terreno fertile insieme il manuale con il digitale. di battaglia dei quarantenni e cinquan- tenni. Io combatto, pur facendo questo Utilizzare il coding, ad esempio, come mestiere, combatto la battaglia persona- strumento che fa muovere la mia testa… le contro WhatsApp di classe, da quan- questa era l’idea. do ero preside. Di solito però mi chiedono quanti pc de- Vi invito in chiusura a leggere il Piano Na- vono mettere? zionale Scuola Digitale per poter così cre- are degli ambienti per la didattica digita- Invece la sfida vera è che la scuola possa le integrata mettendo insieme la carta, la costruire il suo progetto. Nel Piano Na- penna, il digitale eccetera e provando a zionale Scuola Digitale, nella parte de- costruire progetti. dicata alle competenze, sia dei docenti, Dobbiamo recuperare una capacità di pro- sia degli studenti, abbiamo indicato una gettazione didattica, questo, secondo me, strada abbastanza semplice per pensare è determinante! Oggi il sapere, direbbero alle tecnologie come nastro trasportatore. gli appassionati, è tutto un po’ mash-up, è alto e basso, spesso e volentieri ci con- Posso insegnare inglese e contestualmen- fondiamo. Noi dobbiamo perseguire l’i- te usare e far usare PowerPoint. Bisogna dea che i nostri ragazzi e le nostre ragazze valutare il pensiero del computer come debbano accedere al meglio del sapere. 14
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri Scuola è il mondo. La modernità del pensiero di Giuseppina Pizzigoni di Franca Zuccoli Confrontarsi direttamente con gli autori una pedagogista coeva di Maria Montes- (pedagogisti, didatti, maestri) che ci han- sori (1870-1952), meno nota nel panorama no preceduti, attingendo senza interme- nazionale e internazionale, eppure figura diazione ai loro scritti e non a commenti fondante di una nuova pratica educativa elaborati da autorevoli studiosi, non è mai e scolastica che ha messo a segno una se- una strada facile. A volte la prosa, la scrit- rie d’innovazioni e di cambiamenti propri tura un po’ antica, ammantata da un sa- di una scuola che voleva e doveva modi- pore retorico, che non ci appartiene più, ficarsi, trasformazioni che si possono tut- rischia di allontanarci dai nuclei fondan- tora cogliere diffusamente nelle pratiche ti che invece emergono a una lettura che a noi più contemporanee. Attualmente, non s’interrompe, che insiste nell’analisi, ispirata a questo metodo, riconosciuto an- che indaga il significato e lo pone in con- cora oggi dal MIUR allo stesso modo del nessione con le attuazioni concrete che metodo Montessori, abbiamo una sola questi “maestri” hanno compiuto. scuola a Milano, la Rinnovata, ai giorni no- Un esercizio iniziale è, dunque, quello del- stri Istituto Comprensivo Rinnovata Pizzi- lo scavo, della lettura e rilettura paziente goni1, mentre nel passato molte più scuo- e dopo questo primo passaggio finalmen- le, in tutta Italia (tra le regioni coinvolte: te accade il vero incontro, il potente tran- Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Sicilia, sito dai pensieri alla pratica, dalle asser- Valle d’Aosta, Veneto2) e all’estero, erano zioni alle realizzazioni, che diventa vitale state aperte ispirate alle istanze promos- proprio nel momento in cui si mettono se da questa pedagogista. In queste pa- queste parole a diretto contatto con le cre- gine ci si prefigge in particolare di parla- azioni che hanno preso forma. Questo av- re di Giuseppina Pizzigoni, non legandola viene, ad esempio, se riprendiamo le pa- però a un approccio conoscitivo più ge- gine di Giuseppina Pizzigoni (1870-1947), nerale, a cui si rimanda in nota per le va- a cui questo scritto è dedicato. Si tratta di rie possibilità di un approfondimento3, ma (1) L’Istituto Comprensivo “Rinnovata Pizzigoni” si trova a Milano, nella zona della Ghisolfa. È composto da tre plessi: la Rinnovata (scuo- la primaria), costruita nel 1927 dall’ingegner Emilio Valverti su indicazioni della stessa Giuseppina Pizzigoni, in via Castellino da Castel- lo, 10; la scuola primaria Dante, in via Mac Mahon, 100, che attualmente applica lo stesso metodo; la scuola secondaria di primo grado Giancarlo Puecher, situata in via Castellino da Castello, 9. (2) Pizzigoni G., Le mie lezioni ai maestri delle scuole elementari d’Italia, Ufficio Propaganda della “Rinnovata”, Milano, 1931, ristampato da La Scuola, Brescia, 1950, l’edizione utilizzata è quella del 1961, p.27. (3) Su questa pedagogista sono stati realizzati alcuni scritti, di questi si segnalano in particolare: Autori vari, Giuseppina Pizzigoni e la Rinnovata di Milano, Atti del convegno, Opera Pizzigoni, Milano, 2002; Chistolini S., L’asilo infantile di Giuseppina Pizzigoni. Bambino e scuola in una pedagogia femminile del Novecento, Franco Angeli, Milano, 2009; De Bartolomeis F., Giuseppina Pizzigoni e la “Rin- novata”, La Nuova Italia, Firenze, 1972; Romanini L., Giuseppina Pizzigoni e la prima realizzazione di una pedagogia scolare autosuf- 15
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente ponendola in connessione con tematiche nessione, permette di cogliere sia nelle af- attuali, quelle che potremmo definire come fermazioni, sia nelle biografia dei forti pun- i grandi argomenti dell’umanità pensati, ti di congiunzione. Per prima cosa bisogna però, in un’ottica prettamente sociale, le- sottolineare come si tratti sempre di per- gati, ad esempio, alla partecipazione, alla sone che hanno scelto volontariamente di sostenibilità, alla libertà. Per fare questo immergersi nell’azione, di non fermarsi mai si utilizzeranno brani tratti dai testi di que- a parole esclusivamente astratte, ma per sta pedagogista, per scoprire quanto, espli- le quali pratica e teoria si sono sempre ali- citamente o implicitamente, questi stessi mentate in un circuito virtuoso, verifican- contenuti avessero intessuto la sua opera dosi giorno dopo giorno e mettendole teorica e pratica. Prima di addentrarci nel- così costantemente alla prova. Ciascuno la proposta delle sue specifiche parole, è di loro è partito da quella che era la scuo- però necessario proporre una prima os- la dell’epoca, osservandola, operandovi, servazione, che deve essere estesa a tut- non condividendo le pratiche in uso, ma ti gli autori che sono stati citati nel conve- cercando di agire dall’interno, trasforman- gno dell’8 aprile 2016, intitolato L’eredità dola, rischiando in prima persona per ali- dei grandi maestri. Storie di un passato mentare questo cambiamento, ipotizzan- da riscoprire per rispondere alle sfide del do e mettendo in pratica un’idea diversa presente, che ha dato origine a questo li- del fare scuola, che prevedeva: un nuovo bro. Un primo dato evidente, ma che va coinvolgimento degli alunni, un rapporto portato ancora di più alla luce, è che tutti con le discipline e la cultura innovativo e questi maestri, didatti, pedagogisti, che democratico, una visione civile e politica hanno dedicato la loro opera alla scuola della società e dell’educazione. In questo e alla formazione umana più generale, le- caso si può ben utilizzare un termine, che gata a una chiave educativa, hanno sem- ai giorni nostri appare ormai così logora- pre avuto in mente una prospettiva socia- to, come quello che è la parola “politica”, le, un impegno e una visione che intesa però nella sua accezione originaria, travalicava gli steccati di una singola azio- cioè della “polis”, di una vita pubblica con- ne privata e locale, e che si spingeva ver- divisa e ispirata a principi di partecipazio- so un orizzonte ampio in cui i grandi temi ne. Va inoltre sottolineato, sfatando qual- del vivere comune risultavano prerequisi- siasi idea retorica o romantica, come ti essenziali, radicati in ogni proposta. Si ognuno di loro abbia dovuto, attuando i tratta di far emergere ciò che a un primo propri propositi e i progetti innovativi, sguardo rimane sotto traccia, evidenzian- scontrarsi costantemente con innumere- do i passaggi propositivi, lo sfondo intes- voli difficoltà, proseguendo tenacemente suto d’ipotesi sociali in cui l’inclusione, la nonostante le notevoli problematicità e partecipazione, la legalità e la libertà era- gli ostacoli incontrati percorrendo il pro- no e sono i muri portanti delle costruzio- prio cammino illuminato. Bisogna, in ag- ni attive poste in essere. Il loro tentativo è giunta, ricordare come queste capacità stato da sempre quello di sanare quella progettuali ostinate e vivifiche, siano sta- che appariva come una frattura irrepara- te realmente colte da chi li circondava, in bile tra l’universo della scuola e quello va- molti casi, solo a vita molto inoltrata o ter- riegato e irriducibile della vita. Conosce- minata. Non si è mai trattato di un’accet- re le loro vite, leggere i loro testi, tazione da subito incondizionata e positi- confrontandoli e ponendoli tra loro in con- va nei loro confronti. Questi percorsi ora ficiente, La Scuola, Brescia, 1958; Rossi Cassottana O., Giuseppina Pizzigoni. Oltre il metodo: la «teorizzazione nascosta», La Scuola, Bre- scia, 1988; Rossi Cassottana O., Giuseppina Pizzigoni e la “Rinnovata” di Milano. Tradizione e attualità per la scuola primaria, La Scuola, Brescia, 2004. Per quanto riguarda gli scritti della stessa autrice, a cui ci si è rifatti in modo sostanzioso per questo contributo, ecco i più consultati: Pizzigoni G., Il mio Asilo infantile, Stab. Tipo-Litogr. Cartotecnico Fed. Sacchetti & C., Milano, 1929 (cit. 1929a); Pizzigoni G., “Il Nido della Scuola Rinnovata”, in Milano, rivista del Comune di Milano, VIII, n. 11, novembre 1929 (cit. 1929b); Pizzigoni G. (1922), Linee Fondamentali e Programmi delle prime sei classi della Scuola Rinnovata “Giuseppina Pizzigoni”, Ufficio di Propaganda dell’Opera Pizzi- goni, Milano, 1934; Pizzigoni G., Il lavoro nelle cinque classi elementari della scuola Rinnovata di Milano, Opera Pizzigoni, Milano, 1940; Pizzigoni G. (1922), Linee fondamentali e programmi e altri scritti, La Scuola, Brescia, 1956; Pizzigoni G. (1931), Le mie lezioni ai maestri delle scuole elementari d’Italia, La Scuola, Brescia, 1961. Per ulteriori aggiornamenti, è possibile consultare i siti: www.operapizzigoni.it; www.scuolarinnovata.it. 16
Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente L’eredità dei grandi maestri visti come espressioni di successo indi- scuola media. Andare a Borgo era un’im- scusso, durante la stessa azione sono sta- presa. Chi ci s’era provato aveva speso ti spesso motivo di fatica, di dubbio, di un monte di soldi e poi era stato respin- delusione e d’incertezza per i loro prota- to come un cane. Ai miei poi la maestra gonisti. Proprio per i motivi qui sopra elen- aveva detto che non sprecassero soldi: cati, che ce li rendono così concreti, que- «Mandatelo nel campo. Non è adatto per sti “maestri” possono diventare studiare». Il babbo non rispose. Dentro elementi vivi di confronto costruttivo per di sé pensava: «Se si stesse di casa a Bar- i nuovi docenti, per quelli che attualmen- biana sarebbe adatto».5 Permettendoci te si misurano con le difficoltà del fare da queste riflessioni di transitare imme- educazione, immersi nella vita contem- diatamente verso un’idea diversa di scuo- poranea difficile, sfaccettata e comples- la, rispetto a quella che veniva attuata al- sa. Per fare questo è però necessario usa- lora in moltissime aule. Una scuola re una precisa accortezza, quella di non realmente democratica, perché agiva su- farli conoscere, né di presentarli come gli ostacoli posti sulla strada di questi al- “santini”, immagini raggelate e perfette, lievi non voluti, che ribaltava il concetto intoccabili e lontane, ma di proporli come di formazione, ribellandosi di fronte all’ac- colleghi esperti con cui confrontarsi e da cettazione incondizionata di una divisio- cui imparare modalità operative, prospet- ne sociale, elitaria e classista, che veniva tive culturali e sociali, oltre che costanza mantenuta e perpetuata senza voler ope- e spirito d’intraprendenza. Per rendere rare alcun tipo di modifica né moderata, concreta questa prima riflessione, appro- né radicale. Su questo stesso argomen- fondiamo lo sguardo, prendendo come to, legato alle discriminazioni e alle valu- esempi almeno due figure nel vasto pa- tazioni, s’inseriscono le parole dirette e norama che il convegno ha tracciato: quel- franche di Alberto Manzi, che nel carteg- la di Don Lorenzo Milani (1923-1967) e gio con la sua direzione didattica, che lo quella di Alberto Manzi (1924-1997), an- aveva accusato di omissione, cercava di che se questo lavoro potrebbe e dovreb- motivare il perché del suo rifiuto ad attri- be essere esteso a tutte le maestre e i buire i voti e a compilare le pagelle, come maestri coinvolti. Prendiamo, come esem- richiesto dall’istituzione scolastica e in pio, le loro considerazioni riferite, a una modo pressante dai suoi superiori6: Clas- tematica precisa: la valutazione richiesta sificare dando una votazione o un giudi- e imposta nella loro epoca, che li porta- zio di merito comparativo, a livello di scuo- rono, seppure con modalità differenti, ad la dell’obbligo, nel pieno sviluppo assumere posizioni decisamente “scomo- evolutivo, nel primo impatto e nel suc- de” e solitarie. Ecco le parole scritte da- cessivo adeguamento e nelle ricerche di gli allievi della scuola di Barbiana dedi- strutture per una vita associata “miglio- cate a una professoressa simbolica, re”, significa voler dimenticare che la scuo- emblema di tutti quegli insegnanti che li la è tale solo se insegna a pensare, solo avevano bocciati; affermazioni che ben se aiuta a immettersi con libertà nella so- illustrano il pensiero di Don Lorenzo: Cara cietà. […] Ora se si classifica, l’errore, l’in- signora4, lei di me non ricorderà nemme- completezza, suscita “terrore”, per cui si no il nome. Ne ha bocciati tanti. Io inve- tende ad evitare la causa del terrore co- ce ho ripensato spesso a lei, ai suoi col- piando, imparando a memoria definizio- leghi, a quell’istituzione che chiamate ni fatte da altri, ecc. Classificare, pertan- scuola, ai ragazzi che “respingete”. Ci re- to, significa obbligare ad accettare spingete nei campi e nelle fabbriche e ci definizioni stabilite, impedire il ragiona- dimenticate. […] Finite le elementari ave- mento, rendere tutti simili al modello pre- vo diritto a altri tre anni di scuola. Anzi la fisso, significa educare alla menzogna e Costituzione dice che avevo l’obbligo di alla falsità. Classificare significa ancora andarci. Ma a Vicchio non c’era anche la educare alla divisione classista (bravi, più (4) La scelta di scrivere come se si fosse trattato di un solo allievo era stata fatta dai giovani scrittori per essere più incisivi. (5) Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1967, pp.9-11. (6) Proprio su questa vicenda, cominciata nel 1974 con il protrarsi del rifiuto motivato di Alberto Manzi, si arrivò, nel 1981, a una sanzione di- sciplinare che lo allontanò dall’insegnamento per due mesi, oltre ad infliggergli altre e numerose punizioni. 17
L’eredità dei grandi maestri Storie di un passato da riscoprire per rispondere alle sfide del presente bravi, meno bravi, ecc.) significa selezio- sperienza fatta dal ragazzo, proprio per il nare, distruggere la personalità.7 suo apprendere.11 Ciò che questi episodi e scritti ci mostra- Per entrare ancora più in sintonia con il no è un portato ideale e sociale che for- suo pensiero è opportuno utilizzare la fra- temente connota queste figure, trovando se, ancora incisa nell’ingresso della scuo- assonanze nelle loro azioni, come pure nel- la, che riuscì con innumerevoli sforzi a far le proposte concepite. Ritornando dopo edificare, che volle lei stessa come pietra questo affondo, che voleva essere esclu- miliare, per indicare da subito, a coloro sivamente esemplificativo, a Giuseppina che entravano nell’edificio, i suoi inten- Pizzigoni, possiamo continuare questa ti. Scopo il vero. Tempio la natura. Meto- breve indagine anche con lei, rintraccian- do l’esperienza. Nei tre singoli enuncia- do nei suoi scritti quelle caratteristiche ti la pedagogista riesce a concentrare, che la accomunano a queste personalità infatti, gli elementi essenziali dell’ipote- di educatori. Il primo punto che può esse- si costitutiva di questo metodo. Ma que- re affrontato è quello della propensione sta modalità di esprimersi con brevi fra- verso la pratica, che affiora nei suoi testi a si la troviamo ancora altrove, nei testi. più riprese: Io sono nata per fare più che Espressioni mirate a illustrare altri pun- parlare. […] La sola parola mi fa l’effetto ti fondanti del suo pensiero: Scuola è il di un materiale d’esposizione avulso dal mondo. Maestro è ogni fatto naturale e suo ambiente: è cosa morta.8 Giungendo ogni uomo. Non si insegni: si sperimenti. fino a una dichiarazione che ci fa compren- Il primo punto fondante risulta, dunque, dere come preferisse dar forma concreta il contatto con il mondo esterno, ribal- al suo progetto ideale, piuttosto che ar- tando l’idea di una scuola che lavorasse restarsi a un ipotetico scritto, scegliendo esclusivamente su una formalizzazione così la strada più dura, quella della messa del sapere distaccata dal mondo. Come alla prova: Avrei, è vero, potuto scrivere in ci ricorda Olson: La scuola rende forma- un volume le mie idee: ho preferito fare lizzata gran parte dell’esperienza di un una scuola, sicura che il fatto compiuto bambino. Forse per ragioni di economia e imponente sarebbe stato più persuasi- e di efficienza, la scuola ha deciso un in- vo che non le parole.9 La sua scommessa, segnamento estraniato dal contesto rea- dopo aver lavorato per alcuni anni all’in- lizzato attraverso strumenti che sono pre- terno delle scuole tradizionali, non sop- valentemente simbolici.12 Al contrario di portando quel tipo di insegnamento, fu questa maniera di fare scuola propria di quella di innovare la scuola, realizzando- quell’epoca, per Pizzigoni la ricerca co- ne una, dapprima in un piccolo padiglio- stante di una potente connessione con il ne, per poi costruire, lottando per questo mondo diviene, invece, il cardine del suo strenuamente, un vero edificio. metodo. Questa relazione diretta con il Sul padiglioncino döcker sperduto tra i mondo è il pilastro fondante di un rap- campi e gli orti operai della Ghisolfa fi- porto costante tra scuola e realtà esterna, gurava, nel 1911, una targa con l’indi- in cui la “proprietà” culturale non rima- cazione della scuola che il padiglionci- ne più racchiusa nelle mani dei docenti, no ospitava: Scuola Rinnovata secondo il o degli esperti che stendono i programmi metodo sperimentale. […] Per me signi- scolastici, ma è condivisa con tutti gli uo- ficava scuola di realtà e non di parole, si- mini e le donne che operano attivamente gnificava riforma del modo di fare scuola, nella società, possedendo conoscenze e con l’instaurazione della maniera natura- competenze. Il nuovo compito del mae- le di apprendimento10, quella cioè dell’e- stro diviene allora quello di predisporre (7) Farné R., Alberto Manzi. L’avventura di un maestro, Bonomia University Press, Bologna, 2011, p.56. (8) Pizzigoni G., La Scuola Rinnovata secondo il metodo sperimentale, in una esposizione della fondatrice Giuseppina Pizzigoni, in “Scuo- la Italiana Moderna”, XXXV, n.27, 8 maggio 1926, p.202. (9) Pizzigoni G. (1931), Le mie lezioni ai maestri delle scuole elementari d’Italia, La Scuola, Brescia, 1961, p.26. (10) Le parole sono evidenziate con un carattere differente anche nel testo. (11) Pizzigoni G. (1931), op. cit., 1961, p.44. (12) Olson D. R., Media and Symbols: The Form of Expression, Communication and Education, Chicago, 73rd Yearbook of the National Society for the Study of Education, University of Chicago Press, 1974 (trad. it di Linguaggi, media e processi educativi, Torino, Loescher, 1985, p.105). 18
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