Social Housing L'edilizia sociale tra buone prassi e modello di sviluppo locale - ING. ARIANNA CHIARA

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Social Housing L'edilizia sociale tra buone prassi e modello di sviluppo locale - ING. ARIANNA CHIARA
Social Housing
L’edilizia sociale tra buone prassi e
modello di sviluppo locale

     ING. ARIANNA CHIARA

     GENNAIO 2016
Social Housing L'edilizia sociale tra buone prassi e modello di sviluppo locale - ING. ARIANNA CHIARA
Introduzione

      L’edilizia è certamente uno dei più importante driver dell’economia italiana e di quella meridionale

in particolare.

      Negli ultimi 10 – 15 anni il mercato immobiliare ha avuto un fatturato complessivo maggiore di

quello della industria manifatturiera, anche a causa della sempre crescente finanziarizzazione del setto-

re immobiliare (basti pensare al fenomeno, negativo, dei mutui sub prime).

      Nello stesso periodo è pure mutato il fabbisogno abitativo sia dal punto di vista quantitativo, con

la riduzione delle superfici, conseguenza della riduzione del nucleo abitativo (famiglie con un solo figlio

o famiglie mononucleari cioè formate da una sola persona, ad esempio a seguito di separazione o divor-

zio); sia dal punto di vista qualitativo, con la definizione di nuovi modelli abitativi conseguenti ad esem-

pio all’invecchiamento della popolazione.

      Inoltre, la definizione dei bisogni abitativi deve adesso confrontarsi pure con i sempre crescenti

fenomeni migratori.

      Infine, il mercato immobiliare deve fare i conti con i mutamenti del mercato del lavoro, e quindi

con la difficoltà crescente soprattutto per i giovani di accedere ai mutui. Senza dimenticare la rinnovata

attenzione per l’efficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale.

      Su queste premesse il legislatore italiano, ispirato anche delle esperienze di altri Paese principal-

mente del nord Europa, nel 2008, con l’art. 11 del D.L. 112/2008 (c.d. Piano Casa) ha cominciato ad oc-

cuparsi di copertura del fabbisogno abitativo in modo diverso rispetto al passato introducendo il con-

cetto di “edilizia sociale” per l’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso

l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica

e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinate

prioritariamente a prima casa per: a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monored-

dito; b) giovani coppie a basso reddito; c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; d)

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studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; f) altri soggetti in possesso

dei requisiti di cui all’ articolo 1 della legge 8 febbraio 2007, n. 9; g) immigrati regolari a basso reddito,

residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima re-

gione.

      Per tale scopo veniva prevista la costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e

all’incremento dell’offerta abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi

e con la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati, articolati anche in un sistema integrato nazio-

nale e locale, per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale; e la realizzazio-

ne di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale sociale.

      Quindi con il D.P.C.M. 16 luglio 2009 vengono definite tre linee di intervento per il social housing:

1) sistema integrato di fondi; 2) forme di partenariato pubblico privato (PPP); 3) programmi integrati di

promozione di edilizia residenziale.

      Successivamente il legislatore è intervenuto con il D.L. n. 47/2014 (c.d. decreto Lupi), contenente

misure dal valore di circa 1,8 miliardi di euro e rivolgendo particolare attenzione allo sviluppo

dell’edilizia residenziale sociale, con la previsione di agevolazioni e detrazioni fiscali per gli alloggi so-

ciali in locazione, consentendo il riscatto, con alcuni vantaggi, degli alloggi sociali da parte degli inquili-

ni al termine della locazione per il periodo di sette anni.

      Ma la novità più importante di questo secondo intervento legislativo è stata la previsione, per au-

mentare l’offerta di alloggi di edilizia residenziale sociale, di attivare una serie di interventi, anche in de-

roga agli strumenti urbanistici vigenti, quali ristrutturazioni, sostituzioni, variazione di destinazione

d’uso, che possono in parte usufruire di uno stanziamento pari a 100 milioni di euro. Inoltre, si è con-

sentita la cessione o il conferimento ai fondi immobiliari di immobili residenziali (ultimati o in corso

d’opera) realizzati da soggetti pubblici e privati con il concorso di un contributo

pubblico, e destinati a contribuire all’aumento dell’offerta di alloggi sociali.

      Complessivamente il programma prevede oltre 3 miliardi di investimenti, provenienti da Cassa

DD.PP. regioni, Iacp, fondi immobiliari, imprese e dagli stakeholder locali (es. fondazioni bancarie, co-

muni, enti religiosi, ecc.) sensibili alle positive ricadute di tali interventi sui propri territori di riferimento.

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Anche la regione siciliana è intervenuta, con la L.R. 3 gennaio 2012 n. 1, in materia di social hou-

sing prevedendo la costituzione di un fondo immobiliare e mettendo a disposizione risorse finanziare al

fine di realizzare alloggi sociali.

        Il legislatore siciliano è intervenuto essenzialmente su tre linee: 1) il partenariato pubblico-privato

come strumento privilegiato di attuazione degli interventi; 2) i Comuni come interlocutori principali e

selezionatori degli interventi sul proprio territorio tramite bandi di gara a procedura aperta; 3) il fondo

immobiliare regionale come finanziatore delle attività meritevoli pervenute dal territorio.

        A seguito dell’avviso di manifestazione di interesse con D. Ass. 15 giugno 2015 la regione ha se-

lezionato il Fondo Esperia di Fabrica SGR per gestire il Fondo immobiliare Assi della Regione Siciliana

per realizzare iniziative di edilizia sociale che dovrà mettere risorse per 30 milioni di euro in aggiunta ai

30 già stanziati dalla Regione.

        Le opportunità che a questo punto si aprono per i comuni e per le imprese del settore edilizio so-

no veramente notevoli.

        Per queste ragioni lo Studio Bisconti Merendino, focalizzato nel settore del diritto dell’economia,

ha realizzato con Arianna Chiara, giovane ingegnere che si occupa di social housing, questo paper come

strumento di conoscenza di una delle maggiori occasioni di investimento e sviluppo locale degli ultimi

anni.

                                                              Pietro Bisconti

                                                              Bisconti Merendino Studio Legale

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Che cosa è il Social Housing

       L’housing sociale, o social housing, è una forma di edilizia pensata per chi non può acquistare la

prima casa o non riesce a sostenere il costo di un affitto a libero mercato ma, nello stesso tempo, non

possiede tutti i requisiti necessari per accedere alle graduatorie per l'assegnazione dell'edilizia residen-

ziale pubblica. La sua definizione, secondo il Comitato di coordinamento europeo per il social housing

(CECODHAS), è quella di “un insieme di alloggi e servizi, di azioni e strumenti per un'utenza che non rie-

sce a soddisfare il proprio fabbisogno abitativo sul mercato, per regioni economiche o per assenza di

un'offerta adeguata; un insieme che favorisca la formazione di un contesto abitativo e sociale dignitoso,

al fine di rafforzare la propria condizione abitativa e sociale”.In Italia la definizione di alloggio sociale è

stata introdotta per la prima volta con il Decreto Legge del 22 aprile 2008 che “definisce “alloggio socia-

le” l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di in-

teresse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e

nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mer-

cato. L'alloggio sociale si configura come elemento essenziale del sistema di edilizia residenziale sociale

costituito dall'insieme dei servizi abitativi finalizzati al soddisfacimento delle esigenze primarie.”

       Il social housing si rivolge soprattutto Persone in condizioni economiche svantaggiate, troppo po-

veri per un’abitazione di mercato, troppo ricchi per case di enti pubblici e quindi a:

   •    Studenti fuori sede

   •    Giovani coppie

   •    Anziani

   •    Famiglie mono-reddito

con questi obiettivi:

   •    Rimediare alla disuguaglianza abitativa;

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•    Combattere l'esclusione sociale e sostenere il mix sociale;

   •    Rappresentare una possibilità per migliore l'integrazione sociale e la convivenza umana;

   •    Perseguire l'efficienza produttiva, affinché la qualità delle costruzioni nuove e di quelle ristruttu-

        rate sia la più elevata possibile;

   •    Disporre di un'offerta flessibile, in grado di rispondere rapidamente ad un aumento della do-

        manda;

   •    Coniugare sostenibilità sociale ed economica;

   •    Contribuire al risparmio energetico;

   •    Promuovere una nuova concezione di "casa" e offrire maggior equità nella distribuzione di questi

        alloggi sociali;

   •    Stimolare la crescita economica ed il mercato immobiliare in questi anni in crisi profonda.

       Il grado di utilizzo dello spazio pubblico è la principale misura della sua qualità. In un intervento

di housing sociale gli spazi pubblici dell’intervento acquisiscono particolare importanza perché rappre-

sentano il terreno di scambio, sia fisico che simbolico, tra il nuovo insediamento e la comunità esistente.

Il progetto urbano deve prevedere:

   •    Disegno dello spazio non costruito;

   •    Mix funzionale per un contesto sicuro;

   •    Viabilità , traffico pedonale e definizione dei percorsi;

   •    Sistema commerciale in relazione agli spazi pubblici;

   •    Servizi integrati al contesto

       Il social housing si sta imponendo all’attenzione dell’opinione pubblica come un valido strumento

di supporto ai giovani e alle famiglie, stimolo del mercato immobiliare e aiuto agli enti pubblici per re-

cuperare o salvaguardare il patrimonio immobiliare.

L’edilizia sociale in Europa risulta ampiamente consolidata nell’esperienza dell’assegnazione tempora-

nea di abitazioni o di “affitto sociale”. I Paesi con un patrimonio abitativo destinato all’affitto sociale su-

periore alla media della EU28 sono concentrati nel Centro-Nord Europa. I criteri di selezione dei benefi-

ciari sono fondamentalmente di due tipi:

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1. il modello “targeted”, diffuso in Olanda e in alcuni paesi del Nord Europa, che presuppone

       l’individuazione di specifici obiettivi e una propensione a fondarsi sulla capacità del mercato,

       ammettendo la necessità dell’intervento pubblico per garantire l’accesso all’abitazione ai nuclei

       familiari esclusi;

   2. il modello “universalistico”, diffuso nella maggior parte dei Paesi Europei, che si fonda sul princi-

       pio della responsabilità del soggetto pubblico di garantire un’abitazione dignitosa a prezzi ac-

       cessibili a chiunque.

      In Italia l’attuale mercato dell’alloggio è legato quasi esclusivamente alla vendita: circa i due terzi

degli italiani sono proprietari di una casa. La restante quota di abitazioni è destinata ad un mercato af-

fittuario legato a leggi di libero mercato, i cui valori di affitto possono essere paragonati a rate mutuali a

discapito delle fasce di utenza più svantaggiate. Solo una piccola ed insignificante quota di alloggi, è

destinata oggi al mercato “sociale” dell’abitazione.

      In Italia il modello del social housing stenta ad espandersi, soprattutto se si guarda ai Paesi

d’Oltralpe, dove esso rappresenta circa il 20% del mercato residenziale. Poche le fondazioni private im-

pegnate nel settore, quasi assente finora il Pubblico per un sostanziale disinteresse della politica. Re-

centemente però il Presidente del Consiglio Renzi ha individuato nell’ housing sociale “il comparto fon-

damentale per porre rimedio alla necessità abitativa dei giovani italiani”.

      La crescita di attenzione verso questa realtà ha portato alla realizzazione di un portale

(www.housing-sociale.it) finalizzato al monitoraggio del fenomeno housing sociale nel territorio nazio-

nale. Decine sono i progetti attivi come “Vivo al Venti” a Torino, “Opificiventidue” a Cremona, “Parma So-

cial House”, “Residenza Doria” a Genova, “Vicolo Mandria” a Bologna, “Civitas Vitae” a Pesaro, “Nutrir-

si…di Libertà” a Messina con cui sono stati costruiti 14 alloggi utilizzando pannelli di paglia pressata

raccolta nei terreni confiscati alla mafia e gestiti dall’Associazione Libera.

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Dall’ERP (Edilizia Residenziale
Pubblica) all’ERS (Edilizia Resi-
denziale Sociale)

        Oggi è possibile individuare tre grandi modelli concettuali di edilizia residenziale: pubblica (la

vecchia edilizia residenziale pubblica, Erp, in affitto), privata libera (singoli appartamenti in uso diretto

o in affitto, di piccoli proprietari) e privata sociale (case in affitto per gli studenti, alberghi sociali e co-

housing).

        L’Edilizia Residenziale pubblica (ERP) è quella realizzata, direttamente o indirettamente, dallo Sta-

to, per la creazione, a costi ridotti, di abitazioni da assegnare, a condizioni economiche particolarmente

favorevoli, a cittadini con redditi bassi o che si trovino in condizioni economiche disagiate. Essa si può

distinguere in:

    •    edilizia residenziale pubblica sovvenzionata che viene realizzata da soggetti pubblici (IACP) per

          la creazione a costi ridotti di abitazioni da assegnare a cittadini con redditi bassi o che si trovi-

          no in condizioni economiche disagiate. Una volta che vengono individuate le aree necessarie al-

          la costruzione delle abitazioni, il Comune ne effettua l’acquisto, andando addirittura a compiere

          eventuali espropri nel caso di mancata concessione da parte del proprietario dell’area stessa;

    •    edilizia residenziale pubblica convenzionata che viene realizzata da imprese di costruzioni o

          cooperative previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di con-

          cessioni da parte dell’Amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione delle aree su cui

          edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti

          l’urbanizzazione del comparto e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla

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quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realiz-

     zati. Per poter usufruire di queste agevolazioni esistono però delle condizioni da dover rispet-

     tare, che riguardano l’acquirente. In particolare esso non deve possedere un altro appartamen-

     to all’interno del territorio comunale, deve essere residente o domiciliato nel Comune, deve es-

     sere un cittadino italiano, della Comunità Europea, o possedere un permesso di soggiorno vali-

     do. Una volta che l’agevolazione è stata approvata l’acquirente non potrà vendere o affittare

     l’abitazione per un periodo di 5 anni;

•    edilizia residenziale pubblica agevolata che riguarda la realizzazione di alloggi da destinare a

     prima casa . Lo Stato interviene erogando dei contributi, concessi proporzionalmente al reddito

     della famiglia richiedente, che possono essere a fondo perduto o in conto interessi. Lo Stato, in

     poche parole, permette alla famiglia l’apertura di un mutuo di tipo agevolato, prendendosi cari-

     co di una parte degli interessi. Per questo tipo di intervento sono le stesse imprese di costru-

     zione che si rivolgono agli enti territoriali o alle Regioni, per poter ottenere i finanziamenti ne-

     cessari. Oltre al reddito determinato dalle norme inerenti, le famiglie che vogliono accedere

     all’acquisto di immobili in edilizia agevolata dovranno dimostrare di non avere già beneficiato di

     altri alloggi convenzionati, di non possedere altre abitazioni nella provincia o in uno dei comuni

     confinanti al territorio dove sorgono gli immobili in convenzione ed essere residenti nella stessa

     regione. Inoltre, il soggetto in questione non potrà affittare o vendere il bene acquistato entro i

     primi 5 anni; in caso di affitto o vendita successiva al periodo stabilito, egli dovrà comunque ri-

     spettarne il prezzo o il canone vincolati al momento dell’acquisto. Tale vincolo dura di norma

     venti anni a partire dalla data in cui si è effettuata la convenzione.

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Di edilizia residenziale sociale (ERS), come campo di intervento distinto dall’edilizia residenziale

pubblica, si parla dal 2006, accomunando in questa dizione le diverse esperienze promosse dai comuni

delle principali città italiane che, pressati dalla domanda sociale ed in assenza di risorse nazionali, han-

no sperimentato nuove procedure per sostenere l’offerta di alloggi in affitto, al di fuori del solco trac-

ciato dalla legge 167/62.

       L’edilizia residenziale sociale si distingue dall’edilizia residenziale pubblica perché:

   •    non si basa necessariamente sull’esproprio delle aree, ma usa invece principalmente le aree ac-

        quisite consensualmente attraverso la perequazione, ovvero aree già pubbliche disponibili per la

        trasformazione urbanistica;

   •    corollario contenutistico di questa differenza procedurale è anche la tendenza dell’ERS ad inse-

        rirsi come una componente all’interno di trasformazioni urbanistiche non specializzate; a sosti-

        tuire perciò il modello dei quartieri interamente costituiti da ERP con residenze sociali integrate

        all’interno di tessuti socialmente misti;

   •    è finalizzata a produrre alloggi in affitto, non solo a canone sociale, ma su una vasta gamma di

        articolazioni del canone, proprio perché il problema dell’affitto ormai non tocca più solo le fasce

        sociali più deboli;

   •    cerca di coinvolgere risorse private nell’investimento immobiliare remunerato con i rendimenti

        da affitto, sostenendo la nascita di nuovi soggetti economici ed etici attraverso nuove opportu-

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nità di rapporto pubblico/privato: l’offerta di suoli o di diritti urbanistici pubblici; l’impegno del

       comune come garante del pagamento dei canoni; la possibilità di realizzare una quota di alloggi

       per la vendita ad integrazione dell’intervento di realizzazione degli alloggi in locazione.

      Questi caratteri ci fanno percepire l’edilizia residenziale sociale come un’attività che solo in parte

si sovrappone all’edilizia residenziale pubblica: in particolare essa può comprendere l’edilizia sovven-

zionata e la cooperazione a proprietà indivisa, ma include anche l’iniziativa delle fondazioni

dell’housing sociale; appare invece marginale, al suo interno, l’edilizia convenzionata ed agevolata

orientata alla vendita.

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Il Social Housing in Italia. Poten-
zialità e prime esperienze

      Il social housing è un programma integrato di interventi che comprende l’offerta di alloggi, servi-

zi, azioni e strumenti rivolti a coloro che non riescono a soddisfare sul mercato il proprio bisogno abi-

tativo, per ragioni economiche o per l’assenza di un’offerta adeguata. La finalità è quella di migliorare e

rafforzare le condizioni abitative di queste persone, attraverso la formazione di un contesto residenzia-

le di qualità all’interno del quale sia possibile non solo accedere a un alloggio a canone calmierato, ma

partecipare attivamente alla sperimentazione di nuove, o rinnovate, forme dell’abitare. Modelli abitativi

nei quali gli inquilini sono chiamati alla costruzione di una comunità sostenibile. L’housing sociale, così

come definito dalla responsabile dell’Area Progettazione e Sviluppo FHS (Fondazione Housing Sociale),

sembra essere la risposta concreta al problema di accesso al bene casa. Da un primo inquadramento,

basato su una ricostruzione storica dei prezzi delle abitazioni (in vendita e in affitto) e sulla storia delle

compravendite e locazioni in funzione ai redditi delle famiglie e alla loro capacità di spesa, risulta che

lo schema valido per quasi 50 anni si inverte a partire dal 2005 quando i prezzi delle case superano i

redditi delle famiglie erodendo pesantemente la capacità di accesso all’abitazione. In Italia il tema del

fabbisogno abitativo torna al centro dell’agenda politica e, nell’attuale contesto di scarsità delle risorse

finanziarie   pubbliche,    l’applicazione   dell’approccio   di   Partecipazione   Pubblico-Privato   appare

un’opportunità da cogliere mantenendo l’equilibrio dei progetti in un’ottica di limitazione dei profitti

(limited profit housing). Parallelamente il modello di social housing risponde ad una crescente domanda

di alloggi temporanei per la popolazione in mobilità e per le nuove formazioni famigliari ristrette o al-

largate in funzione dei momenti della vita individuale, tramite schemi modulari di abitazioni diversifica-

te ed economicamente accessibili anche a fasce sociali con redditi limitati. Questo nuovo modello di

abitare prevede la riprogettazione di intere porzioni di territorio a dimensione sociale e pone l’aspetto

energetico e ambientale al centro della costruzione e/o riqualificazione edilizia. In un intervento di

housing sociale, la progettazione architettonica diviene parte di un processo articolato che si estende

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alla gestione degli alloggi e al presidio della vita della comunità e dei suoi servizi. Le esperienze di so-

cial housing mostrano la necessità di superare l’approccio tradizionale degli interventi di edilizia resi-

denziale pubblica, che in genere non considerano gli aspetti di tipo sociale e gestionale, pianificando

un’attività di accompagnamento che diventi parte integrante e necessaria alla realizzazione di alloggi

sociali. Lo scenario delle nuove politiche di housing sociale inizia a configurarsi con il Piano nazionale

di edilizia abitativa, altrimenti noto come Piano Casa 1, che viene elaborato tra 2007 e 2008 e si pone il

triplice obiettivo di sostenere le imprese di costruzioni, far ripartire il credito e gli investimenti con ga-

ranzie pubbliche e attivare risorse economiche immobilizzate in patrimonio pubblico. Lo sviluppo e

l’attuazione del Piano, introdotto attraverso il D.P.C.M. n.191 del 16 luglio 2009, subisce numerosi ral-

lentamenti nonché la parziale revisione dei contenuti e a maggio del 2011, con più di un anno di ritar-

do, si raggiunge l’accordo tra Stato e Regioni. L’articolo 1, comma 1, lettera a del D.P.C.M. prevede “la

costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari (o SIF) per l’acquisizione e la

realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero la promozione di strumenti finanziari inno-

vativi, per la partecipazione di soggetti pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l’incremento

dell’offerta abitativa in locazione” e l’art. 11, comma 2 dice che “i fondi immobiliari dovranno essere

dedicati allo sviluppo di una rete di fondi o altri strumenti finanziari che contribuiscano ad incrementa-

re la dotazione di alloggi sociali ”. Un importante aspetto di differenziazione delle forme di social hou-

sing introdotte e sollecitate dal “Piano Casa”, rispetto alle politiche abitative precedenti, concerne la

proprietà degli immobili residenziali. Nelle configurazioni caratterizzate da un maggiore coinvolgimen-

to pubblico all’interno dell’ERP e nei programmi integrati di promozione di edilizia residenziale, una

volta terminato il periodo di gestione, funzionale al rientro dell’investimento, l’operatore privato, qua-

lora l’accordo convenzionale lo preveda, trasferisce la proprietà e la piena disponibilità degli immobili

all’Ente pubblico di riferimento. Nei casi in cui, invece, si opti per fondi immobiliari o per alcune forme

di PPP, la proprietà degli immobili resta nella disponibilità del fondo o della Società Veicolo all’uopo co-

stituita. Questa circostanza, peraltro, pone la questione relativa alla destinazione degli immobili di pro-

prietà dei fondi immobiliari una volta che questi ultimi si avvicinino alla cessazione dell’attività.

      A marzo 2010 la Banca d’Italia approva il regolamento del FIA, un fondo immobiliare della durata

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di 30 anni, riservato ad investitori qualificati con la finalità di incrementare sul territorio italiano

l’offerta di alloggi sociali a supporto ed integrazione delle politiche di settore dello Stato e degli enti lo-

cali. Questo fondo investe su fondi immobiliari e iniziative su base locale che contribuiscono ad incre-

mentare la realizzazione di alloggi sociali in affitto a canone calmierato e in vendita a prezzi conven-

zionati. Oggi molte delle iniziative volte alla costituzione di fondi immobiliari destinati all’housing so-

ciale si stanno concretizzando. Gli elementi necessari per attivare un progetto di social housing sono: la

domanda abitativa; la disponibilità di aree o immobili idonei per realizzare gli interventi; le capacità im-

prenditoriali pubbliche e private (PPP) per predisporre progetti di qualità (Immobiliare, Sociale, Finan-

ziaria e Gestionale) e le disponibilità di investitori locali. Per dare nuova linfa al mercato immobiliare,

ancora stretto nella morsa della crisi economica, il Governo ha adottato una serie di misure, oggi con-

tenute nel D.L. n. 47/2014 (c.d. decreto Lupi), che riguardano l’adozione di un piano che interviene su

più fronti dell’edilizia residenziale nell’ottica di sostenere e rilanciare l’affitto, incrementare l’offerta di

ERP e agevolare lo sviluppo del social housing. Sul fronte dell’edilizia residenziale pubblica, il Legislato-

re punta sia al miglioramento degli alloggi esistenti, tramite un apposito Programma di recupero e ra-

zionalizzazione, sia all’alienazione agli attuali conduttori con l’utilizzo dei relativi proventi per la realiz-

zazione di nuovi alloggi popolari. Il Legislatore nazionale ha, infine, posto l’accento sullo sviluppo

dell’edilizia residenziale sociale, anzitutto prevedendo agevolazioni e detrazioni fiscali in relazione agli

alloggi sociali in locazione. Si stabilisce, inoltre, la facoltà di riscattare gli alloggi sociali da parte degli

inquilini al termine della locazione settennale, con la previsione di alcuni vantaggi per l’acquisto

dell’abitazione locata. Al fine di incrementare l’offerta di alloggi di edilizia residenziale sociale, il Legi-

slatore prevede, infine, la possibilità di attivare una serie di interventi, anche in deroga agli strumenti

urbanistici vigenti, quali ristrutturazioni, sostituzioni, variazione di destinazione d’uso, che possono in

parte usufruire di uno stanziamento pari a 100 milioni di euro. Inoltre, il Legislatore consente, anche in

deroga alle relative norme di finanziamento, la cessione o il conferimento ai fondi immobiliari di immo-

bili residenziali (ultimati o in corso d’opera) realizzati da soggetti pubblici e privati con il concorso di

un contributo pubblico, e destinati a contribuire all’aumento dell’offerta di alloggi sociali. Alle recenti

misure normative del decreto sull’emergenza abitativa, si affiancano gli strumenti approntati dalla Cas-

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sa depositi e prestiti, che destina complessivi 5 miliardi di euro per il settore immobiliare residenziale,

nell’ambito dei nuovi programmi a sostegno dell’economia. In particolare, CDP interviene con il Plafond

Casa per favorire l’accesso ai mutui da parte di soggetti privati per l’acquisto e la ristrutturazione con

efficientamento energetico di immobili residenziali, mettendo a disposizione 2 miliardi di euro di prov-

vista per gli Istituti di credito.

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Il SIF (Sistema Integrato di Fondi)
e gli investitori istituzionali nel
settore del social housing

        L’articolo 1, comma 1, lettera a del D.P.C.M. prevede “la costituzione di un sistema integrato na-

zionale e locale di fondi immobiliari (o SIF) per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia

residenziale ovvero la promozione di strumenti finanziari innovativi, per la partecipazione di soggetti

pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione”. All’art. 11,

comma 2 il D.P.C.M. dice che “i fondi immobiliari dovranno essere dedicati allo sviluppo di una rete di

fondi o altri strumenti finanziari che contribuiscano ad incrementare la dotazione di alloggi sociali” co-

me definiti nel D.M. 22 aprile 2008. Gli elementi cardine del regolamento per i fondi nazionali

nell’ambito del Sif secondo quanto individuato dal D.P.C.M. (articolo 11, comma 4) sono:

    • dimensione obiettivo pari a 3 miliardi di euro ed ammontare minimo di 1 miliardo di euro;

    • durata non inferiore a 25 anni;

    • rendimento obiettivo comparabile con quello di strumenti finanziari comparabili presenti sul

          mercato;

    • adeguata diversificazione territoriale degli investimenti;

    • composizione degli organi del fondo tale da garantire un’adeguata rappresentatività agli investi-

          tori;

    •     criteri di partecipazione agli investimenti locali, acquisendo partecipazioni di minoranza fino ad

          un limite massimo del 40% (innalzato nei primi mesi del 2013 al limite massimo dell’80%);

    • previsione della possibilità di investire fino ad un massimo del 10% del proprio ammontare sot-

          toscritto in iniziative locali in deroga al limite massimo del 40% sopra indicato, nel rispetto de-

          gli altri criteri indicati ed in particolare del rendimento obiettivo del fondo.

        Lo schema del SIF presentato dalla Cassa Depositi e Prestiti già nel 2008 individua tutti i parteci-

panti e determina alcune quantità. Il Fondo Nazionale ammonta a oltre 2 miliardi di euro, di cui 1 mi-

liardo investito da CDP, 140 milioni dal MIT e 888 milioni da altri investitori privati. Si ripercorrono di

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seguito le principali tappe della costruzione del SIF. Nel febbraio 2009 Cassa Depositi e Prestiti, unita-

mente all’Associazione delle Fondazioni Bancarie (ACRI) e all’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ha co-

stituito “CDP Investimenti Sgr SpA”, società di gestione del risparmio che promuove e gestisce il “Fondo

Investimenti per l’Abitare” (FIA). Il capitale sociale di Cdpi SGR, pari a 2 milioni di euro, è detenuto da

Cassa Depositi e Prestiti per una quota di maggioranza del 70% e dall’ACRI e dall’ABI per una quota del

15% ciascuna. La CDPI Sgr viene autorizzata alla prestazione del servizio di gestione collettiva del ri-

sparmio da parte della Banca d’Italia a gennaio 2010, e viene iscritta nell’albo delle società di gestione

del risparmio. La CDPI Sgr ha l’obiettivo di attivare fondi comuni di investimento immobiliare destinati

all’incremento di offerta abitativa sul territorio italiano. Successivamente, a marzo 2010, la Banca

d’Italia approva il regolamento del FIA, un fondo immobiliare della durata di 35 anni con possibile pro-

roga di massimo 3 anni, riservato ad investitori qualificati con la finalità di incrementare sul territorio

italiano l’offerta di alloggi sociali a supporto ed integrazione delle politiche di settore dello Stato e degli

enti locali. Questo fondo investe su fondi immobiliari e iniziative su base locale che, rispondendo ai re-

quisiti di interesse sociale previsti dal Piano Casa 1, contribuiscono ad incrementare la realizzazione di

alloggi sociali in affitto a canone calmierato e in vendita a prezzi convenzionati (secondo quanto previ-

sto dal D.M. 22 aprile 2008). L’ammontare obiettivo del FIA è di 3 miliardi di euro di cui 2,028 miliardi

già sottoscritti.

      Il Sistema Integrato di Fondi immobiliari si articola su due livelli:

– Fondi immobiliari regionali e/o locali impegnati nella promozione e attuazione interventi di edilizia

privata sociale

– un fondo nazionale, il Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da CDPI Sgr , che investe in partecipa-

zioni di minoranza qualificata fino al 40% nei Fondi locali.

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Appare dunque evidente che il Piano Casa ha attivato un numero rilevante di operatori del merca-

to, come dimostrano le numerose proposte di progetti di social housing che hanno il supporto finan-

ziario dei fondi locali, nonché la cooperazione tra amministrazioni locali e ampi settori dell’edilizia.

      Il principale obiettivo dei fondi locali è incrementare la dotazione di alloggi sociali ovvero alloggi

recuperati o realizzati da operatori pubblici e privati con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche.

Gli alloggi devono essere in locazione temporanea per almeno 10 anni (non meno di 25 per quelli og-

getti di finanziamento statale) o in proprietà convenzionata, ed i canoni ed i prezzi di vendita sono sta-

biliti dalle Regioni, in accordo con le ANCI regionali. La realizzazione di alloggi da diritto ad una com-

pensazione che può avere varie forme: urbanistica (costo dell’area, premio di cubatura, sconto per le

urbanizzazioni); finanziaria (equities con aspettative di redditività non speculativa, riduzione dei costi

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dell’indebitamento); fiscale (sconti ICI); contributi pubblici (sottoscrizione di quote). I fondi locali pos-

sono essere partecipati dal fondo principale in misura massima dell’80% (fino ad aprile 2013 era fino al

massimo del 40%) e a tali partecipazioni viene destinato il 90% delle disponibilità mentre il restante 10%

viene direttamente investito dal fondo principale nei progetti immobiliari. La gestione dei fondi locali è

demandata alle Sgr che operano sul mercato sia già esistenti, sia costituite ad hoc dagli operatori credi-

tizi territoriali. La partecipazione ai fondi locali richiede una partecipazione minima del 60% nel capitale

da parte degli investitori legati al territorio con un ruolo finanziario importante per le casse di rispar-

mio; un ruolo patrimoniale fondamentale per gli ex IACP che conferirebbero tutto o parte del loro pa-

trimonio immobiliare (alloggi, immobili commerciali, aree edificabili); un ruolo misto per le Ammini-

strazioni locali che apporterebbero patrimonio (alloggi, altri immobili, aree edificabili) ma anche snelli-

menti nelle procedure burocratiche e riduzioni degli oneri; un ruolo misto anche per gli operatori privati

e per le cooperative che potrebbero apportare patrimonio immobiliare, capitali, opere edilizie, capacità

gestionale.

      Sono molte le iniziative volte alla costituzione di fondi immobiliari destinati all’housing sociale

che si stanno concretizzando, alcune con l’iter autorizzativo concluso e altre in fase di autorizzazione

presso la Banca di Italia. Ad oggi, secondo quanto riportato dai documenti pubblicati da CDPI Sgr, sono

stati avviati 27 fondi locali gestiti da 9 società di gestione del risparmio, riguardanti circa 220 progetti,

per circa 14.954 alloggi sociali e 6.500 posti letto in residenze temporanee e studentesche.

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Analisi del mercato immobiliare
in Italia

      Sempre più numerose sono le famiglie che non trovano un alloggio adeguato e compatibile con le

proprie condizioni economiche. Il problema dell’abitazione non riguarda soltanto le categorie tradizio-

nalmente deboli ( disoccupati, lavoratori precari, extracomunitari) ma anche le famiglie monoreddito,

gli anziani e gli studenti che si trovano nell’impossibilità di poter accedere al mercato privato della lo-

cazione a causa dell’assenza di un’offerta di alloggi a canoni moderati e sostenibili. L’Italia è agli ultimi

posti delle classifiche europee per la percentuale di alloggi sociali calcolata sul totale dello stock in af-

fitto. Sul fronte del fabbisogno si calcolano oltre 650 mila domande in attesa nelle graduatorie, almeno

altrettante famiglie in situazione di bisogno, oltre agli immigrati clandestini, che non hanno diritto ad

accedere alle case popolari, ma che sul territorio trovano comunque collocazioni spesso estremamente

precarie.

      A fronte di tale bisogno – che ha subito negli ultimi tre anni un brusco innalzamento arrivando

ad interessare quasi 2 milioni di persone – l’offerta di alloggi di residenza pubblica si sta progressiva-

mente riducendo a causa del processo di dismissione iniziato nel 1993 che ha determinato la perdita di

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oltre il 22% del patrimonio. La vendita di alloggi di ERP è ancora oggi regolamentata dalla Legge

560/1993, con le modifiche successivamente apportate da alcune Regioni. I prezzi di vendita sono così

definiti in base a valori convenzionali ben lontani dal prezzo di mercato degli alloggi. Ciò ha portato a

un depauperamento del parco di alloggi sociali, che si è ridotto nel corso degli anni, non essendo suffi-

ciente il ricavato dalle vendite nemmeno a ricostruire un terzo del patrimonio venduto.

     Per favorire l’ampliamento dell’offerta di edilizia sociale è necessario intervenite attraverso il re-

cupero del patrimonio immobiliare promovendo la riqualificazione degli edifici esistenti di proprietà

dello Stato o degli enti come gli ex IACP con interventi di adeguamento in merito all’efficienza energeti-

ca, all’abbattimento delle barriere architettoniche, al comfort abitativo e alla sicurezza, a partire da

quella antisismica, puntando alla realizzazione di complessi programmi di rigenerazione.

     Lo studio dell’offerta di alloggi da poter inserire in un eventuale programma di social housing ha

portato ad una ricognizione del patrimonio immobiliare di ERP per evidenziarne non solo la quantità,

ma anche la qualità sotto il profilo della vetustà e delle caratteristiche dimensionali e tipologiche. Da

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una relazione redatta dalla Corte dei Conti nel 2006 si evince che la consistenza complessiva del nume-

ro di alloggi di ERP di proprietà degli IACP siciliani al 31 dicembre 2003 ammontava a 45.563 unità im-

mobiliari delle quali circa il 50 % di proprietà degli Istituti delle aree metropolitane di Catania , Palermo

e Messina.

      Nel decennio compreso tra il 1994 ed il 2003, gli IACP siciliani hanno dismesso il loro patrimonio

alienando agli assegnatari un numero complessivo di 19.849 alloggi di ERP, ricavando da tali vendite

più di 220 milioni di euro. L’Istituto che ha ceduto il maggior numero di alloggi risulta essere quello di

Messina, seguito da quelli di Palermo, Catania e Agrigento; il maggior valore risulta, invece, ricavato

dall’IACP di Palermo. I proventi realizzati con le vendite degli alloggi risultano utilizzati prevalentemen-

te per il ripiano dei deficit dei vari Istituti; esigui appaiono, invece, i fondi utilizzati per il recupero e

per la manutenzione straordinaria. Il progressivo depauperamento del patrimonio di ERP a causa delle

dismissioni degli alloggi, infatti, provoca una diminuzione delle entrate per canoni che, comportando

inevitabilmente il peggioramento della situazione economico patrimoniale degli Istituti, a sua volta dre-

na risorse alla manutenzione ed alle nuove costruzioni, fenomeno che, in definitiva, non consente di ri-

generare nuovi canoni.

      Al 31 dicembre 2003 gli IACP siciliani gestivano, oltre ai 45.563 alloggi di proprietà, altre 17.403

unità immobiliari di terzi. A parte il caso particolare dello IACP di Agrigento che risulta amministrare 70

abitazioni appartenenti a soggetti privati (cooperative), gli Istituti nel loro complesso hanno in carico la

gestione di altri 17.333 alloggi di proprietà dello Stato, della Regione e di enti locali.

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Esempi di Social Housing

  PROGETTO: DAY CARE AND ELDERLY RESIDENTIAL CENTRE, PORTELA DE CARNAXIDE

  PROGETTISTA/I: CVDB ARQUITECTOS

  LUOGO: Oeiras - Portogallo

  CRONOLOGIA: 2002-2007

  DESCRIZIONE:

  Il complesso edilizio è collocato tra un quartiere residenziale popolare con edilizia sociale per

  famiglie a basso reddito (nella parte alta della valle) ed un quartiere con diversi edifici pubblici

  (nella parte inferiore della valle), si inserisce in questo contesto come una cerniera tra pubblico

  e privato. L’edificio è costituito da 60 appartamenti distribuiti su quattro livelli e suddivisi in due

  blocchi con orientamento est-ovest. La disposizione degli elementi di collegamento verticali

  nella parte centrale sono frutto di una strategia bioclimatica in quanto questi elementi formano

  delle sacche vuote che oltre a permettere all’aria di circolare in senso verticale, funzionando

  come un camino termico, consentono una trasparenza verticale tra i piani. Lo spazio risulta suf-

  ficientemente flessibile per consentire ai residenti di vivere in un contesto che si può adattare

  alle loro esigenze abitative. Il piano terra è costituito da volumi in ardesia nera che si contrap-

  pongono alle ampie e trasparenti superfici vetrate che accolgono gli spazi comuni dell'edificio .

  All'esterno, il giardino privato, che è un punto di incontro sociale per gli abitanti del centro, ap-

  pare come un prolungamento visivo dello spazio pubblico urbano in quanto può essere accessi-

  bile esternamente anche dai non residenti.

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PROGETTO: PARMA SOCIAL HOUSING EX Area Rossi & Catelli

PROGETTISTA/I: Jo Coenen, Giorgio Goffi,Cino Zucchi

LUOGO: Area Rossi &Catelli - Parma

CRONOLOGIA:2011-2013

DESCRIZIONE:

Parma Social House è un progetto integrato di interventi a scala urbana promosso dal Comune

di Parma che si caratterizza per i temi della riqualificazione urbana, della costruzione di comu-

nità e del risparmio energetico. L’aspetto significativo di questo intervento è la fondamentale

sinergia che si è creata tra i soggetti del settore edilizio del Comune di Parma e

l’Amministrazione pubblica. Il Comune, tramite un bando pubblico, ha affidato a un’ATI, com-

posta da imprese di costruzione e da cooperative di abitazione locali, la realizzazione di un

progetto di edilizia residenziale sociale su delle aree che la Pubblica Amministrazione, grazie

allo strumento urbanistico vigente, ha riservato all’Edilizia Privata Sociale. La Fondazione Hou-

sing Sociale e Finabita hanno affiancato l’ATI per la definizione e la strutturazione del Progetto

che prevede la realizzazione di 852 nuovi alloggi da costruire su sette aree di 63.000 mq di su-

perficie lorda utile. Dei 852 alloggi, 405 saranno in vendita a prezzo convenzionato, 182 in af-

fitto con previsione di riscatto all’ottavo anno, 265 in affitto a canone sostenibile. Lo scopo è

quello di realizzare dei nuclei urbani e residenziali che arricchiscano la dotazione di servizi per i

nuovi insediamenti e per le comunità e che rappresentino il terreno di scambio con il quartiere

esistente.

A sud-est del centro storico di Parma, nell’ area Rossi&Catelli , sorgerà un quartiere di circa 7

ettari che ospiterà 350 residenze a bassa densità, dalle molteplici configurazioni e inserite in un

intreccio di parchi e giardini. “Parmavèra” - questo il nome del nuovo quartiere - prevede la co-

struzione di un sistema di residenze di edilizia libera e parzialmente convenzionata, ciascuna

con la propria area verde privata, inserite in giardini più grandi e in spazi attrezzati pubblici. Il

nuovo quartiere “Parmavèra” Il risultato di questo intreccio di zone è un paesaggio vario, con

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edifici ad un’altezza massima di 20 metri e un forte senso di orizzontalità, dato anche dal dise-

gno asimmetrico delle facciate, movimentate da balconi e terrazzi. Molto importante è stata la

definizione del rapporto volumetrico tra le residenze e il verde, in modo che la percezione degli

utenti sia quella di abitazioni immerse nel paesaggio. La disposizione dei blocchi segue l’asse

stradale in direzione nord-sud, che delimita il quartiere collegando via Budellungo con via Sido-

li: le facciate delle abitazioni si trovano così orientate a est e a ovest, sfruttando al meglio il so-

leggiamento e riducendo la spesa energetica di ciascuna unità. Dal percorso stradale che cir-

conda l’area, sono stati progettati accessi diretti alle autorimesse sotterranee di ciascuna resi-

denza, cosicché il quartiere è chiuso alle automobili.

Nonostante ciò, gli spazi pubblici attrezzati sono stati previsti percorribili da mezzi di servizio,

e distribuiti in modo che ogni complesso sia facilmente raggiungibile. Per chi passeggia, il

quartiere offre percorsi liberi, una pista ciclabile connessa a quella esistente e sentieri segnati

da pavimentazioni differenti: prato con aree gioco, terra battuta e pietra naturale. L’intera zona,

con il parco pubblico e le residenze, è rialzata rispetto al livello della strada, tracciando così un

confine visibile ma non invasivo: il riferimento storico è ai borghi fortificati. Provenendo dalla

strada, per accedere al quartiere è necessario superare questo dislivello, per giungere all’altezza

del parco delle residenze, avendo così la percezione di entrare in un quartiere semipubblico. Le

aree verdi all’interno sono suddivise tra parchi pubblici piantumati a pioppi e platani e giardini

privati, delimitati da muretti, “pergole” personalizzabili con siepi e da divisori trasparenti. Aver

rialzato il livello del terreno, ha permesso di ridurre le altezze di questi elementi di confine, ri-

ducendo l’e ffetto della barriera visiva tra residenze, che risultano così integrate in un’unica

area privata di forte identità. Pur essendo accessibili anche ai non residenti, i parchi conservano

una sensazione di raccoglimento e appartenenza al quartiere. I progetti dei diversi blocchi resi-

denziali sono stati affidati all’ architetto Jo Coenen, in collaborazione con l’architetto Giorgio

Goffi, già responsabili del masterplan, all’architetto parmense Carlo Quintelli e all’architetto mi-

lanese Cino Zucchi. L’isolato realizzato da quest’ultimo(S2-S3) è posto sull’angolo nord-ovest,

verso via Sidoli, si caratterizza per gli affacci molto eterogenei e un’alta flessibilità all’interno.

  ING. ARIANNA CHIARA
Sono contenuti 57 appartamenti secondo 3 differenti tipologie: la Duplex, con taverna e giardi-

no, la Standard bilocale o trilocale e la Attico, all’ultimo piano con sottotetto e terrazzo. Il pro-

getto dei layout interni ha previsto grande flessibilità distributiva e di scelta delle finiture, con

l’intenzione di realizzare abitazioni su misura dell’utente. Esso accoglie e dà forma sintetica alle

esigenze del vivere contemporaneo in un luogo di alta qualità ambientale. La disposizione a

corte aperta dei corpi edilizi protegge una spazio verde centrale sul quale si affacciano i grandi

terrazzi; la disposizione di questi, come quella dei volumi edilizi dal profilo a terrazza, è atten-

tamente studiata in rapporto al movimento del sole in modo da creare dei veri e propri “sog-

giorni all’aperto” che donano agli alloggi una grande vivibilità in tutte le stagioni dell’anno. Tutti

gli ingressi comuni hanno accesso diretto dal perimetro dell’isolato e sono collegati al vasto

spazio del giardino condominiale. Le finiture esterne ed interne degli edifici sottolineano la

grande attenzione dell’intervento ai temi dell’ambiente e della sostenibilità: i mattoni color ar-

gilla che inquadrano le grande campiture in marmorino chiaro dei prospetti, le schermature in

vetro e legno dei terrazzi, i colori tenui degli scuri scorrevoli formano una palette di tessiture e

colori che sfuma sullo sfondo degli alberi del parco.

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PROGETTO: ABITIAMO INSIEME ASCOLI

PROGETTISTA/I: Fondazione Housing Sociale di Milano: Ferri & Moschini

LUOGO: Corso di Sotto, 10 - Ascoli Piceno

CRONOLOGIA: 2012-2014

DESCRIZIONE:

“Abitiamo insieme Ascoli” è il progetto residenziale realizzato nel 2010 dalla Fondazione Cassa

di Risparmio di Ascoli Piceno che a partire dal 31 luglio 2012 ha deciso di inserirlo tra le inizia-

tive del Fondo HS Italia Centrale, già attivo sul territorio nonchè soggetto qualificato e compe-

tente per gestire professionalmente un progetto così ambizioso e complesso. L’intervento in-

tende far rivivere il centro storico cittadino, offrire un appartamento a canone di locazione con-

tenuto a quelle giovani coppie che non riescono a soddisfare i propri bisogni abitativi sul mer-

cato, diffondere la cultura della convivenza, della solidarietà e dell’abitare sostenibile. Il pro-

getto offre una formula residenziale innovativa, pensata sia per rispondere ai disagi abitativi di

alcuni nuclei famigliari, che per accompagnare la formazione di una rete di rapporti di buon vi-

cinato tra i residenti.

Oltre agli alloggi, è infatti prevista l’offerta di servizi e spazi destinati al tempo libero,

all’aggregazione e alla socializzazione che i futuri residenti dovranno impegnarsi a condividere,

gestire e mantenere vivi. L’obiettivo è quello di dare vita ad una vera e propria comunità di resi-

denti capace di valorizzare l’ambito sociale non solo del condominio ma anche del quartiere e

dell’intera città.

L’intervento è consistito nel recupero e nella rifunzionalizzazione a usi residenziali di un edificio

del centro storico di Ascoli, sito in Corso di Sotto 10, che un tempo ospitava il collegio-

convento della congregazione delle suore del Bambin Gesù. L'immobile si sviluppa su tre piani

fuori terra più un piano mansarda, esso è dotato di un giardino condominiale e di un area perti-

nente destinata a parcheggi. Il progetto ha consentito la realizzazione di 16 alloggi di cui 5 bi-

locali, 9 trilocali e 2 quadrilocali. Dopo l’assegnazione degli alloggi, i nuovi inquilini hanno in-

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trapreso un percorso finalizzato alla costituzione della comunità, alla progettazione partecipata

dei servizi comuni, alla costituzione dell’autogestione, alla stesura del Regolamento di Comuni-

tà/Patto di Convivenza e alla costituzione di un associazione degli inquilini, con una serie di in-

contri collettivi.

Durante questi incontri, gli inquilini, con l’aiuto dei facilitatori, hanno ideato una serie di attività

da svolgere nei tre spazi comuni presenti nell’intervento:

• Spazio gioco bimbi, ovvero un piccolo asilo condominiale, gestito da un’animatrice esterna

con il supporto dei genitori, inizialmente dedicato solo ai figli degli assegnatari e successiva-

mente esteso anche al quartiere.

• Spazio polifunzionale, un locale nel quale gli inquilini possono incontrarsi, promuovere inizia-

tive e attivare servizi interni (ad esempio: incontri culturali, allestimenti, corsi di vario genere,

cineforum… ) o semplicemente per l’organizzazione di momenti conviviali e di condivisione,

come cene, pranzi e feste.

• L’hobby room, uno spazio dove sono posizionati gli utensili e le attrezzature comuni, a di-

sposizione di tutti i condomini per piccoli lavori di bricolage. Lo spazio, può essere inoltre usato

come deposito comune e ordinato per le biciclette e passeggini.

Inoltre, la comunità si è confrontata anche riguardo l’autogestione del giardino condominiale,

valutando diverse attività come la piantumazione di aromi e spezie o l’organizzazione di mo-

menti di convivialità all’aperto durante i periodi di primavera-estate. Oltre ai servizi di tipo abi-

tativo ed a quelli integrativi all’abitare, il progetto Abitiamo insieme Ascoli si pone come obietti-

vo quello di saper costruire all’interno dell’intervento, un luogo sicuro, sia per gli adulti ma so-

prattutto per i più piccoli. Una delle finalità del progetto è legata alle modalità di abitare dei fu-

turi residenti, poiché si chiede loro un modo di vivere nel totale rispetto della comunità. Ciò che

si chiede a questa comunità di inquilini è di unire gli sforzi nella costruzione di una piccola rete

di relazioni all’interno della comunità, in modo che non rimanga limitata solamente alle attività

organizzate nelle zone adibite a spazio comune, ma che sia presente anche nei rapporti di buon

vicinato della quotidianità. In questo modo potrebbe essere ricreata quell’atmosfera che si re-

   ING. ARIANNA CHIARA
spirava nelle corti del nostro recente passato, dove una serie di famiglie era in grado di convive-

re generando quasi una famiglia allargata. Sviluppando un tale ambiente la comunità ne giove-

rebbe in termini di tranquillità e sicurezza: i genitori permetterebbero ai propri bambini di

muoversi liberamente tra le mura del condominio, giocando in piena libertà e rendendo meno

gravose molte delle piccole azioni del nostro vivere quotidiano.

  ING. ARIANNA CHIARA
PROGETTO: VIA PADOVA 36

PROGETTISTA/I: Fondazione Cariplo &Fondazione Housing Sociale

LUOGO: Via Padova - Milano

CRONOLOGIA: 2011-2014

DESCRIZIONE:

“ViaPadova36” rappresenta lo sviluppo del progetto Maisondumonde36 ideato e avviato nel

2011 da Fondazione Cariplo in collaborazione con Fondazione Housing Sociale e realizzato dal

Fondo Immobiliare di Lombardia – Comparto Uno, gestito da Polaris Real Estate Sgr Spa. Il pro-

getto è stato inoltre finanziato da Regione Lombardia per la realizzazione di 8 alloggi destinati

a famiglie di immigrati (Progetto AbitAzioni), e di altri 7 alloggi destinati a famiglie e persone in

difficoltà e vulnerabilità sociale (Progetto per l’integrazione abitativa e sociale). Si tratta di un

progetto di housing sociale realizzato attraverso il recupero e la valorizzazione di uno stabile

d’epoca abitato, situato nel cuore del quartiere di Via Padova, a Milano. Per l’esecuzione delle

opere si è tenuto conto dello stato di occupazione dell’immobile all’avvio del progetto, in quan-

to diverse famiglie risiedevano negli appartamenti da oltre 40 anni. Per consentire i lavori di ri-

sanamento è stato messo in atto un programma di ricollocazione degli inquilini interessati a ri-

manere a vivere nell’immobile, studiato in base al crono programma dei lavori di ristrutturazio-

ne, al fine di permettere lo svolgimento dei lavori per fasi. Durante questo processo di accom-

pagnamento i residenti che hanno deciso di rimanere ad abitare nell’immobile, scegliendo uno

degli alloggi ristrutturati, sono stati affiancati nella scelta dell’alloggio, nella sistemazione degli

arredi e nelle fasi di trasloco. L’edificio è situato in una posizione strategica dal punto di vista

dell’accessibilità grazie alla vicinanza delle fermate Loreto e Pasteur della linea metropolitana

M1 e dei due assi cittadini di via Padova e viale Monza. Si trova in uno dei “cuori pulsanti” del

quartiere di via Padova, a poche centinaia di metri da uno degli ingressi del Parco Scolastico ex

Trotter di Milano, luogo dalla forte valenza educativa, sociale, aggregativa e culturale, nonché

spazio importante della memoria storica del quartiere. Negli ultimi anni il quartiere ha vissuto

  ING. ARIANNA CHIARA
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