Sergio Mattarella. Che Presidente sarà? Intanto, è la prima sconfitta della politica-spettacolo - di Mario Morcellini

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4 FEBBRAIO 2015

Sergio Mattarella. Che Presidente
sarà? Intanto, è la prima sconfitta
     della politica-spettacolo

         di Mario Morcellini
        Direttore Dipartimento CoRis
Sergio Mattarella. Che Presidente sarà?
   Intanto, è la prima sconfitta della
          politica-spettacolo*

                                    di Mario Morcellini
                                  Direttore Dipartimento CoRis

Per capire che Presidente sarà Sergio Mattarella, occorre prendere le mosse dal processo produttivo
che ha accompagnato la sua ascesa al Colle, e cioè dal modo in cui è stato individuato,
incredibilmente e prontamente accolto, sottoposto al voto e portato al successo.
Anzitutto, si è trattato esattamente del candidato che serviva, sia per succedere a Napolitano (compito
non facile, vista la voice che quest’ultimo ha saputo dare al concetto stesso dell’essere italiani), che
per offrire un’alternanza ideale alle aree storiche della politica italiana (un uomo di estrazione
cattolica dopo un ex dirigente del Partito Comunista). Non può essere solo un caso, né
unicamente un progetto politico “costruito a tavolino”.
Tutti gli aspetti allineati per definire la sua figura, difficile da inquadrare nelle cornici della politica
degli ultimi vent’anni di storia italiana, divisa tra l’affanno della tradizione e le brusche accelerate
del nuovismo, rivelano una scelta consapevole e lungimirante. Lo studioso, il laureando che ha
scritto una tesi dal titolo emblematico “La funzione di indirizzo politico”, il professore, l’uomo
che ha seguito i destini della “sinistra democristiana” fino in fondo, con estrema coerenza, il
relatore delle leggi di riforma elettorale in senso maggioritario divenuto membro della Corte
Costituzionale di nomina parlamentare. Tutti tasselli di un puzzle che sorprende per gli incastri
possibili, prevalentemente di fuori degli incastri mediatici, e lascia poco spazio per l’attacco
politico e personale.
Ovviamente, non bisogna commettere l’errore di parlare solo di una “mossa magistrale” di
Matteo Renzi. Ma è sorprendente che la scelta di Renzi sia caduta su di un personaggio

* Contributo richiesto dalla Direzione. Sul tema della prevaricazione della comunicazione sulla politica
rimandiamo al n.2/2014 della rivista Paradoxa, intitolato “I guasti della comunicazione”. Rispetto alla
posizione espressa in quel contesto, l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica
rappresenta un primo elemento di contrasto.

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all’apparenza così antropologicamente diverso da lui. A parte l’ispirazione cattolica, nulla sembra
unire i due uomini. Età, postura comunicativa, abbigliamento e accessori (una celebre rivista di
satira molto nota sui social ironizzava sulla montatura degli occhiali, che Mattarella sarebbe stato
costretto a cambiare prendendo atto della fine degli anni Sessanta), uso delle tecnologie: tutto
all’opposto.
Ma indicando Mattarella, Renzi ha sorpreso tutti, non solo dimostrando di saper pensare fuori
dagli schemi di quel nuovismo che pure è stato ed è il suo stile di far politica e comunicazione.
Tutti, infatti, si aspettavano una “renzata”, e cioè l’indicazione di un candidato in piena sintonia
con il Presidente del Consiglio: una mossa insomma simile al “super canguro” che aveva
caratterizzato gli ultimi giorni di dibattito sulla legge elettorale. Politici e giornalisti guardavano ad
un’altra competizione, che, nella più tradizionale logica di equilibri interni al “patto del Nazareno” e
alle “correnti” del Partito Democratico, vedesse correre candidati più o meno “graditi” alle forze
in campo1.
L’elemento sorpresa, la profonda estraneità di Sergio Mattarella da queste logiche, ha rappresentato
un elemento di enorme rafforzamento per la sua candidatura. Ha consentito la nascita non solo
di un consenso politico, ma di un sentimento condiviso di apprezzamento popolare, ha
determinato un’onda di opinione che si è espressa anzitutto contro l’antipolitica. E gli effetti si sono
visti. A livello simbolico, l’elezione di un siciliano, di un democristiano, di un giudice, elementi
che da soli avrebbero danneggiato, magari ingiustamente, un altro candidato, si sono trasformati
in un mix di elementi di umanità e di identità forte, finendo per rilegittimare la politica
tradizionale. Questo significa che anche una democrazia in crisi può inventarsi forme diverse di
rapporto tra potere e società. Chi l’avesse detto!
A livello visivo, l’immagine dell’Aula in piedi ad applaudire un nome condiviso, che si è
puntualmente ripetuta durante e dopo il discorso di investitura (più di quaranta applausi, l’ultimo
dei quali di tre minuti), dopo le infinite sofferenze che il Parlamento si era inflitto solo due anno
fa, è stato un balsamo per la politica. Sconcertando e dividendo persino le opposizioni: gli
esponenti del MoVimento 5 Stelle, pur non applaudendo Mattarella, si sono alzati in piedi in
segno di rispetto al momento dell’elezione, mentre altre forze politiche non estranee al
populismo hanno ostentato un comportamento diverso. Lo spettacolo si è ripetuto con qualche
variante anche dopo il discorso di investitura. Occorre meditare su questa circostanza, perché la

1Sull’autoreferenzialità del mondo dei media e della politica, che rischia di alimentare il distacco degli uni e
dell’altra rispetto alla società italiana, rimando al volume da me curato dal titolo Neogiornalismo. Tra crisi e
Rete, come cambia il sistema dell’informazione (Mondadori Università, Milano, 2011).

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delimitazione del suo consenso definisce anche chi sono le forze più sconfitte dalla sua elezione,
e finendo per rappresentare un elemento di rafforzamento per l’istituzione parlamentare.

Cosa ha fatto Sergio Mattarella per facilitare quest’operazione, o meglio questo clima così
sorprendente rispetto agli ultimi anni? Ha dimostrato che l’eccesso di comunicazione non
rappresenta una condanna inevitabile. Anzi, ha saputo praticare il silenzio come stile di comunicazione,
altro elemento che ha colto di sorpresa tanto gli addetti ai lavori della politica quanto quelli della
comunicazione. Non ha concesso interviste, evitando in un sol colpo di “bruciarsi” per
un’affermazione imprudente, di farsi cucire addosso un’immagine che non fosse la sua dai
giornalisti, di entrare da “imputato” nel carosello delle dichiarazioni dei politici2.
Anche questo Renzi sembra averlo previsto, quasi ad aver analizzato le ragioni per le quali gli
ultimi candidati alla Presidenza della Repubblica sono stati troppo spesso eliminati da un sistema,
quello politico-mediale, che oggi più che mai fagocita i suoi protagonisti. Il mix virtuoso fra
mancate interviste ai giornalisti e rinuncia a esprimere il nome nei primi tre scrutini rimarrà forse
come una svolta irreversibile nella storia dell’elezione dei Presidenti della Repubblica.

Queste le premesse per contestualizzare la risposta alla domanda iniziale. Una simile operazione
si poteva attagliare a pochi uomini, e Mattarella si è dimostrato uno di quei pochi. Per capire che
Presidente sarà, è importante sottolineare alcuni aspetti comunicativi che si sono rivelati a cavallo
tra la sua nomina e la sua elezione. Mattarella ha sdoganato parole antiche, e per lui sono state
recuperate parole retrò – “onesto”, “gentiluomo”, “persona perbene” – da troppi anni fuori dal
lessico dei media. È sempre stato un uomo estraneo ai circuiti della comunicazione, e anzi questa
estraneità lo ha reso più spendibile in questa circostanza. Ma le ultime mosse da “papabile” e i
primi atti ufficiali hanno fugato ogni dubbio circa la possibilità che si potesse trattare di
incompatibilità: i momenti di attesa in famiglia diffusi con abile ritardo via Facebook, la visita
solitaria alle Fosse Ardeatine, sono i segni di una scelta di comunicazione più autentica. Non è mancata
nei quotidiani la definizione de l’uomo in grigio, anche se spesso questo epiteto era esente da
intenzioni delegittimanti. Ma quella scelta di titolo dimostra di subire la cacofonia della
comunicazione politica contemporanea. Quest’ultima è fatta di curve e strilli, Mattarella è alieno

2 Sugli eccessi della comunicazione, e sugli effetti che possono sviluppare sul tessuto sociale, rimando al
numero monografico della rivista Comunicazionepuntodoc intitolato “Strumenti sociologici per i media
studies” (n.6/2012) e alla profonda e acuta riflessione contenuta in C. Donolo, Italia sperduta, Donzelli,
Roma, 2011. Un punto di vista egregiamente argomentato in una lunga intervista allo storico Guido
Crainz, mandata in onda da RaiNews24 nel corso della lunga diretta elettorale.

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alle une e agli altri. Come è alieno al populismo giornalistico: alla scontatissima domanda “È
felice?” risponde prontamente: “Non è di questo che stiamo parlando”.

Questo ragionamento ci aiuta a capire che Presidente sarà. Molti insistono sul concetto di rigore; è
meglio puntare piuttosto sul fatto che non sarà un picconatore. Anzi, il dodicesimo Presidente della
Repubblica esprime meglio di tutti la stanchezza per i picconatori, il ripudio di alcuni aspetti
populisti dell’antipolitica, ma anche la presa d’atto che quando i picconatori sono dentro le
istituzioni e dentro i media rappresentano una versione riveduta e corretta del “sovversivismo
delle classi dominanti” di gramsciana memoria. Allontanandosi da quanti invece hanno ancora
delle speranze legate a quelle istituzioni.
Non a caso, le sue prime parole da Presidente eletto sono state dedicate proprio “alle difficoltà e
alle speranze dei nostri concittadini”: una grande innovazione comunicativa, che richiama la
parola-chiave vincente nelle recenti elezioni greche, “speranza”.
Mattarella sa, però, che per dare contenuto politico a questa innovazione comunicativa occorre
non lasciare sole le istituzioni: sarà allora un Presidente interventista, ma non nel senso tradizionale.
Uno che rifiuterà di fare il notaio, o di far sua la politica del lasciar fare. Un Presidente che
interpreterà nel senso più profondo la funzione di indirizzo, tanto sulle riforme quanto sullo stile
della politica, comunicazione inclusa, a livello nazionale e internazionale, compreso il contesto
europeo.
In una parola, con Mattarella le istituzioni saranno più garantite per il futuro, e dunque escono
più legittimate dal passaggio elettorale; e tutto questo è forse l’antidoto più forte per
l’avvelenamento dell’antipolitica.

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