Scontro Usa e Cina: Google rompe con Huawei dopo il bando di Trump. Ecco i rischi per gli utenti

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Scontro Usa e Cina: Google rompe con Huawei dopo il bando di Trump. Ecco i rischi per gli utenti
Scontro Usa e Cina: Google
rompe con Huawei dopo il
bando di Trump. Ecco i rischi
per gli utenti

Google rompe con Huawei, sospendendo ogni attività portata
avanti con il colosso tecnologico cinese, all’avanguardia
nella realizzazione delle reti di nuova generazione 5G. Lo
riporta in esclusiva Reuters. Si tratta di uno schiaffo
dolorosissimo per Huawei, dopo che l’amministrazione Trump ha
inserito l’azienda nella lista nera vietandone l’uso per
motivi di sicurezza nazionale. Nel dettaglio – spiega Reuters
– gli smartphone e gli altri apparati Huawei venduti fuori
dalla Cina dovrebbe perdere l’accesso agli aggiornamenti del
sistema operativo di Google, Android. Non solo, dovrebbero
perdere l’accesso anche ad alcuni dei popolarissimi servizi di
Google come il Google Play Store, YouTube e il servizio di
posta elettronica Gmail.

Ma da Mountain View rassicurano gli utenti: “Ci stiamo
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conformando all’ordine e stiamo valutando le ripercussioni.
Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni
di sicurezza di Google Play Protect – afferma un portavoce di
Google – continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei
esistenti”. Parole che tranquillizzano i possessori di
smartphone e tablet Huawei, assicurando l’accesso al negozio
di app e alla protezione da minacce informatiche.

Anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da
Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla
linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno tagliato i
ponti con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso
tecnologico cinese. Lo riporta l’agenzia Bloomberg, che spiega
come le varie società hanno già informato i propri dipendenti.
Si tratta di sviluppi che rischiano di portare alle stelle le
tensioni tra Washington e Pechino, già impegnate in un braccio
di ferro sui dazi.

“Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e
servizi post-vendita a tutti gli smartphone e tablet Huawei e
Honor esistenti, coprendo sia quelli già venduti sia quelli in
stock a livello globale”. Lo afferma Huawei in merito alle
indiscrezioni di stampa sulla perdita dell’accesso, per i
dispositivi Huawei, agli aggiornamenti del sistema operativo
di Google, Android.

La Cina “sostiene” le sue società nel ricorso “ad armi legali
a difesa dei loro diritti legittimi”: così il portavoce del
ministero degli Esteri, Lu Kang, in merito alla sospensione
delle fornitura a Huawei degli aggiornamenti di Android da
parte di Google. La mossa è l’effetto dell’inserimento del
colosso delle tlc di Shenzhen nella lista nera del commercio
Usa per motivi di sicurezza nazionale, ultimo capitolo dello
scontro commerciale tra Usa e Cina.
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Trump vince al Senato, perde
la Camera ed esulta: “Siamo
andati oltre le aspettative”
. Obama: “Spero che si torni
ai valori dell’onestà”

Donald Trump vince il Senato, ma perde la Camera che torna ai
democratici dopo 8 anni (i dem hanno sfondato la quota 218
seggi necessaria per riconquistare il controllo di questo ramo
del Parlamento). Questo l’esito delle elezioni di midterm
negli Usa. Per i prossimi due anni, il presidente governerà
avendo contro uno dei due rami del Parlamento. ‘Repubblicani
oltre ogni aspettativa’, dice però mentre tende la mano ai
dem: ‘Ora collaboriamo‘. ‘E’ solo un punto di partenza’,
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spiega Barack Obama.

Al Congresso entrano per la prima volta due donne musulmane e
una nativa-americana. I repubblicani ottengono 25 governatori,
21 ai democratici. Record di partecipazione: i votanti sono
stati 113 milioni, il 49% degli elettori registrati. Il
ministro della Giustizia Jeff Sessions si e’ dimesso con
effetto immediato su richiesta di Donald Trump. Matthew
Whitaker, capo dello staff di Sessions, sarà ministro della
giustizia ad interim.

A scrutinio non ancora completato, nelle elezioni di
Midterm i democratici sono proiettati a vincere il voto
popolare con uno scarto di circa il 9%. Una percentuale,
sottolinea il Washington Post, piu’ grande di quella delle
‘onde’ repubblicane nel 1994, 2010 e 2014 e di quella ‘blu’
nel 2006. Anche Hillary Clinton aveva vinto il voto popolare
contro Donald Trump perdendo pero’ la gara negli Stati
decisivi.

Mentre continua in molti stati Usa il conteggio dei voti delle
elezioni di metà mandato, sono ancora tre i seggi da assegnare
al Senato americano, dove i repubblicani hanno già conquistato
una maggioranza di 51 seggi (+2) contro i 46 dei
democratici. Il democratico Jon Tester ha vinto un seggio al
Senato in Montana, portando a 46 i senatori eletti dai dem
contro i 51 dei repubblicani. Si attendono ancora i risultati
di Florida, Arizona e del ballottaggio in Mississippi.

Il Mississippi ha poi eletto un suo primo senatore ma manca
all’appello un secondo, con i candidati che sono andati al
ballottaggio previsto per il 27 novembre. Alla Camera dei
Rappresentanti, quando sono ancora in corso le ultime
operazioni di spoglio delle schede, su 415 seggi a
disposizione i democratici ne hanno già guadagnati 222,
strappandone 29 ai repubblicani e superando di quattro punti
la soglia di 218 deputati necessaria per la maggioranza. I
repubblicani sono fermi a quota 199.
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Da parte sua, la leader dei progressisti alla Camera Nancy
Pelosi – che l’anno scorso aveva evocato l’impeachment per il
ministro della Giustizia – ha affermato che i dem hanno
intenzione di ripristinare i controlli e gli equilibri
costituzionali sull’amministrazione Trump.

“La storia si ripete. Un partito al potere deve sempre
affrontare sfide difficili nelle sue prime elezioni di medio
termine”, ha detto lo speaker repubblicano della Camera Paul
Ryan. E poi: “Mi congratulo con i democratici per la nuova
maggioranza alla Camera e con i repubblicani per avere
mantenuto il Senato. Non serve un’elezione per sapere che
siamo una nazione divisa, e ora abbiamo una Washington divisa.
Come Paese e come governo dobbiamo cercare un terreno comune”.

L’appello ai dem, ora collaboriamo
in Congresso
Queste elezioni hanno visto un numero record di donne elette
alla Camera: almeno 99 diventeranno deputate (su 237
candidate), un numero che supera il record precedente di 84.
Tra loro c’e’ la 29enne democratica Alexandria Ocasio-Cortez,
la donna più giovane mai eletta al Congresso americano; la
democratica Rashida Tlaib, figlia di immigrati dalla
Palestina, la prima donna musulmana ad essere eletta al
Congresso; e la democratica Sharice Davids, la prima donna
nativo-americana in Congresso.

Per i dem sembrava una ‘mission impossible’ conquistare il
collegio per la Camera numero sette di Richmond, Virginia,
appannaggio dei repubblicani dal 1970, ma l’ex agente
Cia Abigail Spanberger è riuscita ad infiammare l’ala più
liberal del partito e ha battuto il deputato uscente David
Brat (50,01% contro 48,7%).

Arrivano le parole di Barack Obama: “Il nostro lavoro ora va
avanti. Il cambiamento non può arrivare da una sola elezione,
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ma questo è un punto di partenza”. “Spero che si torni ai
valori dell’onestà, della decenza, del compromesso e che si
torni a un Paese non diviso dalle sue differenze ma legato da
un comune credo”, aggiunge l’ex presidente.

Usa, Trump pronto a inviare
15mila soldati al confine col
Messico    per   fermare    i
migranti

“Un’invasione”: così Donald Trump in un’intervista alla Abc
dipinge la carovana di immigrati partita dall’Honduras e in
marcia verso il confine tra Messico e Stati Uniti. “Per questo
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dobbiamo avere un muro di persone che li fermi, ha spiegato il
presidente americano motivando la sua intenzione di inviare
alla frontiera sud degli Usa fino a 15mila soldati, più di
quanti ce ne sono in Afghanistan”.

Trump critica quindi i numeri                        sulla
carovana fatti dai media
“Ci sono carovane in arrivo molto più grandi di quanto viene
detto. Io sono molto bravo a stimare l’entità di una folla –
ha aggiunto il presidente americano – e vi posso dire che la
carovana in arrivo sembra molto più grande di quanto la gente
pensi”. Il tycoon spiega quindi che è composta in gran parte
da giovani e che “le donne e i bambini inquadrati in tv sono
messi lì apposta per le telecamere. Mettono davanti le donne e
i bambini, e non va bene”.

Usa al voto per rinnovare il
congresso:       l’economia
americana vola. Si punta su
Trump?
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L’America dell’era Trump va al voto per rinnovare il Congresso
e per decidere se la strada del tycoon verso le presidenziali
del 2020 sarà in discesa verso la rielezione, oppure irta di
ostacoli come solo un biennio da ‘anatra zoppa’ può esserlo
per un presidente americano. Ma proprio per il loro impatto
sull’agenda della Casa Bianca, le elezioni di metà mandato di
martedì 6 novembre sono attese con grande interesse ovunque
nel mondo, per capire se la dottrina dell’America First
troverà piena attuazione nei prossimi due anni oppure se il
progetto anti-globalista e protezionista subirà un’inevitabile
frenata.

Lo scenario resta incerto, con i democratici che hanno buone
ragioni per sperare in quella ‘blue wave‘ che farebbe loro
riconquistare almeno la Camera dei Rappresentanti, rinnovata
in tutti i suoi 435 seggi.

A due settimane dal voto i sondaggi li danno ancora in
vantaggio, ma solo per pochi punti. I giochi dunque restano
aperti. Mentre al Senato le chance di vittoria per i dem sono
quasi vicine allo zero. Due i punti di forza che potrebbero
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rivelarsi fondamentali per lo sgambetto dei democratici a
Trump: l’affluenza record, secondo le previsioni mai così alta
per le midterm da almeno 40 anni, e nell’era del #metoo il
voto delle donne, con il primato assoluto di candidate al
Congresso, ben 257 su entrambe i fronti.

Sul fronte dei repubblicani invece si punta soprattutto
sull’effetto Trump, la cui popolarità continua a volare, forte
soprattutto di un’economia americana che continua a correre
come non mai. Senza parlare di come il tycoon, che sta
battendo a tappeto il Paese, si senta a suo agio nel fare
della questione immigrazione il punto di forza del rush finale
verso il voto. Tra l’altro con una carta ancora da poter
giocare: quella di un ulteriore taglio delle tasse per la
classe media.

Ma più di uno spettro aleggia sulla Casa Bianca. Il primo è la
marcia della carovana dei 7.000 migranti verso gli Usa, che
rischia di trasformarsi in una vera e propria crisi nazionale
e umanitaria proprio alla vigilia delle elezioni. C’è poi la
preoccupazione più grande per il tycoon: negli Usa la chiamano
‘October surprise’, la temutissima mossa prima di ogni
elezione che in questo caso potrebbe arrivare all’improvviso
dal Russiagate. E se il Congresso dovesse tornare, almeno in
parte, in mano ai democratici, è chiaro che la campagna per
un’impeachment o per una destituzione del         presidente
assumerebbe un vigore finora mai visto.

Nel dettaglio ai dem servirebbero 23 seggi per vincere alla
Camera, a partire da quelli oggi occupati da repubblicani ma
espressi nei distretti in cui nel 2016 vinse Hillary Clinton.

n tutto sono 75 i match più incerti per un posto alla Camera
bassa, e riguardano 30 Stati Usa: dal nordest (vedi New York)
al Midwest (vedi l’Iowa), dalla Florida alla traballante
roccaforte repubblicana del Texas. Al Senato, dove ai
repubblicani basta confermare i 51 seggi di oggi, i confronti
più avvincenti sono in Nevada, Arizona, Missouri. Ma
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soprattutto c’è la supersfida in Texas tra Ted Cruz e il
giovane astro nascente dei democratici Beto O’Rourke, che in
molti vedono candidato alla Casa Bianca contro Trump nel 2020.

Trump si complimenta con
Conte: “Sui migranti l’Europa
dovrebbe seguire l’esempio
dell’Italia”
Il primo ministro Giuseppe Conte è stato ricevuto alla Casa
Bianca con una calorosa stretta di mano dal presidente
americano Donald Trump. “Grazie Giuseppe per essere qui”, ha
detto il presidente Usa. “E’ un grande onore essere qui”, ha
risposto il premier.
Conte ha ricevuto il via libera dal presidente americano su
tre questioni cruciali: la Libia, una cabina di regia
permanente per il Mediterraneo e la questione degli scambi
commerciali e dei dazi. Lo affermano fonti di Palazzo Chigi al
termine dell’incontro alla Casa Bianca.
Il Presidente americano – informano fonti di Palazzo Chigi –
ha dato il suo via libera su tre questioni cruciali poste da
Giuseppe Conte. In particolare, il primo è che l’Italia conta
sull’appoggio degli USA per la Conferenza sulla Libia che si
terrà nel nostro Paese, come annunciato dallo stesso Conte un
mese fa al vertice NATO, e che può rappresentare un passaggio
cruciale nel processo di messa a punto delle condizioni
politiche, legali e di sicurezza indispensabili per lo
svolgimento delle prossime elezioni politiche e presidenziali
libiche. Ricevuto l’ ok di Trump. Quindi è stato ottenuto –
prosegue la stessa fonte – il sostegno di Trump ad una “cabina
di regia permanente” tra USA e Italia per il Mediterraneo
allargato in chiave di lotta al terrorismo, maggiore
sicurezza, immigrazione e soprattutto Libia. Con questa cabina
di regia – da attuarsi attraverso i reciproci ministeri degli
Esteri e della Difesa – l’Italia assumerebbe un ruolo di punto
di riferimento, in Europa, per la Libia e di interlocutore
privilegiato con gli Usa. L’idea è che Italia e USA possano
insieme farsi promotori e fautori della stabilizzazione del
paese nord africano. Ricevuto ok di Trump. Infine, via libera
sul tema degli scambi commerciali e dazi: l’obiettivo di Conte
è anche avere da Trump garanzie che gli interessi delle
aziende italiane non vengano toccati, con particolare
riferimento ai prodotti dell’agroalimentare. Per questo
l’Italia si dichiara soddisfatta dell’accordo raggiunto tra
Trump e Junker e ne auspica una rapida attuazione. Anche su
questo tema via libera di Trump.

“Conte sta facendo un lavoro fantastico”, ha detto Donald
Trump ricevendo alla Casa Bianca il premier Giuseppe Conte.
“Sono molto d’accordo con quello che state facendo
sull’immigrazione legale e illegale”, ha affermato il
presidente Usa sottolineando: “Sono d’accordo con la vostra
gestione dei confini”. “Molti altri Paesi in Europa dovrebbero
seguire l’esempio dell’Italia” sull’immigrazione e su una
posizione dura ai confini, ha spiegato il presidente Usa.
Usa, Trump su conferma bando
contro musulmani: “Wow!”

“La corte suprema conferma il travel ban. Wow!”: e’ il
commento di Donald Trump alla decisione della massima istanza
giuridica americana di confermare il controverso bando contro
alcuni Paesi a maggioranza musulmana.

Con una decisione sofferta (5 a 4), i giudici hanno respinto
la tesi che il provvedimento discrimina i musulmani o eccede
l’autorità del presidente.

Casa Bianca, decisione corte su bando vittoria enorme – Una
“vittoria enorme per il popolo americano e per la
Costituzione”. Così la Casa Bianca descrive la decisione oggi
della Corte suprema che conferma il bando emanato dal
presidente Usa Donald Trump contro gli arrivi da alcuni paesi
musulmani e mette fine ad una battaglia legale cominciata di
fatto all’indomani dell’emanazione del provvedimento. La Casa
Bianca parla inoltre di questo come un “momento di forte
rivincita, dopo mesi di commenti isterici dai media e dai
politici democratici”.

Trump         minaccia              il      Made        in
China

Donald Trump minaccia nuovi dazi del 10% su altri prodotti
Made in China per un valore di 200 miliardi di dollari se
Pechino replicherà a quelli già decisi da Washington pochi
giorni fa. La Cina parla di ricatto e assicura “forti
contromisure” in caso di loro attuazione. Lo scontro fa paura
alle borse asiatiche, che finiscono in forte calo (Shanghai
chiude -3,78%), mentre le quotazioni dell’oro sono
in rialzo. Piazza Affari in forte calo sul tonfo delle Borse
di Asia e Pacifico per i timori sulla guerra commerciale tra
Cina e Usa. Il primo Ftse Mib cede l’1,37% a quota 21.797
punti.
Storico vertice Trump – Kim
Jong-un:   “Al   lavoro   per
completa denuclearizzazione”

Impegno per lavorare a una completa denuclearizzazione della
Corea del Nord. E’ uno dei dei punti emersi dallo storico
incontro tra il presidente Usa Donald Trump e il leader
nordcoreano Kim Jong-un. “Il mio incontro con Kim è stato
onesto, diretto e produttivo”, ha detto il presidente Usa
nella conferenza stampa al termine dell’incontro. Un vertice
“storico”, ha osservato, dal quale deriva un “messaggio di
pace”. “Le sanzioni – ha fatto sapere – rimarranno in vigore
fino alla completa denuclearizzazione”. “Parliamo – ha
assicurato Trump – di denuclearizzazione completa della Corea
del Nord e sarà verificata”.
L’incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un è avvenuto poco dopo
le 9 (le 3 in Italia) con un copione scenico e hollywoodiano:
il presidente Usa e il leader nordcoreano si sono ritrovati
sul patio del Capella Hotel, sull’isola di Sentosa,
attraversando due porticati opposti. “Abbiamo avuto un
incontro storico, abbiamo deciso di lasciarci il passato alle
spalle, abbiamo firmato un documento storico, il mondo vedrà
un importante cambiamento”, ha detto il leader nordcoreano Kim
Jong-un. Poi la firma di un documento congiunto (prima della
quale uno 007 nordcoreano ha controllato la penna) con il
presidente Usa Donald Trump dopo il vertice a Singapore.
“Vorrei esprimere gratitudine al presidente Trump per aver
fatto accadere questo incontro”, ha aggiunto Kim. Trump e Kim
si sono impegnati a “lavorare verso la completa
denuclearizzazione della penisola coreana” facendo sforzi
congiunti per “costruire una pace duratura e stabile”. Lo
prevede il documento firmato dai leader, in cui si menziona
l’avvio di “nuove” relazioni” tra Usa e Corea del Nord. Trump
ha promesso, per accompagnare il processo, “garanzie sulla
sicurezza”.

Il   processo   di   denuclearizzazione    della   Corea   del
Nord inizierà “molto velocemente”, detto il presidente
americano Donald Trump dopo la firma del documento congiunto
con il leader nordcoreano Kim Jing Un.

La Cina accoglie con favore il primo incontro assoluto tra Usa
e Corea del Nord, tra Donald Trump e Kim Jong-un, esprimendo
l’auspicio che le parti possano lavorare insieme per la
denuclearizzazione della penisola. Il summit ha “un importante
e positivo significato, e ha dato via a una nuova storia”, ha
commentato il ministro degli Esteri, Wang Yi. L’invito alle
parti, inoltre, è di risolvere i nodi sulla sicurezza
attraverso “colloqui paritari”.

Con il tappeto rosso sistemato ovunque, i due leader dei due
Paesi si sono stretti la mano per la prima da 70 anni avendo
come sfondo le bandiere dei due Paesi: è durata più di 10
secondi, con Trump che ha rafforzato il contatto col giovane
leader poggiando brevemente anche la mano sinistra sul braccio
destro di Kim.

“Nice to meet you Mr. President“, ha detto in inglese al
tycoon il “supremo comandante”. Poi, i due si sono messi in
posa per i flash dei fotografi e e telecamere per immortalare
lo storico momento. “E’ un onore essere qui”, ha detto Trump
prima di dare il via al faccia a faccia assistito dai soli
interpreti e durato circa 40 minuti, anticipando di avere con
lui una “relazione formidabile”. Ha detto di sentirsi
“veramente bene”, avendo Kim seduto sulla poltrona alla sua
sinistra. “Non era facile arrivare qui… C’erano ostacoli ma li
abbiamo superati per esserci”, ha ribattuto il leader
nordcoreano.

Alla fine del colloquio, mentre si spostavano in un’altra sala
per il meeting allargato, Trump ha avuto il tempo per una
battuta a uso dei media: è andato “molto, molto bene”, ha
affermato, anticipando che i due già hanno una “eccellente
relazione”.

Alla riunione, dedicata alla questione del nucleare, hanno
preso parte anche il segretario di Stato Mike Pompeo, il capo
di gabinetto John Kelly e il consigliere sulla Sicurezza
nazionale John Bolton; mentre per la parte nordcoreana, il
braccio destro del leader Kim Yong-chol, il ministro degli
Esteri Ri Yong-ho e Ri Su-yong, presidente della Commissione
diplomatica della Suprema assemblea del popolo.

Con Kim Jong-un “risolveremo un grande problema, un grande
dilemma”, ha detto Trump sul nucleare con il leader
nordcoreano, assicurando che “lavorando insieme ce ne faremo
carico“.

Tra sorrisi, strette di mano e atmosfera cordiale, il meeting
ha ceduto il testimone al pranzo di lavoro dove sono
proseguire le conversazioni. Un menù a base di sapori asiatici
e occidentali. Come antipasti sono previsti un cocktail di
gamberetti con insalata di avocato, kerabu’ di mango verde
condito con miele di lime e piovra fresca, cetriolo ripieno
alla coreana (Oiseon). Poi di due leader si sono concessi una
breve    passeggiata:     “Abbiamo   fatto    un  sacco    di
progressi, l’incontro e’ andato meglio di quanto chiunque
potesse aspettarsi“, ha detto Trump. Poi, il siparietto. Il
tycoon ha mostrato al leader ‘the beast’, la macchina
presidenziale del presidente americano. Il tycoon, nel
singolare siparietto, ha aperto anche lo sportello. Attesa,
inoltre, la firma di un documento.

“Ci saranno sfide davanti ma lavoreremo con Trump. Supereremo
tutti i tipi di scetticismo e le speculazioni su questo summit
– ha detto Kim secondo quanto si è appreso – e credo che
questo sarà un bene per la pace”. “Li risolveremo… e non vedo
l’ora di lavorare con lei”, ha replicato Trump.

Robert De Niro vieta al Trump
di    entrare     nei    suoi
ristoranti
Robert De Niro lancia un’altra delle sue bordate contro Donald
Trump e vieta al presidente americano di entrare nei suoi
ristoranti giapponesi: che la star di Hollywood non sopporti
il tycoon è noto da tempo, ma l’attore di origini italiane non
era mai arrivato a tanto. Intervistato dal tabloid britannico
Daily Mail, il 74enne co-fondatore della catena di ristoranti
nipponici Nobu non ha usato mezzi termini: se Trump dovesse
mai entrare in uno dei suoi locali, verrebbe irrimediabilmente
riaccompagnato alla porta. Ma il suo odio per Trump non
finisce qui: “Non mi interessa cosa gli piace – ha proseguito
De Niro riferendosi sempre al presidente – Se dovesse entrare
in un ristorante mentre io sono lì, me ne andrei”.

L’altro co-fondatore della catena, lo chef Nobu Matsuhisa che
era presente durante l’intervista, ha preferito rispondere con
una battuta affermando che è il suo “sogno far sedere Trump
accanto” a De Niro per “preparare loro del sushi!”. Ma Nobu sa
bene che il suo sogno non si avvererà mai perché il sogno di
De Niro è ben diverso: “Prima può essere messo sotto accusa
(‘impeached’)” meglio è, “o forse sarà arrestato e messo in
prigione…”, aveva detto l’attore lo scorso ottobre parlando di
Trump.

Siria, Trump alla                            Russia:
“Stiamo arrivando”

“La Russia promette di abbattere tutti i missili sparati alla
Siria. Russia preparati, perché arriveranno, belli, nuovi e
intelligenti! Non dovreste essere partner di un animale che
uccide con il gas, che uccide il suo popolo e si diverte!”.
Questo il tweet del presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump. Poche ore prima, Mosca aveva detto che la risposta a un
eventuale attacco statunitense in Siria sarebbe stata
“immediata”.

“Le nostre relazioni con la Russia sono peggiori di quanto non
lo siano mai state, compresa la Guerra Fredda. Non c’è ragione
per questo”: ha aggiunto sempre tramite Twitter il presidente
americano Donald Trump.

 The U.S. condemns the heinous attack on innocent Syrians, and
 will use all efforts available to hold those who use chemical
 weapons, in #Syria and otherwise, accountable.

 “This is about humanity. We’re talking about humanity. And it
 can’t     be    allowed      to    happen.”      –    @POTUS
 pic.twitter.com/pQOgRLUwdw

 — Department of State (@StateDept) 10 aprile 2018

Mosca: “Spari           i   suoi     missili          contro
terroristi”
“I   missili   ‘intelligenti’   dovrebbero   volare   verso   i
terroristi, non verso il governo legittimo” della Siria. E’ la
prima risposta di Mosca al tweet di Donald Trump per bocca
della portavoce del ministero degli Esteri russo. La Russia
sostiene che i missili americani distruggeranno le eventuali
prove dei sospetti attacchi chimici.

“Se gli Usa attaccano noi risponderemo”
L’esercito russo si riserva il diritto di abbattere i missili
e distruggere i siti di lancio in caso di aggressione degli
Stati Uniti contro la Siria, come fa sapere l’inviato di Mosca
in Libano, Alexander Zasypkin. “Le forze russe – sottolinea
inoltre Zasypkin secondo Russia Today – affronteranno
qualsiasi aggressione degli Stati Uniti contro la Siria,
intercettando i missili e colpendo le loro piattaforme di
lancio”.
Rincara la dose il vicepresidente della commissione Difesa in
Senato Yevgeny Serebrennikov, precisando che la base aerea
russa Hmeymim e la base navale di Tartus, come anche i
militari russi dispiegati in Siria, sono sotto stretta
protezione da quando Washington ha annunciato l’intenzione di
colpire la Siria dopo il presunto attacco chimico a Duma. E
concludendo: “Ci aspettiamo che, in caso di attacchi
americani, le vite dei nostri uomini non siano messe in
pericolo. Credo che gli Usa lo comprendano e che non lo
consentiranno perché, in caso contrario, la risposta della
Russia sarà immediata, come ha detto il nostro capo di Stato
maggiore”.

Putin: “Situazione preoccupa,                        spero
prevalga il buonsenso”
“La situazione nel mondo non può non suscitare preoccupazione,
sta diventando sempre più caotica, ma la Russia spera che il
buonsenso prevalga” e che “il sistema mondiale diventi stabile
e prevedibile”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin
in una cerimonia al Cremlino per la consegna delle credenziali
dei nuovi ambasciatori, tra cui l’italiano Pasquale Quito
Terracciano.

Damasco: “Usa spericolati, minacciano la
pace”
Il governo siriano definisce “spericolate” e “avventate” le
minacce americane di un attacco militare in seguito al
presunto attacco chimico di sabato scorso a est di Damasco. In
un comunicato del ministero degli Esteri diffuso dall’agenzia
ufficiale Sana si afferma che “il pretesto delle armi chimiche
è evidentemente una scusa debole e non sostenuta da prove”. E
che le “minacce americane mettono in pericolo la pace e la
sicurezza internazionali”.
New York, incendio alla Trump
Tower: un morto e 4 feriti

NEW YORK – Un incendio si è sviluppato al 50imo piano della
Trump Tower a New York causando la morte di una persona e il
ferimento in maniera lieve di almeno quattro pompieri. La
vittima si trovava all’interno dell’appartamento da cui sono
scaturite le fiamme.

L’edificio non è stato evacuato                             e
l’origine del rogo è stato individuato
L’8 gennaio scorso era scoppiato un altro incendio nella Trump
Tower, causato pare da un malfunzionamento dell’impianto di
riscaldamento. In quel caso, non ci fu nessun ferito. La Trump
Tower, sulla Quinta strada a Manhattan, è uno degli edifici
più iconici della città di New York ed è l’emblema stesso
dell’impero Trump. E’ anche lo scenario principale del reality
show The Apprentice. La torre, ultimata nel 1983, è alta 202
metri e fu costruita da Donald Trump e dalla Axa Equitable
Life Insurance Company, su disegno di Der Scutt. Oltre alla
sede della Trump organization, il grattacielo ospita
l’appartamento privato su tre piani della famiglia del
presidente, dal 66/mo al 68/mo piano.
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