Scontro Usa e Cina: Google rompe con Huawei dopo il bando di Trump. Ecco i rischi per gli utenti
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Scontro Usa e Cina: Google rompe con Huawei dopo il bando di Trump. Ecco i rischi per gli utenti Google rompe con Huawei, sospendendo ogni attività portata avanti con il colosso tecnologico cinese, all’avanguardia nella realizzazione delle reti di nuova generazione 5G. Lo riporta in esclusiva Reuters. Si tratta di uno schiaffo dolorosissimo per Huawei, dopo che l’amministrazione Trump ha inserito l’azienda nella lista nera vietandone l’uso per motivi di sicurezza nazionale. Nel dettaglio – spiega Reuters – gli smartphone e gli altri apparati Huawei venduti fuori dalla Cina dovrebbe perdere l’accesso agli aggiornamenti del sistema operativo di Google, Android. Non solo, dovrebbero perdere l’accesso anche ad alcuni dei popolarissimi servizi di Google come il Google Play Store, YouTube e il servizio di posta elettronica Gmail. Ma da Mountain View rassicurano gli utenti: “Ci stiamo
conformando all’ordine e stiamo valutando le ripercussioni. Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni di sicurezza di Google Play Protect – afferma un portavoce di Google – continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti”. Parole che tranquillizzano i possessori di smartphone e tablet Huawei, assicurando l’accesso al negozio di app e alla protezione da minacce informatiche. Anche le aziende Usa produttrici di chip e microchip – da Intel a Qualcomm, da Xilinx a Broadcom – si sono adeguate alla linea dettata dall’amministrazione Trump e hanno tagliato i ponti con Huawei, congelando le forniture destinate al colosso tecnologico cinese. Lo riporta l’agenzia Bloomberg, che spiega come le varie società hanno già informato i propri dipendenti. Si tratta di sviluppi che rischiano di portare alle stelle le tensioni tra Washington e Pechino, già impegnate in un braccio di ferro sui dazi. “Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti gli smartphone e tablet Huawei e Honor esistenti, coprendo sia quelli già venduti sia quelli in stock a livello globale”. Lo afferma Huawei in merito alle indiscrezioni di stampa sulla perdita dell’accesso, per i dispositivi Huawei, agli aggiornamenti del sistema operativo di Google, Android. La Cina “sostiene” le sue società nel ricorso “ad armi legali a difesa dei loro diritti legittimi”: così il portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kang, in merito alla sospensione delle fornitura a Huawei degli aggiornamenti di Android da parte di Google. La mossa è l’effetto dell’inserimento del colosso delle tlc di Shenzhen nella lista nera del commercio Usa per motivi di sicurezza nazionale, ultimo capitolo dello scontro commerciale tra Usa e Cina.
Trump vince al Senato, perde la Camera ed esulta: “Siamo andati oltre le aspettative” . Obama: “Spero che si torni ai valori dell’onestà” Donald Trump vince il Senato, ma perde la Camera che torna ai democratici dopo 8 anni (i dem hanno sfondato la quota 218 seggi necessaria per riconquistare il controllo di questo ramo del Parlamento). Questo l’esito delle elezioni di midterm negli Usa. Per i prossimi due anni, il presidente governerà avendo contro uno dei due rami del Parlamento. ‘Repubblicani oltre ogni aspettativa’, dice però mentre tende la mano ai dem: ‘Ora collaboriamo‘. ‘E’ solo un punto di partenza’,
spiega Barack Obama. Al Congresso entrano per la prima volta due donne musulmane e una nativa-americana. I repubblicani ottengono 25 governatori, 21 ai democratici. Record di partecipazione: i votanti sono stati 113 milioni, il 49% degli elettori registrati. Il ministro della Giustizia Jeff Sessions si e’ dimesso con effetto immediato su richiesta di Donald Trump. Matthew Whitaker, capo dello staff di Sessions, sarà ministro della giustizia ad interim. A scrutinio non ancora completato, nelle elezioni di Midterm i democratici sono proiettati a vincere il voto popolare con uno scarto di circa il 9%. Una percentuale, sottolinea il Washington Post, piu’ grande di quella delle ‘onde’ repubblicane nel 1994, 2010 e 2014 e di quella ‘blu’ nel 2006. Anche Hillary Clinton aveva vinto il voto popolare contro Donald Trump perdendo pero’ la gara negli Stati decisivi. Mentre continua in molti stati Usa il conteggio dei voti delle elezioni di metà mandato, sono ancora tre i seggi da assegnare al Senato americano, dove i repubblicani hanno già conquistato una maggioranza di 51 seggi (+2) contro i 46 dei democratici. Il democratico Jon Tester ha vinto un seggio al Senato in Montana, portando a 46 i senatori eletti dai dem contro i 51 dei repubblicani. Si attendono ancora i risultati di Florida, Arizona e del ballottaggio in Mississippi. Il Mississippi ha poi eletto un suo primo senatore ma manca all’appello un secondo, con i candidati che sono andati al ballottaggio previsto per il 27 novembre. Alla Camera dei Rappresentanti, quando sono ancora in corso le ultime operazioni di spoglio delle schede, su 415 seggi a disposizione i democratici ne hanno già guadagnati 222, strappandone 29 ai repubblicani e superando di quattro punti la soglia di 218 deputati necessaria per la maggioranza. I repubblicani sono fermi a quota 199.
Da parte sua, la leader dei progressisti alla Camera Nancy Pelosi – che l’anno scorso aveva evocato l’impeachment per il ministro della Giustizia – ha affermato che i dem hanno intenzione di ripristinare i controlli e gli equilibri costituzionali sull’amministrazione Trump. “La storia si ripete. Un partito al potere deve sempre affrontare sfide difficili nelle sue prime elezioni di medio termine”, ha detto lo speaker repubblicano della Camera Paul Ryan. E poi: “Mi congratulo con i democratici per la nuova maggioranza alla Camera e con i repubblicani per avere mantenuto il Senato. Non serve un’elezione per sapere che siamo una nazione divisa, e ora abbiamo una Washington divisa. Come Paese e come governo dobbiamo cercare un terreno comune”. L’appello ai dem, ora collaboriamo in Congresso Queste elezioni hanno visto un numero record di donne elette alla Camera: almeno 99 diventeranno deputate (su 237 candidate), un numero che supera il record precedente di 84. Tra loro c’e’ la 29enne democratica Alexandria Ocasio-Cortez, la donna più giovane mai eletta al Congresso americano; la democratica Rashida Tlaib, figlia di immigrati dalla Palestina, la prima donna musulmana ad essere eletta al Congresso; e la democratica Sharice Davids, la prima donna nativo-americana in Congresso. Per i dem sembrava una ‘mission impossible’ conquistare il collegio per la Camera numero sette di Richmond, Virginia, appannaggio dei repubblicani dal 1970, ma l’ex agente Cia Abigail Spanberger è riuscita ad infiammare l’ala più liberal del partito e ha battuto il deputato uscente David Brat (50,01% contro 48,7%). Arrivano le parole di Barack Obama: “Il nostro lavoro ora va avanti. Il cambiamento non può arrivare da una sola elezione,
ma questo è un punto di partenza”. “Spero che si torni ai valori dell’onestà, della decenza, del compromesso e che si torni a un Paese non diviso dalle sue differenze ma legato da un comune credo”, aggiunge l’ex presidente. Usa, Trump pronto a inviare 15mila soldati al confine col Messico per fermare i migranti “Un’invasione”: così Donald Trump in un’intervista alla Abc dipinge la carovana di immigrati partita dall’Honduras e in marcia verso il confine tra Messico e Stati Uniti. “Per questo
dobbiamo avere un muro di persone che li fermi, ha spiegato il presidente americano motivando la sua intenzione di inviare alla frontiera sud degli Usa fino a 15mila soldati, più di quanti ce ne sono in Afghanistan”. Trump critica quindi i numeri sulla carovana fatti dai media “Ci sono carovane in arrivo molto più grandi di quanto viene detto. Io sono molto bravo a stimare l’entità di una folla – ha aggiunto il presidente americano – e vi posso dire che la carovana in arrivo sembra molto più grande di quanto la gente pensi”. Il tycoon spiega quindi che è composta in gran parte da giovani e che “le donne e i bambini inquadrati in tv sono messi lì apposta per le telecamere. Mettono davanti le donne e i bambini, e non va bene”. Usa al voto per rinnovare il congresso: l’economia americana vola. Si punta su Trump?
L’America dell’era Trump va al voto per rinnovare il Congresso e per decidere se la strada del tycoon verso le presidenziali del 2020 sarà in discesa verso la rielezione, oppure irta di ostacoli come solo un biennio da ‘anatra zoppa’ può esserlo per un presidente americano. Ma proprio per il loro impatto sull’agenda della Casa Bianca, le elezioni di metà mandato di martedì 6 novembre sono attese con grande interesse ovunque nel mondo, per capire se la dottrina dell’America First troverà piena attuazione nei prossimi due anni oppure se il progetto anti-globalista e protezionista subirà un’inevitabile frenata. Lo scenario resta incerto, con i democratici che hanno buone ragioni per sperare in quella ‘blue wave‘ che farebbe loro riconquistare almeno la Camera dei Rappresentanti, rinnovata in tutti i suoi 435 seggi. A due settimane dal voto i sondaggi li danno ancora in vantaggio, ma solo per pochi punti. I giochi dunque restano aperti. Mentre al Senato le chance di vittoria per i dem sono quasi vicine allo zero. Due i punti di forza che potrebbero
rivelarsi fondamentali per lo sgambetto dei democratici a Trump: l’affluenza record, secondo le previsioni mai così alta per le midterm da almeno 40 anni, e nell’era del #metoo il voto delle donne, con il primato assoluto di candidate al Congresso, ben 257 su entrambe i fronti. Sul fronte dei repubblicani invece si punta soprattutto sull’effetto Trump, la cui popolarità continua a volare, forte soprattutto di un’economia americana che continua a correre come non mai. Senza parlare di come il tycoon, che sta battendo a tappeto il Paese, si senta a suo agio nel fare della questione immigrazione il punto di forza del rush finale verso il voto. Tra l’altro con una carta ancora da poter giocare: quella di un ulteriore taglio delle tasse per la classe media. Ma più di uno spettro aleggia sulla Casa Bianca. Il primo è la marcia della carovana dei 7.000 migranti verso gli Usa, che rischia di trasformarsi in una vera e propria crisi nazionale e umanitaria proprio alla vigilia delle elezioni. C’è poi la preoccupazione più grande per il tycoon: negli Usa la chiamano ‘October surprise’, la temutissima mossa prima di ogni elezione che in questo caso potrebbe arrivare all’improvviso dal Russiagate. E se il Congresso dovesse tornare, almeno in parte, in mano ai democratici, è chiaro che la campagna per un’impeachment o per una destituzione del presidente assumerebbe un vigore finora mai visto. Nel dettaglio ai dem servirebbero 23 seggi per vincere alla Camera, a partire da quelli oggi occupati da repubblicani ma espressi nei distretti in cui nel 2016 vinse Hillary Clinton. n tutto sono 75 i match più incerti per un posto alla Camera bassa, e riguardano 30 Stati Usa: dal nordest (vedi New York) al Midwest (vedi l’Iowa), dalla Florida alla traballante roccaforte repubblicana del Texas. Al Senato, dove ai repubblicani basta confermare i 51 seggi di oggi, i confronti più avvincenti sono in Nevada, Arizona, Missouri. Ma
soprattutto c’è la supersfida in Texas tra Ted Cruz e il giovane astro nascente dei democratici Beto O’Rourke, che in molti vedono candidato alla Casa Bianca contro Trump nel 2020. Trump si complimenta con Conte: “Sui migranti l’Europa dovrebbe seguire l’esempio dell’Italia”
Il primo ministro Giuseppe Conte è stato ricevuto alla Casa Bianca con una calorosa stretta di mano dal presidente americano Donald Trump. “Grazie Giuseppe per essere qui”, ha detto il presidente Usa. “E’ un grande onore essere qui”, ha risposto il premier. Conte ha ricevuto il via libera dal presidente americano su tre questioni cruciali: la Libia, una cabina di regia permanente per il Mediterraneo e la questione degli scambi commerciali e dei dazi. Lo affermano fonti di Palazzo Chigi al termine dell’incontro alla Casa Bianca.
Il Presidente americano – informano fonti di Palazzo Chigi – ha dato il suo via libera su tre questioni cruciali poste da Giuseppe Conte. In particolare, il primo è che l’Italia conta sull’appoggio degli USA per la Conferenza sulla Libia che si terrà nel nostro Paese, come annunciato dallo stesso Conte un mese fa al vertice NATO, e che può rappresentare un passaggio cruciale nel processo di messa a punto delle condizioni politiche, legali e di sicurezza indispensabili per lo svolgimento delle prossime elezioni politiche e presidenziali libiche. Ricevuto l’ ok di Trump. Quindi è stato ottenuto – prosegue la stessa fonte – il sostegno di Trump ad una “cabina di regia permanente” tra USA e Italia per il Mediterraneo allargato in chiave di lotta al terrorismo, maggiore sicurezza, immigrazione e soprattutto Libia. Con questa cabina di regia – da attuarsi attraverso i reciproci ministeri degli Esteri e della Difesa – l’Italia assumerebbe un ruolo di punto di riferimento, in Europa, per la Libia e di interlocutore privilegiato con gli Usa. L’idea è che Italia e USA possano insieme farsi promotori e fautori della stabilizzazione del paese nord africano. Ricevuto ok di Trump. Infine, via libera sul tema degli scambi commerciali e dazi: l’obiettivo di Conte è anche avere da Trump garanzie che gli interessi delle aziende italiane non vengano toccati, con particolare riferimento ai prodotti dell’agroalimentare. Per questo l’Italia si dichiara soddisfatta dell’accordo raggiunto tra Trump e Junker e ne auspica una rapida attuazione. Anche su questo tema via libera di Trump. “Conte sta facendo un lavoro fantastico”, ha detto Donald Trump ricevendo alla Casa Bianca il premier Giuseppe Conte. “Sono molto d’accordo con quello che state facendo sull’immigrazione legale e illegale”, ha affermato il presidente Usa sottolineando: “Sono d’accordo con la vostra gestione dei confini”. “Molti altri Paesi in Europa dovrebbero seguire l’esempio dell’Italia” sull’immigrazione e su una posizione dura ai confini, ha spiegato il presidente Usa.
Usa, Trump su conferma bando contro musulmani: “Wow!” “La corte suprema conferma il travel ban. Wow!”: e’ il commento di Donald Trump alla decisione della massima istanza giuridica americana di confermare il controverso bando contro alcuni Paesi a maggioranza musulmana. Con una decisione sofferta (5 a 4), i giudici hanno respinto la tesi che il provvedimento discrimina i musulmani o eccede l’autorità del presidente. Casa Bianca, decisione corte su bando vittoria enorme – Una “vittoria enorme per il popolo americano e per la Costituzione”. Così la Casa Bianca descrive la decisione oggi della Corte suprema che conferma il bando emanato dal presidente Usa Donald Trump contro gli arrivi da alcuni paesi
musulmani e mette fine ad una battaglia legale cominciata di fatto all’indomani dell’emanazione del provvedimento. La Casa Bianca parla inoltre di questo come un “momento di forte rivincita, dopo mesi di commenti isterici dai media e dai politici democratici”. Trump minaccia il Made in China Donald Trump minaccia nuovi dazi del 10% su altri prodotti Made in China per un valore di 200 miliardi di dollari se Pechino replicherà a quelli già decisi da Washington pochi giorni fa. La Cina parla di ricatto e assicura “forti contromisure” in caso di loro attuazione. Lo scontro fa paura alle borse asiatiche, che finiscono in forte calo (Shanghai chiude -3,78%), mentre le quotazioni dell’oro sono in rialzo. Piazza Affari in forte calo sul tonfo delle Borse di Asia e Pacifico per i timori sulla guerra commerciale tra Cina e Usa. Il primo Ftse Mib cede l’1,37% a quota 21.797 punti.
Storico vertice Trump – Kim Jong-un: “Al lavoro per completa denuclearizzazione” Impegno per lavorare a una completa denuclearizzazione della Corea del Nord. E’ uno dei dei punti emersi dallo storico incontro tra il presidente Usa Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un. “Il mio incontro con Kim è stato onesto, diretto e produttivo”, ha detto il presidente Usa nella conferenza stampa al termine dell’incontro. Un vertice “storico”, ha osservato, dal quale deriva un “messaggio di pace”. “Le sanzioni – ha fatto sapere – rimarranno in vigore fino alla completa denuclearizzazione”. “Parliamo – ha assicurato Trump – di denuclearizzazione completa della Corea del Nord e sarà verificata”.
L’incontro tra Donald Trump e Kim Jong-un è avvenuto poco dopo le 9 (le 3 in Italia) con un copione scenico e hollywoodiano: il presidente Usa e il leader nordcoreano si sono ritrovati sul patio del Capella Hotel, sull’isola di Sentosa, attraversando due porticati opposti. “Abbiamo avuto un incontro storico, abbiamo deciso di lasciarci il passato alle spalle, abbiamo firmato un documento storico, il mondo vedrà un importante cambiamento”, ha detto il leader nordcoreano Kim Jong-un. Poi la firma di un documento congiunto (prima della quale uno 007 nordcoreano ha controllato la penna) con il presidente Usa Donald Trump dopo il vertice a Singapore. “Vorrei esprimere gratitudine al presidente Trump per aver fatto accadere questo incontro”, ha aggiunto Kim. Trump e Kim si sono impegnati a “lavorare verso la completa denuclearizzazione della penisola coreana” facendo sforzi congiunti per “costruire una pace duratura e stabile”. Lo prevede il documento firmato dai leader, in cui si menziona l’avvio di “nuove” relazioni” tra Usa e Corea del Nord. Trump ha promesso, per accompagnare il processo, “garanzie sulla sicurezza”. Il processo di denuclearizzazione della Corea del Nord inizierà “molto velocemente”, detto il presidente americano Donald Trump dopo la firma del documento congiunto con il leader nordcoreano Kim Jing Un. La Cina accoglie con favore il primo incontro assoluto tra Usa e Corea del Nord, tra Donald Trump e Kim Jong-un, esprimendo l’auspicio che le parti possano lavorare insieme per la denuclearizzazione della penisola. Il summit ha “un importante e positivo significato, e ha dato via a una nuova storia”, ha commentato il ministro degli Esteri, Wang Yi. L’invito alle parti, inoltre, è di risolvere i nodi sulla sicurezza attraverso “colloqui paritari”. Con il tappeto rosso sistemato ovunque, i due leader dei due Paesi si sono stretti la mano per la prima da 70 anni avendo come sfondo le bandiere dei due Paesi: è durata più di 10
secondi, con Trump che ha rafforzato il contatto col giovane leader poggiando brevemente anche la mano sinistra sul braccio destro di Kim. “Nice to meet you Mr. President“, ha detto in inglese al tycoon il “supremo comandante”. Poi, i due si sono messi in posa per i flash dei fotografi e e telecamere per immortalare lo storico momento. “E’ un onore essere qui”, ha detto Trump prima di dare il via al faccia a faccia assistito dai soli interpreti e durato circa 40 minuti, anticipando di avere con lui una “relazione formidabile”. Ha detto di sentirsi “veramente bene”, avendo Kim seduto sulla poltrona alla sua sinistra. “Non era facile arrivare qui… C’erano ostacoli ma li abbiamo superati per esserci”, ha ribattuto il leader nordcoreano. Alla fine del colloquio, mentre si spostavano in un’altra sala per il meeting allargato, Trump ha avuto il tempo per una battuta a uso dei media: è andato “molto, molto bene”, ha affermato, anticipando che i due già hanno una “eccellente relazione”. Alla riunione, dedicata alla questione del nucleare, hanno preso parte anche il segretario di Stato Mike Pompeo, il capo di gabinetto John Kelly e il consigliere sulla Sicurezza nazionale John Bolton; mentre per la parte nordcoreana, il braccio destro del leader Kim Yong-chol, il ministro degli Esteri Ri Yong-ho e Ri Su-yong, presidente della Commissione diplomatica della Suprema assemblea del popolo. Con Kim Jong-un “risolveremo un grande problema, un grande dilemma”, ha detto Trump sul nucleare con il leader nordcoreano, assicurando che “lavorando insieme ce ne faremo carico“. Tra sorrisi, strette di mano e atmosfera cordiale, il meeting ha ceduto il testimone al pranzo di lavoro dove sono proseguire le conversazioni. Un menù a base di sapori asiatici
e occidentali. Come antipasti sono previsti un cocktail di gamberetti con insalata di avocato, kerabu’ di mango verde condito con miele di lime e piovra fresca, cetriolo ripieno alla coreana (Oiseon). Poi di due leader si sono concessi una breve passeggiata: “Abbiamo fatto un sacco di progressi, l’incontro e’ andato meglio di quanto chiunque potesse aspettarsi“, ha detto Trump. Poi, il siparietto. Il tycoon ha mostrato al leader ‘the beast’, la macchina presidenziale del presidente americano. Il tycoon, nel singolare siparietto, ha aperto anche lo sportello. Attesa, inoltre, la firma di un documento. “Ci saranno sfide davanti ma lavoreremo con Trump. Supereremo tutti i tipi di scetticismo e le speculazioni su questo summit – ha detto Kim secondo quanto si è appreso – e credo che questo sarà un bene per la pace”. “Li risolveremo… e non vedo l’ora di lavorare con lei”, ha replicato Trump. Robert De Niro vieta al Trump di entrare nei suoi ristoranti
Robert De Niro lancia un’altra delle sue bordate contro Donald Trump e vieta al presidente americano di entrare nei suoi ristoranti giapponesi: che la star di Hollywood non sopporti il tycoon è noto da tempo, ma l’attore di origini italiane non era mai arrivato a tanto. Intervistato dal tabloid britannico Daily Mail, il 74enne co-fondatore della catena di ristoranti nipponici Nobu non ha usato mezzi termini: se Trump dovesse mai entrare in uno dei suoi locali, verrebbe irrimediabilmente riaccompagnato alla porta. Ma il suo odio per Trump non finisce qui: “Non mi interessa cosa gli piace – ha proseguito De Niro riferendosi sempre al presidente – Se dovesse entrare in un ristorante mentre io sono lì, me ne andrei”. L’altro co-fondatore della catena, lo chef Nobu Matsuhisa che era presente durante l’intervista, ha preferito rispondere con una battuta affermando che è il suo “sogno far sedere Trump accanto” a De Niro per “preparare loro del sushi!”. Ma Nobu sa bene che il suo sogno non si avvererà mai perché il sogno di De Niro è ben diverso: “Prima può essere messo sotto accusa
(‘impeached’)” meglio è, “o forse sarà arrestato e messo in prigione…”, aveva detto l’attore lo scorso ottobre parlando di Trump. Siria, Trump alla Russia: “Stiamo arrivando” “La Russia promette di abbattere tutti i missili sparati alla Siria. Russia preparati, perché arriveranno, belli, nuovi e intelligenti! Non dovreste essere partner di un animale che uccide con il gas, che uccide il suo popolo e si diverte!”. Questo il tweet del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Poche ore prima, Mosca aveva detto che la risposta a un eventuale attacco statunitense in Siria sarebbe stata
“immediata”. “Le nostre relazioni con la Russia sono peggiori di quanto non lo siano mai state, compresa la Guerra Fredda. Non c’è ragione per questo”: ha aggiunto sempre tramite Twitter il presidente americano Donald Trump. The U.S. condemns the heinous attack on innocent Syrians, and will use all efforts available to hold those who use chemical weapons, in #Syria and otherwise, accountable. “This is about humanity. We’re talking about humanity. And it can’t be allowed to happen.” – @POTUS pic.twitter.com/pQOgRLUwdw — Department of State (@StateDept) 10 aprile 2018 Mosca: “Spari i suoi missili contro terroristi” “I missili ‘intelligenti’ dovrebbero volare verso i terroristi, non verso il governo legittimo” della Siria. E’ la prima risposta di Mosca al tweet di Donald Trump per bocca della portavoce del ministero degli Esteri russo. La Russia sostiene che i missili americani distruggeranno le eventuali prove dei sospetti attacchi chimici. “Se gli Usa attaccano noi risponderemo” L’esercito russo si riserva il diritto di abbattere i missili e distruggere i siti di lancio in caso di aggressione degli Stati Uniti contro la Siria, come fa sapere l’inviato di Mosca in Libano, Alexander Zasypkin. “Le forze russe – sottolinea inoltre Zasypkin secondo Russia Today – affronteranno qualsiasi aggressione degli Stati Uniti contro la Siria, intercettando i missili e colpendo le loro piattaforme di lancio”.
Rincara la dose il vicepresidente della commissione Difesa in Senato Yevgeny Serebrennikov, precisando che la base aerea russa Hmeymim e la base navale di Tartus, come anche i militari russi dispiegati in Siria, sono sotto stretta protezione da quando Washington ha annunciato l’intenzione di colpire la Siria dopo il presunto attacco chimico a Duma. E concludendo: “Ci aspettiamo che, in caso di attacchi americani, le vite dei nostri uomini non siano messe in pericolo. Credo che gli Usa lo comprendano e che non lo consentiranno perché, in caso contrario, la risposta della Russia sarà immediata, come ha detto il nostro capo di Stato maggiore”. Putin: “Situazione preoccupa, spero prevalga il buonsenso” “La situazione nel mondo non può non suscitare preoccupazione, sta diventando sempre più caotica, ma la Russia spera che il buonsenso prevalga” e che “il sistema mondiale diventi stabile e prevedibile”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin in una cerimonia al Cremlino per la consegna delle credenziali dei nuovi ambasciatori, tra cui l’italiano Pasquale Quito Terracciano. Damasco: “Usa spericolati, minacciano la pace” Il governo siriano definisce “spericolate” e “avventate” le minacce americane di un attacco militare in seguito al presunto attacco chimico di sabato scorso a est di Damasco. In un comunicato del ministero degli Esteri diffuso dall’agenzia ufficiale Sana si afferma che “il pretesto delle armi chimiche è evidentemente una scusa debole e non sostenuta da prove”. E che le “minacce americane mettono in pericolo la pace e la sicurezza internazionali”.
New York, incendio alla Trump Tower: un morto e 4 feriti NEW YORK – Un incendio si è sviluppato al 50imo piano della Trump Tower a New York causando la morte di una persona e il ferimento in maniera lieve di almeno quattro pompieri. La vittima si trovava all’interno dell’appartamento da cui sono scaturite le fiamme. L’edificio non è stato evacuato e l’origine del rogo è stato individuato L’8 gennaio scorso era scoppiato un altro incendio nella Trump Tower, causato pare da un malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento. In quel caso, non ci fu nessun ferito. La Trump Tower, sulla Quinta strada a Manhattan, è uno degli edifici
più iconici della città di New York ed è l’emblema stesso dell’impero Trump. E’ anche lo scenario principale del reality show The Apprentice. La torre, ultimata nel 1983, è alta 202 metri e fu costruita da Donald Trump e dalla Axa Equitable Life Insurance Company, su disegno di Der Scutt. Oltre alla sede della Trump organization, il grattacielo ospita l’appartamento privato su tre piani della famiglia del presidente, dal 66/mo al 68/mo piano.
Puoi anche leggere