RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA PREVEDERE - Agricolae

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RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA PREVEDERE - Agricolae
RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA
ITALIA,    PER     PREVEDERE
CONTINGENTE    PER   CATTURE
ACCESSORIE PESCA
Atto Camera Risoluzione in commissione 7-00646 presentato da
CATANOSO Basilio, FORZA ITALIA, martedì 31 marzo 2015, seduta
n. 402 che impegna il Governo a prevedere un contingente
adeguato da destinare alle catture accessorie effettuate da
imbarcazioni dedite esclusivamente alla pesca dei grandi
pelagici con l’attrezzo «palangaro di superficie»;

La XIII Commissione,

premesso che:

il tema delle catture di tonno rosso, il riordino delle quote
assegnate all’Italia e da questa ai pochi e fortunati
pescatori italiani, e la recente raccomandazione
dell’I.C.C.A.T. di elevare la quota pescabile di tonno rosso
assegnata all’Unione europea e, di conseguenza, all’Italia,
merita una discussione approfondita da parte della Commissione
agricoltura;

il sistema immediatamente precedente alla nuova decisione
dell’I.C.C.A.T. ha causato numerosi disagi alla marineria
nazionale, interessata da provvedimenti difformi dalle
disposizioni comunitarie vigenti in materia ed emanati dalla
direzione generale della pesca e dell’acquacoltura del
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

con la raccomandazione del novembre 2014 ICCAT n. 04-14 è
aumentata di circa il 20 per cento la quota destinata
RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA PREVEDERE - Agricolae
all’Italia per l’anno 2015;

tale incremento di quote, senza ledere alcun diritto acquisito
in passato dai fruitori storici delle quote assegnate,
permette all’Italia in quanto destinataria dell’incremento di
circa 350 tonnellate sempre per l’anno 2015, di iniziare a
risolvere l’annosa questione delle «quote tonno», ma quel che
è più importante mette a disposizione una base di
programmazione triennale di aumento graduale della quota
disponibile da assegnare, che alla fine del periodo porterà ad
un aumento complessivo superiore al 60 per cento rispetto alla
quota assegnata per l’anno 2014;

si ha necessità di programmare, su base triennale, dove e
quali siano le criticità della pesca italiana interessata e
mettere in campo tutte le azioni concrete che oggi è possibile
attuare nell’immediato e pianificare nel triennio;

le raccomandazioni ICCAT ed i vigenti regolamenti comunitari,
che sicuramente ci pongono dei limiti, allo stesso tempo danno
un indirizzo chiaro e preciso delle azioni possibili ed
attuabili;

il vigente regolamento dell’Unione europea 302/2009,
all’articolo 4, relativamente al piano di pesca annuale,
stabilisce che la quota sia assegnata alla singola
imbarcazione e non alle regioni e/o ad altri organismi di
gestione;

assegnare le quote alle regioni o a loro enti/organismi,
sembrerebbe irrealizzabile per un principio di opportunità,
nella misura in cui bisognerebbe istituire un principio
discrezionale in base al quale decidere a quale regione ed in
quale misura, rispetto alle altre;

di fronte ad una quasi totalità delle imbarcazioni italiane
sprovviste di quota, per evitare disparità, occorre stabilire
un principio uniforme che non privilegi e penalizzi alcuno;
le uniche leve su cui si può agire e puntare in conformità
alle raccomandazioni I.C.C.A.T. ed ai regolamenti dell’Unione
europea,      sono     le    catture     «by-catch»       e/o
accessorie/accidentali, ad oggi interessate da provvedimenti
difformi che ne hanno penalizzato il corretto e puntuale
utilizzo e l’applicazione;

tale strumento, normato in maniera corretta, consentirebbe a
tutte le barche da pesca impegnate nella loro legittima
attività di sbarcare e contingentare tutti i tonni catturati
durante le attività di pesca autorizzate, come previsto dal
regolamento 302 del 2009 e dalla raccomandazione ICCAT 14-04;

i rigetti a mare sono fra i migliori esempi di carenze della
politica comune della pesca e sono impossibili da giustificare
di fronte ai pescatori e all’opinione pubblica;

i pescatori degli altri Stati membri dell’Unione europea hanno
già adottato alcune buone iniziative volte a ridurre i
rigetti, ma queste rimangono ancora troppo sporadiche e, al
contempo, aumenta l’opposizione dell’opinione pubblica contro
questa pratica generatrice di sprechi;

un obiettivo condivisibile dovrebbe essere, invece, quello di
rendere la pesca più selettiva e fornire dati più affidabili
sulle catture;

per consentire ai pescatori di adattarsi al cambiamento,
l’obbligo di sbarco sarà introdotto gradualmente tra il 2015 e
il 2019 per tutti i tipi di pesca commerciale (specie soggette
a TAC o sotto le taglie minime) nelle acque europee;

l’ICCAT nella riunione plenaria tenutasi Genova nel mese di
novembre 2014 con Doc. n. PA2-606A/2014 ha statuito il
principio per cui, ove la legislazione dello Stato membro
preveda l’obbligo di sbarco, non venga applicata la
percentuale del 5 per cento come limite massimo di pesci
mantenuti a bordo catturati accidentalmente per ovvi motivi
ambientali e pratici;
tali sono le previsioni della raccomandazione ICCAT 13-07 e di
quella più recente 14-04, rispettivamente ai punti 32 e 29;

nel regolare svolgimento della specifica pesca con l’attrezzo
«palangaro di superficie derivante», mirato alla cattura di
grandi pelagici e/o migratori quali pescespada e tonno bianco
(alalunghe), è normalità effettuare catture accessorie di
tonno rosso (vista l’alta presenza delle specie nel
mediterraneo);

il regolamento (CE) n. 302/2009 del Consiglio del 6 aprile
2009 all’articolo 11 recita: «Le navi da cattura comunitarie
che non praticano la pesca attiva del tonno rosso non sono
autorizzate a detenere a bordo catture di tonno rosso
superiori al 5 per cento delle catture totali presenti a bordo
in peso e/o numero di esemplari. Le catture accessorie sono
detratte dal contingente assegnato allo Stato membro di
bandiera. Quando è aperta la pesca del tonno rosso è vietato
rigettare in mare gli esemplari morti delle catture accessorie
di cui al paragrafo 1, che devono essere imputati al
contingente dello Stato membro di bandiera. Alle catture
accessorie di tonno rosso si applicano gli articoli 17, 18,
21, 23 e 34»;

l’articolo 11 si pone a tutela e disciplina le catture
accessorie durante una normale battuta di pesca, ad una ben
determinata specie bersaglio, senza porre limiti temporali,
rispetto al periodo dell’anno in cui si effettua la cattura,
né limiti quantitativi annuali;

l’unica previsione specifica è prevista dal 2o paragrafo
rispetto al divieto di rigetti in mare degli esemplari
catturati morti durante l’apertura della pesca al tonno rosso,
per un evidente e logico principio di salvaguardia della
specie con obbligo di contingentamento;

la normativa nazionale, invece, restringe il disposto
comunitario applicando alle catture accidentali uno specifico
contingente di cattura, assimilando di fatto le catture
accessorie e/o accidentali ad uno specifico sistema di pesca
controllabile nei tempi, nei modi e nelle quantità,

impegna il Governo:

a prevedere un contingente adeguato da destinare alle catture
accessorie effettuate da imbarcazioni dedite esclusivamente
alla pesca dei grandi pelagici con l’attrezzo «palangaro di
superficie»;

ad assumere iniziative per definire una specifica normativa
che abroghi, per le imbarcazioni di cui al comma 1
dell’articolo 11 del Regolamento dell’Unione europea 302/2009,
il massimale di cattura previsto dall’articolo 4 del decreto
ministeriale 27 luglio 2000;

ad assumere iniziative per definire una specifica disciplina
normativa delle catture accessorie nell’ambito del 5 per cento
del pescato in caso di esaurimento del contingente;

ad assumere iniziative per definire un’idonea disciplina
normativa delle catture accessorie di esemplari morti
eccedenti il 5 per cento durante la campagna di tonno rosso.

(7-00646) «Catanoso, Faenzi, Russo, Abrignani, Nizzi».
INTERROGAZIONE PILI, PARTITO
MISTO CAMERA, PER SALVARE
AZIENDE AGRICOLE SARDE IN
DIFFICOLTA
Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-05219
presentato da PILI Mauro martedì 31 marzo 2015, seduta n. 402
per salvare le aziende agricole della Sardegna

PILI. — Al Ministro dell’interno, al Ministro dell’economia e
delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per
sapere – premesso che:

con un atto di una gravità inaudita il 22 gennaio 2015 ad
Arborea era stato messo in atto un blitz delle forze
dell’ordine per lo sgombero di un’azienda agricola;

il blitz era stato messo in atto con un centinaio di uomini in
assetto antisommossa, elicotteri, mezzi e uomini dei vigili
del fuoco impegnati ad attuare lo sfratto forzato della
famiglia Spanu, disposto dal tribunale, dalla casa e
dall’azienda vicino alla strada consortile sulla 22 ovest di
Arborea;

alla luce dell’epilogo che la vicenda ha assunto si tratta di
un episodio inaccettabile che vede lo Stato a giudizio
dell’interrogante responsabile di quanto accaduto;

si tratta di una famiglia portata via di peso dalla propria
casa da un esercito di Stato in tenuta antisommossa,
elicotteri, mezzi blindati, prefetti e questori e ora della
vendita dell’azienda ad un prezzo più che doppio rispetto a
quello dell’asta di Stato;
dopo l’atto di forza attuato dallo Stato e la vergogna di
un’asta che ha portato via tutto ad una povera famiglia per
150.000 euro, requisiti dalle banche, è la volta di quella che
all’interrogante appare una vera e propria speculazione;

quell’azienda «scippata» in un’asta finisce, dopo nemmeno due
mesi da quel blitz, in vendita su tutti i siti immobiliari per
360.000 euro;

un’asta di Stato che ha di fatto sottratto per piccole somme
l’azienda ad una povera famiglia, fagocitata dalle banche e
non solo, e poi dopo qualche settimana l’operazione è conclusa
con un guadagno di 210.000 mila euro;

questo è l’epilogo dello schieramento di forze consentito da
prefetto e questore;

è l’inaccettabile condotta di uno Stato che schiera centinaia
di uomini armati e in tenuta antisommossa per far uscire dalla
propria casa due poveri anziani e agevolare quella che
all’interrogante appare la più vergognosa delle operazioni in
danno della povera gente;

uno dei link pubblicati in queste ore svela che l’esercito di
Stato schierato contro quella povera famiglia ha avuto di
fatto l’effetto di favorire un’operazione secondo
l’interrogante indegna;

se fossimo in uno Stato di diritto tutto questo dovrebbe
comportare l’allontanamento dei responsabili di questo
misfatto. La realtà, invece, vede tutti schierati contro i
deboli;

il link di uno dei siti di vendite immobiliari riporta
immagini eloquenti dell’azienda della famiglia Spanu che il 22
gennaio 2015 era stata oggetto di una vera e propria azione
militare per la cacciata della anziana coppia;

ora più che mai, alla luce di questo epilogo deve essere
avviata a giudizio dell’interrogante un’indagine ministeriale
che spieghi e giustifichi i costi dell’operazione per il
drammatico sfratto della famiglia Spanu di Arborea, durante il
quale sono state impegnate decine di agenti di polizia in
assetto antisommossa, elicotteri e diversi mezzi blindati;

si ribadisce che è un fatto di una gravità inaudita che deve
essere oggetto di un’indagine ministeriale per conoscere i
responsabili di quella che appare all’interrogante la gestione
di un’operazione militare grave sul piano sostanziale,
inaccettabile su quello sociale;

è evidente che se non arriveranno risposte esaustive dovrà
essere valutato il ricorso ad altri organi dello Stato per
verificare eventuali violazioni di legge;

si registra l’inaccettabile silenzio del presidente della
regione nonostante in Sardegna, entro aprile 2015, 700 aziende
agricole sarde rischiano di finire all’asta;

è   indispensabile   perseguire   una   normativa   nazionale   e
regionale per il blocco delle aste per tutto l’anno,
attraverso un’inderogabile moratoria, e un piano di rilancio,
effettuato attraverso la finanziaria regionale, per salvare
l’agricoltura sarda;

schierare un vero e proprio esercito per sottrarre l’azienda
venduta all’asta dopo mille vicissitudini è un fatto che
dimostra, secondo l’interrogante, che lo Stato usa la forza
dando luogo a un sistema oppressivo sia sul piano fiscale che
sociale;

ora con questa operazione la posizione dello Stato si aggrava:
ha utilizzato la forza pubblica sostanzialmente ai danni di
una povera famiglia –:

se il Governo ritenga di dover promuovere, per quanto di
competenza, un’urgente indagine ministeriale sui fatti
richiamati riguardanti l’azienda sottratta alla famiglia Spanu
con l’ausilio inaudito e a giudizio dell’interrogante
improprio di tanti uomini e mezzi per eseguire uno sfratto;

se possa indicare il Ministro chi ha deciso tale azione e se
fosse a conoscenza della situazione e degli effetti
pregiudizievoli che avrebbe comportato;

se non intenda assumere iniziative normative per evitare, per
il futuro, che possano verificarsi situazioni come quella di
cui in premessa;

se non intenda esaminare la possibilità di proporre una
moratoria di un anno attraverso un’iniziativa normativa
urgente che preveda anche la possibilità di intervenire nel
salvataggio delle aziende a rischio di asta giudiziaria.
(5-05219)

INTERROGAZIONE GAGNARLI, M5S
CAMERA, SU CONTROLLO NUMERO
ASSOCIAZIONI       VENATORIE
RICONOSCIUTE
Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-05221
presentato da GAGNARLI Chiara, M5S, martedì 31 marzo 2015,
seduta n. 402 per sapere se siano previsti dei sistemi di
controllo, da parte del Ministero dell’economia e delle
finanze, del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali o da altri enti, sull’effettiva consistenza numerica
delle associazioni venatorie nazionali riconosciute
GAGNARLI, L’ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e LUPO. — Al Ministro
dell’economia e delle finanze, al Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

l’attività venatoria in Italia è regolata dalla legge n. 157
dell’11 febbraio 1992, recentemente modificata dalla legge
n. 97 del 6 agosto 2013, recante norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;

l’articolo 24 della legge n. 157 del 1992 ha istituito nello
stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, un
Fondo, la cui dotazione è alimentata da un’addizionale, pari a
5,16 euro, alla tassa erariale di licenza di porto di fucile
anche per uso di caccia (tassa di rilascio, rinnovo e annuale)
di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del
1972;

la dotazione del Fondo è per la quasi totalità, il 95 per
cento destinata alle associazioni venatorie nazionali
riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata
consistenza associativa;

ai sensi dell’articolo 34 della medesima legge n. 157, si
considerano riconosciute agli effetti della legge la
Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie
nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione
nazionale libera caccia, ARCI-Caccia, Unione nazionale
Enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina,
Italcaccia). Queste 7 associazioni sono sottoposte alla
vigilanza del Ministro dell’agricoltura e delle foreste;

il restante 4 per cento della dotazione del Fondo è destinato
al funzionamento e l’espletamento dei compiti istituzionali
del «Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale». L’1 per
cento residuo è destinato al pagamento della quota di adesione
dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia
e della conservazione della selvaggina;
le disponibilità del fondo devono essere ripartite entro il 31
marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro dell’economia
e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro
delle politiche agricole alimentari e forestali;

la ripartizione ed assegnazione delle somme del fondo di cui
all’articolo 24, comma 2, lettera c) della legge n. 157 del
1992, effettuata tramite il suddetto decreto, si riferisce
alle dichiarazioni di consistenza numerica delle associazioni
venatorie nazionali, riferite a 2 anni prima;

le 7 Associazioni venatorie nazionali riconosciute trasmettono
annualmente, sotto la propria responsabilità, le dichiarazioni
delle compagnie assicuratrici, controfirmate dai presidenti
delle Associazione stesse, attestanti la consistenza numerica
dei propri soci iscritti;

l’attribuzione della dotazione prevista alle Associazioni
venatorie     nazionali    riconosciute     non   comporta
l’assoggettamento delle stesse al controllo della Corte dei
conti, previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, perché enti
cui lo Stato contribuisce in via ordinaria;

si nota che la dotazione del fondo di cui all’articolo 24
della legge n. 157 del 1992 subisce oscillazioni annuali di
decine di migliaia di euro: 1,70 milioni (2012), 1,60 milioni
(2013), 1,65 milioni (2014) –:

se siano previsti dei sistemi di controllo, da parte del
Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali o da altri enti,
sull’effettiva consistenza numerica delle associazioni
venatorie nazionali riconosciute ai sensi dell’articolo 34
della legge n. 157 del 1992, destinatarie dei Fondi istituiti
dall’articolo 24 della medesima legge, a controprova di quanto
da esse autodichiarato, posto che per tali attribuzioni, in
quanto ordinarie, non è previsto il controllo della Corte dei
conti. (5-05221)
I SETTE GIORNI “AGRICOLI”
DELLA   CAMERA. TUTTI GLI
APPUNTAMENTI
                               Si apre una settimana intensa
                               per la Commissione Agricoltura
                               della Camera. A partire dagli
                               interventi per il settore
                               ittico per i quali si avvia
                               l’esame del testo unificato.

Martedì 31 marzo, la Commissione, nell’ambito della
discussione congiunta delle risoluzioni 7-00588 Oliverio,
7-00606 Rostellato e 7-00607 Gallinella sulle iniziative per
il sostegno del settore del latte, svolgerà l’audizione
informale dei rappresentanti del Consiglio per la ricerca in
agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CRA) e dei
rappresentanti dell’Istituto di servizi per il mercato
agricolo alimentare (ISMEA).

Quindi, la Commissione, in sede referente, inizierà l’esame
del testo unificato delle proposte di legge recanti interventi
per il settore ittico (C. 338 e C. 339 Catanoso, C. 521
Oliverio e C. 1124 Caon – Rel. Luciano Agostini – PD). Al
termine, in sede di comitato ristretto, proseguirà l’esame
delle abbinate proposte di legge: disciplina organica della
coltivazione della vite e della produzione e del commercio del
vino (C. 2236 Sani e C. 2618 Oliverio – Rel. Fiorio – PD).

Mercoledì 1° aprile, la Commissione proseguirà la discussione
della risoluzione 7-00625 Mongiello, Iniziative per il
rilancio del piano olivicolo nazionale. Quindi, nell’ambito
della discussione della risoluzione 7-00625 Mongiello,
svolgerà l’audizione informale dei rappresentanti di
FEDER.D.O.P. Olio, Unione nazionale tra le associazioni di
produttori di olive (Unaprol), Consorzio nazionale
olivicoltori (CNO), Associazione Italiana Frantoiani Oleari
(AIFO), Unasco e dei rappresentanti della Società di
ortoflorofrutticoltura italiana (SOI).

In sede referente, inizierà l’esame del testo unificato delle
proposte di legge recanti disposizioni per la promozione della
coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (C.
1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini e C. 1859 Oliverio – Rel.
Terrosi – PD).

INTERROGAZIONE      CATANOSO,
FORZA   ITALIA   CAMERA,   SU
MECCANISMO DEL REVERSE CHARGE
Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-08589
presentato da CATANOSO Basilio, FORZA ITALIA, venerdì 27 marzo
2015, seduta n. 401 sul meccanismo del cosiddetto reverse
charge in agricoltura produrrebbe danni devastanti al settore
dell’agricoltura nazionale.

CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. —
Per sapere – premesso che:

come riporta un articolo dell’Informatore agrario, il
meccanismo del cosiddetto reverse charge in agricoltura
produrrebbe danni devastanti al settore dell’agricoltura
nazionale;

la maggiore associazione degli industriali italiani,
contestando nel merito la normativa prevista con la legge di
stabilità 2015, ha già presentato un ricorso alla Commissione
europea in cui esprime la propria preoccupazione circa le
conseguenze pratiche ed immediate dell’applicazione di questo
meccanismo a carico delle aziende;

questo meccanismo prevede che le aziende debbano sborsare,
subito, l’Iva sulle fatture di acquisto senza poterla
incassare per merci e servizi venduti con il risultato di un
deficit finanziario per le aziende, costrette a chiedere il
rimborso Iva allo Stato ed un tesoretto da gestire per il
Governo, tanto più consistente quanto più lunghi saranno i
tempi di restituzione dell’imposta alle imprese;

le imprese, inoltre, dovranno sostenere maggiori costi, in
termini di tempi persi a dedicarsi al disbrigo di pratiche
burocratiche per richiedere detto rimborso ed in termini
finanziari come conseguenza dell’obbligo di sottoscrivere
delle fideiussioni (obbligatorie per legge) bancarie o
assicurative per tutelarsi dalle false richieste;

a questo evidente danno nei confronti nei confronti delle
imprese si aggiunge la beffa della procedura d’infrazione nei
riguardi dell’Italia proprio a causa dei ritardi nel rimborsi
dell’Iva;

per l’agricoltura, già martoriata da decine di balzelli e da
ultimo l’Imu, l’applicazione della normativa sta iniziando a
produrre i primi effetti nefasti ed altri ne giungeranno se
non si interviene bene ed in tempi adeguati;
i produttori di energia elettrica fotovoltaica o da biogas
sono stati i primi ad essere colpiti: da gennaio il Gse non
paga più l’Iva sul valore dell’energia. Gli agricoltori, però,
pagano l’imposta sulle fatture d’acquisto per i servizi ed i
materiali delle manutenzioni e per le prestazioni e i mezzi
tecnici necessari, ad esempio, a produrre la bio-massa
destinata ad alimentare il digestore;

molti imprenditori non hanno avuto il tempo di recuperare
l’Iva pagata sulle spese sostenute per la costruzione
dell’impianto prima dell’introduzione del reverse charge,
pertanto si trovano ora esposti nei confronti dello Stato per
centinaia di migliaia di Euro;

l’impatto maggiore si potrebbe avere nell’eventualità che la
Commissione europea dia il «via libera» all’inserimento nella
lista dei soggetti destinatari del meccanismo di cui sopra
anche alla grande distribuzione organizzata;

nasce da questa preoccupazione l’azione di Confindustria,
secondo la quale la fattispecie è consentita dalla
legislazione europea solo in presenza di rischi di frode
ampiamente documentati, quale non è il caso dei fornitori di
supermercati, ipermercati e discount;

non possiamo correre il rischio che tale normativa venga
applicata alle finanze delle tante cooperative e aziende
agricole fornitrici della GDO, come ai produttori di latte e
di carne in regime forfettario dell’Iva;

a giudizio dell’odierno interrogante e dell’estensore
dell’articolo dell’Informatore agrario si tratta di una vera e
propria sottrazione di liquidità alle imprese in grado di
metterne a rischio la loro stessa esistenza e non deve trovare
applicazione in agricoltura;

il primo effetto concreto sarà il blocco degli investimenti,
un colpo alla competitività delle nostre imprese e della
nostra economia nazionale che ha visto nel settore primario un
elemento di tenuta sia del Pil che dell’occupazione –:

quali iniziative di competenza intendano adottare i ministri
interrogati per risolvere le problematiche esposte in
premessa. (4-08589)

INTERROGAZIONE DE PETRIS, SEL
SENATO, SU IMPIEGO PRODOTTI
IN AGRICOLTURA A BASE DI
GLIFOSATO
Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-03722
presentata da LOREDANA DE PETRIS, SEL SENATO, giovedì 26 marzo
2015, seduta n.419 per sapere quali siano i dati concernenti
la vendita e l’impiego in Italia dei prodotti di sintesi a
base di glifosato,      malathion,     diazinon,   paration    e
tetrachlorvinphos

DE PETRIS – Ai Ministri della salute, dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole
alimentari e forestali – Premesso che:

l’Agenzia internazionale per la     ricerca sul cancro (IARC),
organismo scientifico collegato     all’Organizzazione mondiale
della sanità, ha pubblicato sulla   rivista “Lancet” il 20 marzo
2015 le risultanze degli studi      e dei test di laboratorio
condotti su alcuni pesticidi e prodotti chimici correntemente
utilizzati in agricoltura e nelle pratiche di giardinaggio;

da tali studi si evince che risultano “probabilmente
cancerogeni” l’erbicida denominato glifosato, e gli
insetticidi malathion, diazinon, paration e tetrachlorvinphos
e, per quanto concerne il glifosato, si rileva correlazione
con la vulnerabilità al linfoma non Hodgkin dei lavoratori
esposti;

i prodotti a base di glifosato risultano ampiamente diffusi
nelle pratiche agricole in atto nel nostro Paese, con
particolare riferimento alle coltivazioni di mais, soia e
colza e negli interventi di diserbo praticati anche ai margini
delle strade e nelle aree pubbliche;

l’intenso utilizzo di tale prodotto può pertanto configurare
un grave rischio non solo per i consumatori delle derrate
agricole interessate, ma anche per i lavoratori dei settori
direttamente esposti al contatto con l’erbicida;

nel rapporto nazionale sui pesticidi nelle acque diffuso
dall’ISPRA si afferma, fra l’altro, che «la presenza del
glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, è
ampiamente confermata, anche se il suo monitoraggio è tuttora
effettuato solo in Lombardia, dove la sostanza è presente nel
31,8 per cento dei punti di monitoraggio delle acque
superficiali, mentre il metabolita nel 56,6 per cento»;

il glifosato inoltre è l’erbicida accoppiato all’impiego delle
principali sementi geneticamente modificate di mais e soia,

si chiede di sapere:

quali siano i dati concernenti la vendita e l’impiego in
Italia dei prodotti di sintesi a base di glifosato, malathion,
diazinon, paration e tetrachlorvinphos;

se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario e urgente
acquisire le risultanze degli studi pubblicati dallo IARC e
procedere     alla    sospensione      cautelativa     della
commercializzazione nel nostro Paese dei prodotti contenenti
tali principi attivi;

se non ritengano necessario adeguare il piano di azione
nazionale sull’uso dei pesticidi, adottato con decreto
interministeriale del 22 gennaio 2014, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2014, al fine di
valutare adeguatamente il livello di rischio provocato dai
prodotti in questione e la sua diffusione sul territorio
nazionale, adottando i provvedimenti conseguenti;

se non ritengano necessario confermare il divieto, esteso
all’intero territorio nazionale, di utilizzo di sementi
geneticamente modificate, in attuazione della direttiva (UE)
n. 2015/412 dell’11 marzo 2015.

(4-03722)
INTERROGAZIONE   CASALETTO,
MISTO       SENATO,      SU
VALORIZZAZIONE VINO MADE IN
ITALY
Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-03710
presentata da MONICA CASALETTO, MISTO SENATO, giovedì 26 marzo
2015, seduta n.418 per sapere se il Ministro in indirizzo, per
quanto di competenza, voglia utilizzare strategie adeguate per
la valorizzazione del made in Italy togliendo il segreto sui
flussi commerciali ed evitando che il vino importato venga
etichettato da aziende italiane come made in Italy.

CASALETTO, CAMPANELLA – Al Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali – Premesso che:

da un’analisi Istat presentata alla manifestazione “Vinitaly”
dalla Coldiretti emergono dati preoccupanti riguardo
all’arrivo di vino straniero in Italia nel 2014. Si è
registrato il record storico delle importazioni con 278
milioni di chilogrammi, in aumento del 46 per cento
dall’inizio della crisi nel 2008;

la provenienza è soprattutto spagnola, con l’arrivo di ben 154
milioni di chilogrammi di vino dalla penisola iberica, mentre
dagli Usa sono sbarcati in Italia 47 milioni di chilogrammi,
la quasi totalità sfusi in recipienti superiori ai 2 litri;

considerato che il vino è una leva strategica per la
competitività del made in Italy, serve perciò fare chiarezza
sulle destinazioni finali di queste produzioni a chilometro
illimitato per evitare il rischio di frodi ed inganni che si
nasconde dietro la mancanza di trasparenza nell’importazione
massiccia di materie prime agricole, come testimonia
l’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura;

rilevato che una complessa normativa doganale ha impedito
l’accessibilità dei dati senza significative ragioni legate
alla tutela della riservatezza;

ritenuto che:

bisognerebbe evitare che un quantitativo di vino venga
imbottigliato in Italia senza un’adeguata tracciabilità e
possa fare concorrenza sleale ai produttori nazionali e
ingannare i consumatori;

occorrerebbe rendere pubblici i nomi delle aziende che
importano vino sfuso per consentire ai consumatori piena
libertà di scelta togliendo il segreto di Stato sui flussi
commerciali delle materie prime provenienti dall’estero;

occorrerebbe salvaguardare il made in Italy e contrastare le
aggressioni conseguenti alla lavorazione nel nostro Paese di
prodotti alimentari oggetto di importazione o di scambio
intracomunitario e la successiva messa in commercio come
prodotti autenticamente italiani;

a giudizio degli interroganti, la mancanza di trasparenza
nell’importazione massiccia di materie prime agricole è quanto
mai deleteria. In un momento difficile come questo per
l’economia sarebbe di primaria importanza la valorizzazione
del made in Italy e l’eliminazione del segreto sui flussi
commerciali evitando che il vino importato venga etichettato
da aziende italiane come “made in Italy”,

si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo, per quanto
di competenza, voglia utilizzare strategie adeguate per la
valorizzazione del made in Italy togliendo il segreto sui
flussi commerciali ed evitando che il vino importato venga
etichettato da aziende italiane come made in Italy.

(4-03710)

RISOLUZIONE                  VENITTELLI, PD
CAMERA, SU                   PIANIFICAZIONE
SPAZIO     MARITTIMO                                   DEL
MEDITERRANEO
Atto Camera Risoluzione in commissione 7-00644 presentato da
VENITTELLI Laura, PD, venerdì 27 marzo 2015, seduta n. 401 che
impegna il governo a mettere in campo gli strumenti necessari
al recepimento della direttiva europea sulla pianificazione
dello spazio marittimo, svolgendo un ruolo di primo piano per
l’attuazione della pianificazione dello spazio marittimo nel
Mediterraneo, al fine di fornire agli operatori certezza su
quali sviluppi economici sono possibili, dove e per quanto
tempo e di favorire l’inclusione delle questioni relative alla
protezione ambientale nei processi di pianificazione,
contribuendo alla salvaguardia della salute degli ecosistemi
marini

L’VIII e la XIII Commissione,

premesso che:

mari e oceani ricoprono il 71 per cento della superficie della
Terra e hanno un ruolo fondamentale sia per lo sviluppo
economico sia per l’equilibrio ambientale del pianeta. Questo
comporta una doppia sfida: contribuire alla crescita e alla
creazione di posti di lavoro e allo stesso tempo assicurare
che gli ecosistemi marini rimangano sani o siano risanati,
essendo così in grado di offrire i loro benefici anche in
futuro;

si calcola che circa 110 milioni di posti di lavoro a livello
globale dipendono da mari e oceani, dei quali 70 milioni
dipendono da mari in salute. In Europa, più di 3 milioni di
posti di lavoro sono direttamente collegati all’economia
marittima e alcuni studi indicano che diverse centinaia di
migliaia di posti di lavoro potrebbero essere creati in
futuro;

nel nostro paese sono 180 mila le imprese dell’economia del
mare censite alla fine del 2013, pari al 3 per cento del
totale imprenditoriale del paese. In termini di nuove imprese,
rispetto al 2011 si è registrato un aumento del 2 per cento,
con la nascita di 3.500 nuove attività. Un dato in
controtendenza rispetto al –0.9 per cento, registrato dal
resto delle altre imprese in Italia. Nel 2013 l’economia del
mare ha prodotto un valore aggiunto di oltre 41 miliardi di
euro, una forza produttiva con un bacino di forza lavoro che
conta 800.000 occupati, il 3,3 per cento dell’occupazione
complessiva del paese; più di un quinto delle imprese
dell’economia del mare ha investito nel triennio 2010-2012 e/o
ha programmato di investire nel 2013 in prodotti e tecnologie
green a maggior risparmio energetico e/o minor impatto
ambientale;

l’Unione europea ha posto particolare attenzione al tema con
la direttiva Strategia per il buono stato ambientale del mare
(direttiva quadro 2008/56/CE, recepita dall’Italia con il
decreto legislativo n. 190 del 2010), con la Comunicazione sul
tema della «crescita blu» del 2012 (Blue Economy, COM
2012/494), con la direttiva Pianificazione dello spazio
marittimo (204/89/EU) e infine con la Comunicazione sulla
«innovazione blu» (COM 2014/254/2);

usare i nostri mari per attività economiche porta infatti
benefici solo se siamo in grado di minimizzare gli effetti
sugli ecosistemi marini. Se la loro protezione fallisce, non
solo miniamo il potenziale economico dell’economia blu, ma
minacciamo anche i servizi ambientali che i nostri mari e
oceani forniscono, come la regolazione climatica, la fornitura
di fonti di energia rinnovabile e l’importante contributo alla
biodiversità terrestre;

in tale contesto, le due direttive europee citate svolgono un
ruolo fondamentale: l’obiettivo di «stato ambientale buono»,
come previsto nella direttiva sulla Strategia marina, è il
punto di riferimento per avere mari sani e dovrebbe garantire
che attività e usi siano svolti in modo sostenibile;

nel 2015, gli stati membri dovranno predisporre programmi di
misure che includano azioni innovative ed economicamente
efficaci per raggiungere lo stato ambientale buono entro il
2020. Fra sei anni, nel 2021, sarà predisposto il secondo
programma di misure;

le strategie che dovranno essere adottate dagli Stati membri
entro il 2020 devono prevedere il rafforzamento di un
approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, per
assicurare che la pressione complessiva sia mantenuta entro
livelli compatibili con il conseguimento del buon stato
ambientale marino. Deve inoltre essere salvaguardata la
capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti
indotti dall’uomo, senza tralasciare di perseguire         la
progressiva eliminazione dell’inquinamento marino;

la seconda direttiva europea chiave, sulla Pianificazione
dello spazio marittimo, entrata in vigore nel settembre 2014 è
uno strumento chiave per attuare la crescita blu e per
garantire uno spazio marino sufficiente per settori
promettenti come l’acquacoltura e l’energia eolica offshore.
La direttiva rappresenta un passo importante per la governance
marina nell’Unione europea, e l’Italia avrà un ruolo di primo
piano nel mantenere l’iniziativa per l’attuazione della
Pianificazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo.
Inoltre costituisce il primo obbligo giuridico di
collaborazione tra paesi diversi, che sono chiamati a
cooperare nella pianificazione sui loro mari a livello
transfrontaliero;

entro il 2016, gli stati membri devono recepire la direttiva e
individuare le autorità competenti per la sua attuazione. Poi
dovranno definire i piani entro il 2021, con una scadenza
coincidente con quella della direttiva quadro sulla Strategia
marina. La pianificazione marittima negli stati membri sarà
essenziale per dare agli operatori certezza su quali sviluppi
economici sono possibili, dove e per quanto tempo. Faciliterà
l’inclusione delle questioni relative alla protezione
ambientale nei processi di pianificazione e dovrebbe aiutare a
trovare nuove soluzioni per un uso sostenibile degli spazi
marittimi e costieri, contribuendo anche alla salvaguardia
della salute degli ecosistemi;

altri aspetti sono affrontati dalla Comunicazione sul tema
della «crescita blu» del 2012. Questa Comunicazione si
concentra su una serie di aree principali, come energia
rinnovabile, acquacoltura, turismo, risorse minerarie e
biotecnologie. In soli due anni la Commissione e gli stati
membri hanno già emanato le linee guida strategiche
sull’acquacoltura, un Piano di azione sul potenziale
dell’energia dagli oceani e una Strategia europea per il
turismo marittimo e costiero;

per esprimere a pieno il potenziale economico dei nostri mari
in modo sostenibile è necessaria innovazione. Questa può
prendere diverse forme: sviluppi tecnologici nei settori
dell’economia blu già citati, ma anche innovazione sistemica –
cioè nuovi approcci di pensiero o di azione che possano
portare importanti benefici per le comunità e gli ecosistemi
marini;

a maggio 2014 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione
sulla «innovazione blu», per sostenere questo processo. La
Commissione è impegnata nell’estendere la copertura della Rete
europea di osservazioni e dati marini (European Marine
Observation and Data Network) per rendere disponibili e
utilizzabili sempre più dati sullo stato dell’ambiente marino
europeo. Per quanto riguarda il campo della ricerca, la
Comunicazione ha annunciato una nuova piattaforma informativa
sulla ricerca marina nell’ambito del programma Horizon 2020 e
si lavorerà con gli stati membri per includervi le
informazioni sui progetti di ricerca sul mare finanziati a
livello nazionale;

una delle maggiori minacce agli ecosistemi marini è
rappresentato dai rifiuti: la Commissione Europea ha proposto
l’ambizioso obiettivo di ridurli del 30 per cento a livello di
Unione europea entro il 2020. Questo stimolerà l’innovazione,
sia nell’industria marittima, sia, ancora di più, sulla terra
ferma, che è l’origine stimata dell’80 per cento dei rifiuti
in mare, mentre, secondo i report redatti dalla Fao e
dall’Unep, il 10 per cento circa – corrispondente a 640.000
tonnellate – è costituito reti da pesca abbandonate e/o perse
dai pescatori; si calcola che la loro rimozione potrebbe
salvare migliaia di animali marini che ogni anno vi restano
impigliati (tartarughe, uccelli, cetacei, pesci);

a questo proposito, sarebbe importante, anche mediante accordi
di programma tra le capitanerie di Porto, le autorità
portuali, le imprese ittiche, le associazioni, e i comuni
territorialmente competenti, consentire ai porti marittimi di
avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti
raccolti durante le attività di pesca o altre attività di
turismo subacqueo svolte       da   associazioni   sportive,
ambientaliste e culturali;

in alcune realtà italiane sono già in corso progetti per la
raccolta e il riciclaggio degli attrezzi da pesca abbandonati,
comprese le cosiddette «reti fantasma», la raccolta dei
galleggianti e dei rifiuti dai fondali marini, catturati nelle
reti durante le attività di pesca, coinvolgendo i pescatori,
le cooperative di pesca, i comuni, le Autorità marittime e le
società di gestione e di trattamento dei rifiuti portuali;

l’Italia, per la sua posizione geografica e lo sviluppo delle
sue coste, ma anche per la sua storia, la sua cultura e le sue
peculiarità paesaggistiche, è un paese pienamente coinvolto e
impegnato nelle politiche di difesa degli ecosistemi marini e
di sviluppo della blue economy;
lungo le coste italiane, cultura e natura si sovrappongono in
equilibri sempre diversi e unici nel loro genere, in un
rapporto creativo e indissolubile anche con i diversi
contributi provenienti da tutte le sponde del Mediterraneo, un
mare unico per la sua storia, la posizione geografica e la
varietà di specie animali e vegetali;

lo scorso novembre, a Livorno, attori pubblici nazionali e
internazionali, stakeholders, operatori, aziende e ricercatori
si sono confrontati sulle opportunità che la Strategia marina
può offrire in termini di crescita e lavoro;

da questo incontro è nata la Carta di Livorno, un documento di
indirizzo per una «strategia del mare» in grado di coniugare
tutela ambientale e crescita economica e per rendere più forte
l’Italia nei consessi internazionali sul tema marittimo;

sono   quattro   le   parole   chiave   della   Carta:   governance
unitaria; connessione terra-mare, efficacia dei controlli,
partecipazione. Quattro parole che coincidono con quattro
obiettivi: una governance unitaria a livello nazionale per
dotarsi di elevati livelli di coordinamento istituzionale e
sinergie sui temi del mare; una connessione terra-mare per
promuovere responsabilità e partecipazione delle comunità
costiere; un’armonizzazione e un’efficacia maggiore dei
controlli in mare e lungo le coste per ottenere standard
unitari e livelli di controllo scientifico e operativo
adeguati e, infine, l’implementazione delle iniziative di
comunicazione e partecipazione a partire dalla Strategia
marina di tutti gli attori coinvolti,

impegnano il Governo:

a mettere in campo gli strumenti necessari al recepimento
della direttiva europea sulla pianificazione dello spazio
marittimo, svolgendo un ruolo di primo piano per l’attuazione
della pianificazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo,
al fine di fornire agli operatori certezza su quali sviluppi
economici sono possibili, dove e per quanto tempo e di
favorire l’inclusione delle questioni relative alla protezione
ambientale nei processi di pianificazione, contribuendo alla
salvaguardia della salute degli ecosistemi marini;

ad attuare gli impegni previsti dalla direttiva quadro
Strategia marina in relazione alla protezione, alla
salvaguardia e al ripristino dell’ambiente marino per
preservare la diversità e la vitalità del mare, compreso il
fondo marino, mantenendolo sano, pulito e produttivo;

ad   operare,   nell’attuazione   di   tali   impegni,    in   modo
coordinato, a livello nazionale tra le amministrazioni
titolate centrali e periferiche e a livello internazionale e
comunitario insieme a tutte le altre           comunità    che   si
affacciano e vivono sul Mediterraneo;

a promuovere l’utilizzo degli importanti strumenti di supporto
e delle ingenti risorse che l’Unione europea ha messo a
disposizione per sostenere l’attuazione della Strategia
marina, quali Horizon 2020 e il Fondo europeo per gli affari
marittimi e la pesca (Feamp);

a promuovere e normare accordi di programma tra le capitanerie
di Porto, l’autorità portuale, le imprese ittiche, le
associazioni, e i comuni territorialmente competenti, per
consentire ai porti marittimi di avviare operazioni di
raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le
attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte
da associazioni sportive, ambientaliste e culturali;

ad assumere iniziative per prevedere la possibilità,
nell’ambito della definizione del sistema per la raccolta dei
rifiuti marini, di utilizzare i pescherecci anche nei periodi
di fermo biologico delle attività, possibilità ad oggi
pressoché preclusa dalle normative vigenti.

(7-00644) «Venittelli, Borghi, Oliverio, Cenni, Minnucci,
Carrescia, Massa, Arlotti, Ginoble».

INTERROGAZIONE A RENZI E
MARTINA, DONNO, M5S SENATO,
SU “STIPENDI DA CAPOGIRO DEL
SEGRETARIO          GENERALE
COLDIRETTI”
                                                            A
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zia diffusa dal sito web Agricolae.eu, la senatrice Daniela
Donno (M5S) presenta una interrogazione al Presidente Renzi e
al ministro Martina per fare chiarezza sulle elevate
retribuzioni del Segretario generale di Coldiretti.

Secondo quanto riportato in un articolo dello scorso 13
gennaio del sito web Agricolae.eu, l’associazione nazionale
Coldiretti avrebbe aumentato nel 2014 la retribuzione del suo
segretario generale portandola ad oltre un milione e 800 mila
euro, rispetto ai 1.677.029 euro già corrisposti da gennaio
2014 a maggio 2014. Come se non bastasse, a questi importi si
andrebbero ad affiancare ulteriori 70.774 euro di reddito
imponibile per attività di collaborazione con diverse altre
aziende.

A margine del sopraccitato articolo veniva poi pubblicata una
corrispondenza tra il Presidente di Coldiretti, Roberto
Moncalvo e il direttore di Agricolae dalla quale emergeva la
volontà di Coldiretti di diffidare l’agenzia dalla diffusione
delle suddette informazioni.

Da questi dati di fatto, la senatrice Daniela Donno (M5S),
ricalcando la medesima iniziativa intrapresa dal collega
Filippo Gallinella (M5S) alla Camera, ha presentato una
interrogazione indirizzata al Presidente Renzi e al ministro
Martina.

“Chiediamo di assumere idonee iniziative anche di carattere
normativo affinché siano resi pubblici gli stipendi dei
vertici delle più importanti associazioni di categoria del
Paese – dichiara la senatrice salentina Daniela Donno – La
trasparenza delle informazioni, oltre che delle attività delle
associazioni, è una risorsa e, nello stesso tempo, un diritto
di ogni cittadino. Gli interessi della collettività si
tutelano anche facendo chiarezza su dati di questo genere,
specie in tempi di spending review e di difficoltà economico-
lavorative pressoché generalizzate”.
INTERPELLANZA DI MAIO, M5S
CAMERA, SU BANDI PER EXPO
                           Interpellanza 2-00911 presentato da
                           DI MAIO Luigi M5S giovedì 26 marzo
                           2015, seduta n. 400 per sapere
                           quali siano le modalità con le
                           quali i Ministri interpellati, se
                           appurata la veridicità dei fatti,
                           ritengano d’intervenire, per quanto
                           di   competenza,     al   fine   di
individuare gli eventuali responsabili e ristorare gli
eventuali pregiudizi subiti dal partecipanti al bando, nonché
dai cittadini, al fine di evitare, anche mediante l’esercizio
del potere di iniziativa legislativa, che meccanismi
distorsivi analoghi si ripetano in futuro

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del
Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, il Ministro dell’economia e delle
finanze. — Per sapere – premesso che:

EXPO 2015 spa ha emanato un bando per «identificare,
raccogliere, diffondere, favorire il trasferimento di buone
pratiche sulla sicurezza alimentare (BSDP)», collegate al tema
chiave della prossima Esposizione Universale di Milano:
Nutrire il Pianeta, Energia per la vita;

il bando BSDP prospettava la possibilità, per 15     progetti
selezionati tra quelli depositati, di profittare    di spazi
appositamente dedicati presso il Padiglione 0       del sito
espositivo, nonché di beneficiare di convegni        e altre
iniziative mediatiche per diffondere e promuovere i rispettivi
contenuti;

peraltro, come specificato dal bando BDSP, l’individuazione
dei progetti vincitori sarebbe dovuta avvenire attraverso un
procedimento di selezione scevro da conflitti d’interesse e
tale da garantire la trasparenza, la tracciabilità e la
pubblicità dell’intero processo di selezione attraverso la
pubblicazione di un verbale relativo alla valutazione di ogni
proposta, esaminata mediante valutazioni statistiche
efficienti e puntuali, nel rispetto della normativa di legge
applicabile;

la società Expo 2015 spa è controllata per il 40 per cento dal
Ministero dell’economia e delle finanze, per il 20 per cento
da regione Lombardia, per il 20 per cento dal comune di
Milano, per il 10 per cento dalla città metropolitana di
Milano e per un ulteriore 10 per cento dalla Camera di
commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano;

secondo quanto segnalato ai deputati interpellanti, in data 20
marzo 2015, una delle società partecipanti, l’Emitech srl,
presieduta dal signor Nicola Diaferia, avrebbe depositato
denuncia presso la procura della Repubblica di Milano (prot.
0594363/2015) segnalando varie irregolarità, tra cui la
sussistenza di conflitti d’interesse tra alcuni dei progetti
presentati e le commissioni valutatrici (in taluni casi
financo composte da soggetti che avrebbero preso direttamente
parte a progetti poi risultati vincitori), nonché la
violazione dei principi di trasparenza previsti dal bando,
laddove, alla data di emanazione dei risultati (che peraltro
sarebbe avvenuta il 4 febbraio 2015, con oltre un mese di
ritardo) e quantomeno sino alla presentazione della denuncia,
nonché del presente atto, non sarebbero ancora stati resi
pubblici i verbali relativi all’analisi dei progetti
presentati, verbali previsti dal bando per garantire la
trasparenza, pubblicità e tracciabilità del processo di
selezione;
in particolare, il signor Nicola Diaferia avrebbe denunciato
quattro irregolarità;

la prima riguarderebbe il progetto «Cafèycaffe», ID: 9733, che
sarebbe stato assegnato in presenza di un gravissimo conflitto
d’interessi, dal momento che risulterebbe componente della
commissione di valutazione finale dei progetti il dottor
Andrea Illy, presidente ed amministratore delegato di
Illycaffè spa, laddove peraltro tale azienda risulterebbe
essere direttamente e strettamente collegata hai partner del
progetto;

la seconda riguarderebbe il progetto «Irrigazione fase 1 e
fase 2», ID: 6801. Anche in questo caso, l’anomalia
riscontrata sarebbe la presenza di un conflitto d’interessi,
dal momento che risulterebbe partner dell’iniziativa lo stesso
istituto di cui sei componenti facevano parte della
commissione di prevalutazione. In particolare: il dottor Pandi
Zdruli (componente dello CIHEAM-IAMB), preposto esattamente
alla valutazione dei progetti dell’area tematica 1 (gestione
sostenibile delle risorse naturali); il dottor Thaer Yaseen
(componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei
progetti dell’area tematica 2; il dottor Lamberto Lamberti
(componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei
progetti dell’area 4; il dottor Omar Bassaoud (componente
CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area
4; il dottor Roberto Capone (componente CIHEAM-IAMB) preposto
alla valutazione dei progetti dell’area 5; il dottor Hamid El
Bilali (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei
progetti dell’area 5. Secondo il denunciante, pertanto,
parrebbe evidente la massiccia presenza di componenti dello
IAMB nella commissione di prevalutazione, la cui funzione era
precipuamente quella di esaminare nel merito, ed
analiticamente, i progetti, al fine di «consegnare» alla
commissione finale quelli ritenuti più meritevoli ed affidarli
così al giudizio conclusivo, non più tecnico ma principalmente
politico. Sempre secondo il denunciante, pertanto, sarebbe
persino pleonastico precisare che, ove si fosse voluto, come
pretenziosamente affermava il bando, rispettare alti standard
etici, ed in particolare, tra gli altri, il principio
dell’assenza di conflitto di interessi, sarebbe stato
improponibile inserire tra i soggetti valutatori di progetti
riferibili allo IAMB personalità provenienti dallo stesso
IAMB. Tale ovvietà, dunque, precede qualunque esame nel merito
dei progetti, in quanto proprio la presenza di un palese e
macroscopico conflitto di interessi determina, ipso facto, la
violazione del primo, e più importante, dei pilastri etici del
processo di valutazione;

la terza riguarderebbe il progetto «Cent.Oli.Med.» – ID: 7803.
Anche in questo caso, l’anomalia riscontrata sarebbe il
medesimo conflitto d’interessi di cui alla seconda
irregolarità; in questo caso, però, a parere del soggetto
denunciante, la violazione del principio dell’assenza di
conflitto di interessi appare ancor più sfacciata, in quanto
il soggetto proponente il progetto era, come detto, lo stesso
IAMB.;

la quarta riguarderebbe il progetto «ITCLFP» – ID: 8716. Anche
in questo caso, l’anomalia riscontrata sarebbe la presenza di
un conflitto d’interessi, dal momento che risulterebbe da una
semplice ricerca sul web che il progetto sia il frutto di una
cooperazione della regione Puglia e dello IAMB con l’acronimo
di SPIIE. Tale progetto è stato concluso nell’anno 2011; in
particolare, il 4 luglio 2011 si tenne al Cairo una conferenza
stampa finale, nella quale furono rappresentati i risultati
della suddetta cooperazione. Anche in questo caso, dunque,
appare, quale soggetto protagonista dell’iniziativa, lo stesso
IAMB, i cui componenti erano membri della commissione di
prevalutazione. L’unica differenza, secondo quanto denunciato,
sarebbe che nel progetto presentato a concorso lo IAMB non
figura affatto, in quanto nemmeno citato tra i partner, così
oscurandosi il ruolo da protagonista che esso ha avuto in
effetti;
inoltre, il denunciante segnala che, contrariamente a quanto
previsto inizialmente, chiunque abbia partecipato al bando con
un proprio progetto non ha, a tutt’oggi, la possibilità di
verificare il punteggio assegnato al proprio progetto, e men
che meno la possibilità di comparare il punteggio conseguito
con quelli assegnati ad altri progetti, oltre che,
evidentemente, la graduatoria complessiva e finale;

infine, secondo il denunziante le irregolarità denunciate si
collocano, quando ad effettiva incidenza sui risultati finali,
nella fase di prevalutazione dei progetti. In quella fase,
infatti, sono stati vagliati analiticamente e tecnicamente i
progetti, ed è stata eseguita la selezione dei meritevoli di
approdare alla fase finale, laddove – sempre nell’opinione del
soggetto denunciante – nulla può ragionevolmente obiettarsi in
riferimento ai valutatori finali;

sempre secondo quanto segnalato ai deputati interpellanti, in
data 12 febbraio 2015, la medesima società partecipante
avrebbe inviato, a mezzo posta elettronica certificata, un
esposto con i fatti allegati a vari soggetti rilevanti (tra
cui l’Autorità Nazionale Anti Corruzione – ANAC, EXPO 2015 spa
e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali), senza tuttavia ottenere riscontro alcuno,
quantomeno sino al deposito del presente atto di sindacato
ispettivo;

appare di tutta evidenza l’urgenza di verificare la veridicità
delle circostanze sopra riportate, le quali – ove confermate –
determinerebbero una palese violazione dei criteri
d’imparzialità e trasparenza imposti per il procedimento di
selezione dei progetti vincitori dal bando BSDP, comportando
la necessità d’intervenire immediatamente da parte delle
pubbliche amministrazioni che detengono il controllo di Expo
2015 spa, annullando, se del caso, tutte le assegnazioni sino
ad ora effettuate –:

se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto
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