RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA PREVEDERE - Agricolae
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
RISOLUZIONE CATANOSO, FORZA ITALIA, PER PREVEDERE CONTINGENTE PER CATTURE ACCESSORIE PESCA Atto Camera Risoluzione in commissione 7-00646 presentato da CATANOSO Basilio, FORZA ITALIA, martedì 31 marzo 2015, seduta n. 402 che impegna il Governo a prevedere un contingente adeguato da destinare alle catture accessorie effettuate da imbarcazioni dedite esclusivamente alla pesca dei grandi pelagici con l’attrezzo «palangaro di superficie»; La XIII Commissione, premesso che: il tema delle catture di tonno rosso, il riordino delle quote assegnate all’Italia e da questa ai pochi e fortunati pescatori italiani, e la recente raccomandazione dell’I.C.C.A.T. di elevare la quota pescabile di tonno rosso assegnata all’Unione europea e, di conseguenza, all’Italia, merita una discussione approfondita da parte della Commissione agricoltura; il sistema immediatamente precedente alla nuova decisione dell’I.C.C.A.T. ha causato numerosi disagi alla marineria nazionale, interessata da provvedimenti difformi dalle disposizioni comunitarie vigenti in materia ed emanati dalla direzione generale della pesca e dell’acquacoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; con la raccomandazione del novembre 2014 ICCAT n. 04-14 è aumentata di circa il 20 per cento la quota destinata
all’Italia per l’anno 2015; tale incremento di quote, senza ledere alcun diritto acquisito in passato dai fruitori storici delle quote assegnate, permette all’Italia in quanto destinataria dell’incremento di circa 350 tonnellate sempre per l’anno 2015, di iniziare a risolvere l’annosa questione delle «quote tonno», ma quel che è più importante mette a disposizione una base di programmazione triennale di aumento graduale della quota disponibile da assegnare, che alla fine del periodo porterà ad un aumento complessivo superiore al 60 per cento rispetto alla quota assegnata per l’anno 2014; si ha necessità di programmare, su base triennale, dove e quali siano le criticità della pesca italiana interessata e mettere in campo tutte le azioni concrete che oggi è possibile attuare nell’immediato e pianificare nel triennio; le raccomandazioni ICCAT ed i vigenti regolamenti comunitari, che sicuramente ci pongono dei limiti, allo stesso tempo danno un indirizzo chiaro e preciso delle azioni possibili ed attuabili; il vigente regolamento dell’Unione europea 302/2009, all’articolo 4, relativamente al piano di pesca annuale, stabilisce che la quota sia assegnata alla singola imbarcazione e non alle regioni e/o ad altri organismi di gestione; assegnare le quote alle regioni o a loro enti/organismi, sembrerebbe irrealizzabile per un principio di opportunità, nella misura in cui bisognerebbe istituire un principio discrezionale in base al quale decidere a quale regione ed in quale misura, rispetto alle altre; di fronte ad una quasi totalità delle imbarcazioni italiane sprovviste di quota, per evitare disparità, occorre stabilire un principio uniforme che non privilegi e penalizzi alcuno;
le uniche leve su cui si può agire e puntare in conformità alle raccomandazioni I.C.C.A.T. ed ai regolamenti dell’Unione europea, sono le catture «by-catch» e/o accessorie/accidentali, ad oggi interessate da provvedimenti difformi che ne hanno penalizzato il corretto e puntuale utilizzo e l’applicazione; tale strumento, normato in maniera corretta, consentirebbe a tutte le barche da pesca impegnate nella loro legittima attività di sbarcare e contingentare tutti i tonni catturati durante le attività di pesca autorizzate, come previsto dal regolamento 302 del 2009 e dalla raccomandazione ICCAT 14-04; i rigetti a mare sono fra i migliori esempi di carenze della politica comune della pesca e sono impossibili da giustificare di fronte ai pescatori e all’opinione pubblica; i pescatori degli altri Stati membri dell’Unione europea hanno già adottato alcune buone iniziative volte a ridurre i rigetti, ma queste rimangono ancora troppo sporadiche e, al contempo, aumenta l’opposizione dell’opinione pubblica contro questa pratica generatrice di sprechi; un obiettivo condivisibile dovrebbe essere, invece, quello di rendere la pesca più selettiva e fornire dati più affidabili sulle catture; per consentire ai pescatori di adattarsi al cambiamento, l’obbligo di sbarco sarà introdotto gradualmente tra il 2015 e il 2019 per tutti i tipi di pesca commerciale (specie soggette a TAC o sotto le taglie minime) nelle acque europee; l’ICCAT nella riunione plenaria tenutasi Genova nel mese di novembre 2014 con Doc. n. PA2-606A/2014 ha statuito il principio per cui, ove la legislazione dello Stato membro preveda l’obbligo di sbarco, non venga applicata la percentuale del 5 per cento come limite massimo di pesci mantenuti a bordo catturati accidentalmente per ovvi motivi ambientali e pratici;
tali sono le previsioni della raccomandazione ICCAT 13-07 e di quella più recente 14-04, rispettivamente ai punti 32 e 29; nel regolare svolgimento della specifica pesca con l’attrezzo «palangaro di superficie derivante», mirato alla cattura di grandi pelagici e/o migratori quali pescespada e tonno bianco (alalunghe), è normalità effettuare catture accessorie di tonno rosso (vista l’alta presenza delle specie nel mediterraneo); il regolamento (CE) n. 302/2009 del Consiglio del 6 aprile 2009 all’articolo 11 recita: «Le navi da cattura comunitarie che non praticano la pesca attiva del tonno rosso non sono autorizzate a detenere a bordo catture di tonno rosso superiori al 5 per cento delle catture totali presenti a bordo in peso e/o numero di esemplari. Le catture accessorie sono detratte dal contingente assegnato allo Stato membro di bandiera. Quando è aperta la pesca del tonno rosso è vietato rigettare in mare gli esemplari morti delle catture accessorie di cui al paragrafo 1, che devono essere imputati al contingente dello Stato membro di bandiera. Alle catture accessorie di tonno rosso si applicano gli articoli 17, 18, 21, 23 e 34»; l’articolo 11 si pone a tutela e disciplina le catture accessorie durante una normale battuta di pesca, ad una ben determinata specie bersaglio, senza porre limiti temporali, rispetto al periodo dell’anno in cui si effettua la cattura, né limiti quantitativi annuali; l’unica previsione specifica è prevista dal 2o paragrafo rispetto al divieto di rigetti in mare degli esemplari catturati morti durante l’apertura della pesca al tonno rosso, per un evidente e logico principio di salvaguardia della specie con obbligo di contingentamento; la normativa nazionale, invece, restringe il disposto comunitario applicando alle catture accidentali uno specifico
contingente di cattura, assimilando di fatto le catture accessorie e/o accidentali ad uno specifico sistema di pesca controllabile nei tempi, nei modi e nelle quantità, impegna il Governo: a prevedere un contingente adeguato da destinare alle catture accessorie effettuate da imbarcazioni dedite esclusivamente alla pesca dei grandi pelagici con l’attrezzo «palangaro di superficie»; ad assumere iniziative per definire una specifica normativa che abroghi, per le imbarcazioni di cui al comma 1 dell’articolo 11 del Regolamento dell’Unione europea 302/2009, il massimale di cattura previsto dall’articolo 4 del decreto ministeriale 27 luglio 2000; ad assumere iniziative per definire una specifica disciplina normativa delle catture accessorie nell’ambito del 5 per cento del pescato in caso di esaurimento del contingente; ad assumere iniziative per definire un’idonea disciplina normativa delle catture accessorie di esemplari morti eccedenti il 5 per cento durante la campagna di tonno rosso. (7-00646) «Catanoso, Faenzi, Russo, Abrignani, Nizzi».
INTERROGAZIONE PILI, PARTITO MISTO CAMERA, PER SALVARE AZIENDE AGRICOLE SARDE IN DIFFICOLTA Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-05219 presentato da PILI Mauro martedì 31 marzo 2015, seduta n. 402 per salvare le aziende agricole della Sardegna PILI. — Al Ministro dell’interno, al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: con un atto di una gravità inaudita il 22 gennaio 2015 ad Arborea era stato messo in atto un blitz delle forze dell’ordine per lo sgombero di un’azienda agricola; il blitz era stato messo in atto con un centinaio di uomini in assetto antisommossa, elicotteri, mezzi e uomini dei vigili del fuoco impegnati ad attuare lo sfratto forzato della famiglia Spanu, disposto dal tribunale, dalla casa e dall’azienda vicino alla strada consortile sulla 22 ovest di Arborea; alla luce dell’epilogo che la vicenda ha assunto si tratta di un episodio inaccettabile che vede lo Stato a giudizio dell’interrogante responsabile di quanto accaduto; si tratta di una famiglia portata via di peso dalla propria casa da un esercito di Stato in tenuta antisommossa, elicotteri, mezzi blindati, prefetti e questori e ora della vendita dell’azienda ad un prezzo più che doppio rispetto a quello dell’asta di Stato;
dopo l’atto di forza attuato dallo Stato e la vergogna di un’asta che ha portato via tutto ad una povera famiglia per 150.000 euro, requisiti dalle banche, è la volta di quella che all’interrogante appare una vera e propria speculazione; quell’azienda «scippata» in un’asta finisce, dopo nemmeno due mesi da quel blitz, in vendita su tutti i siti immobiliari per 360.000 euro; un’asta di Stato che ha di fatto sottratto per piccole somme l’azienda ad una povera famiglia, fagocitata dalle banche e non solo, e poi dopo qualche settimana l’operazione è conclusa con un guadagno di 210.000 mila euro; questo è l’epilogo dello schieramento di forze consentito da prefetto e questore; è l’inaccettabile condotta di uno Stato che schiera centinaia di uomini armati e in tenuta antisommossa per far uscire dalla propria casa due poveri anziani e agevolare quella che all’interrogante appare la più vergognosa delle operazioni in danno della povera gente; uno dei link pubblicati in queste ore svela che l’esercito di Stato schierato contro quella povera famiglia ha avuto di fatto l’effetto di favorire un’operazione secondo l’interrogante indegna; se fossimo in uno Stato di diritto tutto questo dovrebbe comportare l’allontanamento dei responsabili di questo misfatto. La realtà, invece, vede tutti schierati contro i deboli; il link di uno dei siti di vendite immobiliari riporta immagini eloquenti dell’azienda della famiglia Spanu che il 22 gennaio 2015 era stata oggetto di una vera e propria azione militare per la cacciata della anziana coppia; ora più che mai, alla luce di questo epilogo deve essere
avviata a giudizio dell’interrogante un’indagine ministeriale che spieghi e giustifichi i costi dell’operazione per il drammatico sfratto della famiglia Spanu di Arborea, durante il quale sono state impegnate decine di agenti di polizia in assetto antisommossa, elicotteri e diversi mezzi blindati; si ribadisce che è un fatto di una gravità inaudita che deve essere oggetto di un’indagine ministeriale per conoscere i responsabili di quella che appare all’interrogante la gestione di un’operazione militare grave sul piano sostanziale, inaccettabile su quello sociale; è evidente che se non arriveranno risposte esaustive dovrà essere valutato il ricorso ad altri organi dello Stato per verificare eventuali violazioni di legge; si registra l’inaccettabile silenzio del presidente della regione nonostante in Sardegna, entro aprile 2015, 700 aziende agricole sarde rischiano di finire all’asta; è indispensabile perseguire una normativa nazionale e regionale per il blocco delle aste per tutto l’anno, attraverso un’inderogabile moratoria, e un piano di rilancio, effettuato attraverso la finanziaria regionale, per salvare l’agricoltura sarda; schierare un vero e proprio esercito per sottrarre l’azienda venduta all’asta dopo mille vicissitudini è un fatto che dimostra, secondo l’interrogante, che lo Stato usa la forza dando luogo a un sistema oppressivo sia sul piano fiscale che sociale; ora con questa operazione la posizione dello Stato si aggrava: ha utilizzato la forza pubblica sostanzialmente ai danni di una povera famiglia –: se il Governo ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, un’urgente indagine ministeriale sui fatti richiamati riguardanti l’azienda sottratta alla famiglia Spanu
con l’ausilio inaudito e a giudizio dell’interrogante improprio di tanti uomini e mezzi per eseguire uno sfratto; se possa indicare il Ministro chi ha deciso tale azione e se fosse a conoscenza della situazione e degli effetti pregiudizievoli che avrebbe comportato; se non intenda assumere iniziative normative per evitare, per il futuro, che possano verificarsi situazioni come quella di cui in premessa; se non intenda esaminare la possibilità di proporre una moratoria di un anno attraverso un’iniziativa normativa urgente che preveda anche la possibilità di intervenire nel salvataggio delle aziende a rischio di asta giudiziaria. (5-05219) INTERROGAZIONE GAGNARLI, M5S CAMERA, SU CONTROLLO NUMERO ASSOCIAZIONI VENATORIE RICONOSCIUTE Atto Camera Interrogazione a risposta in commissione 5-05221 presentato da GAGNARLI Chiara, M5S, martedì 31 marzo 2015, seduta n. 402 per sapere se siano previsti dei sistemi di controllo, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o da altri enti, sull’effettiva consistenza numerica delle associazioni venatorie nazionali riconosciute
GAGNARLI, L’ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI e LUPO. — Al Ministro dell’economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: l’attività venatoria in Italia è regolata dalla legge n. 157 dell’11 febbraio 1992, recentemente modificata dalla legge n. 97 del 6 agosto 2013, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio; l’articolo 24 della legge n. 157 del 1992 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, un Fondo, la cui dotazione è alimentata da un’addizionale, pari a 5,16 euro, alla tassa erariale di licenza di porto di fucile anche per uso di caccia (tassa di rilascio, rinnovo e annuale) di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 641 del 1972; la dotazione del Fondo è per la quasi totalità, il 95 per cento destinata alle associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza associativa; ai sensi dell’articolo 34 della medesima legge n. 157, si considerano riconosciute agli effetti della legge la Federazione italiana della caccia e le associazioni venatorie nazionali (Associazione migratoristi italiani, Associazione nazionale libera caccia, ARCI-Caccia, Unione nazionale Enalcaccia pesca e tiro, Ente produttori selvaggina, Italcaccia). Queste 7 associazioni sono sottoposte alla vigilanza del Ministro dell’agricoltura e delle foreste; il restante 4 per cento della dotazione del Fondo è destinato al funzionamento e l’espletamento dei compiti istituzionali del «Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale». L’1 per cento residuo è destinato al pagamento della quota di adesione dello Stato italiano al Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina;
le disponibilità del fondo devono essere ripartite entro il 31 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali; la ripartizione ed assegnazione delle somme del fondo di cui all’articolo 24, comma 2, lettera c) della legge n. 157 del 1992, effettuata tramite il suddetto decreto, si riferisce alle dichiarazioni di consistenza numerica delle associazioni venatorie nazionali, riferite a 2 anni prima; le 7 Associazioni venatorie nazionali riconosciute trasmettono annualmente, sotto la propria responsabilità, le dichiarazioni delle compagnie assicuratrici, controfirmate dai presidenti delle Associazione stesse, attestanti la consistenza numerica dei propri soci iscritti; l’attribuzione della dotazione prevista alle Associazioni venatorie nazionali riconosciute non comporta l’assoggettamento delle stesse al controllo della Corte dei conti, previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259, perché enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria; si nota che la dotazione del fondo di cui all’articolo 24 della legge n. 157 del 1992 subisce oscillazioni annuali di decine di migliaia di euro: 1,70 milioni (2012), 1,60 milioni (2013), 1,65 milioni (2014) –: se siano previsti dei sistemi di controllo, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o da altri enti, sull’effettiva consistenza numerica delle associazioni venatorie nazionali riconosciute ai sensi dell’articolo 34 della legge n. 157 del 1992, destinatarie dei Fondi istituiti dall’articolo 24 della medesima legge, a controprova di quanto da esse autodichiarato, posto che per tali attribuzioni, in quanto ordinarie, non è previsto il controllo della Corte dei conti. (5-05221)
I SETTE GIORNI “AGRICOLI” DELLA CAMERA. TUTTI GLI APPUNTAMENTI Si apre una settimana intensa per la Commissione Agricoltura della Camera. A partire dagli interventi per il settore ittico per i quali si avvia l’esame del testo unificato. Martedì 31 marzo, la Commissione, nell’ambito della discussione congiunta delle risoluzioni 7-00588 Oliverio, 7-00606 Rostellato e 7-00607 Gallinella sulle iniziative per il sostegno del settore del latte, svolgerà l’audizione informale dei rappresentanti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CRA) e dei rappresentanti dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA). Quindi, la Commissione, in sede referente, inizierà l’esame del testo unificato delle proposte di legge recanti interventi per il settore ittico (C. 338 e C. 339 Catanoso, C. 521 Oliverio e C. 1124 Caon – Rel. Luciano Agostini – PD). Al termine, in sede di comitato ristretto, proseguirà l’esame delle abbinate proposte di legge: disciplina organica della
coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (C. 2236 Sani e C. 2618 Oliverio – Rel. Fiorio – PD). Mercoledì 1° aprile, la Commissione proseguirà la discussione della risoluzione 7-00625 Mongiello, Iniziative per il rilancio del piano olivicolo nazionale. Quindi, nell’ambito della discussione della risoluzione 7-00625 Mongiello, svolgerà l’audizione informale dei rappresentanti di FEDER.D.O.P. Olio, Unione nazionale tra le associazioni di produttori di olive (Unaprol), Consorzio nazionale olivicoltori (CNO), Associazione Italiana Frantoiani Oleari (AIFO), Unasco e dei rappresentanti della Società di ortoflorofrutticoltura italiana (SOI). In sede referente, inizierà l’esame del testo unificato delle proposte di legge recanti disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa (C. 1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini e C. 1859 Oliverio – Rel. Terrosi – PD). INTERROGAZIONE CATANOSO, FORZA ITALIA CAMERA, SU MECCANISMO DEL REVERSE CHARGE Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-08589 presentato da CATANOSO Basilio, FORZA ITALIA, venerdì 27 marzo 2015, seduta n. 401 sul meccanismo del cosiddetto reverse charge in agricoltura produrrebbe danni devastanti al settore dell’agricoltura nazionale. CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. —
Per sapere – premesso che: come riporta un articolo dell’Informatore agrario, il meccanismo del cosiddetto reverse charge in agricoltura produrrebbe danni devastanti al settore dell’agricoltura nazionale; la maggiore associazione degli industriali italiani, contestando nel merito la normativa prevista con la legge di stabilità 2015, ha già presentato un ricorso alla Commissione europea in cui esprime la propria preoccupazione circa le conseguenze pratiche ed immediate dell’applicazione di questo meccanismo a carico delle aziende; questo meccanismo prevede che le aziende debbano sborsare, subito, l’Iva sulle fatture di acquisto senza poterla incassare per merci e servizi venduti con il risultato di un deficit finanziario per le aziende, costrette a chiedere il rimborso Iva allo Stato ed un tesoretto da gestire per il Governo, tanto più consistente quanto più lunghi saranno i tempi di restituzione dell’imposta alle imprese; le imprese, inoltre, dovranno sostenere maggiori costi, in termini di tempi persi a dedicarsi al disbrigo di pratiche burocratiche per richiedere detto rimborso ed in termini finanziari come conseguenza dell’obbligo di sottoscrivere delle fideiussioni (obbligatorie per legge) bancarie o assicurative per tutelarsi dalle false richieste; a questo evidente danno nei confronti nei confronti delle imprese si aggiunge la beffa della procedura d’infrazione nei riguardi dell’Italia proprio a causa dei ritardi nel rimborsi dell’Iva; per l’agricoltura, già martoriata da decine di balzelli e da ultimo l’Imu, l’applicazione della normativa sta iniziando a produrre i primi effetti nefasti ed altri ne giungeranno se non si interviene bene ed in tempi adeguati;
i produttori di energia elettrica fotovoltaica o da biogas sono stati i primi ad essere colpiti: da gennaio il Gse non paga più l’Iva sul valore dell’energia. Gli agricoltori, però, pagano l’imposta sulle fatture d’acquisto per i servizi ed i materiali delle manutenzioni e per le prestazioni e i mezzi tecnici necessari, ad esempio, a produrre la bio-massa destinata ad alimentare il digestore; molti imprenditori non hanno avuto il tempo di recuperare l’Iva pagata sulle spese sostenute per la costruzione dell’impianto prima dell’introduzione del reverse charge, pertanto si trovano ora esposti nei confronti dello Stato per centinaia di migliaia di Euro; l’impatto maggiore si potrebbe avere nell’eventualità che la Commissione europea dia il «via libera» all’inserimento nella lista dei soggetti destinatari del meccanismo di cui sopra anche alla grande distribuzione organizzata; nasce da questa preoccupazione l’azione di Confindustria, secondo la quale la fattispecie è consentita dalla legislazione europea solo in presenza di rischi di frode ampiamente documentati, quale non è il caso dei fornitori di supermercati, ipermercati e discount; non possiamo correre il rischio che tale normativa venga applicata alle finanze delle tante cooperative e aziende agricole fornitrici della GDO, come ai produttori di latte e di carne in regime forfettario dell’Iva; a giudizio dell’odierno interrogante e dell’estensore dell’articolo dell’Informatore agrario si tratta di una vera e propria sottrazione di liquidità alle imprese in grado di metterne a rischio la loro stessa esistenza e non deve trovare applicazione in agricoltura; il primo effetto concreto sarà il blocco degli investimenti, un colpo alla competitività delle nostre imprese e della nostra economia nazionale che ha visto nel settore primario un
elemento di tenuta sia del Pil che dell’occupazione –: quali iniziative di competenza intendano adottare i ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-08589) INTERROGAZIONE DE PETRIS, SEL SENATO, SU IMPIEGO PRODOTTI IN AGRICOLTURA A BASE DI GLIFOSATO Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-03722 presentata da LOREDANA DE PETRIS, SEL SENATO, giovedì 26 marzo 2015, seduta n.419 per sapere quali siano i dati concernenti la vendita e l’impiego in Italia dei prodotti di sintesi a base di glifosato, malathion, diazinon, paration e tetrachlorvinphos DE PETRIS – Ai Ministri della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali – Premesso che: l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), organismo scientifico collegato all’Organizzazione mondiale della sanità, ha pubblicato sulla rivista “Lancet” il 20 marzo 2015 le risultanze degli studi e dei test di laboratorio
condotti su alcuni pesticidi e prodotti chimici correntemente utilizzati in agricoltura e nelle pratiche di giardinaggio; da tali studi si evince che risultano “probabilmente cancerogeni” l’erbicida denominato glifosato, e gli insetticidi malathion, diazinon, paration e tetrachlorvinphos e, per quanto concerne il glifosato, si rileva correlazione con la vulnerabilità al linfoma non Hodgkin dei lavoratori esposti; i prodotti a base di glifosato risultano ampiamente diffusi nelle pratiche agricole in atto nel nostro Paese, con particolare riferimento alle coltivazioni di mais, soia e colza e negli interventi di diserbo praticati anche ai margini delle strade e nelle aree pubbliche; l’intenso utilizzo di tale prodotto può pertanto configurare un grave rischio non solo per i consumatori delle derrate agricole interessate, ma anche per i lavoratori dei settori direttamente esposti al contatto con l’erbicida; nel rapporto nazionale sui pesticidi nelle acque diffuso dall’ISPRA si afferma, fra l’altro, che «la presenza del glifosato e del suo metabolita, l’acido aminometilfosfonico, è ampiamente confermata, anche se il suo monitoraggio è tuttora effettuato solo in Lombardia, dove la sostanza è presente nel 31,8 per cento dei punti di monitoraggio delle acque superficiali, mentre il metabolita nel 56,6 per cento»; il glifosato inoltre è l’erbicida accoppiato all’impiego delle
principali sementi geneticamente modificate di mais e soia, si chiede di sapere: quali siano i dati concernenti la vendita e l’impiego in Italia dei prodotti di sintesi a base di glifosato, malathion, diazinon, paration e tetrachlorvinphos; se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario e urgente acquisire le risultanze degli studi pubblicati dallo IARC e procedere alla sospensione cautelativa della commercializzazione nel nostro Paese dei prodotti contenenti tali principi attivi; se non ritengano necessario adeguare il piano di azione nazionale sull’uso dei pesticidi, adottato con decreto interministeriale del 22 gennaio 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2014, al fine di valutare adeguatamente il livello di rischio provocato dai prodotti in questione e la sua diffusione sul territorio nazionale, adottando i provvedimenti conseguenti; se non ritengano necessario confermare il divieto, esteso all’intero territorio nazionale, di utilizzo di sementi geneticamente modificate, in attuazione della direttiva (UE) n. 2015/412 dell’11 marzo 2015. (4-03722)
INTERROGAZIONE CASALETTO, MISTO SENATO, SU VALORIZZAZIONE VINO MADE IN ITALY Atto Senato Interrogazione a risposta scritta 4-03710 presentata da MONICA CASALETTO, MISTO SENATO, giovedì 26 marzo 2015, seduta n.418 per sapere se il Ministro in indirizzo, per quanto di competenza, voglia utilizzare strategie adeguate per la valorizzazione del made in Italy togliendo il segreto sui flussi commerciali ed evitando che il vino importato venga etichettato da aziende italiane come made in Italy. CASALETTO, CAMPANELLA – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – Premesso che: da un’analisi Istat presentata alla manifestazione “Vinitaly” dalla Coldiretti emergono dati preoccupanti riguardo all’arrivo di vino straniero in Italia nel 2014. Si è registrato il record storico delle importazioni con 278 milioni di chilogrammi, in aumento del 46 per cento dall’inizio della crisi nel 2008; la provenienza è soprattutto spagnola, con l’arrivo di ben 154
milioni di chilogrammi di vino dalla penisola iberica, mentre dagli Usa sono sbarcati in Italia 47 milioni di chilogrammi, la quasi totalità sfusi in recipienti superiori ai 2 litri; considerato che il vino è una leva strategica per la competitività del made in Italy, serve perciò fare chiarezza sulle destinazioni finali di queste produzioni a chilometro illimitato per evitare il rischio di frodi ed inganni che si nasconde dietro la mancanza di trasparenza nell’importazione massiccia di materie prime agricole, come testimonia l’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura; rilevato che una complessa normativa doganale ha impedito l’accessibilità dei dati senza significative ragioni legate alla tutela della riservatezza; ritenuto che: bisognerebbe evitare che un quantitativo di vino venga imbottigliato in Italia senza un’adeguata tracciabilità e possa fare concorrenza sleale ai produttori nazionali e ingannare i consumatori; occorrerebbe rendere pubblici i nomi delle aziende che importano vino sfuso per consentire ai consumatori piena libertà di scelta togliendo il segreto di Stato sui flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero; occorrerebbe salvaguardare il made in Italy e contrastare le
aggressioni conseguenti alla lavorazione nel nostro Paese di prodotti alimentari oggetto di importazione o di scambio intracomunitario e la successiva messa in commercio come prodotti autenticamente italiani; a giudizio degli interroganti, la mancanza di trasparenza nell’importazione massiccia di materie prime agricole è quanto mai deleteria. In un momento difficile come questo per l’economia sarebbe di primaria importanza la valorizzazione del made in Italy e l’eliminazione del segreto sui flussi commerciali evitando che il vino importato venga etichettato da aziende italiane come “made in Italy”, si chiede di conoscere se il Ministro in indirizzo, per quanto di competenza, voglia utilizzare strategie adeguate per la valorizzazione del made in Italy togliendo il segreto sui flussi commerciali ed evitando che il vino importato venga etichettato da aziende italiane come made in Italy. (4-03710) RISOLUZIONE VENITTELLI, PD CAMERA, SU PIANIFICAZIONE
SPAZIO MARITTIMO DEL MEDITERRANEO Atto Camera Risoluzione in commissione 7-00644 presentato da VENITTELLI Laura, PD, venerdì 27 marzo 2015, seduta n. 401 che impegna il governo a mettere in campo gli strumenti necessari al recepimento della direttiva europea sulla pianificazione dello spazio marittimo, svolgendo un ruolo di primo piano per l’attuazione della pianificazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo, al fine di fornire agli operatori certezza su quali sviluppi economici sono possibili, dove e per quanto tempo e di favorire l’inclusione delle questioni relative alla protezione ambientale nei processi di pianificazione, contribuendo alla salvaguardia della salute degli ecosistemi marini L’VIII e la XIII Commissione, premesso che: mari e oceani ricoprono il 71 per cento della superficie della Terra e hanno un ruolo fondamentale sia per lo sviluppo economico sia per l’equilibrio ambientale del pianeta. Questo comporta una doppia sfida: contribuire alla crescita e alla creazione di posti di lavoro e allo stesso tempo assicurare che gli ecosistemi marini rimangano sani o siano risanati, essendo così in grado di offrire i loro benefici anche in futuro; si calcola che circa 110 milioni di posti di lavoro a livello globale dipendono da mari e oceani, dei quali 70 milioni dipendono da mari in salute. In Europa, più di 3 milioni di posti di lavoro sono direttamente collegati all’economia marittima e alcuni studi indicano che diverse centinaia di migliaia di posti di lavoro potrebbero essere creati in
futuro; nel nostro paese sono 180 mila le imprese dell’economia del mare censite alla fine del 2013, pari al 3 per cento del totale imprenditoriale del paese. In termini di nuove imprese, rispetto al 2011 si è registrato un aumento del 2 per cento, con la nascita di 3.500 nuove attività. Un dato in controtendenza rispetto al –0.9 per cento, registrato dal resto delle altre imprese in Italia. Nel 2013 l’economia del mare ha prodotto un valore aggiunto di oltre 41 miliardi di euro, una forza produttiva con un bacino di forza lavoro che conta 800.000 occupati, il 3,3 per cento dell’occupazione complessiva del paese; più di un quinto delle imprese dell’economia del mare ha investito nel triennio 2010-2012 e/o ha programmato di investire nel 2013 in prodotti e tecnologie green a maggior risparmio energetico e/o minor impatto ambientale; l’Unione europea ha posto particolare attenzione al tema con la direttiva Strategia per il buono stato ambientale del mare (direttiva quadro 2008/56/CE, recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 190 del 2010), con la Comunicazione sul tema della «crescita blu» del 2012 (Blue Economy, COM 2012/494), con la direttiva Pianificazione dello spazio marittimo (204/89/EU) e infine con la Comunicazione sulla «innovazione blu» (COM 2014/254/2); usare i nostri mari per attività economiche porta infatti benefici solo se siamo in grado di minimizzare gli effetti sugli ecosistemi marini. Se la loro protezione fallisce, non solo miniamo il potenziale economico dell’economia blu, ma minacciamo anche i servizi ambientali che i nostri mari e oceani forniscono, come la regolazione climatica, la fornitura di fonti di energia rinnovabile e l’importante contributo alla biodiversità terrestre; in tale contesto, le due direttive europee citate svolgono un ruolo fondamentale: l’obiettivo di «stato ambientale buono»,
come previsto nella direttiva sulla Strategia marina, è il punto di riferimento per avere mari sani e dovrebbe garantire che attività e usi siano svolti in modo sostenibile; nel 2015, gli stati membri dovranno predisporre programmi di misure che includano azioni innovative ed economicamente efficaci per raggiungere lo stato ambientale buono entro il 2020. Fra sei anni, nel 2021, sarà predisposto il secondo programma di misure; le strategie che dovranno essere adottate dagli Stati membri entro il 2020 devono prevedere il rafforzamento di un approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, per assicurare che la pressione complessiva sia mantenuta entro livelli compatibili con il conseguimento del buon stato ambientale marino. Deve inoltre essere salvaguardata la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti indotti dall’uomo, senza tralasciare di perseguire la progressiva eliminazione dell’inquinamento marino; la seconda direttiva europea chiave, sulla Pianificazione dello spazio marittimo, entrata in vigore nel settembre 2014 è uno strumento chiave per attuare la crescita blu e per garantire uno spazio marino sufficiente per settori promettenti come l’acquacoltura e l’energia eolica offshore. La direttiva rappresenta un passo importante per la governance marina nell’Unione europea, e l’Italia avrà un ruolo di primo piano nel mantenere l’iniziativa per l’attuazione della Pianificazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo. Inoltre costituisce il primo obbligo giuridico di collaborazione tra paesi diversi, che sono chiamati a cooperare nella pianificazione sui loro mari a livello transfrontaliero; entro il 2016, gli stati membri devono recepire la direttiva e individuare le autorità competenti per la sua attuazione. Poi dovranno definire i piani entro il 2021, con una scadenza coincidente con quella della direttiva quadro sulla Strategia
marina. La pianificazione marittima negli stati membri sarà essenziale per dare agli operatori certezza su quali sviluppi economici sono possibili, dove e per quanto tempo. Faciliterà l’inclusione delle questioni relative alla protezione ambientale nei processi di pianificazione e dovrebbe aiutare a trovare nuove soluzioni per un uso sostenibile degli spazi marittimi e costieri, contribuendo anche alla salvaguardia della salute degli ecosistemi; altri aspetti sono affrontati dalla Comunicazione sul tema della «crescita blu» del 2012. Questa Comunicazione si concentra su una serie di aree principali, come energia rinnovabile, acquacoltura, turismo, risorse minerarie e biotecnologie. In soli due anni la Commissione e gli stati membri hanno già emanato le linee guida strategiche sull’acquacoltura, un Piano di azione sul potenziale dell’energia dagli oceani e una Strategia europea per il turismo marittimo e costiero; per esprimere a pieno il potenziale economico dei nostri mari in modo sostenibile è necessaria innovazione. Questa può prendere diverse forme: sviluppi tecnologici nei settori dell’economia blu già citati, ma anche innovazione sistemica – cioè nuovi approcci di pensiero o di azione che possano portare importanti benefici per le comunità e gli ecosistemi marini; a maggio 2014 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione sulla «innovazione blu», per sostenere questo processo. La Commissione è impegnata nell’estendere la copertura della Rete europea di osservazioni e dati marini (European Marine Observation and Data Network) per rendere disponibili e utilizzabili sempre più dati sullo stato dell’ambiente marino europeo. Per quanto riguarda il campo della ricerca, la Comunicazione ha annunciato una nuova piattaforma informativa sulla ricerca marina nell’ambito del programma Horizon 2020 e si lavorerà con gli stati membri per includervi le informazioni sui progetti di ricerca sul mare finanziati a
livello nazionale; una delle maggiori minacce agli ecosistemi marini è rappresentato dai rifiuti: la Commissione Europea ha proposto l’ambizioso obiettivo di ridurli del 30 per cento a livello di Unione europea entro il 2020. Questo stimolerà l’innovazione, sia nell’industria marittima, sia, ancora di più, sulla terra ferma, che è l’origine stimata dell’80 per cento dei rifiuti in mare, mentre, secondo i report redatti dalla Fao e dall’Unep, il 10 per cento circa – corrispondente a 640.000 tonnellate – è costituito reti da pesca abbandonate e/o perse dai pescatori; si calcola che la loro rimozione potrebbe salvare migliaia di animali marini che ogni anno vi restano impigliati (tartarughe, uccelli, cetacei, pesci); a questo proposito, sarebbe importante, anche mediante accordi di programma tra le capitanerie di Porto, le autorità portuali, le imprese ittiche, le associazioni, e i comuni territorialmente competenti, consentire ai porti marittimi di avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali; in alcune realtà italiane sono già in corso progetti per la raccolta e il riciclaggio degli attrezzi da pesca abbandonati, comprese le cosiddette «reti fantasma», la raccolta dei galleggianti e dei rifiuti dai fondali marini, catturati nelle reti durante le attività di pesca, coinvolgendo i pescatori, le cooperative di pesca, i comuni, le Autorità marittime e le società di gestione e di trattamento dei rifiuti portuali; l’Italia, per la sua posizione geografica e lo sviluppo delle sue coste, ma anche per la sua storia, la sua cultura e le sue peculiarità paesaggistiche, è un paese pienamente coinvolto e impegnato nelle politiche di difesa degli ecosistemi marini e di sviluppo della blue economy;
lungo le coste italiane, cultura e natura si sovrappongono in equilibri sempre diversi e unici nel loro genere, in un rapporto creativo e indissolubile anche con i diversi contributi provenienti da tutte le sponde del Mediterraneo, un mare unico per la sua storia, la posizione geografica e la varietà di specie animali e vegetali; lo scorso novembre, a Livorno, attori pubblici nazionali e internazionali, stakeholders, operatori, aziende e ricercatori si sono confrontati sulle opportunità che la Strategia marina può offrire in termini di crescita e lavoro; da questo incontro è nata la Carta di Livorno, un documento di indirizzo per una «strategia del mare» in grado di coniugare tutela ambientale e crescita economica e per rendere più forte l’Italia nei consessi internazionali sul tema marittimo; sono quattro le parole chiave della Carta: governance unitaria; connessione terra-mare, efficacia dei controlli, partecipazione. Quattro parole che coincidono con quattro obiettivi: una governance unitaria a livello nazionale per dotarsi di elevati livelli di coordinamento istituzionale e sinergie sui temi del mare; una connessione terra-mare per promuovere responsabilità e partecipazione delle comunità costiere; un’armonizzazione e un’efficacia maggiore dei controlli in mare e lungo le coste per ottenere standard unitari e livelli di controllo scientifico e operativo adeguati e, infine, l’implementazione delle iniziative di comunicazione e partecipazione a partire dalla Strategia marina di tutti gli attori coinvolti, impegnano il Governo: a mettere in campo gli strumenti necessari al recepimento della direttiva europea sulla pianificazione dello spazio
marittimo, svolgendo un ruolo di primo piano per l’attuazione della pianificazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo, al fine di fornire agli operatori certezza su quali sviluppi economici sono possibili, dove e per quanto tempo e di favorire l’inclusione delle questioni relative alla protezione ambientale nei processi di pianificazione, contribuendo alla salvaguardia della salute degli ecosistemi marini; ad attuare gli impegni previsti dalla direttiva quadro Strategia marina in relazione alla protezione, alla salvaguardia e al ripristino dell’ambiente marino per preservare la diversità e la vitalità del mare, compreso il fondo marino, mantenendolo sano, pulito e produttivo; ad operare, nell’attuazione di tali impegni, in modo coordinato, a livello nazionale tra le amministrazioni titolate centrali e periferiche e a livello internazionale e comunitario insieme a tutte le altre comunità che si affacciano e vivono sul Mediterraneo; a promuovere l’utilizzo degli importanti strumenti di supporto e delle ingenti risorse che l’Unione europea ha messo a disposizione per sostenere l’attuazione della Strategia marina, quali Horizon 2020 e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp); a promuovere e normare accordi di programma tra le capitanerie di Porto, l’autorità portuale, le imprese ittiche, le associazioni, e i comuni territorialmente competenti, per consentire ai porti marittimi di avviare operazioni di raggruppamento e gestione di rifiuti raccolti durante le attività di pesca o altre attività di turismo subacqueo svolte da associazioni sportive, ambientaliste e culturali; ad assumere iniziative per prevedere la possibilità, nell’ambito della definizione del sistema per la raccolta dei rifiuti marini, di utilizzare i pescherecci anche nei periodi di fermo biologico delle attività, possibilità ad oggi
pressoché preclusa dalle normative vigenti. (7-00644) «Venittelli, Borghi, Oliverio, Cenni, Minnucci, Carrescia, Massa, Arlotti, Ginoble». INTERROGAZIONE A RENZI E MARTINA, DONNO, M5S SENATO, SU “STIPENDI DA CAPOGIRO DEL SEGRETARIO GENERALE COLDIRETTI” A s e g u i t o d e l l a n o t i
zia diffusa dal sito web Agricolae.eu, la senatrice Daniela Donno (M5S) presenta una interrogazione al Presidente Renzi e al ministro Martina per fare chiarezza sulle elevate retribuzioni del Segretario generale di Coldiretti. Secondo quanto riportato in un articolo dello scorso 13 gennaio del sito web Agricolae.eu, l’associazione nazionale Coldiretti avrebbe aumentato nel 2014 la retribuzione del suo segretario generale portandola ad oltre un milione e 800 mila euro, rispetto ai 1.677.029 euro già corrisposti da gennaio 2014 a maggio 2014. Come se non bastasse, a questi importi si andrebbero ad affiancare ulteriori 70.774 euro di reddito imponibile per attività di collaborazione con diverse altre aziende. A margine del sopraccitato articolo veniva poi pubblicata una corrispondenza tra il Presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo e il direttore di Agricolae dalla quale emergeva la volontà di Coldiretti di diffidare l’agenzia dalla diffusione delle suddette informazioni. Da questi dati di fatto, la senatrice Daniela Donno (M5S), ricalcando la medesima iniziativa intrapresa dal collega Filippo Gallinella (M5S) alla Camera, ha presentato una interrogazione indirizzata al Presidente Renzi e al ministro Martina. “Chiediamo di assumere idonee iniziative anche di carattere normativo affinché siano resi pubblici gli stipendi dei vertici delle più importanti associazioni di categoria del Paese – dichiara la senatrice salentina Daniela Donno – La trasparenza delle informazioni, oltre che delle attività delle associazioni, è una risorsa e, nello stesso tempo, un diritto di ogni cittadino. Gli interessi della collettività si tutelano anche facendo chiarezza su dati di questo genere, specie in tempi di spending review e di difficoltà economico- lavorative pressoché generalizzate”.
INTERPELLANZA DI MAIO, M5S CAMERA, SU BANDI PER EXPO Interpellanza 2-00911 presentato da DI MAIO Luigi M5S giovedì 26 marzo 2015, seduta n. 400 per sapere quali siano le modalità con le quali i Ministri interpellati, se appurata la veridicità dei fatti, ritengano d’intervenire, per quanto di competenza, al fine di individuare gli eventuali responsabili e ristorare gli eventuali pregiudizi subiti dal partecipanti al bando, nonché dai cittadini, al fine di evitare, anche mediante l’esercizio del potere di iniziativa legislativa, che meccanismi distorsivi analoghi si ripetano in futuro I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: EXPO 2015 spa ha emanato un bando per «identificare, raccogliere, diffondere, favorire il trasferimento di buone pratiche sulla sicurezza alimentare (BSDP)», collegate al tema chiave della prossima Esposizione Universale di Milano: Nutrire il Pianeta, Energia per la vita; il bando BSDP prospettava la possibilità, per 15 progetti selezionati tra quelli depositati, di profittare di spazi appositamente dedicati presso il Padiglione 0 del sito espositivo, nonché di beneficiare di convegni e altre
iniziative mediatiche per diffondere e promuovere i rispettivi contenuti; peraltro, come specificato dal bando BDSP, l’individuazione dei progetti vincitori sarebbe dovuta avvenire attraverso un procedimento di selezione scevro da conflitti d’interesse e tale da garantire la trasparenza, la tracciabilità e la pubblicità dell’intero processo di selezione attraverso la pubblicazione di un verbale relativo alla valutazione di ogni proposta, esaminata mediante valutazioni statistiche efficienti e puntuali, nel rispetto della normativa di legge applicabile; la società Expo 2015 spa è controllata per il 40 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze, per il 20 per cento da regione Lombardia, per il 20 per cento dal comune di Milano, per il 10 per cento dalla città metropolitana di Milano e per un ulteriore 10 per cento dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano; secondo quanto segnalato ai deputati interpellanti, in data 20 marzo 2015, una delle società partecipanti, l’Emitech srl, presieduta dal signor Nicola Diaferia, avrebbe depositato denuncia presso la procura della Repubblica di Milano (prot. 0594363/2015) segnalando varie irregolarità, tra cui la sussistenza di conflitti d’interesse tra alcuni dei progetti presentati e le commissioni valutatrici (in taluni casi financo composte da soggetti che avrebbero preso direttamente parte a progetti poi risultati vincitori), nonché la violazione dei principi di trasparenza previsti dal bando, laddove, alla data di emanazione dei risultati (che peraltro sarebbe avvenuta il 4 febbraio 2015, con oltre un mese di ritardo) e quantomeno sino alla presentazione della denuncia, nonché del presente atto, non sarebbero ancora stati resi pubblici i verbali relativi all’analisi dei progetti presentati, verbali previsti dal bando per garantire la trasparenza, pubblicità e tracciabilità del processo di selezione;
in particolare, il signor Nicola Diaferia avrebbe denunciato quattro irregolarità; la prima riguarderebbe il progetto «Cafèycaffe», ID: 9733, che sarebbe stato assegnato in presenza di un gravissimo conflitto d’interessi, dal momento che risulterebbe componente della commissione di valutazione finale dei progetti il dottor Andrea Illy, presidente ed amministratore delegato di Illycaffè spa, laddove peraltro tale azienda risulterebbe essere direttamente e strettamente collegata hai partner del progetto; la seconda riguarderebbe il progetto «Irrigazione fase 1 e fase 2», ID: 6801. Anche in questo caso, l’anomalia riscontrata sarebbe la presenza di un conflitto d’interessi, dal momento che risulterebbe partner dell’iniziativa lo stesso istituto di cui sei componenti facevano parte della commissione di prevalutazione. In particolare: il dottor Pandi Zdruli (componente dello CIHEAM-IAMB), preposto esattamente alla valutazione dei progetti dell’area tematica 1 (gestione sostenibile delle risorse naturali); il dottor Thaer Yaseen (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area tematica 2; il dottor Lamberto Lamberti (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area 4; il dottor Omar Bassaoud (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area 4; il dottor Roberto Capone (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area 5; il dottor Hamid El Bilali (componente CIHEAM-IAMB) preposto alla valutazione dei progetti dell’area 5. Secondo il denunciante, pertanto, parrebbe evidente la massiccia presenza di componenti dello IAMB nella commissione di prevalutazione, la cui funzione era precipuamente quella di esaminare nel merito, ed analiticamente, i progetti, al fine di «consegnare» alla commissione finale quelli ritenuti più meritevoli ed affidarli così al giudizio conclusivo, non più tecnico ma principalmente politico. Sempre secondo il denunciante, pertanto, sarebbe
persino pleonastico precisare che, ove si fosse voluto, come pretenziosamente affermava il bando, rispettare alti standard etici, ed in particolare, tra gli altri, il principio dell’assenza di conflitto di interessi, sarebbe stato improponibile inserire tra i soggetti valutatori di progetti riferibili allo IAMB personalità provenienti dallo stesso IAMB. Tale ovvietà, dunque, precede qualunque esame nel merito dei progetti, in quanto proprio la presenza di un palese e macroscopico conflitto di interessi determina, ipso facto, la violazione del primo, e più importante, dei pilastri etici del processo di valutazione; la terza riguarderebbe il progetto «Cent.Oli.Med.» – ID: 7803. Anche in questo caso, l’anomalia riscontrata sarebbe il medesimo conflitto d’interessi di cui alla seconda irregolarità; in questo caso, però, a parere del soggetto denunciante, la violazione del principio dell’assenza di conflitto di interessi appare ancor più sfacciata, in quanto il soggetto proponente il progetto era, come detto, lo stesso IAMB.; la quarta riguarderebbe il progetto «ITCLFP» – ID: 8716. Anche in questo caso, l’anomalia riscontrata sarebbe la presenza di un conflitto d’interessi, dal momento che risulterebbe da una semplice ricerca sul web che il progetto sia il frutto di una cooperazione della regione Puglia e dello IAMB con l’acronimo di SPIIE. Tale progetto è stato concluso nell’anno 2011; in particolare, il 4 luglio 2011 si tenne al Cairo una conferenza stampa finale, nella quale furono rappresentati i risultati della suddetta cooperazione. Anche in questo caso, dunque, appare, quale soggetto protagonista dell’iniziativa, lo stesso IAMB, i cui componenti erano membri della commissione di prevalutazione. L’unica differenza, secondo quanto denunciato, sarebbe che nel progetto presentato a concorso lo IAMB non figura affatto, in quanto nemmeno citato tra i partner, così oscurandosi il ruolo da protagonista che esso ha avuto in effetti;
inoltre, il denunciante segnala che, contrariamente a quanto previsto inizialmente, chiunque abbia partecipato al bando con un proprio progetto non ha, a tutt’oggi, la possibilità di verificare il punteggio assegnato al proprio progetto, e men che meno la possibilità di comparare il punteggio conseguito con quelli assegnati ad altri progetti, oltre che, evidentemente, la graduatoria complessiva e finale; infine, secondo il denunziante le irregolarità denunciate si collocano, quando ad effettiva incidenza sui risultati finali, nella fase di prevalutazione dei progetti. In quella fase, infatti, sono stati vagliati analiticamente e tecnicamente i progetti, ed è stata eseguita la selezione dei meritevoli di approdare alla fase finale, laddove – sempre nell’opinione del soggetto denunciante – nulla può ragionevolmente obiettarsi in riferimento ai valutatori finali; sempre secondo quanto segnalato ai deputati interpellanti, in data 12 febbraio 2015, la medesima società partecipante avrebbe inviato, a mezzo posta elettronica certificata, un esposto con i fatti allegati a vari soggetti rilevanti (tra cui l’Autorità Nazionale Anti Corruzione – ANAC, EXPO 2015 spa e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali), senza tuttavia ottenere riscontro alcuno, quantomeno sino al deposito del presente atto di sindacato ispettivo; appare di tutta evidenza l’urgenza di verificare la veridicità delle circostanze sopra riportate, le quali – ove confermate – determinerebbero una palese violazione dei criteri d’imparzialità e trasparenza imposti per il procedimento di selezione dei progetti vincitori dal bando BSDP, comportando la necessità d’intervenire immediatamente da parte delle pubbliche amministrazioni che detengono il controllo di Expo 2015 spa, annullando, se del caso, tutte le assegnazioni sino ad ora effettuate –: se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto
Puoi anche leggere