Ripresa di Nebulose Planetarie con Lumenera - di Renzo Ruisi - Lumenera Infinity 2-1 M - PNebulae
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Ripresa di Nebulose Planetarie con Lumenera di Renzo Ruisi Lumenera Infinity 2-1 M Il telescopio dell' ORSA a Ventimiglia di Sicilia (PA)
1 - Introduzione. La ridotta dimensione angolare di molte nebulose planetarie comporta spesso notevoli difficoltà nell' imaging amatoriale, volta al fine di evidenziare piccoli dettagli e particolari della struttura. La maggior parte delle nebulose planetarie presenta infatti una notevole luminosità superficiale (aiutata anche dalle già citate ridotte dimensioni angolari) e molteplici strutture morfologiche. Al fine di capire lo stadio evolutivo della PN in questione, è quindi importante evidenziare la struttura nel suo complesso, nonché lo studio con filtri interferenziali. Questi oggetti celesti si caratterizzano infatti per una notevole emissione di radiazione sulla banda dell' OIII, ed anche Ha ed Hb, dipendentemente dallo stadio evolutivo (ma non tratteremo a fondo l'argomento poiché esula il fine di questo documento). La scelta dello strumento ottico e della camera di ripresa è quindi importante a tal fine. Lo strumento utilizzato per questo scopo è il newton da 42cm di diametro f/4.3 (1800mm di focale) dell'associazione astrofili ORSA di Palermo (di cui l'autore fa parte). Lavorare su planetarie molto piccole comporta anche l'uso di una buona barlow apocromatica per raggiungere una focale adeguata (almeno 2000mm di focale equivalente). La camera di ripresa dovrebbe avvicinarsi il più possibile ad una CCD di buon livello, poiché la ripresa di planetarie molto piccole richiede alta definizione, oltre alla possibilità di usare numerosi filtri interferenziali. Le reflex digitali come le Canon Eos o la 20Da non sono quindi consigliate per questo scopo, tranne che per i casi di nebulose planetarie più “facili” (come quelle del catalogo Messier o la Helix Nebula). La scelta è quindi caduta sulla Lumenera Infinity M-1, già in possesso dell'associazione, camera molto apprezzata per la ripresa degli oggetti del sistema solare. Può inoltre essere usata per lunghe esposizioni, rivelandosi così una camera molto versatile e dall'ottima sensibilità. 2 - Metodi. Il settaggio della camera va ovviamente cambiato da caso a caso. Le prove tecniche sono state effettuate durante un paio di notti con seeing e trasparenza variabili. Le impostazioni da regolare con maggior cura (poiché sensibili sia al tipo di planetaria fotografata che al seeing) sono sicuramente la luminosità ed il gain. Il gain ha grande importanza proprio perchè regola la quantità di elettroni catturati dal sensore CCD in fase di ripresa (viene infatti definito anche come 'fotoelettroni diviso ADU' ). Il numero ADU (Analog to Digital converter Unit) è appunto il valore restituito dal sensore che indica la quantità di informazioni catturate (dal punto di fista fisico si dovrebbe parlare di voltaggi). Il gain altera il rapporto segnale/rumore aumentando la quantità di informazioni raccolte (come sopra spiegato). Aumentare troppo il gain, infatti, può provocare un fastidioso rumore di fondo con la comparsa di grana, artefatti o pixel bruciati, soprattutto in serate molto calde; la breve durata delle esposizioni, tipicamente usate per questi oggetti, aiutano la resa finale, non disturbando eccessivamente l'immagine. Vedremo in seguito un esempio di elaborazione forzata su un'immagine rumorosa. Altra impostazione fondamentale è il binning (disponibile 2x2, 3x3, 4x4). Tale impostazione è molto sensibile alle condizioni del cielo (nonché al diametro dello strumento). Impostando il binning al valore 1x1 verranno catturati maggiori dettagli, pertanto è consigliato in caso di serata trasparente e con buon seeing. E' invece consigliato usare il binning 2x2 durante le serate con seeing non sufficientemente buono, anche se a scapito dei dettagli più fini. Le prove effettuate dall'autore si limitano al binning 1x1 e 2x2, non potendo quindi dare pareri sul reale uso del binning 3x3 e 4x4. Si ricordi comunque, che la scelta dello strumento andrebbe effettuata dipendentemente dal seeing. Un telescopio di grande apertura sarà sempre più soggetto al cattivo seeing rispetto ad un altro di minore diametro.
Riportiamo inoltre i dati del sensore in questione: Sony ICX205 1.4 megapixel dimensioni 7.6mm x 6.2mm Pixel effettivi 1392 x 1040, 4.65µm Read Noise 12 e- rms Con semplici calcoli, ricaviamo le dimensioni delle immagini raw in primi d'arco: Senza barlox: 13.95 x 11.31 Con barlow 2x: 6.9 x 5.65 3 - Primi risultati raw. Le nebulose planetarie scelte per le prove iniziali sono tre: NGC 2022 (di cui peraltro non è stato possibile effettuare una ripresa a 3600mm di focale), NGC 2392 ed NGC 7027. Di seguito i dati principali di questi tre oggetti. – NGC 2022 RA: 05h 42m 06,32s Dec: +09° 05' 18,1" Mag. 12,40 Luminosità superficiale: 9,64 Dim.: 29"x28" Stella centrale: 15,89 (b) (magnitudine nel blu) Costellazione: Orione Distanza: 2,494 kpc Raggio: 0,117 pc – NGC 2392 RA: 07h 29m 10,63s Dec: -20° 54' 36,9" Mag. 9,90 Luminosità superficiale: 7,20 Dim.: 47"x43" esteno; 19,5" interno Stella centrale: 10,53 Costellazione: Gemelli Distanza: 1,2 Kpc Raggio: 0,135 pc – NGC 7027 RA: 21h 07m 01,60s Dec: +42° 14' 09,9" Mag. 10,40 Luminosità superficiale: 6,98 Dim.: 18 "x11" Stella centrale: 16,25 Costellazione: Cigno Distanza: 0,273 kpc Raggio: 0,009 pc
Ecco le immagini raw dei vari oggetti ripresi con Lumenera: NGC 2022 a 1800mm NGC 2392 (Eskimo nebula) a 1800mm
NGC 7027 a 3600mm 4 – Software e Stacking. Per ogni nebulosa sono stati effettuate dalle 10 alle 15 pose. Notiamo subito che a causa della notevole sensibilità del sensore e della luminosità superficiale di questi oggetti, che tipicamente risulta abbastanza elevata, nonché a causa dell'apertura dello strumento, la durata di ogni posa si aggira attorno ai 15 secondi. Ovviamente per assicurare una corretta visione delle varie parti (di diversa luminosità) che costituiscono la nebulosa planetaria, sono stati utilizzati tempi di posa differenti: più brevi e con meno gain per esaltare le parti più luminose (ad esempio per il nucleo centrale della Eskimo), e più lunghe con più gain per esaltare le zone esterne poco luminose. Inoltre la possibilità di vedere “in diretta” sullo schermo del proprio pc gli effetti di ogni calibrazione, aiuta notevolmente l'acquisizione. Per l'acquisizione non è stato usato il software distribuito con la Lumenera (Infinity Capture), bensì StreamPix (di cui Norpix è la casa produttrice), che permette facilmente una più accurata regolazione delle varie impostazioni. Tale software si è rivelato molto completo. Lo stacking è stato effettuato mediando le immagini (average). A seconda del numero di immagini e della loro durata è possibile cambiare il metodo di composizione delle immagini. In genere per valori alti di ADU (come in genere si ha nelle lunghe esposizoni per oggetti deep sky) si preferisce mediare le immagini (o anche usare la mediana nel caso si vogliano escludere alcuni effetti comparsi in alcune delle pose). Per valori bassi di ADU si preferisce sommare le immagini (sum), così da aumentare la dinamica complessiva dell'immagine. E' anche possibile usare entrambi i metodi. Ad esempio, nel caso si disponga di molte pose, può essere utile dividere la totalità delle immagini in più gruppi e mediare le immagini di questi gruppi. Successivamente sommare le immagini ottenute dalla media dei vari gruppi. Lo stacking e l'allineamento sono stati effettuati con MaximDL. Tale software si è rivelato utilissimo per l'elaborazione, al fine di poter esaltare il maggior numero di particolari possibile. L' elaborazione è poi stata ultimata con Photoshop CS2.
Alcuni di questi aspetti saranno trattati nel paragrafo successivo inerente il rumore delle immagini relativo all'elaborazione. 5 - Risultati finali. 5.a – Elaborazioni finali e confronto con immagini professionali. In conclusione mostriamo i risultati finali, con breve descrizione delle caratteristiche morfologiche deducibili dalle immagini, nonché con i dati delle misurazioni angolari. In base ai dati fotografici, sono anche state calcolate le dimensioni angolari delle strutture principali, riportandole in figura. Si vuole precisare che tali calcoli sono approssimati (mostrano un errore del 5% circa), vista la limitata risoluzione della strumentazione usata; si è quindi fatto riferimento alle dimensioni riportate in letteratura. – NGC 2022: nonostante la ripresa a “soli” 1800mm di focale equivalente, viene risolta la nebulosa in tutte le sue parti: guscio principale ed alone esterno (meno luminoso). Sommando le pose e procedendo con l'elaborazione dell'immagine si rendono visibili alcuni filamenti del guscio interno e i due luminosi addensamenti sull'asse ellittico maggiore (non è ancora chiaro se si tratti di FLIERs atipici poiché non esterni allo shell di prima fase, nonché per la loro alta ionizazione). Adam Block: RC da 40cm, CCD:SBIG ST10XME
– NGC 2392: l'immagine mostra facilmente la famosa struttura della Eskimo: shell principale e shell esterno. Interno: si nota chiaramente la sottile struttura a guscio con la tipica protuberanza ad arco in direzione Nord, con le varie zone più o meno dense e luminose (soprattutto a S e W). Esterno: sono chiari gli addensamenti non omogenei dei cosiddetti “cometary knots” (parola inglese che sta ad evidenziare la forma cometaria dei nodi di condensazione del gas). La formazione di queste strutture (presenti in varie altre nebulose) è dovuta alla differente fotoionizzazione del gas da parte della stella genitrice tra primo e secondo evento eruttivo. Notiamo la presenza dei due FLIERs (o ansae) a Nord e a Sud, come evidenziato in rosso in figura. NB: la forma a “ciambella” della stella centrale è solo un artefatto provocato dall'elaborazione. Adam Block: RC da 40cm, CCD:SBIG ST10XME
– NGC 7027: visibile il tipico aspetto “rettangolare”, circondato da un debole alone. L'immagine non dona molti particolari, tranne la banda scura equatoriale del toroide, che divide i due lobi, e la netta separazione delle due zone più luminose. Sotto la zona più luminosa (S-W) è visibile un prolungamento della nebulosa, come evidenziato in immagini professionali, prolungamento dovuto ai getti collimati dovuti alla prima fase eruttiva. Non sembra invece distinguibile la struttura anulare data dalla seconda fase, più interna ed a più alta ionizzazione. Adam Block: RC da 50cm, CCD:SBIG ST10XME
5.b – Rumore ed elaborazione dell'immagine. Nell'immagine di NGC 7027 si rende visibile un leggero rumore di fondo, dato dall'alto valore di gain impostato e dal (relativamente) basso numero di riprese sommate (solo 10). Questo effetto è anche stato accentuato dalle condizioni atmosferiche: tale ripresa è stata acquisita durante una calda serata di luglio. E' evidente che più il rumore è visibile, più sarà messo in evidenza in fase di elaborazione: esso quindi limita la qualità finale dell'immagine. La forzatura dell'elaborazione, in questi casi, dà luogo ad una vistosa “grana” che porta alla nascita di “falsi dettagli” (come la rugosità visibile sulla superficie dell'oggetto), soprattutto accentuati da maschere di contrasto (UM) a piccolo raggio ed alta densità, da una forzata Deconvoluzione, o da un filtro DDP (Digital Development); vediamole in dettaglio assieme ad altri utili procedimenti. a) Stretching Logaritmico Quando una nebulosa planetaria presenta forti differenze di luminosità tra alcune sue zone, è spesso utile applicare preventivamente uno stretching logaritmico dell'istogramma, così da uniformare il più possibile l'elaborazione successiva applicata all'immagine. b) Filtri High Pass (FFT): può essere usato per definire maggiormente l'immagine; converte l'immagine in frequenze spaziali tramite trasformate di Fourier, favorendo le alte frequenze a quelle basse, quindi può aumentare il rumore di fondo. Low Pass (FFT): contrariamente al filtro high pass, (sempre tramite lo stesso algoritmo delle trasformate di Fourier) favorisce le basse frequenze, attenuando i dettagli e riducendo il rumore. Digital Development: filtro usato in genere per far assumere le sembianze di una foto scattata su pellicola; è un filtro molto potente (quindi richiede molta parsimonia nel suo utilizzo) che comprende uno stretching iperbolico dell'immagine ed una Unsharp Mask. E' sconsigliato utilizzare questo filtro assieme a forti deconvoluzioni e/o HighPass poiché aumenterebbe di molto il rumore con la possibilità di falsi dettagli. Unsharp Mask: classica maschera di contrasto (ovvero sottrazione di una immagine LowPass all'immagine stessa) utile a definire meglio bordi e particolari. Deconvoluzione: è un filtro con alla base un potente algoritmo usato soprattutto per ridurre la dimensione delle stelle (usato sia in radioastronomia che dal team dell' Hubble Telescope). Senza scendere nei dettagli dell'algoritmo matematico alla base di questo filtro, diciamo che aiuta ad aumentare enormemente la definizione dei dettagli. Ad esempio una deconvoluzione di tipo esponenziale aiuta a far emergere particolari poco visibili, settando dei paramentri (è anche possibile farli scegliere automaticamente dal software) come il raggio. Proprio su questo parametro è utile porre più attenzione, al fine di non scegliere un valore più basso del raggio della grana; altrimenti, come si vede dall'immagine successiva, l'immagine si riempirà di falsi dettagli. Tra le due varianti di questo filtro (Maximum Entropy e Lucy-Richardson) l'autore ha preferito il secondo, in base ai risultati svolti su queste immagini.
Questa immagine di NGC 7027 dà un'idea dell'eccessivo rumore accentuato dalla forte elaborazione. Ho usato principalmente il filtro DDP e una spinta Deconvoluzione esponenziale a piccolo raggio. Come mostra l'immagine soprastante, volutamente elaborata oltre il limite, si rende visibile la grana dell'immagine, sia sul fondo cielo che sulla nebulosa stessa. Anche nella stella adiacente alla nebulosa si nota una evidente deformazione: può essere un ottimo campanello d'allarme per controllare il giusto limite d'elaborazione. Questa immagine invece si avvicina al limite massimo di elaborazione, nonostante siano meno visibili particolari come i getti in basso. Seppur a scapito del dettaglio finale dell'immagine, conviene mantenersi sotto questo limite, al fine di non compromettere i reali dettagli (seppur poveri) della superficie della nebulosa. I consigli per una migliore riuscita dell'immagine durante la ripresa, al fine di ridurre al minimo il rumore, sono i soliti: non esagerare con il gain, specie con tempi di posa più lunghi del normale, non esagerare con la focale equivalente in serate con cattivo seeing, e possibilmente usare un binning 2x2 sull'immagine.
6 - Conclusioni e progetti futuri. Questo articolo ha voluto mettere in mostra le caratteristiche e le capacità della Lumenera, usata stavolta per l'alta risoluzione sul deepsky. Un campo inusuale per questa camera, che si presta bene per le riprese di pianeti, luna, sole (sempre di alta risoluzione si tratta)... Siamo riusciti ad evidenziare con brevi esposizioni, particolari notevoli di nebulose larghe poco più di una decina di secondi d'arco. L'uso di una camera ccd professionale, ovviamente, potrebbe aver dato risultati migliori (sempre a patto di usare strumenti ben corretti); abbiamo invece usato la Lumenera perchè strumento di costo (sicuramente) inferiore a qualsiasi ccd professionale e, ovviamente, perchè già in possesso dell'associazione. Prova di come si possa ottenere molto, pur con strumenti assolutamente amatoriali e di basso costo, è il lavoro svolto negli ultimi anni da Diego Barucco (associazione CODAS, Siracusa), visionabile interamente sul portale PNebulae (link sottostante), tutto realizzato con una webcam raffreddata e una newton 250mm f/4.5 . Le possibilità di ripresa sono ovviamente tante, soprattutto nel campo della ripresa a banda stretta. Una camera monocromatica come la Lumenera, con buone caratteristiche ccd, permette l'uso di filtri interferenziali come OIII, Ha e SII, così da poter evidenziare le diverse emissioni della nebulosa in questione. Sarà questo il passo successivo del test, prendendo in esame il filtro OIII con banda passante da 13nm (nanomillimetri) della Astronomik. Ricordiamo che la Lumenera è fornita di un “vetrino” anteposto al sensore, che funge da filtro IR- Cut (poiché questa camera è usata prevalenemente per microscopia o comunque per usi diurni). Abbiamo precedentemente dovuto sostituire il suddetto con un vetrino neutro, per poi utilizzare, nel caso di ripresa planetaria, un filtro IR-Cut esterno.
Ringraziamenti. • ORSA (Organizzazione Ricerche e Studi di Astronomia), Palermo. • Diego Barucco (CODAS Siracusa) direttore progetto Pnebulae. Bibliografia. – The planetary nebulae NGC 1535 and NGC 2022 - Sabbadin, F.; Bianchini, A.; Hamzaoglu, E. Astronomy and Astrophysics (ISSN 0004-6361), vol. 136, no. 2, July 1984, p. 193-199. Research supported by the Consiglio Nazionale delle Ricerche. – The Structure of NGC 2392 - Phillips, J. P.; Cuesta, L. - The Astronomical Journal, Volume 118, Issue 6, pp. 2929-2939 (1999) – XMM-Newton Detection of Hot Gas in the Eskimo Nebula: Shocked Stellar Wind or Collimated Outflows? - Guerrero, M. A.; Chu, Y.-H.; Gruendl, R. A.; Meixner, M. - Astronomy and Astrophysics, v.430, p.L69-L72 (2005) – HST/NICMOS Observations of the Planetary Nebula NGC 7027 - Dayal, Aditya; Latter, William B.; Bieging, John H.; Meakin, Casey; Kelly, Douglas M.; Hora, Joseph L.; Tielens, A. G. G. M. - Dayal, Aditya; Latter, William B.; Bieging, John H.; Meakin, Casey; Kelly, Douglas M.; Hora, Joseph L.; Tielens, A. G. G. M.
Maggiori informazioni ed ulteriori immagini disponibili su: www.pnebulae.altervista.org Contatti: Renzo Ruisi sedo_5@alice.it o sedo_5@hotmail.it Diego Barucco pnebulae@altervista.org
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