ASSOCIAZIONI CRISTIANE LAVORATORI ITALIANI

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ASSOCIAZIONI
            CRISTIANE                         Sede Provinciale
            LAVORATORI
            ITALIANI

                         Proposte delle Acli milanesi per Dpef e Finanziaria 2008

Milano, 9 luglio 2007

                                      Introduzione di Gianni Bottalico
                                     Presidente provinciale Acli milanesi

Ci è sembrato importante promuovere questo dibattito, nonostante siamo in piena estate, per la
disponibilità manifestataci dall'amico Giorgio Benvenuto, quando il 14 giugno scorso, con la presidente
della Fap Carla Dell'Orto gli consegnammo le 5000 firme raccolte tra gli aclisti e simpatizzanti per
sollecitare il Governo ad intervenire sui meccanismi di rivalutazione delle pensioni. Abbiamo pensato
di ampliare lo spettro della discussione a tutte quelle tematiche che riguardano il Documento di
Programmazione Economico-Finanziaria presentato dal governo lo scorso 29 giugno, e pensiamo in tal
modo di inserire anche la voce delle Acli milanesi nel dibattito che accompagna la definizione della
prossima legge finanziaria. Oggi non riusciremo ad affrontare che una piccola parte dei temi che
riguardano le direttrici della politica economica e sociale del prossimo futuro.
Ma credo che sia opportuno ripartire da questi temi in un periodo nel quale le discussioni politiche si
sviluppano più sulle leadership, presenti e future, che su diverse piatteforme programmatiche. Ed un
periodo in cui il dibattito sui costi della politica finisce per aumentare lo scontento e la disillusione dei
cittadini, i quali sperimentano una realtà molto diversa da quella rappresentata dalle discussioni
politiche, economiche, sociologiche. Una realtà caratterizzata dall'aumento dell'insicurezza, non solo
rispetto all'ordine pubblico, ma soprattutto rispetto all'avvenire, al lavoro, alla certezza di un reddito,
alle prospettive di vita dei giovani.
Rispetto a queste preoccupazioni, che sono le preoccupazioni che anche le Acli raccolgono nei propri
Circoli e attraverso i propri servizi, vorrei richiamare alcuni temi a cui è rivolta particolarmente la nostra
attenzione.

Famiglia
Veniamo da un periodo in cui si è parlato molto di politiche per la famiglia. Nei mesi scorsi noi
avevamo sottolineato il rischio di una discussione ideologica e allo stesso tempo passeggera e
superficiale. Pertanto, ci fa particolarmente piacere ritrovare nel Dpef due dei cardini che avevamo
indicato nel nostro documento sulla famiglia: il lavoro e la casa. I bassi salari e la discontinuità del
reddito causato dalla precarietà del lavoro costituiscono i problemi principali per le famiglie. In molti
casi frenano la costituzione di nuovi nuclei familiari e la possibilità di avere dei figli. Siamo, infatti
persuasi, che solo se l'insieme delle politiche generali (che riguardano l'economia, lo sviluppo, il
lavoro, l'accesso al credito ecc.), non genera delle conseguenze negative sulla famiglia, allora risultano
avere una qualche efficacia anche gli interventi mirati delle politiche familiari. Mentre nel Dpef si
notano interessanti enunciazioni di impegno per l'aumento degli assegni familiari, per il ritocco in
meglio delle aliquote fiscali per le famiglie di reddito medio-basso e si delinea una sorta di “imposta
negativa” per estendere alcune agevolazioni agli incapienti, si deve però prendere atto che non si è
ritenuto di prendere in considerazione il metodo del “quoziente familiare”.

Casa
Per quel che concerne la casa, è significativo che il governo si prefigga l'obiettivo di iniziare, a partire
dal prossimo anno, a ridurre l'Ici sulla prima casa. Questo intervento però deve essere accompagnato

                           Via della Signora 3 20122 Milano - telefono 027723222 - Fax 02780968
                                      www.aclimilano.com - mail segreteria@aclimilano.com
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           LAVORATORI
           ITALIANI
da una politica abitativa degna di questo nome. Da ormai quasi un decennio si è consolidata nel paese
una tendenza all'innalzamento del costo degli alloggi, nel quadro della comparsa di una più ampia
bolla immobiliare, alla cui formazione non sono state certo estranee la crisi della new economy e le
colossali truffe finanziarie a danno del risparmio famigliare, costituite tra l'altro dai bond argentini,
Parmalat e Cirio. Occorre affrontare, con più efficacia, il problema delle dinamiche finanziarie
connesse all'acquisto di un'abitazione che in misura sempre meno sostenibile impegnano e vincolano
per decenni le risorse delle famiglie dei ceti popolari per l'acquisto di un bene primario.
Tra le misure che ci segnala il CCL, tramite il presidente Enrico Lupatini e il presidente di
Federabitazione Alessandro Maggioni, è da ricordare anche che il settore della cooperazione abitativa
sollecita interventi sulla tassazione delle aree destinate ad alloggi sociali e sull'Iva per servizi e
costruzioni.
Inoltre, risorse finanziarie e cubature edificabili per una nuova offerta di alloggi sociali, potrebbero
essere ricavate da una valorizzazione programmata del patrimonio residenziale trasferito alle regioni.
Con tali risorse si potrebbe puntare alla ricostituzione di un patrimonio di alloggi sociali. Per
fronteggiare l'emergenza abitativa nel Paese, andrebbero previsti almeno centomila alloggi in locazione
a canone calmierato, promuovendo gli investimenti privati con un mix di incentivi urbanistici, fiscali,
finanziari. Non dimentichiamo che un patrimonio con tali caratteristiche ha storicamente svolto un
importante ruolo di calmierazione del mercato e di riserva di alloggi per gli Enti Locali per garantire
soluzioni provvisorie alle famiglie sfrattate.
Per quel che riguarda l'incentivazione degli affitti è apprezzabile il proposito del Dpef di prendere in
considerazione una revisione dei redditi da locazione nel quadro più ampio della riforma della
tassazione dei redditi da capitale.

Lavoro
Per le Acli il tema del lavoro riveste un'importanza centrale. Ce ne parlerà tra poco il nostro
responsabile Marzorati. Mi limito ad osservare che consideriamo molto positivamente i due obiettivi
espressi nel Dpef, il tema della sicurezza sul lavoro, della prevenzione delle morti e degli infortuni sul
lavoro e il riconoscimento del primato del lavoro a tempo indeterminato sulle altre tipologie
contrattuali, considerato come forma normale e obiettivo a cui tendere non solo per la sicurezza del
lavoratore ma anche come punto di forza del nostro sistema economico.
Tali affermazioni sono importanti anche rispetto a recenti iniziative della Commissione Europea, che
rischia, ancora una volta, di apparire più sensibile alle pressioni delle lobby che ai problemi dei
cittadini. Mi riferisco, in particolare al recente documento del commissario agli Affari Sociali, l'ex
premier ceco Vladimir Spidla, sulla cosiddetta flexicurity, cioè sulla combinazione di flessibilità e
sicurezza nei mercati del lavoro dei Paesi europei. Certo anche in Italia è urgente mettere in campo
nuove risorse per la formazione e riqualificazione dei lavoratori, per il sostegno al reddito nei periodi di
ricerca del lavoro, ma tutto ciò non può essere accompagnato da una generale riduzione delle garanzie
di tutti i lavoratori, come auspicato da Bruxelles. Come abbiamo affermato in un documento del nostro
Consiglio Provinciale, gli interventi a sostegno dei normali lavoratori flessibili (che sono quelli che
svolgono un lavoro subordinato a tutti gli effetti, tranne che nella forma contrattuale loro riconosciuta),
hanno un senso se hanno di mira la lotta alla precarietà e costituiscono un aiuto alla stabilizzazione del
rapporto di lavoro. Riteniamo che occorra una svolta nella legislazione del lavoro che ponga fine a
quella che Luciano Gallino ha definito come la tendenza alla ri-mercificazione del lavoro, riemersa
negli ultimi decenni.

Credo, inoltre, che dovrebbero essere fortemente ridotti gli ostacoli a quei giovani che non trovando più
un lavoro dipendente, intendono avviare delle piccole attività autonome nel commercio, nei servizi,
nell'artigianato, in aziendine a conduzione individuale o di pochi amici, o nelle nuove filiere produttive

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            ITALIANI
che caratterizzano un'area fortemente sviluppata come quella milanese. Oggi questi giovani si sentono
penalizzati da tre generi di problemi: la gran quantità e la lentezza degli adempimenti burocratici per
aprire una nuova attività, il carico degli studi di settore che non tengono conto dei tempi necessari
perché una nuova attività vada a regime, ed i costi proibitivi dell'accesso al credito dalle banche che si
mostrano molto comprensive verso i loro grandi debitori ma che poi impongono condizioni severissime
ed alti tassi ai giovani.
Perché non dare dei segnali di fiducia ai giovani, anche con concrete forme di agevolazioni e di
esenzioni fiscali finalizzate al decollo di nuove attività?

Fisco
Più in generale, riguardo alle politiche fiscali, credo che occorra riconoscere gli sforzi fatti da questo
governo nella lotta all'evasione fiscale. Si avverte anche l'esigenza di una maggior collaborazione tra
Fisco e contribuente, soprattutto nei casi in cui le controversie sui redditi non nascono da una volontà
di elusione, ma dipendono da particolari fattori che condizionano gli affari in un particolare contesto.
Al dovere di pagare le tasse deve corrispondere il diritto di dialogare con un'amministrazione fiscale
che non ragiona per categorie universali, ma che sa cogliere con equità la particolarità di ogni
situazione.
In seguito anche a recenti e discutibili iniziative della regione Lombardia in materia di federalismo
fiscale, credo che sia da apprezzare l'affermazione contenuta nel Dpef di intervenire per la revisione
del sistema di finanziamento degli Enti Locali in modo da riconoscere loro un'autonomia tributaria
significativa, non disgiunta però da un “adeguato grado di perequazione tra territori differenti”, in
un'ottica di solidarietà e di unitarietà del Paese.

C'è invece un punto che trovo molto discutibile contenuto nel Dpef in materia di tassazione delle
imprese, quando si afferma la necessità di una deregolamentazione “per incentivare la quotazione delle
imprese e l'apertura del capitale di rischio al private equity anche con possibili sgravi fiscali”.
Ora, la sola idea di concepire sgravi fiscali per uno strumento finanziario speculativo come il private
equity che si sottrae alla normale tassazione e che per lo più si sottrae alle regole del mercato
borsistico, è perlomeno alquanto singolare. Sul Financial Times del 4 giugno scorso, Nicholas
Fergunson, uno dei guru del private equity in Europa ha ammesso che i gestori dei fondi speculativi
“pagano meno tasse di una donna delle pulizie”. È difficile oggi immaginare qualcosa che abbia più
potere dei private equity. Un potere ricchissimo e di fatto incontrollabile, che con i fiumi di soldi di cui
dispone, fa tremare anche le multinazionali ed i colossi del credito, perché può permettersi di lanciare
scalate ostili su ciò che vuole. Un potere che viene temuto anche dai grandi del capitalismo nostrano,
che cominciano a sentirsi minacciati dalle scorribande di questi fondi, che non a caso si sono
guadagnati gli epiteti di “nuovi barbari”, “locuste”, “avvoltoi”.
Credo che in questa materia il problema sia di concepire una tassazione mirata sulle caratteristiche di
questa attività finanziaria in modo da non scoraggiare gli investimenti stranieri ma allo stesso tempo
rendendo meno appetibili le operazioni puramente speculative speculative.
Credo che già nella prossima Finanziaria sarebbe opportuno inserire misure anti-speculative in favore
dell'economia reale, delle imprese e dei lavoratori, come il divieto di pagare i debiti contratti per
acquisire una società, con il patrimonio della società acquisita, l'obbligo di rivelare l'identità da parte di
questi nuovi investitori, che spesso agiscono in forma anonima. Un'altra possibilità d'intervento,
potrebbe puntare a cancellare in alcune fattispecie la deducibilità fiscale degli interessi sul debito per
disincentivare il ricorso all'indebitamento per fini speculativi.
Più in generale, vorremmo vedere nella prossima finanziaria un rigore che chiama maggiormente in
causa anche i grandi soggetti dell'economia e della finanza e non solo la miriade di onesti lavoratori e
pensionati che da sempre danno il loro contributo al risanamento dei conti pubblici.

                           Via della Signora 3 20122 Milano - telefono 027723222 - Fax 02780968
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            LAVORATORI
            ITALIANI
In questo senso permettetemi di spendere una parola di elogio per l'Agenzia delle Entrate e per la
Procura di Pescara. Quest'ultima infatti, su denuncia della prima sta conducendo un inchiesta per truffa
ai danni del fisco per l'astronomica cifra di 4 miliardi e 200 milioni di Euro, perpetrata da alcune tra le
più grandi banche d'affari del mondo. Un'inchiesta sulle false richieste di rimborso dei crediti d'imposta
collegati ai dividendi, di cui si parla pochissimo ma che per le sue dimensioni dovrebbe suscitare
un'attenzione almeno uguale a quella che c'è per i costi della politica.

Infine, credo che vada sottolineato quello che forse è l'impegno maggiore di tutto il Documento di
Programmazione Economica e Finanziaria: quello di rinunciare ad una nuova manovra nella prossima
Finanziaria. Sarebbe la prima volta dopo tanti anni ed un segnale di ottimismo nelle possibilità di
rilancio del Paese.Milano, 9 luglio 2007

                         Proposte delle Acli milanesi per Dpef e Finanziaria 2008

                                      Introduzione di Gianni Bottalico
                                     Presidente provinciale Acli milanesi

Ci è sembrato importante promuovere questo dibattito, nonostante siamo in piena estate, per la
disponibilità manifestataci dall'amico Giorgio Benvenuto, quando il 14 giugno scorso, con la presidente
della Fap Carla Dell'Orto gli consegnammo le 5000 firme raccolte tra gli aclisti e simpatizzanti per
sollecitare il Governo ad intervenire sui meccanismi di rivalutazione delle pensioni. Abbiamo pensato
di ampliare lo spettro della discussione a tutte quelle tematiche che riguardano il Documento di
Programmazione Economico-Finanziaria presentato dal governo lo scorso 29 giugno, e pensiamo in tal
modo di inserire anche la voce delle Acli milanesi nel dibattito che accompagna la definizione della
prossima legge finanziaria. Oggi non riusciremo ad affrontare che una piccola parte dei temi che
riguardano le direttrici della politica economica e sociale del prossimo futuro.
Ma credo che sia opportuno ripartire da questi temi in un periodo nel quale le discussioni politiche si
sviluppano più sulle leadership, presenti e future, che su diverse piatteforme programmatiche. Ed un
periodo in cui il dibattito sui costi della politica finisce per aumentare lo scontento e la disillusione dei
cittadini, i quali sperimentano una realtà molto diversa da quella rappresentata dalle discussioni
politiche, economiche, sociologiche. Una realtà caratterizzata dall'aumento dell'insicurezza, non solo
rispetto all'ordine pubblico, ma soprattutto rispetto all'avvenire, al lavoro, alla certezza di un reddito,
alle prospettive di vita dei giovani.
Rispetto a queste preoccupazioni, che sono le preoccupazioni che anche le Acli raccolgono nei propri
Circoli e attraverso i propri servizi, vorrei richiamare alcuni temi a cui è rivolta particolarmente la nostra
attenzione.

Famiglia
Veniamo da un periodo in cui si è parlato molto di politiche per la famiglia. Nei mesi scorsi noi
avevamo sottolineato il rischio di una discussione ideologica e allo stesso tempo passeggera e
superficiale. Pertanto, ci fa particolarmente piacere ritrovare nel Dpef due dei cardini che avevamo
indicato nel nostro documento sulla famiglia: il lavoro e la casa. I bassi salari e la discontinuità del
reddito causato dalla precarietà del lavoro costituiscono i problemi principali per le famiglie. In molti
casi frenano la costituzione di nuovi nuclei familiari e la possibilità di avere dei figli. Siamo, infatti
persuasi, che solo se l'insieme delle politiche generali (che riguardano l'economia, lo sviluppo, il
lavoro, l'accesso al credito ecc.), non genera delle conseguenze negative sulla famiglia, allora risultano
avere una qualche efficacia anche gli interventi mirati delle politiche familiari. Mentre nel Dpef si
notano interessanti enunciazioni di impegno per l'aumento degli assegni familiari, per il ritocco in

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meglio delle aliquote fiscali per le famiglie di reddito medio-basso e si delinea una sorta di “imposta
negativa” per estendere alcune agevolazioni agli incapienti, si deve però prendere atto che non si è
ritenuto di prendere in considerazione il metodo del “quoziente familiare”.

Casa
Per quel che concerne la casa, è significativo che il governo si prefigga l'obiettivo di iniziare, a partire
dal prossimo anno, a ridurre l'Ici sulla prima casa. Questo intervento però deve essere accompagnato
da una politica abitativa degna di questo nome. Da ormai quasi un decennio si è consolidata nel paese
una tendenza all'innalzamento del costo degli alloggi, nel quadro della comparsa di una più ampia
bolla immobiliare, alla cui formazione non sono state certo estranee la crisi della new economy e le
colossali truffe finanziarie a danno del risparmio famigliare, costituite tra l'altro dai bond argentini,
Parmalat e Cirio. Occorre affrontare, con più efficacia, il problema delle dinamiche finanziarie
connesse all'acquisto di un'abitazione che in misura sempre meno sostenibile impegnano e vincolano
per decenni le risorse delle famiglie dei ceti popolari per l'acquisto di un bene primario.
Tra le misure che ci segnala il CCL, tramite il presidente Enrico Lupatini e il presidente di
Federabitazione Alessandro Maggioni, è da ricordare anche che il settore della cooperazione abitativa
sollecita interventi sulla tassazione delle aree destinate ad alloggi sociali e sull'Iva per servizi e
costruzioni.
Inoltre, risorse finanziarie e cubature edificabili per una nuova offerta di alloggi sociali, potrebbero
essere ricavate da una valorizzazione programmata del patrimonio residenziale trasferito alle regioni.
Con tali risorse si potrebbe puntare alla ricostituzione di un patrimonio di alloggi sociali. Per
fronteggiare l'emergenza abitativa nel Paese, andrebbero previsti almeno centomila alloggi in locazione
a canone calmierato, promuovendo gli investimenti privati con un mix di incentivi urbanistici, fiscali,
finanziari. Non dimentichiamo che un patrimonio con tali caratteristiche ha storicamente svolto un
importante ruolo di calmierazione del mercato e di riserva di alloggi per gli Enti Locali per garantire
soluzioni provvisorie alle famiglie sfrattate.
Per quel che riguarda l'incentivazione degli affitti è apprezzabile il proposito del Dpef di prendere in
considerazione una revisione dei redditi da locazione nel quadro più ampio della riforma della
tassazione dei redditi da capitale.

Lavoro
Per le Acli il tema del lavoro riveste un'importanza centrale. Ce ne parlerà tra poco il nostro
responsabile Marzorati. Mi limito ad osservare che consideriamo molto positivamente i due obiettivi
espressi nel Dpef, il tema della sicurezza sul lavoro, della prevenzione delle morti e degli infortuni sul
lavoro e il riconoscimento del primato del lavoro a tempo indeterminato sulle altre tipologie
contrattuali, considerato come forma normale e obiettivo a cui tendere non solo per la sicurezza del
lavoratore ma anche come punto di forza del nostro sistema economico.
Tali affermazioni sono importanti anche rispetto a recenti iniziative della Commissione Europea, che
rischia, ancora una volta, di apparire più sensibile alle pressioni delle lobby che ai problemi dei
cittadini. Mi riferisco, in particolare al recente documento del commissario agli Affari Sociali, l'ex
premier ceco Vladimir Spidla, sulla cosiddetta flexicurity, cioè sulla combinazione di flessibilità e
sicurezza nei mercati del lavoro dei Paesi europei. Certo anche in Italia è urgente mettere in campo
nuove risorse per la formazione e riqualificazione dei lavoratori, per il sostegno al reddito nei periodi di
ricerca del lavoro, ma tutto ciò non può essere accompagnato da una generale riduzione delle garanzie
di tutti i lavoratori, come auspicato da Bruxelles. Come abbiamo affermato in un documento del nostro
Consiglio Provinciale, gli interventi a sostegno dei normali lavoratori flessibili (che sono quelli che
svolgono un lavoro subordinato a tutti gli effetti, tranne che nella forma contrattuale loro riconosciuta),
hanno un senso se hanno di mira la lotta alla precarietà e costituiscono un aiuto alla stabilizzazione del

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rapporto di lavoro. Riteniamo che occorra una svolta nella legislazione del lavoro che ponga fine a
quella che Luciano Gallino ha definito come la tendenza alla ri-mercificazione del lavoro, riemersa
negli ultimi decenni.

Credo, inoltre, che dovrebbero essere fortemente ridotti gli ostacoli a quei giovani che non trovando più
un lavoro dipendente, intendono avviare delle piccole attività autonome nel commercio, nei servizi,
nell'artigianato, in aziendine a conduzione individuale o di pochi amici, o nelle nuove filiere produttive
che caratterizzano un'area fortemente sviluppata come quella milanese. Oggi questi giovani si sentono
penalizzati da tre generi di problemi: la gran quantità e la lentezza degli adempimenti burocratici per
aprire una nuova attività, il carico degli studi di settore che non tengono conto dei tempi necessari
perché una nuova attività vada a regime, ed i costi proibitivi dell'accesso al credito dalle banche che si
mostrano molto comprensive verso i loro grandi debitori ma che poi impongono condizioni severissime
ed alti tassi ai giovani.
Perché non dare dei segnali di fiducia ai giovani, anche con concrete forme di agevolazioni e di
esenzioni fiscali finalizzate al decollo di nuove attività?

Fisco
Più in generale, riguardo alle politiche fiscali, credo che occorra riconoscere gli sforzi fatti da questo
governo nella lotta all'evasione fiscale. Si avverte anche l'esigenza di una maggior collaborazione tra
Fisco e contribuente, soprattutto nei casi in cui le controversie sui redditi non nascono da una volontà
di elusione, ma dipendono da particolari fattori che condizionano gli affari in un particolare contesto.
Al dovere di pagare le tasse deve corrispondere il diritto di dialogare con un'amministrazione fiscale
che non ragiona per categorie universali, ma che sa cogliere con equità la particolarità di ogni
situazione.
In seguito anche a recenti e discutibili iniziative della regione Lombardia in materia di federalismo
fiscale, credo che sia da apprezzare l'affermazione contenuta nel Dpef di intervenire per la revisione
del sistema di finanziamento degli Enti Locali in modo da riconoscere loro un'autonomia tributaria
significativa, non disgiunta però da un “adeguato grado di perequazione tra territori differenti”, in
un'ottica di solidarietà e di unitarietà del Paese.

C'è invece un punto che trovo molto discutibile contenuto nel Dpef in materia di tassazione delle
imprese, quando si afferma la necessità di una deregolamentazione “per incentivare la quotazione delle
imprese e l'apertura del capitale di rischio al private equity anche con possibili sgravi fiscali”.
Ora, la sola idea di concepire sgravi fiscali per uno strumento finanziario speculativo come il private
equity che si sottrae alla normale tassazione e che per lo più si sottrae alle regole del mercato
borsistico, è perlomeno alquanto singolare. Sul Financial Times del 4 giugno scorso, Nicholas
Fergunson, uno dei guru del private equity in Europa ha ammesso che i gestori dei fondi speculativi
“pagano meno tasse di una donna delle pulizie”. È difficile oggi immaginare qualcosa che abbia più
potere dei private equity. Un potere ricchissimo e di fatto incontrollabile, che con i fiumi di soldi di cui
dispone, fa tremare anche le multinazionali ed i colossi del credito, perché può permettersi di lanciare
scalate ostili su ciò che vuole. Un potere che viene temuto anche dai grandi del capitalismo nostrano,
che cominciano a sentirsi minacciati dalle scorribande di questi fondi, che non a caso si sono
guadagnati gli epiteti di “nuovi barbari”, “locuste”, “avvoltoi”.
Credo che in questa materia il problema sia di concepire una tassazione mirata sulle caratteristiche di
questa attività finanziaria in modo da non scoraggiare gli investimenti stranieri ma allo stesso tempo
rendendo meno appetibili le operazioni puramente speculative speculative.
Credo che già nella prossima Finanziaria sarebbe opportuno inserire misure anti-speculative in favore
dell'economia reale, delle imprese e dei lavoratori, come il divieto di pagare i debiti contratti per

                          Via della Signora 3 20122 Milano - telefono 027723222 - Fax 02780968
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ASSOCIAZIONI
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acquisire una società, con il patrimonio della società acquisita, l'obbligo di rivelare l'identità da parte di
questi nuovi investitori, che spesso agiscono in forma anonima. Un'altra possibilità d'intervento,
potrebbe puntare a cancellare in alcune fattispecie la deducibilità fiscale degli interessi sul debito per
disincentivare il ricorso all'indebitamento per fini speculativi.
Più in generale, vorremmo vedere nella prossima finanziaria un rigore che chiama maggiormente in
causa anche i grandi soggetti dell'economia e della finanza e non solo la miriade di onesti lavoratori e
pensionati che da sempre danno il loro contributo al risanamento dei conti pubblici.
In questo senso permettetemi di spendere una parola di elogio per l'Agenzia delle Entrate e per la
Procura di Pescara. Quest'ultima infatti, su denuncia della prima sta conducendo un inchiesta per truffa
ai danni del fisco per l'astronomica cifra di 4 miliardi e 200 milioni di Euro, perpetrata da alcune tra le
più grandi banche d'affari del mondo. Un'inchiesta sulle false richieste di rimborso dei crediti d'imposta
collegati ai dividendi, di cui si parla pochissimo ma che per le sue dimensioni dovrebbe suscitare
un'attenzione almeno uguale a quella che c'è per i costi della politica.

Infine, credo che vada sottolineato quello che forse è l'impegno maggiore di tutto il Documento di
Programmazione Economica e Finanziaria: quello di rinunciare ad una nuova manovra nella prossima
Finanziaria. Sarebbe la prima volta dopo tanti anni ed un segnale di ottimismo nelle possibilità di
rilancio del Paese.

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