Riflessioni sulla religione - Peter L. Berger A cura di Michele Lucivero - Armando Editore

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Peter L. Berger

                             Riflessioni sulla religione

                                          A cura di Michele Lucivero

                                                    ARMANDO
                                                     EDITORE

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ISBN: 978-88-6992-688-4
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Indice

                    Modernità molteplici e religioni         7
                    di Michele Lucivero

                    Intervista con Peter Berger              44
                    di Charles T. Mathewes

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Modernità molteplici e religioni

                                                Michele Lucivero

                    Introduzione

                    Quella presentata in queste pagine è un’intervista inedita
                    a Peter L. Berger pubblicata nel 2006 nella rivista ame-
                    ricana The Hedgehog Review1 all’interno di un numero
                    monografico dedicato alla questione della secolarizza-
                    zione, intitolato, non a caso After Secularization.
                        Berger, scomparso nel giugno del 2017, è stato uno
                    dei sociologi più interessanti della scena culturale degli
                    ultimi decenni, capace di lanciare uno sguardo profon-
                    do sulle trasformazioni in atto nella società americana,
                    che l’aveva adottato, e in quella europea, nella quale
                    era nato e in cui aveva trascorso i suoi primi anni, desti-
                    nato, come afferma nel corso dell’intervista, a diventare
                    pastore luterano. L’incontro con la sociologia europea
                    è stato determinante nella sua formazione, infatti a
                    più riprese Berger sottolinea l’adozione metodologica
                    dell’avalu­ta­ti­vità weberiana e la considerazione dei fe-
                    nomeni sociali intesi come “fatti”, di chiara derivazione
                    durkheimiana.
                        1 Ch.T. Mathewes, An Interview with P.L. Berger, in «The Hedgehog

                    Review», 8, 1-2, (After Secularization), [2006], pp. 152-161.

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Modernità molteplici e religioni

                        Tuttavia, è l’influenza del suo maestro Alfred Schütz,
                    allievo a sua volta del filosofo Edmund Husserl, a deter-
                    minare l’adesione a quello che si può definire il paradigma
                    della fenomenologia sociale o sociologia fenomenologica.
                        Sarà principalmente la fenomenologia sociale a con-
                    tendersi con la Scuola di Francoforte, altra corrente so-
                    ciologica nata dal proficuo incontro della cultura euro-
                    pea con quella americana, la scena culturale nel secondo
                    dopoguerra, inserendosi all’interno di un dibattito di
                    ampia portata che coinvolge oggi il realismo da un lato e
                    il costruttivismo dall’altro.
                        Il contributo di Alfred Schütz nell’analisi sociologi-
                    ca dell’epistemo­logia del sapere potrebbe essere consi-
                    derato una delle tante eresie della fenomenologia2, che,
                    come quelle di Merleau-Ponty, Ricoeur e Levinas, ma, se
                    vogliamo, anche di Derrida e Marion3 hanno condotto
                    a sviluppi proficui, sebbene autonomi, del pensiero nel
                    campo dell’esistenzia­lismo, dell’er­me­­­neu­tica, dell’etica,
                    fino agli esiti estremi della decostruzione.
                        È in questo solco, con un’attenzione peculiare alla fe-
                    nomenologia della vita quotidiana, che Berger, insieme a
                    Thomas Luckmann, altro allievo di Schütz, sin dal 1966
                    con La realtà come costruzione sociale4, sviluppa argo-
                    mentazioni autonome, che diventano pietre miliari nella
                    microsociologia e, in particolare, nella sociologia della
                    conoscenza, al punto da indurre gli studiosi successivi ad

                         2 Cfr. I. Poma, Le eresie della fenomenologia, Edizioni scientifiche ita-

                    liane, Napoli 1996.
                         3 Cfr. C. Tarditi, Con e oltre la fenomenologia: le eresie fenomenolo-

                    giche di Jacques Derrida e Jean-Luc Marion, Il Melangolo, Genova 2008.
                         4 P.L. Berger, Th. Luckmann, The Social Construction of Reality,

                    Doubleday & Co., Garden City, New York 1966, tr. it. La costruzione so-
                    ciale della realtà, Bologna, il Mulino, 1969.

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Michele Lucivero

                    individuare nella loro posizione una corrente ben definita,
                    denominata costruttivismo sociale, espressione ritenuta in-
                    felice in riferimento al loro pensiero, chiarirà lo stesso Ber-
                    ger5, perché potrebbe dare l’impressione che in quel testo
                    fosse esplicitata l’intenzione che la realtà potesse essere,
                    in quanto costruzione, una creazione ex nihilo e avere lo
                    stesso valore di qualsiasi altra narrazione sulla realtà. La
                    posizione degli autori, invece, è tesa ad argomentare che
                    esistono dei “fatti sociali”, come afferma Durkheim, che
                    sono reali, anche se da questi si dipanano delle interpreta-
                    zioni condizionate inevitabilmente da fattori contingenti.
                        Questa precisazione, maturata nel tempo, è da met-
                    tere in relazione allo sviluppo e alla piega presa non solo
                    dal costruttivismo radicale, con Watzlawick6 in testa, ma
                    anche e soprattutto dal pensiero della decostruzione,
                    che aveva avuto un’ampia diffusione negli Stati Uniti,
                    arrivando a lambire i territori dell’etica e dell’antropolo-
                    gia culturale con forme estreme di relativismo7. Berger,
                    a più riprese, si mostra molto critico nei confronti di tale
                    deriva teorica, la quale giunge a mettere sullo stesso pia-
                    no ogni tipo di agire morale, affermando che ciò che non
                    funziona nel relativismo è la sua epistemologia, ritenuta
                    addirittura falsa e tendente rovinosamente al nichilismo.
                        5 Cfr. P.L. Berger, A. Zijderveld, In Praise of Doubt. How to Have

                    Convinction Without Becoming a Fanatic, HarperColins Publishers, New
                    York 2009, tr. it. Elogio del dubbio. Come avere convinzioni senza diventare
                    fanatici, il Mulino, Bologna 2011.
                        6 Cfr. P. Watzlawick, Die erfundene Wirklichkeit, Piper, München

                    1983, tr. it., La realtà inventata. Contributi al costruttivismo, Feltrinelli,
                    Milano 2008.
                        7 Cfr. F. Cusset, French theory. Foucault, Derrida, Deleuze et Cie et les

                    mutations de la vie intellectuelle aux Etats-Unis, Editions La Decouverte,
                    Paris 2003, tr. it., French Theory. Foucault, Derrida, Deleuze & Co. alla
                    conquista dell’America, Il Saggiatore, Milano 2012.

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Modernità molteplici e religioni

                        Esiste, in sostanza, nella fenomenologia bergeriana
                    un’evidenza incontestabile nel cogliere gli eventi della
                    realtà fisica, per cui un minimo di realismo è da mettere
                    in conto, sebbene il sociologo stia molto attento a non
                    cercare mai di elaborare teorie sociali vagamente metafi-
                    siche, reificanti e/o largamente riconducibili a qualcosa
                    come l’ontologia sociale, come accade per un altro stre-
                    nuo oppositore dei teorici della decostruzione qual è il
                    John Searle de La Costruzione della realtà sociale e di
                    Creare il mondo sociale8.
                        La tesi argomentata ne La realtà come costruzione so-
                    ciale si avvale di una metodologia che affonda le proprie
                    radici nella sociologia della conoscenza, di cui vengono
                    tracciate le coordinate storiche a partire da Max Scheler
                    fino a Karl Mannheim, cercando di tenere presente la
                    distinzione tra un’analisi empirica di ciò che passa come
                    conoscenza in una società e il valore ontologico ed epi-
                    stemologico di tale sapere, di competenza della filosofia.
                        Nella definizione del concetto di realtà come «una ca-
                    ratteristica propria di quei fenomeni che noi riconoscia-
                    mo come indipendenti dalla nostra volontà»9 si esprime
                    un punto di vista che ritiene la realtà non dipendente
                    immediatamente ed esclusivamente dall’Io trascenden-
                    tale, ma da un’oggettivazione del mondo esterno, il qua-
                    le poi viene interiorizzato all’interno di un contesto in-
                    tersoggettivo attraverso la conoscenza, che è «la certezza

                         8 J.R. Searle, The Construction of Social Reality, Free Press, New

                    York 1995, tr. it. di A. Bosco, Einaudi, Torino 2006; Id., Making the Social
                    World, Oxford University Press, Oxford 2010, tr. it. Creare il mondo socia-
                    le. La struttura della civiltà umana, a c. di P. Di Lucia, Raffaello Cortina,
                    Milano 2010.
                         9 P.L. Berger, Th. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, cit.,

                    p. 13.

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Michele Lucivero

                    che i fenomeni sono reali e possiedono caratteristiche
                    precise»10.
                        È nello scarto che si viene a creare tra realtà oggetti-
                    vata nelle istituzioni e la realtà soggettivata mediante la
                    conoscenza che la fenomenologia sociale, secondo Pa-
                    olo Jedlowski, si è proficuamente giovata dell’apporto
                    dell’ermeneutica filosofica di Gadamer e della filosofia
                    del linguaggio di Wittgenstein11, soprattutto nel proces-
                    so della dazione di senso e nell’interpretazione dei “fatti
                    sociali”. Il linguaggio, del resto, che permette di classi-
                    ficare le esperienze e tipizzarle, assume un’importanza
                    cruciale nella costruzione della realtà del soggetto sin
                    dalla socializzazione primaria ma, al tempo stesso, può
                    diventare una gabbia potentissima, in cui si può rima-
                    nere invischiati, come nel caso del fondamentalismo,
                    se non si fa ricorso costantemente alla conversazione,
                    la quale attraverso la mediazione cognitiva permette di
                    accedere sistematicamente a processi di risemantizzazio-
                    ne della realtà. Da questo punto di vista, la datità della
                    realtà quotidiana è assicurata da una serie di segni ogget-
                    tivati e condivisi, che permettono la significazione anche
                    in interazioni sociali remote nel tempo e nello spazio.
                        Va, inoltre, precisato che la precauzione metodolo-
                    gica assunta dagli autori nel tener distinte la sociologia
                    della conoscenza, la quale si occupa «dell’empirica varie-
                    tà di conoscenza data nella società umana»12, nonché dei
                    processi con cui tali conoscenze vengono assimilate al
                         10 Ibidem.
                         11 Cfr. P. Jedlowski, Che cosa significa che la realtà sia una “costruzione
                    sociale”?, «Working papers di Sociologia e Scienza Politica», 89, Univer-
                    sità della Calabria, 2007.
                         12 P. Berger, Th. Luckmann, La realtà come costruzione sociale, cit.,

                    p. 15.

                                                                                                11

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Modernità molteplici e religioni

                    punto di diventare realtà, dalla filosofia ha l’intento di
                    prendere le distanze proprio da quest’ultima, che spesso
                    indugia in fondazioni ontologiche, come nel caso di Max
                    Scheler, oppure da tendenze reificanti:

                         La «ricetta» di base per la reificazione delle istituzioni
                         consiste nel conferire loro una condizione ontologica
                         indipendente dall’attività e dalla comprensione umana;
                         le varie reificazioni infatti sono una variazione su que-
                         sto tema generale13.

                        L’osservazione empirica delle varie società giustifica,
                    in via preliminare, la radicale statuizione della relatività
                    sociale e da questa posizione si parte per analizzarne
                    i meccanismi di assimilazione da parte del soggetto,
                    per cui la sociologia della conoscenza, con Mannheim
                    e contro le concezioni ontologiche di Scheler, assume
                    come punto di partenza il relazionismo, vale a dire la
                    presa di coscienza che la conoscenza è sempre situazio-
                    nale o, meglio, storicamente e socialmente determinata
                    radicata in una Lebenswelt, all’interno della dimensio-
                    ne quotidiana.
                        Come Berger afferma in Sociology. A Biographical
                    Approach14, un testo di carattere didattico e divulgativo
                    scritto con sua moglie Brigitte Berger nel 1972, il pun-
                    to di partenza dell’analisi sociologica è costituito dalla
                    dimensione ineludibilmente sociale delle esperienze che
                    gli uomini e le donne accumulano e che diventano la
                    base della conoscenza.
                         13Ivi, p. 130.
                         14P.L. Berger, B. Berger, Sociology. A Biographical Approach, Basic
                    Book, New York 1972, tr. it. Sociologia. La dimensione sociale della vita
                    quotidiana, il Mulino, Bologna 1977.

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Michele Lucivero

                        Nell’approccio fenomenologico alla microsociologia
                    della vita quotidiana accade che la realtà intera si ma-
                    nifesti come una costruzione sociale intersoggettiva, la
                    quale prende forma a partire dai processi di socializza-
                    zione primaria e secondaria, necessari per innescare la
                    dialettica di oggettivazione e soggettivazione del sapere
                    collettivo che struttura l’identità dei soggetti attraverso
                    l’elaborazione di legittimazioni per gli universi simbolici.
                        È il caso di sottolineare che in questi passaggi spe-
                    cifici si manifesta il peso e l’influenza che ha esercitato
                    sui due autori la sociologia americana di Talcott Parsons,
                    da cui deriva l’importanza della socializzazione primaria
                    e secondaria nei meccanismi di costruzione dell’identi-
                    tà, ma anche della psicologia sociale di George Herbert
                    Mead, fondamentale per l’analisi dei processi cognitivi
                    di astrazione che i soggetti compiono nella costruzione
                    dell’altro generalizzato.
                        Non solo, l’ampio respiro della teoria sociale conte-
                    nuta ne La realtà come costruzione sociale cerca perfino
                    di conciliare la psicologia di George Herbert Mead con
                    l’antropologia filosofica di Helmuth Plessner e Arnold
                    Gehlen, in particolare nell’affermare che l’uomo è carat-
                    terizzato da una enorme “plasticità”, che gli ha permesso
                    di adattarsi a qualsiasi ambiente naturale. Questa plastici-
                    tà o apertura di fronte al mondo e l’adattabilità alle strut-
                    ture sociali sono le uniche costanti biologiche dell’uomo,
                    ciò che permette, in ultima analisi, di parlare di natura
                    umana, da cui non discende alcuno sviluppo ontologi-
                    co, ma esclusivamente un adattamento alle condizioni
                    storicamente e socialmente determinate e, quindi, cul-
                    turalmente relative. È evidente che la costruzione dell’i-
                    dentità soggettiva, nell’ottica fenomenologica, non si dà
                    mai in un contesto solipsistico, ma sempre all’interno

                                                                              13

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Modernità molteplici e religioni

                    di un ordine sociale inteso come prodotto umano, sia
                    nella sua costituzione originaria sia nella sua perpetua-
                    zione ininterrotta.
                        Del resto, l’orizzonte antropologico di Gehlen rima-
                    ne vivo anche nella produzione bergeriana successiva,
                    quando si tratterà di analizzare, nel contesto pluralistico
                    della postmodernità, il margine di libertà che il soggetto
                    ha nello scegliere tra le varie opzioni a disposizione. In
                    Elogio del dubbio, infatti, Berger riprende da Gehlen la
                    distinzione tra uno “sfondo”, cioè l’ambito dell’esisten-
                    za caratterizzato dall’ovvietà routinaria che non viene
                    messo in discussione e si continua a perpetrare, con una
                    buona dose di responsabilità soggettiva, e un “primo
                    piano”, ciò che, invece, lo costringe ad una situazione di
                    “riflessività permanente”.
                        Si tratta di due componenti antropologiche necessa-
                    rie del comportamento dell’attore sociale, che permetto-
                    no, da una parte, la costruzione degli ambiti istituzionali
                    – quelli che, in una fase di maggiore controllo possono
                    funzionare anche come “istituzioni totali”, mettendo in
                    atto procedure di esclusione, come affermano Erving
                    Goffman15 su un versante e Michel Foucault16 su un
                    altro – dall’altro palesano la discrezionalità e l’estrema
                          15 Cfr. E. Goffman, Asylums: essays on the social situation of mental

                    patients and other inmates, Doubleday, Garden City, New York 1961, tr.
                    it., Asylums: le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violen-
                    za, Einaudi, Torino 1972; Id., Stigma: notes on the management of spoiled
                    identity, Prentice-Hall, Englewood Cliffs, New Jersey 1963, tr. it., Stigma:
                    l’identità negata, Ombre corte, Verona 2003.
                          16 Cfr. M. Foucault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gal-

                    limard, Paris 1975, tr. it. Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Ei-
                    naudi, Torino 1976; Id., Naissance de la clinique: une archeogie du regard
                    medical, Presses Universitaires de France, Paris 1972, tr. it., Nascita della
                    clinica. Una archeologia dello sguardo medico, Einaudi, Torino 1996.

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Michele Lucivero

                    libertà del soggetto nel costruirsi identità personalissi-
                    me, altamente differenziate, sebbene i costi di tale ripie-
                    gamento riflessivo siano enormi.
                        Dopo aver avviato, con proficui sviluppi, all’interno
                    delle scienze sociali quello che si potrebbe definire un
                    nuovo paradigma inerente alla costruzione sociale del-
                    la realtà, Berger e Luckmann si dedicano, in un primo
                    momento, entrambi alla sociologia della religione17, poi
                    il primo prosegue con gli studi sul rapporto tra la mo-
                    dernizzazione e la secolarizzazione, mentre Luckmann si
                    concentra più sulla comunicazione e l’intersoggettività.

                    Secolarizzazione e pluralismo

                        L’attenzione di Peter Berger è rivolta al problema
                    della secolarizzazione sin dal 1967, dalla pubblicazione
                    del testo The Sacred Canopy: Elements of a Sociological
                    Theory of Religion18.
                        Dal punto di vista sociologico Berger dà una defini-
                    zione chiara del problema che intende analizzare: «Per
                    secolarizzazione noi intendiamo il processo tramite cui
                    alcuni settori della società e della cultura vengono sot-
                    tratti al dominio delle istituzioni e dei simboli religiosi»19
                        Se si tiene presente l’analisi svolta ne La realtà come
                    costruzione sociale, è facile comprendere che Berger

                         17 Cfr. Th. Luckmann, The invisible religion: the problem of religion in

                    modern society, The Macmillan, New York 1967, tr. it. La religione invisi-
                    bile, il Mulino, Bologna 1969.
                         18 P. Berger, The Sacred Canopy, Anchor Books Edition, Dobleday

                    & Company, Garden City, New York, 1967, tr. it. La sacra volta. Elementi
                    per una teoria sociologica della religione, SugarCo Edizioni, Milano 1984.
                         19 Ivi, p. 119.

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                    intende far riferimento ad un processo tipicamente occi-
                    dentale, in cui si è progressivamente logorato il meccani-
                    smo di legittimazione che consentiva all’uni­verso simbo-
                    lico totalizzante di matrice cristiana di fungere da unico
                    apparato in grado di elaborare un nomos univoco per la
                    società, come è accaduto fino al Medioevo inoltrato.
                        Del resto, l’universo simbolico cristiano non ha costi-
                    tuito soltanto l’ossatura sociale e strutturale della società
                    premoderna, ma ne ha condizionato l’arte, la letteratura,
                    la filosofia, la scienza, perché si presentava quale paradig-
                    ma unico di riferimento, termine epistemologico che può
                    tranquillamente equivalere all’immagine proposta da Ber-
                    ger quale titolo di una sua opera, cioè La sacra volta.
                        Da un certo momento in poi nella storia occidentale,
                    sia la struttura della società sia la sovrastruttura spirituale,
                    per usare indebitamente, ma in maniera significativa, due
                    termini di derivazione marxiana, si sono divincolate dalla
                    legittimazione cristiana e si è dato avvio ad un processo
                    graduale di autonomizzazione. Si tratta di un processo
                    che, tuttavia, potrebbe anche essere interpretato all’inter-
                    no di un meccanismo di sostituzione di una volta, vale a
                    dire di un paradigma sacro, con un altro profano, nel sen-
                    so di un passaggio dal mito religioso al mito della scienza,
                    che si sostituisce alla sottomissione al volere divino.
                        Ad ogni modo, la secolarizzazione della società e del-
                    la cultura, scrive Berger, ha necessariamente comportato
                    una secolarizzazione delle coscienze, un allontanamento
                    di gruppi di uomini e di donne dall’universo simbolico
                    unico e totalizzante di matrice religiosa:

                         Come c’è una secolarizzazione della società e della cul-
                         tura, così vi è pure una secolarizzazione della coscienza.
                         In parole semplici, ciò significa che l’Occidente

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Michele Lucivero

                         moderno ha prodotto un numero sempre crescente di
                         individui che guardano il mondo e la propria vita senza
                         beneficiare delle interpretazioni religiose20.

                         Sebbene sia un fenomeno che comporta alcune dif-
                    ficoltà nell’analisi a seconda dei vari contesti nazionali, è
                    evidente che in quest’opera Berger appaia senza dubbi
                    come un sostenitore della teoria della secolarizzazione,
                    intesa come un prodotto specifico dalla modernità in-
                    dustrializzata, evento storico, economico e sociale che
                    permette la perdita di plausibilità dell’universo religioso.
                        Berger, come anche sosteneva Max Weber ne L’eti-
                    ca protestante e lo spirito del capitalismo, ritiene che nel
                    protestantesimo, sin dalla sua fondazione, si può ravvi-
                    sare già una sorta di «smitizzazione del mondo»21, una
                    contrazione di molti aspetti sacri, miracolistici, sopran-
                    naturali che caratterizzano, invece, il cattolicesimo. Del
                    resto, questa tendenza secolarizzante, che ha avuto ulte-
                    riori sviluppi con il protestantesimo liberale del XVIII
                    secolo, con l’applicazione dell’ermeneutica e della ricer-
                    ca storica al testo sacro, secondo Berger è già insita nella
                    religione dell’Antico Testamento, la quale aveva già pre-
                    so sensibilmente le distanze dei prototipi religiosi magici
                    egizi e mesopotamici.
                        Lasciando da parte le questioni prettamente teologi-
                    che, la cui connessione con la sociologia è messa magi-
                    stralmente in evidenza da Piergiorgio Grassi in Secolariz-
                    zazione e teologia22, emerge nel testo del 1967 una distin-
                         20Ivi, p. 120.
                         21Ivi, p. 124. È sintomatico che nel testo di Berger l’espressione sia
                    analogamente riportata tra caporali e in nota il riferimento sia all’espres-
                    sione di Weber Entzauberung der Welt.
                        22 P. Grassi, Secolarizzazione e teologia, QuattroVenti, Urbino 1992.

                                                                                            17

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Modernità molteplici e religioni

                    zione netta tra un aspetto soggettivo della secolarizzazio-
                    ne, per cui l’individuo comincia a nutrire dubbi sulle sue
                    credenze religiose e un aspetto oggettivo, derivato dal
                    fatto che effettivamente il pluralismo, che viene definito
                    un correlato socio-strutturale della secolarizzazione, ha
                    posto davanti al soggetto una pluralità di opzioni religio-
                    se tra cui operare una scelta.
                        Berger osserva che il luogo specifico della secolariz-
                    zazione è costituito dalla sfera economica, vale a dire da
                    quel groviglio di rapporti e scambi economici, sociali e
                    culturali connessi con il capitalismo e l’economia indu-
                    striale. La tesi bergeriana, dunque, è che la secolarizza-
                    zione sia partita dall’ambito economico, in quelle società
                    occidentali che hanno adottato il modello capitalistico,
                    e poi si sia espansa inesorabilmente all’ambito politico e
                    alla vita quotidiana. Ma, soprattutto, è stata la dottrina
                    giuridica della separazione tra Chiesa e Stato a sferrare
                    il colpo decisivo all’universo simbolico di tipo religioso,
                    ridimensionando, a partire dalla lotta per le investiture,
                    quel dispositivo di potere che la Chiesa utilizzava per
                    garantirsi la fedeltà da parte della popolazione23.
                        Con l’affermarsi di questa forma che Karel Dobbe-
                    laere24 definisce macro-secolarizzazione, inerente cioè
                    ai comportamenti ispirati dalla religione, al behaving,
                    secondo Grace Davie25, si verifica che le confessioni

                         23 Cfr. E.W. Böckenförde, Recht, Staat, Freiheit. Studien zur Rechtsphi-

                    losophie, Staatstheorie und Verfassungsgeschichte, Suhrkamp, Frankfurt a.
                    M. 1991, pp. 92-114, tr. it., La formazione dello Stato come processo di
                    secolarizzazione, Morcelliana, Brescia 2006.
                         24 Cfr. K. Dobbelaere, Secularization. An Analysis at Three Level, Pe-

                    ter Lang, Bruxelles 2002.
                         25 Cfr. G. Davie, Religion in Britain since 1945. Believing Without Be-

                    longing, Blackwell, Oxford 1994.

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Michele Lucivero

                    religiose non hanno più elementi coercitivi più o meno
                    espliciti per condizionare le popolazioni, oltre al fatto
                    che l’incipiente società capitalistica industriale è carat-
                    terizzata da una razionalizzazione galoppante, che non
                    può non coinvolgere e scardinare dalle radici le società
                    tradizionali di tipo religioso.
                        Nell’analisi bergeriana di questi anni, dunque, mo-
                    dernizzazione, secolarizzazione e pluralismo sono feno-
                    meni che si rimandano a vicenda e che trovano la loro
                    spiegazione a partire dai processi sociali, dai rapporti di
                    produzione e dalla matrice economico-produttiva della
                    società, arrivando a lambire anche le stesse istituzioni,
                    le quali, nel processo di burocratizzazione, tendono ad
                    assumere forme sempre più impersonali e razionali.
                        A ben vedere, dunque, la teoria della secolarizzazio-
                    ne, paradigma dato per scontato da Berger in un primo
                    momento e largamente condiviso nel panorama della
                    cultura europea della prima metà del XX secolo, può
                    assumere tre diverse connotazioni, che Josè Casanova
                    riassume in questi termini:

                    a. La secolarizzazione intesa come il declino delle credenze e
                       delle pratiche religiose nelle società moderne, spesso postu-
                       lato come un processo di sviluppo universale, umano […];
                    b. La secolarizzazione intesa come privatizzazione della
                       religione, spesso interpretata sia come una tendenza
                       generale della modernità sia come condizione norma-
                       tiva, anzi come condizione preliminare per la politica
                       liberaldemocratica;
                    c. La secolarizzazione come differenziazione delle sfere se-
                       colari (stato, economia, scienza), di solito intesa come
                       “emancipazione” da parte delle istituzioni e delle nor-
                       me religiose. Questa è la componente principale delle

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Modernità molteplici e religioni

                         classiche teorie della secolarizzazione, che è collegata al
                         significato etimologico e storico originale del termine
                         nella cristianità medievale. Come riportano i dizionari
                         di ogni lingua dell’Europa occidentale, il fenomeno si
                         riferisce al trasferimento di persone, cose, significati,
                         ecc., dall’uso, possesso o controllo ecclesiastico o reli-
                         gioso a quello civile o laico26.

                        Casanova individua in Weber e Durkheim i padri della
                    teoria della secolarizzazione, ma egli non esita ad affermare,
                    come farà anche Berger, che le loro argomentazioni manca-
                    vano effettivamente di un sostrato concreto, di analisi em-
                    piriche, il che equivale a dire che erano, sociologicamente
                    parlando, prive di fondamenta. Soprattutto, nella sua for-
                    mulazione originaria, la teoria della secolarizzazione vedeva
                    sovrapporsi due teorie diverse, o meglio una teoria empi-
                    rica e un’ipotesi accattivante: in primo luogo vi sarebbe la
                    teoria della differenziazione delle sfere secolare e religiosa,
                    cioè la progressiva autonomizzazione e separazione di alcu-
                    ni settori della vita quotidiana, come l’economia, la politica
                    e la scienza dalla religione o dalla teologia; in secondo luogo
                    vi sarebbe l’ipotesi, una prognosi del vago sapore illumi-
                    nistico e positivistico, che la religione sia inevitabilmente
                    destinata alla scomparsa, al declino totale.
                        Sulla scorta di un presupposto perlopiù infondato
                    empiricamente, si è dato credito a questa tesi, nonostante

                          26 J. Casanova, Rethinking Secularization: A Global Comparative

                    Perspective, in «The Hedgehog Review», 8, 1-2, (After Secularization),
                    [2006], pp. 7-22, pp. 7-8 [la traduzione è mia]. Il testo riprende sinteti-
                    camente temi ampiamente discussi in J. Casanova, Public Religions in the
                    Modern World, The University of Chicago Press, Chicago-London 1994,
                    tr. it. Oltre la secolarizzazione. Le religioni alla riconquista della sfera pub-
                    blica, il Mulino, Bologna 2000.

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