REALIZZAZIONE E STUDIO DI UN OSCILLATORE A DENTI DI SEGA
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REALIZZAZIONE E STUDIO DI UN OSCILLATORE A DENTI DI SEGA ATTENZIONE: PERICOLO! In questa esperienza si impiegano alte tensioni. E’ fatto obbligo di fare controllare i collegamenti al tecnico prima di accendere. Dicesi tensione a denti di sega (Fig. 1) una tensione variabile V che, con periodo T, varia linearmente con il tempo da zero a un massimo Vmax, per poi tornare bruscamente a zero. V max T V t Fig. 1 Per ottenerla si usa un circuito, detto oscillatore a denti di sega, che è basato sulla carica relativamente lenta di un condensatore attraverso una resistenza, seguita dalla scarica molto più rapida dello stesso condensatore attraverso una valvola a gas. Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 1 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
Lo schema di principio di tale circuito è riportato in Fig. 2. R V0 C G Fig. 2 In assenza della valvola a gas G la tensione VC ai capi di C aumenterebbe fino a raggiungere la tensione V0 dell’ alimentatore secondo la ben nota relazione − t VC = V01− e RC (1) (vedi Fig. 3, curva “VC“). La presenza di G in parallelo a C modifica però il comportamento del circuito: quando infatti il condensatore raggiunge la tensione VI di innesco della scarica nel gas, la valvola G diventa conduttrice e poiché la sua resistenza è trascurabile rispetto a R, la fase di carica si interrompe temporaneamente e il condensatore si scarica attraverso G in un tempo brevissimo. Tale scarica continua fino Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 2 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
a che VC scende dal valore di innesco VI al valore per cui il gas cessa di essere conduttore (tensione di disinnesco VD ); allora G non lascia più passare corrente e il condensatore riprende a caricarsi con la costante di tempo RC; quando la tensione ai suoi capi raggiunge nuovamente il valore VI la valvola a gas conduce di nuovo, C si scarica nuovamente attraverso G ed il processo si ripete. Scegliendo R, C e la tensione V0 in maniera tale che le scariche (tratti verticali in Fig. 3) avvengano durante la parte iniziale delle fasi di carica del condensatore, quando la curva esponenziale VC è quasi rettilinea, si ottiene la voluta tensione a denti di sega. V0 VC V VI VD 0 t Fig. 3 Volendo ora calcolare il periodo T dell’ oscillazione, si osservi che esso si può confondere con il tempo di carica giacché il tempo di scarica risulta trascurabile nei confronti del primo. Basta allora determinare quei valori di t che soddisfano la (1) Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 3 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
per VC pari a VI e VD e farne la differenza. Risolvendo la (1) rispetto a t avremo: V0 t = RC ln (2) V0 − VC Pertanto risulta: V0 V0 tI = RC ln ; tD = RC ln V0 − VI V0 − VD e quindi: V0 − VD T = tI − tD = RC ln (3) V0 − VI Dall’ espressione (3) si vede che il periodo dipende da R, C e dalla tensione di alimentazione VO, oltre che dalle tensioni di innesco e disinnesco VI e VD della valvola a gas utilizzata. Il circuito realizzato per l’esperienza è illustrato in Fig. 4. V0 R RV - - I I I V G O + + C C2 C3 1 Fig. 4 L’ area in grigio rappresenta l’ alimentatore che fornisce la tensione V0. Il reostato RV è quello sul suo pannello frontale. Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 4 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
Il voltmetro V consente di misurare V0 con una precisione migliore di quella dell’ indicatore presente sul pannello dell’ alimentatore. Gli interruttori I consentono di inserire o escludere ciascuno dei 3 condensatori. In tal modo, essendo i 3 condensatori disposti in parallelo, si possono ottenere vari valori di capacità. Ne conseguono, a parità di resistenza R, vari possibili valori per la costante di tempo RC. Aprendo tutti e 3 gli interruttori nessun condensatore è collegato. Un oscilloscopio a raggi catodici O va collegato al circuito come indicato in figura in modo che al suo ingresso sia presente la stessa tensione (variabile nel tempo!) che c’ è ai capi della valvola G. Inoltre, è in dotazione all’ esperienza un cronometro. Modo di operare 1. Realizzare il circuito schematizzato in Fig. 4. 2. Inserire uno dei condensatori, per esempio quello di capacità più piccola (RC risultante più breve). 3. Accendere il generatore e far crescere la tensione fin quando la valvola a gas comincia a lampeggiare. Aumentare ancora V0 ben oltre tale valore. La lampada emette un lampo ogni volta che avviene la scarica (tratti quasi verticali in Fig. 3). Pertanto la durata di ciascun lampo è praticamente brevissima, mentre l’ intervallo tra un lampo e il successivo è praticamente pari al periodo T. Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 5 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
4. Provando a questo punto a inserire varie combinazioni di condensatori in parallelo sarà evidente che per capacità relativamente grandi i lampi sono relativamente rari, tanto da poter essere facilmente distinti a occhio nudo, mentre con il solo condensatore di capacità più piccola essi sono ben più frequenti, al limite dando quasi l’ illusione che la valvola sia sempre accesa (questo accade se il periodo è dell’ ordine di o inferiore a 1/10 di secondo, che è il tempo di permanenza delle immagini sulla retina). 5. Mantenere inserito, per il momento, solo il condensatore con capacità minore (lampi più frequenti). 6. Osservare il grafico della tensione all’ oscilloscopio. A tal fine, occorre regolare opportunamente le scale dell’ apparecchio affinché sia completamente contenuto nello schermo il grafico di almeno uno o due periodi completi. Accertarsi innanzitutto che l’ oscilloscopio sia predisposto per accettare tensioni d’ ingresso continue (selettore sotto la manopola dei volt su “DC”). Apposite manopole e selettori regolano a quanti milli- (o micro-) secondi corrisponde una divisione sull’ asse orizzontale (quadratini della griglia disegnata sullo schermo) e a quanti volt corrisponde una divisione sull’ asse verticale. Inoltre affinché nello schermo siano contenuti periodi completi può essere necessario agire un po’ anche sul valore di V0 (il periodo dipende da V0 come è evidente dalla (3)! ) Come linea guida generale, si ricordi che sarebbe bene che V0 fosse il più grande possibile in modo che qualunque sia VI (che si determinerà più avanti), l’ oscillazione a denti di sega abbia luogo in corrispondenza della parte iniziale della curva esponenziale di carica (“VC” in Fig. 3). Nel grafico visibile sullo schermo la distanza orizzontale tra due punti omologhi della figura rappresenta il Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 6 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
periodo T, mentre l’ altezza di ciascun “dente” rappresenta la differenza di tensioni VI-VD. 7. Determinare ora fenomenologicamente la tensione di innesco VI. A tale scopo, ridurre lentamente V0 fino a quando la valvola smette di lampeggiare e la figura a denti di sega non si osserva più sullo schermo. Il valore di V0 attorno al quale basta una piccola variazione di tensione per far apparire o scomparire il fenomeno rappresenta proprio la tensione di innesco VI. 8. Dal valore di VI così individuato e da quello della differenza VI-VD letta sull’ oscilloscopio, nonché noti o misurati R e C (capacità del condensatore attualmente inserito), dedurre il valore “previsto” del periodo T dalla (3) e confrontarlo con quello osservato direttamente sull’ oscilloscopio. 9. Inserire ora tutti i condensatori in parallelo, realizzando così la capacità equivalente massima. Poiché il periodo è ora significativamente più lungo, la figura a denti di sega è visualizzabile all’ oscilloscopio con una certa difficoltà, ma l’ intervallo VI-VD dovrebbe ancora essere misurabile. Inoltre, come si può verificare mediante la procedura descritta in 7., VI è lo stesso di prima, essendo una caratteristica della valvola che non dipende dagli altri elementi del circuito. Adesso però il periodo si può dedurre più comodamente adoperando il cronometro per misurare l’ intervallo di tempo tra due lampi successivi. In pratica, una tale misura diretta sarebbe pesantemente affetta dall’ errore dovuto ai tempi di reazione umani che sono dello stesso ordine di grandezza del tempo da misurare, perciò conviene contare il tempo necessario per n lampi, con n dell’ ordine almeno di qualche decina, e dividere il tempo registrato per n. Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 7 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
10. Confrontare anche in questo caso il periodo “teorico”, che si ottiene adoperando nella (3) i valori di VI, R, VD attualmente determinato e la capacità C equivalente attualmente inserita, con il valore dedotto dal cronometraggio dei lampi. 11. Inserendo combinazioni intermedie di capacità si otterranno condizioni in cui sarà di volta in volta più comodo leggere il valore del periodo T sulla scala orizzontale dell’ oscilloscopio oppure contando i lampi. Per ogni capacità inserita confrontare il periodo misurato sperimentalmente con quello predetto dalla (3) adoperando in questa formula VI e R, che non cambiano, e di volta in volta gli appropriati valori di VD e della capacità equivalente C. Questa scheda è disponibile sul sito cms.ct.infn.it/~costa/Lab2 pag. 8 di 8 ultima revisione: 26 maggio 2015
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