Quando d'estate non c'erano i social: viaggio nel tempo tra i passatempi passati di moda

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Quando d'estate non c'erano i social: viaggio nel tempo tra i passatempi passati di moda
Quando d’estate non c’erano i social: viaggio nel tempo tra i passatempi
passati di moda
Di Stefano Zitto

La pennichella del primo pomeriggio. Le telenovelas venezuelane. I fotoromanzi. Il
tartufo nero dell’Antica Gelateria. Gli Harmony dimenticati. Strega comanda colore.
Le partire al flipper del bar. La notte passata ad osservare le stelle cadenti. Cosa si
faceva d’estate quando non c’erano i social? Un tuffo nel passato tra vecchi
passatempi che non avremmo mai voluto passassero di moda…

Accompagnare il passaggio delle ore, o piuttosto imparare a fermarle, qualunque sia
la funzione dei passatempi estivi una considerazione è comunque d’obbligo: che, fra i
molti divertimenti “d’alta stagione” sulla cresta dell’onda e giammai dimenticati –
come i cruciverba de La Settimana Enigmistica, edita ininterrottamente in Italia dal
1932 e con più di 4600 numeri all’attivo – ve ne sono altrettanti che, senza pretese di
ordine cronologico, mai e poi mai avremmo voluto passassero di moda.

E non ci riferiamo certo ai celeberrimi divertimenti d’acqua tanto diffusi a ridosso
degli anni Ottanta e Novanta (vedi gavettoni, Super Liquidator e “spruzzateste” di
silicone): acerrimi nemici anche dei più resistenti biblio-tipi da spiaggia, rendevano la
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complicata arte della letteratura/abbronzatura ancora più difficoltosa a causa del
cosiddetto “effetto fisarmonica”, ovvero quel particolare aumento di spessore cui
erano soggette le pubblicazioni cartacee dapprima inzuppate, e poi lasciate ore e ore
ad asciugare sotto i raggi del Sole/com’è bello sognare/abbracciato con te (cit. di
Edoardo Vianello).

Scherzi idraulici e Cantagiri di parole a parte – ma che bella immagine quella dei
mangiadischi arancioni caricati sotto l’ombrellone – ciò che maggiormente appartiene
al “nontempo estivo” è piuttosto il ricordo della pennichella dopo pranzo e, assieme a
essa, di tutti quegli intrattenimenti che, in un’era analogica e comunque priva di
condizionatore, meglio ci permettevano di sopportare i picchi afosi di certi,
lunghissimi, pomeriggi senza impegni.

La Serie collezione Harmony, ad esempio: raccolta di libri nata nel 1981 e ispirata al
sentimento passionale (il primo, e più venduto, si intitolava Per l’amore di un gitano
e aveva la firma della scrittrice Anne Mather), che divenne, nel corso degli anni,
fenomeno ricreativo di diffusione para-letteraria paragonabile a quello del periodico
le Confidenze di Liala, o a quello degli intramontabili fotoromanzi a puntate
dell’edizione Sogno (“All’inizio mi pareva tempo perso, poi avevo cominciato a
buttarci uno sguardo anch’io, e ora leggevamo insieme, ai giardinetti, e
commentavamo le storie e le battute dei singoli personaggi, scritte in lettere bianche
su fondo nero”, ci racconta Elena Ferrante nel suo L’amica geniale, e/o).
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Rivolti a un macro-pubblico prevalentemente maschile, invece, la raccolta di romanzi
fantascientifici Urania e i volumi a fumetti western di Tex Willer, entrambi
passatempi ideali per stemperare la tensione in attesa delle ultime notizie del Giornale
Radio Rai e/o dei pronostici di schedina alle scommesse di cavalli Totip.

Quanto invece a intermezzi per tutti i gusti, trovava generale adesione – un po’ come
i Tartufi neri dell’Antica Gelateria del Corso – l’appuntamento pomeridiano con le
telenovelas venezuelane: ereditando la tradizione dei più impegnati sceneggiati
televisivi (parecchi dei quali di matrice letteraria, come il Sandokan di Sergio Sollima
o I Fratelli Karamazov di Sandro Bolchi), appassionati di ogni età socchiudevano
occhi e accostavano persiane di fronte alle vicissitudini emotive di Grecia
Colmenares e delle sue caratterizzazioni in Topazio; giusto il tempo di sorseggiare
una tazzina di caffè Paulista, ed eccoci quindi di nuovo pronti a distrazioni più sociali
da praticare invece all’aperto, sul calare di canicola.
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Buzzico rampichino, I Quattro Cantoni e Strega comanda colore erano solo alcuni
dei giochi di strada che ancora oggi risuonano alla memoria ma di cui abbiamo
scordato le regole – “Non c’era stato un tempo nel quale esistevano altri verbi?
Pensare, meditare, ascoltare e, perché no?, bighellonare, sonnecchiare, divagare?”, fa
riflettere Andrea Camilleri circa la trasformazione delle abitudini nel suo L’odore
della notte, Sellerio. A questi potremmo aggiungere la pista delle biglie, le partite al
flipper del bar con un gettone da duecento lire, o le riffe di figurine di calciatori (e poi
di pogs e di carte Pokémon) che nemmeno avevano l’adesivo e dunque dovevano
essere attaccate all’album a pennellate di colla stick.

Ma era soltanto alla sera, quando le fiere di paese ospitavano le più iconiche case
stregate e gli stabilimenti balneari diventavano il set ideale per gli innamoramenti al
Sapore di Mare di Carlo Vanzina, che davvero si poteva assistere all’unico spettacolo
estivo che, ne siamo convinti, per sempre resisterà alla transitorietà dello spazio e del
tempo: la notte delle stelle cadenti. Perché in quel preciso istante, quello in cui le
Lacrime di san Lorenzo cadono e tutti noi ci soffermiamo nel contemplare i nostri
segreti più profondi, è lì che la magia dell’estate per un attimo si realizza e il nostro
desiderio più grande finalmente si avvera. Che il ricordo dell’ultima estate, come
quello di tutte le estati passate, davvero non passino mai.
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