Alida Massari illustrazioni - Medici con l'Africa Cuamm
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«L a mamma ha ancora il mal di pancia» ho detto al mio amico Kojo. «Anche la mia, Shango. E poi è diventata grassa grassa, cammina come un cucciolo di ippopotamo fuori dall’acqua!» ha detto lui. «La mia non riesce nemmeno più ad alzare le braccia quando balla!» ho sospirato, un po’ preoccupato. «Eppure le nostre mamme sorridono sempre!» ha aggiunto Kojo. “Speriamo che passi!” gli ho detto.
Quella notte, sono andato a letto presto. Ero preoccupato e non riuscivo ad addormentarmi. Poi, ho fatto un sogno molto strano: avevo sentito un rumore fuori dalla capanna e mi ero svegliato. Ho un po’ paura del buio, ma ero uscito lo stesso. Non c’era nessuno, ma qualcuno aveva lasciato davanti a casa una sedia dipinta a righe bianche e nere: sembrava una zebra!
Avevo portato in casa la sedia, poteva servire, visto che avevamo solo una grande stuoia colorata per sederci e mangiare. Appena dentro la capanna, la sedia si era trasformata in una zebra in carne e ossa. «Per mille chicchi di caffè!» avevo gridato, spaventato, ma gli occhi dell’animale erano così dolci che mi ero calmato. La zebra era poi andata dove dormiva la mamma, le aveva strofinato un braccio con il muso e lei si era svegliata, si era alzata e le era salita in groppa. Erano usciti dalla capanna e si erano allontanati nel buio della notte.
Da quella notte, faccio di continuo lo stesso sogno, che mi racconta favole di animali. Lei mi ha detto che devo solo che le sedie sono ogni volta diverse l’una dall’altra. stare tranquillo: «Gli animali ci proteggono, sono spiriti buoni!» Ci sono sedie-antilope, sedie-giraffa, sedie-elefante. aveva ripetuto. La nonna sapeva rispondere a tutte le mie domande, La mia mamma, però, sale sempre in groppa a tutti quegli animali tranne quando le chiedevo del mal di pancia della mamma. e lascia la capanna. Sembra proprio una cosa vera, come il teff A quella domanda, lei sorrideva e mi faceva una carezza, dicendomi e come l’acqua del fiume. Ne ho parlato con la nonna, che tutto sarebbe passato presto.
E io, allora, pensavo: «Forse la mamma va a curarsi il mal di pancia con l’aiuto degli spiriti di quegli animali». Ci sono sempre tanti pericoli. Il fiume spesso si gonfia e le sue acque vanno dappertutto e gli elefanti e le giraffe non hanno certo paura dell’acqua alta. Qualche volta, poi, un’acacia gigante cade sul sentiero e non c’è verso di poter passare. E allora un’antilope può servire per saltare l’albero e arrivare dove si cura quella strana malattia.
Una mattina, un forte rumore mi ha svegliato. Era come se una mandria di zebù stesse attraversando il villaggio, inseguita da leonesse affamate. La mamma era già in piedi, scaldava un po’ di latte di capra per la colazione. Mi ha sorriso, come sempre, poi è uscita dalla capanna e io l’ho seguita. Fuori, non c’era una mandria di zebù, ma un animale che non avevo mai visto, uno strano animale, che si vede solo ogni tanto, che ruggisce e scappa veloce lungo il sentiero. Mi sono strofinato gli occhi e ho capito che quello non era un sogno. Sono rimasto immobile, in silenzio, fino a quando non ho sentito la mamma gridare: «Shango, stai tranquillo, la mamma ritorna presto!». Ho visto la mamma salire in groppa a quell’animale e partire.
Il mal di pancia della mamma si chiama Zoya. L’ho scoperto proprio oggi, quando l’uomo in groppa a quell’animale brontolone ha riportato a casa la mamma. Lei aveva un fagotto di stoffa tra le braccia. Mi ha guardato con gli occhi belli da gazzella: «Guarda, Shango, questa è la tua sorellina. Si chiama Zoya!». Io ho guardato prima la mamma e poi la piccola Zoya. «Ma tu stai bene?» ho chiesto. E lei mi ha detto che stava benissimo. «E il mal di pancia?» ho chiesto ancora. «Tutto passato, bambino mio!».
Allora, anche io ho sorriso. Ho guardato Zoya, gli occhi chiusi e la bocca che si apriva e si chiudeva, come se volesse dirmi qualcosa. «Ha tanta fame!» mi ha poi detto la mamma, avvicinando Zoya per allattarla al seno. «Quasi come te!». Poi, mi ha fatto un sorriso, grande e bello come un bacio. Io non sapevo proprio cosa dire e guardavo la mamma e poi la mia sorellina. È stato allora che la mamma mi ha preso la mano «Non temere, bambino mio, tra le mie braccia ci sarà ancora posto anche per te!» ha aggiunto la mamma. «Evviva!» ho gridato e sono corso nella capanna a pulire il tappeto per la mamma e per la mia sorellina. Nell’ombra, ho visto i denti bianchi della nonna. Anche lei sorrideva.
QUALITÀ E INNOVAZIONE PER UN MAGGIORE ACCESSO ALLE CURE NEONATALI Q uesta storia racconta come un piccolo miracolo: È realizzare in contesti fragili una “culla” speciale un piccolo gesto può fare la differenza. per mamme e bambini. Ad Addis Abeba, nella regione dell’Oromia, in Etiopia, dal 2018 un progetto prevede proprio di migliorare, equipaggiare, rifornire di farmaci le terapie intensive neonatali di P er bambini e mamme sogniamo un futuro migliore. Insieme ci impegniamo ogni giorno tre ospedali (Wolisso, Tulubolo, St. Paul). Ma poi si allarga nelle rispettive woredas e in 15 kebele per assicurare a mamme e bambini un sistema di riferimento e trasporto dei perché questo sogno diventi realtà. casi problematici. E ancora incontra e sensibilizza le comunità su buone pratiche di cura neonatale e senza tregua accompagna, sostiene e forma il personale ospedaliero e gli operatori comunitari, insieme a istituzioni e partner locali e italiani. Medici con L’Africa Cuamm Per realizzarlo Medici con l’Africa Cuamm, che da settant’anni si dedica alla salute dei più cuamm@cuamm.org www.mediciconlafrica.org vulnerabili, soprattutto nel continente africano, è sostenuta dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e donatori privati.
Esperienze e testimonianze dal campo dei volontari di Medici con l’Africa Cuamm hanno contribuito all’ideazione di questa favola, una storia “fantastica” di speranza che racconta la dedizione con cui dal 1950 realizziamo la nostra missione in Africa per promuovere la vita dei più vulnerabili, comunque. sempre e comunque Il progetto grafico è di Elena Baboni. Le illustrazioni sono di Alida Massari.
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