PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"

Pagina creata da Giorgio Lupo
 
CONTINUA A LEGGERE
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Pubblicità regresso
                                                                                                       è una campagna
                                                                                             di comunicazione sociale
                                                                                     promossa e coordinata da Aesse,
                                                                                                  il giornale delle Acli,

PUBBLICITÀ REGRESSO
                                                                                                 in collaborazione con
                                                                                                           Scrittura.org
                                                                                      e con Aesse Comunicazione srl.

          Una campagna                                                                                         TESTI
                                                                                             Lanfranco Norcini Pala,
                                                                                              Simone Sereni (Aesse)

 di comunicazione sociale
                                                                                            Alfonso Cannavacciuolo,
                                                                                    Roberta Pennarola (Scrittura.org)

                                            “col trucco”
                                                                             PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
                                                                             Stefano Orfei (Aesse Comunicazione srl)

                                                                                                            STAMPA
                                                                                                   La Cromografica srl

                                                                         SI RINGRAZIANO PER LA COLLABORAZIONE
                                                                                           i “corsisti” di Scrittura.org
                                                                                               Lucia Ritrovato (Aesse)
                                                                             Antonio Rossi (Aesse comunicazione srl)

                                                                              La cartellina completa della campagna
                                                                             è disponibile anche in formato cartaceo.

                                                                                           Per richiedere il materiale
                                                                                                  e per informazioni:
                                                                                            Aesse Comunicazione srl
                                                                                 Via G. Marcora, 18/20 • 00153 Roma
                                                                                                      tel. 06.5840534
                                                                                         aessecomunicazione@acli.it
                                                                                     www.aessecomunicazione.acli.it

                         il mensile delle Acli
        Azione Sociale

                                                 in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
PUBBLICITÀ REGRESSO
              Una campagna
            di comunicazione sociale
           “col trucco”

     Sembra vera, ma non lo è. Compare all’improvviso sfogliando la pagina,
    e l’istinto è andare oltre: ma qualcosa incuriosisce.
   È Pubblicità regresso, la campagna di comunicazione lanciata da Aesse, il
  mensile delle Acli, in collaborazione con i copywriter dell’agenzia
  Scrittura.org e lo staff grafico di Aesse comunicazione.

 Pubblicità regresso è una raccolta di dieci annunci stampa,
 pubblicati nel corso del 2008, sulle pagine di Aesse (www.acli.it/aesse).

 Ogni mese, tra gli articoli del giornale ha fatto capolino un annuncio,
la parodia di una pubblicità o di un marchio famosi, per denunciare
temi importanti come povertà, crisi economica, denutrizione,
violenza sulle donne, abbandono degli anziani.

    Gli annunci di Pubblicità regresso sono creati nel rispetto degli elementi
     classici della pubblicità su stampa: titolo d’impatto, visual, body copy,
      payoff che accompagna il prodotto. Si tratta di annunci verosimili,
        che a prima vista possono trarre in inganno proprio per la loro
         somiglianza con le pubblicità vere. Pubblicità che rispetta
          le regole, e che rappresenta un ottimo esempio di creatività
            al servizio della denuncia sociale.

              Ecco allora una famiglia felice a colazione, con un senzatetto
               alla loro finestra; le scarpe con i buchi, compagne inseparabili
                di chi non arriva a fine mese; un anziano nel cassonetto,
                 protagonista di un’improbabile e cinica campagna di rottamazione.

                   Pubblicità regresso si prende gioco dei luoghi comuni e sfrutta
                   i meccanismi della pubblicità: ironia e inventiva, per una
                    comunicazione efficace che si serve degli stereotipi commerciali
                    per incuriosire e divertire, ma soprattutto per far riflettere
                     su temi scottanti e attuali.

                                     il mensile delle Acli
                    Azione Sociale

                                                             in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
GLI ELEMENTI
                                                DI UN ANNUNCIO
                                                STAMPA
                              Gli annunci stampa sono le inserzioni pubblicitarie che
                             incontriamo ogni giorno sfogliando giornali e riviste.
                           Un annuncio stampa completo è composto di quattro elementi:
                          headline (il titolo), visual (l’immagine), body copy (testo descrittivo, più
                        lungo) e pay off (la frase che accompagna il logo).
                      Questi quattro elementi non sono sempre presenti in un annuncio.
                   Ci sono annunci senza titolo, annunci senza bodycopy, loghi senza pay off
                e annunci senza immagine e con solo testo (“copy ad”). Ci sono anche annunci
              composti solo di immagine e logo, come accade spesso nelle riviste di moda.
            Un annuncio “da manuale”, però, comprende tutti questi elementi; ciascuno
          svolge una funzione specifica.

      Headline (il titolo)
      Dopo l’immagine, la prima cosa che il lettore guarda è il titolo.
     Solitamente il titolo, o headline, compare in alto sull’annuncio, ma spesso
    si trovano annunci con il titolo al centro della pagina, o a destra. Il titolo
   dell’annuncio pubblicitario ha una funzione simile ai titoli degli articoli
   giornalistici: informa e attira l’attenzione del lettore. Spesso il titolo è
  seguito da un sottotitolo, una subheadline, in carattere più piccolo, che
  aggiunge altre informazioni sul prodotto.
                                                                                               HEADLINE
 L’annuncio raggiunge la sua massima efficacia quando immagine e testo
si accordano e il titolo racconta l’altra parte della storia che il lettore
ha iniziato guardando l’immagine.
In un annuncio che funziona, titolo e immagine vanno d’accordo.                                   VISUAL

Visual (l’immagine)
L’immagine dell’annuncio pubblicitario è l’elemento più importante del
messaggio e il primo che attira l’attenzione del lettore. Il visual è la parte                             BODYCOPY
visiva dell’annuncio: l’immagine principale, quella che di solito compare                                  Corpo del testo corpo del testo
                                                                                                           corpo del testo corpo testo
 a tutta pagina, ma anche le immagini secondarie, come foto del prodotto,                                  corpo del testo corpo del
                                                                                                           corpo del testo corpo testo
 riquadri più piccoli. Il visual ha il compito di attirare il lettore e di                                 corpo del testo corpo del

  invitarlo alla lettura del testo.

   Body copy                                                                                                   LOGO E PAYOFF
    La body copy è il testo più lungo che compare nell’annuncio pubblicitario.
     Questo testo ha una lunghezza variabile: da un paio di righe a una
      colonna di testo, e la sua funzione principale è quella di offrire dati
       e informazioni sul prodotto o servizio. Se l’immagine e il titolo hanno
        il compito di attirare l’attenzione quindi, la body copy presenta
          le caratteristiche e i vantaggi del prodotto.

              Pay off
               Il pay off è la frase che accompagna il logo di un’azienda. Quasi sempre
                 si trova in fondo alla pagina a destra, spesso accompagnato dal nome
                  e da una piccola immagine del prodotto (“packshot”). Il pay off è un
                   segno costante della comunicazione aziendale che accompagna il logo
                    aziendale o quello di prodotto, in qualsiasi contesto venga usato.

                                      il mensile delle Acli
                     Azione Sociale

                                                              in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
HEADLINE

                                                                    VISUAL

                                                                 BODY COPY

                                                                      LOGO
                                                                  E PAY OFF

                 il mensile delle Acli
Azione Sociale

                                         in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Chi è quell’uomo che si affaccia dalla finestra della
                                               casa di un’allegra famiglia riunita per una ricca e
                                              nutriente colazione?
                                              Un invisibile “senza fissa dimora”..

                                       HOMELESS
                                      SUPPLICE
              I “senza fissa dimora” in Italia
            Secondo la Fiopsd (Federazione italiana organismi persone senza
          dimora) “è possibile definire una persona ‘senza dimora’ come un
         soggetto in stato di povertà materiale ed immateriale portatore di un
       disagio complesso, dinamico e multiforme”. Tale condizione è associata
      a 4 presupposti:                                                                                                           pubblicato su
     1. presenza contemporanea di bisogni e problemi diversi;                                                            Aesse-Azione sociale
                                                                                                            n. 1/2, gennaio/febbraio 2008, p. 35
    2. progressività del percorso nel tempo che determina il consolidamento dei
   fattori di disagio;
  3. difficoltà nel trovare accoglienza e risposte appropriate nei servizi
 istituzionali;                                                                                                     LE CITTÀ
 4. difficoltà per la persona a strutturare e mantenere relazioni significative.
                                                                                                            SONO INVISIBILI,
 La condizione dei senza fissa dimora è più visibile nelle aree più povere delle                                 NON PERCHÉ
grandi città e in quelle suburbane, anche se i “barboni” spesso coesistono                                     NON CI SIANO,
più o meno visibilmente dentro comunità dove i residenti non sono affatto                                        MA PERCHÉ
poveri.                                                                                                        NASCONDONO
Un censimento vero e proprio sui senza fissa dimora in Italia non c’è.
                                                                                                                    SEMPRE
Mancano dati ufficiali che fotografino il fenomeno, se escludiamo una
ricerca della Fondazione Zancan del 2002 che stimava in circa 17 mila                                      UN QUALCOSA CHE
le persone in questa situazione. D’altra parte, secondo la Federazione                                      AI NOSTRI OCCHI
europea delle associazioni nazionali che lavorano con i senza fissa dimora                                   SFUGGE SEMPRE
 (Feantsa) in Italia sarebbero invece circa 200 mila i senza tetto, dei quali
  ben 90 mila privi di qualsiasi sistemazione.                                                         –                 Italo Calvino
  Tra le cause che portano a finire in strada spesso ci sono lutti improvvisi,
   perdita del lavoro, reti familiari che hanno ceduto, debolezza umana. C’è
    anche l’aumento del costo della vita che ha visto crescere il numero delle
     famiglie italiane povere (ossia in grado di sostenere una spesa massima
      di 719 euro mensili) passate, secondo dati Istat 2008, dall’10,6% all’11,7%.
       Per chi vive in queste condizioni, basta poco, un evento a volte anche
        banale, per ritrovarsi a non poter più pagare un affitto.

           Gli sprechi alimentari
             A fronte del grave disagio di questi “residenti invisibili”, l’indagine
              dell’Adoc (2008), un’organizzazione di consumatori, sui consumi
                alimentari delle famiglie, mette in luce il dato sugli sprechi alimentari
                 realizzati dagli italiani. Ogni anno vengono letteralmente buttati nel
                  cassonetto in media 561 euro, pari al 10% della spesa totale effettuata.
                   I motivi per i quali si spreca rimandano alle abitudini di spesa e alla
                    presenza di offerte che inducono ad acquisti non necessari: per il 39% si
                     tratta di un eccesso di acquisto generico, per il 24% di prodotti scaduti,
                      per il 21% di un eccesso di acquisti per offerte speciali, per il 9% di novità
                      non gradite e per il 7% di prodotti non necessari.
                      D’altro canto, negli ultimi anni si sono moltiplicate in Italia le associazioni
                      che portano avanti esperienze di salvaguardia dello spreco alimentare in
                      accordo con i supermercati.

                                      il mensile delle Acli
                     Azione Sociale

                                                              in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Una scarpa un po’ “vissuta”, quasi sbattuta
                                                in faccia al lettore.
                                                 È il simbolo della crisi economica che sta
                                                 attanagliando il Paese e delle famiglie che ormai
                                                “camminano al verde”, costrette a una corsa
                                               a ostacoli tra spese, bollette da pagare, mutuo
                                              e debiti.
                                             Si chiama “Solax”, la scarpa che lascia respirare
                                           “almeno i piedi”.

                                  SOLAX
              Crisi della seconda settimana in Italia
             Un tempo c’era la crisi della terza settimana, alludendo alla
           difficoltà di arrivare alla fine del mese. Ora, la crisi economica rende
         gli italiani poveri già alla seconda settimana: il portafogli di tanti è
        vuoto dopo nemmeno quindici giorni dall’accredito dello stipendio.
       Dati aggiornati al 2008 attestano che sono 2 milioni le famiglie che non                                      pubblicato su
      superano la seconda settimana e oltre 6 milioni quelle che arrivano a                                  Aesse-Azione sociale
                                                                                                            n. 3, marzo 2008, p. 35
     fatica alla terza. Secondo la medesima ricerca Confesercenti-Swg, per il
    35% degli italiani tirare avanti è un’angoscia, un pensiero fisso.
   Una quota superiore al 40% degli italiani nell’ultimo anno – secondo
  l’Osservatorio sul capitale sociale realizzato da Demos & Pi in
  collaborazione con Coop – ha visto diminuire il valore dei propri risparmi e,
                                                                                                                 SOLO
 per questo motivo (oppure per prevenire tempi più difficili), ha già messo in
 atto strategie quotidiane per difendere il portafoglio domestico. Il 41% ha                                  I POVERI
adottato soluzioni per risparmiare su elettricità, riscaldamento e benzina.                                CONOSCONO
Altrettanti hanno dovuto rinunciare a importanti acquisti programmati,                                  IL SIGNIFICATO
mentre la corsa ai saldi e alle “offerte speciali” diventano pratiche di                                    DELLA VITA,
sopravvivenza sempre più diffuse e necessarie: nell’ultimo anno si è                                      CHI HA SOLDI
aggiunto un 35% a quel 50% che lo faceva già da prima. Ci sono persone
che spesso, per paura di spendere, fuggono perfino dalle tentazioni,
                                                                                                     E SICUREZZA PUÒ
evitando di entrare nei negozi (28%).                                                                     SOLO TIRARE
                                                                                                         A INDOVINARE
 I nuovi poveri italiani                                                                                 Charles Bukowski
  La chiamano “povertà relativa” (che si realizza quando la differenza
   tra le fasce più alte di reddito e quelle più basse impedisce a queste
    ultime di avere accesso alle risorse necessarie per una vita realizzata)
     e in Italia colpisce 2 milioni e 653 mila famiglie. Si tratta dell’11,1% del
      totale delle famiglie residenti che, presto, potrebbero crescere di un
        ulteriore 8% fatto di nuclei “a rischio”, con consumi, cioè, prossimi o
         superiori di appena il 10% alla soglia standard di povertà. Che per una
           famiglia di 2 persone equivale a 986,35 euro di spesa media mensile (in
             aumento dell’1,6% rispetto alla linea del 2006).
              Complessivamente, nel nostro Paese, ci sono 7 milioni e 542 mila
               italiani poveri, il 12,8% dell’intera popolazione. Situazione peggiore
                 nel Sud, dove l’incidenza della povertà relativa è 4 volte superiore alla
                  media nazionale e tra le famiglie più numerose, in particolare, con
                   3 o più figli, soprattutto, minorenni. A rivelarlo è l’annuale indagine
                    dell’Istat sulla povertà relativa in Italia, condotta su un campione di
                     28 mila famiglie, che evidenzia una sostanziale stabilità, tra il 2006
                      e il 2007, dell’incidenza della povertà relativa delle famiglie italiane,
                      ancora fortemente associata a scarsi livelli d’istruzione e all’assenza
                       del posto di lavoro.

                                      il mensile delle Acli
                     Azione Sociale

                                                              in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Si chiama “Nerissima” ed è l’acqua che sgorga dalle
                                             fonti contaminate dei paesi più poveri del mondo:
                                            berla significa ammalarsi di dissenteria, non berla
                                           significa morire di sete.

                                  NERISSIMA
               L’acqua, da bene comune a merce
           L’accesso all’acqua nel mondo è un diritto umano che per una vasta
          parte dell’umanità viene sistematicamente violato.
         Oggi, secondo dati forniti dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti
       economici, sociali e culturali, circa 700 milioni di persone in 43 paesi
      vivono al di sotto della soglia di stress idrico (che significa disporre di                                    pubblicato su
     meno di 1.000 metri cubi di acqua all’anno) e 1,7 miliardi non possono                                Aesse-Azione sociale
                                                                                                           n. 4, aprile 2008, p. 35
    accedere regolarmente ad acqua pulita, né a infrastrutture sanitarie. 1,8 milioni
   di bambini muoiono ogni anno di dissenterie dovute alla penuria d’acqua e alla
  carenza di igiene.
 Il settimo Obiettivo di sviluppo del Millennio mira, entro il 2015, a dimezzare il
 numero di persone senza accesso all’acqua potabile. Gli scienziati avvertono
che, intorno al 2020, quando ad abitare la Terra saranno circa 8 miliardi di
persone, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile sarà di 3
miliardi circa.

Si ritiene che il problema dell’accesso e della proprietà del cosiddetto “oro                        ACQUA, ACQUA
blu”, abbia scatenato nel mondo circa cinquanta guerre tra Stati. Tra le                             DAPPERTUTTO,
cause principali dei conflitti, c’è il divario sempre più ampio tra domanda e
offerta, che interessa soprattutto i paesi del sud del mondo, dall’America
                                                                                                         NEANCHE
Latina all’Africa.                                                                                     UNA GOCCIA
Per l’acqua, dal punto di vista economico/commerciale, è in corso                                         DA BERE
 parallelamente una guerra che non si combatte con gli eserciti: dal
 controllo sulle acque minerali alla battaglia per la gestione degli                                 Samuel T. Coleridge
  acquedotti, dalla costruzioni di dighe alla privatizzazione dei bacini idrici.

    La situazione in Italia
      L’articolo 23bis della legge numero 133/2008, la cosiddetta “Finanziaria
       triennale” del ministro Tremonti, ha affidato “il conferimento della
         gestione dei servizi pubblici locali, in via ordinaria, a favore di imprenditori
          o di società in qualunque forma costituite”. Ciò al fine, “di favorire la più
           ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di
             libera prestazione dei servizi”. In altre parole, si è spalancata la via alla
               privatizzazione dell’acqua pubblica. Tutto ciò dovrà avvenire entro il 2010.

                Il nostro Paese, dagli anni Novanta, inoltre è tra i primi al mondo nella
                  produzione e nella consumazione di acqua minerale. Secondo l’Istat,
                   vengono imbottigliati annualmente 12.200 miliardi di litri, di cui in Italia si
                    bevono circa 11.200 miliardi, ovvero 194 litri all’anno per abitante. Il resto
                     viene esportato. A prediligere l’acqua che sgorga dal rubinetto è, ormai,
                      rimasto un misero 2% della popolazione.
                       Un business che, come specificato nel Rapporto sullo stato dell’acqua in
                       Italia a cura di Riccardo Petrella, fa leva su una credenza ingiustificata
                       indotta dalla pubblicità. L’acqua minerale non sarebbe infatti né per
                       definizione né in pratica necessariamente più pura e più sana dell’acqua
                       potabile comune.

                                      il mensile delle Acli
                     Azione Sociale

                                                              in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Un viso curato e truccato di donna mette in risalto
                                              il nuovo ombretto effetto bicolore “Neropesto”,
                                               cinico prodotto della casa cosmetica Violenz.
                                               “Per essere davvero come piace a lui – dice il
                                               claim di questa Pubblicità regresso – usa
                                               il nuovissimo ombretto che dona ai tuoi occhi
                                              il glamour del nero” e un viola modaiolo.
                                              Ma quello è, semplicemente e drammaticamente,
                                             un occhio nero. “Perché tu non vali”, come recita la
                                            Pubblicità regresso.

                                   NEROPESTO
               La violenza sulle donne
          “La violenza sulle donne – afferma l’Onu nella Dichiarazione
         sull’eliminazione della violenza contro le donne – è da intendersi come
       qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa
      verosimilmente provocare danno fisico, comprese le minacce di violenza,
     la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita                                     pubblicato su
    pubblica che privata”. Nel mondo purtroppo una donna su tre, secondo le                                    Aesse-Azione sociale
                                                                                                             n. 6, giugno 2008, p. 15
    Nazioni Unite, subisce violenza.

  La violenza di genere si esprime su donne e minori in vari modi. A livello
 domestico, è esercitata soprattutto nell’ambito familiare o nella cerchia di
 conoscenti; a lavoro, dove le donne subiscono molestie sessuali e ricatti;
con matrimoni coatti o con la prostituzione forzata; e, in casi più eclatanti,
con le mutilazioni genitali femminili o lo stupro di guerra ed etnico.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna
su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel
corso della sua vita. E il rischio maggiore viene dai familiari, mariti e
padri, seguiti dagli amici, dai vicini di casa, da conoscenti stretti e da
colleghi di lavoro o di studio. Le ricerche compiute negli ultimi dieci
                                                                                                            LA VIOLENZA
anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi                               È L’ULTIMA RISORSA
industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro                                  DEGLI INCAPACI
 aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti
 economici.                                                                                                   Isaac Asimov

   La situazione in Italia
     Sono 6 milioni e 743 mila le donne, tra i 16 e i 60 anni, che sono state
      oggetto di violenza fisica o sessuale almeno una volta nella loro vita,
       mentre oltre 7 milioni hanno subito una violenza psicologica. L’ultima
        (2008) impietosa fotografia dell’Istat rivela che nella maggior parte
         dei casi la violenza arriva dai partner o dall’ex e non si ferma neppure
          davanti a una gravidanza tanto che l’11% delle future mamme ha
            subito violenza durante l’attesa.
             Cinque milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%), tre
              milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%), più di 7 milioni violenze
                psicologiche.
                 Il 70% delle violenze viene commesso in famiglia, ma solo l’1% di chi le
                  commette, padri, mariti, conviventi, viene condannato perché appena
                   sette donne su cento hanno il coraggio di presentare una denuncia e
                    in molto casi la ritirano di fronte alle minacce e alla paura di perdere il
                     sostegno economico o la casa.

                     Il 25 novembre di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per
                     l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita ufficialmente
                     dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999.

                                       il mensile delle Acli
                      Azione Sociale

                                                               in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Cornett è un vecchio telefono,
                                               di quelli a disco come il classico “bigrigio”
                                               della Sip. Ci ricorda che questo strumento,
                                              ideato da Antonio Meucci, nacque
                                              con uno scopo principale e “rivoluzionario”:
                                             mettere in comunicazione “immediata”
                                            persone distanti. Nella Pubblicità regresso
                                           è chiamato appunto “il giradito”.

                                  CORNETT
              Il boom del High-tech
           Se si pensa a quello che è il telefono oggi, è chiaro che esso ha
         subito una trasformazione. Messa in soffitta l’antica cornetta col filo,
        superato anche il cordless, si è arrivati al cellulare: un mezzo che non
       serve più solo a far parlare due persone, ma funge ormai anche da
     videocamera, macchina fotografica, piccolo personal computer tascabile,                                                 pubblicato su
    navigatore satellitare e via così.                                                                             Aesse-Azione sociale
                                                                                                          sociale n. 7, giugno 2008, p. 15
   Il “semplice” piacere del chiacchierare è stato travolto dall’ondata del progresso
  tecnologico che, con le sue continue proposte, occupa ormai in vari modi
  uno spazio sempre più ampio nella quotidianità della gente, determinando
 profondamente l’evoluzione della società contemporanea e i processi di
 comunicazione tra gli individui.
                                                                                                             L’EVOLUZIONE
 È il “mondo high-tech” che comprende tutti quegli strumenti che oggi
                                                                                                             DEL PENSIERO
facilitano senza dubbio il lavoro, i collegamenti, le relazioni e in cui
annoveriamo il cellulare, l’i-pod, i videogames, il Pc, le “chiavette” usb, per
                                                                                                               NON RIESCE
restare ai prodotti più popolari.                                                                        A STARE AL PASSO
Lo sviluppo tecnologico pone una questione per certi versi paradossale: da                                 CON LA TECNICA,
una parte, si ha ormai una fortissima dipendenza dalla tecnologia; dall’altra,                   CON LA CONSEGUENZA CHE
si tende a credere che questa sia una realtà dalla quale bisogna difendersi,                      LE CAPACITÀ AUMENTANO,
che sta ledendo i rapporti umani rendendoli sempre più scarni, virtuali e                                 MA LA SAGGEZZA
dipendenti da uno schermo o da un telefono.                                                                      SVANISCE
 La “tecnoetica” giunge in aiuto per rispondere all’annosa questione,                                         Bertrand Russell
 tentando di mediare gli opposti e superare questo apparente paradosso,
  non nascondendo la dipendenza della persona dalla tecnica, ma non
   dimenticando che la tecnica è un elaborato dell’uomo e, quindi, un suo
    strumento.

       I giovani italiani e la tecnologia
         La “dipendenza” dei giovani dai nuovi mezzi di comunicazione è il nuovo
          problema che genitori da una parte e sociologi dall’altra stanno tentando
           di affrontare.
             Una ricerca del 2008 del Censis e dell’Ucsi (Unione cattolica stampa
              italiana) dimostra infatti che l’attaccamento dei ragazzi italiani verso tv e
                cellulare è notevole e problematico. Il 94% di loro, dai 14 ai 18 anni non
                 riesce a stare lontano da questi strumenti. Il cellulare piace praticamente
                  a tutti (90,4% dei giovani di tutte le età, 93,4% per quelli sotto i 18 anni)
                   e se ne apprezzano i vantaggi pratici: il cellulare è per gli utenti un utile
                    strumento che non sottrae tempo, risorse cognitive ed emotive. Altra
                    inevitabile attrazione è internet, usato principalmente dal 58,7% dei
                     giovani per fare amicizia e divertirsi.
                     I nuovi strumenti a disposizione dei teenager fanno subire però un forte
                      calo della lettura di quotidiani e libri: solo il 31,7% legge i quotidiani e
                      ancor meno i periodici (13,2%), mentre i libri sono letti, salendo nelle tre
                      fasce di età, dal 48,4%, dal 54,4% e dal 50,2% dei giovani.

                                      il mensile delle Acli
                     Azione Sociale

                                                              in collaborazione con
PUBBLICITÀ REGRESSO Una campagna di comunicazione sociale "col trucco"
Un percorso a ostacoli tra laurea, corsi di
                                                formazione, stage, master… per arrivare, a 30
                                                anni, al primo contratto a progetto e forse a
                                                 36 all’agognato “posto fisso”. Il cammino di un
                                                 giovane oggi, dal diploma al lavoro stabile si
                                                compie in un dedalo di possibili strade: da “via
                                               dell’impegno” a “corso del sacrifico”.
                                               Ci vorrebbe un navigatore satellitare di nuova
                                             generazione che “faciliti” la carriera, magari a suon
                                            di raccomandazioni.

                                   SPINTARELLA
               La raccomandazione e il precariato
            La cosiddetta “spintarella” si rivela il più mezzo veloce per non
         perdersi nel precariato dilagante. Con questo termine si individua
       generalmente l’insieme di coloro che, per un tempo più o meno lungo,
      e a prescindere da formazione e competenza professionale, galleggiano
     tra il cosiddetto “lavoro nero” e le varie forme di contratto flessibile                                                pubblicato su
    (part-time, contratti a termine, lavoro parasubordinato) che vengono                                             Aesse-Azione sociale
                                                                                                       n. 8/9, agosto/settembre 2008, p.15
   ripetutamente e patologicamente rinnovate nel tempo. Una precarietà
  lavorativa che si traduce normalmente in una precarietà esistenziale, come
  ormai osservato da più parti.
                                                                                                          IL SUCCESSO
  In Italia, i precari costituiscono circa il 23% degli occupati totali. È una delle
                                                                                                             OTTENUTO
 fotografie dell’occupazione italiana scattate dal Censis nel settembre
 del 2008. Stando agli ultimi dati, relativi al 2007, quasi 2 milioni 760 mila                             COL MERITO
italiani, vale a dire l’11,9% degli occupati, si trova in condizione di lavoro a                         E PAGATO CON
termine, mentre quasi 3 milioni sono i lavoratori sommersi, che incidono                               L’INDIFFERENZA
per il 12% sul totale dell’occupazione nel nostro Paese. Tra i lavoratori                            ANNOIA IL GROSSO
precari il 9,8% sono stagionali, interinali o apprendisti, o a tempo                                       PUBBLICO E,
determinato, il 2,1% hanno invece incarichi a progetto o occasionali.
                                                                                                           DA QUALCHE
                                                                                                        TEMPO IN QUA,
Un paese di “figli di”:                                                                                 ANCHE GLI ALTRI
meritocrazia e clientelismo
                                                                                                                  Ennio Flaiano
  Nonostante l’articolo 3 della Costituzione italiana, la meritocrazia
  (ovvero il criterio secondo il quale si trova lavoro non per appartenenza
   lobbistica o familiare ma per meriti) in Italia è ignorata. Le percentuali
    indicano che nel Paese la maggioranza delle persone trova lavoro grazie
     a segnalazioni e raccomandazioni. Il fenomeno prevale al Sud dove il
      fenomeno tocca punte del 50%, ma è diffuso anche al Centro (42,4%) e
       al Nord (39%) e circa il 60% degli italiani crede che la meritocrazia non
         serva per trovare lavoro (fonte: indagine Unioncamere su dati Excelsior,
          2006).

             Il 66 per cento dei neolaureati e laureandi, secondo una ricerca di
               Confcommercio, crede che l’azione di governo non avrà effetti positivi
                sui propri orizzonti di vita. Troppe barriere alla meritocrazia e poche
                 agevolazioni per accedere al credito, farsi una famiglia e avere dei figli.
                  I giovani, sanno già che dovranno rinunciare a molte cose pur di avere
                   un percorso professionale dignitoso. Molti sono pronti a lasciare il
                    posto dove sono cresciuti, a rinviare il compimento delle relazioni
                     affettive e posporre l’età in cui diventare padri e madri. Ma anche
                     questo non sempre può bastare. Anche perché davanti a loro si apre
                      lo scenario di responsabili d’azienda che si dichiarano meritocratici e
                       pronti ad assumere i più bravi ma poi, alla resa dei conti, non lo fanno.

                                       il mensile delle Acli
                      Azione Sociale

                                                               in collaborazione con
Beve, si diverte e “sballa”. Il ragazzo è felice e
                                              spensierato con la sua bottiglia in mano, ignaro,
                                             probabilmente, degli effetti correlati all’assunzione
                                            acuta o cronica di alcol.

                                   CRETINI
               Una questione di vita o di morte
            L’alcolismo, problema sottovalutato dai giovani, si piazza al terzo
          posto, secondo il ministero della Salute, per mortalità dopo le malattie
        cardiache e il cancro ed è riconosciuto come uno dei più gravi problemi
       di salute pubblica.
      Può portare alla morte per emorragie interne, malattie del fegato                                               pubblicato su
     o incidenti stradali                                                                                    Aesse-Azione sociale
                                                                                                          n. 10, ottobre 2008, p. 15
    Non solo. L’alcol comporta danni nella sfera lavorativa e in molti altri campi della
   vita di una comunità. Secondo l’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcool,
  bere costituisce un fattore importante negli infortuni sui luoghi di lavoro ed è
  causa, inoltre, di assenteismo e riduzione delle prestazioni professionali. È inoltre
 responsabile di una parte consistente di problemi di ordine pubblico inclusi crimini,
 omicidi e atti violenti.
                                                                                                            OGNI TIPO
Le malattie alcol-correlate sono legate agli effetti tossici della sostanza nel                       DI DIPENDENZA
tempo. Questa non è dannosa solo per il fegato ma i suoi effetti negativi possono                           È CATTIVA,
manifestarsi, in modi diversi, in tutti gli organi del nostro corpo. Studi del ministero               NON IMPORTA
della Salute dimostrano che l’alcolismo interessa anche e profondamente i                            SE IL NARCOTICO
membri delle famiglie di chi beve. I bambini possono esserne influenzati anche
da grandi – quella che comunemente è definita “sindrome dei figli adulti degli
                                                                                                             È L’ALCOL
alcolisti” – e anche prima della nascita, generando la cosiddetta “sindrome fetale                     O LA MORFINA
da alcol” nei bimbi nati da madri alcoliste.                                                           O L’IDEALISMO

                                                                                                        Carl Gustav Jung
 Giovani e alcol
   Sono sempre di più gli adolescenti che a partire dalle scuole medie, hanno i
    loro primi approcci con lo “sballo”, cominciando “banalmente” da una birra per
     finire ai superalcolici.
      Circa 740.000 minori in Italia sono a rischio e un ragazzino su cinque inizia a
       bere già tra gli 11 e i 15 anni. Questo l’allarme lanciato nel 2008 dalla Consulta
         nazionale sull’alcol e sui problemi a esso correlati, assieme al ministero del
          Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali. Ben il 19,5% dei minori nella
           fascia 11-15 anni dichiara di aver bevuto alcolici nel corso del 2005 nonostante
             sia in vigore il divieto di somministrazione di bevande alcoliche ai minori di 16
              anni. Anche tra i ragazzi di 16-17 anni, il consumo di alcolici è diffuso: uno su
                due beve e l’8% dei maschi di quella fascia di età lo fa tutti i giorni.

                 Secondo i dati dell’indagine Eurobarometro 2002, l’Italia presenta l’età
                  più bassa in Europa per quanto riguarda il primo contatto con le bevande
                   alcoliche: la media è 12,2 anni, contro i 14,6 della media europea. Per
                    spiegare il fenomeno, la Consulta ha sottolineato che in Italia il consumo
                    di bevande alcoliche e, in particolare, di vino fa parte “di una radicata
                     tradizione culturale e l’assunzione moderata di alcol è una consuetudine
                     alimentare molto diffusa, oltre che socialmente accettata”.
                      Negli ultimi anni si stanno diffondendo però nuovi modelli di consumo che
                      prevedono un uso occasionale, intenso e spesso intossicante di aperitivi,
                      birra e superalcolici.

                                       il mensile delle Acli
                      Azione Sociale

                                                               in collaborazione con
Come puoi liberarti del tuo vecchio?
                                              Rottamandolo – propone questa improbabile e
                                               cinica campagna istituzionale, rigorosamente
                                               finta – e superando così tutti i problemi e i
                                              fastidi che comporta averne cura. Il vecchietto
                                              settantenne “parcheggiato” nel secchio
                                             dell’immondizia rappresenta uno dei tanti anziani
                                             che in Italia sono un “intralcio” per le famiglie.

                                      LIBERARTI DEL
                                     VECCHIO?
              Una risorsa sociale
            Purtroppo il sistema di welfare tutela poco chi, pensionato e/o
           non-autosufficiente, deve affrontare gli imprevisti che la vecchiaia
         comporta. Eppure, nel Mezzogiorno, le pensioni degli anziani
       consentono la sopravvivenza di interi nuclei familiari e nel 50% dei casi
      gli anziani si occupano dei nipotini, soprattutto in estate quando i bambini                                  pubblicato su
     non vanno a scuola per risparmiare su baby-sitter o centri estivi.                                      Aesse-Azione sociale
                                                                                                       n. 11, novembre 2008, p. 15
    Poi, però, gli anziani diventano un peso o un’ulteriore spesa per i figli
   che, non potendosi occupare di loro, devono affidarli alle case di cura o
  alle colf. Secondo la Fnp (Federazione nazionale pensionati) della Cisl
  sono in forte aumento le famiglie povere anziane (nel 2006 erano il 13%
 della popolazione), sia per un reddito che non consente loro di vivere
 dignitosamente, sia perché non hanno risorse sufficienti per lasciarsi
aiutare. La condizione di impoverimento interessa però anche i familiari:
secondo il rapporto 2008 dell’Istat sulla povertà, le famiglie “povere” con
due o più anziani sono l’11,9 per cento.

                                                                                                           IN FONDO
Gli anziani in Italia                                                                                  LA VECCHIAIA
L’Italia risulta il Paese più investito dal fenomeno dell’invecchiamento.                         È UNA QUESTIONE
Ormai un italiano su cinque, secondo l’annuario 2008 dell’Istat, ha più                             DI PROSPETTIVA
 di 65 anni e i “grandi vecchi” (da ottanta anni in su) sono il 5,3% della
 popolazione. Circa 2.500.000, sempre secondo Fnp Cisl, non sono                                          Mario Tobino
  autosufficienti con particolare incidenza al Nord (18,4% in Lombardia)
   e meno al Sud (11% in Molise) e solo il 3,5% sono assistiti dallo Stato
    domiciliarmene, a fronte del 20% di Norvegia, Svezia e Danimarca.
     Infine, il 33% fa fatica a sostenere le spese mediche.

     Fino a qualche anno fa, sul piano delle politiche, la risposta tradizionale
      alla sfida della non autosufficienza è stata quella di tipo “residenziale”.
       Oggi però la misura dell’accoglienza residenziale non è certo la più
         frequente, né la più diffusa sull’intero territorio nazionale, mostrando
           una spiccata localizzazione nel nord Italia.
            Si diffonde così la pratica dell’assistenza domiciliare, con il duplice
             intento di evitare (o ritardare) l’istituzionalizzazione degli anziani e
               di coinvolgere e valorizzare la rete di cura informale intorno a essi.
                Una ricerca dell’Inca, il patronato della Cgil, conferma che gran parte
                 dell’assistenza agli anziani non autosufficienti infatti (soprattutto
                  al Sud) ricade ancora sui nuclei familiari: circa il 50% su familiari
                   conviventi, il 30% e un altro 20% su familiari non conviventi, mentre
                    il 20% si avvale di servizi esterni, tanto pubblici quanto privati.

                                     il mensile delle Acli
                    Azione Sociale

                                                             in collaborazione con
Il grande Suv rosso fiammante del crudele e
                                               superbo re dei Vangeli, Erode, sorpassa i Magi con
                                              i loro lenti cammelli e riesce ad arrivare per primo
                                              alla grotta di Gesù Bambino.
                                             È così che cambia, grazie a questo nuovo potente
                                            mezzo, il corso della storia.

                                   RANGE ERODE
               Suv: prepotenti e sicuri?
           Il Suv (Sport utility vehicle) è un veicolo simile a un fuoristrada con
         elevate prestazioni e con finiture da vettura di lusso. Ha un costo che
        va dai 30.000 euro in su e può avere anche sette posti. Nel 2007 è stata
       una delle macchine più vendute, anche se nel 2008 le vendite hanno
      subito un calo del 28%. I dieci Suv più venduti in Italia hanno consumi                                             pubblicato su
     urbani del 60-70% superiori rispetto a quelli delle dieci auto più vendute                                   Aesse-Azione sociale
                                                                                                             n. 12, dicembre 2008, p. 15
    tout court. Oltre ai consumi, è accusato di inquinare più di una macchina
   normale, di ledere alla sicurezza stradale e di essere come una grande
  “astronave” catapultata in città: la lunghezza dei Suv va tra i 4,80 e i 5
  metri, la larghezza attorno a 2 metri. La stazza è un problema per gli altri
 automobilisti, per non parlare di pedoni e ciclisti, ma anche per gli stessi
 guidatori, accusati spesso di “uno strafottente senso di sicurezza”.
                                                                                                          L’AUTOMOBILE
Numerosi studi negli Usa smentiscono anche l’affidabilità del veicolo.                                         È DIVENUTA
La National highway traffic safety administration, l’ente governativo che                                   IL CARAPACE,
si occupa di sicurezza stradale più famoso nel mondo, ha bocciato il                                            IL GUSCIO
30% dei modelli testati. Anche secondo la rivista di settore italiana                                      PROTETTIVO E
Quattroruote, “in certe manovre di emergenza, le fuoristrada risultano
più impacciate, meno agili e disinvolte e quindi per costituzione più
                                                                                                            AGGRESSIVO,
inclini all’incidente”. Il problema maggiore, nel traffico, è la scarsa                               DELL’UOMO URBANO
visibilità, dall’alto dell’abitacolo, di pedoni e soprattutto ciclisti, costretti                          E SUBURBANO
 a viaggiare tenendo la destra.
                                                                                                          Marshall McLuhan
  Automobili e inquinamento in Italia
    L’Unione Europea ha avviato all’inizio del 2009 una procedura
     d’infrazione nei confronti dell’Italia per gli alti livelli d’inquinamento.
      In gran parte delle nostre città, secondo uno studio di Legambiente,
       l’inquinamento da polveri sottili e più in generale quello atmosferico
         rimane strettamente collegato al traffico veicolare, che si conferma
           come la principale causa del peggioramento della qualità dell’aria. Il
            trasporto stradale è anche uno dei settori che producono più gas serra
              in Italia e ancora oggi, rivela l’Istituto superiore per la protezione e la
               ricerca ambientale, le emissioni di CO2 derivanti dalle auto, tendono ad
                 aumentare anziché diminuire.
                  L’Italia, stando ai dati di Ecosistema urbano 2009, in Europa è seconda
                    solo al Lussemburgo per il numero di automobili in circolazione, con
                     una media di 62 auto ogni 100 abitanti, che salgono a oltre 70 in città
                      come Roma.
                       Anche nel confronto con gli Stati Uniti, come riportano i dati della Us
                       metropolitan trasport commission, le città italiane detengono il primato
                        poco invidiabile del numero di auto in circolazione. Ad esempio,
                        mentre New York registra circa 20 auto ogni 100 abitanti, Madrid e
                        Berlino 30 e Parigi 45, a Milano se ne registrano 63.

                                       il mensile delle Acli
                      Azione Sociale

                                                               in collaborazione con
Puoi anche leggere