Provincia di Crotone LINEE GUIDA DEL PROGETTO MARCA TERRITORIALE PER IL SISTEMA TURISTICO PROVINCIA DI CROTONE

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Provincia di Crotone LINEE GUIDA DEL PROGETTO MARCA TERRITORIALE PER IL SISTEMA TURISTICO PROVINCIA DI CROTONE
Provincia di Crotone
              ASSESSORATO ATTIVITÀ PRODUTTIVE .
        TURISMO . AGRICOLTURA .RISORSE NATURALI .
                       FORESTE . ACQUE . ENERGIA .

               LINEE GUIDA DEL
PROGETTO MARCA TERRITORIALE
     PER IL SISTEMA TURISTICO
       PROVINCIA DI CROTONE

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Provincia di Crotone LINEE GUIDA DEL PROGETTO MARCA TERRITORIALE PER IL SISTEMA TURISTICO PROVINCIA DI CROTONE
Assessorato Provinciale
Attività Produttive . Turismo . Agricoltura .
Risorse Naturali . Foreste . Acque . Energia .

Assessore / Dr. Francesco Pugliano

Dirigente Settore 07/ Vito Barresi

Questa ricerca è stato effettuata per la Provincia di Crotone-Settore 07
da Key People, Milano, 2006

“Realizzazione di una Marca Territoriale per il sistema turistico della Provincia di Crotone”
Delibera Giunta Provinciale. n. 491 - 23.11.2005 / Determina Dirigenziale n. 2148 - 2005

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Provincia di Crotone LINEE GUIDA DEL PROGETTO MARCA TERRITORIALE PER IL SISTEMA TURISTICO PROVINCIA DI CROTONE
Brevi cenni sulla Marca territoriale crotonese.
           Un progetto innovativo per l’immagine e la
              comunicazione turistica della provincia.

Con il titolo “Marca Territoriale Crotonese ” si vuole indicare un “campo
aperto” (open field) di idee, confronti, linguaggi, approfondimenti tematici,
sociologici e storici, nonché tradizioni, luoghi, siti, percorsi, itinerari, economie,
paesaggi, geografie, mappe, saperi, gusti di una determinata area del
Mezzogiorno d’Italia e del Mediterraneo contemporaneo, ma anche un posto dove
il viaggiatore può cogliere, nel tempo della propria vacanza, “Tutto il piacere
del sud in un'unica provincia. Crotone.”
 La “marca territoriale crotonese” è qui intesa come spazio strutturale e
strutturante (personal space/land space ) ove tutti i soggetti, singoli e associati,
accanto all’articolata presenza delle istituzioni, possano, in un quadro monitorato
di programmazione, governare insieme lo sviluppo locale, contribuendo alla
promozione dell’immagine turistica, agricola, naturale e produttiva del territorio
provinciale e dei suoi connessi sistemi locali.
La “marca territoriale crotonese” è un concreto snodo operativo, un contesto
progressivo in cui la Provincia, in quanto espressione della funzione pubblica
esercitata in tema di sviluppo locale, ha come proprio obiettivo la mediazione
comunicativa della soggettività territoriale (rappresentanza), con l’incarico di
trasmetterla all’esterno, promuovendo una competitività sostenibile e una
internazionalizzazione dialogale, al fine di valorizzare il patrimonio di intraprese,
produzioni, arte, cultura, accoglienza, artefatti e manufatti, oltre che la propria
identità storica di “provincia del pensiero” nella nuova dimensione globale e
multiculturale, avvalendosi di uno o più marchi di riconoscimento, tracciabilità e
rintracciabilità, in forma di simbolo ed eventualmente logotipo.
 La “marca territoriale crotonese” potrà assumere anche forma di
associazione e di osservatorio tale che i soggetti protagonisti del sistema
provinciale delle imprese (pmi), della concertazione e della coesione sociale, gli
enti e le istituzioni aderenti nei diversi settori del turismo, agricoltura, agro-
alimentare, enogastronomico, attività produttive, acque, energia, caccia, pesca,
foreste, politiche di sviluppo territoriale, risorse naturali e tempo libero,
nell’ambito della specifica autonomia, potranno darsi una struttura e coordinare
le proprie attività in tema di politiche commerciali, logistica, politica del
consumatore, tutela dei marchi, questioni legali, scambi informativi, studi e
ricerche, formazione, con l’obiettivo di promuovere gli interessi di sviluppo
turistico, agroalimentare e di crescita del territorio provinciale e dei propri
sistemi locali.
Si dirà, in termini meno riduttivi, che la diversità metodologica e concettuale tra
la “marca territoriale” e i marchi si esprime sui piani di una differenziazione tra
la marca territoriale intesa come un “presidio”, una struttura funzionale di
comunicazione, un’osservatorio delle tendenze istituzionali, sociali, economiche,
culturali e relazionali e il marchio inteso come concrezione stilistica, coordinata e
stilizzata di segni ed emblemi, simboli e colori, espressione di appartenenza e di
identità che non si appiattiscono dentro l’angusta logica del mero blasone.
La Marca Territoriale Crotonese promuoverà studi, ricerche e progettualità
in tema d’immagine, sistema di segni locali, posizionamento mediale, innovazione
e internazionalizzazione, anche collegandosi e coordinando in materia le azioni
delle agenzie di sviluppo locale, quali ad esempio l’Agenzia Sviluppo Turistico
(Asvitur), l’Agenzia per la Promozione e la Tutela del Patrimonio
Agroalimentare Crotonese (Buona Terra Crotonese), raccordando le loro
politiche di marketing di prodotti, servizi, con i processi di
“internazionalizzazione” e competitività della cultura locale e territoriale.

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La “marca territoriale” va intesa in quanto strategia che si avvale di un progetto
comunicativo di identità forte, che si attiva esprimendo e manifestando i segni
basilari di un sistema di comunicazione (quali il marchio, i colori di bandiera e
ogni altra applicazione) collegato agli strumenti dell’informazione, della
conoscenza e della promozione di un marketing territoriale .
Attivare i processi di ideazione e “lavorazione” di un marchio territoriale,
realizzarlo e introdurlo nei circuiti della comunicazione e della fidelizzazione,
costituisce un fatto inedito che si estrinseca in varie innovazioni a livello sia di
processo deduttivo, determinativo e operativo che di “elaborazione” del prodotto
finale.
Da qui la necessità di mettere insieme politiche di marketing, riguardanti i
prodotti, intesi come “pacchetti turistici”, i servizi territoriali disponibili e fruibili
dall’utente viaggiatore (carta del turista, tutela del consumatore, standard
minimi di prestazione sanitaria, Asl, presidi medici infermieristici, informazioni e
pronto intervento, tempo libero, sport spettacoli, card di spesa culturale ecc.) e,
per questa via, il complesso della “commercializzazione” del prodotto locale e
ambientale nella gamma della sua interezza.
Tutto questo impone un alto livello di selettività, l’attivazione di competenze
adeguate allo sforzo di delineare l’immagine di uno specifico e originale luogo di
“destinazione”, inteso, percepito e “consumato” in quanto variabile
multidimensionale, fonte sia del benessere del singolo utente-turista sia di quello
della collettività territoriale che lo fabbrica, lo propone e lo scambia sui mercati
turistici nazionali ed esteri .
Molto più che nel passato, il turismo si è strutturato in quanto “fabbrica” di
servizi ad alto valore aggiunto, industria del tempo libero e della vacanza che
richiede procedimenti e componentistiche di filiera.
Non casualmente generare, nel ciclo continuo delle stagioni annuali, una logica
programmata di misure e azioni promozionali, richiede una raffinata capacità
previsionale, l’elaborazione intelligente di “un’agenda turistica” locale
provvista di una propria articolazione semantica di snodi, soste, eventi,
piattaforme e incontri. Cioè, un movimento turistico, un “sistema turistico
aperto”, chiamato ad una dialettica permanente con le istituzioni e il mercato, ma
anche a ” tarare” una continua sintonizzazione con i gusti e le mode predominanti
nelle borse di riferimento.
In sintesi, siamo di fronte a fattori strategicici e tecniche innovative per il
successo dell’impresa turistica, a cui devono essere affiancati atti direzionali e
impulsi manageriali specialisticamente rivolti al miglioramento degli indici di
qualità e alla salvaguardia dell’immagine del territorio.
Nei termini complessivi, indicizzabili e quantificabili, delle ricadute economico –
sociali – culturali e ambientali.

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                                                Dirigente Settore 07 Provincia di Crotone

                                                                                             5
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…Allorché fui sul punto di dare l’ultimo sguardo
verso il Mar Ionio, avrei desiderato peregrinare
        all’infinito nel silenzio del mondo antico,
scordandomi del presente e di ogni suo rumore…

                       George Gissing 1897
                        “By the Ionian Sea”

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CAPITOLO 1

IL TERRITORIO TRA PIANTA E MAPPA

       Analisi della situazione di partenza, dei bisogni e delle potenzialità
                                                (Sociological Outline)

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1. Il territorio.
            Uno spazio in tensione tra globale e locale.
Nelle dinamiche evolutive della vita contemporanea, il territorio -
oltre ad essere inteso secondo il convenzionale schema concettuale
della fisicità geografica - è analizzato (matematizzato e
computerizzato) come campo d’indagine, luogo in cui agiscono e si
muovono forze convergenti e divergenti; in quanto circolo di
mentalità, idee, procedure e modelli, vi si strutturano i rapporti
economici e sociali, astratti e operativi, i contesti attuativi delle
attività produttive ed ecologiche delle comunità che vi risiedono, non
solo stabilmente ma anche temporaneamente o di passaggio.
Con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche e delle
multimedialità, il territorio è entrato nella nuova era di una spazialità
nomadica. Ragion per cui, se prima esso misurava e configurava il
rapporto d’equilibrio tra ordine e mutamento, terra e uomini,
geografia e politica, storia e memoria, oggi ha radicalmente cambiato
ruolo e connotazione.
Oltre ogni criticità, al di là di specifiche contraddizioni cicliche e di
fase, generate dal declino del vecchio ordine del libero mercato, al
territorio è stata assegnata la funzione di specchiare e strutturare
localmente la tendenza generale alla stabilità internazionale, nonché
il controllo periferico di ogni spinta, disfunzionale ed entropica, ai
danni del sistema e della centralizzazione delle decisioni e delle
sovranità.
Nel processo di assestamento di questa inedita dimensione
postmoderna della vita, l’ordine mondiale tende a consolidarsi su una
norma fondamentale di garanzia e di controllo, finalizzata al
sostegno e alla priorizzazione delle politiche di stabilità economica,
sicurezza internazionale dei flussi comunicativi, commerciali, politici
e militari. Questa norma si propone come un modello operativo,
munito di specifiche clausole di convergenza, per agire e svolgere
ogni legittima attività in una società in cui il rischio rappresenta una
realtà effettiva ed effettuale, la cui minaccia sull’ordine e la
tranquillità pubblica è costante ed incombente.
Terrorismo,     approvvigionamenti        energetici,    stati  canaglia,
manipolazioni tecniche, criminalità, disastri ecologici e naturali, crisi
economiche e commerciali, sono le variabili di un quadro multiplo e
multipolare di scenari entropici, in cui scatta il conflitto
incontrollato, la violenza prodotta e indotta da disfunzioni latenti e
manifeste, sia in sede di sovranità nazionale che in ambito di diritto e
relazioni internazionali.

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Il luogo nativo, il toponimo, lo spazio di collegamento tra sviluppo
della comunità entro cui tutto questo avviene, è inteso come limite,
sorgente di rischi e minacce, ma anche come baluardo, avamposto,
piattaforma dislocativa della sicurezza, dove allestire un sistema di
monitoraggio, basato sul controllo geografico ed anagrafico del
territorio e delle sue popolazioni.
Tuttavia, in questo sistema di controllo integrato e globale, il
territorio continua ad essere anche e più semplicemente un punto di
mediazione tra istituzioni intermedie e cittadinanza amministrata.
Proprio per questo, è ancora in atto una laboriosa opera di
ridefinizione concettuale del territorio.
Il punto di svolta, in termini di superamento dei tradizionali
paradigmi geopolitici del territorio, si è manifestato apertamente con
il poderoso balzo in avanti dei processi di globalizzazione.
La globalizzazione si è imposta, nella specificità di una propria
configurazione geofisica, in quanto spazio non derivato dal territorio,
situandosi al di fuori delle relazioni fra gli stati, per collocarsi dentro
una linea di interconnessione, ove si proclama e pubblicizza, un
proprio e autonomo territorio d’eccellenza, il luogo virtuale della
rappresentazione globale ormai da tutti conosciuto, attraversato e
praticato: la rete delle reti, Internet.
Con l’avvento di Internet, il territorio è apparso sempre più
minacciato nella propria fisicità, rapidamente travolto, oltre che dai
processi di omologazione culturale, anche e sopratutto da più
devastanti fenomeni di riduzione del proprio mondo e dei propri
riferimenti valoriali ad una sola dimensione.
L’unidimensionalità di segno globale (in parte coincidente con la fine
delle ideologie), la conclusione della logica dei blocchi e del
bipolarismo delle superpotenze, il superamento della guerra
convenzionale, l’avvento di nuovi aggregati di sovranità tra cui
l’Unione Europea, il conio della moneta unica, è certamente
all’origine della crisi del modello italiano, con il conseguente
ripiegamento e riflusso del “made in italy”.
La rottura dei vecchi assetti, ha generato un processo di
“periferizzazione” della vita italiana, che si è rinchiusa nella corte
difensiva di vaste aree metropolitane. Nel quadro di queste
trasformazioni, il territorio è divenuto una sorta di “not space”, un
“non luogo” ma anche una “contact-zone”, una zona di confine,
demarcazione e, dunque, di contatto tra globale e locale.
Il territorio è stato in questi decenni il luogo di una complessa
mediazione di questi effetti negativi.

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Per cui esso, superato questo convulso ciclo, torna a riproporre la
propria centralità non come sopravvivenza o resto del passato,
archeologia e vestigia dell’eredità culturale, ma in quanto circuito
agente, evento strutturante sia della contemporaneità che del
perdurante, luogo dello scambio e delle “performances” tra un già e
un non ancora.
La crisi (e per questa via anche il riscatto e il rinascimento del
sistema italiano) oltre ad essere la risultante della dissoluzione dei
tradizionali collegamenti (e delle relative contraddizioni) tra città e
campagna, centro e periferia, istituzioni e cittadinanza è anche il
prodotto della segmentazione delle memorie e delle identità
collettive sociali, nazionali, regionali e locali.
In questo senso il futuro di una realtà locale sarà duplice. Da un lato
essa è destinata ad autenticarsi, (a “marcarsi”, contrassegnarsi) in
quanto specifico e originale microambiente, nella nuova e dominante
rappresentazione dello spazio virtuale, della rete Internet, del web.
Dall’altro è chiamata a ridefinire e riqualificare la propria identità,
rimotivando con una nuova e specifica narrazione (nella forma e
nello stile dell’ipertestualità) la propria storia e le proprie memorie, i
segni e gli stemmi, i simboli e le marche di un luogo geograficamente
e territorialmente identificabile.
Per cui la tradizionale dimensione "locale", con i propri spazi di
strada, vicolo, quartiere, comunità, frazione, villaggio, paesino, sarà
esistente e reale solo se riuscirà a riemergere all'interno di questi più
ampi circuiti comprensivi.
Quando, ad esempio, i comuni dell’antico Marchesato crotonese, la
Provincia di Crotone con le proprie comunità dislocate tra le valli del
fiume Neto e del fiume Tacina, saranno in grado di ridefinirsi nei
termini di “marca territoriale”, potranno essere riconoscibili e
sintetizzabili al punto di tutelare la propria identità.
La nuova connotazione di marca, potrà così agevolare il ricentraggio
dell’identità locale aiutando il territorio a non disperdersi, favorendo
il suo inserimento nel circuito più complesso dell’innovazione, della
competitività, e della comunicazione.

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2. La marca come mediazione comunicativa.

Al giorno d’oggi il territorio è sempre più utilizzato, vissuto e
rappresentato come un vero e proprio bene di consumo.
Il territorio, inteso come un bene patrimoniale, materiale ed
immateriale, è sempre più sottoposto ai parametri ed agli indicatori
economici, sia per quanto riguarda gli standard di valutazione che
per quel che concerne ogni eventuale utilizzo delle sue strutture,
infrastrutture e risorse naturali e storico-culturali.
Tale valutazione tecnico-economica, si manifesta anche nella
consolidata tendenza a strutturarsi in specifiche quotazioni
economiche e di mercato, così come avviene nelle principali borse
nazionali ed internazionali del turismo, dei percorsi enogastronomici
e delle risorse naturali, ove si attua la “commercializzazione” del
territorio turistico, ricettivo ed insediativo da parte delle imprese,
anche usufruendo delle iniziative di promozione pubblica nazionale e
locale.
In questo mutato scenario nazionale e internazionale, le autonomie
provinciali che intendano definire una propria politica attiva e
concertata di sviluppo turistico del territorio, devono dotarsi di una
specifica certificazione di garanzia, rappresentata da una “marca
territoriale” turistica e agroalimentare, che sintetizzi gli obiettivi di
sistema che si intendono perseguire.
Tra tali obiettivi, assumono particolare rilevanza il processo di
destagionalizzazione del turismo provinciale, il riposizionamento
dell’offerta turistica territoriale e la sua immagine sui mercati
europei, la qualificazione dell’offerta ricettiva, commerciale e di
servizio, lo sviluppo territoriale secondo principi di sostenibilità e di
autocertificazione, la tutela del mare, dei fiumi e delle risorse naturali
quali fattori propulsivi e qualificanti del sistema turistico territoriale.
Pertanto definire una marca per il sistema economico e produttivo
della Provincia di Crotone, richiede l’attivazione e l’attuazione di un
processo nuovo ed originale, che abbia l’obiettivo di mettere insieme
politiche di marketing di prodotti e servizi, nonché la
“commercializzazione” di cultura locale e risorse naturali, in modo
che gli attori del sistema possano avere a disposizione uno strumento
di comunicazione territoriale, che veicoli la propria immagine ed i
propri programmi, che sia direttamente fruibile da tutti gli operatori,
in una logica di “business community” orientata all’ospite.
Proprio perché oggi i prodotti si possono clonare con facilità occorre
avvantaggiarsi di ogni differenziale competitivo, specie se
rappresentato dall’unicità del territorio, del suo patrimonio diretto e
derivato, nonché dal complesso delle proprie eredità culturali.

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La “marca territoriale crotonese” deve far diventare questa
provincia, cittadina del mondo.
La marca, se ben strutturata, possiede una identità deduttiva
chiaramente identificabile, in quanto oggetto di un costante “fine
tuning”.
Tuttavia, nella sensibilità contemporanea, la questione dell’identità
non può più presentarsi con il volto di una equivoca eticità, ma nella
dimensione dinamica di un innovativo e comprensivo
multiculturalismo, cioè un’identità che gioca la propria credibilità e i
propri valori nel perimetro di una “società aperta”, in cui l’identità
intesa come autenticità di un luogo, di un territorio, di una comunità,
può essere costantemente sottoposta alla verifica di una sua
falsificabilità e/o autenticazione, proprio attraverso una procedura e
un principio di autenticazione di marca.
Come ha osservato Giampaolo Fabris: “la marca deve conservare,
anche in giro per il mondo, una propria identità e fisionomia
adattandola però, costantemente alle culture locali. La marca deve
rinunciare alle velleità, con miopia e arroganza, in termini
monolitici:ignorando la dialettica sociale con i Paesi in cui intende
diffondersi. L’identità di fondo della marca non può che essere
messa in discussione soprattutto a fronte del nuovo consumatore
cosmopolita, socialmente mobile e/o cybernauta che non può certo
essere esposto ad opzioni molto diverse o contraddittorie.”
In origine la parola "marco" non aveva niente a che fare con la
moneta. Nella lingua antica tedesca 'marcha' significa confine,
delimitazione. Ancora oggi le parole "marcare" (in tedesco:
"markieren") testimoniano questa origine. "Markstein" è ancora oggi
il nome della pietra che indica il limite di un territorio. "Mark"
divenne poi il nome del territorio di confine, infatti da lì vengono
nomi come "Danimarca" (regione dei danesi), "Mark Brandenburg"
(nome tradizionale della regione tedesca di Brandeburgo) e anche "le
Marche". Le Marche erano infatti zona di confine con il Sacro
Romano Impero. I feudi che gli imperatori davano ai nobili da
condurre si chiamavano marchesati, da cui presero il nome la Marca
di Fano, la Marca di Camerino, la Marca di Ancona. Ecco perché oggi,
pur essendo una singola regione, la regione ha il nome al plurale.
“Marchese” in tedesco è “Markgraf”, cioè conte di una zona di
confine.

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3. Il Marchesato di Crotone
                               e le protomarche territoriali.

In questo senso la costruzione di una nuova marca richiederà
necessariamente un’ampia opera di ricognizione, scavo e sondaggio
nel campo aperto del vissuto territoriale.
Questa analisi, anche segmentata e diacronica, deve essere impostata
e intesa sopratutto come ricostruzione di nessi logici, variazioni
permanenze, rotture dei paradigmi culturali locali, rotazioni d’epoca,
sia del “parlato” territoriale che delle sue dislessie, sia del rumore di
fondo del cosmico silenzio che del fragore dello scontro di civiltà.
A tal punto che dentro la storia di lunga durata di una “città dei tre
millenni”, è già ipotizzabile individuare profili e colori di una marca
che si delinea nella trasparenza della prospettiva storica, seguendo
specifiche fasi:
a. un primo stadio, indistinto di paleomarca territoriale
rappresentato dalla Magna Grecia, epoca in cui il territorio viene
contrassegnato e distinto in termini archeologici (segni-simbolo,
monetazione, numismatica);
b. un secondo stadio, marcato dall’espandersi della religione-mondo
del cristianesimo con la fondazione del presidio territoriale cattolico
rappresentato dalla diocesi di Crotone e da altri vescovati locali
(segni simbolo, stemmi vescovili);
c. un terzo stadio, contraddistinto dalla marcatura geopolitica-
militare del crotonese nel contesto del Mediterraneo, con la
istituzione del Marchesato di Crotone,             la costruzione della
piazzaforte spagnola quale base dell’espansionismo imperiale nel
Mediterraneo di Carlo V;
d. un quarto stadio, contraddistinto dalla marcatura economico-
sociale del sistema agro-silvo-pastorale locale del latifondo che
definisce i contorni del rapporto tra costa e bosco, tra mare e
montagna;
e. un quinto stadio con la definitiva e nuova configurazione
dell’autonomia territoriale, avvenuta con l’istituzione della Provincia
di Crotone.
Una volta impostato tale schema sarà più evidente, ma non solo, il
collegamento soprattutto tra nuova marca territoriale e antico
“marchesato” e, dunque, con Crotone. Un legame forte e distintivo
tra i soggetti preposti al comando e il territorio da comandare.
Storicamente con il termine “marchesato” si individuava una signoria
territoriale controllata, nei secoli centrali del Medioevo, da una
famiglia che nei secoli precedenti era stata investita della carica e
delle funzioni di marchese.

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Non si differenziava da altre analoghe signorie territoriali se non per
la possibilità di legittimare questo potere in base al precedente
esercizio di funzioni pubbliche di governo.
Comprendeva diversi comitati, grazie all'assunzione diretta dei titoli
di conte da parte del marchese, o alla sottomissione dei titolari dei
diversi comitati.
Nella carica erano prevalenti le funzioni militari. Nuove famiglie vi
giunsero grazie all'opera di riforma di Ottone I e dei suoi successori
nella seconda metà del X secolo, particolarmente rilevante nell'Italia
settentrionale.
Le famiglie marchionali furono in seguito tra i principali protagonisti
del processo di profonda trasformazione delle istituzioni: basandosi
infatti su un ampio patrimonio, sulla forza militare e sul prestigio
derivante dal tradizionale esercizio di poteri pubblici, furono spesso
in grado di creare, tra XI e XII secolo, ampie signorie territoriali, che
assunsero, appunto, il nome di marchesati.
Il titolo nobiliare di marchese si conservò anche in età moderna. E’
come se tutto ciò che ci circonda ci stia suggerendo il percorso da
seguire, ed è ciò che proveremo ad indicare riempiendo di contenuti
tangibili il concetto di marca territoriale a cui aspiriamo.
A tal fine, per la mappatura storico-culturale della nostra provincia
devono essere tenuti in considerazione i seguenti elementi:

qualità del paesaggio
colture connotanti il paesaggio
presenza di sistemi infrastrutturali connotanti
particolari architettonici connotanti l'architettura e il paesaggio
rete storica delle strade
accessibilità e centralità storica
connessioni storiche tra centri vicini
presenza di fiere e mercati
riferimenti storici amministrativi e giurisdizionali

E' importante la connessione dei beni in sistemi territoriali, anche al
fine di preludere alla formazione di parchi tematici integrati.
Il territorio è un contesto che è diventato ormai maturo per
sviluppare nuove idee, per aiutare nuove professionalità e per
sostenere la crescita ed il consolidamento dell’economia. Il territorio
diventa fonte di creatività, dove le diverse espressioni dei tempi
possono prendere forma: economia, tecnologia, storia, arte,
tradizione, natura. Il marketing territoriale, ad esempio, è uno
strumento utile a tal fine.
Il Marchesato è già una “marca”, un segno riconoscibile, oltre che
riconosciuto, che si identifica in un territorio e identifica una
comunità.

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Un territorio ed una comunità generano, o possono generare,
“brand”: la comunità sostiene il brand con il modo di parlare, il modo
di vivere, il modo di vestire, i tratti somatici, la tradizione culinaria ed
il carattere della gente.
Nell’accezione meno comune il brand non è soltanto uno strumento
di comunicazione indotta, ma diventa l’elemento chiave di
identificazione del territorio e della comunità che lo popola, che deve
risultare riconoscibile in ogni circostanza e da ogni target audience a
cui si rivolge.
La marca territoriale deve essere uno strumento di comunicazione
immediato ed efficace, semplice da comunicare e univoco da
riconoscere, per costruire un’offerta integrata per il turista, che sia in
grado di orientarlo all’interno delle varie risorse del territorio.
L’analisi delle prassi storicamente strutturata della marcatura e ogni
sua      rappresentazione segnica e culturale permette anche di
inquadrare correttamente il rapporto di interessenza e di dipendenza
che si stabilisce tra marca e marchio ove quest’ultimo artefatto come
ha rilevato Giovanni Baule :

“non si ferma al segno in quanto tale, ma al contenuto, al senso
ultimo di questa operazione;il marchio riconduce proprio al segno
profondo che si imprime sulla carne viva e che ha un riscontro
’fisico’:è il lato profondo della comunicazione perché entra negli
immaginari, nei desideri, nei progetti collettivi e individuali e li
modifica in questo senso. In tal modo, l’essere brandizzati o
marchiati evoca una traccia indelebile che attraversa lo spessore dei
corpi e dele vite. La questione del marchio, anche per il progettista
visivo, non si ferma più all’ultima scheda o all’ultima pagina del
manuale di identità, ma tocca al cuore una delle sue principali aree
di intervento.”

Evitare     la     facile  trappola    del     rispecchiamento       e
dell’autoreferenzialità, significa soprattutto superare il rischio di
riprodurre un’immagine compiacente del territorio. Occorre
rappresentare il carattere della popolazione e lo stile del luogo
disegnandoli su una “mappa”, definendo un “territorio
immaginario” in cui si distribuiscono i soggetti dello sviluppo.
In questa prospettiva, è necessario saper inquadrare il territorio nel
lungo periodo, senza confonderne i piani differenziati della
tradizione, dell’identità e dell’autenticità, peraltro presenti nei
marchi e nei marchionimi, localmente storicizzati, della storia del
Mediterraneo.
Il tutto a partire da un’adeguata comprensione e ricollocazione dei
“marker” rappresentativi di culture-mondo, quali i castelli, la croce,
la mezzaluna.

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Nel contesto dell’economia globale, il Mediterraneo continua ad
essere il centro del sistema turistico internazionale.
La Provincia di Crotone usufruisce - in quanto inserita in questa
vasta area - di una posizione geografica di straordinaria centralità,
che in termini strutturali ed infrastrutturali resta ampiamente
sottovalutata e sottostimata, soprattutto per una carenza di stock
ricettivi da mettere a disposizione della domanda turistica.
Tutto questo è dovuto anche ad un’immagine non adeguatamente
conosciuta e qualificata, che fa da freno ed inibizione nei confronti di
concrete e oggettive chances di sviluppo dell’economia turistica
territoriale. Tenuto conto di questa oggettiva debolezza e di un
posizionamento penalizzante nell’immaginario turistico nazionale,
come pure delle difficoltà di immediata identificazione delle stesse
localizzazioni turistiche della provincia, si pone l’obiettivo di un
riposizionamento concettuale dei principali siti turistici
provinciali, per la riconoscibilità e rintracciabilità territoriale della
provincia nel contesto del mercato turistico nazionale.
La produttività e le ricadute positive di questa necessaria azione di
“ascolto” e analisi sociosemiotica del vissuto storico e contemporaneo
del territorio, appare tanto più importante alla luce delle osservazioni
del sociologo Giampaolo Fabris secondo cui:

“il primo passo del communication auditing è quindi quello di un
rigoroso inventario di tutte le espressioni della marca che hanno
potenziale comunicativo. E’ un’operazione che fornisce sovente
risultati inattesi. Nel senso che la marca realizza - come quel
personaggio di Moliere che si accorge di aver parlato in prosa tutta
la vita senza saperlo – che molte delle sue attività hanno un
importante risvolto comunicativo. Sovente inespresso o che si
esprime con un linguaggio non armonico e non sinergico con la
comunicazione intenzionalmente emessa. Si tratta di rivedere –
subspecie comunicativa – anzitutto gli strumenti del mix di
marketing per attribuire loro una funzione aggiuntiva.”

In questa prospettiva si può affermare che la Provincia di Crotone è
un territorio ricco di risorse paesaggistiche, enogastronomiche e
ambientali, con un patrimonio storico e artistico d’eccezione,
risalente fin dal periodo paleolitico, articolato in un’ampia e
stratificata eredità culturale che passa per le epoche e le civilizzazioni
della Magna Grecia, dell’Impero Romano, del Cristianesimo,
dell’intreccio multiculturale mediterraneo d’influsso arabo e turco,
nonché di realtà etno-linguistiche greco-albanesi.
Essa si trova ubicata in una posizione geografica originale e unica nel
contesto del Mediterraneo, quale ultima città di medie dimensioni,
urbanisticamente rilevante, situata all’estremità sud dell’areale geo-
storico del Golfo di Taranto.

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Quali propri obiettivi strategici, la Provincia di Crotone intende
realizzare programmi tendenti ad organizzare e razionalizzare la
domanda di servizi provenienti dalle imprese turistiche, agricole ed
agroalimentari italiane, in una logica di                         successiva
internazionalizzazione del sistema.
Progettare e definire strategie di posizionamento internazionale per il
sistema turistico e agroalimentare provinciale, comporterà
coordinare le azioni a carattere internazionale nel sistema Fiere
nazionale, europeo e internazionale.
Serve inoltre progettare ed implementare, mediante intese
istituzionali con altre amministrazioni, un sistema di certificazione
delle scuole di cucina, di gastronomia, di enologia e dei corsi di
Sommelier; concorrere, anche giuridicamente, alla tutela delle
produzioni territoriali - procedendo alla registrazione dei marchi - e
delle denominazioni d’origine.
Crotone è una provincia con tradizioni agricole ed enogastronomiche
antiche, la cui offerta di prodotti e piatti della cucina tradizionale -
appartenenti al patrimonio agroalimentare provinciale e al comune
retaggio culturale del Mediterraneo - ben si integra con le risorse
artistiche, culturali e naturali del territorio e della città capoluogo.
Con l’obiettivo di scoprire e valorizzare questo giacimento di sapori
crotonesi, s’intende sviluppare ogni valida azione amministrativa atta
ad individuare un Paniere di prodotti tipici, originali, locali e
territoriali da collocare in nuovi percorsi enogastronomici, artigianali
e turistici, puntando all’identità del gusto territoriale, all’unicità dei
prodotti locali, alla tracciabilità, visibilità e riconoscibilità delle
nostre produzioni, alla realizzazione di politiche e iniziative
pubbliche integrate e programmate, all’individuazione di un marchio
promozionale delle produzioni e dei sistemi locali in cui queste sono
insediate.
Così letto e inteso, il territorio si presenta in quanto spazio
multifattoriale di una teatralizzazione dello sviluppo (scenario),
rendendo possibile la proliferazione di modi e forme di espressione
nuove, che per comunicare ricorreranno alla formalizzazione di un
contesto operativo composto da un cartellone annuale in quattro cicli
stagionali, da un palcoscenico degli eventi, dentro un determinato
tempo-spazio (cronoprogramma).

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19
4. La mappa territoriale.

Il territorio provinciale crotonese è tra i più variegati, dal punto di
vista geografico, dell’intera nazione. Mare e colline, campagna e
montagne, si alternano a breve distanza fra loro creando un senso di
discontinuità visiva del territorio.
Ma questa discontinuità, è effettivamente reale? Non si possono
individuare delle linee di contatto territoriali che portino a
riconsiderare la prima (e superficiale) visione? Proviamo ad
esplorarlo con lo sguardo di un viaggiatore: il viaggio è una delle
grandi esperienze della vita.
Seguendo un percorso, un itinerario, un cammino, anche il più
piccolo e insignificante momento diventa fonte di ricordo e poi di
memoria. Un viaggio nel sud, inoltrandosi nelle mappe di luoghi da
ritrovare e scoprire, rappresenta, tra ieri e oggi, una straordinaria
occasione per conoscere, divertirsi, ricaricarsi di inattese motivazioni
ma anche avvicinarsi a un modo di vivere e di pensare il
Mediterraneo.
Un viaggio attraverso la provincia di Crotone permette di cogliere
paesaggi diversi in archi temporali ridotti: dalle coste baciate dal
rossore delle albe alle campagne sfiorate da quello dei tramonti, dalle
colline verdi di uve ed ulivi ai monti imbiancati dalle nevi invernali.
Gli sguardi verso il cielo, le visioni delle argille agricole, i fuochi estivi
e i tenui tratti dell’autunno segnano il bordo di un mondo unico e
meridionale.
Il turismo è accoglienza fatta di persone, incontri, assorti momenti di
raccoglimento, festa collettiva, dialoghi di strada. I paesaggi e le
riviere sono solo apparentemente vuoti.
Quanto basta per comprendere che ogni angolo ha un proprio
significato, che ogni contrada rimanda a più antiche, profonde e
sussurrate storie. La popolazione crotonese è cresciuta insieme alla
storia dei luoghi.
Il mare, nel suo eterno fluire, ha sempre portato sulle nostre coste il
vento del nuovo e del differente, abituando la gente al contatto
umano, stimolandone la curiosità per lo sconosciuto, sollecitandone
una sorta di atavico ed ereditario senso di accoglienza.
Anche la fortezza sul mare di Le Castella, bastione dei misteriosi
aragonesi, nato in una logica di protezione della costa, è oggi un
punto di contatto, un afflato sussurrato sospeso tra occidente ed
oriente, e continua a recitare la sua poesia sul palcoscenico smosso
da maree alla ricerca di un’ isola di pace.
Qui il tempo non si ferma, ma sempre ricomincia nel suo segnacolo
eterno. Il mare intorno a noi è una grande risorsa di giovani
emozioni.
Segnate da questa speciale e originale caratura di luoghi, angoli e
panorami, i presidi e le attività turistiche, le tante iniziative di
accoglienza, risuonano istanti da vivere e ricordare.

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Crotone con il suo porto, il primo ad oriente per chi risale lo stivale
da sud, è strategicamente posizionato, in quanto riduce le distanze
tra i porti più vicini, di Taranto e Messina, consentendo lo
sfruttamento del c.d. doppio corridoio fra l’Adriatico a nord e il
Tirreno ad Est.
Oltre ad essere un punto di sosta importante per gli utenti turistici
del mare, il porto di Crotone è destinato ad acquisire sempre
maggiore rilevanza economica, nell’ambito di una attenta politica
infrastrutturale, in quanto è idoneo all’attracco di navi commerciali
di piccolo e medio cabotaggio. Dal punto di vista economico, giova
sottolineare che il tratto di mare al largo delle coste crotonesi è
oggetto di sfruttamento da parte dell’Eni, in quanto ricco di
giacimenti metaniferi.
La Provincia di Crotone inoltre, essendo geograficamente collocata
lungo la strada che collega la Puglia e la Sicilia, estremo lembo del
Golfo di Taranto, oltre che verso lo stretto di Messina guarda a nord,
verso Gallipoli e S. Maria di Leuca, e si presenta nell’immaginario di
chi la scopre come una linea azzurra di meridiane lontananze.
Crotone e provincia sono un mix di mare e montagna, forse unico in
Italia.
A pochi chilometri dalla costa… la Sila, austera, maestosa e
misteriosa, intrigante, generosa e difficile quanto i briganti che
l’hanno abitata. Eppure, anche qui, camminando tra i suoi boschi, il
rumore dell’acqua lo senti dappertutto, sgorga da copiose sorgenti,
scorre in limpidi corsi che arrivano al mare, dando l’idea del ciclo
della vita. I boschi sono alberghi naturali, dove viaggiare nel verde di
pini cantastorie, accompagnati dalla percezione di legno e nerume di
carbonelle. Sila e collina scendono a valle, dove cime di pini sono già
il vessillo di una regione attesa.
Non va trascurata la tradizione gastronomica provinciale, che risente
anch’essa del mix tra mari e monti che contraddistingue tutta l’area,
un giacimento di gusto e gastronomie raccolti in un cucchiaio. Cibi in
forma di pane, incavati e talvolta grezzi, ma con sapore pronunciato e
schietto.
Crotone, marca e provincia delle cucine pitagoriche. Da queste,
all’insegna del grano e del pesce, parte il percorso gastronomico, che
è una escursione di cultura materiale, uno stile di vita, una storia di
mestieri. I piatti tipici sono un piccolo universo, un osservatorio
gastronomico in cui si specchiano gli arcani del “mare nostrum”.
Dove si tocca, con le mani e il palato, tutto il piacere del sud in pochi
piatti: veri, abbondanti, autentici.
In che modo è possibile creare un continuum tra le immagini e le
suggestioni fin qui esplorate?

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Partendo inevitabilmente da Crotone in quanto capoluogo, cosa
mette in relazione il mare su cui la città si affaccia – con il suo porto,
le sue spiagge, la sua costa – e le montagne della Sila crotonese?
Cos’è che ha unito negli scorsi decenni i territori boschivi della Sila al
nucleo industrializzato della città di Crotone, le strade o i rapporti
umani e commerciali? Ad unire luoghi tanto diversi sono stati i mezzi
o i fini?
Se trascendiamo per un attimo dalla visione geografica strictu sensu,
interfacciandola con valutazioni di storia passata e (soprattutto)
presente, forse riusciremo ad individuare percorsi tanto trasparenti
da risultare quasi invisibili, se non guardati nell’ottica cui
appartengono.
Fin dall’antichità, risulta che i Romani fabbricassero le navi (che
venivano varate sulle coste ora appartenenti alla Provincia di
Crotone) utilizzando gli alberi della Sila, cosa che da il senso della
reale continuità tra la montagna e il mare, quasi che la montagna,
attraverso il suo legno e la sua gente, potesse scendere e vivere nello
“spazio liquido”, non nel mare inteso come massa d’acqua, ma come
fluire di storia e di popoli tra territori lontani.
In un passato più recente, il fiume Neto, che taglia diagonalmente
buona parte del territorio provinciale e lungo il quale avvenivano i
più frequenti passaggi di uomini e di merci ed i relativi scambi,
rappresentava quasi un’istmo che apriva in due un territorio aspro
geograficamente ed umanamente.
In epoca più attuale, le fabbriche crotonesi, in particolare la Cellulosa
Calabra, hanno sovente fatto fronte alle necessità di materia prima
attingendo al patrimonio boschivo, ricreando un flusso umano e
commerciale tra il mare e la montagna.
Sebbene individuata in maniera fisica, definita nei confini e nella
formalità istituzionale, una provincia trattiene in sé ricchezze ed
esperienze che esulano dai concetti finiti e definiti della storia sociale
di un paese. La “mappa” a cui si fa riferimento, nulla ha a che vedere
con l’indicazione territoriale in senso stretto, ma con un significato
storico e culturale, che richiama le origini guardando al futuro.
Una demarcazione, dunque, culturale, che richiama la natura stessa
del palcoscenico sul quale si alternano attori materiali e immateriali,
più o meno protagonisti di una sceneggiatura che abbiamo la
possibilità e la capacità di dirigere. La mappa territoriale è lo
strumento attraverso il quale poter inquadrare ed interpretare
qualsiasi fenomeno o caratteristica della popolazione e del territorio,
siano essi strutturali, piuttosto che relativi ad atteggiamenti e
comportamenti.
Si è imposto il concetto di nodo e, accanto a questo, quello di rete (di
rete delle reti), di LAN (Local Area Network).

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Tuttavia nella misura in cui il territorio perde in fisicità continua a
permanere la sua essenza di lunga durata, quella di un proprio
“simbolico”, da ricollocare nel vissuto contemporaneo. Questo
intreccio tra simbolico e vissuto, si esprime nella azioni di
valorizzazione (o nella          disvalorizzazione) della “texture
territoriale”, cioè di quella vera e propria tessitura qui intesa
come spazio di relazione in cui si struttura la comunicazione del
territorio verso il mondo esterno, nella realizzazione del teatro dello
sviluppo, in quanto promozione, valorizzazione e programmazione
dei rapporti economici e sociali in esso vigenti.
Per cui se la marca è qui intesa come la definizione comunicativa del
territorio, la sua progettazione dovrà avvenire nella forma di un
sistema d’identità sociale, un centro di comunicazione, una risorsa
strutturata a disposizione dei soggetti attivi nel territorio.
Disegnare la marca, delinearne gli aspetti grafici, comporta la
segnalazione dei confini fisici, simbolici e strategici, tracciando i
segni potenziali e progettuali del territorio. In questa logica la
progettazione e la definizione di una marca territoriale deve tenere
conto del:

a. carattere storico del territorio e per questo delle antiche
radici culturali del crotonese che attraggono creando valori
emozionali e distinzione ma anche cogliendo una sempre più diffusa
richiesta di ridefinizione dell’identità socio economica della
provincia, venuta meno con la crisi e il declino di vecchi modelli di
sviluppo industriale del secolo scorso. Il territorio della provincia di
Crotone è entrato in una nuova fase di sviluppo, in un ciclo
congiunturale complesso e articolato caratterizzato da una
accentuazione dei processi di globalizzazione, adeguamento e
convergenza fortemente accelerati dall’avvento della moneta unica
europea, l’Euro. Nel frattempo, a chiusura del trascorso secolo del
Novecento, nella provincia e nel suo capoluogo si è esaurita una
lunga fase di transizione, caratterizzata dalla definitiva scomparsa del
vecchio assetto industriale fordista e dall’affermazione di uno
sviluppo autocentrato sul territorio. In questo nuovo quadro
l’economia turistica (cfr. Anci-Upi, Il paese delle mille identità. I
valori dell’Italia irriproducibile e non delocalizzabile, Roma 2005),
l’industria dell’accoglienza, l’apertura e la realizzazione di una
provincia intesa come porta del dialogo mediterraneo, sono
divenuti l’orizzonte quotidiano ma anche lo stimolo a costruire il
cantiere e il laboratorio di una provincia futura che gioca la carta dei
servizi, della qualità della vita, della cultura, del mare e del paesaggio
da offrire ai visitatori che raggiungono questi luoghi.

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b. carattere semiologico che deve assumere la marca a partire da
una conoscenza dei consumatori e dalle relative strategie di nicchia
che il contatto consumatore-territorio suscita e determina. Da alcune
indagini di settore si desume che la potenzialità turistica della
Provincia di Crotone è molto elevata ma anche fortemente
sottostimata, scarsamente utilizzata, ampiamente inespressa.
Rilevazioni statistiche, studi specializzati e documenti di
pianificazione territoriale stimano che in larga parte il “turista” arriva
in Provincia di Crotone da altre regioni del centro-sud, specie dalla
Campania e dal Lazio. In termini di collocazione sociale appartiene la
ceto medio; il livello istruzione è medio-basso; conosce la Provincia
di Crotone attraverso canali informali quali amici, parenti e solo in
misura minore tramite consiglio o suggerimento di un’agenzia
turistica; la vacanza è prevalentemente di tipo familiare, il nucleo
familiare è composto da tre/quattro persone; il soggiorno oscilla da
un minimo di due a un massimo di tre settimane; le motivazione che
spingono il turista a scegliere questo territorio sono               molto
convenzionali; la dominante è rappresentata dal desiderio/bisogno di
mare, anche raccogliendo i consigli di amici e conoscenti i cui
resoconti delle loro passate vacanze rappresentano il soggiorno nella
provincia come un periodo rilassante, divertente e di mare pulito;
tale percezione è affiancata da altre motivazioni sub-dominanti quali
il desiderio di socializzazione, quello di natura e di cultura , della cura
di sé, del benessere e della salute; si tratta di sensibilità latenti che
occorre portare in superficie, intrecciandole con la propensione
manifesta a fruire del “vacuum”, appunto la vacanza “sole-mare”; il
turista che soggiorna a Crotone manifesta un basso interesse ad
attraversare e percorre il territorio in cui si colloca la struttura
ricettiva che lo accoglie; solo una parte esigua organizza itinerari e
mostra apertura alla pur bassa offerta di itinerari in sede di sistema
turistico locale. Nel contesto dell’economia globale, il Mediterraneo
continua ad essere il centro del sistema turistico internazionale. La
provincia di Crotone usufruisce - in quanto inserita nella più vasta
area del Mediterraneo che continua a rimanere il polo turistico più
rilevante     a livello globale - di una posizione geografica di
straordinaria centralità, che per ragioni strutturali ed infrastrutturali
resta ampiamente sottostimata e sottovalutata, soprattutto per una
carenza di stock ricettivi che l’offerta locale mette a disposizione della
domanda turistica. Tutto questo è dovuto anche ad un’immagine
non adeguatamente conosciuta e qualificata, che gioca un ruolo di
freno e inibizione nei confronti di concrete e oggettive chances di
sviluppo dell’economia turistica territoriale.

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c. carattere progettuale della marca territoriale che deve
protendere a innalzare l'orizzonte delle ambizioni e sviluppare una
visione su cosa vogliamo costruire per il futuro, effettuando scelte di
programmazione per rendere più solida la soggettività del territorio
in un quadro di scambi e alleanze; la mission della marca sarà
quella di: aumentare la produttività degli enti che agiscono sul
territorio, incentivare e inquadrare in un contesto di territorio,
distretto e filiera i programmi, le misure e le azioni per rendere la
provincia autosufficente e competitiva; agire sul sistema scolastico
provinciale in termini di divulgazione e formazione a questa
soggettività di territorio; indicare vettori di politica economica
territoriale quale punto di orientamento per le imprese.

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26
CAPITOLO 2

VALORE & VALORI DELLA MARCA

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1. Valore e valori della marca.

Non è un gioco di parole. La marca ha valore quando trasmette forti
valori. Nel suo lungo divenire storico – da semplice marcatore di
proprietà/identificazione a motore semiotico ed identità – la marca è
approdata adesso al variegato mondo dei valori e dell’etica. Valori
nell’interpretazione sociologica corrente, come aggregati di senso –
conditivi e affettivi - coerenti, duraturi, moralmente vincolanti,
capaci di guidare le scelte individuali per un periodo di tempo
sufficientemente prolungato. Sono elementi che fondano l’identità
sociale e la specificità individuale e di gruppo ma, allo stesso tempo,
sono i nuclei attraverso cui passano e si consolidano i processi di
differenziazione sociale. Che la marca abbia un valore – anzi, come si
legge sempre più spesso, nei testi di management, che “rappresenti
l’asset più importante di cui l’impresa dispone” – vi sono ormai
troppe evidenze per doverlo ancora documentare. Un valore che
prescinde anche dalle sue quote di mercato, dalla sua distribuzione
commerciale, dai suoi attributi più tangibili, dal valore delle sue
shares e che ha fatto spesso parlare di alchimia della marca. La
marca cioè come costruzione magica: come quando, in polverosi
laboratori, l’alchimista tentava la prodigiosa trasmutazione del
metallo in oro. Al limite la marca come un re Mida dei nostri giorni
che trasforma in oro tutto ciò che tocca. La metafora – anche se
seduttiva ed affascinante – è però solo parzialmente corretta.
Presupposto, infatti, perché la marca possa trasformarsi in
produttore di ricchezza è che comunque il materiale che firma non
sia un vile metallo: la vera conditio sine qua non perché la marca
possa esprimere il suo grande potenziale, trasformarsi in uno
straordinario moltiplicatore di valore è che si contrapponga ad un
buon prodotto o servizio. Esempi di marche che siano riuscite a
sopperire a vistosi deficit sul fronte delle performance – del contratto
cioè che la marca sottoscrive ontologicamente con il consumatore
garantendo il rispetto di queste ed una costanza poi di qualità – e ad
avere successo sono ben difficili da riscontrare. Al massimo si tratta
di affermazioni momentanee di fenomeni dell’ordine delle mode:
destinati cioè ad avere vita breve. Quando la marca – anche se
inadempiente sotto il profilo qualità - diminuisce la sua attrattività,
perde rapidamente di richiamo. A fronte di un consumo più
competente, esigente e demanding, il rispetto e l’acritica reverenza di
un tempo nei confronti della marca non trovano più spazi o ragion
d’essere.

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L’allure che la marca riesce a creare, anche se questa si è consolidata
nel tempo, non è sufficiente a contrastare le lacune sul fronte delle
performance. Pensiamo, ma vi è purtroppo solo l’imbarazzo della
scelta al proposito, a Jaguar – un nome mitico nel settore
dell’automobilismo – le cui prestazioni erano                       andate
progressivamente indebolendosi, nel corso degli anni, sino a
scontentare fortemente i suoi utenti. Un’immagine consolidata da
decenni e di grande prestigio non è riuscita a supplire alle vistose
defaillance, e la marca ha perso rapidamente valore e quote di
mercato imboccando un poco dignitoso viale del tramonto. È solo con
l’intervento di Ford – che si fa massicciamente carico dell’attenuare
prima ed eliminare poi la difettosità della vettura – che Jaguar torna
ad essere una marca che genera valore: per i suoi azionisti e per la
sua utenza.
Tuttavia resta un’ombra sul suo blasone perchè le inadempienze,
anche se superate, lasciano sempre una traccia. Ma, una volta
adempiuto al rispetto a questa sorta di prerequisito rappresentato
dalla qualità, considerato a tutti gli effetti un must, è proprio la marca
che può attribuire caratteri totemici ai prodotti che firma. Per
conseguire il successo, per creare valore non è più sufficiente per
l’impresa avere buoni prodotti ad un prezzo equo: questo rappresenta
una condizione certamente essenziale ma non sufficiente.
Ci sono un’infinità di buoni prodotti e servizi sul mercato destinati a
restare in una sorta di limbo o a scomparire perché non vivificati
dall’affitto della marca. Di una marca che non sia pure denotazione,
non sia cioè entrata con maestria e determinazione, nel mondo della
connotazione.
Tra l’altro è noto come le differenze tangibili tra produttori diversi
tendano, all’interno dello stesso comparto, ad assottigliarsi sempre di
più ed a divenire progressivamente indistinguibili sotto il profilo dei
valori d’uso. Anche le innovazioni più sostantive, quelle che un tempo
costituivano una duratura rendita di posizione, adesso rischiano di
essere clonate quasi in tempo reale. Ferrero, una delle grandi marche
italiane dell’industria dolciaria per decenni ha avuto nel suo
portafoglio quei prodotti che l’imprenditore Michele Ferrero
definisce come “prodotti d’impresa”: vale a dire prodotti che da soli
possono costituire un’azienda e che è quasi impossibile riprodurre
alla stessa struttura di costi, che hanno quindi caratteristiche uniche
e differenzianti, che hanno una vita lunghissima e che sviluppano
imponenti fatturati. Si pensi, per tutti, a Nutella e Rocher. Eppure, in
tempi recenti, è stato sempre più difficile, per Ferrero, mantenere un
vantaggio competitivo basato sulle caratteristiche di unicità dei suoi
prodotti. Quando immette sul mercato un prodotto fortemente
innovativo come le merendine refrigerate questo viene riprodotto
dopo pochi mesi da una Centrale del Latte italiana. La marca invece è
impossibile da clonare.

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