IL GAMBERO D'ACQUA DOLCE IN PROVINCIA DI COMO
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Provincia di Como Settore Risorse Ambientali Servizio Pesca IL GAMBERO D’ACQUA DOLCE IN PROVINCIA DI COMO Aprile 2002 A cura di Carlo Romanò e Claudia Riva Con il supporto scientifico di Cesare Mario Puzzi Con il supporto operativo del Servizio di vigilanza ittico-venatoria, dei guardapesca volontari e delle guardie ecologiche volontarie della Provincia di Como
Indice 1. Introduzione………………………………………………..1 1.1 Reticolo idrografico dell’area indagata………………………….1 2. Il gambero d’acqua dolce………………………………….7 2.1 Sistematica e zoogeografia delle specie di gambero d’acqua dolce presenti in Italia………………………………………………...7 2.2 Schede di ecologia comparata…………………………………...11 2.3 Il gambero di fiume Austropotamobius pallipes italicus………..18 Distribuzione…………………………………………………….18 Morfologia………………………………………………………18 Anatomia funzionale…………………………………………….22 2.3.3.1 Apparato respiratorio………………………………………….22 2.3.3.2 Apparato circolatorio………………………………………….23 2.3.3.3 Apparato digerente…………………………………………….23 2.3.3.4 Sistema neuromuscolare………………………………………24 2.3.3.5 Apparato escretore…………………………………………….24 2.3.3.6 Apparato riproduttore…………………………………………25 2.3.3.7 Organi di senso………………………………………………..26 Ecologia e alimentazione………………………………………26 Riproduzione e ciclo vitale…………………………………….28 Pricipali fattori di minaccia per la specie…………………….29 3. Materiali e metodi………………………………………...31 3.1 Le tecniche di censimento………………………………………..31 3.2 Le stazioni di campionamento…………………………………..35 3.3 Le schede di campo………………………………………………40 3.4 Il rilevamento delle misure biometriche………………………..41 4. Risultati……………………………………………………42 4.1 Distribuzione del gambero in provincia di Como……………...42 4.1.1 Il lago Ceresio…………………………………………………...47 4.2 Individuazione degli habitat vocazionali……………………….50 4.3 Caratterizzazione delle popolazioni del gambero d’acqua dolce nei corsi d’acqua della provincia di Como…………………………53 4.3.1 Le densità………………………………………………………..53
4.3.2 Struttura di popolazione in classi di età…………………………55 4.3.3 Rapporto tra i sessi………………………………………………58 4.3.4 Relazione Lunghezza-Peso di A.pallipes italicus……………….60 5. Applicazioni e sviluppi dell’indagine……………………64 5.1 I laghi……………………………………………………………..64 5.2 I corsi d’acqua……………………………………………………65 Bibliografia Allegati 1. Introduzione Il gambero d’acqua dolce autoctono (Austropotamobius pallipes italicus), un tempo molto diffuso in un gran numero di corsi d’acqua del Centro-Nord Italia, ha subito, a partire dall’inizio degli anni ’70, una forte rarefazione delle sue popolazioni su tutto l’areale di distribuzione; attualmente il taxon risulta iscritto tra le specie rare nella Lista Rossa degli Invertebrati redatta dall’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) e la sua conservazione richiede la designazione di aree speciali di tutela (Direttiva 92/43/CEE). Nell’ambito della legislazione italiana in materia di pesca nelle acque interne, a livello nazionale, il gambero di fiume è stato considerato una specie da proteggere e rientra nel novero delle “specie ittiche” la cui pesca è soggetta a precise regolamentazioni, già a partire dal R.D. 22.11.1914 n. 1486 (Regolamentazione per la pesca fluviale e lacuale). In diverse regioni e province la pesca al gambero è stata chiusa a tempo indeterminato; tra le prime, Liguria, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Lombardia (quest’ultima con la legge regionale del 27.7.1977 n. 33 art. 15).
Seppure tali provvedimenti abbiano avuto intenti lodevoli, la lenta ma costante rarefazione di questa sottospecie endemica italiana, tuttora accertata (Mancini, 1986), dimostra che la semplice regolamentazione del prelievo non è sufficiente ad invertire l’attuale tendenza. L’introduzione di specie esotiche, l’inquinamento delle acque, la distruzione e l’alterazione degli habitat, la diffusione di batteriosi, micosi e parassitosi epidemiche incontrollabili, nonché lo stesso bracconaggio sembrano essere i fattori principali di minaccia del gambero di fiume autoctono (Mancini, 1986); a ciò si aggiunga che la scarsa e frammentaria conoscenza della sua distribuzione nei corsi d’acqua italiani (e, in particolare, lombardi) e dello stato delle singole popolazioni preclude, a priori, la programmazione di una corretta strategia di tutela e di recupero. L’attuazione di un accurato censimento delle popolazioni di Austropotamobius pallipes italicus nell’intero reticolo idrografico della provincia di Como, ha avuto quali obbiettivi primari: rilevare la presenza o l’assenza della specie nei bacini campionati e costruire una carta di distribuzione delle popolazioni; ottenere una stima delle densità e delle strutture di popolazione; rilevare la presenza di specie di gambero alloctone (più resistenti alle patologie e all’inquinamento tanto da essere competitivamente avvantaggiate nella lotta per la sopravvivenza) e di altri evidenti fattori di minaccia; 1.1 Il reticolo idrografico della Provincia di Como La provincia di Como presenta una ricca varietà di corpi d’acqua ed è dominata dalla presenza di due grandi laghi quali il Lario e il Ceresio. Le acque correnti del suo territorio sono ascrivibili a tre categorie fondamentali: ambienti fluviali, caratterizzati da un’elevata portata media sostenuta da apporti idrici di prevalente origine alpina. Nella provincia gli unici corsi d’acqua di questo tipo sono il Lambro emissario, a valle del lago di Pusiano, il canale del Mera, che collega il lago di Novate con quello di Como e l’ultimo tratto dell’Adda immissario, a monte del Lario. Essi interessano il territorio comasco in misura minima, sviluppando il proprio corso quasi interamente nelle province limitrofe di Sondrio, Lecco e Milano (AA.VV, 1994).
I tratti del Mera e dell’Adda, rappresentando un collegamento tra il lago e la parte più propriamente fluviale del loro corso, fungono sia da zone di riproduzione per numerose specie ittiche – cavedano (Leuciscus cephalus cabeda), alborella (Alburnus alburnus alborella), coregoni (Coregonus coregonus e Coregonus macrophtalmus), luccio (Esox lucius) – sia da richiamo per il successivo accesso alla parte superiore del fiume per la trota lacustre (Salmo trutta lacustris), che risale tali fiumi nel periodo della frega (AA.VV., 1994). Il Lambro, attraversando nel suo corso la parte del territorio comasco maggiormente antropizzata, presenta una profonda alterazione qualitativa delle sue acque; ambienti torrentizi dell’alta e media provincia, caratterizzati da rapide ed imponenti variazioni di portata rispetto ai valori medi di entità variabile da caso a caso. I torrenti discendono dagli elevati rilievi con linee di pendenza molto accentuate per immettersi poi nel Lario e nel Ceresio. La notevole velocità della corrente esercita continuamente un’azione erosiva sull’intera sezione dell’alveo, che risulta costituito principalmente da materiali grossolani (ciottoli, ghiaie, sabbie) soggetti a facile trasporto sul fondo per trascinamento, rotolamento e saltazione; questa conformazione del substrato preclude la possibilità di insediamento a numerose specie acquatiche, particolarmente se vegetali. Soltanto i tratti terminali, che perdono pendenza con l’attenuarsi dell’altitudine e grazie al materiale ivi trasportato dalla corrente (formazione in molti casi di un vero e proprio apparato deltizio), consentono la deposizione sul fondo di materiali a granulometria più fine (diminuisce la velocità e le particelle si depositano sul fondo). La maggior parte dei torrenti provinciali sono inclusi in questa categoria. La vocazionalità è a Salmonidi e la specie ittica dominante è la trota fario (Salmo trutta trutta). Vi possono essere specie di accompagnamento quali lo scazzone (Cottus gobio), il vairone (Leuciscus souffia muticellus), la sanguinerola (Phoxinus phoxinus), mentre nel tratto terminale pianeggiante possono risalire alcune specie ittiche lacustri. Queste acque vantano generalmente buona qualità; ambienti torrentizi della bassa provincia, con portate medie e scarsamente variabili. I torrenti scorrono lungo i pendii di rilievi d’altezza moderata e la cui pendenza decresce ulteriormente con l’ingresso in pianura dei corsi d’acqua. La velocità della corrente è contenuta, consentendo la decantazione sul fondo di materiali anche molto fini (sabbie, limi e argille); tale condizione permette l’insediamento di una flora acquatica lungo tutta la sezione dell’alveo. Solo i tratti più prossimi alle sorgenti possono presentare una certa pendenza e, quindi, i problemi di erosione del fondale prima ricordati.
La vocazionalità è ancora a Salmonidi, divenendo mista a Salmonidi e Ciprinidi reofili verso il settore pianeggiante. Questi torrenti, attraversando zone collinari e poi pianeggianti, solcano un territorio fortemente antropizzato: ricevono scarichi civili, industriali e presentano spesso fortissime alterazioni qualitative. Le operazioni di censimento hanno coperto l’intero reticolo idrografico delle acque perenni del territorio provinciale, con l’esclusione di quei corsi d’acqua che, essendo irraggiungibili, impercorribili o mostrando qualità delle acque scadenti sono stati scartati dal campo d’indagine; tra l’elenco dei bacini censiti vanno aggiunti quelli del lago di Segrino, di Montorfano, di Pusiano, di Lugano (Ceresio), di Piano e di Alserio. La cartina riportata nella pagina seguente è stata realizzata con supporto informatico (G. I.S.) e consente una visione d’insieme del reticolo idrografico della provincia di Como (Fig.1.1).
2.1 Sistematica e zoogeografia delle principali specie di gambero d’acqua dolce presenti in Italia Di seguito viene riportata la classificazione sistematica dei gamberi d’acqua dolce (secondo Bowman & Abele, 1982 e Hobbs, 1974). I numeri tra parentesi a lato dei generi indicano rispettivamente il numero di specie e di sottospecie. Sono stati evidenziati inoltre famiglie e generi che includono tra i loro rappresentanti specie e sottospecie presenti sul territorio italiano: in rosso quelli autoctoni, in giallo quelli alloctoni. PHYLUM Artropoda SUBPHYLUM Crustacea CLASSE Malacostraca SOTTOCLASSE Eumalacostraca SUPERORDINE Eucaridea ORDINE Decapoda INFRAORDINE Astacidea SUPERFAMIGLIA Astacoidea FAMIGLIA Astacidae GENERE Astacus (4:4) Austrapotamobius (3:4) Pacifastacus (5:2) FAMIGLIA Cambaridae SOTTOFAMIGLIA Cambaroidinae GENERE Cambaroides (4:3) SOTTOFAMIGLIA Cambarellinae GENERE Cambarellus (17:0) SOTTOFAMIGLIA Cambarinae GENERE Barbicambarus (1:0) Bouchardina (1:0) Cambarus (78:2) Distocambarus (2:0) Fallicambarus (13:2)
Faxonella (4:0) Hobbseus (6:0) Orconectes (67:10) Procambarus (143 :10) Troglocambarus (1 :0) SUPERFAMIGLIA Parastacoidea FAMIGLIA Parastacidea GENERE Astacoides (6:0) Astacopsis (2:0) Cherax (38:3) Engaeus (24:0) Engaewa (3:0) Euastacoides (3:0) Euastacus (37 :11) Geocherax (2 :0) Gramastacus (2 :0) Paranephrops (2 :0) Parastacoides (1 :2) Parastacus (6 :0) Samastacus (2 :0) Tenuibranchiurus (1 :0) Le due superfamiglie Astacoidea e Parastacoidea hanno distribuzione geografica diversa: alla prima appartengono tutti i gamberi di acque dolci e salmastre dell’emisfero boreale (America Centro-Settentrionale, Europa ed Estremo Oriente), alla seconda quelli dell’emisfero australe (Sudamerica, Madagascar, Nuova Guinea, Nuova Zelanda e Australia) (Mancini, 1986). Alla fauna autoctona europea sono ascritte poche specie appartenenti ai generi Astacus e Austropotamobius, distribuite rispettivamente in tutta l’Europa centrale e orientale, isole e penisole escluse, fino alla Siberia e alla Turchia e in Europa occidentale: Francia, Gran Bretagna, Irlanda, Svizzera, Austria, Dalmazia, Penisola iberica e Italia peninsulare (Mancini, 1986).
L’azione dell’uomo, che già in epoca preistorica aveva presumibilmente contribuito all’espansione dell’area di diffusione di alcune specie, in tempi più recenti è stata causa di spettacolari casi di introduzione nelle acque interne di tutto il mondo (Mancini, 1986). In Europa, accanto alle originarie cinque specie (Astacus astacus, Astacus pachypus, Astacus leptodactylus, Austropotamobius torrentium e Austropotamobius pallipes) si trovano attualmente ben acclimatate le specie nordamericane Procambarus clarkii, Orconectes limosus e Pacifastacus leniusculus (Holdich & Lowery, 1988). A. pallipes è indubbiamente il gambero d’acqua dolce più diffuso in Italia e l’unico Astacide autoctono in Lombardia (Nardi & Razzetti, 1998). Delle due sottospecie riconosciute (A. pallipes pallipes e A. pallipes italicus), la prima è presente in Spagna, Francia e Svizzera e, secondo recenti segnalazioni (Salvidio et al., 1993), anche in Liguria; la seconda si estende in gran parte dell’Europa meridionale e in tutta la Penisola italiana, spingendosi ad est fino alla Dalmazia. La terza delle specie native italiane è A. astacus: è diffuso in tutta l’Europa centro-settentrionale ed orientale (Francia, Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Penisola Scandinava, Penisola Balcanica, Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Russia europea) e annovera popolazioni nella porzione orientale della Venezia-Giulia (Mancini, 1986). Le specie esotiche segnalate negli ultimi decenni in diffusione nelle acque italiane sono: A. leptodactylus, P. clarkii e O. limosus. La prima proviene dall’Europa orientale (soprattutto fiumi sfocianti nel Mar Nero e Mar Baltico), Turchia, Grecia e Siberia ed è in fase di acclimatazione in diverse località europee della Francia, Spagna, Gran Bretagna e Italia (presente in alcuni allevamenti rappresentando un potenziale rischio di diffusione) (Nardi & Razzetti, 1998); le altre sono state importate dal Nord-America. P. clarkii è originario del Messico del Nord e degli Stati Uniti centro-meridionali (bassa vallata del Mississipi), ma la sua introduzione in numerosissimi paesi americani, europei, asiatici e addirittura africani (si ricorda che l’Africa non presenta nessuna specie autoctona) lo ha reso certamente il gambero d’acqua dolce più diffuso al mondo. In Italia è stato segnalato per la prima volta nel torrente Bana, affluente di sinistra del Po, nel 1992 da Delmastro (1992); più recentemente la sua presenza è stata rilevata in Toscana (lago di Massaciuccoli), Emilia Romagna e Lombardia (Nardi & Razzetti, 1998). O. limosus è specie nativa degli USA nord-orientali e ivi diffusa dal Maine alla Virginia; in Europa è stato importato all’inizio del XX secolo e, grazie a rapida espansione, è oggi perfettamente acclimatato in Austria, Francia, Germania, Polonia, Svizzera, Russia, Inghilterra meridionale. In Italia è stato rinvenuto per la prima volta nel lago di Iseo da Delmastro (1992) e negli ultimi anni la sua presenza è stata segnalata in molti corpi idrici lombardi e veneti (Nardi & Razzetti, 1998).
2.2 Schede di ecologia comparata Gambero dalle zampe bianche Austropotamobius pallipes italicus (Faxon, 1914) Famiglia Astacidae Origine Autoctona Areale di distribuzione Europa occidentale. Tutta la penisola italiana, dalla Calabria al Piemonte e alla Venezia-Giulia, fino alla Dalmazia. Rarità generale Sottospecie di A. pallipes inserita nella Lista Rossa dell’IUCN come specie “rara”. Preferenze ambientali Colonizza torrenti e piccoli corsi d’acqua collinari, nonché piccoli laghi e fossi, caratterizzati da acque fresche e ben ossigenate. Regime alimentare Specie onnivora con netta tendenza alla zoofagia. Parametri fisici e chimici dell’acqua in T: 15-18°C condizioni ottimali pH: 6,8-9 Conc. ione Ca: 50-100 ppm Conc. O2: 60-130% saturazione Età di prima maturazione sessuale 3°-4° anno d’età Prolificità 50-100 uova per femmina ovigera Taglia massima raggiungibile 12 cm di lunghezza e 90 g di peso Caratteristiche morfologiche distintive Corpo di color marrone con un solo paio di denti postorbitali; primi pereiopodi modificati in una robusta chela con superficie granulosa priva di sperone sul carpopodite, ed il cui dito fisso presenta un evidente scalino sul margine interno; pleure dei segmenti addominali arrotondate sul margine ventrale; terzo massillipede con meropodite provvisto di dentelli su tutto il margine interno; rostro triangolare con due denti laterali nel terzo distale; primo gonopodio con margini distali asimmetrici.
F a mig lia As tac id a e O rig i ne Au to c to no Area le di d is t ri b uz io n e Sp a g na , Fr a nc ia e S v izz er a. L i g ur i a. Ra rit à g e nera le So t to sp ec ie di A. p a ll ip e s i n se r i ta ne ll ’I n ve rt eb ra te R ed Da ta B o o k d el la I U CN co me sp e ci e “r a r a”. P ref e re nze a mb i ent a li Co lo n iz za a mb i e nt i lo t ici q ua li to r r e nt i e p icco li co r si d ’acq u a c o lli n ar i , co n acq u e Figura 2.1 li mp id e, fr e sc he, b e n o s si g e nat e. Esemplari Reg i me a l i me nt a re Sp ec ie o n n i vo r a co n ne tt a t e nd e nz a al la di zo o f a gi a. Austropota P a ra me t r i f i s ici e c h i mici de ll ’ a c qua T : 1 5 -1 8 ° C mobius in co n d izio n i o t t i ma li pH: 6,8-9 pallipes Conc. ione Ca: 50-100 ppm italicus (da Conc. O2: 60-130% saturazione Mancini, Et à di p ri ma ma t u ra z i o ne se s sua le 3 ° -4 ° a n no d ’ età 1986) P ro l if ic it à 5 0 -1 0 0 uo v a p er f e m mi n a o vi ger a Ta g l ia ma ss i ma ra g g iu ng i bi le 1 2 c m d i l u n g he zza e 9 0 g d i p e so Ca ra t t e ri st ic he mo rf o l o g ic he U g ual e a A . p a llip es ita li cu s d a cu i si di st int iv e d i f fer e n zi a p er l ’ a ver e il p r i mo go no p o d io co n mar gi n i d e ll a p o r zio ne d i sta le s vi l up p a ti i n ma ni er a s i m me tr i ca e le d ue sp i n e la ter a li d e l r o s tr o si t ua te ne l 5 ° d is ta le e no n ne l 3 ° co m e n el l ’i ta l icu s. Gambero dalle zampe bianche Austropotamobius pallipes pallipes (Lereboullet, 1858)
Figura 2.2 Esemplare di Austropotamobius pallipes pallipes Gambero nobile o dalle zampe rosse Astacus astacus (Linneo, 1758) Famiglia Astacidae O rig i ne Autoctono Areale di distribuzione Europa centro-settentrionale ed orientale. In Italia nella zona orientale della Venezia-Giulia. Ra rit à g e nera le La specie è inserita nella Lista Rossa dell’IUCN come specie “vulnerabile”. P ref e re nze a mb i ent a li Acque lacustri, stagnanti e debolmente correnti, soprattutto di pianura. Reg i me a l i me nt a re Prevalentemente fitofago. Parametri fisici e chimici dell’acqua in T: 17-21°C condizioni ottimali pH: 7-8 Conc. ione Ca: 50-100 ppm Conc. O2: da 5 ppm a saturazione Et à di p ri ma ma t u ra z i o ne se s sua le Maschio: 3 anni; femmina: 4 anni P ro l if ic it à 80-200 uova per femmina ovigera Ta g l ia ma ss i ma ra g g iu ng i bi le 20 cm di lunghezza e 200 g di peso Ca ra t t e ri st ic he mo rf o l o g ic he Specie assai simile ad A. pallipes, se ne differenzia per di st int iv e la presenza di due paia di spine postorbitali sulla porzione cefalica del carapace, anziché una singola come in A. pallipes. Figura 2.3 Esemplare di Astacus astacus (da Mancini, 1986) Gambero turco o dalle zampe fragili Astacus leptodactylus (Eschscholtz, 1823)
F a mig lia Astacidae O rig i ne Alloctono Area le di d is t ri b uz io n e Europa orientale, Turchia, Siberia. In Italia in numerosi allevamenti. Ra rit à g e nera le Specie in progressiva espansione sia naturalmente che per introduzione dell’uomo. P ref e re nze a mb i ent a li Acque stagnanti a lento decorso, caratterizzate da forti escursioni termiche stagionali. Reg i me a l i me nt a re Tipicamente onnivoro Parametri fisico-chimici dell’acqua in condizioni T: 19-23°C ottimali pH: 6-9 Conc. ione Ca: 50-100 ppm Conc. O2: da 3 ppm a saturazione Et à di p ri ma ma t u ra z i o ne se s sua le Maschio: 2 anni; femmina: 3 anni P ro l if ic it à 200-800 uova per femmina ovigera Ta g l ia ma ss i ma ra g g iu ng i bi le 25 cm di lunghezza e 200-300 g di peso Ca ra t t e ri st ic he mo rf o l o g ic he di st int iv e Nessuno sperone sul carpopodite; una sola spina post-oculare. Figura 2.4 Esemplare di Astacus leptodactylus (da Mancini, 1986) Gambero americano Orconectes limosus (Rafinesque, 1817) F a mig lia Cambaridae O rig i ne Alloctono Area le di d is t ri b uz io n e Specie nativa degli Stati Uniti nord-orientali; introdotta oggi in numerosi paesi dell’Europa centrale. In Italia segnalata in Lombardia e Veneto. Ra rit à g e nera le Specie in rapida espansione su larga parte del continente europeo. P ref e re nze a mb i ent a li Acque ferme o a lento decorso; si adatta a un moderato inquinamento organico. Reg i me a l i me nt a re Onnivoro con preferenza per macrofite e molluschi. Parametri fisico-chimici dell’acqua in T: 18-22°C condizioni ottimali pH: 6,5-8 Conc. ione Ca: 50-100 ppm Conc. O2: da 1 ppm a saturazione
Et à di p ri ma ma t u ra z i o ne se s sua le 2° anno di vita P ro l if ic it à 300-450 uova per femmina ovigera Ta g l ia ma ss i ma ra g g iu ng i bi le 11 cm di lunghezza e 40 g di peso Ca ra t t e ri st ic he mo rf o l o g ic he Caratteristica distintiva più immediata della specie è la di st int iv e presenza di due file di macchie rosse di forma triangolare sui tergiti addominali. Le chele sono lisce e prive di sinuosità sul margine interno; sul carpopodite è presente uno sperone, meno pronunciato di quello di P. clarkii. Figura 2.5 Esemplare di Orconectes limosus Gambero rosso delle paludi della Louisiana Procambarus clarkii (Girard, 1852) F a mig lia Cambaridae O rig i ne Alloctono Area le di d is t ri b uz io n e Originario della bassa valle del Mississipi ha raggiunto attualmente una diffusione mondiale; in Italia segnalato in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Ra rit à g e nera le Decapode d’acqua dolce più diffuso al mondo P ref e re nze a mb i ent a li Specie ad amplissima valenza ecologica che le consente di adattarsi a climi temperati e tropicali. Preferisce le acque tranquille e stagnanti: acquitrini, stagni, bracci morti di sistemi fluviali. Reg i me a l i me nt a re Onnivoro, prevalentemente fitofago. Parametri fisico-chimici dell’acqua in condizioni T: 20-25°C ottimali pH: 6.5-8.5 Conc. ioni Ca: 50-100 ppm Conc. O2: da 1 ppm a saturazione Et à di p ri ma ma t u ra z i o ne se s sua le PRECOCISSIMA: 3-5 MESI DI VITA IN NATURA, 2 IN ALLEVAMENTO P ro l if ic it à Massimo di 700 uova per femmina ovigera Ta g l ia ma ss i ma ra g g iu ng i bi le 15 cm di lunghezza e 100 g di peso Ca ra t t e ri st ic he mo rf o l o g ic he di st int iv e Il corpo presenta un’accesa colorazione rossa; uno sperone molto evidente sul carpopodite della chela.
Figura 2.6 Esemplare di Proclambarus clarkii (da Mancini, 1986) 2.3 Il Gambero di fiume Austropotamobius pallipes italicus 2.3.1 Distribuzione A. pallipes italicus rappresenta una delle tante varietà di A. pallipes erette al rango di sottospecie e propriamente un endemismo della fauna acquatica italiana. Essa popola i corsi d’acqua di tutta la penisola, tranne le isole, dalla Calabria al Piemonte e alla Venezia-Giulia, con poche eccezioni accertate che includono alcune province pugliesi (Bari, Brindisi, Taranto e Lecce), alcune calabresi (Catanzaro e Reggio Calabria) e altre dell’Italia centrale (Livorno, Latina, Napoli) (Mancini, 1986). In realtà non esistono dati aggiornati e completi sulla distribuzione nel nostro Paese delle popolazioni di tale gambero: in Lombardia le uniche informazioni risalgono a questionari distribuiti dalla Regione (1987), ai lavori di Mancini (1986) e Salvidio et al. (1993); in Pianura Padana non sono mai stati svolti censimenti generalizzati anche se la presenza della specie è stata accertata in varie località da alcune ricerche (Arcadipane et al., 2000). 2.3.2 Morfologia Crostacei d’acqua dolce, questi Decapodi Malacostraci presentano morfologia e strutture anatomiche tipiche dell’ordine di appartenenza (Fig.2.7): corpo totalmente protetto da un esoscheletro chitinoso-proteico prodotto dal tegumento e irrobustito dall’infiltrazione di sali di calcio (Mancini, 1986); corpo segmentato suddiviso in una parte anteriore (cefalotorace o pereion) comprendente capo e torace, composta da 14 segmenti e protetta da un carapace dorsale-laterale e una
porzione posteriore (addome o pleon) composta da 6 metameri e terminante con un telson o coda; singoli somiti forniti di una coppia di appendici di struttura generale riconducibile allo schema illustrato nella figura 2.8: arto bifido con porzione prossimale collegata al metamero (protopodite, composto da due articoli, coxa e base) e dalla quale si dipartono due rami, uno interno (endopodite) e uno esterno (esopodite); spesso dalla coxa si diparte un’altra espansione detta epipodite. Figura 2.7 Morfologia esterna di un Decapode (da Froglia, 1978)
Fugura 2.8 Schema di un’appendice toracica (da Froglia, 1978) Nella tabella 2.1 sono schematizzati i vari segmenti del corpo con relative appendici e loro funzioni (modificato da Mancini, 1986 e Arrignon, 1996). T ab ella 2 .1 Me ta me r i d e l co r p o d ei Dec ap o d i d i acq ua d o lce co n r e la ti ve ap p e nd i ci e f u nz io ni SOM. REGIONE APPENDICE FUNZIONE T E ST A I o cc hio p ed u nco l ato Vi st a II an te n n u la E q u il ib r io , ta tto , o d o r a t o e g us to III an te n na T atto , o d o r a to e g u s to IV ma nd ib o l a Ma st icaz io ne V 1 ° ma sc el la Au s il iar e d el la b o cca VI 2 ° ma sc el la Au s il iar e d el la b o cca T OR ACE
VI I 1 ° ma s si ll ip ed e T atto , o d o r a to e g u s to , a u si li ar e VI I I 2 ° ma s si ll ip ed e T atto e r esp ir a zio ne IX 3 ° ma s si ll ip ed e T atto e r esp ir a zio ne X 1 °p er e io p o d e ( c he le) Di fe s a e a tt acco XI 2 °p er e io p o d e ( c he lip ) Lo co mo z io ne e p r e n sio n e XI I 3 °p er e io p o d e ( c he lip ) Lo co mo z io ne e p r e n sio n e XI I I 4 °p er e io p o d e Lo co mo z io ne e p r e n sio n e XI V 5 °p er e io p o d e Lo co mo z io ne AD DO ME XV 1 °p leo p o d e Cir co l azio n e d e ll ’ acq ua XVI 2 °p leo p o d e Co p ul az io ne, cir c . acq u a e o vi f er o XVI I 3 °p leo p o d e Co p ul az io ne XVI I I 4 °p leo p o d e Cir co l azio n e d e ll ’ acq ua XI X 5 °p leo p o d e O vi fe r o nel la f e m mi n a XX tel so n Nel la fe m mi n a o vi fe r o e p r o tez io ne d ell e uo va ; n uo to A. pallipes italicus ha un aspetto robusto; può raggiungere i 12 cm di lunghezza e i 90 g di peso; ha colorazione del corpo piuttosto variabile, restando comunque sui colori bruno-marroni o bruno-verdastri su dorso e fianchi e biancastra su ventre e arti. La specie presenta piccole differenze tra i due sessi, riconducibili alla presenza, nel maschio, delle prime due paia di pleopodi modificati in organo copulatore (nella femmina tutti i pleopodi sono uguali); altri elementi di dimorfismo riguardano le maggiori dimensioni corporee, il maggiore sviluppo delle chele e l’addome più stretto dei maschi (caratteristiche, quest’ultime, non sempre riscontrabili in maniera evidente). 2.3.3 Anatomia funzionale 2.3.3.1 Apparato respiratorio Gli scambi gassosi con l’ambiente acquoso avvengono a livello delle camere branchiali, delimitate dal cefalotorace. Il flusso d’acqua nella camera branchiale ha una direzione postero-anteriore: l’acqua entra attraverso i margini liberi del carapace per poi uscirne da due fori situati ai lati della bocca. Per evitare che le camere stesse vengano sporcate o intasate da detrito, i gamberi sono dotati di particolari strutture filamentose e filtranti che si trovano alla base dei pereiopodi; per lo stesso motivo essi adottano spesso l’efficace accorgimento dell’inversione temporanea della direzione del flusso dell’acqua.
Il flusso dell’acqua attraverso le camere branchiali è dovuto principalmente al movimento dell’esopodite della seconda mascella, lo scafognatite, e l’assunzione dell’ossigeno avviene tramite le branchie: esse, filamentose o lamellari, sono in numero di 18 per singola camera e sono inserite sulla coxa delle appendici toraciche (podobranchie, un paio), sulla membrana che fissa la coxa ai fianchi del segmento toracico (artrobranchie, due paia) e sui fianchi del segmento stesso (pleurobranchie, un paio); non tutti i somiti ne sono provvisti e non sempre sono presenti tutte le serie di branchie. La collocazione protetta degli organi deputati alla respirazione ne rallenta di molto il prosciugamento e la conseguente perdita di funzionalità; ne deriva la capacità dei gamberi di sopportare periodi di emersione piuttosto lunghi (ore e persino giorni) purchè le branchie siano inumidite (Nardi & Razzetti, 1998). 2.3.3.2 Apparato circolatorio La circolazione sanguigna è di tipo aperto-lacunare (Mancini, 1986), mancando di un circuito venoso che consenta il ritorno del sangue al cuore e agli organi respiratori attraverso un sistema di vasi chiusi; l’emolinfa rifluisce alle branchie attraverso membrane e fasci muscolari e da lì procede verso il seno pericardico. Il liquido circolatorio è provvisto di un pigmento respiratorio, l’emocianina, associato alla frazione liquida (plasma). Il cuore, posto nel seno pericardico, è provvisto di tre aperture riceventi munite di valvole che impediscono il riflusso dell’emolinfa; da esso si dipartono anteriormente un’arteria oftalmica (al cervello), un paio di arterie antennali (organi genitali, occhi, antenne, mandibole) e un paio di arterie epatiche, posteriormente un’arteria addominale posteriore (muscoli addominali e intestino) e una arteria sternale (appendici toraciche e addominali) (Mancini, 1986). 2.3.3.3 Apparato digerente Al complesso apparato boccale, composto dalla bocca e dalle appendici boccali, seguono un corto esofago e uno stomaco molto ampio. Esso è suddiviso da una
costrizione in uno stomaco cardiaco e in uno pilorico. Il primo, più grande, è rivestito sulla mucosa interna da numerose piastre cuticolari calcificate (il cosiddetto “mulino gastrico”); queste, con l’aiuto degli enzimi digestivi secreti nella cavità cardiaca dall’epatopancreas, completano la triturazione del cibo già sminuzzato a livello boccale. Il cibo, già abbondantemente triturato, passa quindi allo stomaco pilorico che ne prosegue lo sminuzzamento e inizia il processo assimilativo; le particelle più grosse passano nell’intestino e quindi fuoriescono dall’ano, posto alla base del telson. 2.3.3.4 Sistema neuromuscolare Il sistema nervoso è di tipo gangliare, formato da una coppia di gangli per ogni segmento, uniti trasversalmente da una commissura e longitudinalmente collegati alle coppie adiacenti da un connessura. I gangli sono disposti sulla linea mediana della faccia ventrale del corpo, addossati al tegumento e sono collegati ai muscoli e alle appendici da fasci di fibre nervose. Nell’addome si hanno sei gruppi di gangli che innervano i muscoli motori della coda; si tratta di muscoli estensori e flessori che anteriormente si inseriscono nel cefalotorace e posteriormente sui tegumenti solidi dei somiti addominali. Anche nel torace ci sono sei gruppi di gangli pari, collegati da doppi e commessure; quelle che si staccano dalla parte più anteriore si dirigono in avanti raggiungendo il ganglio cerebrale o cervello subesofageo (formato da tre masse gangliari). A questo livello i gangli innervano le appendici anteriori (occhi, antenne e antennule). La massa viscerale dipende da un sistema simpatico (Arrignon, 1996). 2.3.3.5 Apparato escretore L’escrezione e l’osmoregolazione sono controllate principalmente dalle ghiandoli verdi, localizzate all’altezza dell’articolo basale delle antenne. Esse sono formate da un sacculo terminale e da un complesso labirinto differenziato in due zone, l’una reticolata, l’altra tubuliforme, spugnosa e in comunicazione con un canale efferente dilatato in vescica, a sua volta comunicante con l’esterno attraverso un poro escretore. L’urina secreta è ipotonica rispetto all’emolinfa, ma l’animale ha
una certa capacità di controllarne la concentrazione: secondo Chaisemartin (1977) A. pallipes, nei suoi spostamenti da un luogo all’altro, sembra possa elevarne la concentrazione portandola all’isotonicità con l’ambiente acquatico (sempre che quest’ultimo abbia salinità compatibile con le esigenze dell’animale). Anche le branchie hanno un ruolo importante nell’escrezione e nell’eliminazione delle sostanze di rifiuto (Arrignon, 1996 e Mancini, 1986). 2.3.3.6 Apparato riproduttore L’apparato genitale maschile comprende due testicoli, due canali deferenti e relative ghiandole androgene. I testicoli si estendono dorsalmente nella regione toracica, fondendosi posteriormente in una struttura impari (configurazione ad Y). Da ciascuno di essi partono spermidutti lunghi e convoluti, che sboccano in prossimità di una papilla genitale a livello del quinto paio di pereiopodi. Le ghiandole androgene sono accollate alla regione immediatamente anteriore alla parte muscolare eiaculatrice dei dotti deferenti. Nella femmina si hanno due ovari e due ovidutti; i primi hanno medesima collocazione dorsale dei testicoli, estendendosi fino al secondo segmento addominale con l’analoga struttura allungata determinata dalla fusione posteriore (forma a Y). Gli ovidutti iniziano a livello dell’unione delle metà anteriori, sono brevi, irrobustiti da una guaina muscolare e sboccano a livello del terzo paio di pereiopodi. La fecondazione esterna avviene tramite il trasferimento da parte del maschio di spermatofore tubuliformi alla femmina, la quale provvederà alla loro conservazione in appositi ricettacoli sino all’ovodeposizione. 2.3.3.7 Organi di senso Gli occhi sono peduncolati e di tipo composto, localizzati ai lati del rostro. Il globo oculare è costituito da un insieme di ommatidi (centinaia) collegati all’estremità del nervo ottico; tale struttura permette al gambero una visione a
mosaico risolventesi, però, in una visione continua in condizioni di scarsa luminosità (Mancini, 1986). Complessivamente l’organizzazione strutturale dell’occhio consente una visione a 180°, permettendo all’animale di distinguere forma, dimensione e probabilmente anche colore degli oggetti. Il senso olfattivo e quello tattile sono ben sviluppati grazie alla presenza di un esteso sistema di setole sensitive distribuite su tutto il corpo e in particolare in corrispondenza degli arti, del telson, della bocca, delle antenne e delle antennule (Mancini, 1986). Non si hanno invece prove certe delle facoltà uditive di tali animali, anche se il fatto che essi producano con lo sfregamento delle chele suoni a scopo intimidatorio o riproduttivo costituisce una prova a favore della loro capacità di percepire tali vibrazioni. 2.3.4 Ecologia e alimentazione Il gambero d’acqua dolce è considerato un animale relativamente solitario e territoriale. Seppure sia comune trovare popolazioni concentrate in poche decine di metri lungo i corsi d’acqua, in realtà sembra che i singoli individui si ignorino vicendevolmente per la maggior parte dell’anno, arrivando, a volte, addirittura al cannibalismo; tali densità rilevabili in natura sono imputabili alle condizioni ambientali particolarmente propizie (clima, disponibilità di rifugi, cibo, ecc.) (Mancini, 1986). Il gambero autoctono ama le acque correnti limpide e moderatamente fredde tipiche dei piccoli corsi d’acqua montani-collinari, nonché quelle dei tratti alti dei grandi fiumi o addirittura dei laghi, purchè ricevano un apporto costante di acque fresche. La specie è particolarmente esigente riguardo al tenore di ossigeno che deve mantenersi tra il 60 ed il 130% della concentrazione di saturazione, ma altresì è considerata specie stenoterma (15-18°C) e stenoionica (pH 6-9) (Mancini, 1986). Essa colonizza fondali ciottolosi, ghiaiosi, sabbiosi trovando ottimi rifugi tra tronchi e ceppi sommersi, banchi di macrofite, lettiere di foglie e rami, anfratti rocciosi, o tane scavate dagli individui stessi lungo le rive (Arrignon, 1996). La sua dieta è onnivora con una netta tendenza alla zoofagia: gli individui si nutrono di prede animali di ogni genere (larve acquatiche di insetti, piccoli
crostacei bentonici, molluschi, anellidi, anfibi e loro larve, piccoli pesci) non disdegnando detriti vegetali, foglie di piante acquatiche, perfino frutti caduti in acqua (Mancini, 1986). La caccia occupa gran parte dell’attività notturna dei gamberi (sono animali lucifugi): è attuata strisciando sul fondo dei letti dei torrenti mantenendo le chele protese in avanti, pronte all’attacco. Da adulti, al di fuori dei periodi della muta, non conoscono molti predatori naturali: solo ratti e arvicole acquatiche sono in grado di rompere il loro carapace. I gamberi in sviluppo larvale e nei primi mesi di vita, oltre agli adulti in muta, vengono invece attaccati da Salmonidi e anguille. 2.3.5 Riproduzione e ciclo vitale La maturità sessuale viene raggiunta al terzo-quarto anno di vita, quando le femmine hanno raggiunto una lunghezza media di 50 mm. Il periodo dell’accoppiamento coincide con i mesi autunnali, probabilmente stimolato da un abbassamento della temperatura. I maschi “corteggiano” le femmine in modo piuttosto violento arrivando alla loro mutilazione o addirittura alla loro uccisione in caso di reticenza al rovesciamento sul dorso per l’accoppiamento frontale (Mancini, 1986). Durante la copula (fecondazione esterna), il maschio depone delle spermatofore sull’addome della femmina che provvederà dopo 2-3 giorni all’ovodeposizione; lo stesso maschio si allontana immediatamente dopo l’accoppiamento andando all a ricerca di un’altra femmina. Le uova fecondate vengono trasportate dalle madri attaccate ai pleopodi per alcuni mesi (le femmine ovigere sono osservabili in natura da dicembre a giugno): esse sono in media 200 per femmina, del diametro di circa 2 mm e di colore bruno cupo (Fig.2.9). Durante questi mesi la femmina rimane rintanata il più possibile, proteggendo le uova da eventuali predatori e provvedendo a ventilarle e pulirle continuamente. Dopo 5 o 6 mesi nascono delle
larve in avanzato stato di sviluppo (zoea, terzo stadio di sviluppo larvale dei Crostacei che ne prevedono sei: nauplius, metanauplius, zoea, mysis, megalopa e cypris), che rimangono attaccate con i propri pleopodi ai pleopodi della madre fino al completamento del loro sviluppo; poi si affrancano da questa cominciando la loro vita bentonica (Mancini, 1986). Nei primi mesi di vita arrivano a compiere dalle 5 alle 6 mute, divenendo facili prede (in questo periodo sono registrati i tassi di mortalità più alti); negli anni successivi l’ecdisi diventerà un evento molto più raro (massimo di una all’anno). A. pallipes italicus può arrivare a vivere fino a tredici anni (Mancini, 1986). Fi g ur a 2 .9 Fe m mi n a o v i ger a d i A u st ro p o ta mo b iu s p a l lip e s ( d a Ma nc i ni, 1 9 8 6 ) 2.3.6 Principali fattori di minaccia per la specie Le popolazioni del gambero di fiume nativo sono minacciate nella loro sopravvivenza da vari fattori: La presenza di specie esotiche introdotte dall’uomo. La competizione con Crostacei decapodi alloctoni, spesso più robusti e meno esigenti da un punto di vista ambientale, costituisce attualmente uno dei più gravi pericoli per A. pallipes, escluso dal proprio habitat (Holdich, 1988). I gamberi d’importazione sono spesso veicolo di trasmissione per agenti eziologici devastanti, per i quali essi stessi hanno minor sensibilità, se non addirittura resistenza;
L’inquinamento delle acque. Richiedendo per natura acque ben ossigenate, il nostro gambero sopporta a stento l’accumulo di sostanza organica sul fondo dei corsi d’acqua: un suo sovraccarico comporta una profonda alterazione delle comunità macrobentoniche e l’instaurarsi sul substrato di condizioni di anossia e di accumulo di limo. Effetto nocivo hanno anche gli inquinanti contenuti in pesticidi e fertilizzanti chimici e i metalli pesanti, in particolare ioni di rame, zinco, cromo (Mancini, 1986); L’alterazione degli habitat. L’azione combinata di inquinamenti meccanici, dovuti al trasporto imponente di materiale sul fondo in caso di piogge abbondanti e quella di inquinamenti termici, risultato della modificazione della rete idrografica (sbarramenti artificiali, dighe), ma anche dell’immissione di acque riscaldate (lavorazioni industriali, produzione di energia elettrica) possono portare all’abbandono total e dell’ambiente interessato da tali fenomeni (Arrignon, 1996); La diffusione di patologie, spesso portate da specie alloctone. La malatti a più conosciuta per i suoi effetti decimanti sulle popolazioni colpite è la cosiddetta “peste del gambero”, una micosi introdotta in Europa nel 1860 attraverso l’accidentale importazione dall’America di gamberi infetti. Agente eziologico è un fungo (Aphanomyces astaci) appartenente alla famiglia delle Saprolegniacee. A questa, se ne aggiungono altre indotte da funghi (“ruggine del gambero”), da batteri, da protozoi (Telohania contejeani,“malattia della porcellana”) e da altri agenti parassitari (cestodi, nematodi, trematodi del genere Distomus e piccoli ectoparassiti quali sanguisughe del genere Branchiobdella) (Arrignon, 1996). 3. Materiali e metodi 3.1 Le tecniche di censimento Le metodologie di censimento utilizzabili per un’indagine conoscitiva della distribuzione delle popolazioni di gambero sono essenzialmente quattro: 1. censimento notturno tramite osservazione diretta;
2. censimento diurno tramite osservazione diretta; 3. cattura mediante nasse; 4. cattura mediante elettropesca. La prima tecnica, sfruttando il momento di maggiore attività del gambero (uscito dai rifugi per cacciare e per svolgere le sue attività), consiste nel percorrere a piedi, lentamente, il corso d’acqua da valle a monte, illuminando il fondale con una torcia elettrica e perlustrandolo per l’intera sezione bagnata dall’acqua. I vantaggi offerti da questo metodo sono i seguenti: è una tecnica di rapida e semplice attuazione; non richiede una dotazione strumentale specifica, fatta eccezione per una buona torcia elettrica (stivali alti, secchi per la raccolta del campione, schede di censimento e matita, bindella per la misurazione della lunghezza e larghezza media del tratto censito); consente di sondare l’alveo del corso in tutta la sua sezione; non è selettivo sulle classi di taglia. Gli svantaggi sono invece sintetizzati come segue: il metodo può essere applicato solo in ambienti con portate modeste e che siano percorribili a piedi; implica la necessità di operare durante le prime ore della notte e quindi può risultare relativamente “scomodo”. La seconda tecnica ha le medesime modalità di attuazione della prima, con lo sforzo aggiuntivo di dover sondare il fondale rimuovendo pietre o frugando fra la vegetazione ripariale nel tentativo di stanare gli esemplari nascosti. I vantaggi di questo metodo coincidono con quelli del censimento notturno, oltre alla ulteriore comodità dell’agire durante il giorno. Il grosso svantaggio, oltre alla selettività sui corsi d’acqua che devono essere percorribili a piedi, consiste nella scarsa probabilità di cattura dovuta al fatto che la tecnica è applicata nel momento di attività minima dei gamberi, quando essi sono nascosti nei propri rifugi; a questo si aggiunga che lo spostamento e la rimozione degli elementi costituenti il substrato potrebbe causare delle alterazioni strutturali all’ecosistema acquatico, arrecando disturbo alle stesse popolazioni astacicole. La terza tecnica si avvale dell’utilizzo di un dispositivo a trappola, studiato per attirare i gamberi mediante un’esca (carne o pesce) e per imprigionarli una volta caduti nella trappola stessa; la nassa dovrà avere un telaio e una magliatura della rete adeguata allo scopo. Essa ha una struttura allungata, è provvista di una chiusura facilmente removibile che permette l’introduzione dell’esca e,
all’estremità opposta, di un sistema di apertura ad imbuto dal quale il gambero, una volta entrato, non riuscirà più a uscire (Fig.3.1). Il vantaggio principale dell’uso delle nasse è la possibilità di cattura in ambienti troppo profondi e grandi per poter attuare un censimento a piedi. Gli svantaggi sono i seguenti: tale metodo consente di censire il corso d’acqua per punti discreti e non per un intero tratto, lungo tutta la sua sezione; è selettivo nei confronti dei soli soggetti che sono effettivamente attirati dall’esca; la messa in posa delle nasse e il loro recupero devono essere effettuati in due momenti diversi (l’ideale sarebbe durante le ultime ore pomeridiane per la posa e il mattino successivo per il recupero), significando un maggiore sforzo complessivo per il censimento di un singolo tratto; la trappola può attirare oltre ai gamberi anche i loro predatori, che potrebbero sfamarsi anche mangiando eventuali esemplari finiti con loro nella nassa: i risultati verrebbero così falsati. La quarta tecnica prevede l’impiego dell’elettrostorditore come strumento di cattura: esso basa il presupposto della sua efficacia nella generazione in acqua di un campo elettrico, in grado di provocare effetti sulla fauna acquatica in maniera proporzionale all’aumentare della differenza di potenziale prestabilito: gli animali possono rimanere “storditi” per un breve periodo dal campo elettrico generato e proprio a causa del loro stato di stordimento essere facilmente catturati. Il vantaggio del metodo, ampliamente utilizzato per catturare popolazioni ittiche, sta nella sua rapida effettuazione e nel fatto di non essere selettivo sulle classi di taglia. Gli svantaggi, nel caso venga applicato a un censimento di gamberi, sono molti: il metodo è inefficace sugli animali rintanati che vengono raramente colpiti dall’azione dello strumento e che, in tal caso, rimangono comunque intrappolati nei loro rifugi non emergendo dall’acqua; l’effetto del campo elettrico sembra essere deleterio sugli esemplari colpiti (perché sorpresi al di fuori dei loro ripari), provocando automizzazione della chela e, comunque, reazioni di fuga esasperate che renderebbero egualmente vani gli sforzi di cattura; l’attrezzatura necessaria è costosa e richiede personale esperto per essere utilizzata; il metodo è applicabile a soli ambienti piccoli e poco profondi. L’analisi comparativa dei vantaggi e degli svantaggi ha portato alla scelta di utilizzare, nelle operazioni di censimento del gambero d’acqua dolce in provincia di Como, il censimento notturno
tramite osservazione diretta nei piccoli torrenti con portate contenute e acque basse e la cattura con nasse in laghi e torrenti con portate e profondità più elevate; per alcune stazioni di campionamento si è scelto di attuare contemporaneamente le due metodologie. Figura 3.1 Nassa utilizzata per la cattura dei gamberi 3.2 Le stazioni di campionamento L’area di indagine del censimento del gambero d’acqua dolce nella provincia di Como ha compreso l’intero reticolo idrografico perenne del territorio provinciale, al di sotto degli 800 m di quota s.l.m. (altitudine massima di distribuzione della specie). Sono stati esclusi dall’indagine quei corsi d’acqua che risultavano essere irraggiungibili, impercorribili o che non presentavano un habitat naturale idoneo ad ospitare popolazioni astacicole (acque visibilmente inquinate, alvei cementificati, presenza di opere di canalizzazioni). Analogamente la scelta dei tratti campionabili ha tenuto conto delle caratteristiche morfologiche e idrologiche del corso d’acqua.
Indicativamente si è cercato di seguire, per ciò che concerne il numero di tratti da censire lungo un singolo corso, i riferimenti stabiliti sulla base della lunghezza totale del medesimo, riportati in tabella 3.1. Tabella 3.1 Numero dei tratti d’indagine in relazione alla lunghezza del corso d’acqua Lunghezza del corso d’acqua (x) Numero di tratti d’indagine x
Torrente Liro I P.te Mangiavacca Consiglio di Rumo Torrente Liro 13/08/01 Torrente Liro II Ripresa Gravedona Torrente Liro 31/07/01 Torrente Ronzone Mulini del Dosso Dosso del Liro Torrente Liro 10/07/01 Valle S. Pietro Traversa Gravedona Torrente Liro 20/06/01 Torrente Albano P.te SS Regina Dongo Torrente Albano 31/07/01 Vallone Campagnano Musso Vallone 09/07/01 Val Grande Calozzo Pianello Val Grande 10/07/01 Valle di Cat centro Pianello Pianello Valle di Cat 30/07/01 Valle Quaradella Samaino Cremia V. Quaradella 09/07/01 Valle Vezzedo Vezzedo Cremia Valle Vezzedo 04/07/01 Valle delle Vacche Prato Cremia V. delle Vacche 21/08/01 Valle Roncate Roncate S.M. Rezzonico Valle Roncate 04/07/01 Valle Roncate Roncate S.M. Rezzonico Valle Roncate 03/09/01 Torrente Serio Acquaseria S. Abbondio Torrente Serio 21/08/01 Torrente Senagra I Molino Sindro Menaggio T. Senagra 03/11/01 Torrente Senagra II Cardano Menaggio T. Senagra 18/09/01 Affl. T. Senagra Croce Menaggio T. Senagra 18/09/01 Torrente Bonallo I Rogolone Grandola e Uniti T. Bonallo 24/05/01 Torrente Bonallo II Rogolone Grandola e Uniti T. Bonallo 27/09/01 Torrente Cavettone Piano Carlazzo T. Cavettone 18/06/01 Torrente L’Embra Mulini del Piano Carlazzo T. Cavettone 11/10/01 Canale Binadone Golf Grandola e Uniti C. Binadone 15/06/01 Torrente Civagno Bene Lario Bene Lario T. Civagno 08/10/01 Canale Lagadone I Lago Piano Carlazzo C. Lagadone 02/07/01 Canale Lagadone II Lago Ceresio Porlezza C. Lagadone 10/09/01 Torrente Rezzo Begna Porlezza T. Rezzo 10/09/01 Torrente di Cima Cima Porlezza T. di Cima 11/10/01 Torrente Soldo I campo gara Valsolda T. Soldo 26/06/01 Torrente Soldo I campo gara Valsolda T. Soldo 07/09/01 Torrente Soldo II Drano Valsolda T. Soldo 26/06/01 Torrente Soldo III S. Mamete Valsolda T. Soldo 26/06/01 Torr. T. di Osteno I Laino Laino T. Telo di Ost. 13/09/01 Torr. T. di Osteno II Scaria Lanzo Intelvi T. Telo di Ost. 13/09/01 Valle di Griante Griante Griante V. di Griante 11/07/01 Torrente Pola Pola Mezzegra T. Pola 11/07/01 Torrente Perlana P.te SS Regina Lenno T. Perlana 05/09/01 Torrente Telo I Colli fioriti Castiglione Intel. T. Telo 24/07/01 Torrente Telo II Valle Mulini Dizzasco T. Telo 24/07/01 Valle di Erboggia Cappella S. Maria Cerano T. Telo 17/07/01 Valle Bisurco Mai Schignano T. Telo 28/05/01 Val Terza Valle di Mea Schignano T. Telo 28/05/01 Torrente Perlo I Bersaglio Bellagio T. Perlo 05/09/01 Torrente Perlo II foce Bellagio T. Perlo 05/09/01 Valle Spinn Cernobbio Bellagio T. Perlo 05/09/01 Valle di Villa P.te SS Regina Lezzeno Valle di Villa 05/09/01 Torrente Nosee I Nosee Nesso T. Nosee 03/09/01 Torrente Nosee II Val Piana Nesso T. Nosee 23/07/01 Valle di Gorla Gorla Veleso T. Nosee 03/09/01 Val Toff Onzanigo Nesso T. Nosee 03/09/01 Torrente Lambro I S. Alessandro Lasnigo T. Lambro 27/08/01 Torrente Lambro II laghetto Castelmarte T. Lambro 27/08/01 Torrente Lambro III ospedale Erba T. Lambro 04/07/01 Torrente Lambretto Dossello Lasnigo T. Lambro 23/08/01 Valle di Sormano Folla Sormano T. Lambro 23/08/01 Valle di Rezzago Belvedere Rezzago T. Lambro 23/08/01 Torrente Foce Cranno Asso T. Lambro 22/08/01 Valle Chiarolo Candalino Val Brona T. Lambro 26/07/01 Valle del Cavalletto Visino Val Brona T. Lambro 28/06/01 Torrente Ravella S. Miro Canzo T. Lambro 23/08/01 Valle di Caslino Caslino Caslino d’Erba T. Lambro 23/08/01 Torrente Bova Valle di Caino Erba T. Lambro 28/08/01 Emissario L. Alserio Ponte Nuovo Monguzzo T. Lambro 15/09/01 Rog. di Fabbr. Durini p.te pioppette Lurago d’Erba T. Lambro 14/06/01 Affl. R. di F. Durini lavatoio Monguzzo T. Lambro 14/06/01 Valle Caprante Caprante Val Brona Valle Caprante 22/08/01 Valle Posall C.na Oneda Val Brona Valle Caprante 25/07/01 Valle Cairo foce Faggeto Lario Valle Cairo 06/09/01 Valle Molina Molina Faggeto Lario Valle Molina 06/09/01 Valle Colore SP Lariana Faggeto Lario Valle Colore 06/09/01 Torrente Vesporina Mulino Moltrasio T. Vesporina 06/09/01 Torrente Greggio I Piazza S.Stefano Cernobbio T. Greggio 23/05/01 Torrente Greggio II caserma carabinieri Cernobbio T. Greggio 21/05/01 Torrente Colletta Casnedo Cernobbio T. Greggio 21/05/01 Torrente Breggia Val Verde Cernobbio T. Breggia 26/09/01 Roggia S. Salvatore Valfresca Como R. S. Salvatore 10/10/01 Valfresca I Valfresca Como Valfresca 23/05/01 Valfresca I Valfresca Como Valfresca 26/09/01
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