PROGETTO UNESCO A.S. 2017/2018 - A cura degli alunni di IVBS
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Il progetto “Techne ancilla aeternitatis” è nato dall’esperienza dell’alternanza scuola – lavoro, svolta da un gruppo di studenti del Liceo Scientifico Don Carlo La Mura di Angri, presso La Biblioteca S.Alfonso dei Padri Redentoristi di Pagani. Tra i numerosi ed interessanti testi hanno destato particolare attenzione i volumi Le Antichità di Ercolano Esposte edite nel XVIII sec., le cui pregevoli illustrazioni hanno permesso di conoscere le antiche tecniche calcografiche, di rivivere l’entusiasmo degli antichi per le prime scoperte archeologiche in Campania.
La Biblioteca S. Alfonso (ita/ingl) Luigi Vanvitelli (ita/ingl) Le Antichità di Ercolano esposte Testatine e finalini (ita/ingl) I fornici di Ercolano (ita/ingl) L’eruzione del 79 d.C. (ita/ingl) La barca di Ercolano (ita/ingl) Storia degli scavi (ita/ingl) Gli animali (ita/ingl) Le Pitture antiche di Ercolano Piante, frutta, natura morta Miti, Dei & Eroi (ita/ingl) Architetture fantastiche Amorini (ita/ingl) La calcografia Il Genio (ita/ingl) Disegnatori e incisori Alfabeto Vanvitelliano
La Biblioteca S. Alfonso dei Padri Redentoristi di Pagani è una biblioteca ecclesiastica, fondata nel 1748 da Alfonso Maria de Liguori, prolifico scrittore e Dottore della Chiesa. Essa si è progressivamente arricchita, grazie a donazioni, fondi di altre case religiose e acquisizioni. Oggi raccoglie ca. 50.000 volumi editi dalla fine del ‘400 ai nostri giorni. Tra i testi più preziosi si segnalano alcuni incunaboli, numerose cinquecentine e centinaia di pubblicazioni del ‘600 e ‘700. È specializzata in teologia patristica e sacre scritture ed è frequentata non solo da seminaristi e sacerdoti ma anche da universitari che ne traggono spunto per le proprie tesi. The original library dating from St. Alphonsus, has been enriched since by individual gifts and by books sent from other Redemptorist Houses. It contains about 50.000 volumes from the 15th century until nowadays, particularly of an ecclesiastical nature, including juridical, biblical, historical and literary works.
Le Antichità di Ercolano esposte La galleria di raffigurazioni proposta è tratta dal primo tomo, dedicato alle pitture. Essa si apre con la preziosa antiporta recante il titolo dell’intera opera Le antichità di Ercolano esposte, in cui sono chiaramente visibili, in alto e in basso, due vedute dell’antica città campana, subito prima e dopo la rovinosa distruzione dell’anno 79. Antiporta di Francesco e Pietro La Vega
Le Antichità di Ercolano esposte Le Antichità di Ercolano Esposte rappresenta la prima documentazione degli scavi di Ercolano iniziati nel 1738, e contribuì in maniera determinante alla formazione e diffusione del gusto neoclassico in Europa. L’opera nasce dall’attività dell’Accademia Ercolanese che, fondata il 13 dicembre 1755 per volere del re Carlo di Borbone (poi Carlo III di Spagna), vedeva i suoi 15 membri ordinari soprintendere agli scavi studiando quanto veniva alla luce e pubblicando sistematicamente i reperti. Le Antichità di Ercolano esposte sono dunque opera collettiva degli Accademici Ercolanesi. Dei 40 volumi previsti ne vedono la luce 8 in edizione limitata, editi tutti dalla Regia Stamperia di Napoli, e la loro circolazione avviene per donazione diretta da parte dei membri della corte, senza possibilità d’acquisto. In totale l’opera conta circa 619 grandi tavole in rame stampate a piena pagina, 836 vignette tra testate e finalini e 540 capilettera disegnati da Luigi Vanvitelli. Alle tavole attendono un gruppo di disegnatori e incisori specializzati, attivi a Portici, tra i quali fanno spicco Nicola Vanni, Francesco La Vega, Camillo Paderni, Giovanni Morghen, Pierre Gaultier, Filippo Morghen, Nicola Billy e Francesco Cepparoli. L’Accademia possiede l’edizione completa.
Le Antichità di Ercolano esposte Gli studenti della 4Bs del Liceo La Mura di Angri hanno potuto visionare gli esemplari conservati presso la Biblioteca S. Alfonso di Pagani, presso la quale hanno svolto l’attività di Alternanza scuola lavoro, e in particolare ne hanno esaminato il I volume intitolato Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo I, Napoli, Regia Stamperia, 1757. Il volume, come anche i successivi, fu dedicato dagli accademici a Carlo III di Borbone, loro fondatore. Tali volumi sono preziosi sia perché rari sia perché conservano la descrizione e le illustrazioni degli affreschi pompeiani, molti dei quali oggi sono andati persi. Le stesse pregevoli illustrazioni, ottenute con la tecnica dell’‘acquaforte sono confluite nel mercato antiquario. Tramite la ricerca bibliografica sugli Opac nazionali e Internazionali sono stati reperiti alcuni esemplari digitalizzati, il cui confronto ha permesso di colmare le lacune dell’esemplare di Pagani.
Alcuni studiosi ritengono probabile che gli otto volumi delle "Pitture antiche di Ercolano e dintorni incise con qualche spiegazione” siano stati una delle fonti utilizzate dal poeta e filosofo Friedrich Schiller per comporre la celebre lirica “Pompei ed Ercolano”: Venite qui, Greci, Romani, e ammirate! È sorta di nuovo Pompei.
Antiquities of Herculaneum Exposed The Le Antichità di Ercolano Esposte (Antiquities of Herculaneum Exposed) is an eight-volume book of engravings of the findings from excavating the ruins of Herculaneum in the Kingdom of Naples (now Italy). It was published between 1757 and 1792, and copies were given to selected recipients across Europe. Despite the title, the Antichità di Ercolano shows objects from all the excavations the Bourbons undertook around the Gulf of Naples. These include Pompeii, Stabiae, and two sites in Herculaneum: Resina and Portici. The engravings are high quality and the accompanying text displays great scholarship, but the book lacks the information on context that would be expected of a modern archaeological work. Le Antichità was designed more to impress readers with the quality of the objects in the King of Naples' collection than to be used in research. The book gave impetus to the neoclassical movement in Europe by giving artists and decorators access to a huge store of Hellenistic motifs.
Antiquities of Herculaneum Exposed The academy issued volumes of the work from 1757 to 1792. They were not sold, but were given to the "happy few" that were chosen as recipients. Two thousand copies were printed of the first volume. The first four volumes depicted paintings. These were painted wall fragments, including fragments removed from the portico. The fifth volume, published in 1767, was devoted to bronze busts. Another volume on bronze statues was issued in 1771. Plates from the Antichita were copied in London in 1773. Another volume on paintings came out in 1779. An abridged version of the book was published in 1789. The last volume, in 1792, depicted lamps and candelabra. There are about 619 copperplate engravings, some double, 836 vignettes and 540 illuminated letters designed by Luigi Vanvitelli. The images in the Antichità di Ercolano, with their Hellenistic origins, had huge appeal to Europeans of the time, and the book provided a great stock of classical motifs that could be used by designers and scholars. The publication was more an advertisement for the collection of remains held in the Palace of Portici than an archaeological record. It was said that due to the book students of antiquity would have felt bound to go to Naples.
’ERUZIONE DEL 79 d.C Il Vesuvio disegnato da Incisione di F. Morghen L. Vanvitelli
’ERUZIONE DEL 79 d.C Nel 79 d.C. un boato improvviso interruppe lo scorrere quotidiano della vita alle falde del Vesuvio. Una colonna di materiale vulcanico si elevò, formato da lapilli, fango, ceneri e pomici, che iniziò a depositarsi su Pompei, Stabiae ed Oplonti. Era l’inizio della catastrofe. Ercolano fu investita da colate di fango che seppellirono la città. Mount Vesuvius erupted in 79 AD in one of the most catastrophic volcanic eruptions in European history. Several Roman settlements were obliterated and buried underneath massive pyroclastic surges and ashfall deposits, the best known being Pompeii and Herculaneum.
TORIA DEGLI SCAVI Nel Settecento i continui rinvenimenti di pezzi di intonaci decorati, di vasellame, di “oscura provenienza”, incuriosivano gli studiosi mentre gli antiquari smerciavano a buon prezzo quanto capitava nelle loro mani. Così il re Carlo III decise di promuovere una vasta campagna di scavi. Il 26 maggio del 1738, il colonnello Rocco Gioacchino de Alcubierre, comandante del Genio del Regno di Napoli, iniziò uno scavo ad Ercolano a seguito di molte segnalazioni di rinvenimenti di reperti antichi, e, dopo i primi colpi di piccone, tra pozzi e gallerie, vennero fuori straordinarie scoperte. Il 23 marzo del 1748 l’Alcubierrre iniziò anche lo scavo di Pompei . When Mount Vesuvius erupted in 79 A.D., the Roman seaside town of Herculaneum was engulfed by volcanic material along with Pompeii and the surrounding area. Until the 18th century, it was buried under a layer of volcanic material more than 50 feet thick. In 1738 by order of King Charles of Bourbon began excavations in a more systematic manner. The director of these excavations was Rocco Gioacchino de Alcubierre. On March 23d 1748, excavation started at Pompeii.
LE ITTURE ANTICHE DI ERCOLANO Le illustrazioni di quest’opera, contrariamente al titolo, riproducono le decorazioni parietali rinvenute non solo a Ercolano, ma anche a Pompei durante gli scavi condotti in età borbonica. Queste calcografie, sebbene spesso decontestualizzate in quanto non danno notizie precise sulla loro esatta collocazione, ci hanno lasciato a volte vere e proprie opere d’arte, eseguite dai più famosi artisti dell’epoca. I soggetti sono vari: allegorici, mitologici, religiosi, scene teatrali o di vita quotidiana, paesaggi, animali e nature morte. La maggior parte dei dipinti originali, staccati dalle pareti degli edifici, furono portati nella Reggia di Portici e oggi sono esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Attraverso queste immagini è possibile ricostruire usi, costumi, abitudini alimentari, gusti, giochi, mode, religiosità del mondo greco-romano. Frontespizio con ritratto di Carlo III di Borbone disegnato da Giovanni Morghen inciso da Filippo Morghen
Giocatrici di astragali: Phoibé incoraggia Niobe a riappacificarsi con Latona Niobe con le figlie e Latona mentre Aglaia e Ileira giocano agli astragali. Il disegno del pittore romano Camillo Paderno, inciso da Nicolò Billy, è la riproduzione di una pittura su marmo di Alessandro di Atene rinvenuta ad Ercolano e oggi esposta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli .
Niobe: un esempio di ybris spietatamente punita Niobe, figlia del re della Lidia Tantalo e sposa di Anfione, re di Tebe, ebbe ben 14 figli, sette maschi e sette femmine. La regina, orgogliosa della sua numerosa prole, durante le festività in onore della dea Latona, osò proclamarsi superiore alla dea, che era madre di due soli figli, Apollo e Diana. Latona, irata, chiese a loro di vendicare l’onta subita, così Apollo ne uccise i figli e Diana le figlie. Infine, Niobe per il troppo dolore si tramutò in dura roccia e, avvolta da un turbine, venne trasportata sulla cima di un monte, il Sipilo, nella sua terra natìa, dove continua a versare lacrime. Ovidio, Metamorfosi, VI, 146-312 In Greek mythology, Niobe, who was the daughter of Tantalus, the queen of Thebes, and the wife of King Amphion, foolishly boasted that she was more fortunate than Leto (Latona, for the Romans), the mother of Artemis and Apollo because she had more children than Leto. To pay for her boast, Apollo and Artemis caused her to lose all of her 14 children. Finally seeing that she is the loser, Niobe sits motionless, hard as a rock, yet crying. She is carried by a whirlwind to a mountain top (Mt. Sipylus) where she remains a piece of marble with tears trickling.
Ercole libera Deianira e uccide il centauro Nesso Disegno del pittore romano Camillo Paderno, incisione di Nicolò Billy
Il mito di Ercole e il centauro è presente spesso negli affreschi pompeiani in molte varianti compositive, come in questo affresco conservato nel Museo Archeologico di Napoli
Ercole bambino strozza i serpenti Disegno di Nicola Vanni Variante compositiva nella Casa dei Vettii a Pompei incisione di Nicolò Billy
Ercole bambino strozza i serpenti Alcmena generò Eracle, figlio di Zeus, e Ificle, figlio di Anfitrione. Era, accecata dall’odio e dalla gelosia, mandò due serpenti a uccidere i bambini nella culla. Eracle però, benché infante, era dotato di una straordinaria forza e riuscì a strozzare i rettili con le manine. Il futuro eroe fu allevato da Anfitrione come un figlio e ricevette l’educazione accurata dei principi. Infant Hercules Strangling Serpents The infant Hercules, son of Alcmene and Zeus, became the object of the bitter jealousy of Zeus's wife Hera, who sent two huge serpents to kill him. But to the surprise of those around, hurrying to save the child, the infant himself dealt easily with the monsters.
Il satiro Marsia insegna al giovane Olimpo a suonare la tibia Pausania nel descrivere le belle pitture di Polignoto a Delfo, riferisce che in una di quelle era raffigurato il satiro Marsia, seduto sopra un sasso, e vicino a lui il giovanetto Olimpo nell’atto di apprendere a suonare la tibia. Pausania, Guida della Grecia, X, 30, 9 Tav. IX. Disegno di Nicola Vanni incisione di Pietro Campana
Oreste, Ifigenia e Pilade L’episodio si ispira alla tragedia di Euripide “Ifigenia in Tauride”: i tre si trovano all’interno del tempio di Artemide, la cui statua, che si erge al centro sullo sfondo con clamide e faretra, verrà da essi sottratta. The Greek writer Euripides described how Orestes, son of the hero Agamemnon, travelled to Tauris, together with his faithful friend Pylades, in order to steal the famous cult statue of the goddess Artemis. The priestess of the temple that housed the wooden statue was none other than Iphigenia, Orestes' sister. Tav. IX. Disegno di Nicola Vanni incisione di Pietro Campana
Fauno e Baccante La componente tematica di argomento mitologico a sfondo amoroso ed eroico si conferma tipica dell’ultima fase dell’evoluzione pittorica attestata nell’area ercolanense-pompeiana a cavallo fra la metà del I secolo a.C. e la prima metà del secolo successivo. Tav. XV. Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Scena teatrale con attori tragici
Scena di vita quotidiana: il banchetto Il giovane semidraiato su letto triclinare beve dal vaso a forma di corno; la donna seduta sulla sponda del letto ha la testa ricoperta da una rete; la terza figura con in mano una cassettina deve essere una servetta The Roman dining room was called “triclinium”. Here, rich people would lie on a special bed, the lectus triclinaris and lots of slaves had to serve them. The food was taken with fingers and hands. During the banquet they threw scraps of the food on the floor. Disegno di Nicola Vanni incisione di Nicolò Billy
Giovane donna con in mano una spada inserita nella guaina; ai lati candelabri ornamentali; in basso un ramoscello di frutta. Tav. XIII Disegno di Francesco Lavega incisioni di Nicola Vanni e Rocco Pozzi
MORINI Gli Amorini, detti anche “putti” o “puttini” sono figure alate, impegnate nella danza, nella musica, in attività ludiche, competizioni sportive o in altre occupazioni (pesca, caccia, tessitura, falegnameria). Famosissimi sono quelli rinvenuti nella Casa dei Vetti a Pompei. A putto is a figure in a work of art depicted as a chubby male child, usually naked and sometimes winged. A putto representing a cupid is also called an amorino. Amorini dalla Casa dei Vetti a Pompei
Disegno di Francesco Lavega incisione di Rocco Pozzi
Disegno di Francesco Lavega incisione di Rocco Pozzi
Disegno di Francesco Lavega incisione di Rocco Pozzi
Disegno di Francesco Lavega incisione di Rocco Pozzi
Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Disegno di Francesco Lavega incisione di Filippo Morghen
Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Disegno di Francesco Lavega incisione di Nicola Vanni
Il Genio Tav. XXXVIII Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
IL GENIO Nella religione romana, il Genio è uno spirito buono o, più correttamente, un nume tutelare. Di solito era raffigurato come un serpente (agatodemone) nell’atto di divorare del cibo posto su un altare. The Agathos Daimon, or “Good Spirit”, was depicted as a coiled snake. The Agathos Daimon was primarily a household spirit, protector of the home and individual. Serpente agatodemone Affresco dalla Casa del Centenario a Pompei, Museo Archeologico Nazionale di Napoli (particolare)
LFABETO VANVITELLIANO La prima lettera di ogni capitolo raffigura l’iniziale del soggetto rappresentato, dando origine ad un alfabeto parlante. Tutte le lettere portano la firma di Luigi Vanvitelli, come le seguenti: A di Aquila B di Bosco C di Corona D di Delfini E di Elefante I di Isola L di leone M di Mare N di Nave P di Ponte Q di Quadriga R di Rovine S di Sacrificio T di Tempio U di Uva
UIGI VANVITELLI Tra gli artisti che hanno partecipato alla realizzazione di questo volume c’è LUIGI VANVITELLI, (Napoli 1700 - Caserta 1773), uno dei più grandi architetti italiani tra il barocco e il classicismo. Suo capolavoro è la reggia di Caserta (1752-73). LUIGI VANVITELLI was the most prominent 18th-century architect of Italy, he practised a sober classicizing academic Late Baroque style that made an easy transition to Neoclassicism. Vanvitelli's technical and engineering capabilities, together with his sense of scenographic drama led Charles VII of Naples to commission the grandiose Palace of Caserta. Royal Palace at Caserta (1752–73) was one of the last triumphs of the Italian Baroque.
TESTATINE & FINALINI Sono calcografie utilizzate come fregi decorativi all’inizio o alla fine dei capitoli. La maggior parte rappresentano vedute di ville, perlopiù sulla riva del mare, spesso solcato da imbarcazioni. Abbondano vedute di città o di santuari campestri, di piccole dimensioni, porti, promontori, litorali, spiagge, boschetti sacri, fiumi, canali, monti, giardini, porticati, popolati di animali, statue e personaggi affaccendati. Si tratta, comunque, di paesaggi tipizzati e artificiosi, certo di fantasia, ma che lo spettatore poteva confrontare mentalmente con quelli reali della costa tirrenica, frequentati luoghi di villeggiatura dei romani benestanti. In alcuni casi ci sono invece chiari riferimenti ad ambienti nilotici. Altri elementi con funzione decorativa sono animali, piante o nature morte.
In basso sono ben visibili le firme del disegnatore Vanni e dell’incisore Cepparoli
Disegno di Nicola Vanni Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Aloja incisione di Francesco Cepparoli Disegni di Nicola Vanni, incisioni di Giuseppe Aloja
Disegni di Nicola Vanni, incisioni di Giuseppe Aloja
Disegni di Nicola Vanni, incisioni di Francesco Cepparoli
In alto a sinistra una statua di Priapo Disegni di Nicola Vanni, incisioni di Francesco Cepparoli
Disegni di Nicola Vanni incisioni di Francesco Cepparoli Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Aloja Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Disegno di Nicola Vanni incisione di Francesco Cepparoli
Disegno di Nicola Vanni incisione di Francesco Cepparoli
Disegno di Francesco Lavega Incisione di Nicola Vanni Molti edifici presentano porticati che richiamano da vicino i fornici della spiaggia dei fuggiaschi a Ercolano. Ercolano, l’antica spiaggia
I Fornici di Ercolano I Fornici sono ambienti a volta, comuni magazzini portuali e ricoveri per barche, ricavati nelle strutture di sostegno delle terrazze sovrastanti, che si affacciavano sulla spiaggia di Ercolano. Negli anni ’80 dello scorso secolo, sono stati rinvenuti all’interno di queste arcate, circa 300 scheletri umani, vittime dell' Eruzione del Vesuvio del 79 d.C. In questi angusti ambienti, molti Ercolanesi, uomini, donne e bambini, con quanto di più prezioso erano riusciti a recuperare (monili e monete prevalentemente), cercarono scampo dall'avanzare inesorabile delle ardenti nubi piroclastiche , che comunque, li raggiunse uccidendoli istantaneamente. Da segnalare che la costa del litorale tirrenico, nel 79 d.C., doveva essere notevolmente più vicina di quanto non lo sia oggi (circa 400 metri in meno). Nearly three hundred skeletons discovered in 1980 still lie inside the Boat House at Herculaneum, where they had fled the eruption of Mt. Vesuvius. The Boat House was located on the shore back in 79 AD. Today the water lies nearly a mile away, as the eruption added so much land to the coastline, evidence of the horrific power of the volcano.
La barca di Ercolano La scoperta più importante nell’area dell’Antica Spiaggia fu fatta il 3 agosto del 1982 quando nella zona davanti alle Terme Suburbane iniziò ad emergere dal fango vulcanico la chiglia di una barca rovesciata dalla furia dell’eruzione.L’imbarcazione, lunga oltre 9 m, somigliava ad un moderno gozzo, era equipaggiata con tre coppie di rematori e guidata da un timoniere. Secondo le più recenti interpretazioni potrebbe essere una lancia militare della flotta guidata da Plinio il Vecchio, salpata da Miseno per prestare soccorso alla città minacciata dall’eruzione. Questa suggestiva ipotesi è suggerita dal fatto che, a poca distanza dalla barca, si rinvenne lo scheletro di un ufficiale che indossava un cinturone da cui pendevano un fodero con la spada ed un pugnale. An ancient boat was found on august 3rd 1982 at the Herculaneum Archaeological Site. The boat had been buried by the pyroclastic flows remaining sealed in the volcanic material which quickly hardened, as this kept oxygen out, the wood was preserved. It was more than 9 metres long, about 2.20 metres widest point and with a maximum height of about 1 metre from keel to gunwale; the boat has a feature that would therefore have been much like a large modern gozzo boat. It had three rowlocks on each side and could therefore have been maneuvered by three pairs of oars. The rudder was a steering oar held onto the boat by a rope, which was found during the excavation, with a series of archaeological finds that testify the maritime activities of Herculaneum.
Tra gli animali si distinguono galli, uccellini, pavoni, anatre, oche e diverse varietà di pesci e molluschi. Molto raffinato è un quadretto di un pappagallo che traina un carretto guidato da un grillo. Comuni sono anche le scene di caccia tra animali. Nelle scene nilotiche si trovano coccodrilli e talvolta ippopotami. There are roosters, chickens, birds, peacocks, ducks and geese and different types of fish.
Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen Disegno di Nicola Vanni, incisione di Nicola Oratij Disegno di Nicola Vanni incisione di Carlo Nolli
Nella terza vignetta una pernice che becca un' erba ed un uccello in atto di catturare una farfalla Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Disegno di Nicola Vanni incisione di Francesco Cepparoli
Raffinata e spiritosa vignetta con un pappagallo (o piccione) che traina un carro guidato da un grillo. Nella fascia inferiore invece vari tipi di pesci tra cui due seppie Disegno di Nicola Vanni incisione di F. Morghen
Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Moja
In mezzo ai i pesci sulla tavola a sinistra si vede una murena. l'allevamento e l'addomesticamento di questi pesci era uno dei divertimenti aristocratici dell'alta oziosa società romana. Presso Bauli, nella zona di Baia, l’oratore Ortensio Ortalo ebbe una piscina, in cui curò tanto una murena, che alla morte di questa pianse amare lacrime (Plinio il Vecchio Naturalis Historia IX, 81). Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Aloja Disegno di Nicola Vanni incisione di Francesco Cepparoli
Nell’ultima vignetta a destra, si vedono due grosse triglie, pesce molto rinomato presso gli antichi Romani, come tramandano Varrone De Re Rustica III. (« aveva più a cuore che le sue triglie non avessero fame, di quello che io m’abbia per i miei asini») e Seneca Naturales Quaestiones III. 18 («Non c’è niente di meglio di una triglia di scoglio». La triglia grande (mullus” era il pesce più desiderato sulla tavola del ricco, il cui prezzo aumentava in base al peso: lo stesso Seneca riferisce di una triglia acquistata per 5.000 sesterzi (Epistulae Morales ad Lucilium 95,42); Plinio il Vecchio (Naturalis Historia 9,31) ricorda di un ex console che sfidò tutti gli amanti di tali prelibatezze sborsando 8.000 sesterzi per una triglia. Disegno di Nicola Vanni incisione di Francesco Cepparoli
Disegno di Nicola Vanni, incisione di Carlo Oratij
Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Aloja
Disegno di Francesco La Vega incisione di Pierre Gaultier
Molto presenti sono i tralci di vite. Ramoscelli di piante stilizzate compongono spesso raffinati e fantasiosi fregi. I frutti più comuni sono uva, fichi, melograni.
Disegni di Nicola Vanni incisioni di Giuseppe Aloja
Sulla sinistra, appese al muro ci sono delle salsicce, simile alle nostre. Gli antichi ne avevano di tantissimi tipi, sia di carne che di pesce, come tramandano Marco Terenzio Varrone nel De lingua latina e Apicio nel De Re Coquinaria. Nel cesto e sulla destra dei fichi e un melograno. Disegno di Nicola Vanni incisione di Giuseppe Aloja
Questi dipinti murali contrastavano la natura claustrofobica delle piccole stanze senza finestre delle case romane. These wall paintings counteracted the claustrophobic nature of the small, windowless rooms of Roman houses.
Disegno di Francesco La Vega incisione di Gaultier
Disegno di Francesco La Vega Incisione di Rocco Pozzi
Disegno di Francesco La Vega incisione di Nicola Vanni
Disegno di Francesco La Vega incisione di Nicola Vanni
Disegno incisione di di Francesco La Vega Pierre Gaultier
Disegno di Nicola Vanni Incisione di Pierre Gaultier In basso sono raffigurati due Tritoni, ai lati di una figura femminile, e due pavoni
In questa vignetta ci sono 4 navi cariche di soldati, con le prore a forma o di volto umano o di animale Disegno di Nicola Vanni incisione di Filippo Morghen
Tav. XLVIII. È divisa in due parti: in quella superiore, al centro, campeggia una quercia con la sua ninfa custode, che reca in mano una scure, pronta a Disegno di Camillo Paderno vendicare eventuali oltraggi all’albero che l’ha generata; ai lati due palme; incisione di Filippo Morghen in alto è sospeso un clipeo con testa di Medusa. Nella parte inferiore è rappresentata una scena nilotica.
Tav. XLVIII (particolare). Quadretto con scena nilotica raffigurante un tempietto tra due basi che sostengono due coccodrilli e un’alta nicchia che ospita un idolo egizio, alle cui spalle, su un altro edificio siede Anubi. Il serpente sul tempietto probabilmente rappresenta il genio del luogo. Tra le figure umane, affaccendate in varie occupazioni, merita particolare attenzione un asinaio, che con tutta la sua forza tira per la coda un asino con un carico di bottiglie sulla soma, per salvarlo dalle fauci di un coccodrillo. Disegno di Camillo Paderno incisione di Filippo Morghen
Tav. XLIX. Simile alla precedente, anch’essa è divisa in due parti: in quella superiore una quercia tra due palme; in alto è sospeso un clipeo con testa Disegno di Camillo Paderno di Medusa. Nella parte inferiore è rappresentata incisione di Filippo Morghen un paesaggio con diversi edifici. Singolare, sul lato sinistro, è una macchina per attingere acqua da una cisterna.
Tav. XLIX (particolare). Nella scena ci sono vari personaggi: in particolare si noti sulla sinistra un uomo che attinge l’acqua da una cisterna tramite un macchinario; sulla destra invece, un uomo armato di lancia e scudo dà la caccia ad un coccodrillo che è sulla riva del fiume. Disegno di Camillo Paderno incisione di Filippo Morghen
Tav. L. Edificio e animali sulla riva del Nilo: un coccodrillo, un ippopotamo, un’anatra o oca. Le due principali divinità egizie: Iside e Osiride con alcuni dei loro fimboli. Nella prima scena si vede Osiride con la testa di sparviero e, sopra quella, il fiore di loto; insieme a lui un’altra divinità barbuta che oltre ad avere il fior e di loto in testa ha in mano un serpente. In mezzo ai due un’ara con sopra un vaso. Nella seconda scena si vedono Osiride, barbuto e coronato di alloro, e Iside, entrambi reggono un’asta. In mezzo a loro una mensa sopra la quale è una colomba.
Calcografia del Vanvitelli, incisa dal Moja, con Atlante che regge il mondo tra tralci e Amorini svolazzanti
La alcografia La maggior parte delle illustrazioni selezionate spiccano senza dubbio per la finezza e la precisione del tratto grafico, garantite dall’adozione della tecnica calcografica. La calcografia è un sistema di stampa ad incisione su lastra di rame o zinco che risale al XV secolo e nasce inizialmente dall’esigenza di incidere le armature dei cavalieri per impreziosirle con fregi e disegni, e successivamente viene convertita alla creazione di matrici di stampa per riprodurre i disegni su carta.
Disegnatori e incisori Per la pubblicazione delle Antichità, Carlo III, oltre alla fondazione dell’Accademia Ercolanese, aveva creato a Portici un “atelier” di disegnatori e incisori. Di seguito l’elenco degli artisti che hanno contribuito a questa opera gigantesca: Disegnatori Incisori La Vega, Francesco, spagnolo (1737-1804) Aloja, Giuseppe Morghen, Giovanni Elia, fiorentino Billi (o Billy) Nicola (o Nocolò), romano Paderni, Camillo, romano Campana, Pietro, nato a Soriano nel 1725 o 1727 e morto a Roma nel 1765 Vanni, Nicola, romano Cepparoli (Cepparuli o Cepparulo), Francesco, napoletano Vanvitelli, Luigi Gaultier, Pierre (Jacques), francese, nato a Parigi, lavorò a Napoli e morì a Parma Pittori Giomignani, Francesco Paderni, Camillo, romano Moja, Giuseppe Morghen, Filippo, fiorentino Nolli, Carlo, nato a Como nel 1710 e morto a Napoli nel 1770 Oratij, Nicola Pozzi, Rocco, romano Vanni, Nicola, romano Gli unici ad aver collaborato contemporaneamente come disegnatori ed incisori sono Vincenzo Campana e Nicola Vanni
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