Presa diretta, Ambasciatore Brasile scrive a RaiTre: disinformazione - Agricolae
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Presa diretta, Ambasciatore Brasile scrive a RaiTre: basta disinformazione curiosamente ricorrente su Agrobusiness e zootecnia L’ambasciatore del Brasile Helio Ramos scrive a RaiTre a seguito della puntata dello scorso 8 febbraio di Presa diretta e dice: basta disinformazione e inchieste puerili “curiosamente ricorrenti” che riportano fatti non veri. Qui di seguito AGRICOLAE pubblica la lettera: Signor Direttore, tenendo presenti le lettere da me inviate a codesta emittente, per due volte nello scorso anno, per via della diffusione di notizie non vere sull’agrozootecnia brasiliana, è con preoccupazione che ho appreso della divulgazione, nel programma “Presa Diretta”, lo scorso 8 febbraio, nuovamente, di equivoci riguardo alla realtà agroambientale del Brasile, dal tono ideologico e sensazionalistico. Ricordo, tra l’altro, che tra generalizzazioni ed errori già verificati in reportage di RAI 3 sull’agrozootecnia brasiliana – curiosamente ricorrenti –, spiccava, lo scorso anno, la disinformazione trasmessa al telespettatore sulla razza bovina zebù. Il programma “Report”, del 13 aprile 2020, ha divulgato, senza alcun fondamento scientifico, informazioni false e assurde sul suddetto animale, insinuando che non si tratti di
un bovino, bensì di un equino o camelide. Si aggiunga a tale episodio, che sarebbe comico se non fosse grave, l’insistenza puerile nel riferirsi all’Amazzonia come “polmone del mondo”, a dimostrazione di una scommessa su dei “cliché” e della mancanza di conoscenza sull’argomento affrontato. È importante chiarire che il “polmone del mondo” sono gli oceani, e non le foreste tropicali. L’Amazzonia assorbe la maggior parte dell’ossigeno da essa prodotto, tramite la fotosintesi, come già ampiamente corroborato da ricercatori del “Laboratorio di scienze del clima e dell’ambiente”. Per non menzionare, altresì, il tentativo ideologico di indurre, senza prove, il telespettatore a mettere in relazione la comparsa del covid nel 2019 con l’Amazzonia e i costanti errori geografici verificati nei reportage, come nei tentativi di raffigurare i “Cerrados” della città di Vilhena-Rondônia, o nello Stato del Mato Grosso, come “bioma amazzonico”. È indispensabile, a fronte di un ulteriore caso di disinformazione sul Brasile, trasmesso da RAI 3, sottolineare che la produttività dell’agrozootecnia brasiliana negli ultimi 30 anni non si è basata sulla deforestazione per l’esportazione. Tra il 2004 e il 2018, ad esempio, il tasso di deforestazione in Amazzonia è diminuito del 72%. In tale periodo, la produttività dell’agrobusiness brasiliano ha continuato a crescere a un ritmo accelerato (circa il 4% annuo), così come le esportazioni, mentre è diminuita la deforestazione. Tale fatto dimostra, di per sé, che la produttività brasiliana non dipende dalla deforestazione. La soia occupa solo l’1% circa del bioma Amazzonico. Il Brasile è, notoriamente, l’unico paese al mondo che detiene un dominio tecnologico per raddoppiare l’attuale produzione di carne e soia con sostenibilità, in aree già utilizzate o recuperando pascoli degradati, non avendo necessità di nuove aree. Tutta la produzione nazionale di soia ha il controllo dell’origine. Puntare sulla demonizzazione delle importazioni e
sull’espansione della coltivazione della soia o di carne in Europa avrà come conseguenza l’aumento della deforestazione e del già triste inquinamento nel vecchio continente, per piantare in terre a bassa produttività e maggiore impronta ambientale, peggiorando la situazione di una regione del mondo fortemente disboscata. La soia brasiliana è, inoltre, fonte di energia rinnovabile, in un contesto in cui, secondo la “Climate Watch”, l’uso di combustibili fossili è la principale causa delle emissioni di gas a effetto serra. La soia e la carne generano, altresì, occupazione e reddito in Brasile contribuendo alla sostenibilità sociale, sistematicamente ignorata in Europa quando si parla di altre parti del mondo. È preoccupante il fatto che, ancora una volta, in un breve lasso di tempo, un reportage di RAI 3 ignori gli investimenti brasiliani nella tecnologia a favore della sostenibilità, tralasciando di fornire al telespettatore contrappunti alla disinformazione ideologica. Gli storici investimenti del Brasile nella tecnologia agrozootecnica hanno consentito al Paese di diventare una potenza agroambientale, senza avere necessità di voluminosi sussidi, come avviene in Europa, dove sovvenzioni distorsive per l’agricoltura contribuiscono all’impoverimento degli agricoltori in diverse regioni del mondo, a detrimento della sostenibilità nei suoi pilastri ambientale, sociale ed economico. Inoltre, l’insistenza nel collegare l’agrozootecnia brasiliana alla deforestazione, basandosi su dati falsi o affermazioni prive di prove, favorisce solo quelli che puntano su campagne diffamatorie, per ottenere guadagni con concorrenza sleale e diffondere il “sovranismo alimentare”, in contraddizione con la fine degli inefficienti sussidi agricoli, il rispetto per il consumatore e il libero commercio. Il Brasile riconosce che esistono delle sfide nella lotta
contro le attività illegali, come il taglio illegale di legname e l’estrazione mineraria illegale – proprio come vi sono in altri paesi del mondo – e si sta impegnando nell’affrontarle. È stato creato un Sistema per il Consolidamento di una Economia a Bassa Emissione di Carbonio in Agricoltura. È stata istituita, anche, la prima linea di carni “carbon neutral”. Il Brasile avanza, inoltre, nell’implementazione dell’integrazione coltura-pascolo- foreste, pioniere nel mondo nel conciliare produttività e conservazione. Il Brasile ha una delle legislazioni ambientali e sanitarie più rigide del pianeta e, qualora richiedesse ai suoi partner lo stesso livello di protezione, difficilmente importerebbe generi alimentari. Nonostante le sfide per promuovere la sostenibilità siano globali, la televisione pubblica brasiliana non ha mai divulgato, ad esempio, episodi di disinformazione riguardo a prodotti stranieri, mettendoli in relazione, generalizzando, al “caporalato”; alle agro-mafie; ad alti indici di saturazione del suolo; all’inquinamento dell’aria e delle risorse idriche; all’uso di fonti energetiche non rinnovabili; a sussidi distorsivi; allo spreco di denaro pubblico in campagne televisive di sovranismo alimentare a sostegno di agricoltori già benestanti; o al disboscamento intracomunitario – problemi purtroppo persistenti fuori dal Brasile. L’agrozootecnia “made in Brazil” non necessita di questo tipo di campagna diffamatoria, giacché punta a rafforzare la propria qualità per arrivare ai suoi oltre 160 mercati, prescindendo da pratiche sleali. Mi sento quindi in dovere di ricordare, ancora una volta, che viviamo in tempi in cui si discute sui rischi del protezionismo ingiustificato – frequente in Europa –, della concorrenza sleale, della disinformazione, di nazionalismi
esacerbati e delle loro nefaste conseguenze per la sicurezza alimentare, il commercio, l’occupazione, fra altri aspetti. La crisi generata dal Covid-19 richiede solidarietà in prospettiva globale, dal momento che si tratta di un problema che ignora le frontiere. Al proposito, il commercio sarà uno strumento utile per risollevare l’economia dei paesi e sono certo che nessuno Stato sarebbe soddisfatto per la reiterata divulgazione di dati falsi sulle proprie esportazioni, in un canale pubblico, a favore del protezionismo. Helio Ramos
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