Pietro di Praga Dott. CARLO TATTA

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Dott. CARLO TATTA,

                            Pietro di Praga
                               Testo di conferenza tenuta
              alla Facoltà di Teologia dell´Università Palacký a Olomouc,
                                     25 Marzo 2015

     Allorché il pontefice Urbano IV era in Orvieto, nella residenza papale, avvenne il
Miracolo Eucaristico di Bolsena. Il prodigioso evento si verificò sull’altare nella cripta di S.
Cristina, nella basilica di S. Cristina in Bolsena, quando, durante la celebrazione della S.
Messa, all’atto della consacrazione, tra le mani tremanti del sacerdote, assillato e
angustiato da forti dubbi, l’Ostia si mutò mirabilmente in carne stillando vivo sangue che
si riversò sull’altare e su un piccolo lino detto corporale. Avvenne così il grande miracolo
con cui il Signore ha voluto confortare la poca fede di quel sacerdote!
     Il papa Urbano IV, informato del prodigio, incaricò il Vescovo Giacomo di portare in
Orvieto l’Ostia ed il sacro Lino impregnato di sangue e lui stesso, con la corte pontificia e il
popolo orvietano si recò a ricevere il Vescovo presso il ponte di Rio Chiaro, all’ingresso
della città.
     Quanto al celebrante, una consolidata tradizione orvietana, anche in diversi richiami
storico letterari, parla di un sacerdote “germanico”, “boemo”, “tedesco” o “teutonico”. Va
chiarito subito che seppure alcune fonti orvietane fanno riferimento a un sacerdote
tedesco, ciò non impedisce la possibile identificazione con un sacerdote boemo e taluni
addirittura con una personalità del mondo politico, culturale e religioso boemo, quale
potrebbe essere Pietro di Praga: l’ambiente italiano del XIII secolo e del primo trentennio
del XIV secolo definiva correttamente come tedesco chiunque provenisse dall’Europa
centrale ed inizia a prendere consapevolezza della differenziazione solo dopo la metà del
XIV secolo. Del resto il Regno boemo era parte integrante della libera unione costituita dal
Sacro Impero Romano il cui centro era stato per secoli nelle terre germaniche. E poi la
diocesi di Praga e quella di Olomouc erano nella circoscrizione ecclesiastica di uno dei più
grandi arcivescovadi del Sacro Impero Romano, quale era quello di Magonza.
     E allora era possibile identificare un “sacerdote tedesco“ per la provenienza tanto dalla
Renania quanto dalla Boemia. Si è così protesi a conoscere chi è Pietro di Praga e perché si
intenderebbe collegarlo al prodigioso evento di Bolsena. Il prof. Mons. Jaroslav Polc
(† 2004), decano della Facoltà Teologica dell’Università Carlo IV di Praga e la prof.ssa
Zdenka Hledíková, della stessa Università, nei loro studi, frutto di approfondite ricerche
archivistiche, hanno offerto rilevanti notizie che illustrano e fanno riconoscere la figura di
Pietro di Praga, personalità di sicuro prestigio nella corte del re di Boemia, e se ne
potrebbe così percorrere l’ipotesi della sua relazione con il miracolo Eucaristico di Bolsena.
Pietro, di condizione sociale elevata, sicuramente aveva effettuato gli studi universitari
in una delle università dell’Italia settentrionale, Bologna o Padova, punti di riferimento
per gli studi giuridici, che in quel tempo non v’erano ancora a nord delle Alpi, così
apprezzati. È riconosciuto che Pietro è stato prevosto del Capitolo di Vyšehrad, nell’antica
conurbazione di Praga, protonotario del Re di Boemia Přemysl Otakar II e Cancelliere del
Regno di Boemia. Tutti i prevosti di Vyšehrad – in relazione all’importanza del Capitolo
ed in rapporto alla dotazione patrimoniale della prepositura – erano persone molto
importanti e influenti.
     Dopo l’improvvisa scomparsa del prof. Polc, ulteriori ricerche proseguite con vera
passione e scrupolosa diligenza dalla prof.ssa Zdeňka Hledíková ci consentono di
approfondire la figura storico religiosa di Pietro di Praga.
     Il primo a riferire di Pietro di Praga nella letteratura specialistica fu il Moroni che nel
suo “Dizionario di erudizione storico ecclesiastica“ (vol. CII, 1861) indica l’anno del Miracolo
di Bolsena “1263 o meglio 1264” e propone un’identificazione del sacerdote protagonista
del Miracolo : “…la tradizione segnala Pietro Boemo di Praga.”
     Non sappiamo da dove possa venire la singolare indicazione, dal momento che essa è
espressa senza alcun richiamo della fonte di riferimento.
     D’altra parte gli studiosi cechi possono affermare che in nessun documento relativo ai
secoli XIII e XIV in Boemia v’è una citazione del miracolo di Bolsena, seppure può
riscontrarsi che la devozione eucaristica proprio in quello stesso periodo di riferimento
fosse molto sentita e diffusa.
     Nel 1989, quando il Polc era direttore della Biblioteca della Pontificia Università
Lateranense in Roma, ebbe la visita di un sacerdote amico anche lui rifugiato all’estero.
Guardando l’imponente collezione dei registri dei Papi e leggendo per caso, come
campione, in quello relativo a Urbano IV, dell’anno 1264, il sacerdote praghese si chiedeva
se tra i nomi del registro vi fosse qualche indicazione relativa a personalità provenienti da
Praga. Così ebbero a trovare, in via del tutto occasionale, un puntuale riferimento a Pietro,
canonico di Praga e di quì ebbe avvio la ricerca con gli ulteriori sviluppi e
approfondimenti. L’avvenuto riconoscimento della presenza di Pietro alla corte papale in
due successivi momenti storici: dapprima a Viterbo, nell’anno 1262 e di nuovo a Orvieto,
nell’anno 1264, rivelano questa eminente figura che, nota nella storia di Boemia, entra così
nella coscienza collettiva.
     E proprio Pietro, plenipotenziario del Re di Boemia, ebbe ad incontrare per la prima
volta il Pontefice Urbano IV il 3 giugno 1262, nella sede papale a Viterbo. Non è palese il
motivo di quella sua missione alla sede apostolica ma la lettera che Pietro portò in seguito
al re Přemysl Otakar II, permette di riconoscere che si trattasse delle decisioni relative
all’imminente elezione del re dei Romani, il futuro imperatore. In quella stessa lettera il
Papa, rivolgendosi al Re ha avuto la premura di segnalare il suo Cappellano Pietro
“dilectum filium magistrum Petrum capellanum et nuntium tuum […] affectione paterna
recepimus […] quem de multa diligentia, sollicitudine commendamus” ed è del tutto
significativa questa citazione di “cappellano del re” ed il riconoscimento della sua
sollecitudine, diligenza e prudenza.
     Il secondo viaggio di Pietro alla corte pontificia di Urbano IV, fu proprio in Orvieto,
ove allora risiedeva il pontefice e fu senza dubbio ispirato dal re per ottenere l’assenso ad
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intervenire in Lituania contro gli scismatici Ruteni e i pagani Lituani, al fine di ottenere la
loro conversione alla fede cattolica.
     L’adesione di Urbano IV è datata da Orvieto il 4 giugno 1264 e, nell’autorizzare il re
Přemysl Otakar II ad effettuare una spedizione militare, gli conferiva come possedimento
ereditario i territori i cui abitanti si fossero convertiti al cristianesimo; in questa stessa nota
pontificia Pietro è attestato come canonico di Praga e notaio del re di Boemia. Si può
ritenere che su questa determinazione pontificia non poco ebbe ad influire l’abilità politica
e retorica di Pietro che poté suscitare la favorevole impressione del papa ed il conseguente
sostegno a Přemysl Otakar II.
     In esito all’udienza in Orvieto il papa Urbano IV aveva emesso per Pietro un diploma
di grazia che gli permetteva di percepire gli introiti derivanti dalla sua prebenda – Pietro
era già canonico praghese – anche in caso di assenza, consentendo così la dispensa
dall’obbligo della residenza presso il beneficio, proprio per le particolari incombenze che
era tenuto ad espletare presso la Corte di Boemia. Nel diploma pontificio del 4 giugno
1264, quello fondamentale per la possibile identificazione del sacerdote del miracolo di
Bolsena, Pietro è riconosciuto come canonico del capitolo di Praga. La partenza di Pietro
per la Boemia poté avvenire almeno nella seconda metà del mese di giugno in quanto è
certo che il 17 luglio si trovava già presso il re di Boemia a Písek.
     La prof. Hledíková ci attesta che a partire dal maggio 1266 Pietro viene regolarmente
citato con il titolo di “venerabilis prepositus Vysegradensis et regni Bohemiae cancellarius”. La
stessa Hledíková, in esito ad una sua scrupolosa lettura di atti di archivio, ci afferma
altresì che il 26 giugno 1266, poi il 2 luglio 1267 e di nuovo il 28 maggio e il 18 settembre
1268 accanto al nome di Pietro è attestato, oltre il titolo di prevosto di Vyšehrad anche il
titolo di Arcidiacono Praghese. Una successione cronologica di documenti che possono
indurre a rilevare che da semplice canonico praghese Pietro sia pervenuto alla prelatura
Arcidiaconale.
     La stessa prof.ssa Hledíková ci da notizia che Pietro è citato anche come canonico di
Olomouc il 29 novembre 1267, quando fu esecutore testamentario del vescovo di Olomouc
Bruno e poi il 26 marzo 1281 e nel luglio 1284, oltre al titolo di prevosto di Vyšehrad, è
riconosciuto anche il titolo di prevosto del capitolo di Kroměříž in Moravia.
     In atti successivi si sono trovate alcune lettere relative a Pietro, tra cui un messaggio di
felicitazioni che il prevosto Pietro aveva inviato al nuovo pontefice (non nominato),
probabilmente Clemente IV (con cui Pietro ebbe rapporti personali fin dal 1264, proprio in
Orvieto) e nel quale si esprime la devota sottomissione della chiesa di Vyšehrad al Soglio
pontificio e si invoca la sua protezione.
     In rappresentanza del capitolo, come si è già osservato, Pietro aveva intrattenuto
rapporti costanti con la Sede pontificia e tale era la stima a lui riservata in seno alla Curia,
da essere stato accolto tra i cappellani di almeno due cardinali: Simon Paltinario di Monte
Silice, cardinale di S. Silvestro e San Martino e Ottaviano Ubaldini, cardinale di S. Maria in
Via Lata. La forte personalità di Pietro venne sicuramente apprezzata dallo stesso
Pontefice e ne poté acquisire tutta la fiducia a tal punto da essere nominato Cappellano del
Papa.
     A conclusione di uno studio più recente su Pietro, la Hledíková esprime la convinzione
della reale esistenza di un documento pontificio emesso per la nomina di Pietro, prevosto
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di Vyšehrad e cancelliere del re Boemo Přemysl Otakar II, a cappellano pontificio e, anche
se non si dispone del diploma in versione originale né in trascrizione, il testo è riprodotto
in maniera piuttosto fedele nella registrazione in una raccolta di formulari.
    Non si può stabilire con certezza l’anno dell’effettiva emissione: se sia stato il 2 luglio
1266 ovvero lo stesso giorno dell’anno 1262, perché in casi analoghi fosse abituale e
possibile l’attualizzazione dei titoli del destinatario nel far uso di documento di cancelleria
come modello di formulario; il titolo di cappellano pontificio in ogni caso viene riportato
in atti del 1273 e poi in due diplomi degli anni 1281 e 1282.
    Di certo Pietro rimane strettamente legato per un verso alla prepositura di Vyšehrad e
per un altro alla cancelleria regia, ovvero all’attività politica del Re boemo Přemysl
Otakar II, in quanto anche nella sua alta posizione religiosa aveva continuato a guidare la
cancelleria.
    Seppure Pietro aveva potuto acquisire rilevanti incarichi pubblici, diverse dignità e
benefici ecclesiastici, tuttavia gli atti ufficiali, nel farne apprezzare la forte personalità non
possono rilevarne e farne conoscere la spiritualità. Forte di una spiccata preparazione
giuridica, dotato di saggia concretezza, la sua attività si rivolse con impegno nella
diplomazia e nella politica e poté conservare l’ufficio di cancelliere del Regno di Boemia
fino alla morte del re Přemysl Otakar II. Né mancò l’apprezzamento della Curia espresso
nei confronti di Pietro, come abbiamo visto, nell’elogio della sua prudenza e diligenza,
nella lettera di Urbano IV al re Přemysl Otakar II. Un uomo di Chiesa, che pure aveva un
forte ruolo nel suo impegno politico di uomo di Stato di sicuro prestigio e nella fiducia del
re, pur di fronte a conflitti riguardanti proprietà immobiliari e affermate consuetudini.
    Da quella “mondanità” potrebbero derivare umanamente: forti pulsioni e tensioni
interiori, possibili, sconcertanti dubbi e debolezze che atti e documenti di archivio non
potranno mai rivelare.
    Le testimonianze documentali, riferite dal prof. Polc e dalla prof.ssa Hledíková, nei
loro rigorosi studi su Pietro in seno al capitolo di Vyšehrad e nel regno di Boemia, fanno
riconoscere significative attività svolte e quel singolare impegno di servizio espletato ma
non fanno emergere nulla che consenta di aprirci alla sua ricchezza interiore, pur nella
considerazione del suo status e della sua forte personalità.
    Taluni studiosi hanno inteso affermare che Pietro abbia potuto conseguire
l’ordinazione sacerdotale a Padova, durante il suo soggiorno per la frequentazione di studi
giuridici. Un’ipotesi che non può essere confortata da alcun elemento di valutazione in
quanto gli atti dell’Archivio storico della chiesa di Padova non offrono alcun riscontro
anteriormente al 1300.
    Sono stati esaminati e approfonditi documenti redatti per una testimonianza giuridica
su fatti d’interesse pubblico relativi al Regno di Boemia o interni al capitolo ecclesiastico di
Vyšehrad, laddove è emersa chiaramente quella posizione di grado elevato goduta da
Pietro, nella grande stima del re.
    Sin qui è quanto è emerso da intelligenti e difficili ricerche che riferiscono notizie
apprese dalla trascrizione di atti ufficiali che non potranno mai rivelare sussulti d’animo e
tensioni spirituali. Si potrà pur comprendere come Pietro per la sua singolare posizione
nel Regno di Boemia e all’interno della Chiesa di Praga, non si sia recato da solo in visita al
romano Pontefice, nelle due circostanze documentate, ma con una delegazione ufficiale e
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almeno con una scorta armata e avrebbe potuto esservi anche un sacerdote, come era
consuetudine per quei tempi, con il compito, nel lungo viaggio, dei servizi spirituali e
liturgici per i membri della stessa delegazione.
     E … allora il miracolo potrebbe essere avvenuto nella sosta della stessa delegazione,
durante la S. Messa celebrata a Bolsena, nella cripta di S. Cristina, in prossimità di Orvieto,
allora Sede pontificia (che come si è visto è stata temporaneamente a Viterbo e poi anche a
Orvieto).
     E quì, in Bolsena, su quell’altare, in quel momento, il sacerdote, turbato nello spirito e
tormentato e in pena per il dubbio che nutriva nel credere fermamente nella reale
presenza di Nostro Signore sotto le specie eucaristiche, all’atto della consacrazione,
pronunciate le parole rituali, poté vedere veramente stillare sangue dall’Ostia consacrata.
E…quel dubbio forte, assillante, che sin lì tormentava, turbava e angustiava intimamente il
celebrante, all’atto della consacrazione, poté placarsi e … venne dissolto: nella meraviglia
della Grazia rivelatasi nel prodigio del Miracolo Eucaristico, in quella sublime,
straordinaria manifestazione di Verità e di Fede nell’Eucaristia.
     Si può ben pensare … al sorprendente stupore, … alla straordinaria costernazione … a
tutto il forte turbamento … alla confusione … al sensibile disagio del momento e … a tutta
quella convulsa concitazione tra quanti erano presenti e con fede partecipavano alla S.
Messa,… e … che … allora, la memoria collettiva … abbia potuto fare diretto riferimento a
Pietro, capo della delegazione Boema, in visita al pontefice, di passaggio a Bolsena.
     Di indubbia rilevanza per la conoscenza della storia del Miracolo eucaristico di
Bolsena sono le epigrafi su due grandi lapidi di marmo rosso che si leggono nella Chiesa
di S. Cristina in Bolsena (1573) e nella Cappella del S. Corporale in Orvieto (1601), eseguite
dallo scultore architetto orvietano Ippolito Scalza, per volontà del visitatore apostolico
Mons. Antonio Binarino, vescovo di Rieti, sulla base di una iscrizione da una pergamena,
ormai consunta per gli anni e per l’umidità del luogo ove era mal custodita.
     È da ritenere che Urbano IV, eletto papa nell’anno 1261 abbia potuto pensare
all’istituzione della solennità del “Corpus Domini“ proprio perché quando era stato
arcidiacono in Liegi, tra il 1242 e il 1249, aveva ben conosciuto il fervore di un forte
movimento religioso diffuso in quella città e proteso a celebrare una festività per il
”Corpus Domini” e lui stesso ne venne fortemente sollecitato e ne divenne uno dei più
autorevoli sostenitori.
     Perché il papa attese fino al 1264? V’è solo da dire e riconoscere che proprio nei primi
mesi di quell’anno ebbe a verificarsi quell’evento eccezionale che poté a determinare
l’animo già ben disposto del Pontefice che era compiuto il momento di proclamare la festa
del “Corpus Domini” solennità della Chiesa universale … e questo avvenimento davvero
sublime non poté essere che il Miracolo Eucaristico di Bolsena!
     Con la bolla pontificia “Transiturus de hoc mundo“ venne istituito per la Chiesa
universale il nuovo precetto: “che ogni giovedì seguente l’ottava di Pentecoste si celebri una festa
di straordinaria solennità in onore del Corpus Domini“. S. Tommaso d’Aquino, allora presente
nella corte pontificia in Orvieto, ebbe il privilegio di comporre l’officio della festa liturgica
con orazioni, lezioni, antifone ed inni ove le più elevate verità della fede si uniscono con la
forza, la delicatezza e l’ardore di una limpidissima vena poetica.

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A Orvieto, nel suo splendido Duomo, sulla sinistra dell’altare maggiore, v’è la
Cappella dedicata al S. Corporale e quì è custodita la memoria del miracolo eucaristico di
Bolsena: in un artistico reliquiario è esposto il Corporale, il lino, macchiato dal sangue
fuoruscito dall’Ostia.
     “Il prete boemo, ha affermato il Vescovo di Orvieto-Todi Mons. Benedetto Tuzia, è
l’icona dell’uomo contemporaneo. Un uomo che vive nell’incertezza e nella precarietà e ci dice che
non bisogna chiudersi nelle paludi delle difficoltà, ma occorre mettersi in cammino. Lui lo fa
andando in pellegrinaggio a Roma e, durante il suo itinerario, incontra quel segno del cielo che è la
risposta ai suoi tormenti. A Orvieto c’è la memoria del Miracolo eucaristico di Bolsena, con il
Corporale macchiato dal sangue fuoruscito dall’Ostia all’atto della consacrazione. È l’incredibile che
diventa credibile, Dio che diventa tangibile, la fede che si tocca, di cui si può fare esperienza nella
quotidianità.”

                                                                                        Carlo TATTA
                                                                                 Diocesi di Orvieto Todi

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                                                                             © Carlo TATTA 2015

                                                                                                         6
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