Per conoscere e ricordare - Roberto Calasso - Comune di ...

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Per conoscere e ricordare - Roberto Calasso - Comune di ...
Tullio Pericoli

                Per conoscere e ricordare
                        Roberto Calasso
MILANO, 29 LUGLIO - E' morto il 28 luglio 2021 a Milano Roberto Calasso. A
dare la notizia la casa editrice Adelphi, di cui Roberto Calasso era presidente.
Nato a Firenze nel 1941, aveva da poco compiuto ottant'anni. Proprio in
questi giorni escono i suoi ultimi due libri, Bobi e Memè Scianca. "Con la
scomparsa di Roberto Calasso viene meno un pilastro dell'editoria italiana e
un intellettuale straordinario capace di una sapiente visione della nostra
cultura e delle sue radici" ha commentato il ministro della Cultura. "La tua
immagine, la tua voce, il guizzo dei tuoi occhi ci mancheranno, ma resteranno
impigliati, come un fosfene, nei libri che hai pubblicato e scritto. Per noi che
rimaniamo qui, orfani di te e figli dei tuoi libri, rimarrai nella Mente. Come
dicevi tu" E. Sgarbi

Ansa
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Per generale consenso, Vertigo [La donna che visse due volte] è il più
inestricabile tra i film di Hitchcock – e per alcuni il più bello (o uno dei due o
tre supremi). Questo libro si propone di dire perché. E perché Vertigo abbia
un film gemello: Rear Window [La finestra sul cortile], che invece è
usualmente considerato molto più semplice e immediato, mentre si potrebbe
rivelare altrettanto vertiginoso.Ma parlare di questi due film è come parlare
del cinema in sé, quindi anche di Max Ophuls, di Rita Hayworth, dell’epifania
della «diva» e di un romanzo di Kafka che è innervato dal cinema da capo a
fondo: Il disperso [America].
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È difficile immaginare qualcosa di altrettanto distante dall'oggi quanto ciò che
apparve più di tremila anni fa nell'India del Nord sotto il segno del Veda, quel
«sapere » che dichiarava di comprendere in sé tutto, dai granelli di sabbia
sino ai confini dell'universo. Ancor più che nel tempo, quella distanza si
avverte nel modo di vivere ogni gesto, ogni parola, ogni impresa. Gli uomini
vedici prestavano una attenzione adamantina alla mente che li reggeva, per
loro mai disgiungibile da quell'«ardore» da cui ritenevano si fosse sviluppato
il mondo. E, qualsiasi cosa accadesse, acquistava senso solo in rapporto a un
invisibile traboccante di presenze divine. Fu un esperimento del pensiero così
estremo che sarebbe potuto scomparire senza lasciare traccia, così come gli
uomini vedici lasciarono ben poche tracce tangibili del loro passaggio
attraverso «la terra dove vaga in libertà l'antilope nera» (così definivano il
luogo della legge). Eppure quel pensiero - groviglio composto da inni
enigmatici, atti rituali, storie di dèi e folgorazioni metafisiche - ha
l'indubitabile capacità di illuminare, con una luce radente e diversa da ogni
altra, alcuni eventi elementari che appartengono all'esperienza di chiunque,
oggi e dappertutto, a cominciare dal puro fatto di essere coscienti. Questo
libro è il tentativo di raccontare come attraverso quei «cento cammini» a cui
allude il titolo di un'opera smisurata e capitale del Veda, lo Satapatha
Brahmana, si può raggiungere ciò che ci è più vicino passando attraverso ciò
che ci è più lontano.
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Di Roberto Bazlen, universalmente noto come Bobi, non poco è stato scritto,
ma il più rimane da dire e capire. Bazlen attraversò la prima parte del
Novecento come un profilo di luce imprendibile. Nell’ultima fase della sua
vita, fu l’ideatore di Adelphi, su cui riversò la sua sapienza, che non era solo
quella – stupefacente – sui libri, ma investiva il tutto
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Ci fu un'epoca in cui, se si incontravano altri esseri, non si sapeva con certezza
se erano animali o dèi o signori di una specie o demoni o antenati. O
semplicemente uomini. Un giorno, che durò molte migliaia di anni, Homo
fece qualcosa che nessun altro ancora aveva tentato. Cominciò a imitare
quegli stessi animali che lo perseguitavano: i predatori. E diventò
cacciatore. Fu un processo lungo, sconvolgente e rapinoso, che lasciò tracce e
cicatrici nei riti e nei miti, oltre che nei comportamenti, mescolandosi con
qualcosa che nella Grecia antica fu chiamato "il divino", tò theîon, diverso ma
presupposto dal sacro e dal santo e precedente perfino agli dèi. Numerose
culture, distanti nello spazio e nel tempo, associarono alcune di queste
vicende, drammatiche ed erotiche, a una certa zona del cielo, fra Sirio e
Orione: il luogo del Cacciatore Celeste. Le sue storie sono intrecciate in questo
libro e si diramano in molteplici direzioni, dal Paleolitico alla macchina di
Turing, passando attraverso la Grecia antica e l'Egitto ed esplorando le
connessioni latenti all'interno di uno stesso, non circoscrivibile territorio: la
mente.
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Disponibile nella Biblioteca di Traversetolo

Questo libro è una prima guida a quel mondo possibile che si è manifestato in
una foresta di pagine sotto il nome Adelphi: circa millecinquecento titoli a
partire dal dicembre 1963. E nel corso di quarant'anni numerosi lettori hanno
notato come, a tenere insieme questi libri, ci sia qualcosa, un legame tenace,
che va oltre la qualità. Questo legame tenace che la casa editrice tenta di
indicare fin dall'inizio, per quanto possibile in modo esplicito, nell'unica
forma in cui l'editore accompagna ogni singolo libro: il risvolto di copertina.
Fra gli oltre mille risvolti che ha scritto, Roberto Calasso ha isolato quei cento
che più gli sembravano capaci di una vita indipendente, e li ha inanellati come
altrettante "lettere a uno sconosciuto".
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Chi prova a dare un ordine ai propri libri deve al tempo stesso riconoscere e
modificare una buona parte del suo paesaggio mentale. Impresa delicata,
piena di sorprese e di scoperte, priva di soluzione. Molti l'hanno
sperimentata, dal dotto seicentesco Gabriel Naudé ad Aby Warburg. Qui se ne
raccontano vari episodi, mescolati a frammenti di una autobiografia
involontaria. A cui fanno seguito un profilo del breve momento in cui certe
riviste, fra 1920 e 1940, operavano come impollinatrici della letteratura e una
cronaca dell'emblematica nascita della recensione, quando Madame de Sablé
si trovò nella improba situazione di dar conto pubblicamente delle Massime
del suo caro e suscettibile amico La Rochefoucauld. Finché il tema del dare
ordine riappare alla fine, questa volta applicato alle librerie di oggi, per le
quali è una questione vitale, che si pone ogni giorno.
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Disponibile nella Biblioteca di Traversetolo

Il volume raccoglie una serie di saggi, a partire da quello che dà il titolo al
libro, dedicato alle ninfe, esseri delicatissimi e oscuri, fascinosi e terribili,
provocatrici dell'ossessione primigenia, l'ossessione erotica. A questo si
affiancano saggi che toccano temi disparati come la letteratura dei Brahmana,
"Lolita" da Nabokov, "La finestra sul cortile" di Hitchcock, l'idea di
bibliografia come forma, dell'editoria come genere letterario (partendo da
Aldo Manuzio, grande editore rinascimentale, per arrivare a Kurt Wolff, che
fu l'editore di Kafka).
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Al centro di questo libro si trova un sogno, l'unico che Baudelaire abbia
raccontato. Entrare in quel sogno è immediato, uscirne difficile, se non
attraversando un reticolo di storie, di rapporti e di risonanze che coinvolgono
non solo Baudelaire ma ciò che lo circonda. Dove spiccano due pittori di cui
Baudelaire scrisse con stupefacente acutezza: Ingres e Delacroix; e due altri
che solo attraverso Baudelaire possono svelarsi: Degas e Manet. Secondo
Sainte-Beuve, perfido e illuminato, Baudelaire si era costruito chiosco
bizzarro, assai ornato, assai tormentato, civettuolo e misterioso: la Folie
Baudelaire; (folies era il nome settecentesco di certi padiglioni dedicati
all'ozio e al piacere), situandolo sulla punta estrema del Kamcatka. Ma in quel
luogo desolato, in una terra ritenuta dai più inabitabile, non sarebbero
mancati i visitatori. Anche i più opposti, da Rimbaud a Proust. Anzi, sarebbe
diventato il crocevia inevitabile per ciò che apparve da allora sotto il nome di
letteratura. Qui si racconta la storia, discontinua e frastagliata, di come venne
a formarsi e di come altri si avventurassero a esplorare quelle regioni. Un
storia fatta di storie che tendono a intrecciarsi, e per alcuni decenni ebbero
come sfondo le stesse strade di Parigi.
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Prima di essere decifrati da Champollion, i geroglifici egiziani vennero
interpretati - in una lunga e grandiosa linea di pensiero che va dalla tarda
antichità al diciassettesimo secolo, da Plotino ad Athanasius Kircher - come
una lingua non discorsiva, segreta e rivelatrice, fatta solo di immagini. Sir
Thomas Browne (1605-1682) pose in atto questa concezione in tutta la sua
opera di erudito e sommo prosatore - opera discreta, elusiva, difficilmente
classificabile; fondata su di una cultura composita, stratificata e ormai
remota; scritta in una lingua coperta dalla patina del tempo, in cadenza
naturalmente religiosa e cerimoniale. Un'opera che si presenta come una
complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano
per essere separate e disperse. Alcuni degli elementi che sono delicatamente
congiunti in quelle pagine, in un equilibrio ricco e precario, non si sono mai
più ritrovati in così stretto contatto. In Browne la medicina e la teologia,
l'erudizione antiquaria, la scienza naturale e il simbolismo ermetico si
compongono in un solo discorso dalle molteplici e divergenti articolazioni. Il
tempo, che ha rivelato sempre più lo splendore della sua prosa, ha anche
confuso i tratti di quel discorso, ne ha offuscato i diversi significati. In quegli
scritti alcune parole sono creste di continenti sommersi, sicché la
perlustrazione delle topografie nascoste dovrebbe precedere ogni giudizio
sull'opera. Una traccia può esser data dalla parola «geroglifico».
La vera storia dell'editoria è in larga parte orale – e tale sembra destinata a
rimanere. Una teoria dell'arte editoriale non si è mai sviluppata – e forse è
troppo tardi perché si sviluppi ora. Andando contro a questi dati di fatto, ho
provato a mettere insieme due elementi: qualche passaggio nella storia di
Adelphi, quale ho vissuto per cinquant'anni, e un profilo non di teoria
dell'editoria, ma di ciò che una certa editoria potrebbe anche essere:
una forma, da studiare e da giudicare come si fa con un libro. Che, nel caso di
Adelphi, avrebbe più di duemila capitoli.
Turisti, terroristi, secolaristi, hacker, fondamentalisti, transumanisti,
algoritmici: sono tutte tribù che abitano e agitano "l'innominabile
attuale". Mondo sfuggente come mai prima, che sembra ignorare il suo
passato, ma subito si illumina appena si profilano altri anni, quel periodo fra
il 1933 e il 1945 in cui il mondo stesso aveva compiuto un tentativo,
parzialmente riuscito, di autoannientamento. Quel che venne dopo era
informe, grezzo e strapotente. Nel nuovo millennio, è informe, grezzo e
sempre più potente. Auden intitolò "L'età dell'ansia" un poemetto a più voci
ambientato in un bar a New York verso la fine della guerra. Oggi quelle voci
suonano remote, come se venissero da un'altra valle. L'ansia non manca, ma
non prevale. Ciò che prevale è l'inconsistenza, una inconsistenza assassina. È
l'età dell'inconsistenza.

Ka è la terza parte di un'opera in corso, di cui sono apparsi finora La rovina di
Kash (1983) e La nozze di Cadmo e Armonia (1988). Materia di questo libro è
l'India, tutta l'India, dai Veda al Buddha e oltre. Ma non un libro sull'India. E'
un libro dove tutto appare attraverso l'India.
Questo libro racconta una storia che comincia prima di Adamo e finisce dopo
di noi, attraversando la Bibbia da capo a fondo, come un mondo a sé. Dove un
uomo, che si chiamava Saul, può diventare il primo re di un popolo perché il
padre lo aveva mandato a cercare certe asine smarrite. Dove la regina di un
remoto regno africano guida per tre anni una carovana foltissima, composta
da giovani e giovanette vestiti di porpora, nonché da animali e spezie in
quantità, per rispondere all'invito del re di Gerusalemme e porgli alcune
domande. E dove un altro uomo, che si chiamava Abramo, udì queste parole
da una voce divina: «Va' via dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo
padre verso il paese che ti mostrerò». Parole che rintoccano in tutta la Bibbia,
storia di un distacco e di una promessa, seguiti da altri distacchi e nuove
promesse. Il succedersi dei nomi e dei fatti è turbinoso, spesso sconvolgente.
E ogni volta la grazia e la colpa, l'elezione e la condanna appaiono intessute
nelle vite dei singoli e della loro stirpe.
Un padre racconta ai figli, che glielo hanno chiesto, quello che ricorda dei suoi
primi dodici anni, di cui loro non sanno quasi nulla. Storie troppo remote,
pensa. Che differenza poteva esserci, in fondo, ai loro occhi, fra Firenze
durante la guerra, dove era cresciuto, e per esempio la steppa dell’Oltre
Caucaso di Florenskij, alla fine dell’Ottocento? Non molta. Apparteneva tutto
a quell’età incerta e fumosa che precedeva la loro nascita. E poi, da dove
cominciare? La prima immagine della guerra, intravista dalla finestra di una
soffitta clandestina nel centro di Firenze. La vecchia villa di San Domenico,
dove un mattino, a seguito dell’assassinio di Giovanni Gentile, suo padre
viene arrestato come pericoloso antifascista. Il polverio che sale dalle macerie
di Por Santa Maria, subito dopo che i tedeschi hanno fatto saltare i ponti. Poi i
giochi – e i libri che impercettibilmente ne prendono il posto. L’immersione
nella letteratura e la scoperta della musica. E Firenze, quella Firenze degli
anni subito dopo la guerra, separata da tutto, anche dal resto dell’Italia. Una
lastra impenetrabile e trasparente confermava quella convinzione della città
di essere a parte. E un giorno, forse anche prima di saper leggere, chi scrive
dichiara che il suo vero nome è Memè Scianca.
Disponibile nella Biblioteca di Traversetolo

Come Zeus, sotto forma di toro bianco, rapì la principessa Europa; come
Teseo abbandonò Arianna; come Dioniso violò Aura; come Apollo fu servo di
Admeto, per amore; come il simulacro di Elena si ritrovò, insieme a quello di
Achille, nell'isola di Leukè; come Erigone si impiccò; come Coronis, incinta di
Apollo, lo tradì con un mortale; come le Danaidi tagliarono la testa ai loro
sposi; come Achille uccise Pentesilea e si congiunse con lei; come Oreste lottò
con la follia; come Demetra vagò alla ricerca della figlia Core; come Core
guardò Ade e si vide riflessa negli occhi di lui; come Giasone morì, colpito da
una trave della nave Argo; come Fedra smaniò invano per Ippolito; come gli
Olimpi scesero a Tebe per partecipare alle nozze di Cadmo e Armonia.
Disponibile nella Biblioteca di Traversetolo

Tiepolo passò la vita a eseguire opere su commissione in chiese, palazzi, ville.
Talvolta affrescando vasti soffitti, come per la Residenz di Würzburg o per il
Palazzo Reale di Madrid. Intorno scorreva la vita di un'epoca - il Settecento -
che lo apprezzò e ammirò, ma senza troppo preoccuparsi di capirlo. Così fu
più facile per Tiepolo sfuggirgli, quando volle dedicarsi a effigiare il suo
segreto, che tale è rimasto, in una sequenza di trentatré incisioni: i Capricci e
gli Scherzi. Ciascuno di quei fogli è il capitolo di un romanzo nero,
abbagliante e muto, popolato da personaggi disparati e sconcertanti: efebi
fiorenti, Satiresse, Orientali esoterici, gufi, serpenti e anche Pulcinella e
Morte. Li ritroveremo tutti nelle pagine di questo libro, insieme a Venere,
Tempo, Mosè, numerosi angeli, Armida, Cleopatra e Beatrice di Burgundia:
una variegata, zingaresca compagnia sempre in cammino, "tribù profetica
dalle pupille ardenti", come suona un verso di Baudelaire. Oltre che un
intermezzo smagliante nella storia della pittura, Tiepolo fu un modo di
manifestarsi delle forme, un certo stile nell'ostentarsi della loro sfida. Le sue
figure rivelavano una fluidità senza ostacoli e senza sforzi. Accedevano a tutti i
cieli, senza dimenticare la terra, incarnando per un'ultima volta quella virtù
suprema della civiltà italiana che è stata la "sprezzatura".
Disponibile nella Biblioteca di Traversetolo

La rovina di Kasch tratta di due argomenti: il primo è Talleyrand, il secondo è
tutto il resto" (Italo Calvino). L'Età delle Rivoluzioni racconta il suo naufragio.
Disponibile nella Biblioteca di Travesretolo

In quel tempo remoto gli dèi si erano stancati degli uomini, che facevano
troppo chiasso, disturbando il loro sonno, e decisero di scatenare il Diluvio
per eliminarli. Ma uno di loro, Ea, dio delle acque dolci sotterranee, non era
d'accordo e consigliò a un suo protetto, Utnapishtim, di costruire un battello
cubico dove ospitare uomini e animali. Così Utnapishtim salvò i viventi dal
Diluvio. Il sovrano degli dèi, Enlil, invece di punire Utnapishtim per la sua
disobbedienza, gli concesse una vita senza fine, nell'isola di Dilmun. Il nome
Utnapishtim significa «Ha trovato la vita». Dopo qualche migliaio di anni
approda a Dilmun un naufrago, Sindbad il Marinaio. Utnapishtim lo accoglie
nella sua tenda e i due cominciano a parlare. Ciò che Utnapishtim racconta è
la materia di questo libro.
A partire dal 1983, Roberto Calasso stava pubblicando un'Opera in varie parti
che, a oggi, consta di undici volumi e di circa cinquemila pagine. Si tratta di
un'impresa senza precedenti per la fermezza del pensiero centrale e per la
varietà degli argomenti e delle epoche coinvolte. Elena Sbrojavacca traccia
una mappa di questa Opera piena di rimandi interni sconcertanti, che
vengono qui precisati con estrema chiarezza. Operazione necessaria per
accompagnare il lettore attraverso un labirinto di testi, al contempo narrativi
e analitici, che comprende l'India dei Veda come la Parigi degli
Impressionisti. Si presenta così un'indagine dello spazio che l'Opera di
Calasso e il suo pensiero occupano nell'arazzo dei libri del nostro tempo. Se si
vuole un'espressione che tenga insieme l'intera compagine, sarà quella di
"letteratura assoluta". Il primo grande studio su Calasso, un'indagine critica,
storica e letteraria dello spazio che la sua opera e il suo pensiero occupano
nell'intreccio della letteratura del nostro tempo.

          Buona lettura!!!!
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