Parigi chiama La Spezia: salvare il clima, chiudere con il carbone, aprire a nuove opportunità - Sabato, 19 Settembre 2015
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Documento d’inquadramento Parigi chiama La Spezia: salvare il clima, chiudere con il carbone, aprire a nuove opportunità Ambiente, salute, economia, lavoro Sabato, 19 Settembre 2015 Supporto tecnico di 1
Documento coordinato da Massimiliano Varriale (WWF Ricerche e Progetti s.r.l.) Il presente documento è stato elaborato in occasione della Conferenza: " Parigi chiama La Spezia: salvare il clima, chiudere con il carbone, aprire a nuove opportunità” (La Spezia – 19 settembre 2015) 2
Introduzione Mariagrazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia WWF Italia Gli effetti del cambiamento climatico diventano sempre più chiari e allarmanti: il luglio di quest’anno è stato il mese più caldo mai registrato a livello globale, il 2015 si avvia a essere l’anno più caldo della storia, e già il MetOffice britannico annuncia che anche il prossimo anno sarà bollente1. Il Mediterraneo bolle e l’energia accumulata provoca continui e intensi eventi meteorologici che ormai tutti temono. Le notizie di eventi estremi, del resto, dominano i titoli in molti Paesi del mondo, dalla Spagna al Giappone. Che occorra agire lo sanno tutti, che sia necessario farlo subito lo dicono in molti, ma all’aggiornamento della narrativa da parte dei più sensibili e avveduti non corrisponde un aggiornamento dei piani di azione e delle strategie. In Italia, ancora si sente dire che in fondo non siamo tra i maggiori inquinatori mondiali. Questo è oltraggioso, e spieghiamo perché. Papa Francesco ha scritto una bellissima lettera Enciclica, la Laudato Si’, motivando il perché la Cura della Casa Comune sia un dovere etico e morale. Anche alcuni grandi leader Musulmani hanno approvato una dichiarazione che va in quel senso. Leader di tutte le religioni hanno sottoscritto appelli analoghi. Visto che l’Italia è un Paese a maggioranza cattolica, tutti i politici e gli imprenditori si sono affrettati a dire meraviglie del documento del Pontefice. Ora, se aver cura della casa comune è un dovere per tutti, non si vede perché l’Italia, uno dei Paesi del G7, quindi maggiormente industrializzati , dovrebbe sentirsi esente. Al contrario, in quanto Paese sviluppato tra i 20 maggiori inquinatori mondiale anche oggi (siamo intorno al 16° posto) abbiamo più responsabilità di altri. Nel giugno di quest’anno, la corte dell’Aia, in Olanda, del resto ha obbligato il governo olandese a tagliare le proprie emissioni del 25% in cinque anni, al di là del peso e della grandezza del Paese, come dovere nei confronti della Comunità Internazionale e delle vittime del cambiamento climatico da parte di un paese sviluppato, indipendente da cosa fanno gli altri2. D’altronde, quando si dice “non rubare”, forse si intende “non rubare tu SE nemmeno gli altri rubano”?. No, è un dovere che ha un valore in sé, non in rapporto a quel che fanno gli altri. Sappiamo che per i danni ambientali la questione è a volte più lenta, insidiosa, indiretta: ma oggi le evidenze scientifiche dell’impatto delle attività umane su clima, inquinamento, biodiversità ci sono tutte, e conosciamo le conseguenze che questo sta avendo sulla vita di milioni di persone, sul tasso di estinzione delle specie e sugli ecosistemi che sostengono la vita sulla Terra come la conosciamo e la civilizzazione umana. Quindi oggi non inquinare, non sprecare le risorse, non usare i combustibili fossili non è più un consiglio, deve essere un dovere, fare il contrario è un delitto. Perché bisogna cominciare dal carbone e dalla centrale di La Spezia? Il carbone è il combustibile fossile che inquina di più, provocando danni alla salute e all’ambiente, con un cocktail micidiale di sostanze dannose (tra cui Arsenico, Cromo, Cadmio, Mercurio, polveri sottili) ma è anche quello che, bruciato, provoca le più alte emissioni di biossido di carbonio (CO2): per ogni kWh prodotto dalle centrali a carbone vengono emessi 857,3 grammi di CO2, oltre il doppio dei 379,7 di quelle a gas naturale Anche se in Italia le centrali a carbone in attività sono poche, esse pesano per il 35-40% delle emissioni. L’Italia ha una sovrabbondanza di centrali termoelettriche, e molte di queste lavorano poco, soprattutto quelle a ciclo combinato a gas, un po’ meno inquinanti e più efficienti. Per fortuna, ciò in parte è dovuto al fatto che le energie rinnovabili stanno avendo un peso sempre maggiore nella produzione elettrica, secondo l’Autorità per l’Energia pari al 40%3. Per capirci, a fronte di un picco massimo mai raggiunto di 59,126 GW (record del 21 luglio 2015, nel mese più caldo mai registrato, con massimo uso dei condizionatori), abbiamo una capacità di produrre energia pari a circa 122 GW, cioè oltre il doppio. C’è 1 http://www.theguardian.com/environment/2015/sep/14/2015-and-2016-set-to-break-global-heat-records-says- met-office 2 http://www.theguardian.com/environment/2015/jun/24/dutch-government-ordered-cut-carbon-emissions- landmark-ruling 3 Ma non bisogna abbassare la guardia, una gran parte di questa produzione è ancora energia idroelettrica e le cosiddette nuove rinnovabili (per lo più fotovoltaico ed eolico) vedono ogni giorni nuovi ostacoli frapposti da norme e cavilli. 3
dunque tutta la possibilità di tagliare, e infatti si sta andando verso la chiusura di un certo numero di centrali, anche a carbone, ma prevalentemente piccole o già poco usate. Ovviamente i produttori di energia cercano di continuare a usare le centrali che offrono loro maggiori margini di guadagno, quindi anche il carbone. Il prezzo del carbone è notevolmente sceso, visto che è anche meno usato in alcuni Paesi: in USA negli ultimi 6 anni sono state chiuse 200 centrali a carbone, la Cina nel periodo tra Gennaio e agosto 2015 ha diminuito le importazioni di carbone del 31%4. Ma quel che conviene a chi produce e vende energia non conviene alla comunità nel suo complesso, né tantomeno alle comunità che vivono vicino alle centrali: il prezzo dell’inquinamento è troppo alto, il prezzo per il clima è enorme, questi costi non sono internalizzati. Chi deve far valere le ragioni di tutti a fronte delle convenienze particolari? Le istituzioni pubbliche, quelle preposte alle strategie energetiche e quelle preposte alla tutela della salute e dell’ambiente. Per questo, come WWF, in Italia e in Europa, abbiamo chiesto che si definiscano degli standard di emissione per le centrali, e che al di sopra di un certo livello di emissioni per kWh prodotto le centrali vengano chiuse. E’ qualcosa di simile a quel che l’Agenzia per l’Ambiente sta facendo negli USA, ma l’Europa dovrebbe essere molto più decisa. E’ un modo per dire: dobbiamo puntare alla decarbonizzazione, abbiamo troppe centrali, cominciamo col chiudere le centrali più inquinanti e che emettono più CO2. Tra le centrali a carbone, quelle che vanno chiuse subito sono quelle che stanno producendo maggiori danni, essendo anche le più obsolete. Tra queste, spiccano quelle di Vado Ligure e di La Spezia, entrambe all’interno dei centri abitati, entrambe vecchie e con enormi problemi ambientali. Vado Ligure è stata chiusa dalla Magistratura non solo per mancata ottemperanza alle prescrizione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, ma anche perché un’indagine sta valutando la correlazione diretta con i decessi di un numero di persone compreso tra 354 e 427 avvenuti tra il 2000 e il 2007. A La Spezia, invece, ancora si tergiversa e si vuole usare al massimo il tempo concesso dall’AIA, vale a dire si vuole continuare sino al 2021. Questo, come spiegheranno anche gli interventi di questo documento, è inaccettabile. E’ inaccettabile voler tenere aperta una centrale che sorge vicino a una scuola, che è tra le più vetuste e inquinanti. Oltretutto, così facendo si blocca la possibilità e la capacità del territorio di pensare e promuovere le alternative occupazionali, non solo per assorbire la manodopera dell’indotto (quella della centrale non sarebbe comunque licenziata) ma per offrire nuove possibilità di occupazione. Per ogni milione di dollari investito, il carbone produce 1,9 posti di lavoro. Riconvertire con l’efficienza energetica gli edifici ne porta ben 7, il trasporto pubblico 11; costruire le smart grid 4,3; l’eolico 4,6 e il solare 5,4, sempre per ogni milione di dollari investito. Su questo elaboreremo un rapporto dedicato tra breve. Come WWF, abbiamo promosso da tempo una campagna per passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili e all’efficienza, con una particolare enfasi sulla necessità e urgenza di abbandonare subito l’uso del carbone, ormai un vero e proprio ostacolo arcaico verso il futuro, del Pianeta come delle persone. Per questo la chiusura di ogni centrale a carbone è per noi non un obiettivo locale o regionale, ma nazionale e globale. Ci auguriamo che l’Enel, gli amministratori locali e quelli regionali divengano pionieri, affrettando la chiusura di La Spezia (e non solo). E su questo chiederemo ai cittadini di mobilitarsi, anche per dare concretezza alla Conferenza delle Parti sul Clima di Parigi dove deve essere approvato un accordo efficace ed equo dal 2020, ma anche azioni concrete e più incisive prima di quella data. La Spezia può essere un primo segnale che l’Italia tutta vuole fare la propria parte e non si nasconde dietro a scuse. A tutti i decisori, politici ed economici, da La Spezia rivolgiamo un appello: la difesa del passato -e il carbone è passato remoto- è una perdita di tempo inutile e molto dannosa per il clima e per l’economia; impiegate tutte le vostre energie per investire nel futuro. 4 http://uk.mobile.reuters.com/article/idUKL4N11E1P920150908?irpc=932 4
Il carbone in Italia Massimiliano Varriale, consulente energetico WWF Ricerche e Progetti Srl Il carbone impiegato in Italia è quasi tutto di importazione (circa il 98%), considerate le irrisorie produzioni del Sulcis (Sardegna). Peraltro il carbone sardo è ritenuto di pessima qualità a causa dell’elevatissimo tenore di zolfo (circa il 6%) che ne rende problematico l’impiego. Stando ai dati ufficiali del Ministero dello Sviluppo Economico 1, nel 2014 il carbone ha coperto circa l’8,1% della domanda complessiva di energia che ammontava a 166,43 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Le importazioni di carbone da vapore ammontavano a 17,57 milioni di tonnellate, pari all’88% delle importazioni totali di combustibili solidi (il resto è importazione di coke). Relativamente alle aree di provenienza, nel 2014 le principali importazioni provenivano dai seguenti paesi (dati espressi in milioni di tonnellate): USA (5,430), Russia (4,002), Indonesia (3,569), Colombia (2,333), Sudafrica (1,772). Attualmente in Italia sono in funzione 12 centrali a carbone, assai diverse per potenza installata, tecnologia impiegata, data di entrata in esercizio, ecc. Nel 2014 la produzione di energia elettrica da carbone è stata di circa 43,5 TWh (miliardi di kWh) 2, con una incidenza sul consumo interno lordo di energia elettrica, al netto degli apporti di pompaggio, pari al 13,5%. Nello stesso anno la produzione da gas è stata di circa 93,6 TWh (29,1% del consumo interno lordo). 3 A fronte di un contributo tutto sommato relativamente modesto, scopriamo che gli impianti a carbone nel 2014 hanno prodotto ben più di 38 milioni di tonnellate di CO2 (elaborazioni su dati ufficiali ISPRA 4), corrispondenti a circa un 40% di tutte le emissioni del sistema termoelettrico nazionale. La seguente mappa, elaborata da Assocarboni, riporta gli impianti a carbone (con numero di gruppi/unità e relative potenze) oggi esistenti in Italia. In realtà tra questi possiamo depennare l’impianto di Marghera che Enel ha sostanzialmente ritirato. Occorre anche correggere i dati sulla centrale di Genova dal momento che i 295 MW costituiscono la potenza complessiva, ma l’impianto è costituito da 3 unità (70MW + 70 MW + 155 MW) e oggi solo quella da 155 MW è operativa mentre le due unità da 70 MW sono state ritirate. 1 Ministero dello Sviluppo Economico – DGSAIE. La Situazione energetica nazionale nel 2014 2 Terna. Dati statistici sull’energia elettrica in Italia. 2014 3 Nello stesso anno la produzione da fonti rinnovabili (bioenergie, idrica, eolica, fotovoltaica e geotermica) è complessivamente aumentata del 7,7%, raggiungendo i 120,7 TWh, con una incidenza sul consumo interno lordo di energia elettrica, al netto degli apporti di pompaggio, pari al 37,5% (era il 33,9% nel 2013). 4 Ispra. Fattori di emissione atmosferica di CO2 e sviluppo delle fonti rinnovabili nel settore elettrico. Rapporti 212/2015 5
Anche i dati per l’impianto del Sulcis dell’Enel andrebbero corretti: questa centrale infatti dovrebbe avere due gruppi, rispettivamente da 240 MW e 350 MW. Fonte: ASSOCARBONI Agli impianti esistenti rischiano però di aggiungersene altri: è il caso del progetto di una nuova centrale che la società SEI vorrebbe realizzare ex-novo a Saline Joniche in Calabria (1.320 MW) contro il volere degli enti locali e con un provvedimento di VIA governativo che presenta palesi profili di illegittimità costituzionale. In Sardegna poi, oltre al già autorizzato nuovo gruppo a Fiume Santo (410 MW) di proprietà E.On/EPH, si ipotizzava anche un nuovo impianto nel Sulcis. Tra gli ipotetici progetti, nell’estate 2014, è stato proposto un nuovo impianto da realizzare a Piombino in Toscana. Probabilmente questa idea resterà nel cassetto ma costituisce la migliore testimonianza di come in Italia certi imprenditori siano sempre pronti a cogliere eventuali distrazioni o, peggio, segnali di apertura da parte della classe politica. 6
Impatti sulla salute derivati dalla combustione del carbone Massimiliano Varriale, consulente energetico WWF Ricerche e Progetti Srl Non solo la combustione del carbone è responsabile a livello mondiale delle maggiori emissioni di gas a effetto serra (circa il 44%), alla base dei cambiamenti climatici in atto, ma è anche causa del rilascio in atmosfera di una lunga serie di pericolosissime sostanze (di natura sia organica sia inorganica) assai dannose per la salute umana, oltre che per le altre specie viventi e, più in generale, per gli stessi ecosistemi. Esiste infatti una vastissima letteratura scientifica che dimostra come gli inquinanti emessi dai processi di combustione del carbone siano causa di un ingente aumento di mortalità e morbilità (frequenza di una malattia) nelle popolazioni esposte: si va dalle patologie (non solo di tipo tumorale) alle vie respiratorie a quelle cardiovascolari, dai disturbi di tipo neurologico a quelli dell’apprendimento nei bambini, ecc. ecc. Prima di esaminare in maggior dettaglio gli impatti sanitari occorre affermare con grande chiarezza che anche facendo ricorso alle migliori e più moderne tecnologie, gli impianti termoelettrici a carbone mostrano performance ambientali sensibilmente peggiori rispetto a quelle di un ciclo combinato a gas. In sostanza il “carbone pulito” non esiste: gli impianti, anche se dotati di desolforatori, denitrificatori, filtri a maniche, ecc., sono in grado di abbattere solo una parte degli inquinanti, quali una frazione di ossidi di zolfo, di azoto e di particolato, che comunque continuano a essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari potenza a ciclo combinato a gas. I valori relativi alle emissioni (delle sole fasi di combustione) riportati nella sottostante tabella fotografano chiaramente quanto appena detto: SO2 NOX PM CO2 EMISSIONI SPECIFICHE mg/kWh mg/kWh mg/kWh g/kWh Centrale a carbone USC 280 420 71 770 Centrale a ciclo combinato a gas (CC) 2 95 1 368 In sostanza la migliore tecnologia a carbone (impropriamente detto “pulito”), nonostante la presenza dei desolforatori, mostra livelli di anidride solforosa (SO2) che possono essere ben 140 volte superiori rispetto a quelli emessi da un ciclo combinato a gas. Analogamente la presenza di denitrificatori ha permesso di ridurre le emissioni di ossidi di azoto (NOX), ma queste restano comunque circa 4,5 volte superiori rispetto a quelle del gas. Per quanto riguarda le emissioni di “polveri fini” (PM), anche con l’introduzione di filtri a manica o altri sistemi di abbattimento, queste risultano ben 71 volte superiori rispetto a quelle del gas. Occorre però anche dire che la capacità di trattenere il particolato da parte dei filtri si limita al PM10; i filtri sono assai meno efficaci sul PM 2.5 e praticamente inutili per trattenere le polveri ultra fini (PM 0.1, 0,1 m) che, proprio per le loro ridotte dimensioni, sono in grado di penetrare negli alveoli polmonari veicolando pericolosi contaminanti all’interno del nostro organismo, fattore questo che costituisce oggi la causa più importante di incremento di mortalità e morbilità. Ma vediamo ora più in dettaglio alcuni problemi legati all’inquinamento atmosferico causati soprattutto dalla combustione del carbone. E' ormai riconosciuto, a livello scientifico, come l'inquinamento atmosferico non sia più solo un problema su scala locale ma costituisca, piuttosto, un problema globale 1, questo anche a causa della circolazione 1 H. Akimoto. Global Air Quality and Pollution. Science 2003, 302, 1716 –1719 7
atmosferica che opera una complessa ridistribuzione dei contaminanti. Peraltro diverse sostanze inquinanti hanno la caratteristica di essere persistenti, così alcuni contaminanti sono stati ritrovati non solo a grandissime distanze rispetto al luogo di produzione ma anche molto tempo dopo il loro rilascio nell’ambiente. Un’ampia letteratura scientifica documenta come l’inquinamento atmosferico, prodotto dall’uso dei combustibili fossili, sia causa di gravi patologie umane 2 oltre che di seri danni all’ambiente. E’ il caso, ad esempio, delle emissioni di anidride solforosa o biossido di zolfo o diossido di zolfo (SO2), un gas incolore con caratteristico odore pungente e irritante. Oggi questo gas proviene soprattutto dagli impianti termoelettrici a carbone. Anche esposizioni di breve durata possono avere effetti negativi sull’apparato respiratorio. Ma ovviamente la gravità degli impatti sanitari è correlata alla concentrazione e al periodo di esposizione. Nel caso di prolungata esposizione ad alte concentrazioni può causare enfisema. Peraltro l’SO2, a elevate concentrazioni, determina una riduzione del pH dell'acqua contenuta nell’atmosfera: l’anidride solforosa, infatti, si ossida a SO3 che, combinandosi con l’H2O, si trasforma in acido solforico (H2SO4), provocando le precipitazioni acide che hanno effetti negativi sui sistemi forestali e sugli ecosistemi lacustri dove possono portare alla distruzione di tutte le forme di vita. Le così dette piogge acide sono peraltro responsabili del grave deterioramento di monumenti ed edifici. Occorre anche rammentare come queste precipitazioni siano dannose per i suoli giacché sottraggono elementi essenziali per la crescita delle piante e per la salute dei microrganismi che vi dimorano. Analogamente all’SO2 anche l’NO2 (biossido di azoto), in normali condizioni atmosferiche, può trasformarsi in acido nitrico (HNO3) che, come l’acido solforico, contribuisce alle precipitazioni acide con impatti simili. Per correttezza occorre rammentare come gli ossidi di azoto (NOX) abbiano molteplici cause di formazione poiché diverse sono le fonti d’inquinamento che li originano. I processi fotochimici che si possono verificare nell’atmosfera fanno si che gli ossidi di azoto, reagendo con i composti organici volatili, diano luogo alla formazione di ozono (O3) che, a livello troposferico, costituisce un inquinante nocivo per la salute delle persone e delle altre specie viventi, si tratta infatti di un gas tossico e irritante per le mucose la cui esposizione può provocare crisi asmatiche e malattie dell’apparato respiratorio. SO2 e NO2 sono anche importanti precursori del particolato secondario, quello che si origina da reazioni chimico-fisiche che avvengono nell’atmosfera. Il particolato o PM (acronimo inglese di Particulate Matter), comunemente noto come “polveri sottili”, è costituito da una complessa miscela di minuscole particelle dalla composizione chimica (sia organica sia inorganica) estremamente eterogenea e ancora solo parzialmente identificata. Si stima, infatti, che nei PM possano essere presenti centinaia o migliaia di differenti composti organici, molti dei quali nocivi per la salute. Il particolato atmosferico, a seconda delle dimensioni, è classificato in particelle grossolane, fini o ultrafini. Il particolato grossolano, deve essere indicato come PM10 e ha diametro compreso tra 10 e 2,5 µm, quello fine, indicato come PM2.5, ha diametro compreso tra 2,5 e 0,1 µm, mentre l’ultrafine, indicato come PM 0.1, ha diametro inferiore a 0,1 µm 3. Una consistente frazione del particolato ultrafine deriva proprio dai processi di combustione. Si tratta di particelle costituite da un nucleo di carbonio rivestito da altre sostanze chimiche, compresi metalli pesanti o composti organici. 2 B. Brunekreef, S. T. Holgate. Air pollution and health. Lancet 2002, 360, 1233 – 1242. 3 L.M. Brown et al., Phil. Trans. R.. Soc. Lond. A, 2000, 358, 2563. 8
Proprio le dimensioni delle particelle e la loro composizione chimica determinano l’entità del rischio per la salute umana. È assodato come proprio le particelle più piccole siano quelle maggiormente pericolose per la capacità di superare la barriera polmonare ed entrare nel circolo sanguigno. Per tale motivo un’ampia letteratura scientifica 4 5 6 è ormai concorde nel sostenere che ha poco senso continuare a ragionare in termini di massa complessiva del particolato emesso da un impianto termoelettrico (o da altra fonte) poiché si finirebbe con attribuire un peso eccessivo al PM10 rispetto al PM2.5 e, soprattutto, al PM0.1. Infatti, dal momento che il particolato ultrafine non contribuisce in modo significativo alla massa totale del particolato, le misurazioni basate solo sulla massa non rappresentano in modo corretto la sua concentrazione e provocano una forte sottostima proprio della sua frazione più pericolosa. In sostanza, essendo ogni singola particella ultrafine potenzialmente dannosa per la salute, andrebbe effettuata una quantificazione numerica delle stesse. Sono ormai molti gli studi 7 che documentano come l’esposizione al particolato sia, nel brevissimo periodo, accompagnata da un consistente incremento di casi di morbilità e di mortalità 8. Ad essere colpiti sono, soprattutto, il sistema respiratorio e quello cardiocircolatorio. Ma molti studi documentano anche il potenziale effetto cancerogeno delle polveri fini e ultrafini: ad esempio è stata dimostrata una correlazione significativa tra aumento delle emissioni di particolato e l’incremento di incidenza dei tumori al polmone 9. Tutti i lavori appena citati si erano concentrati sugli effetti del particolato primario, per contro si era trascurato il ruolo del particolato secondario, un recente studio 10 pubblicato a luglio del 2015 ha rivolto la propria attenzione proprio in quest’ambito. Tale studio, condotto in Italia e riguardante la centrale termoelettrica di Cerano a Brindisi (Puglia), ha mostrato come l'inclusione del PM2,5 secondario possa variare in modo significativo la stima impatto ambientale e sanitario di una centrale a carbone. In sostanza considerando anche il particolato secondario si estende sensibilmente l’area interessata dalle ricadute e, di conseguenza, aumenta anche la popolazione esposta all’inquinamento. Questo si traduce in un maggiore numero di decessi annui attribuibile alla centrale termoelettrica che è stimabile tra un minimo di 7 e un massimo di 44. Questi dati evidenziano come il non considerare il ruolo del particolato secondario induca a pesanti sottostime dell’impatto sulla popolazione. 4 L.M. Brown et al., Phil. Trans. R.. Soc. Lond. A, 2000, 358, 2563. 5 R.M. Harrison et al., Measurement of number, mass and size distribution of particles in the atmosphere. Phil. Trans. R. Soc. Lond. A (2000) 358, 2567-2580. 6 S. Ebelt et al., Air Quality in Postunification Erfurt, East Germany: Associating Changes in Pollutant Concentrations with Changes in EmissionsEnviron. Health Persp., 2001, 109, p325-333. 7 L. T. Marufu et al, The 2003 North American electrical blackout: An accidental experiment in atmospheric chemistry. GEOPHYSICAL RESEARCH LETTERS, VOL. 31, L13106, doi:10.1029/2004GL019771, 2004 8 B. Brunekreef, S. T. Holgate. Air pollution and health. Lancet 2002, 360, 1233 – 1242. 9 C. Pope et al. Lung cancer, cardiopulmonary mortality, and long term exposure ti fine air pollution. Journal of American Medical Association, 2002; 287:1132-1141 10 C. Mangia et al., Secondary particulate matter originating from an industrial source and its impact on population health. Int. J. Environ. Res. Public Health 2015, 12, 7667-7681; doi:10.3390/ijerph120707667 9
Altro elemento che desta preoccupazione è rappresentato dallo smaltimento della considerevole quantità di ceneri derivante dal processo di combustione. Ad esempio alcuni studi 11 dimostrano che il percolato proveniente dalle discariche che contengono queste ceneri ha un potenziale genotossico e mutageno con evidenti effetti negativi sulla vegetazione e sulle popolazioni umane esposte. Il problema si pone anche quando le ceneri sono impiegate nella preparazione del cemento, ambito in cui persiste una grossolana sottovalutazione dei rischi. Infatti i residui della combustione costituiti da ceneri volanti, ceneri pesanti e scorie di carbone contengono un'ampia gamma di metalli pesanti tossici. Per comprendere meglio le dimensioni del problema occorre rammentare come nell’Unione Europea, dalla produzione di energia elettrica da carbone, si genera quasi il 4% della produzione totale dei rifiuti provenienti dalle attività economiche. Negli Stati Uniti, ogni anno oltre 130 milioni di tonnellate di rifiuti sono generati dalle centrali a carbone. Si tratta quindi di imponenti flussi di materiali pericolosi e difficili da gestire. Altro motivo di preoccupazione, derivante dalla combustione del carbone, riguarda l’emissione di radionuclidi che comporta una maggiore esposizione alle radiazioni ionizzanti sia per chi lavora nelle centrali a carbone sia per le popolazioni residenti. Al riguardo svariati studi 12 dimostrano correlazioni significative. Peraltro le radiazioni ionizzanti, oltre ad essere causa di leucemie e tumori, esercitano effetti mutageni particolarmente gravi sull’embrione umano. Altre ricerche 13 testimoniano la necessità di maggiore attenzione per quanto riguarda l’utilizzo di ceneri volanti e pesanti nei materiali da costruzione per le abitazioni di cui andrebbe sempre valutato il livello di radiazioni emesse. La combustione del carbone costituisce poi una delle principali cause d’inquinamento da mercurio. Il mercurio e i suoi composti sono persistenti nell’ambiente ed estremamente tossici per tutte le specie viventi. L’EPA americano fin dal 1997 classifica il mercurio come sostanza chimica PBT (Persistent Bioaccumulated Toxic). Sull’uomo, dosi elevate il mercurio possono avere effetto letale, ma anche dosi relativamente ridotte possono provocare impatti molto negativi sullo sviluppo neurologico. Il mercurio è, infatti, considerato un potente neurotossico per lo sviluppo del nascituro. Questo pericoloso contaminate tende ad accumularsi nei pesci e, soprattutto, nei molluschi (frutti di mare) che, se mangiati dalle donne in gravidanza, arrivano a colpire direttamente l’embrione, causando ritardo mentale, difficoltà di apprendimento, ritardo nello sviluppo neurologico, deficit del linguaggio, della funzione motoria e dell’attenzione 14. Svariati studi condotti, soprattutto, in Nord America, correlano l’esposizione al mercurio con le prime fasi dello sviluppo embrionale. Il mercurio, infatti, convertendosi in metilmercurio (la sua 11 R. Chakraborty, A. Mukherjee. Mutagenicity and genotoxicity of coal fly ash water leachate. Ecotoxicol Environ Saf. 2009 Mar; 72(3):838-42 12 L.Dai et al. Spatial distribution and risk assessment of radionuclides in soils around a coal-fired power plant: a case study from the city of Baoji, China. Environ Res. 2007 Jun;104(2):201-8. Epub 2007 Jan 22. 13 X.Lu, X.Zhang. Radionuclide content and associated radiation hazards of building materials and by-products in Baoji, West China. Radiat Prot Dosimetry. 2008;128(4):471-6. Epub 2007 Oct 6 14 S. Booth and D. Zeller. Mercury, Food Webs, and Marine Mammals: Implications of Diet and Climate Change for Human Health Environmental Health Perspectives • VOLUME 113 | NUMBER 5 | May 2005 521 10
forma più tossica), può superare senza difficoltà la barriera placentare ed emato-encefalica, inibendo così il potenziale sviluppo mentale ancor prima della nascita. Negli Stati Uniti, dove secondo i dati EPA, oltre il 41% delle emissioni di mercurio nel Paese proviene da impianti a carbone (parliamo di quasi 50 tonnellate all’anno di mercurio rilasciate in atmosfera), esiste una vasta letteratura che, nel corso degli anni, ha indagato questo insidioso inquinante evidenziandone la provenienza oltre che gli effetti sulla salute. Ad esempio un recente lavoro 15 ha ben evidenziato la diretta correlazione tra il funzionamento di un impianto a carbone e la presenza di mercurio nell’ambiente. Sempre negli Stati Uniti un’interessante ricerca 16 che si è focalizzata sulle conseguenze economiche dell’inquinamento da mercurio prodotto proprio dagli impianti a carbone. Secondo questo lavoro, che ha limitato l’analisi al solo impatto sullo sviluppo neurologico (traducibile in una misurabile perdita d’intelligenza), si è scoperto che ogni anno un numero di bambini compreso tra 316.588 e 637.233 presenta livelli di mercurio tali da provocare perdita d’intelligenza che, nel corso della vita, si traduce in una perdita concreta di produttività con un danno economico annuo di 8,7 miliardi dollari. Di questi, 1,3 miliardi dollari/anno sono da attribuire alle emissioni di mercurio da impianti a carbone. Gli autori della ricerca ritengono che questo rilevante tributo costituisca una minaccia alla salute e alla sicurezza economica degli Stati Uniti tale da dover essere preso in seria considerazione nel dibattito sui controlli dell’inquinamento da mercurio. Un giudizio che sarebbe ancora più severo se si considerassero gli altri conclamati impatti del mercurio sulla salute: è, infatti, scientificamente dimostrato come questo provochi effetti nocivi anche sul sistema cardiovascolare, immunitario e riproduttivo. Dal processo di combustione del carbone sono rilasciate anche svariate decine di altre sostanze tossiche, che sono causa di gravi patologie. Tra questi ad esempio figurano Arsenico, Cromo e Cadmio, tutti cancerogeni secondo lo IARC. Si tratta di dati assai preoccupanti, come ricordava anche un interessante rapporto 17 che si focalizzava sulla salute dei bambini esposti alle emissioni inquinanti. Proprio negli Stati Uniti, l’EPA 18 aveva rilevato 67 differenti inquinanti emessi da tali impianti, di cui 55 noti per la capacità di influenzare lo sviluppo del cervello del bambino o il sistema nervoso. Di questi, l’EPA ne ha classificati ben 24 come cancerogeni. Il problema dell’inquinamento da carbone è particolarmente grave in Cina, dove questo combustibile è diffusamente impiegato (costituendo la fonte primaria di energia). Uno studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Pediatrics 19 riporta come il rapido sviluppo economico del paese sia stato pagato a 15 Y. Wang et al. Effect of the shutdown of a large coal-fired power plant on ambient mercury species. Chemosphere (2013). 16 L.Trasande et al. Public Health and Economic Consequences of Methyl Mercury Toxicity to the Developing Brain. Environ Health Perspect. 2005 May; 113(5): 590–596 17 Children at Risk. How Air Pollution from Power Plants Threatens the Health of America’s Children. Clean Air Task Force, May 2002 18 U.S. EPA. 1998. Study of hazardous air pollutant emissions from electric utility steam generating units – final report to Congress. February. 453/R-98-004a 19 A.Millman et al. Air Pollution Threatens the Health of Children in China. PEDIATRICS Volume 122, Number 3, September 2008 11
costo di un gravissimo degrado ambientale che ha colpito la salute di moltissime persone, soprattutto bambini. In Cina ogni anno ci sono oltre 300.000 decessi che si stima dovranno raddoppiare entro il 2020. A questi si devono poi aggiungere ben 20 milioni di casi di malattie alle vie respiratorie. Il tutto con un costo esorbitante per la salute. Negli Stati Uniti è stato stimato 20 che gli effetti dell’inquinamento provocato dalla filiera del carbone siano tra le prime 4 o 5 cause di mortalità: durante l’intero ciclo di vita del carbone (attività minerarie, trasporto, combustione, gestione delle scorie, ecc.) si hanno impatti rilevanti sulla salute delle persone. Anche in Italia non mancano studi 21 che attestano un aumento significativo di mortalità per tumore al polmone connessa alle emissioni di metalli pesanti provenienti da una centrale a carbone. E’ il caso, ad esempio, di La Spezia (in Liguria) e provincia dove, proprio nelle aree con maggiore ricaduta degli inquinanti (soprattutto metalli pesanti) prodotti dell’impianto, si riscontrava il maggior numero di decessi, addirittura più che doppi rispetto alle aree non esposte. Sempre in Liguria, ma nella provincia di Savona, i dati di mortalità nel periodo 1988-1998 22 dimostrano un’incidenza statisticamente significativa di patologie tumorali al polmone, patologie ischemiche cardiovascolari e cerebrovascolari (ictus) ben correlabili con la presenza della centrale a carbone di Vado. Del resto la gravità della situazione ambientale e sanitaria in quest’area, ripetutamente denunciata dall’Ordine dei Medici della Provincia di Savona, sembra trovare ulteriore conferma in base a quanto si legge nel Decreto di Sequestro Preventivo dei due gruppi a carbone della centrale termoelettrica di Vado Ligure, emesso da parte del Tribunale di Savona in data 11 marzo 2014. Nel testo del Decreto si parla infatti di disastro ambientale e sanitario “nelle aree di ricaduta delle emissioni della centrale, come provato dalle indagini ambientali ed epidemiologiche espletate, che hanno evidenziato un aumento della morbilità e della mortalità, esclusivamente attribuibile alle emissione della centrale”, quantificabile in un numero di ricoveri è decessi riassunto nella seguente tabella: 20 A.H. Lockwood et. Al. Coal’s Assault on Human Health. A report from Physicians for Social Responsibility. November 2009 21 S.Parodi et.al. LUNG CANCER MORTALITY IN A DISTRICT OF LA SPEZIA (ITALY) EXPOSED TO AIR POLLUTION FROM INDUSTRIAL PLANTS, Tumori, 90: 181-185, 2004 22 C Casella et al. Atlante della Mortalità nella Provincia di Savona 1988 – 1998. IST Genova 12
Nell’Unione Europea (a 27 paesi) era stato stimato che l’impatto sanitario causato dagli impianti a carbone ammonti a 18.200 morti premature all’anno, 8.500 nuovi casi di bronchiti croniche, oltre 4 milioni di giorni di lavoro persi. I costi economici dell’impatto sanitario provocato dalla combustione del carbone in Europa si stima siano compresi tra 15,5 e 42,8 miliardi di euro annui. Tali costi sono principalmente associati a malattie a respiratorie e cardiovascolari 23 che costituiscono due dei più rilevanti gruppi di malattie croniche in Europa. Aggiungendo le emissioni da centrali a carbone in Croazia, Serbia e Turchia, le cifre per l'aumento della mortalità arrivano a 23.300 morti premature, o 250.600 anni di vita persi, mentre i costi totali sono fino a 54,7 miliardi di € all'anno. Un aggiornamento di questi dati, ancora in fase di elaborazione, sembra mostrare numeri ancora più drammatici. In un interessante lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet 24, gli autori stimano che in Europa per ogni TWh di energia elettrica prodotta da carbone vi siano mediamente 24,5 morti, 225 affetti da malattie gravi (insufficienza cardiaca e bronchite cronica) e 13.288 colpiti da malattie minori. Nello stesso articolo si afferma che l’impatto è assai più alto quando si impiega la lignite: per ogni TWh di energia elettrica, prodotto con questo combustibile, si hanno mediamente 32,6 morti, 298 malati gravi e 17.676 malati con affezioni di minore entità. Gli autori della ricerca ricordano anche come questi dati possano essere assai più negativi se l’energia elettrica da carbone viene generata con tecnologie meno efficienti in paesi con standard ambientali più bassi e con maggiore densità di popolazione. A tal proposito si cita uno studio 25 condotto nella provincia dello Shandong in Cina secondo cui per ogni TWh da carbone si avrebbero 77 decessi, una mortalità praticamente tripla di quella europea. 23 HEAL. The Unpaid Health Bill: How coal power plants make us sick. March 2013 24 Markandya, A. and Wilkinson, P. (2007) Energy and health 2: Electricity generation and health. The Lancet 370(9591): 979–990. 25 Eliason B, Lee Y, eds. Integrated assessment of sustainable energy systems in China. Dordrecht, Netherlands: Kluwer Academic Publishers, 2003. 13
La transizione energetica è già iniziata: a che punto è La Spezia? di Daniela Patrucco* * sociologa dell’ambiente – portavoce del Comitato SpeziaViaDalCarbone e Vice Pres. della Coop. Retenergie - scrive di energia, ambiente, salute e società su diverse testate e sul blog SpeziaPolis. Fin dagli anni ’60 i cittadini che hanno sperimentato la vicinanza a un impianto produttivo inquinante sono stati in grado di rilevarne gli effetti nocivi sulla salute. Già allora, ma spesso ben prima, evidenze scientifiche consolidate testimoniavano la nocività di alcune produzioni industriali. Due soli esempi per tutti. L’amianto, con l’evidenza della sua cancerogenicità che si dà per acquisita nella comunità scientifica fin dagli anni ’60, anche se in realtà c’erano prove confortanti ben prima1. Il carbone, con l’intuizione di Sir Percival Pott (1714 -1788) che teorizzò che l’elevata incidenza di tumori cutanei degli spazzacamini potesse dipendere dalla loro elevata esposizione a fuliggine di carbone2. Negli anni successivi, grazie a una buona comunicazione da parte delle industrie, di una politica acriticamente industrialista e a un’indiscutibile fiducia nella tecnologia come soluzione di tutti i problemi, una quota sempre maggiore di popolazione è stata portata a credere che non ci fossero limiti: non alla produzione, non ai consumi, non alle risorse disponibili, non alla capacità della tecnologia di contenere, quando non azzerare, gli impatti ambientali e sanitari delle produzioni inquinanti. I nodi sono venuti al pettine, non a caso, con la crisi economica. Anche se sarebbe più corretto dire che la crisi economica si è realizzata proprio a causa di quegli stessi nodi mai risolti. Sebbene non abbia ancora generale e piena consapevolezza delle cause, un numero sempre più grande di cittadini ha tuttavia ben chiaro che le promesse degli anni ’60, e anche quelle degli anni ’90, sono state tradite: il benessere è stato di breve durata, le risorse sono in esaurimento, la tecnologia dei miracoli non esiste e la buona tecnologia è troppo costosa per consentire i profitti elevati cui le imprese si sono nel frattempo assuefatte. Usciamo da oltre cinquant’anni di pressione ambientale senza risorse per fare le bonifiche delle vaste aree di territorio contaminate né per le cure sanitarie di una popolazione che forse vive più a lungo ma che si ammala molto prima. Facciamo nascere bambini già malati. La Liguria e La Spezia non fanno eccezione: ampie porzioni di territorio contaminato, elevati tassi di disoccupazione, una popolazione vecchia e una sanità allo sfascio. Ma il punto non è tanto e solo l’attribuzione di responsabilità – alla politica, alle imprese, ai mezzi d’informazione, agli intellettuali, agli scienziati e ai cittadini – quanto di prendere atto della necessità di un deciso cambiamento di rotta. Opportuno oltre che necessario, per stimolare un’economia più giusta e sostenibile, in grado di redistribuire equamente la ricchezza che produce, per garantire il ben-essere al maggiore numero di persone oggi e alle generazioni future. Breve storia della centrale Enel Eugenio Montale della Spezia. Inaugurata nel 1962, alimentata prima a olio combustibile e in seguito a carbone e gas, la centrale ha raggiunto nel 1968 la sua potenza massima di 1835 MW. Già dal 1963 gli abitanti dei quartieri limitrofi lamentano danni alle colture e un pregiudizio al benessere generale a causa dei residui della combustione (acido solforico nebulizzato). Nel 1971, in assenza 1 Crimini d’impresa - http://speziapolis.blogspot.it/2015/07/la-terra-bianca-una-delle-terre-dei.html 2 La chimica ambientale, il carbone, la prevenzione dei tumori - http://speziapolis.blogspot.it/2011/09/la-chimica-ambientale-il- carbone-la.html 14
di garanzie per la salute dei cittadini, un’ordinanza comunale impone il funzionamento con combustibile liquido a tenore di zolfo non superiore all’1%.3 Il conflitto vero e proprio e le mobilitazioni iniziano però alla fine degli anni ’80 e culminano con un referendum cittadino che sancisce la volontà dei cittadini di chiudere la centrale. La centrale viene chiusa nel 1991 su ordine del Sindaco per violazione della legge Merli (319/76) sugli scarichi termici ma è in seguito riaperta grazie alla modifica della legge medesima. In luogo della sua chiusura, dalla metà degli anni ’90 la centrale è interessata a lavori di ambientalizzazione con viene depotenziata e parzialmente convertita all’uso del gas con la prospettiva della sua chiusura nel 2005. Nei primi anni 2000 la centrale riparte con l’attuale configurazione di 1280 MW: due unità alimentate a gas da 340 MW cadauna e una da 640 MW alimentata con carbone dovrebbero dividersi equamente la produzione di energia. Ma già dal 2005 la produzione a gas inizia a calare e nel 2008 scende intorno al 20% per azzerarsi definitivamente nel 2011. Attualmente la centrale brucia esclusivamente carbone e i gruppi a gas stanno per essere smantellati. Il conflitto locale: giustizia, salute, inquinamento, politica. E’ nel 2011, in occasione del procedimento di rilascio dell’AIA alla centrale, che si accende l’attuale conflitto. La Spezia, seconda delle tre città liguri che ospitano una centrale a carbone, condivide con Vado Ligure le stesse “istituzioni neghittose” che secondo la Procura di Savona hanno consentito che il carbone di Tirreno Power determinasse “un danno” per la salute della popolazione.4 Al contrario di quanto accade a Vado, tuttavia, ai cittadini della Spezia manca il sostegno della comunità dei medici: nonostante il dettato dell’Art. 5 del proprio Codice deontologico, l’Ordine dei Medici della Spezia in questi anni non ha mai messo al centro della propria azione il carbone e l’inquinamento e nessun medico della Spezia si è mai espresso pubblicamente sulla questione. “Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini. A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo appropriato delle risorse materiali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile. Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva”. (Art. 5 Codice deontologico dei Medici). Nonostante i numerosi e corposi esposti presentati tra il 2012 e il 2014 dal Comitato SpeziaViaDalCarbone, la Procura della Repubblica della Spezia si è limitata all’apertura di un fascicolo per “getto di cose pericolose” e un primo corpo di indagini portate a termine dal Corpo Forestale dello Stato non ha prodotto conseguenze pubblicamente apprezzabili, anche se il fascicolo è tuttora pendente. Uno o più esposti non costituiscono alcuna prova di reato ma l’accertamento della loro consistenza dovrebbe costituire una garanzia anche per l’impresa oltre che per i cittadini, nel rispetto di un Codice che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale. Il Comitato SpeziaViaDalCarbone è intervenuto nel procedimento di rilascio dell’AIA (2011/2013) chiedendo il ripristino dell’utilizzo del gas come combustibile e la relativa riduzione dell’uso del carbone, appellandosi al principio di precauzione e dopo aver diffidato il sindaco della Spezia a rilasciare parere sanitario favorevole senza disporre di indagini esaustive circa lo stato di salute della popolazione.5 Nel procedimento di rilascio dell’AIA sono state ignorate le osservazioni e le richieste del Comitato insieme a diversi autorevoli studi scientifici del recente passato. Il primo, pubblicato nel 2004 e realizzato utilizzando i dati della mortalità per cancro ai polmoni tra il 1988 e il 1996, confermava “l’associazione 3 1893-1993 I sindaci della Spezia, uomini in lotta per una poltrona http://speziapolis.blogspot.it/2011/10/1889-1993-i-sindaci- della-spezia-uomini.html 4 Sequestro Tirreno Power http://speziapolis.blogspot.it/2014/03/sequestro-tirreno-power-violazioni.html 5 Diffida al Sindaco della Spezia - http://www.speziapolis.org/dp/diffida_federici.pdf 15
ecologica tra la mortalità delle femmine per cancro al polmone e l’esposizione all’inquinamento ambientale, misurato attraverso la concentrazione di metalli pesanti nei licheni […] l’eccesso statisticamente significativo di mortalità delle donne nelle due aree (SP5 e Porto Venere ndr) esposte all’inquinamento industriale.” Nello studio si legge che “Sebbene questo studio mostri solo la contaminazione da vanadio, le analogie osservate per gli altri metalli pesanti suggeriscono che la centrale elettrica ubicato nel distretto SP5 sia la più importante fonte di inquinamento nella zona. Questa conclusione è in accordo con altre indagini che hanno trovato un’alta concentrazione di metalli pesanti (A1, As, Cd, Fe, Mg, Hg, Ni, Pb, Cu, Ti, Zn) nei licheni che crescono nelle aree esposte all’inquinamento prodotto dalla centrale a carbone. Alcuni di questi metalli (es. As, Cd, Cr, Ni) possono essere considerati essi stessi fattori di rischio per il cancro al polmone. Inoltre la loro distribuzione spaziale può rappresentare la strada seguita da altri inquinanti cancerogeni per il polmone non misurati (es. IPA contenuti nelle PMx) e trasportati dai venti prevalenti.”67 Il secondo studio ignorato – il “Piano di monitoraggio per il controllo dell’ambiente marino costiero” realizzato da Arpal nel 2010 – riguarda una ricerca basata sul bioaccumulo dei mitili. L’analisi dei mitili prelevati all’Isola Palmaria (Parco regionale naturale di Porto Venere e Sito Unesco) ha evidenziato proprio in questo campione il valore massimo regionale di Cromo Cr (20 mg/kg s.s) e la concentrazione massima di Arsenico As (18,00 mg/kg s.s) e Nichel Ni (5,50 mg/kg s.s). Inoltre, mentre per il cadmio i valori sono al di sotto dei limiti di legge in tutte le stazioni, i valori di Piombo Pb registrati ad Imperia, Vado, Voltri e alla Palmaria risultano superiori a tale limite. Il picco massimo è raggiunto nel campione della Palmaria (2,82 mg/kg s.f).8 Un terzo studio è invece stato preso in seria, ancorché parziale, considerazione. Commissionato dal Comune della Spezia, realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità e presentato a pochi giorni dalla Conferenza dei Servizi nel procedimento di AIA, vi si legge che: "i risultati del presente studio non rilevano nell’attività della CTE alimentata a carbone, almeno per quanto riguarda i macroinquinanti, un elemento di degrado della qualità ambientale capace di indurre rischi per la salute sui cittadini residenti alla Spezia. … al di là dell’efficiente diluizione delle emissioni operata dai dispositivi adottati, è la struttura stessa delle ricadute al suolo delle emissioni dal camino a garantire un interessamento molto limitato dell’area abitata". Considerazione rassicurante, anche se discutibile dunque, cui tuttavia si aggiunge: "Tutto ciò ovviamente non significa che la CTE non abbia effetti sulla salute all’infuori dei confini comunali… Ossidi di azoto e di zolfo, anidride carbonica, e composti organici 6 L'uso di licheni e muschi come bioindicatori per il monitoraggio dell'inquinamento dell'aria (1995) - http://www.speziapolis.org/dp/studio licheni.pdf 7 Lung cancer mortality in a district of La Spezia (Italy) exposed to air pollution from industrial plants , pagg. 181‐185, 2004 Tumori, numero 90, a cura di Stefano Parodi, Roberta Baldi, Claudia Benco, Michela Franchini, Elsa Garrone, Marina Vercelli, Floriana Pensa, Riccardo Puntoni e Vincenzo Fontana, http://scholar.google.it/scholar_url?url=http://www.researchgate.net/profile/Riccardo_Puntoni/publication/8470614_Lung_cance r_mortality_in_a_district_of_La_Spezia_(Italy)_exposed_to_air_pollution_from_industrial_plants/links/0fcfd509814e0bad5f00000 0.pdf&h in Inquinamento, cancro al polmone e il carbone dell'Enel: vecchi studi scientifici alla Spezia http://speziapolis.blogspot.it/2014/02/inquinamento-cancro-al-polmone-e-il.html 8 Piano di monitoraggio per il controllo dell’ambiente marino costiero, ARPAL, 2010 http://www.arpal.gov.it/images/stories/meteo/Documenti_sito/ARPAL/Relazione Monit Minist 2010.pdf 16
volatili sono efficaci precursori di inquinanti secondari quali particolato fine ed ozono che agiscono nell’area vasta".9 L’aspetto più inquietante, tuttavia, riguarda la sistematicità con cui sono ignorate anche le evidenze scientifiche di portata internazionale. A tutti i livelli – centrale e locale, e in tutti gli ambiti istituzionali, autorizzativi e di sorveglianza ambientale e sanitaria – l’applicazione del principio di precauzione è ribaltato. Le autorizzazioni vengono rilasciate in assenza di dati che provino con certezza un pericolo per la salute di una determinata popolazione e a causa di uno specifico impianto produttivo, dati che non ci sono perché le indagini ambientali e sanitarie non si fanno. Tutto ciò sebbene quotidianamente si legga, come di recente, che indagini su particolato e inquinamento atmosferico da NO2 hanno messo in evidenza un'associazione con un aumento del rischio di attacchi cardiaci gravi, pur essendo lo smog rilevato entro i livelli europei raccomandati. A seguito di una ricerca realizzata tra il 2009 e il 2013 su 11.428 ricoveri per infarto del miocardio, gli scienziati hanno scoperto che un aumento di 10g/m3 nelle concentrazioni di Pm2.5 è associato a una crescita del 2,8% del rischio di attacco cardiaco grave, mentre con un aumento di 10 mg/m3 nel NO2, il pericolo lievita del 5,1%. Sta di fatto, è scritto, che "il legame tra infarto e smog è stato osservato entro un giorno di esposizione e nonostante il fatto che le concentrazioni di inquinanti atmosferici rientrassero negli standard di qualità dell'aria accettati a livello europeo.10 La progressiva riduzione dell’uso dei gruppi a gas, unita all’obsolescenza della centrale Enel (oltre 50 anni) - che non ha ancora concluso l’adeguamento dell’impianto alle Migliori Tecnologie Disponibili (MTD) - ha determinato il progressivo aumento delle immissioni relative di NOx e SOx, rispettivamente del 40% e del 100% tra il 2008 e il 2012. Poiché - come si legge nel Piano Regionale della Qualità dell’aria - “nella Provincia della Spezia il maggior apporto di NOx è dato dalla combustione nell'industria dell'energia (57%) che contribuisce per il 96% alle emissioni di SOx, il 42% di PM2,5, il 69% di PM10, il 50% di COV e il 31% di CO”, grazie alla centrale la città della Spezia si è guadagnata il primato italiano per le immissioni di NOx e SOx. Mentre nel periodo 2000-2012 le 72 città italiane monitorate nel X° Rapporto Urbano pubblicato da Ispra nel Dicembre 2014 hanno ridotto e spesso dimezzato le loro emissioni, alla Spezia si registra un aumento delle emissioni complessive pari al 70% per NO2 e oltre il 100% per l’SOx.11 Il 29 Maggio 2015 il Comitato SpeziaViadalCarbone è intervenuto all’Assemblea degli azionisti di Enel. A precisa domanda sul futuro della centrale della Spezia l’AD di Enel ha confermato che la centrale chiuderà il suo gruppo a carbone non oltre lo scadere dell’AIA, al più tardi nel 2021. “La centrale ha una durata di vita prevista fino al 2021 … il fatto che la centrale sia molto vicina al tessuto urbano non è certamente una cosa bella e non siamo contenti” – ha detto Francesco Starace confermando peraltro l’immediata dismissione dei gruppi a gas, smentendo categoricamente quanto affermato in precedenza dal Sindaco della Spezia, e ribadendo la volontà di Enel di non insediare in futuro impianti produttivi in tessuto urbano, né a Spezia né altrove: “le unità a gas sono in dismissione… siamo contenti che il sindaco dismetta o meno la nostra centrale, la centrale è in dismissione e basta … non ce la sentiamo di continuare a fare altre cose”.12 Immediata la reazione delle RSU della centrale che, sebbene Enel abbia garantito la tutela dei posti di lavoro, rifiutano la dismissione dei gruppi a gas e la successiva definitiva chiusura nel 2021, chiedendo 9 Uso dei dati di qualità ambientale per la valutazione dei rischi per la salute, M.E. Soggiu, A. Bastone, L. Palumbo, G. Marsili, Istituto Superiore di Sanità, Roma, pag. 7 in Atti del "Salute e ambiente nel territorio spezzino" del 29 maggio 2013 https://drive.google.com/folderview?id=0B8_EUJRk2RSKZENDZmp6VUxNZ1k&usp=sharing 10 Convegno della Società Europea di Cardiologia: Rischio infarto a un’ora dall’esposizione http://speziapolis.blogspot.it/2015/09/rischio-infarto-unora-dallesposizione.html 11 Qualità dell'ambiente urbano. Ispra, X Rapporto, Edizione 2014 - http://speziapolis.blogspot.it/2014/12/ispra-2014-unica- in-italia-spezia.html 12 Assemblea degli azionisti ENEL 2015: SpeziaViaDalCarbone azionista critico - http://speziapolis.blogspot.it/2015/05/assemblea-degli-azionisti-enel-2015.html 17
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