Osservatorio sulla Gdo alimentare italiana e i maggiori operatori stranieri - Marzo 2021

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Osservatorio sulla Gdo alimentare italiana e i
        maggiori operatori stranieri

                   Marzo 2021
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Indice

 1   Sintesi……………..………………….……………………………………………………………………………….……….………....                                      4

 2   Evoluzione della Gdo alimentare in Italia: passato recente e prossimo futuro……..………………………….……...….   12

 3   Le società italiane esaminate………………………………………...………………………………………………………..……                             19

 4   Le società estere esaminate…….……………………………………………………………………………………………..……                                22

 5   I dati aggregati dei maggiori operatori italiani (2015-2019)………………………………………………………….………               28

 6   Alcuni dati di dettaglio sui singoli operatori………………………………………………………………………..…………….                    34

 7   Contributi e servizi promozionali ai fornitori……………………………………………………...……………………………….                   40

 8   Prodotti a marchio del distributore (MDD - Private Label)……………………………………………………………………..                40

 9   Gli aggregati Coop e Conad………….…………………………………………………………………………………………….                                  42

10   Uno sguardo sui maggiori operatori delle unioni volontarie e consorzi…………………………………………………….           47

11   I multipli del settore retail grocery in Europa Occidentale……………………………………………………………………                49

12   Cenni ai drugstore italiani (2015-2019)…………………………………………………………………………………………….                          50

13   I maggiori operatori stranieri (2015-2019)………………………………………………………………………………………...                       52

14   La sostenibilità nella Gdo italiana e internazionale…………………………………………………………………………….                   61

     Appendice - Tabelle analitiche…………………………………………………………………………………………………….                                68

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1 Sintesi
La Gdo italiana resta connotata da alcuni limiti strutturali il cui superamento potrebbe essere
accelerato dalla crisi sanitaria iniziata nel 2020. Si tratta di deficienze note. Il mercato italiano
del grocery presenta prospettive di crescita più modeste rispetto ai principali Paesi europei.
Le previsioni formulate prima della pandemia indicavano fino al 2023 un’espansione media
annua dei ricavi dell’1,7% per l’Italia rispetto a valori ampiamente superiori al 2% per i
maggiori mercati stranieri, con punte del 2,8% per il Regno Unito e del 2,9% per la Germania.
Anche la quota di vendite on-line, prima dell’accelerazione impressa dalla crisi sanitaria,
vedeva l’Italia giungere al 2023 con una quota del 3%, lontana da alcuni Paesi leader quali
il Regno Unito (7,9%) e la Francia (6%).

Il mercato italiano abbina alla propria modesta dinamica un livello di frammentazione che
resta elevato rispetto ai peer europei. Sotto questo profilo, alcuni episodi recenti lasciano
supporre che il tema del consolidamento sia in una qualche misura passato da opzione
teorica a declinazione pratica. Ne è sintomo l’acquisizione promossa da Conad nei
confronti delle attività italiane del gruppo Auchan la cui rete di negozi non oggetto
d’interesse dell’acquirente ha formato occasione di ampliamento per altri operatori italiani.
Ma non solo: alcune imprese appartenenti alla Distribuzione Organizzata hanno sfruttato la
propria struttura duttile per promuove significativi ampliamenti della propria base associativa
(ad esempio, Selex e VéGé). La stessa iniziativa di Conad ha mostrato come i gruppi
cooperativi (o associativi) siano in grado di mobilitare non solo ingenti grandezze
commerciali, ma anche di organizzare risorse finanziarie importanti, nonostante la propria
base proprietaria frammentata e variegata. In effetti, la quota di mercato dei primi cinque
retailer italiani si è portata dal 51,3% del 2017 al 57,5% del 2020, un balzo importante che
consente al nostro sistema della Gdo di superare la Spagna (50% circa), pur lasciandolo
ancora distante dai livelli di Francia (78,1%), Gran Bretagna (75,3%) e Germania (75,2%).
D’altra parte, al disotto dei grandi player a insegna nota, operano realtà di media
dimensione a radicamento geografico circoscritto spesso protagoniste di crescite e
performance economiche di grande rilevanza che potrebbero a loro volta essere veicolo di
processi aggregativi (sia come attori che come target).

La scala ancora ridotta degli operatori italiani e la scarsa dinamica del mercato domestico
sottopongono i nostri retailer a una forte pressione competitiva, sia orizzontale (vs altri
retailer) sia verticale (vs la catena di fornitura). Ciò concorre a rendere difficoltoso il
trasferimento al consumatore degli aumenti dei listini che si manifestano lungo la filiera. Si
tratta di un aspetto che non può essere dissimulato dalla bolla che la Gdo ha vissuto
durante la pandemia (anche con aumento dei prezzi nella prima fase del lockdown) e che
è destinato a riemergere in un contesto di auspicata nuova normalità che porta con sé
un’ampia incertezza circa l’evoluzione del potere di acquisto dei consumatori. L’afflusso
straordinario di clientela della prima metà del 2020 ha da un lato esonerato le imprese
dall’agire con la consueta intensità sulla leva promozionale (da cui una temporanea

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crescita dei prezzi), dall’altro le ha richiamate a gestire al meglio l’assortimento e la
continuità dell’offerta e la fruizione dei negozi in condizioni di sicurezza. Nel momento della
stesura di queste righe, gli impatti nel 2020 sui margini degli operatori della Gdo non sono
noti. Le più recenti indicazioni sui consuntivi del 2020 indicano una crescita delle vendite
della Distribuzione Moderna del 5% (a rete costante, compreso l’e-commerce). Qualche
elemento in più è ricavabile dai conti preliminari del 2020 rilasciati dai maggiori operatori
internazionali quotati. Essi indicano una crescita del fatturato dell’8,3% e del margine
industriale (Ebit) del 17,1%. Il risultato netto segnerebbe addirittura un progresso del 42,4%,
nonostante l’aggravio di alcuni costi di esercizio.

Si tratta di tendenze che, salvo scenari nuovamente catastrofici, sono destinate a essere
riassorbite, come già era avvenuto nella seconda parte dell’anno, prima della risalita
autunnale dei contagi. Le attese per il 2021 indicano una decrescita della Distribuzione
Moderna dell’1,6%. Il riaffacciarsi quindi di una limitata possibilità di recuperare
l’adeguamento dei listini attraverso i prezzi di vendita porta all’inevitabile conseguenza di
mettere sotto pressione i margini della Gdo italiana. I dati del quinquennio precedente la
crisi sanitaria (2015-2019) appaiono in questo senso univoci e interessano tutte le principali
tipologie di operatori che pure si differenziano ampiamente quanto a consistenza della
marginalità. In aggregato, il Roi della Gdo italiana è calato monotonicamente dal 5,9% del
2015 al 4,9% del 2019. L’ebit margin si è portato dal 2,5% del 2015 al 2,1% del 2019.

La ricerca di maggiore efficienza appare quindi una sfida ineludibile per i player italiani. Essa
può certamente essere perseguita anche attraverso un’opportuna differenziazione
dell’offerta, in termini soprattutto di servizi praticati al cliente così da trasmettergli la
percezione di potersi appropriare di un maggiore valore attraverso l’esperienza di acquisto.
L’affinamento della capacità di appagare gli aspetti emozionali o esperienziali dell’acquisto
è una via inevitabile in un’ottica di differenziazione. Ma un driver primario resta quello del
prezzo, o meglio del rapporto qualità-prezzo (value for money). In questo senso,
un’adeguata dimensione, con le relative efficienze e opzioni strategiche che essa apre,
appare un obiettivo desiderabile per gli operatori italiani.

La rinormalizzazione dei volumi d’acquisto e delle sue tendenze più strutturali non è tuttavia
destinata a manifestarsi in costanza delle condizioni prepandemiche. Diversi fattori
risulteranno, in misura più o meno accentuata, accelerati nella loro dinamica o accresciuti
nel proprio livello di criticità.

1.   Ricorso alla multicanalità, con prosecuzione della crescita degli acquisti on-line sia
     attraverso l’home delivery che click and collect, modalità quest’ultima che ha vissuto
     un’esplosione nella fase emergenziale. La soglia del 3% di e-commerce nel food e nel
     grocery per l’Italia, che le stime prepandemiche collocavano almeno al 2023, potrebbe
     essere approssimata già nel 2021. Molto dipenderà dal tenore dell’esperienza che
     hanno vissuto i consumatori indotti dalla pandemia alla sperimentazione dell’on-line e
     quindi dalla loro disponibilità a farne uno strumento ordinario di shopping. L’e-commerce
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non è destinato a decretare il tramonto del negozio fisico, ma piuttosto un suo
     ripensamento nel quale dare enfasi ai prodotti che maggiormente possono introdurre un
     elemento di piacere e appagamento nel fare la spesa (to shop=to enjoy). Il riferimento è
     al fresco o al freschissimo, a quegli articoli non standard (e.g. il vino), nei quali ha rilievo
     la valutazione personale e magari la consulenza di un addetto, e in generale a tutte le
     referenze rubricabili al di fuori dei c.d. low-engagement products.

2.   Profittabilità dell’e-commerce. Il mercato tratta questo segmento alla guisa di una start
     up, con multipli EV/Ebitda che nel 2020 sono cresciuti da 27,3x a 52,3x sulle borse
     europee occidentali. I mercati dunque sembrano scontare e anticipare grandi
     prospettive. Ma la redditività corrente resta ampiamente deficitaria. Il differenziale tra
     Roi e Wacc è negativo per circa il 10% nel biennio 2019-2020. Alcune stime indicano che
     a fronte di un ebit margin attorno al 3% per gli store fisici, l’e-commerce segna valori
     negativi anche superiori al 10%, sia che sia svolto in house che appaltato a un soggetto
     terzo. Stante l’inopportunità di non essere presenti sul canale digitale, pena la perdita di
     una quota di mercato, è presumibile che una buona parte dei retailer non nativi digitali
     stia sussidiando con i margini del canale fisico le perdite del canale on-line.

3.   Impatto tecnologico, con riguardo in particolare a tutte le soluzioni che possono
     aumentare il livello del controllo dell’esperienza della spesa (veloce individuazione del
     prodotto cercato o desiderato, sua rispondenza a certe caratteristiche organolettiche o
     alla propria dieta o stile di vita, offerte dedicate e personalizzate) e aiutare nel risparmio
     di tempo (check out automatico, pianificazione di un percorso ottimizzato e veloce),
     con riduzione dei tempi morti e organizzazione della spesa senza frizioni (frictionless). La
     coda alla cassa, ad esempio, rappresenta un tipico fenomeno di peak-end in grado di
     caratterizzare in negativo, nella sua fase finale, l’esperienza di acquisto all’interno del
     negozio. Nel più lungo periodo resta sullo sfondo l’impatto che le soluzioni tecnologiche
     possono portare in termini di organizzazione della forza lavoro. La sola componente del
     personale alla cassa è stimata valere il 20% del totale e si valuta che fino al 50% di esso
     possa risultate in esubero nei prossimi anni.

4.   Ulteriore scadimento delle performance delle grandi superfici. Dal 2010 le vendite per
     metro quadro degli Iper sono calate di oltre il 18%, da circa 7.100 a 5.800 euro. La
     permanente ritrosia alla frequentazione di luoghi dispersivi, sovente a collocazione
     periferica, non può che agire come ulteriore fattore penalizzante per il canale. D’altra
     parte, le grandi superfici potrebbero essere associate a minore affollamento o a
     maggiori opportunità di mantenere il distanziamento, ammesso che esso rimanga
     un’esigenza anche nel futuro. La preferenza per i superstore di prossimità appare
     destinata a permanere, così come quella dei Discount che sempre maggiormente
     riescono a conciliare la tradizionale immagine di economicità a quella di qualità e
     assortimento, ovvero a combinare la razionalità della scelta (prezzo) con il suo aspetto
     emozionale (esperienza).

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5.   Ricomposizione del carrello della spesa, ad esempio a favore del confezionato rispetto
        al peso variabile associato minore igienicità, ma soprattutto a vantaggio di provenienza
        (italiana o addirittura locale), tracciabilità del prodotto, prossimità (km 0), sue proprietà
        funzionali e composizione rispettosa dei principi salutistici. Talune tipologie
        merceologiche (bio, free from, rich in, alimentazione funzionale e nutraceutica, filiera
        corta e tracciabile) potrebbero invertire le caratteristiche della propria presenza nei
        negozi che le ha portate dalla iniziale esposizione in corner alla rifusione nello scaffale,
        per tornare a essere esposte in spazi dedicati (shop-in-shop). In questo ambito, le
        caratteristiche delle marche del distributore appaiono congrue a soddisfare tali
        esigenze, tanto più che la loro diffusione in Italia segna una significativa distanza con i
        peer europei (22,3% l’Italia vs 46,8% del Regno Unito e 43,1% della Germania). Vi è poi da
        rimodulare l’offerta della gastronomia e del ready to eat, adatti a soddisfare le esigenze
        di quanti non dispongono di tempo per la cucina, il cui consumo è stato depotenziato
        dalla permanenza a casa e dall’home working, ma che potrebbe essere rivitalizzato
        dalle esigenze di quanti lavorando preferiscono consumare il pasto sul luogo di lavoro.

   6.   Strategicità della promozione versus politiche LPED (low price every day). Nel 2020 le
        iniziative promozionali hanno vissuto un anno in cui sono state calibrate in ottica
        congiunturale, con forte riduzione nei mesi di accesso massivo della clientela e utilizzo
        nei mesi di rinormalizzazione della domanda. Il trend di più lungo periodo appare
        tuttavia calante, dal 31,5% del 2014 al 26,4% del 2020. E’ cruciale in questo senso
        l’osservazione dell’evoluzione del potere d’acquisto dei consumatori nella normalità post
        pandemica.

Quanto alle caratteristiche strutturali del campione di imprese qui considerate, esse sono
riassunte a seguire.

   1. I dati strutturali indicano nel 2019 un fatturato aggregato dei maggiori operatori della
      Gdo italiana, rappresentativi di circa il 93% del mercato della Gdo nazionale a
      prevalenza alimentare, pari a 82,2 miliardi di euro (al netto di Iva), con un incremento del
      3,4% sul 2018 a perimetro effettivo (2,1% l’anno precedente). Il tasso di crescita medio
      annuo (cagr) 2015-2019 è del 3,3%. La Distribuzione Organizzata, che comprende forme
      consortili e di unione volontaria al netto delle cooperative di Legacoop, ha realizzato nel
      2019 vendite per 30,9 miliardi, pari al 37,6% del totale; la Grande Distribuzione, relativa a
      gruppi societari gerarchici (esclusa Margherita Distribuzione), si è assestata a 17,3 miliardi
      che valgono il 21% del totale; Coop e Conad, che aderiscono alla Lega delle
      Cooperative, cubano 20,2 miliardi, ovvero il 24,6% dell’industry; infine il canale discount,
      con vendite pari a 13,8 miliardi (esclusa Penny Market), rappresenta il residuo 16,8% del
      mercato. Gli operatori italiani a controllo straniero hanno realizzato vendite per 11,5
      miliardi, pari al 14% dell’aggregato. Il fatturato di Conad qui considerato è
      prevalentemente relativo al solo sell-in e pari al 65% delle vendite dichiarate al dettaglio.

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2. L’incremento delle vendite dell’aggregato generale non è andato di pari passo con
   quello dei margini. Il Mon nel 2019 ha ripiegato del 3,6%, il risultato corrente dell’1,1%. Il
   contributo delle poste non ricorrenti ha consentito al risultato netto di muoversi in
   controtendenza, crescendo nel 2019 del 5,8%. L’aspetto più caratteristico emerge
   tuttavia dall’analisi dell’evoluzione dei margini dal 2015 al 2019: l’ebit margin passa dal
   2,5% del 2015 al 2,1% del 2019. Il Roi (rendimento del capitale investito) appare
   anch’esso regolarmente calante dal 5,9% del 2015 al 4,9% del 2019, ad esito delle
   osservazioni prima esposte circa l’inasprirsi del contesto competitivo e della difficoltà di
   praticare prezzi al dettaglio che incorporino l’inflazione che si sviluppa lungo la filiera di
   fornitura a monte del retailer. La redditività netta (Roe) è anch’essa cedevole e passa
   da livelli sempre superiori al 6% nel triennio 2015-2017 al 5% del 2019 che replica il valore
   del 2018.

3. La disaggregazione dei dati mostra dinamiche differenti. Le catene di discount hanno
   realizzato tra il 2015 e il 2019 la maggiore crescita media annua delle vendite, pari al
   7,9%. La Distribuzione Organizzata ha segnato una buona dinamica con vendite in
   crescita del 4,1% medio annuo dal 2015. Il mondo cooperativo che fa capo alla Lega
   delle Cooperative (Legacoop) annovera due tra i maggiori operatori del settore: Conad
   ha realizzato dal 2015 una crescita media annua del 3,7% (+6,2% nel 2019), mentre le
   Coop hanno segnato nel periodo un incremento medio del giro d’affari dello 0,4% (-0,7%
   nel solo 2019 in termini omogenei). E’ infine stabile il fatturato della Grande Distribuzione
   in lieve crescita dello 0,7% medio annuo dal 2015 (+0,5% nel 2019). L’incidenza dei
   prodotti a marchio proprio (private label) nel settore della Gdo in Italia si attesta al 22,3%.
   Permane elevata l’incidenza dei contributi e servizi promozionali ai fornitori con una
   media indicativa del 7% del fatturato.

4. Scendendo nel dettaglio dei singoli operatori, i maggiori incrementi delle vendite nel
   2019 hanno interessato le catene discount Lillo-MD (+10,4%) e Lidl Italia (+9,1%) cui
   seguono Agorà (+7,2%) e VéGé (+6,9%). Considerando la crescita media annua dal
   2015, il quadro vede primeggiare Lidl Italia (+8,7%) davanti a Eurospin (+7,6%) e Agorà
   (7,6%).

5. L’ebit margin più consistente del 2019 è realizzato da Eurospin (6%), seguito da
   Supermarkets Italiani (5,2%), Agorà (4,3%) e dalla coppia di Discount Lidl e Lillo-MD (4,1%).

6. Circa la redditività dei principali raggruppamenti, i dati appaiono molto diversificati. Il
   rendimento del capitale investito (Roi) vede primeggiare nel 2019 i discount (16,6%) che
   precedono la Distribuzione Organizzata (7,8%) e la Grande Distribuzione (4%). All’interno
   del mondo cooperativo, Conad si attesta al 5,4%, le Coop allo 0,7%. Con riferimento ai
   singoli operatori, sempre in base al rendimento del capitale investito (Roi) del 2019, il
   gruppo più redditizio è Eurospin (20,2%) che precede Lillo-MD (16,5%) e Lidl (12,9%)
   appaiato ad Agorà (12,9%) davanti a Crai (11,9%). Le differenti performance dei gruppi
   dipendono da una molteplicità di fattori (ubicazione, tipologia e assortimento
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dell’offerta, riconoscibilità del brand e sua fidelizzazione, ecc.) tra i quali figura anche la
    presenza più o meno intensa nelle grandi superfici (Iper) che rappresentano il format
    maggiormente sofferente.

 7. All’interno dei consorzi e delle unioni volontarie della Distribuzione organizzata operano
    una ventina di aziende con dimensione nel 2019 superiore ai 500 milioni di euro. La
    maggiore è Finbre (Maxi Di) con fatturato pari a 2,1 miliardi, medesima dimensione del
    Gruppo Unicomm (marchi Unicomm, Arca e Grandi Magazzini Fioroni). Alcuni player di
    questo insieme hanno profili di redditività (Roi) molto positivi: Verofin (Tigross) con il 18,2%,
    Gruppo Arena al 18%, SC Evolution (Iperal) al 15,8%, Supermercati Tosano Cerea al
    15,3%, Cannillo (Maiora) al 15,2% e Mega Holding (Megamark) al 15,1%. In aggregato, i
    venti operatori esaminati esprimono un Roi medio del 7,9% e un debt equity ratio del
    42,3%. Nel 2019 hanno visto il proprio fatturato crescere del 5,9%. Essi si posizionerebbero
    quindi alle spalle dei Discount.

 8. Supermarkets Italiani detiene il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2015-
    2019: con 1.340 milioni essa precede Eurospin con 1.016 milioni, Conad con 879 milioni e
    VéGé con 839 milioni che sopravanza Selex con 738 milioni. Se si rapportano gli utili
    cumulati nel periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount non hanno
    concorrenti: il gruppo Lillo-MD ha accumulato utili pari a 3,4 volte il patrimonio netto
    iniziale, Lidl ed Eurospin, rispettivamente, a 1,8 e 1,4 volte. Tutti gli altri operatori hanno
    multipli inferiori all’unità: il primo di essi è Crai (0,9 volte).

 9. Prosegue l’erosione del prestito sociale all’interno del Gruppo Coop (-5% rispetto al 2018)
    che passa da 8,4 a 8 miliardi di euro. La diminuzione appare graduale a far data dal
    2014 quando esso valeva 11,1 miliardi. Il prestito soci fronteggia un portafoglio finanziario
    pari a 9,8 miliardi, composto da 5,5 miliardi di titoli e 2,5 miliardi di partecipazioni, di cui 2
    miliardi in Unipol Gruppo. Nel quinquennio 2015-2019 l’aggregato Coop ha espresso
    margini industriali (Mon) cumulati negativi per 832 milioni, proventi finanziari netti positivi
    per 1.233 milioni, svalutazioni per 845 milioni e poste straordinarie con saldo positivo per
    374 milioni. Dedotte le imposte pari a 182 milioni, l’aggregato Coop ha consuntivato una
    perdita netta cumulata pari a 252 milioni. L’aggregato Conad ha conseguito margini
    industriali cumulati positivi per 943 milioni e un risultato netto per 879 milioni. Nel 2020 si
    stima che il Gruppo Coop abbia rappresentato una quota di mercato del 12,9% (era il
    15,3% nel 2011). Attualmente le quote di mercato collocherebbe le Coop quale terzo
    operatore nazionale, alle spalle di Conad (14,8%) e di Selex (13,7%). In generale, alcune
    tra le maggiori cooperative di consumatori europee hanno realizzato una crescita
    cumulata del fatturato tra il 2015 e il 2019 pari al 7,9%, circa tre volte meno di quanto
    realizzato da un panel di cooperative di dettaglianti (+24,4%).

10. Tra i vari elementi che hanno acuito il tenore competitivo del grocery vi è anche la
    presenza degli specializzati in beni per la persona e la casa, i c.d. Drugstore. I principali
    sono oltre trenta in Italia, per un fatturato aggregato che ammonta a circa 3,6 miliardi
                                                9
nel 2019, con quasi 13mila addetti. Continua la robusta crescita del fatturato nel 2019
       (+5,1%), ma appare calante e si è dimezzata dal +10,3% segnato nel 2016. L’ebit margin,
       superiore al 5% tra il 2016 e 2018, si è fissato al 4,6% nel 2019. Anche il Roi, pur sostenuto
       nel 2019 (12,3%), è inferiore al 15,1% del 2015. Il contesto è destinato ad affollarsi
       ulteriormente dopo che nel 2017 ha fatto ingresso in Italia il colosso tedesco dm-drogerie
       markt, forte di un fatturato di gruppo pari a circa 11 miliardi di euro e 3700 punti vendita
       che dalla Germania si sono espansi in Austria e poi in tutta l’Europa dell’Est fino alla
       Romania e a sud fino alla Macedonia. L’Italia, ove il gruppo conta attualmente una
       cinquantina di punti vendita, è il secondo maggior mercato europeo in cui dm è
       presente, dopo la Germania.

L’aggregato di ventisette tra i principali gruppi internazionali ha chiuso il 2019 con ricavi pari a
1.593 miliardi di euro, in crescita dell’1,8% sul 2018. Con riferimento a questo aggregato, che
esclude gli specializzati in cash & carry e gli operatori nativi digitali (e.g. Amazon), si segnala
quanto segue.

   1. Il gruppo WalMart è di gran lunga il maggiore con un fatturato 2019 pari a 462,8 miliardi
      di euro, di poco superiore al Pil dell’Austria, davanti alla connazionale Kroger (108,9
      miliardi), alla britannica Tesco (76,1 miliardi), alla francese Carrefour (72,4 miliardi), alla
      statunitense Target (68,7 miliardi) e all’olandese Ahold Delhaize (66,3 miliardi).

   2. Mediamente circa il 20% delle vendite dei grandi operatori è realizzato in punti vendita
      esteri. L’olandese Ahold Delhaize ha la maggiore proiezione internazionale, fatturando
      all’estero il 77,6% delle vendite, seguita dalla portoghese Jeronimo Martins (73,3%),
      presente soprattutto sul mercato polacco, e da tre gruppi francesi: Auchan (62%),
      Carrefour (52%) e Casino (47,2%). A parte WalMart (23,1% all’estero), le altre catene
      statunitensi (Kroger, Target, Albertsons, Publix Super Markets e Dollar General) operano
      solo sul mercato domestico, così come la tedesca Edeka, le britanniche J Sainsbury e
      Wm Morrison, la canadese Loblaw, la russa X5 Retail e l’australiana Coles. Tutti i grandi
      della Gdo italiana hanno una dimensione esclusivamente nazionale.

   3. Il Roi del 2019 dei gruppi esteri si è attestato al 9%, su livelli quindi doppi rispetto a quelli
      segnati dall’aggregato italiano. Le australiane Coles (31,3%) e Woolworths (19,8%) sono i
      gruppi stranieri che hanno fatto segnare nel 2019 il Roi più elevato, seguite dalla
      statunitense Target (18%). Raggruppando in una sola classifica per Roi i gruppi domestici
      e quelli internazionali, Eurospin si collocherebbe in seconda posizione assoluta (20,2%)
      seguita in quinta posizione da Lillo-MD (16,5%) e da Lidl Italia in decima (12,9%).

   4. La struttura finanziaria, appare meno equilibrata di quella italiana, con un rapporto tra
      debiti finanziari e mezzi propri pari al 130,7%, in marcato peggioramento rispetto al 2018
      (96,6%). Tra i migliori la spagnola Mercadona (nessun debito finanziario), la statunitense
      Publix Super Markets (18,4%) e la cooperativa tedesca Edeka Zentrale (19,7%). Critici i
                                                 10
rapporti della statunitense Albertsons (644,4%), della russa X5 Retail (611,5%) e della
        giapponese Aeon (366%). Per i gruppi italiani, si segnala il buon indice di Eurospin (7,3%).

    5. Osservando le vendite per metro quadro, le britanniche J Sainsbury (13.600 euro per
       metro quadro) e Wm Morrison (11.200) segnano i valori migliori, seguite da due gruppi
       australiani: Woolworths (10.700) e Coles (10.400). Sopra i 10.000 euro anche la spagnola
       Mercadona. Con riferimento ai soli ricavi per metro quadro realizzati negli store nazionali,
       il gruppo Esselunga con circa 15.900 euro per mq si afferma come il retailer più efficiente
       a livello internazionale.

Una sezione di questo studio è relativa al tema della sostenibilità trattato esaminando la
reportistica specifica prodotta dalle società nazionali e internazionali. La copertura del tema è
estensiva ed è garantita principalmente mediante sezioni dedicate all’interno dei siti web: vi
provvede l’87,3% dei retailer italiani e il 96,5% di quelli stranieri. La copertura delle società italiane
si fa meno estesa in termini di report dedicati: sono redatti dal 62,5% dei gruppi italiani vs il 96,4%
di quelli stranieri. In generale, la copertura tematica della reportistica, a prescindere dalla
completezza del suo contenuto, rappresenta l’aspetto maggiormente deficitario dei player
italiani, tenuto conto che quelli esteri hanno dimensione assai superiore e sono in molti casi
quotati. Di certificazione ambientale parla il 71,8% dei nostri operatori contro il 96,6% di quelli
stranieri; al benessere animale fa cenno il 65,4% delle catene italiane vs il 91,1% di quelle estere;
il tema del packaging ecosostenibile è affrontato dal 58,1% delle insegne italiane vs il 97,1% di
quelle all’estero. E così per altri temi: sprechi alimentari (87% vs 93,6%), donazioni e
sponsorizzazioni (84,9% vs 100%) e collaborazioni con scuole e università (68,3% vs 87,2%).

Esaminando la rendicontazione analitica su alcuni profili per i quali essa è fornita con sufficiente
capillarità, si ricava l’idea di un posizionamento complessivamente allineato dei nostri player
rispetto a quelli esteri. Circa le risorse umane, ad esempio, la quota di forza lavoro femminile è
trasversale, essendo pari al 62,9% in Italia e al 60,3% all’estero; il ricorso al part-time è da noi
superiore (52% vs 43,8%); le ore di formazione dispensate ai soggetti che ne hanno diritto sono
state 16,3 all’anno in Italia contro 21,6 all’estero. Sui temi ambientali: l’intensità energetica in
kWh per metro quadro si attesta a 446,4 in Italia vs 456,3 all’estero, mentre l’intensità carbonica
è inferiore in Italia (135,9 kg di CO2 per mq vs 208,4); la quota di rifiuti differenziati è parimenti
superiore (75,1% vs 71,7%).

                                                   11
2 Evoluzione della Gdo alimentare in Italia: passato recente e
prossimo futuro
In Italia i consumi commercializzabili sono ammontati nel 2019 a 223,4 miliardi di euro, composti
quanto a 119,9 miliardi da beni alimentari e per 103,5 miliardi da articoli non alimentari (1). La
Gdo (Iper, Super, Libero servizio e Discount) rappresenta l’84% dei consumi alimentari, per un
valore pari a 89,8 miliardi, mentre per quelli non alimentari la quota è limitata all’11,1% per un
valore che si attesta a 11,5 miliardi. Si arriva in questo modo a quantificare in circa 100 miliardi di
euro il giro d’affari della Gdo italiana a prevalenza alimentare. Il food e grocery che transita al
di fuori della Gdo attraverso la rete dei negozi tradizionali è stimato in 16 miliardi di euro. Nel
settore non alimentare la Gdo specializzata rappresenta un fatturato stimato in 36 miliardi di
euro.

Un aspetto peculiare della Gdo italiana resta la relativa frammentazione: i primi cinque
operatori si spartiscono nel 2020 il 57,5% del mercato, mentre in paesi come la Germania, la
Francia e la Gran Bretagna la quota è compresa tra il 78% e il 75%, anche se il significativo
processo di aggregazione occorso nell’ultimo biennio ha consentito all’Italia di maturare un
ampio scarto sulla Spagna (Graf. 1).

Graf. 1 – Quota di mercato dei primi cinque retailer (a sinistra 2011-2020 per l’Italia, a destra 2020
per gli altri Paesi)(*)

                                                                  57,5

                                                                              78,1       75,3          75,2
                                                                                                                 67,2

                                                           52,8                                                            49,9
                        52,0                        51,8
                               51,7
                                      51,4   51,3
          50,5   50,3
   49,6

   2011   2012   2013   2014   2015   2016   2017   2018   2019 2020E     Francia    Gran Bretagna   Germania   Irlanda   Spagna

(*) Rapporto Conad vari anni e consensus di mercato.

Va da sé che il 2020 ha rappresentato un anno drammaticamente anomalo che per la Gdo ha
costituito una sorta di bolla. Il comparto ha tratto vantaggio in molte sue componenti
(certamente con l’eccezione del cash & carry) dalle restrizioni imposte al canale Ho.Re.Ca., dal
ricorso allo smart working e dalla diffusione di atteggiamenti di accumulazione da parte dei

1 Federdistribuzione, Scenario economico e dinamica dei consumi.

                                                                         12
consumatori, peraltro limitati alla fase iniziale della pandemia. Nel primo semestre dell’anno le
rigide restrizioni alla mobilità hanno penalizzato le grandi superfici di vendita, sovente collocate
all’interno di gallerie commerciali e più difficilmente raggiungibili per via dello loro ubicazione
periferica o fuori dai confini comunali. La spesa media è cresciuta e la sua composizione ha
virato verso prodotti a lunga conservazione, facilmente stoccabili (pasta, scatolame,
confezionato in generale), ma sovente a minore valore aggiunto, quali ad esempio le referenze
per le preparazioni domestiche (farine, lieviti, uova e preparati per dolci) e i presidi igienici
(parafarmaceutico ma anche i guanti e l’alcool). Il fresco a peso variabile ha lasciato spazio al
confezionato, ritenuto oggetto di minore manipolazione e maggiore garanzia igienica. In
generale, sono aumentati i prodotti utili a soddisfare all’interno delle abitazioni le esigenze
normalmente assolte dal ricorso a prestazioni fuori casa (ad esempio, i coloranti per capelli). I
punti vendita abituali sono stati sostituiti con altri più agevolmente raggiungibili, anche se di
insegna diversa. Ciò ha costituito un’occasione di forzata sperimentazione di formati e retailer
nuovi, sollecitando la fedeltà del consumatore. E’ difficile valutare se questo atteggiamento
abbia inciso in misura simmetrica sui distributori, con un saldo nullo tra clienti acquisiti e persi,
ovvero se alcuni ne abbiano sofferto o guadagnato più di altri. Certamente ne hanno
beneficiato le insegne con una rete maggiormente densa negli agglomerati urbani e nelle zone
residenziali rispetto a quelle presenti in zone business. Si sono avvantaggiati gli esercenti
maggiormente presenti nelle piccole superfici – associate a minore affollamento – rispetto a
quelli specializzati in superfici estese. E’ venuto meno il contributo legato al flusso turistico,
specialmente nelle città d’arte. Le insegne dedicate al rifornimento dei gestori di attività
ristorative e alberghiere (cash & carry) hanno subìto un forte ridimensionamento delle vendite
che si è protratto anche nella seconda parte dell’anno quando le attività di servizio pubblico
hanno continuato a soffrire limitazioni e calo nelle frequentazioni. La seconda parte dell’anno
ha segnato una parziale normalizzazione dei flussi di acquisto che si sono riapprossimati ai propri
livelli ordinari, nonostante l’home working sia rimasto pratica diffusa sulla spinta dei
provvedimenti di limitazione alla mobilità che, seppure meno stringenti, hanno interessato
anche la parte finale del 2020 e di nuovo l’inizio del 2021.

I numeri registrati durante la c.d. Fase 1, dal 17 febbraio al 3 maggio del 2020, sono emblematici
(fonte: IRI). Considerando il perimetro costituito dal largo consumo confezionato, il general
merchandise e i prodotti a peso variabile, le variazioni a valore rispetto al medesimo periodo
dell’anno precedente hanno segnato una flessione del 14,4% per gli ipermercati, una crescita
del 6,6% dei supermercati, una del 23,6% per il libero servizio di piccole dimensioni e un aumento
dei discount del 15,2%. Nell’insieme si tratta di un aumento del 12% circa. Per alcune tipologie di
esercizio si sono evidenziate variazioni inusitate anche durante il picco natalizio. Incrementi a tre
cifre durante la Fase 1 hanno riguardato la parafarmacia (+173% sull’anno precedente), i guanti
(+140%), l’acool denaturato (+137%), il lievito di birra (+127%) e le farine (+119%). Abnormi anche
gli aumenti di vendite delle pizze preconfezionate (+92%), dei coloranti per capelli (+83%), delle
salviettine (+75%), degli ingredienti per pasticceria (+73%) e dei disinfettanti per piccole superfici
(+71%). Sintomatico il picco di consumo di camomilla (+49%).

                                                 13
I prezzi del largo consumo confezionato hanno avuto una dinamica vivace (+2,4%), legata alla
caduta delle attività promozionali – un altro fattore, assieme alla difficoltà delle grandi superfici,
già presente prima della pandemia – anche in relazione ai maggiori costi fronteggiati per
adeguare l’esercizio dei punti vendita alle esigenze di distanziamento.

Graf. 2 – Indice del valore delle vendite del commercio al dettaglio (Istat, dati grezzi, Nov.
2019=100)

                 123,2
                                                 106,2        105,9                                          104,5                108,8
                                                                          103,7       102,2        104,7               102,5                 102,2
                            96,5       98,1
    100,0       116,7
                                                                                                                                   99,4
                                                                                                                       92,4
                            88,3                                                      89,2         87,7      86,5                             84,9
                                       80,1
                                                                           72,4

                                                 52,0
                                                              41,2

    Nov-2019 Dic-2019 Gen-2020 Feb-2020 Mar-2020 Apr-2020 Mag-2020 Giu-2020 Lug-2020 Ago-2020 Set-2020                           Ott-2020 Nov-2020

                                                             Alimentare           Non alimentare

I dati Istat al novembre 2020 indicano la progressione mensile del valore delle vendite al
dettaglio secondo la traiettoria indicata nel Graf. 2. E’ evidente il crollo dei beni non alimentari,
mentre il food è cresciuto durante il lockdown fino a marzo per poi ripiegare, riprendere nei mesi
estivi e toccare un picco in ottobre. Tra i consumi non alimentari, le uniche tipologie
merceologiche che segnano un aumento nel mese di novembre 2020 sullo stesso mese
dell’anno precedente sono i prodotti informatici (+28,7%) e l’utensileria per la casa (+2%).
Contenute le flessioni degli elettrodomestici e delle TV (-1,2%), dei farmaci (-2,2%), mentre sono
drammatiche le contrazioni delle calzature (-45,8%) e dell’abbigliamento (-37,7%).

Graf. 3 – Indice del valore delle vendite del commercio alimentare al dettaglio per tipo di
superficie (Istat, Nov 2019=100)

                121,1

                                                             110,9                                 110,8     111,2
                                                                                                                                    109,7
                                                 108,3                                107,1
                115,2                                                     106,3
                                                                                                                       104,2
                                                                                                                                    108,5       103,2
     100,0                                       107,0       106,8
                            97,7      98,2                                104,1                    103,4     103,7
                                                                                                                       102,1                   102,5
                                                                                      101,1
     100,0
                                      97,3
                           93,9

   Nov-2019   Dic-2019   Gen-2020   Feb-2020   Mar-2020    Apr-2020 Mag-2020        Giu-2020    Lug-2020   Ago-2020   Set-2020    Ott-2020   Nov-2020

                                                         Grande distribuzione         Piccole superfici

                                                                          14
Le piccole superfici hanno vissuto nel 2020 una stagione segnata da volumi di vendita anche
del 10% superiori rispetto ai livelli del novembre 2019, per poi ridursi nel novembre 2020 (Graf. 3).
La Grande distribuzione ha invece vissuto due picchi significativi in marzo, all’esordio della fase
emergenziale, e poi ancora in ottobre.

Le grandissime superfici (>4500 mq) che si erano affacciate al 2020 con una quota di mercato
attorno al 12% hanno perso due punti nella fase emergenziale (febbraio-maggio) per poi
riassestarsi attorno all’11%. Anche gli Iper tra i 2500 e i 5000 mq sono calati dal 13,8% al 12,5%, ma
si sono poi riportati al 13,6% dopo l’estate. Qualcosa di analogo ha interessato i supermercati:
37,9% il livello pre-Covid, 39,8% nella fase acuta e poi 37,4%. Unico segmento in ascesa i
Discount che, partiti da una market share del 18,8%, hanno raggiunto il 19,7% nella seconda
parte dell’anno (2). D’altra parte, le performance misurate dalle vendite per mq hanno già da
tempo individuato quali siano i formati vincenti e quelli in declino tra i quali ultimi spiccano le
grandi superfici. I Discount si candidano a divenire nel prossimo futuro il format più produttivo,
alle spalle dei Superstore (Graf 4).

Graf. 4 – Fatturato per mq (valori nel 2019 al lordo di iva e var. % 2019/2010)

                                                                                  25,2

                                          8,3
                                                    5,7
                                                                                             2,6
                                                                    0,4

                            5.837        5.776                     3.914         5.729      5.947
                            -18,3                  8.481

                            Iper         Super   Superstore    Libero sevizio   Discount    Media
                                                                                           semplice
                                                  2019     Var % 2019/2010

Le vendite on-line hanno vissuto una vera esplosione: se esse avevano comunque proceduto a
passo spedito negli anni precedenti a ritmi del 40%, nel periodo del lockdown hanno toccato il
+140%, generando ovvie strozzature logistiche e tensioni sulla disponibilità, celerità e regolarità
del servizio. L’home delivery ha avuto una crescita del 120%, mentre il click & collect è
addirittura triplicato durante la Fase 1. Se prima della pandemia l’approvvigionamento on-line
di largo consumo confezionato valeva lo 0,8% del totale, oggi esso si è attestato all’1,7% e se
anche solo riprendesse l’abbrivio degli anni precedenti potrebbe superare il 2,5% nel 2021. Nel

2
    Rapporto Coop 2020, Dicembre 2020.
                                                              15
complesso, l’e-commerce ha segnato un incremento del 114,4% nei primi dieci mesi del 2020,
con ulteriore spunto del +138,1% nel mese di ottobre quando i contagi hanno assunto una
dimensione nuovamente preoccupante.

 Il mercato tratta questo segmento alla stregua di una start up, con multipli EV/Ebitda che nel
2020 sono cresciuti da 27,3x a 52,3x sui mercati occidentali. I mercati dunque sembrano
scontare e anticipare grandi prospettive di crescita. Ma la redditività corrente resta
ampiamente deficitaria. Il differenziale tra Roi e Wacc è negativo per circa il 10% nel biennio
2019-2020. Alcune stime indicano che a fronte di un ebit margin attorno al 3% per gli store fisici,
l’e-commerce segna valori negativi anche superiori al 10%, sia che sia svolto in house che
appaltato ad un soggetto terzo (3). Stante l’inopportunità di non essere presenti sul canale
digitale, pena la perdita di una quota di mercato, è presumibile che una buona parte dei
retailer non nativi digitali stia sussidiando con i margini del canale fisico le perdite del canale on-
line.

Due ultimi elementi che hanno caratterizzato il 2020 sono il calo della pressione promozionale e
la crescita della marca del distributore (MDD). Circa il primo aspetto, l’anomalo afflusso di
clientela presso la Gdo ha in parte fatto venire meno la necessità delle misure di scontistica. La
pressione promozionale è caduta nel 2020 al 26,4%, toccando un minimo del 21,9% nel maggio
2020. Il livello del 2020 segna il punto più basso dal 2011 e conclude una traiettoria discendente
innescatasi dal 2014 quando essa si attestava al 31,5% (Graf. 5) (4).

Graf. 5 – Pressione promozionale (in %, 2000-2020)

                                                    31,5
                                             30,9          31,0
                                                                  30,5   30,1
                                      29,5                                      29,7
                                                                                       29,0
                               28,4                                                                  28,0
                        27,6                                                                                       27,3
                                                                                              26,4          26,2

                 23,2

       18,4

      2000    2005      2010   2011   2012   2013   2014   2015   2016   2017   2018   2019   2020    Ott   Nov     Dic
                                                                                                     2020   2020   2020

3
    Bain & Co.
4
    Rapporto Coop 2020, Dicembre 2020 e Federdistribuzione.
                                                                  16
Nel corso del 2020 la pressione promozionale è stata gestita in chiave congiunturale e dosata in
relazione all’andamento della domanda cui essa è apparsa legata da una relazione inversa
(Graf. 6). Tale dinamica ha giustificato il rialzo dei prezzi occorso durante il 2020.

Graf. 6 – Variazioni mensili della pressione promozionale e delle vendite alimentari delle grandi
superfici (Feb-Nov 2020)

                                                  10,0
                                                   8,0
                    Var % mensile delle vendite

                                                   6,0
                                                   4,0
                                                   2,0
                                                   0,0
                                                  -2,0
                                                  -4,0
                                                  -6,0
                                                  -8,0
                                                      -20,0                   -10,0             0,0               10,0        20,0           30,0
                                                                                          Var % mensile della pressione promozionale

Circa la marca del distributore, anche in questo caso la pandemia ha agito da consolidatore di
trend già avviatisi negli anni precedenti. La MDD, rispetto al totale del mercato Italia, è passata
dal 27,6% del 2019 al 28,6% del 2020, in crescita costante dal 26,4% del 2017. Con riferimento al
più ristretto perimetro di Iper, Super e Libero servizio, la quota MDD si attesta al 20,7% nei primi
dieci mesi del 2020, in crescita dal 19,8% del 2019.

Graf. 7 – Evoluzione della Distribuzione Moderna (con e-commerce) nel 2020 e 2021 (2019=100)

                                                                                                                                     110,7               109,7
                                                                                                                            108,7
                                                                                  106,8                                                         106,6
        105,0                                                                                             105,6
                103,3                                                                       102,4

                                                         96,6                                                      96,8
                                                                       95,2

      DM (+ e-commerce)                                         Iper                  Super               Libero servizio      Discount             Drugstore

                                                                                               2020E     2021E

                                                                                                    17
Le attese per il 2020 vedono la Distribuzione Moderna chiudere l’anno con un incremento del
4,2% per le vendite realizzate nei punti vendita, dato che sale al 5% considerando anche il
canale e-commerce (5). Quest’ultimo dato origina da dinamiche divergenti per canale come
evidente dal Graf. 7. Per il 2021 si prevede una flessione su base annua dell’1,6% che
consegnerebbe all’intero settore un aumento delle vendite del 3,3% rispetto ai livelli del 2019.
Continuerebbe la flessione degli Iper (-4,8% al 2021 sul 2019), mentre i Super resterebbero
comunque premiati con un +2,4% grazie alla forte crescita del 2020 (+6,8%) sufficientemente
ampia per assorbire la flessione del 2021 (-4,1%). Appare continua nel biennio la crescita dei
Discount (+10,7% il 2021 sul 2019) e dei Drugstore (+9,7%). L’e-commerce italiano è tributario di
dinamiche fuori scala: +134,4% la chiusura del 2020 e ancora +61,6% nel 2021, per uno sviluppo
nel biennio che amplificherebbe i valori del 2019 di 3,8 volte. Per il Largo consumo confezionato
(Lcc) il 2020 dovrebbe segnare un incremento prossimo all’8%, con flessione attesa per il 2021
del 3% circa.

A titolo di raffronto, si ricorda che i maggiori gruppi internazionali della Gdo a prevalenza
alimentare quotati hanno chiuso il 2020 con una crescita del fatturato pari all’8,3% (Graf. 8).
Forte anche sui mercati internazionali l’accelerazione dell’e-commerce (Click&Collect e home
delivery) che nel 2020 ha registrato una crescita media di oltre il 100%. Il Mon e il risultato netto si
sono incrementati nel periodo, rispettivamente, del 17,1% e del 42,4%. L’Ebit Margin è
aumentato di 0,4 p.p., il profit margin di 0,7 p.p., nonostante l’aggravio degli oneri legati
all’emergenza sanitaria quali la protezione di dipendenti e clienti, gli incentivi al personale, gli
investimenti digitali in nuove modalità di approvvigionamento (logistica) e vendita (piattaforme
on-line, home delivery).

Graf. 8 – Variazione % delle vendite e dei margini dei maggiori operatori della Gdo
internazionale

                                                                          42,4

                                                   17,1

                                  8,3

                         Fatturato 2020/2019   MON 2020/2019    Risultato netto 2020/2019

5
    Rapporto Coop 2020, Dicembre 2020.
                                                    18
La digitalizzazione conferma il proprio ruolo centrale non solo attraverso l’ascesa delle
piattaforme web, ma anche con l’accelerazione dello sviluppo di metodi innovativi di
pagamento (tramite dispositivi mobili e casse automatiche), anche al fine di ridurre i tempi di
permanenza nello store e l’assembramento alle casse. Si tratta di una tendenza alla spesa
frictionless anch’essa appartenente ai trend pre-pandemici.

3 Le società italiane esaminate
L’indagine esamina diciassette tra i maggiori Gruppi italiani della Gdo operanti
prevalentemente nella distribuzione alimentare al dettaglio i quali, in base alle rilevazioni
Nielsen, rappresentano il 93% della Gdo a prevalenza alimentare italiana. Sono stati esclusi dal
campione Margherita Distribuzione (ex-Auchan) e il discount Penny Market (Gruppo Rewe) i cui
bilanci 2019 non erano disponibili a fine dicembre 2020 e le cui quote di mercato erano pari
rispettivamente al 2,8% e 1,4%. Dieci tra gli operatori esaminati appartengono alla Distribuzione
Organizzata (due sono cooperative del sistema “Legacoop”) e sette alla Grande Distribuzione,
di cui tre operanti nel segmento Discount (6).

I dieci gruppi della Distribuzione Organizzata, che rappresentano a fine 2019 il 60% del mercato,
sono: le cooperative Conad e Coop e le unioni volontarie e consorzi Selex, VéGé, Despar, Sun,
Agorà, Crai, C3 e D.It. Tra questi, i principali sono:

   - le cooperative facenti capo alla Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue (“Legacoop”),
     operanti con marchio “Conad” (aderenti all’Associazione Nazionale Cooperative
     Dettaglianti) e marchio “Coop” (aderenti all’Associazione Nazionale Cooperative di
     Consumatori). Nella valutazione delle performance economiche è importante ricordare
     che l’aggregato Coop esprime prevalentemente margini della vendita al dettaglio (sell-
     out) mentre quello Conad comprende una rilevante attività all’ingrosso (sell-in) (7).

   - L’unione volontaria Selex (associazione d’imprese indipendenti operanti al dettaglio e
     all’ingrosso), organizzata attorno alla centrale partecipativa Selex Gruppo Commerciale
     (esercente, tra le altre, le insegne Famila, A&O, Alì e Il Gigante) e l’unione volontaria VéGé,

6 La Distribuzione Organizzata comprende operatori organizzati in catene di punti di vendita facenti capo a soggetti imprenditoriali
giuridicamente distinti, legati da un rapporto di collaborazione volontaria tramite formule associative (cooperative, consorzi, unioni
volontarie ecc.). La Grande Distribuzione include operatori con catene di punti di vendita riconducibili a un unico soggetto giuridico
(impresa holding con gruppo societario formale). All’interno di entrambe le fattispecie le strutture organizzative possono differire in misura
significativa, ad esempio in relazione alla presenza più o meno pronunciata di punti vendita diretti (che generano vendite) rispetto a
quelli in franchising (che generano fees).
7 Il sistema Conad dichiara un fatturato 2019 complessivo della rete di vendita, al lordo di Iva, pari a 14.250 milioni di euro. Il Gruppo Coop
dichiara nel 2019 ricavi complessivi della rete vendita, sempre al lordo di Iva, pari a 14,7 miliardi di euro, tenuto conto anche delle attività
diversificate (carburanti, retail non alimentare, viaggi, bricolage, telefonia mobile, gestioni immobiliari e utilities); il solo giro d’affari della
Gdo è indicato in 13,4 miliardi.
                                                                        19
che associa imprese mandanti con le seguenti principali insegne: Sidis, DiMeglio, Eté,
      Migross, Bennet (8).

Nel corso del 2019, con effetto 1 gennaio 2020, si è perfezionato l’accordo per l’adesione della
Bennet all’unione volontaria VéGé che a seguito dell’operazione è divenuta il quinto operatore
del mercato con una quota del 7%. Nel gennaio 2020 ha aderito a Végé anche Metro Italia
Cash & Carry, dopo il perfezionamento di un accordo di durata triennale. Nel dicembre 2020,
con effetto 1 gennaio 2021, è stato inoltre raggiunto un accordo per l’entrata in Selex del
consorzio Sun. A seguito dell’operazione il Gruppo Selex si posizionerebbe al secondo posto nel
mercato della GDO in Italia.

I sette gruppi della Grande Distribuzione, che rappresentano il 33% del mercato, sono:
Supermarkets Italiani, gli interessi italiani del Gruppo francese Carrefour, Gruppo Pam, Canova
2007 (holding di Finiper-Unes) e i discount Eurospin Italia, Lidl Italia e Lillo-MD.

In dettaglio:

   - Supermarkets Italiani fa capo alla famiglia Caprotti (Marina Caprotti e Giuliana Albera,
     rispettivamente, figlia e moglie del defunto fondatore Bernardo Caprotti) e opera con il
     marchio Esselunga.

   - Gli interessi italiani di Carrefour, la cui prima apertura in Italia risale al 1972, rappresentano
     nel 2019 il 6,1% dei 72,4 miliardi di euro del giro d’affari mondiale del Gruppo.

   - Gruppo Pam, controllata dalla Gecos (finanziaria delle famiglie Bastianello e Dina), opera
     con i marchi PAM, Panorama e i discount IN’S.

   - Canova 2007 fa capo alla famiglia Brunelli attraverso i marchi Iper e Unes.

   - Eurospin Italia è una catena discount controllata con quote paritetiche del 25% ciascuna
     dalla cooperativa DAO – Dettaglianti Alimentari Organizzati (Lavis, Tn), che a sua volta
     aderisce all’Associazione Nazionale Cooperative Dettaglianti operante a marchio Conad,
     Shop (della famiglia Pozzi, attraverso la Supermarkets Dugan), Migross (della famiglia
     veronese Mion) e Vega (cooperativa di dettaglianti attiva in Veneto e in Friuli VG),
     quest’ultime due aderenti all’unione volontaria VéGé.

   - Lidl Italia è una catena di discount controllata dal Gruppo tedesco Schwarz presente in
     Italia dagli anni ’90. Il fatturato 2019 rappresenta il 9,1% del giro d’affari della casamadre
     tedesca Lidl Stiftung (che, all’interno del Gruppo Schwarz, gestisce le insegne Lidl).

   - Lillo è la holding della catena discount operante con marchio MD controllata dalla famiglia
     Podini.

8 Il gruppo Selex dichiara nel 2019 un fatturato della rete di vendita al lordo di Iva pari a 11,1 miliardi, il Gruppo VéGé pari a 7,5 miliardi
(fonte: siti web societari).
                                                                     20
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