Next Generation Prüm e le scelte - strategiche della UE: dall'ampliamento nello scambio dei dati genetici all'introduzione del riconoscimento ...

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ISSN 1826-3534

                 24 MARZO 2021

     Next Generation Prüm e le scelte
strategiche della UE: dall’ampliamento
      nello scambio dei dati genetici
  all’introduzione del riconoscimento
                 facciale

                 di Lucia Scaffardi
      Professore associato di Diritto pubblico comparato
               Università degli Studi di Parma
Next Generation Prüm e le scelte strategiche
    della UE: dall’ampliamento nello scambio dei
           dati genetici all’introduzione del
               riconoscimento facciale*
                                              di Lucia Scaffardi
                          Professore associato di Diritto pubblico comparato
                                   Università degli Studi di Parma

Abstract [It]: Lo scambio di dati genetici (e non solo), posto alla base del Trattato di Prüm, “europeizzato”
mediante le Decisioni 2008/615/GAI e 2008/616/GAI, ha assunto un peso sempre maggiore nella lotta alla
criminalità transfrontaliera e nella promozione della cooperazione tra Stati membri. Negli ultimi anni, questo
sistema è al centro di un vivace dibattito politico e legislativo europeo, nel tentativo di promuovere un
ammodernamento e una espansione dei meccanismi di scambio e dei dati oggetto di condivisione, nell’ambito del
c.d. Next generation Prüm. Il presente lavoro si propone di analizzare lo stato dell’arte e i possibili sviluppi,
evidenziando i pericoli e i rischi per i diritti fondamentali che lo scambio e la circolazione di dati, anche biometrici,
possono rappresentare.

Abstract [En]: The DNA exchange system based on the Prüm Treaty, subsequently included in the EU
instruments through the adoption of 2008/615/GAI e 2008/616/GAI Decisions, has represented an important
tool in the fight against transnational crimes, by promoting an efficient cooperation between EU Member States.
In recent years, this exchange system is at the centre of a profound and complex political and legislative debate,
discussing the so-called Next generation Prüm, aiming at improving the exchange mechanism and expanding the
categories of exchanged data. This paper analyzes this important debate and the possible future developments,
considering also the potential dangers and risks an implemented exchange system – involving also biometric data
– could cause to the guarantee of fundamental rights.

Parole chiave: DNA; Next Generation Prum; sicurezza; diritti fondamentali; riconoscimento facciale; dati
biometrici; dati genetici
Keywords: DNA; Next Generation Prum; security; fundamental rights; facial recognition; biometric data; genetic
data

Sommario: 1. Il difficile equilibrio tra scambio di dati per scopi securitari e tutela dei diritti fondamentali: una
premessa necessaria. 2. Il principio di disponibilità delle informazioni: il vivace dibattito sulla “europeizzazio ne”
del Trattato di Prüm. 3. Le difficoltà attuative del “sistema Prüm” e le disomogeneità tra Stati membri: lo specifico
esempio dello scambio di profili genetici. 4. Next generation Prüm e i possibili sviluppi del sistema di scambio e
circolazione di dati: una nuova sfida per l’Unione europea. 4.1. Riconoscimento facciale e immagini facciali: una
‘espansione’ del meccanismo di Prüm nella corretta direzione? 5. Riflessioni conclusive: i pericoli di un Next
generation Prüm, tra tendenza ad un ‘aspirational regime’ e tutela dei diritti fondamentali.

* Articolo sottoposto a referaggio Il presente lavoro è frutto di una rielaborazione della relazione presentata in occasione
del Convegno dell’Observatorio Internacional de Derechos Humanos, dal titolo “I diritti fondamentali nell’era della digital mass
surveillance”, tenutosi presso l’Università degli Studi di Parma il 14 ottobre 2019.

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1. Il difficile equilibrio tra scambio di dati per scopi securitari e tutela dei diritti fondamentali:
una premessa necessaria
L’Unione europea ha da sempre attribuito grande importanza alla raccolta e all’utilizzo dei c .d. Big data 1
consapevole che l’impiego di tali informazioni, sia da parte di soggetti pubblici che privati, rappresenti
una risorsa importante, in continua evoluzione, i cui confini devono però essere attentamente “vigilati”2.
Alcuni di questi dati, infatti, in ragione della loro unicità e sensibilità 3, hanno conosciuto una forte
estensione nel loro utilizzo, che ha reso possibile, attività investigative sofisticate con potenzialità
inimmaginabili. Queste attività – dalla raccolta alla conservazione fino allo scambio di dati – rendono
tuttavia manifesta la capacità di questi mezzi di impattare profondamente sui diritti dei cittadini,
facendone emergere tutta la loro problematicità: l’enorme mole di dati raccolti – la cui importanza
nell’ambito dell’UE è divenuta evidente fin dall’approvazione del Trattato di Prüm– ha messo in luce
tutte le criticità connesse al possibile bilanciamento tra diritti dei cittadini e limitazioni agli stessi, in
un’ottica che appare sempre più prediligere le ragioni securitarie rispetto alla reale considerazione di
necessità, adeguatezza e proporzionalità di tale raccolta.
In questo contesto è divenuto chiaro come il ruolo del progresso tecnologico, in particolare applicato agli
strumenti informatici e alle conseguenti operazioni di elaborazione dei dati reperiti, abbia determinato un
affermarsi sempre più pervasivo delle attività di raccolta, conservazione e susseguente impiego di dati e
informazioni. Tutto ciò ha richiesto una necessaria revisione ed implementazione della regolamentazione
laddove già esistente 4 o ha reso manifesta la necessità della creazione di nuove norme capaci di gestire e
disciplinare l’innovazione. Se è, infatti, incontrovertibilmente vero che la «nuova stagione del
costituzionalismo», è caratterizzata da un emergente potere sovrano del «paradigma tecnologico che si
presenta come dominante, come fattore di liberazione della persona e di innovazione irresistibile, dunque

1 La Commissione europea ha definito i Big Data come «una grande quantità di tipi diversi di dati prodotti con un’alta
velocità, da un grande numero di fonti di differente tipo. La gestione di tali aggregati di dati richiede oggi nuovi strumenti
e metodi, come processori potenti, software e algoritmi», COMMISSIONE EUROPEA, Comunicazione della Commissione al
Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni: Verso una florida economia basata
sui dati, COM(2014) 442 Final, 4. Per approfondimenti sul punto, si rimanda al contributo di G. FORMICI, La digital mass
surveillance al vaglio della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: da Zakharov a Big Brother Watch, in Federalismi, 23/2020.
2 Le forti implicazioni dei Big Data, del loro utilizzo, scambio e trattamento, rispetto alla garanzia dei diritti fondamentali

sono state del resto messe in evidenza, con grande chiarezza e concretezza, nella Risoluzione del Parlamento europeo
del 14 marzo 2017 sulle implicazioni dei Big Data per i diritti fondamentali: privacy, protezione dei dati, non discriminazione, sicurezza
e attività di contrasto (2016/2225(INI)).
3 Si pensi al componente hardware che acquisisce il dato biometrico, come il sensore per il riconoscimento dell’impronta

digitale sugli smartphone, ma soprattutto il software che consente, grazie all'impiego di algoritmi sempre più complessi,
di analizzare e comparare i dati raccolti in precedenza e conservati in un database. Queste forme sofisticate e sempre più
diffuse di identificazione fondate sui dati biometrici, similarmente a quelle genetiche, permettono di ricondurre il dato
acquisito in maniera – quasi – univoca ad una persona.
4 Sullo specifico tema si veda G. A LPA, M. B ESSONE, Banche dati telematica e diritti della persona, Padova, 1984; S. R ODOTÀ,

Tecnologie e diritti, Bologna, 1995.

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irrinunciabile»5, tuttavia, come si è sostenuto in altra sede, «la nuova sovranità tecnologica sembra dettata
dalla potenza di calcolo che, seppur inizialmente legata alla ‘processione’ del pensiero umano, sfugge oggi
sempre più alla sua intelligenza, per divenire forza algoritmico-matematica al di fuori della catena umana
di controllo»6. Questo indica come tale nuova stagione, appena delineata, debba essere necessariamente
accompagnata da una legislazione chiara e puntuale, intrinsecamente consapevole delle finalità
perseguibili e perseguite. Ed è per questo che diviene ormai ineludibile una seria riflessione sulle decisioni
che vanno operandosi tanto nella UE quanto nei singoli ordinamenti europei.
Le pagine che seguono intendono pertanto fornire alcune considerazioni sul processo di evoluzione ed
ampliamento, in corso nella UE, relativamente al possibile utilizzo di alcune categorie particolari di dati
come strumento per la lotta alla criminalità grave ed al terrorismo. Partendo dalla “europeizzazione” del
Trattato di Prüm fino a giungere ai più recenti sviluppi e ai dibattiti in corso, la scelta dei due profili che
in questa sede verranno approfonditi in maniera particolare e che attengono cioè ai database e alla
circolazione di dati genetici e biometrici, è dettata poi dalla sostanziale espansione dell’utilizzo di questi
strumenti nei diversi ordinamenti statuali, da leggersi anche come riflesso del naturale percorso di
implementazione del loro impiego riscontrabile nelle decisioni intraprese dalla UE fin dai primi anni
Novanta.

2. Il principio di disponibilità delle informazioni: il vivace dibattito sulla “europeizzazione” del
Trattato di Prüm
La base giuridica di partenza della materia ci riporta alla data del 27 maggio 2005 7, quando venne stipulato
il c.d. Trattato di Prüm tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria.
Questo Trattato, aperto all’adesione di tutti gli Stati membri 8, conteneva, fin dall’origine, l’auspicio che
potesse essere trasposto nell’ambito del diritto comunitario 9. Si trattava di un accordo rivolto al

5 A. SIMONCINI, Sovranità e potere nell’era digitale, in O. POLLICINO - T.E. FROSINI - E. A PA - M. Bassini (a cura di), Diritti
e libertà in internet, Milano, 2017, 20 ss.
6 L. S CAFFARDI, Dati genetici e biometrici: nuove frontiere per le attività investigative, in L. S CAFFARDI (a cura di), I “profili” del

diritto. Regole, rischi e opportunità nell’era digitale, Torino, 2018, 60.
7 Già nel 2004 il Consiglio europeo, nel Programma dell’Aja adottato il 4 novembre 2004, aveva auspicato la libera

circolazione e lo scambio di profili di DNA, puntando l’attenzione su tre differenti strumenti e strategie utili
all’ottenimento di tale scopo: investimenti sulle tecnologie a fini di sviluppo di sistemi informativi centralizzati; messa a
disposizione di dati ai partner europei ai fini di law enforcement, garantendo che la trasmissione transfrontaliera non fosse
soggetta a condizioni più rigorose di quelle disposte a livello nazionale in applicazione del cosiddetto principio di
disponibilità; possibilità di accesso per le autorità di pubblica sicurezza alle informazioni archiviate nei database nazionali.
8 Nel luglio 2006 l’Italia aveva sottoscritto, a Berlino, una dichiarazione comune sull’adesione dell’Italia al Trattato di

Prüm.
9 Sul rafforzamento delle libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, tema in quegli anni molto dibattuto

si rimanda a E. DE CAPITANI, Lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia e il rafforzamento dell'"Unione di diritto", in G. A MATO ,
E. PACIOTTI (a cura di), Verso l’Europa dei diritti. Lo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, Bologna, 2005, 35 ss.

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rafforzamento della cooperazione tra gli Stati nella lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e
all’emigrazione illegale 10, il cui testo11 si proponeva di rendere possibile un tale tipo di cooperazione
attraverso cinque diverse aree di intervento rappresentate: a) dalla raccolta e dallo scambio di informazioni
relative ai profili del DNA; b) dalla raccolta e scambio di informazioni sulle impronte digitali; c) dallo
scambio dei dati relativi ai registri di immatricolazione dei veicoli; d) da misure finalizzate a prevenire
reati terroristici ed infine e) da misure dirette a contrastare l’immigrazione illegale.
Ed è così che il Trattato di Prüm è risultato fondarsi sia sul riconoscimento dell’importanza dei dati –
genetici, biometrici ed altre informazioni – quali fondamentale aiuto per le indagini di polizia giudiziaria,
sia sul conseguente e correlato principio di disponibilità delle informazioni 12. Avendo tali principi quale
base, il Trattato ha dato quindi vita, sin dal 2005, a quella condivisione volta alla creazione di uno spazio
di libera circolazione di una ampia mole di dati, divenuta oggi, grazie agli avanzamenti tecnologici di cui
si accennava, complessivamente ancor più impressionante.
A pochi anni di distanza, a seguito di un complesso dibattito apertosi nelle istituzioni europee ed in
particolare recependo alcuni significativi suggerimenti forniti dal Parlamento 13, sono state poi approvate
le Decisioni 2008/615/GAI e 2008/616/GAI 14 che hanno pienamente integrato nel quadro normativo
europeo le disposizioni del Trattato di Prüm: la Decisione 2008/615/GAI del Consiglio datata 23 giugno
2008 15, si poneva infatti quale obiettivo il potenziamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto

10 Sulle ragioni che sottendono lo scambio di dati e il conseguente bilanciamento tra ragioni securitarie e movimenti
transfrontalieri delle persone in riferimento alle politiche antiterroristiche in Europa e non solo, si vedano, tra i molti, F.
DE LONDRES, Accounting for Rights in EU Counter-Terrorism. Towards Effective Review, in Columbia Journal of European Law,
vol. 22, 1, 2016; F. CLEMENTI, G. TIBERI, Sicurezza interna, diritti e cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo: i casi Swift
e e Pnr, in G. A MATO , R. GUALTIERI (a cura di), Prove di Europa unita. Le istituzioni europee di fronte alla crisi, Firenze, 2013,
211 ss.
11 Il Trattato si componeva di 52 articoli suddivisi in 8 capitoli nei quali sono regolati i diversi aspetti della cooperazione

attuata mediante scambio di dati.
12 Su questo specifico principio legato alla specificità della materia, si legga C. FANUELE, Dati genetici e procedimento penale,

Padova, 229 ss.
13 Su tale procedimento si conceda di rimandare a L. S CAFFARDI, Giustizia genetica e tutela della persona. Uno studio comparato

sull’uso (e abuso) delle Banche dati del DNA a fini giudiziari, Milano, 2017, 54 ss.
14 Decisione n. 2008/615/GAI del Consiglio del 23 giugno 2008 sul potenziamento della cooperazione transfrontaliera,

soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera; Decisione n. 2008/616/GAI del Consiglio del 23
giugno 2008 relativa all’attuazione della decisione n. 2008/615/GAI sul potenziamento della cooperazione
transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera.
15 G.U. L. 210 del 6 agosto 2008.

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nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera 16, mentre la Decisione 2008/616/GAI17 del
Consiglio era invece relativa all’attuazione della Decisione 2008/615/GAI, sul potenziamento della
cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera 18; in
quest’ultima sono state definite le disposizioni amministrative e tecniche da adottare per l’attuazione della
Decisione 2008/615/GAI, con riguardo ai profili di DNA, dati dattiloscopici e dati di immatricolazione
veicoli.
Fin dal principio e già in sede di approvazione delle richiamate Decisioni e dunque della “incorporazione”
del Trattato di Prüm nel panorama dell’UE, grande attenzione è stata riconosciuta alla complessità della
materia dello scambio di dati ed informazioni, alcune delle quali, come il DNA o le impronte digital i, di
estrema delicatezza. Innanzitutto, la materia trattata risultava per sua natura e da un punto di vista
competenziale appannaggio degli Stati membri, riguardando specificamente la lotta alla criminalità e la
garanzia della sicurezza. Essa necessitava, tuttavia, per una sua efficace riuscita e per l’ottenimento dei
suoi più profondi obiettivi, di una puntuale armonizzazione interstatuale; ciò emerge con chiarezza all’art.
3, che disponeva che «Gli Stati membri osservano specifiche tecniche comuni per quanto riguarda tutte
le domande e le risposte relative alle consultazioni e ai raffronti dei profili DNA, dei dati dattiloscopici e
dei dati di immatricolazione dei veicoli». Tali specifiche tecniche venivano indicate ampiamente negli
allegati alla Decisione stessa, che sono stati peraltro largamente rivisti nel corso degli anni a seguito
dell’incessante innovazione tecnologica e dell’esigenza di modernizzazione. Come si può comprendere
da quanto sin qui evidenziato, il principio di disponibilità informava tutto il procedimento di scambio di

16 Lo scopo ed il meccanismo adottato da tale Decisione sono ben sintetizzati al punto (10) dei considerando: «La
presente Decisione contiene pertanto disposizioni basate sulle principali disposizioni del Trattato di Prüm e intese a
migliorare lo scambio di informazioni ai cui sensi gli Stati membri si concedono reciprocamente diritti di accesso ai
rispettivi schedari automatizzati di analisi del DNA, sistemi automatizzati di identificazione dattiloscopica e dati di
immatricolazione dei veicoli. Nel caso di dati provenienti da schedari nazionali di analisi del DNA e da sistemi di
identificazione dattiloscopica, un sistema hit/no hit dovrebbe consentire allo Stato membro che effettua la consultazione
di chiedere in un secondo tempo allo Stato membro che gestisce lo schedario i dati personali specifici corrispondenti e,
se necessario, ulteriori informazioni mediante procedure di assistenza reciproca, comprese quelle adottate ai sensi della
decisione quadro 2006/960/GAI». Sui rapporti tra i vari Paesi con riferimento allo scambio di informazioni sui dati
personali alla luce del Trattato, si rimanda a M. BARGIS, Note in tema di prova scientifica nel processo penale, in Rivista di diritto
processuale, 2011, 54 ss.; F. CASASOLE, La conservazione di campioni biologici e di profili del DNA nella legge italiana, alla luce del
dibattito europeo, in Cassazione penale, 2009, 4440; G. DI PAOLO , La circolazione dei dati personali nello spazio giudiziario europeo
dopo Prüm, in Cassazione penale, 2010, 1969 ss.; C. FANUELE, Lo scambio di informazioni a livello europeo, in L. FILIPPI - P.
GUALTIERI - P. MOSCARINI - A. SCALFATI (a cura di), La circolazione investigativa nello spazio giuridico europeo: strumenti, soggetti,
risultati, Padova, 2010, 19 ss.; M. GIALUZ, La tutela della privacy nell’ambito del trattamento domestico dei dati genetici e della
cooperazione informativa, in L. MARAFIOTI, L. LUPARIA (a cura di), Banca dati e accertamento penale, Milano, 2010, 176 ss.; I.A.
COLUSSI, Dati genetici e forze di polizia: Intersezioni europee, in L.S. ROSSI (a cura di), La protezione dei diritti fondamentali: Carta
di Nizza e standards internazionali, Napoli, 2011, 279-310.
17 Va precisato che, con Decisione del Consiglio 2010/482/UE, datata 26 luglio 2010 [G.U. L. 238, 9 settembre 2010],

è stato concluso un accordo fra UE ed Islanda e Norvegia, ai fini dell’applicazione di talune disposizioni delle Decisioni
2008/615/GAI e 2008/616/GAI.
18 G.U. L. 210 del 6 agosto 2008.

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dati, divenendone parte fondamentale. Non è stato, però, l’unico principio di rilievo che ha mosso
l’intervento europeo in materia di scambio di informazioni per finalità securitarie: a ltrettanto importante,
infatti, è divenuto il rispetto e la garanzia del diritto alla protezione dei dati personali 19, che, considerata
anche la particolarità dei dati di cui trattasi, doveva20 – e deve oggi ancor più a seguito dell’approvazione
del GDPR21 –, essere garantito durante tutte le operazioni di information sharing. Non stupisce che nel 2007
il Garante europeo per la protezione dei dati (d’ora in avanti GEPD) avesse messo in evidenza i pericoli
e le minacce che una normativa frettolosa ed imprecisa in materia di circolazione e scambio di dati
avrebbe potuto comportare sui diritti alla riservatezza e alla protezione dei dati. In mancanza di un quadro
giuridico armonizzato anche sul fronte della tutela di tali diritti, i dati avrebbero potuto essere c ondivisi
con Stati membri nei quali il livello di tutela offerta dalla legislazione nazionale risultava essere inferiore
rispetto a quella dello Stato di appartenenza del soggetto cui il dato afferiva. Ciò diveniva chiaro se si
considerava che le Decisioni richiamate imponevano a tutti gli Stati membri l’obbligo di adottare schedari
nazionali e banche dati di analisi del DNA: sotto questo specifico aspetto, infatti, il GEPD sottolineava
come taluni Stati membri già da tempo disponessero di database nazionale del DNA, mentre altri non
prevedevano simili strumenti; e, ancora, tra quei Paesi che già prevedevano una banca dati, la disciplina e
le garanzie che la accompagnavano risultavano anche molto differenti: se nel Regno Unito venivano
raccolti e conservati i dati di persone sia condannate sia semplicemente arrestate, in Germania ad essere
conservati erano solo i profili di soggetti condannati per reati gravi 22. Tutte queste difformità nelle

19 Sulle problematiche legate alla sicurezza dello scambio di informazioni si vedano B. PRAINSACK, V. TOOM, The Prüm
regime: situated dis/empowerment in transnational DNA profile exchange, in British Journal of Criminology, 2010, 1-10; R. BELFIORE,
Raccolta e scambio dei dati genetici nell’Unione europea, in C. CASONATO - L. BUSATTA - S. PENASA - C. PICIOCCHI - M. TOMASI
(a cura di), Il biodiritto e i suoi confini: definizioni, dialoghi, interazioni, Trento, 2014, 195-227.
20 Si veda, ad esempio, in chiave assai critica rispetto a questo tipo di attività così come attuata all’indomani della

europeizzazione del Trattato stesso, il lavoro di S. KIERKEGAARD , The Prüm decision – An uncontrolled fishing expedition in
‘Big Brother’ Europe, in Computer, Law & Security Report, 24, 2008, 243-252, nel quale l’autrice, nelle conclusioni (p. 251),
sostiene che «It is important that law enforcement authorities in the European Union should have the tools available to
obtain information held by other EU countries as quickly as possible to help with the investigation and prevention of
crime. While there is indeed a legitimate reason to exploit the full potential of databases to combat terrorism and combat
crime, it should not be used as a rationale for adopting such measures behind hidden doors and bereft of a national
debate».
21 Pare utile in questa sede ricordare che la più recente normativa in tema di protezione delle persone fisiche con

riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine,
accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e
che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, è da rinvenirsi nella Direttiva UE n. 2016/680, che fa
parte del c.d. nuovo pacchetto protezione dati, insieme al noto Regolamento generale sulla protezione dei dati, c.d.
GDPR, Regolamento UE 2016/679. Essa dunque mira a regolare la protezione dei dati personali tratta ti nell’ambito
della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale ma lascia impregiudicate le disposizioni che attengono al
funzionamento di Europol, Eurojust, al sistema di informazione di Schengen (SIS) e il sistema informativo doganale
(SID) nonché, per quanto in questa sede interessa maggiormente, restano intoccate le disposizioni sul trasferimento
automatizzato tra Stati membri di profili DNA, dati dattiloscopici e dati di immatricolazione dei veicoli, sulla base
della Decisione 2008/615/GAI (punto 39 dei considerando).
22 GEPD, Parere 2007/C 169/02, in G.U.C.E. 21 luglio 2007.

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regolamentazioni nazionali e la grande discrezionalità lasciata agli Stati membri in materia,
rappresentavano rischi per una tutela armonizzata dei diritti alla privacy e alla data protection che avevano
trovato significativo riconoscimento nella Carta di Nizza.
Anche considerando tali preoccupazioni e pericoli, emersi nel dibattito legislativo, la versione finale delle
Decisioni ha cercato di fissare norme identiche per tutti gli Stati membri quanto alle tecniche, alle
procedure e alle caratteristiche dei sistemi utilizzati per lo scambio di dati; nonostante tali indubbie
migliorie23, tuttavia, la parte relativa alla protezione dei dati – in particolare il capo VI della Decisione
2008/615/GAI – ha posto in capo ad ogni singolo Stato l’obbligo di garantire, nella propria legislazione
nazionale, «un livello di protezione dei dati personali corrispondente almeno a quello che risulta dalla
Convenzione del Consiglio d’Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al
trattamento automatizzato di dati di carattere personale, nonché dal protocollo addizionale de l 8
novembre 2001» (art. 25). La soluzione adottata, che possiamo definire compromissoria e che è dovuta
anche alla specificità della base giuridica e dello strumento della Decisione impiegati, vede dunque da un
lato un livello minimo di garanzia che deve essere tutelato da tutti i legislatori nazionali e assicurato anche
dal procedimento di approvazione e controllo effettuato dal Consiglio dell’UE 24, mentre dall’altro lascia
intatto un significativo potere attribuito ad ogni singolo Stato membro di stabilire disposizioni nazionali
in materia di raccolta, conservazione, cancellazione e scambio di dati, che possono favorire l’affermarsi
di difformità anche sostanziali tra le diverse discipline interne predisposte e dunque differenze nella tutela
dei diritti fondamentali.

23 Merita precisare come anche la scelta di prevedere un sistema bifasico, fondato su una prima fase di hit/no hit, del
tutto automatizzata e di una successiva e meramente eventuale fase di disclosure e condivisione del dato solo in caso di
risposta positiva alle prime operazioni di controllo incrociato automatizzato, rappresenta una soluzione non solo celere
ma anche capace di garantire un più elevato grado di protezione dei dati. Il procedimento, infatti, stabilisce la possibilità
per gli Stati membri, nel caso in cui non si riesca a livello nazionale ad identificare un profilo di DNA di interesse e sulla
base di specifiche attività investigative, di inviare tale dato agli altri Stati membri, affinché provvedano ad un raffronto
con i dati raccolti e conservati nelle proprie banche dati nazionali. Tale fase non prevede lo scambio di dati personali,
bensì solo un raffronto tra profilo proveniente da un Paese richiedente e quelli presenti nei databases nazionali di tutta
l’Unione. Solo in caso di esito positivo (quindi match), verrà avanzata richiesta del dato personale identificativo specifico
che permetterà, a quel punto, di risalire all’identità del soggetto cui il dato ‘condiviso’ appartiene. Sul punto si rimanda a
M. O’NEILL, A Europe that protects: moving to the next stage of cross-border law enforcement cooperation, in Policy Journal, vol. 84,
2011, 125-150.
24 L’art. 25 della Decisione 2008/616 stabilisce in capo al Consiglio il compito di effettuare un controllo previo,

subordinando la possibilità dello Stato membro di scambiare i dati e avere accesso alle banche dati di altri Stati membri
alla valutazione del Consiglio stesso circa l’adeguatezza delle disposizioni nazionali predisposte a disciplina della
protezione dei dati in questa particolare materia ed attività.

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3. Le difficoltà attuative del “sistema Prüm” e le disomogeneità tra Stati membri: lo specifico
esempio dello scambio di profili genetici
La disciplina delle Decisioni sopra esaminate e la discrezionalità lasciata agli Stati membri quanto alla
concreta implementazione del sistema di raccolta e scambio di dati genetici, biometrici e relativi alla
immatricolazione di veicoli hanno ben presto rivelato i limiti e le difficoltà attuative di una reale ed efficace
circolazione di informazioni per scopi securitari: benché il previo vaglio del Consiglio sia da considerarsi
uno strumento certamente rilevante ai fini di garantire il rispetto di condizioni e standard di tutele minime
e sufficienti in materia di protezione dei dati, non tutti gli Stati membri si sono tempestivamente attivati
per disporre regolamentazioni e strumenti utili ad implementare il “sistema Prüm”, così come
“europeizzato” mediante le Decisioni del 2008. Pare utile preliminarmente precisare come queste
disposizioni necessitassero di un duplice intervento al fine di essere correttamente ed efficacemente
attuate: sotto un profilo che potremmo definire statico, si rende infatti imprescindibile la previa
predisposizione di vere e proprie banche dati entro cui conservare le categorie di dati previste dalle
Decisioni stesse; sotto il profilo dinamico, invece, deve essere disposto un sistema di condivisione,
scambio e circolazione di dati per finalità di law enforcement, secondo procedure e con tecniche specifiche.
Diviene evidente che tali ultime operazioni trovino nelle attività di raccolta e storage di dati un presupposto
cogente ed ineludibile. Ne deriva, logicamente, che l’assenza di databases e di una apposita
regolamentazione degli stessi, del loro funzionamento e dei criteri che determinano e definiscono le
informazioni che debbono essere in essi contenute e a quali condizioni, non rende possibile neppure la
circolazione di dati, vero fulcro e scopo della normativa europea 25.
Ecco perché il ritardo o l’inattivismo di taluni Stati membri nel creare banche dati apposite, capaci di
incidere sulla efficacia del sistema Prüm nel suo complesso, sono stati visti con preoccupazione dalle
Istituzioni dell’UE. Quest’ultimo aspetto è ben evidenziato sin dalla Quinta relazione sui progressi compiuti
verso un’autentica ed efficace Unione della sicurezza 26, nella quale è stato messo in evidenza da un lato
l’importanza dello strumento di scambio automatizzato di dati e dall’altro la critica situazione di alcuni
Stati membri che, a distanza di un decennio dalle Decisioni che hanno “europeizzato” il sistema Prüm,
non vi avevano ancora dato attuazione – in particolare Croazia, Grecia, Irlanda, Italia e Portogallo, che

25 «With the Prüm Decisions becoming part of the EU acquis, it became mandatory for Member States to make data
stored in national databases available to other Member States on a hit/no hit basis. This presupposed the existence of
such databases at the national level, which was not always the casse. As a result, the implementation of the Prüm
Decisions necessitated the establishment of national databases, including enacting national legislation in that respect»,
POLICY DEPARTMENT FOR CITIZENS’ RIGHTS AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMEN T ,
Police information exchange. The future developments regarding Prüm and the API Directive (Study requested by the LIBE Committee),
settembre 2020, 19.
26 Relazione della Commissione “Quinta relazione sui progressi compiuti verso un’autentica ed efficace Unione della

sicurezza”, 2 marzo 2017, COM(2017) 203 final.

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non avevano garantito lo scambio automatizzato di dati in almeno due delle tre categorie di dati previste27.
Per tale motivo la Commissione aveva attivato procedure di infrazione avverso tali Paesi, per spronare
ad una rapida attuazione sia della necessaria creazione di apposite banche dati, sia della predisposizione
di un sistema funzionante di scambio e messa a disposizione delle informazioni raccolte.
Questa situazione problematica di inadempimento perdura tutt’ora: basandosi sui dati forniti dal
Consiglio dell’UE nel documento 5197/1/20 Rev 1, del 25 giugno 2020 28, le procedure di infrazione
permangono ad oggi aperte con riferimento ad Italia e Grecia. Come sottolineato nello studio sulla
implementazione e il futuro del “sistema Prüm” redatto dal Policy Department for Citizens’ Rights and
Constitutional Affairs del Parlamento europeo, «these delays may be attributed to various factors,
primarily linked to financial and technical difficulties. For example, Greece, Italy and Ireland did not have
DNA databases or dedicated legislation when the Prüm Decisions were adopted. Besides, these countries
were severely hit by financial crisis» 29. Oltre a queste considerazioni, che certamente trovano reale
riscontro nella peculiare condizione che caratterizza Italia e Grecia ancora oggi, ma che hanno inciso
anche sul percorso che ha contraddistinto altri Stati membri che similmente hanno incontrato difficoltà
nella attuazione delle Decisioni di Prüm, è da considerare come anche la procedura di attivazione concreta
del meccanismo di circolazione e scambio di dati, così come prevista a livello europeo, non sia affatto
rapida e semplice: l’art. 36 della Decisione 2008/615/GAI infatti ha previsto che siano gli Stati membri,
una volta adottate le misure necessarie a conformarsi alla Decisione stessa, ad informare il Segretariato
del Consiglio e la Commissione. A tal punto, a seguito del completamento di un apposito questionario,
si apre una fase ulteriore composta da una visita di valutazione e di un’esperienza pilota, ai sensi dell’art.
20. Solo al termine di tali procedure e sulla base di un report di valutazione sottoposto all’attenzione del
Consiglio, quest’ultimo sarà chiamato a decidere, all’unanimità e dopo aver sentito il Parlamento europeo,
se le condizioni stabilite dalle Decisioni di Prüm – e dunque anche quelle in relazione al livello minimo
di protezione dei dati che ciascuno Stato membro è chiamato a garantire – siano rispettate dalla normativa

27 Nella sopra citata Relazione si legge: «Nel settore dello scambio di informazioni tra gli Stati membri, le decisioni di
Prüm del 2008 hanno introdotto procedure rapide ed efficienti per lo scambio di dati tra Stati membri, stabilendo norme
e fornendo un quadro per consentire agli Stati membri di effettuare ricerche nei rispettivi schedari di analisi del DNA,
nei sistemi di identificazione dattiloscopica e nelle banche dati d’immatricolazione dei veicoli. L’attuazione delle decisioni
di Prüm, uno strumento che ha aiutato gli inquirenti francesi dopo gli attentati terroristici di Parigi del novembre 2015,
ha conosciuto notevoli progressi negli ultimi mesi, con scambi di dati sempre più intensi. Tuttavia, a distanza di un
decennio, alcuni Stati membri devono ancora attuarle. La Commissione ha perciò utilizzato i poteri esecutivi acquisiti in
virtù del Trattato di Lisbona nel settore della giustizia e degli affari interni per avviare procedimenti di infrazione nei
confronti di Croazia, Grecia, Irlanda, Italia e Portogallo per non aver rispettato le decisioni».
28 CONSIGLIO UE, Implementation of the provisions on information exchange of the "Prüm Decisions", 5197/1/20 Rev 1, del 25

giugno 2020.
29 POLICY DEPARTMENT FOR CITIZENS’ R IGHTS AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMEN T ,

Police information exchange, cit., 19.

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nazionale. Solo successivamente a tale lungo e complesso vaglio, dunque, lo Stato può essere autorizzato
alla trasmissione e scambio dei dati. Così l’Italia, ad esempio, con riferimento alla circolazione di profili
del DNA, pur avendo, con grande ritardo, adempiuto alla preliminare e necessaria fase di istituzione e
creazione di uno schedario nazionale di analisi del DNA (art. 2, Decisione 2008/615/GAI), non ha
ancora terminato il complesso procedimento sopra descritto, avendo notificato al Segretariato generale
del Consiglio l’assolvimento di tale obbligo 30.
I ritardi attuativi e l’articolata procedura di autorizzazione alla circolazione e sca mbio – che pure è
motivata dalla volontà di predisporre controlli preventivi circa il rispetto dei diritti alla riservatezza e alla
protezione dei dati –, non sono gli unici elementi di criticità che sono stati ravvisati nella implementazione
e nel concreto funzionamento del “sistema di Prüm”: le Relazioni e gli Studi che si sono via via
avvicendati nel corso del tempo hanno evidenziato in particolare le problematiche derivanti sia dalla,
anche significativa, disomogeneità di discipline e disposizioni normative nazionali che regolano la materia
della raccolta e conservazione di dati, sia dal diverso grado di cooperazione e scambio di dati posto in
essere, nella pratica concreta, dai diversi Stati membri 31.
Con riguardo al primo profilo e prendendo quale caso di studio lo scambio di profili genetici, sempre più
di fondamentale rilievo nelle operazioni investigative, è interessante notare come gli Stati membri abbiano
adottato soluzioni normative differenti in materia di raccolta e conservazione di DNA e dunqu e di
disciplina delle banche dati genetiche: ciò che differisce, in altre parole, è la determinazione dei criteri e
delle condizioni di inserimento dei dati genetici (campioni o profili) negli schedari nazionali.
Sul punto, sebbene in generale la maggior parte dei Paesi abbiano disposto la conservazione di profili
raccolti sulle scene del crimine o appartenenti a soggetti condannati per crimini, difformità si riscontrano
ad esempio con riferimento all’inserimento o meno dei profili di soggetti solamente sospettati di aver
commesso un reato e successivamente non perseguiti o assolti o ancora all’inserimento dei dati di tutti i
condannati o solo di coloro che sono stati condannati per reati ‘gravi’, come accade in Belgio e Francia.
Anche i criteri di esclusione dei profili inseriti – in caso di morte del condannato ad esempio – o la scelta
dei soggetti chiamati a gestire e controllare il corretto funzionamento delle banche dati, rappresentano

30 Pur rimandando per approfondimenti sulla Banca dati italiana del DNA al volume L. SCAFFARDI (a cura di), La Banca
dati italiana del DNA. Limiti e prospettive della genetica forense, Bologna, 2019, merita qui ricordare come, dopo un faticoso
iter normativo conclusosi con la adozione della legge n. 85/2009 istitutiva della Banca dati del DNA, la piena operatività
di tale database si è registrata solo a partire dal 2018, a seguito dell’adozione di regolamenti attuativi e decreti ministeriali,
succedutisi negli anni 2016 e 2017, che hanno permesso la concreta predisposizione della Banca dati nazionale.
31 Questi due aspetti sono stati evidenziati anche dal Report elaborato da Deloitte su richiesta della Commissione

europea, nel quale viene espressamente dichiarato come «The Prüm Framework faces challenges that have limitd its
ability to reach its full potential and effectiveness. These mainly rlate to discrepancies between Member States in terms
of implementation, national legal frameworks and the level of process automation», DELOITTE, Study on the feasibility of
improving information exchange under the Prüm Decisions, 18.

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tutti fattori di disomogeneità e sperequazione tra Stati membri che influiscono direttamente sull’efficacia
del sistema di condivisione dei dati nel suo complesso. È ovvio che dalla ampiezza del database e della
disponibilità di dati in essa contenuti dipenderà la maggiore o minore capacità dello schedario di
rappresentare una fonte di informazioni e di supporto alle autorità di law enforcement di altri Stati membri.
Proprio sulla base di questi elementi sono state ricavate importanti distinzioni, riconducendo ad alcuni
fondamentali macro-modelli le diverse soluzioni normative adottate: mentre Stati quali Austria, Finlandia
e Regno Unito hanno disposto una disciplina normativa in materia di database genetici che consente la
raccolta e conservazione di un notevole numero di profili, mettendo a disposizione una rilevante mole di
informazioni ai fini di indagini, stabilendo così criteri più ampi circa i profili da conservare a favore di
una estesa tutela della sicurezza. Altri Stati hanno optato per un approccio che potrebbe essere definito
maggiormente ‘garantista’ dei diritti alla riservatezza e alla protezione dei dati. In tali ordinamenti, come
il Portogallo, l’inclinazione del legislatore è stata quella di stabilire criteri restrittivi circa l’inserimento,
storage e scambio dei profili di DNA, restringendo dunque la disponibilità di informazioni da condividere
mediante il meccanismo di Prüm. Soluzioni intermedie sono state invece adottate da Germania e Francia,
seppure con differenze sostanziali – il primo attribuendo un maggior rilievo al ruolo dei giudici quanto
alla determinazione dei criteri e dunque dei profili da inserire nello schedario nazionale –32. Di questo
modello potrebbe far parte anche la disciplina italiana benché più recente e dal travagliato percorso
attuativo33. Se dunque estrapolare una tassonomia delle diverse esperienze ordinamentali non deve
condurre alla conclusione estrema e non conforme alla realtà che vede come statiche ed estremizzate le
discipline normative dei differenti databases nazionali, lo sforzo di categorizzazione permette di cogliere
quella disomogeneità di soluzioni – radicata, se si vuole, ben più in profondità, nelle tensioni
maggiormente pro-securitarie o maggiormente garantiste dei diritti fondamentali che caratterizzano
l’approccio degli Stati membri più in generale dinnanzi alle minacce alla sicurezza pubblica e nazionale –
che non può che lasciare un segno nel funzionamento del “sistema di Prüm” e nella concreta realizzazione
di quel principio di disponibilità dei dati che ne è alla base.
Giungendo al secondo profilo di criticità, sopra indicato, l’efficacia del modello di circolazione e
condivisione di dati nel contesto europeo ha risentito e risente tuttora del diverso livello di operatività e

32 Una utile panoramica dei diversi sistemi e normative in materia può essere riscontrata in F. SANTOS, H. MACHADO ,
S. SILVA, Forensic DNA databases in European countries: is size linked to performance?, in Life sciences, society and policy, 9, 2013, 1-
13; ma anche V. T OOM, R. GRANJA, A. LUDWIG , The Prüm Decisions as an aspirational regime: reviewing a decade of cross-border
exchange and comparison of forensic DNA data, in Forensic science international: genetics, 41, 2019, 50-57. Per una comparazione
delle esperienze di Regno Unito, Germania, Francia, Portogallo e Italia, si rimanda inoltre a L. SCAFFARDI, Giustizia
genetica e tutela della persona, cit., spec. 69 ss.
33 Per una ampia analisi del modello italiano, sia consentito il rinvio a L. S CAFFARDI (a cura di), La Banca dati italiana del

DNA, cit.

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connessione negli scambi di dati, che varia molto da Stato a Stato. Sempre tenendo in considerazione lo
specifico ambito dello scambio di profili di DNA, «amongst the 25 operational States, the degree of
connectivity considerably varies; the Netherlands exchanges DNA data with 24 countries, whereas
Denmark exchanges with seven countries, Bulgaria with 12 countries, the UK with nine countries and
Ireland with two countries only. Annex I demonstrates that nine years after the deadline indicated in
Decision 2008/615/JHA, the implementation is still not fully complete and participating countries must
continue broadening operational connectivity among themselves»34. Anche l’aspetto della effettiva
operatività dello scambio di dati e di interazione tra sistemi differenti (quella che viene appunto
denominata degree of connectivity with other Member States’s databases)35 diviene elemento importante di
valutazione delle efficace implementazione del sistema Prüm e rappresenta uno degli elementi che,
insieme alle differenze sostanziali in termini di operatività delle banche dati nazionali, ha spinto le
Istituzioni dell’UE a riflettere sull’esigenza di cambiamenti e modifiche del meccanismo esistente.

4. Next generation Prüm e i possibili sviluppi del sistema di scambio e circolazione di dati: una
nuova sfida per l’Unione europea
Le inefficienze, i ritardi e le difficoltà operative ed applicative sopra evidenziate, unitamente al progresso
tecnologico e all’affermarsi di nuove tecniche e strumenti di indagine fondati sull’impiego di dati – anche
genetici e biometrici –, nonché le nuove sfide connesse al fenomeno del terrorismo, della criminalità
organizzata e dei cyber-crimes, hanno portato le Istituzioni dell’UE, in particolare Consiglio e Commissione,
a porre in essere iniziative, mediante la promozione di studi, ricerche, dibattiti tra esperti ed autorità degli
Stati membri, volte a promuovere una modernizzazione delle Decisioni di Prüm (adottate nel 2008) e del
relativo meccanismo di circolazione dei dati.
Queste intenzioni emergono con chiarezza dalle Conclusioni del Consiglio sull’attuazione delle “Decisioni Prüm”
a dieci anni dall’adozione (Conclusioni n. 11227/18 del 8 luglio 2018): in tale documento si legge infatti
come, ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati nella Rinnovata strategia di sicurezza interna 2015-202036,
il «ricorso effettivo ed efficace alle decisioni Prüm è considerato essenziale per intensificare lo scambio
di informazioni e la cooperazione transfrontaliera tra le autorità di contrasto, accrescere la fiducia

34 POLICY DEPARTMENT FOR CITIZENS’ RIGHTS AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMEN T ,
Police information exchange, cit., 19.
35 Sotto questo profilo, lo studio elaborato da Deloitte, sopra richiamato, ha messo in luce come l’efficacia ed effettività

degli scambi di dati sia limitata anche da differenze in termini di qualità delle informazioni: «the existing automated data
exchanges are well established and functional, but suffer from some technical inefficiencies, ranging from outdated and
non-harmonised exchange standards to restrictive quota that impede the Prüm framework»,
DELOITTE, Study on the feasibility of improving information exchange under the Prüm Decisions, cit., 7.
36 La c.d. Agenda europea sulla sicurezza interna dell’UE, che propone una agenda ed obiettivi e priorità in tale ambito

(COM (2015) 185 final del 28 aprile 2015).

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reciproca e fornire sostegno all’azione intesa a risolvere casi di reati gravi e condurre indagini sul
terrorismo» (p. 2). Partendo da tali premesse, il Consiglio esprimeva la richiesta di considerare una
revisione delle Decisioni Prüm esistenti per estenderne l’ambito di applicazione, aggiornare i requisiti
tecnici e quelli giuridici necessari al funzionamento del meccanismo di scambio.
Una discussione e valutazione ampia e dettagliata circa i possibili interventi di modifica e
modernizzazione del regime esistente si è così aperta in seno al Working Party on Information Exchange and
Data Protection (d’ora in avanti DAPIX)37, un organo preparatorio del Consiglio, che ha iniziato a vagliare,
grazie all’apporto di specifici sottogruppi di esperti 38, la possibilità di addivenire a quello che è stato
denominato il Next generation Prüm, senza tralasciare, in tale dibattito, la necessità di inserire adeguate
misure a tutela del diritto alla protezione dei dati, anche considerando il particolare mutato contesto
normativo caratterizzato dal GDPR e dalla Direttiva n. 2016/680, già evidenziato sopra.
Le riflessioni sui necessari e possibili interventi si sono mosse, sin dall’inizio, su tre diversi fronti: a)
innovare le regole in materia di circolazione e scambio di dati al fine di garantire un sistema più efficace
ed efficiente; b) creare maggiori connessioni tra il sistema Prüm e altri meccanismi di cooperazioni in
materia di indagine e lotta alla criminalità; c) ampliare le categorie di dati incluse nel meccanismo di
scambio Prüm.
Volendo procedere ad una analisi critica di tali modifiche proposte e al vaglio delle Istituzioni europee,
un primo importante documento che ha segnato un concreto passo avanti verso i futuri sviluppi del
meccanismo Prüm, è rappresentato dallo studio elaborato da Deloitte, su richiesta della Commissione, on
the feasibility of improving information exchange under the Prüm Decisions, del maggio 2020. In tale rilevante
documento sono state sottolineate le criticità del sistema esistente e le possibili soluzioni da adottare per

37 Come si legge sul sito del Consiglio UE, DAPIX (in italiano il Gruppo “Scambio di informazioni e protezione dei
dati”) «gestisce i lavori relativi all’attuazione delle norme e delle politiche in materia di scambio di informazioni e
protezione dei dati personali nel settore delle attività di contrasto. Inoltre collabora strettamente con Europol, in
particolare per quanto riguarda la strategia di gestione delle informazioni in relazione alla razionalizzazione degli scambi
di informazioni a livello transfrontaliero. Per quanto riguarda lo scambio di informazioni, il Gruppo si occupa di
migliorare lo scambio di informazioni tra le autorità di contrasto degli Stati membri. Per quanto concerne la protezione
dei dati, il Gruppo concentra le proprie attività al fine di garantire uno scambio di dati conforme ai principi e alle norme
in vigore in materia di protezione dei dati personali», https://www.consilium.europa.eu/it/council-eu/preparatory-
bodies/working-party-information-exchange-data-protection/
38 Sono stati infatti istituiti quattro focus groups dedicati rispettivamente a valutare le possibili modifiche riguardanti lo

scambio di dati genetici, impronte digitali, dati di immatricolazione dei veicoli e, infine – e ciò rappresenta una rilevante
novità, di cui si parlerà ampiamente in seguito – dati biometrici relativi alla immagine del volto, da impiegare per l’utilizzo
di sistemi di riconoscimento facciale. Merita sin da subito sottolineare come i quattro gruppi siano stati istituiti allo scopo
di «setting out how to further develop the current information exchange mechanisms and to support the Commission’s
feasibility study on improving information exchange under the Prüm Decisions. The three groups focused on the
existing data types already exchanged, whereas facial recognition was the subject of a fourth group established by the
Council (Document 13356/19, 30 October 2019, not publicly available», POLICY DEPARTMENT FOR CITIZENS’ RIGHTS
AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMENT , Police information exchange, cit., 25.

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massimizzare l’efficacia della circolazione di dati, considerando anche il possibile positivo apporto di
nuove e più sofisticate tecnologie.
Partendo dalla prima delle tre aree di azione sopra menzionate, una delle soluzioni individuate è
riscontrata nell’introduzione di nuove regole a livello europeo in materia di scambio di dati, in grado di
rendere più efficace e semplice la condivisione e scambio automatizzato di dati, con particolare attenzione
anche alla seconda fase del meccanismo delineato dal sistema di Prüm, ovvero quello che si verifica in
caso di match tra il dato richiesto da uno stato membro e quello presente nei database di un altro Stato
membro. Come si è visto, in quel caso – e solo in quel caso – vengono condivisi i dati personali del
soggetto cui il dato appartiene. In questa fase, così delicata, la presenza di diversi standard e procedure –
alcuni Stati richiedono l’intervento previo autorizzativo di autorità giudiziarie prima dell’invio del dato
personale, altre ulteriori controlli etc. – ha rappresentato un ostacolo al corretto e rapido funzionamento
del sistema. Per tale motivo una possibile soluzione è quella di incrementare l’automatismo della
comunicazione dei dati personali, soprattutto per quanto concerne lo scambio di impronte digitali,
qualora il rischio di c.d. falsi positivi sia ritenuto estremamente limitato. Anche la promozione di un central
router39, in grado di ricevere e inviare con una gestione centralizzata appunto tutte le richieste pervenute
dalle autorità competenti dei diversi Stati membri, va nella direzione di superare i rapporti bila terali sui
quali si basano ad oggi le procedure di richiesta di matching tra gli Stati 40.
A questo e in una logica di continuità, l’ulteriore obiettivo sopra richiamato che le Istituzioni stanno
valutando per procedere ad un ammodernamento del meccanismo esistente è individuato nella possibilità
di connettere il sistema Prüm ad altri sistemi di interoperabilità e circolazione di informazioni tra autorità

39 Su questo punto è interessante notare come tale soluzione sia stata ritenuta maggiormente opportuna rispetto alla
creazione di un «centralised information system, which has been rejected due to legal constraints on storing such data
outside the national territory, for various reasons; processing personal data at EU level will be avoided; accurate statistic al
data at central level will be produced and technical difficulties posed by bilateral connections will be eliminated», POLICY
DEPARTMENT FOR CITIZENS’ RIGHTS AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMENT, Police
information exchange, cit., 9.
40 Un ulteriore profilo che è stato evidenziato negli studi predisposti sul tema è quello della inclusione della finalità di

ricerca di persone scomparse tra gli scopi di attivazione ed utilizzo del meccanismo di Prüm: «new purposes will have
to be added to the revised Prüm legal framework, so that searches with the aim of locating missing persons and
identifying human bodies/remains could take place, even if no direct link to a criminal investigation exists». Ciò
ovviamente impone la necessità di determinare regole specifiche quanto alla protezione dei dati relative appunto a
persone scomparse: «the fact that missing persons may include vulnerable groups of individuals, such as elderly persons,
persons with mental health issues or children, should be taken into account. As a result, concerns are raised about the
handling of data concerning missing persons in the same systems that process information on convicted criminals.
Therefore, additional safeguards are required in relation to the retention of such data on missing persons», POLICY
DEPARTMENT FOR CITIZENS’ RIGHTS AND CONSTITUTIONAL A FFAIRS OF THE EUROPEAN PARLIAMENT, Police
information exchange, cit., 27. Ciò fa comprendere la delicatezza del dibattito politico e legislativo che deve essere posto in
essere, tenendo in considerazione l’importanza di accompagnare l’espansione e l’ammodernamento del sistema di Prüm,
nell’ottica di un suo efficientamento, con la necessità di garantire un elevato grado di tutela dei diritti alla riservatezza e
protezione dei dati e dei principi di necessità e proporzionalità che devono ispirare il trattamento di da ti personali,
soprattutto quelli appartenenti a categorie particolari quali i dati biometrici e genetici.

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