Nella tempesta: digitalizzazione, ristrutturazione e mobilitazione nella crisi del Covid1 Ursula Huws 2

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Nella tempesta: digitalizzazione, ristrutturazione e
    mobilitazione nella crisi del Covid1
    Ursula Huws 2

    Questo saggio affronta i cambiamenti che hanno investito i mercati
del lavoro globali durante la pandemia del coronavirus, con un’attenzione
particolare alla concentrazione del capitale e all’espansione delle quote
di mercato accaparrata dalle multinazionali, che porta con sé la gestione
digitale delle catene di fornitura e la crescita esponenziale del controllo
algoritmico e della sorveglianza dei lavoratori. Le condizioni di blocco
pandemico hanno messo in luce in modo molto chiaro la polarizzazio-
ne della forza lavoro tra i lavoratori “fissi”, fisicamente isolati nelle loro
case ma strettamente monitorati tramite i loro computer, che lavorano in
modalità virtuale, e i lavoratori mobili (“footloose”) impiegati in modo
precario, costituiti in grandissima parte da lavoratori neri e immigrati,
altrettanto strettamente monitorati, che forniscono i beni fisici e i servizi
di cui hanno bisogno coloro che sono costretti a casa per sopravvivere e
provvedono ai loro bisogni fisici quando si ammalano, con loro grande
rischio personale.
    Ciò rappresenta una forte accelerazione delle tendenze già esistenti,
ma comporta anche nuove contraddizioni. L’accesso quasi universale alle
tecnologie digitali, che è un prerequisito per la gestione dei lavoratori,
fornisce a questi ultimi anche nuovi modi per comunicare e organizzar-
si. Nel vuoto lasciato dall’inettitudine del governo, le comunità si sono
riunite a livello locale per sviluppare proprie soluzioni a sostegno dei più
vulnerabili, discutere intorno a quali riforme promuovere, mobilitarsi
contro gli imprenditori e organizzare manifestazioni per esprimere la loro
indignazione contro il razzismo e la violenza dello Stato con una forte
crescita di iniziative, molte delle quali si basano su forme di organizzazio-

      1. Pubblicato per primo da Merlin Press, www.merlinpress.co.uk (per gentile concessione), con
il titolo originale “Reaping the Whirlwind: Digitalization, Restructuring, and Mobilization in the
Covid Crisis”. Traduzione di Giulia Luzzi.
      2. University of Hertfordshire (UK).

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ne digitale online. In questo processo si stanno sviluppando nuovi mo-
delli sociali che prefigurano come potrebbe essere una società post-Covid
più inclusiva.

   2008-2019: Un decennio di radicale ristrutturazione

    L’economia mondiale, in cui il coronavirus è arrivato nel 2019, era
già in subbuglio. Nel decennio precedente, la ristrutturazione del capitale
seguita alla crisi del 2008 aveva generato convulsioni in tutta l’economia
globale e nei suoi mercati del lavoro. La disperata ricerca di nuove fonti
di profitto ha portato a una concorrenza sempre più spietata tra i gruppi
manifatturieri, accentuando la necessità di mettere le merci sul mercato il
più rapidamente possibile. Questo ha stimolato gli investimenti in infra-
strutture, tra le quali la cinese Belt and Road Initiative, e ha esercitato una
pressione straordinaria sui lavoratori della produzione e della logistica
lungo tutta la catena del valore, dalle miniere agli stabilimenti di assem-
blaggio, ai porti, alle navi, alle strade, ai magazzini e, nell’“ultimo miglio”,
alle abitazioni dei consumatori, senza i cui acquisti non potrebbe essere
realizzato alcun profitto. Con l’aiuto di tecnologie digitali sempre più
sofisticate e la pronta connivenza dei governi neoliberali, alcune imprese
hanno trovato nuove fonti di profitto nei mercati creati artificialmente
per i servizi amministrativi in outsourcing, rendendo con ciò precario,
saltuario e poco remunerato gran parte del lavoro del settore pubblico.
Altre imprese, invece, si sono trasformate in rentier del ventunesimo seco-
lo, incassando le decime dallo stato per l’uso (sempre più indispensabile)
di prodotti virtuali come licenze di software, contratti di manutenzione,
polizze assicurative, contratti telefonici o reti wi-fi. In altri casi, la stessa
forza lavoro è diventata un bene da cui riscuotere una rendita, con società
che si assicurano una percentuale ogni volta che la loro piattaforma onli-
ne viene utilizzata per ordinare un taxi o un lavoro domestico, dentro un
sistema che trasferisce tutti i rischi sui lavoratori.
    Nel corso di questi sconvolgimenti, vasti settori della vita che prima
erano al di fuori della diretta sfera del capitalismo sono stati portati nella
sua orbita, creando nuovi tipi di merci che vanno dai prodotti bio ai pasti

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pronti, dalla chirurgia estetica all’intrattenimento in streaming3. E sono
state trasformate le condizioni di lavoro per decine di migliaia di lavora-
tori, ora assoggettati alla disciplina spersonalizzata e gestita dal capitali-
smo globale attraverso algoritmi.
    La portata di questi cambiamenti è difficile da sopravvalutare. Ecco
alcuni fatti. Nel 2018 sette dei dieci maggiori gruppi al mondo (Apple,
Google, Microsoft, Amazon, Facebook, Tencent e Alibaba) utilizzavano
modelli di business basati su piattaforme, e secondo le stime di McKinsey
il 30% dell’attività economica globale dovrebbe essere presto mediato da
piattaforme digitali4. Il valore globale delle vendite al dettaglio online
(principale motore di crescita dei volumi di consegna dei pacchi) è tri-
plicato, passando da 1.196 miliardi di dollari del 2013 a 3.306 miliardi
di dollari del 20195. Nel Regno Unito, nel 2017, più di un terzo di tutta
la spesa pubblica è stata erogata per l’acquisto di beni, opere e servizi da
fornitori esterni6.
    Una mia ricerca7, condotta tra il 2016 e il 2019 in tredici paesi eu-
ropei, ha mostrato che un gran numero di persone utilizza le piattaforme
online per trovare lavoro. Il lavoro sulle piattaforme viene di solito svolto
come forma di integrazione ad altre entrate, e per la maggior parte delle
persone rappresenta meno del 10% del loro reddito; rappresenta l’in-
tero reddito percepito solo per una piccola minoranza. Esso fa parte di
una serie di lavori occasionali e a chiamata che forniscono un reddito di
sussistenza per i working poor. Una parte di questi lavori viene eseguita
in tempo e spazio reali, spesso in spazi pubblici. Coloro che svolgono
lavori di autista o di consegna vanno dall’1,4% della popolazione adulta
(nei Paesi Bassi e in Svezia) al 12,3% (in Cecenia), ma nel Regno Unito
(che è l’unico paese per il quale abbiamo dati di tendenza) tra il 2016 e il
2019 questa quota è aumentata dall’1,5% al 5,1%, a dimostrazione della
sua rapida crescita. In tutti i Paesi la percentuale di coloro che svolgono
questo tipo di lavoro su piattaforme ben visibile negli spazi pubblici è
superata da quelli che svolgono tipi di lavoro più nascosti, come la forni-
tura di servizi domestici in altre abitazioni, che vanno dal 2,4% in Svezia

   3. Ho scritto a lungo su questi sviluppi in Huws 2019a.
   4. Schenker, Jennifer. “The Platform Economy”, The Innovator, www.innovator.news, 19.1.2019.
   5. Apex Insight 2020.
   6. Sasse et al. 2019.
   7. Huws et al. 2019b.

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all’11,8% in Cecenia. Ma anche l’entità di questi lavori è superata da
un lavoro su piattaforma ancora più diffuso – un lavoro che viene svolto
in modalità virtuale, utilizzando mezzi online. Il lavoro su piattaforma
online, che è indipendente dalla collocazione spaziale delle persone, è
svolto in diretta concorrenza con lavoratori di altre parti del mondo –
quindi, non sorprende che le quote maggiori di questo tipo di lavoro
siano là dove i salari medi sono più bassi rispetto a quelli dei concorrenti
internazionali.
    È evidente che in un periodo in cui i salari erano in calo in termini
reali o, nella migliore delle ipotesi, erano stagnanti, e le politiche di
austerità picchiavano duro, la gente era alla ricerca di qualsiasi possibilità
di guadagno per sbarcare il lunario. Uno dei meccanismi più rilevanti per
riuscirci prima della crisi finanziaria – il credito – è risultato molto meno
disponibile dopo la crisi (del 2008), il che ha reso l’economia online una
risorsa sempre più importante cui attingere.
    Nel Regno Unito (dove abbiamo fatto indagini nel 2016 e nel 2019)
c’è stata una crescita esponenziale del lavoro su piattaforma. In questo
triennio è raddoppiato il numero di adulti in età lavorativa che hanno
dichiarato di fare almeno una volta alla settimana un lavoro ottenuto
tramite una piattaforma online, da circa 2,8 milioni a circa 5,8 milioni di
persone (dal 4,7% al 9,6% della popolazione adulta). Le persone cercava-
no su internet per guadagnare anche in altri modi: nello stesso periodo la
percentuale di persone che affittavano stanze tramite piattaforme online
come Airbnb è salita dall’8,2% al 18,7%, mentre la percentuale di coloro
che vendevano prodotti di propria produzione tramite piattaforme come
Etsy è passata dal 10 al 20,2%. Nel 2019, un’alta percentuale della po-
polazione del Regno Unito (60,7%) era costituita da utenti di servizi su
piattaforma. Benché fossero più propense a farlo le famiglie più agiate,
più della metà (50,9%) di coloro che guadagnano meno di 20.000 ster-
line all’anno sono clienti di piattaforme, molti dei quali sono essi stessi
lavoratori su piattaforma. Tre quarti (76%) di coloro che hanno dichiara-
to di fornire almeno settimanalmente servizi come autista o di consegna
tramite piattaforme erano anche utenti di tali piattaforme almeno una
volta al mese (il che porta al 92,8% la percentuale di coloro che lo face-
vano almeno una volta l’anno), mentre due terzi (67,2%) di coloro che
fornivano servizi nelle abitazioni di altre persone settimanalmente, erano
anche clienti di tali servizi almeno una volta al mese (l’89,6% almeno una

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volta l’anno)8. In questo breve periodo di tre anni c’è stato di fatto un
raddoppio della domanda e dell’offerta di lavoro per la fornitura di servizi
basati su piattaforme.
    Nel mercato del lavoro, il lavoro per piattaforme online formalmente
designate per tali, rappresentava la punta visibile di un iceberg molto più
grande. Ancora più importante della crescita del lavoro su piattaforma è
stata la diffusione straordinariamente rapida delle pratiche di gestione di-
gitale di tutta la forza lavoro in generale. Nel 2016, nel Regno Unito, una
persona su dieci ha dichiarato di utilizzare un’applicazione o un sito web
per essere informata su nuovi lavori, una percentuale più che raddoppiata
nel 2019, arrivando al 21% della popolazione adulta in età lavorativa.
Solo la metà di questi lavoratori erano lavoratori su piattaforma. L’uso
di app o siti web per registrare il lavoro svolto è aumentato nello stesso
periodo dal 14,2% al 24,6%. Anche in questo caso, la maggior parte
delle persone che hanno segnalato questa pratica non erano lavoratori di
piattaforma. Quasi un quarto (24%) degli adulti britannici intervistati
nel 2019 – di cui quasi la metà (11,7%) non erano lavoratori di piattafor-
ma – ha riferito che il proprio lavoro veniva valutato dai clienti. Quindi,
nel 2019 gli sconvolgimenti causati dalla ristrutturazione del capitale nel
decennio precedente si manifestavano già con una titanica turbolenza
del mercato del lavoro, con un’erosione dei contratti di lavoro standard e
una drammatica crescita della gestione e della sorveglianza digitali della
forza lavoro.

   2020: Impatti economici e sociali della pandemia da COVID-19

    Il grande lockdown imposto alla maggior parte dei paesi ad inizio
2020 è dunque giunto in circostanze fortemente dinamiche, come su un
veicolo in rapido movimento. In alcuni settori il suo impatto è stato un
colpo di freno, con un arresto brusco e stridente dell’attività. In altri, è
stato più simile ad una altrettanto brusca frenata sull’acceleratore che ha
proiettato in avanti, a rotta di collo, le tendenze esistenti.

   8. Huws et al. 2019c.

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Stop and go nel mercato del lavoro

    L’industria dei trasporti si è fermata, con i lavoratori delle compagnie
aeree licenziati e centinaia di migliaia di marittimi bloccati per mesi sulle
loro navi9. Le aziende del settore viaggi e turismo, così come l’ospitalità
Airbnb, hanno dovuto confrontarsi con il disastro finanziario10. Molte
industrie di produzione, così come le imprese di commercio al dettaglio
di mattoni e prodotti edili, ed altre ancora di servizi, sono state chiu-
se. Mentre le immagini di petroliere arenate, strade sbarrate e fabbriche
chiuse riempivano i nostri schermi, l’impatto ambientale del lockdown
diventava evidente nei cieli limpidi e nelle vedute di orizzonti lontani di-
ventati improvvisamente visibili, mentre diventava udibile il canto degli
uccelli non più soffocato dal rumore del traffico.
    Gli effetti frenanti sul mercato del lavoro lasceranno probabilmente
tracce durature, nella misura in cui i licenziamenti temporanei diventano
perdite permanenti di posti di lavoro. Non solo vengono licenziati molti
dipendenti di piccole e medie imprese quando i loro datori di lavoro ces-
sano l’attività, ma è probabile che anche le imprese più grandi sfrutteran-
no la pandemia come scusa per precarizzare o ridimensionare gli organici.
    Se gli effetti frenanti sono drammatici, è probabile che gli effetti ac-
celeranti di questi eventi abbiano implicazioni ancora più ampie. Tra
queste, l’enorme aumento del numero di persone che lavorano da casa,
del ricorso a ordini online di beni e servizi e del lavoro collegato alla
loro consegna. La crisi del coronavirus ha reso visibile e accentuato una
crescente polarizzazione nel mercato del lavoro tra i lavoratori “fissi” e
quelli “mobili”11, per cui le esigenze di coloro che sono immobilizzati,
per vincoli lavorativi, per incapacità, vecchiaia o per rischio di contami-
nazione, sono sempre più soddisfatte dall’iper-mobilità di altri lavoratori
itineranti che devono consegnare loro i beni e i servizi che non possono
andare a prendersi da soli, fornire cure fisiche o trasportarli da e verso i
luoghi dove devono essere curati. Ciò ha ingrossato le fila dei lavoratori

     9. Bowler, Tim. ‘Seafarers in limbo as coronavirus hits shipping’, BBC News, 16.4.2020.
     10. Faus, Joan. ‘This is how coronavirus could affect the travel and tourism industry’, World
Economic Forum with Reuters, www.weforum.org, 17.3.2020; Mickle, Tripp, and Rana, Preetika.
‘“A Bargain With the Devil” – Bill Comes Due for Overextended Airbnb Hosts’, Wall Street Journal,
29.4.2020.
     11. Ho operato questa distinzione in Huws 2006.

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precari, composte in modo sproporzionato da immigrati, neri e persone
appartenenti a minoranze etniche (BAME), le cui vite sono state messe
fisicamente a rischio e, per questo come per altri motivi, rappresentano
una percentuale scandalosamente alta dei morti per Covid-1912. Benché
venga sacrificata la loro sicurezza personale, essi sono tra i meno tutelati
quanto ad alcuni diritti dei lavoratori, come la retribuzione per malattia,
la tutela del posto di lavoro o il salario minimo.
    La crescita di questa forza lavoro mobile, ampliata dall’aggiunta di
molti licenziati di altri settori, obbligati a lavorare in un tempo e spazio
“reali”, è stata accompagnata da un’enorme crescita del lavoro “virtuale”
tra i colletti bianchi (che hanno anche maggiori probabilità di avere la
pelle bianca13), obbligati dalla chiusura degli uffici e dalle necessità di di-
stanziamento sociale a lavorare da casa loro e collegarsi digitalmente alle
loro imprese o ai loro clienti. Un terzo degli europei ha riferito di aver
iniziato il telelavoro a seguito della pandemia14. Pur lavorando in condi-
zioni molto diverse dai lavoratori mobili che soddisfano i loro bisogni,
e pur essendo meglio protetti fisicamente, questi lavoratori a domicilio
condividono con loro una caratteristica: hanno una crescente probabilità
di lavorare sotto lo sguardo digitale di una corporazione globale, cosa
sulla quale tornerò più avanti in questo saggio.

    Concentrazione ed espansione del capitale

    Nel frattempo, queste nuove condizioni hanno permesso una sor-
prendente espansione di alcuni settori del capitale e la concentrazione
della ricchezza. Una ricerca dell’US Institute for Policy Studies and Ame-
ricans for Tax Fairness ha rilevato nel giugno 2020 che i cinque maggiori
miliardari statunitensi (Jeff Bezos, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Warren
Buffett e Larry Ellison) hanno visto il loro patrimonio netto complessivo
aumentare di 584 miliardi di dollari nei primi tre mesi del 2020, in un

    12. Siddique, Haroon. ‘Key findings from Public Health England’s report on Covid-19 deaths’,
The Guardian, 2.6.2020.
    13. Office of National Statistics, Coronavirus and homeworking in the UK labour market: 2019,
www.ons.gov.uk.
    14. Vargas Llave, Oscar. ‘COVID-19 unleashed the potential for telework – How are workers
coping?’, Eurofound, www.eurofound.europa.eu, 9.6.2020.

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periodo in cui sono stati cancellati 56,5 trilioni di dollari dal reddito delle
famiglie. Che Bezos, Ad di Amazon, fosse quello che più ha incassato in
termini assoluti, con una crescita di 43,8 miliardi di dollari nei tre mesi,
non è una sorpresa, vista l’enorme crescita dello shopping online. In ter-
mini percentuali, il suo incremento del 38,7% è stato però superato da
una fenomenale espansione, nello stesso periodo, del 58,6% della fortuna
di Zuckerberg (Ad di Facebook), che ha tratto beneficio dal passaggio alla
comunicazione online di una popolazione isolata e bloccata. Anche altri
due dei cinque grandi, Gates ed Ellison, fanno i soldi con l’economia
digitale (Microsoft e Oracle)15. Il quinto, Buffet, è un capitalista più clas-
sico con le mani in pasta ovunque, con una significativa partecipazione
azionaria in Apple così come in banche e aziende alimentari. Berkshire
Hathaway, la società di cui è amministratore delegato, ha astutamente
venduto tutte le sue partecipazioni nelle compagnie aeree ad inizio 2020.
    Questi miliardari sono emblematici di una tendenza molto più ampia,
per cui le grandi società stanno espandendo la loro presa sull’economia.
A volte lo fanno traendo varie forme di rendita, ad esempio dalle licenze
di software, che aumenta in proporzione al crescente utilizzo delle tec-
nologie digitali. In condizioni di lockdown, inutile dirlo, la domanda di
tali tecnologie è cresciuta in modo esponenziale. Ad esempio, il servizio
di videoconferenza Zoom ha riferito che nell’aprile 2020 il suo utilizzo
è giunto fino a 300 milioni di partecipanti al giorno, rispetto ai soli 10
milioni del dicembre 2019 (con entrate per 328 milioni di dollari nel tri-
mestre febbraio-aprile)16. In altri casi, le multinazionali (di supermercati,
catene di fast food e piattaforme online che forniscono servizi domestici)
stanno colonizzando enormi aree dell’economia precedentemente domi-
nate da piccole imprese e singoli commercianti, aiutate dalla loro capacità
di organizzare consegne just-in-time a consumatori isolati attraverso l’uti-
lizzo di una forza lavoro disseminata e controllata digitalmente.
    Altri beneficiari della crisi sono le imprese i cui profitti si basano sull’e-
sternalizzazione dei servizi pubblici. Dopo un primo calo della domanda
al momento della comparsa della pandemia, prima che venissero elabo-
rate politiche governative per affrontarla, è risultato chiaro che le società
di outsourcing vedevano la crisi pandemica come una nuova promettente

    15. Collins et al. 2020.
    16. Kastrenakes, Jacob. ‘Zoom saw a huge increase in subscribers – and revenue – thanks to the
pandemic’, The Verge, 2.6.2020.

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fonte di contratti. Nel giugno 2020 si è registrato un aumento del 40%
dei bandi di gara per gli appalti pubblici, con contratti Covid-19 per 4,3
miliardi di sterline pubblicati nel Regno Unito, tra cui uno da 326 milio-
ni di sterline relativo alla creazione di ospedali temporanei per il tratta-
mento del Covid-19, e uno da 750 milioni di sterline per un’indagine sui
contagi, oltre a diversi contratti per la fornitura di videoconferenze per le
consultazioni a distanza con i pazienti. A dimostrazione di come la pover-
tà della popolazione diventi un’opportunità per un’ulteriore espansione
aziendale, il Dipartimento per l’Istruzione del Regno Unito ha assegnato
due grandi contratti per sostenere gli studenti provenienti da ambienti
disagiati, uno per la fornitura di pasti scolastici gratuiti e uno per com-
puter portatili e dispositivi educativi17. Le dimensioni di questo settore
possono essere illustrate dal fatto che dal 2012 il governo del Regno Uni-
to ha assegnato contratti privati per un valore di 3,5 trilioni di sterline18.

    La crescita del lavoro “loggato”

    Nel 2020 ci troviamo quindi di fronte a una situazione in cui, da
un lato, il mercato del lavoro è sempre più dominato da grandi aziende
globali che si affidano alle tecnologie digitali per organizzare i flussi lavo-
rativi e gestire la forza lavoro e, dall’altro, la popolazione si affida sempre
più alle tecnologie digitali, non solo per acquisire beni e servizi di cui
abbisogna per sopravvivere, ma anche per ottenere un lavoro retribuito
e svolgerlo – sia nell’isolamento fisico delle loro case, sia viaggiando per
consegnare merci o fornire servizi, o negli ambienti a rischio di ospedali,
case di cura, scuole, magazzini, campi, impianti di trasformazione ali-
mentare e altri spazi, ritenuti abbastanza essenziali per poter obbligare i
lavoratori a svolgerli a contatto diretto con gli altri, nonostante il rischio
di infezione.
    Tutto ciò sta ampliando la quantità di manodopera che rientra nella
categoria che ho altrove definito “loggata”19 – una forma di lavoro con-
traddistinta da tre caratteristiche, ognuna delle quali può essere descrit-

    17. Tussell. Factsheet #2: Covid-19 & UK Public Procurement, www.tussell.com, maggio 2020;
Tussell, Factsheet #4: Covid-19 & UK Public Procurement, www.tussell.com, luglio 2020.
    18. Tussell. 2019 Update on Strategic Suppliers, www.tussell.com, marzo 2020.
    19. Huws 2016.

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ta come “loggata” usando un significato diverso del termine. In primo
luogo, i processi di lavoro sono suddivisi in compiti separati, così come
un albero abbattuto è suddiviso in tronchi separati, che (anche se questi
compiti possono in pratica richiedere notevoli competenze sottese per
essere eseguiti) sono trattati come standardizzati e intercambiabili dal
punto di vista dell’esecuzione e della retribuzione. In secondo luogo, i
processi di gestione e controllo sono mediati da piattaforme online, con
il lavoratore o l’utente del servizio che deve essere online (o “loggato/
connesso”) per conoscere quale lavoro è disponibile e segnalare lo stato di
avanzamento della sua consegna. In terzo luogo, il fatto stesso che ogni
aspetto del lavoro sia gestito online significa che ogni interazione lascia
una traccia digitale, e genera dati che possono essere utilizzati non solo
per registrare e tracciare le attività in corso, ma anche per costruire algo-
ritmi sempre più sofisticati per migliorare l’efficienza di quelle future. Sia
i lavoratori che gli utenti sono quindi sottoposti a una stretta sorveglian-
za, il che significa che anche le loro attività sono “loggate/registrate” nel
senso che storicamente veniva utilizzato per descrivere il tracciamento dei
movimenti nei registri (log) delle navi.
    La sorveglianza sui lavoratori è realizzata con una varietà di mezzi, tra
cui il GPS, il riconoscimento facciale, la registrazione audio delle chia-
mate del servizio clienti e la cronologia degli acquisti e della navigazione
nei social media, e copre tutti i dettagli dei processi lavorativi in modo
straordinariamente particolareggiato. Ad esempio, il sistema utilizzato da
UPS per monitorare i suoi 450.000 autisti utilizza oltre 200 sensori in
ogni furgone di consegna per raccogliere informazioni che vengono com-
binate in un flusso continuo con i dati GPS e le informazioni provenienti
dai clienti e dagli scanner portatili. Tutto ciò viene analizzato per prescri-
vere precisi protocolli di comportamento del conducente fin nei dettagli,
quali ad esempio come avviare il camion con una mano mentre si allaccia
la cintura con l’altra e dove mettere la penna20. Cogito, un sistema utiliz-
zato nei call center per analizzare le registrazioni delle chiamate, dichiara
di “misurare e interpretare i dati sull’energia di chi parla, l’empatia, la
partecipazione, il tono e il ritmo in tempo reale”. Un altro, CallMiner,
“invia da tre a cinque notifiche al minuto a un agente in chiamata tipica,
che vanno da ... ‘messaggi di congratulazioni e simpatiche foto di animali

   20. Altenried 2019.

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quando il software suggerisce che un cliente è soddisfatto’ al ‘suggerimen-
to di «calmarsi» e una lista di argomenti di conversazione tranquillizzanti’
quando viene rilevata la frustrazione di chi chiama”21. Un altro sistema
basato sull’intelligenza artificiale, Isaak, già in uso nel Regno Unito in di-
versi studi legali, presso una società di formazione e un’agenzia immobi-
liare, raccoglie dati su una serie di azioni che poi utilizza per “indagare in
tempo reale su ogni dipendente e sulla sua posizione all’interno della rete
organizzativa”, e indicare ai manager “quanto i lavoratori sono collabora-
tivi e se sono capaci di persuadere (influencer) o agenti di cambiamento
(change-makers)”22.
    Potremmo riferire molti altri esempi del genere. Basti dire che, dall’ar-
rivo della pandemia, si è fatto un uso crescente di questi strumenti di
sorveglianza. Un esempio, Sneek, che “rimane in funzione per tutta la
giornata lavorativa e rileva foto continuamente aggiornate dei lavoratori
scattate dalla loro fotocamera portatile ogni uno-cinque minuti”, ha vi-
sto le iscrizioni moltiplicarsi per dieci nel marzo 2020, con oltre 10.000
utenti23. La connessione della manodopera non solo contribuisce a stan-
dardizzarla e intensificarne il lavoro, mettendo i lavoratori sotto pressione
continua e accrescendone l’intercambiabilità. Elimina anche – o rende
molto difficile – la possibilità di un dialogo diretto tra i lavoratori e i
loro dirigenti. Quando l’unico mezzo di comunicazione è un’interfaccia
digitale anonima, non è possibile identificare la fonte del potere o nego-
ziare con esso. Anche nel caso che il sistema non funzioni e c’è un valido
motivo di reclamo, il massimo che un lavoratore può in genere ottenere
è quello di passare, tramite un centro di contatto automatico o una chat,
a un altro lavoratore altrettanto alienato con poco o nessun potere di
intervenire sul sistema, in un mondo kafkiano in cui la responsabilità
delle decisioni viene deviata all’infinito e non si risponde ad alcuna auto-
rità. Il modello normativo delle relazioni industriali stabilito nelle econo-
mie sviluppate nel Ventesimo secolo viene così definitivamente bypassato

     21. Cannon, Camilla. ‘Recorded for Quality Assurance: The datafication of affect in the
call-center industry’, Real Life, 19.9.2019.
     22. Booth, Robert. ‘UK businesses using artificial intelligence to monitor staff activity’, The
Guardian, 7.4.2019.
     23. Holmes, Aaron. ‘Employees at home are being photographed every 5 minutes by an always-
on video service to ensure they’re actually working – and the service is seeing a rapid expansion since
the coronavirus outbreak’, Business Insider, 23.3.2020.

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come pure i contratti di lavoro standard che venivano negoziati all’inter-
no di questo modello.

   I contro-movimenti

    La storia ci dice che ad ogni movimento corrisponde un contro-movi-
mento e, inoltre, più grande e veloce è il cambiamento, più grande e ve-
emente sarà il contraccolpo. La portata e le dimensioni senza precedenti
della crisi pandemica sembrano in grado di provocare un vero e proprio
tsunami di reazioni delle vittime di questo ultimo sconvolgimento capi-
talistico.

   La fine del “non c’è alternativa”

    Uno dei riflessi più impressionanti della crisi è stato lo smaschera-
mento dell’idea neoliberale secondo cui “non c’è alternativa”, che ha fatto
parte del buon senso politico tanto a lungo che solo pochi lavoratori con
meno di 55 anni riescono anche soltanto a ricordare quando la si pen-
sava diversamente. Questo modo di vedere veniva utilizzato per spiega-
re la disoccupazione di massa derivante dalla deindustrializzazione degli
anni ‘80 e le politiche di austerità introdotte dopo la crisi finanziaria del
2008, e sosteneva che le sofferenze di milioni di persone erano inevitabili
e incontestabili. Alla lunga, affermava, può vincere solo il mercato. Se
si permette allo Stato di intervenire, il mercato viene distorto e alla fine
non si farà altro che prolungare la sofferenza. Se invece si consente che il
mercato faccia il suo gioco, guardate che benefici può portare: prodotti
a basso costo, nuove tecnologie che consentono di vivere senza far fatica,
un flusso infinito di divertimenti, realizzazione personale, libertà di scelta
e flessibilità!
    L’arrivo della pandemia ha smascherato questo mito, dimostrando
una volta per tutte che il mercato non può far fronte a una vera crisi e che
lo Stato ha un ruolo importante da svolgere e, di fatto, è essenziale per
molti altri compiti oltre al mantenimento dell’ordine pubblico. I governi
che per decenni hanno sostenuto che non c’era denaro per fornire servizi
sanitari e sociali di base, hanno improvvisamente trovato le risorse per

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erogare miliardi di dollari in sussidi alle imprese per disfarsi dei propri
lavoratori e salvare le istituzioni in difficoltà. La sensazione di essere stati
ingannati è accompagnata da una nascente consapevolezza che in passato
potevano essere fatte altre scelte politiche – e che anche ora è possibile.
Mentre emergeva questa consapevolezza, si è scatenata anche una grande
ondata di rabbia perché tutti quei sacrifici non sono serviti a nulla – una
rabbia che si è mescolata ad altri tipi di rabbia contro lo Stato neoliberale,
per esempio per come le sue politiche di polizia e incarcerazione (sempre
curiosamente esenti dai tagli che hanno colpito altre spese pubbliche)
sono usate in modo omicida contro i BAME (Black, Asian and Ethnic
Minorities).
    Questa condanna non nasce dal nulla, naturalmente. Era già emersa,
ad esempio, nel crescente sostegno alla visione alternativa promossa da
Jeremy Corbyn e Bernie Sanders alla fine degli anni ‘90, in particolare
nella generazione che è entrata nel mercato del lavoro (o ha cercato di
farlo) nel periodo successivo alla crisi del 2008, le cui esperienze di vita
avevano insegnato che per quanto “autosufficienti” o “creativi” potessero
essere, il mercato non offriva loro le opportunità che prometteva. Quelli
che non sono caduti nella depressione o nell’anomia, stavano già attiva-
mente combattendo per il cambiamento prima che il virus colpisse, e
ricercavano nuove opzioni politiche e sociali. Anche la risposta alla crisi
del cambiamento climatico, che ha raggiunto il suo apice nel 2019, quan-
do sono divampati incendi in tutta l’Australia e si sono sciolte le calotte
polari, ha alimentato queste scelte. A metà 2020, sembrava che durante
la pandemia si fosse superata una specie di punto critico, in cui lo scetti-
cismo del “non c’è alternativa” era scomparso dentro una massa critica di
popolazione, facendo intravedere una nuova apertura ad idee alternative.

   Mobilitazione

    La fine del decennio 2010 non ha visto solo un cambiamento di men-
talità tra i giovani, ma anche lo sviluppo di nuove forme di mobilitazione
sociale, di cui il movimento Black Lives Matter è forse l’esempio più noto.
C’è stata inoltre una proliferazione di nuove forme di organizzazione tra
i lavoratori precari, come la National Domestic Workers Alliance negli
Stati Uniti e l’App Drivers and Couriers Union (ADCU) nel Regno Uni-

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to, entrambe hanno incrementato aderenti ed attività durante il periodo
della pandemia. Entrambe le organizzazioni hanno elaborato un’analisi
che pone particolare enfasi sul fatto che la maggioranza dei loro membri
sono BAME, e partono politicamente da questo. Insieme a molte altre
mobilitazioni dal basso verso l’alto, hanno sviluppato un’attenta analisi
delle tendenze del mercato del lavoro, illustrata recentemente nell’osser-
vazione di James Farrar, Segretario Generale dell’ADCU, che dopo la
pandemia “le app risponderanno ruggendo. Vedremo un mondo gover-
nato dalle app”24. Queste organizzazioni hanno anche promosso la so-
lidarietà internazionale, ad esempio con la creazione dell’International
Domestic Workers Federation (IDWF) nel 2014 e dell’International Al-
liance of App-Based Transport Workers (IAATW) nel 2019.
    Oltre allo sviluppo di nuove organizzazioni che rappresentano i la-
voratori precari, un’altra dimostrazione di questo nuovo tipo di mobi-
litazione è l’aumentata adesione ai sindacati tradizionali. Nel 2019, ad
esempio, il Congresso dei sindacati del Regno Unito (TUC) ha registrato
un aumento di 100.000 iscritti in un solo anno25. Un anno dopo, scop-
piata la pandemia, nel maggio 2020, il traffico sulla pagina del sito web
del TUC “Join a Union” è stato sei volte superiore a quello del maggio
2019, e la maggior parte dei nuovi iscritti non ha esperienze di sindacaliz-
zazione. L’adesione femminile al sindacato nel Regno Unito ha raggiunto
il suo record, con 3,69 milioni di iscritti. L’adesione di lavoratori del
settore assistenziale al sindacato del settore pubblico Unison è aumentata
del 202%26. Negli ultimi anni del decennio 2010 c’è stata anche un’on-
data di scioperi e altre forme di azione industriale tra i lavoratori a basso
salario in aziende che vanno da Amazon a McDonalds, un’ondata che si è
ulteriormente rafforzata durante la crisi pandemica. Ad esempio, tra mar-
zo e giugno 2020 negli Stati Uniti si sono registrati più di 800 scioperi,
abbandoni del posto di lavoro, arresti della produzione e altri disservizi,
molti dei quali in luoghi di lavoro fino ad allora non sindacalizzati27.

     24. Www.facebook.com/ADCUnion, 29.6.2020.
     25. Roper, Carl. ‘Trade union membership rises by 100,000 in a single year – but challenges
remain’, TUC, www.tuc.org.uk, 30.5.2019.
     26. Riddoch, Lesley. ‘Unions thriving amid national crisis’, The Scotsman, 22.6.2020.
     27. Koslowski, Jason. ‘A Historic Wave of Workers’ Struggle is Sweeping the U.S. – and It’s
Speeding Up’, Left Voice, 22.6.2020. Sull’effettivo numero degli scioperi, si veda Brooks, Chris.
‘Fact Check: Have there been 500 wildcat strikes in June?’, Organizing work, www.organizing.work,
23.6.2020.

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Se da un lato la maggior parte di queste azioni ha avuto un carattere
molto fisico, dall’altro la loro organizzazione difficilmente sarebbe stata
possibile senza l’uso diffuso della comunicazione elettronica. E il successo
di queste azioni, in termini di pubblicità e, molto spesso, di richiamo
dell’attenzione sulle risposte scandalosamente ostili delle imprese e della
polizia, può essere dovuto anche alla diffusione di prove in diretta cat-
turate da smartphone e trasmesse tramite i social media. Anche i social
media hanno fornito dei forum per un serio dibattito su modelli sociali
alternativi per i quali combattere quando il mondo uscirà dal lockdown,
dalle cooperative di lavoratori a sistemi di reddito di base universali, dalle
alternative al carcere alla creazione di posti di lavoro verdi.
    Durante la crisi del coronavirus, infatti, si è assistito a un fiorire sen-
za precedenti di iniziative di collaborazione, locali, a base comunitaria
e dal basso, spesso organizzate con mezzi digitali, ad esempio per la di-
stribuzione di cibo a chi soffre la fame, per dare sostegno sociale agli
anziani isolati, organizzare alloggi per i senzatetto, o fornire rifugi per le
vittime di abusi domestici o scuole alternative per i bambini costretti a
casa28. Sconcertate dall’incapacità dello Stato di garantire loro mezzi di
sopravvivenza e di protezione personale, inorridite dall’irresponsabilità
e dall’egoismo degli imprenditori e infuriate per il comportamento delle
forze dell’ordine, molte persone, attrezzate con le loro nuove tecnologie
e con la capacità di utilizzarle in modo creativo e, in alcuni casi, con più
tempo a disposizione del solito, stanno uscendo dal torpore degli anni
del neoliberalismo con nuove energie e motivazioni. Così facendo, stan-
no sviluppando modelli che precorrono quella che potrebbe essere una
società alternativa post-Covid e, dando ad essa forma concreta, stimolano
la consapevolezza che tali alternative sono possibili e contribuiscono così
a far nascere una società di questo tipo.

    Conclusione

   La storia del capitalismo è una storia a due facce nella quale ogni svi-
luppo contiene in sé i semi della propria distruzione. Quando la divisione

    28. Non c’è qui lo spazio per esaminare in dettaglio i molti esempi che possono essere fatti. Le
persone interessate possono trovarne una lista parziale nel gruppo Facebook “Prefiguring a positive
post- Covid society”.

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tecnica del lavoro raggiunse un punto in cui era necessario disporre di
una forza lavoro che sapesse leggere e far di conto, questa forza lavoro uti-
lizzò le nuove competenze per organizzarsi ed esigere una rappresentanza
democratica. Successivamente, quando la divisione spaziale del lavoro
raggiunse un punto in cui essa richiedeva comunicazioni internazionali
veloci per coordinarla, i lavoratori poterono usare telegrammi e telefoni,
e in seguito e-mail, fax e sms, per collegarsi e condividere le loro espe-
rienze. Ora che abbiamo una forza lavoro globale gestita digitalmente che
necessita di uno smartphone o di un’applicazione per essere chiamata al
lavoro, questi nuovi strumenti possono essere utilizzati anche per orga-
nizzare la resistenza. E poiché l’ulteriore sviluppo del capitalismo richiede
innovazione, i lavoratori, che sperimentano nuovi modi di fare le cose,
producono nuove idee e immaginano nuove applicazioni e soluzioni or-
ganizzative, possono usare le loro abilità, intelligenza e creatività per in-
ventare modi alternativi di vivere e di organizzare l’economia e la società.
Chi semina vento, raccoglie tempesta.

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